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Mercati, domanda e offerta
Che cosa vedremo in questo capitolo?
• Le caratteristiche e le determinanti della domanda e dell’offerta.
• La determinazione del prezzo su un mercato concorrenziale.
• Le caratteristiche dei diversi sistemi economici.
• Pro e contro di un’economia di mercato.
Nonostante il nome — economia «del piccolo» ovvero delle singole parti di un sistema economico
nel suo complesso — la microeconomia si occupa di alcuni dei maggiori problemi del giorno
d’oggi.
Studieremo perché i modelli di produzione e di consumo variano nel tempo; perché le nostre vite
sono così influenzate da forze di mercato al di fuori del nostro controllo. Guarderemo a un mondo
in cui convivono grandi imprese da un lato e mercati altamente concorrenziali dall’altro.
Considereremo molti dei problemi, apparentemente insormontabili, che dobbiamo affrontare: dalla
questione dell’inquinamento a quella del nostro limitato potere di mercato come consumatori, alla
sempre maggiore disuguaglianza dei redditi nelle nostre società.
In questo capitolo esamineremo come le diverse economie mondiali rispondano agli interrogativi
fondamentali della microeconomia: «posa produrre», «come produrre» e «per chi produrre».
Dapprima illustreremo il funzionamento di un’economia totalmente pianificata, in cui il ruolo
centrale viene svolto dallo stato e non dal mercato. Quindi analizzeremo l’altro estremo e
prenderemo in considerazione un’economia di mercato, esaminandone il funzionamento.
Studieremo che cosa determina la quantità prodotta e venduta di ogni bene, perché i prezzi di alcuni
beni aumentano, mentre quelli di altri diminuiscono. Nel fare ciò esporremo una delle teorie più
importanti dell’economia: la teoria della domanda e dell’offerta.
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1. I SISTEMI ECONOMICI
Quali sono le differenze nell’organizzazione delle economie dei vari paesi?
Come abbiamo visto, tutte le economie devono affrontare il problema della scarsità. Esse però si
differenziano quanto al modo adottato per risolverlo. Una differenza importante tra le diverse
economie è costituita dal grado di controllo pubblico sull’attività economica.
A un estremo troviamo l’economia totalmente pianificata o centralizzata, dove tutte le decisioni
economiche sono prese dallo stato.
All’estremo opposto troviamo invece la libera economia di mercato, in cui non c’è alcun intervento
pubblico diretto nelle attività economiche. Tutte le decisioni economiche vengono prese dal settore
privato, vale a dire da famiglie e imprese. Le famiglie decidono principalmente quanto lavoro
offrire e quali beni consumare. Le imprese decidono principalmente cosa produrre e quali fattori di
produzione impiegare date le tecnologie disponibili. Le strutture della produzione e del consumo
che ne derivano dipendono dalle interazioni tra tutte queste decisioni individuali di domanda e di
offerta. I sistemi economici dei diversi paesi, nei fatti, non sono economie né esclusivamente
pianificate né esclusivamente di mercato, ma sono costituite da una combinazione di elementi che
caratterizzano sia le une che le altre. È quindi il grado di intervento pubblico nell’economia che
distingue i diversi sistemi economici. Ad esempio, nei paesi dell’ex blocco sovietico dell’Europa
orientale lo stato aveva un ruolo rilevante, mentre negli Stati Uniti esso interviene in misura
decisamente inferiore. Riteniamo, tuttavia, che sia utile analizzare i casi estremi allo scopo di
inquadrare le diverse tipologie di economie miste presenti nel mondo.
Iniziamo con una breve descrizione dell’economia pianificata. Nel resto del capitolo vedremo il
funzionamento di un’economia di mercato. Nei capitoli seguenti esamineremo i vari modi in cui lo
stato interviene nelle economie di mercato, passando in rassegna le varie forme di economie miste
di mercato.
1.1. L’economia pianificata
L’economia pianificata si realizza in un sistema economico socialista o comunista, dove terra e
capitale sono di proprietà collettiva. Lo stato pianifica l’allocazione delle risorse a tre livelli.
•
Pianifica l’allocazione delle risorse tra consumo attuale e investimento per il futuro.
Sacrificando parte del consumo attuale a favore degli investimenti, è possibile aumentare il
tasso di crescita dell’economia. L’ammontare delle risorse destinate all’investimento
dipenderà dalla strategia macroeconomica, ovvero dall’importanza relativa accordata alla
crescita rispetto al consumo.
• A livello microeconomico il governo pianifica l’output di ciascuna industria, le tecniche
usate, nonché il lavoro e le altre risorse necessarie alla produzione. Per assicurarsi che gli
input necessari siano disponibili, lo stato dovrà effettuare un’analisi input-output. Tutte le
industrie sono considerate sia come utilizzatori di input di altre industrie, sia come
produttori di output per i consumatori o per altre industrie. Ad esempio, l’industria
dell’acciaio usa gli input delle industrie metallurgiche e produce output per le industrie
automobilistiche e meccaniche. L’analisi input-output mostra, per ogni singola industria, le
fonti di tutti i suoi input e la destinazione del suo output. Con essa lo stato cerca di far
coincidere input e output di ogni industria in modo tale che la domanda pianificata per
ciascun prodotto sia pari all’offerta pianificata.
• Infine, lo stato pianifica la distribuzione dell’output tra i consumatori in base ai suoi
obiettivi. Esso può distribuire i beni in base al suo giudizio sui bisogni delle persone; oppure
può favorire chi produce di più, fornendo in tal modo un incentivo a lavorare di più.
Lo stato può distribuire beni e servizi direttamente (ad esempio, attraverso un sistema di
razionamento), oppure può decidere di distribuire redditi monetari e consentire agli individui di
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decidere come spenderli. In quest’ultimo caso, può sempre influenzare la struttura dei consumi
fissando i prezzi in modo opportuno: prezzi bassi incentivano il consumo, prezzi elevati lo
scoraggiano.
1.1.1. Vantaggi delle economie pianificate
Nei casi storici di sistemi economici pianificati lo stato aveva una visione globale dell’economia e
di conseguenza poteva dirigere le risorse nazionali in base agli specifici obiettivi del paese. La
destinazione di ingenti risorse verso gli investimenti produttivi generava elevati tassi di crescita.
Un’accorta allocazione del lavoro in base alle esigenze produttive e alle abilità dei lavoratori
consentiva di evitare elevati livelli di disoccupazione. Il reddito nazionale poteva essere distribuito
più equamente oppure in base ai bisogni individuali. Le ripercussioni sociali del processo di
produzione e consumo (ad esempio, gli effetti sull’ambiente) potevano essere ridotte, a patto che lo
stato fosse in grado di prevederli e valutarli correttamente.
1.1.2. Svantaggi delle economie pianificate
In pratica, tuttavia, un’economia pianificata poteva raggiungere i propri obiettivi specifici soltanto a
costi sociali ed economici considerevoli, per le seguenti ragioni:
• Quanto più estesa e articolata è l’economia, tanto più impegnativo è il compito di raccogliere e
utilizzare le informazioni necessarie alla pianificazione, e quindi tanto più complessa sarà la
definizione del piano. Piani complicati sono costosi da amministrare e richiedono una burocrazia
mastodontica.
• In assenza di un sistema di prezzi, o nel caso in cui questi vengano fissati dallo stato, la
pianificazione può comportare un uso inefficiente delle risorse. Infatti è difficile valutare
l’efficienza relativa di due tecniche produttive che utilizzano input diversi, se non c’è alcun modo di
determinare il valore ditali input. Ad esempio, come si può decidere razionalmente tra una fornace a
petrolio e una a carbone se i prezzi del petrolio e del carbone non riflettono la loro scarsità relativa?
• È difficile definire incentivi appropriati per incoraggiare i lavoratori e i dirigenti di azienda a
essere più produttivi senza compromettere la qualità della produzione. Ad esempio, se vengono dati
premi in base alla quantità prodotta, un’impresa sarà incentivata ad aumentare la produzione a
scapito della qualità del prodotto. Per evitare questo problema, sarebbe necessario impiegare un
numero elevato di addetti al controllo di qualità, il che a sua volta fa aumentare il costo di
produzione.
• Il controllo pubblico sull’allocazione delle risorse comporta una notevole riduzione della libertà
individuale: i lavoratori non possono scegliere dove lavorare, i consumatori non possono scegliere
cosa comprare.
• Lo stato deve imporre i piani anche nel caso in cui siano impopolari.
• Se la produzione viene pianificata, ma i consumatori sono liberi di spendere i loro redditi monetari
come vogliono, potrebbero sorgere problemi nel caso in cui essi desiderino un cambiamento: se
vogliono acquistare maggiori quantità di un certo bene, ci sarà scarsità di offerta; se invece vogliono
ridurre i loro consumi, ci sarà un eccesso di offerta.
Gran parte di questi problemi si sono verificati nell’ex Unione Sovietica e negli altri paesi del
blocco comunista dell’Europa orientale, e sono stati in parte la ragione del crollo di quei regimi.
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1.2. L’economia di mercato
1.2.1. Libere scelte individuali
L’economia di mercato si realizza in un sistema capitalistico, dove terra e capitale sono di proprietà
privata. Tutte le decisioni economiche sono prese dalle famiglie e dalle imprese, che, si presume,
agiscono in base a considerazioni utilitaristiche. Le imprese cercano per lo più di massimizzare il
proprio profitto; i consumatori cercano di trarre la maggior soddisfazione possibile dai loro acquisti
e, come lavoratori, cercano di massimizzare i propri salari al netto del costo monetario e umano che
occorre sostenere per svolgere un determinato lavoro. Si ipotizza inoltre che gli individui, nel
perseguimento di questi obiettivi, siano liberi di compiere le proprie scelte: i consumatori sono
liberi di decidere cosa comprare con i loro redditi; i lavoratori sono liberi di scegliere dove e quanto
lavorare; le imprese sono libere di scegliere cosa vendere e che tecnologie adottare.
Da queste decisioni individuali, si ottengono le domande e le offerte di imprese e famiglie che
interagiscono tra di loro attraverso le variazioni dei prezzi.
1.2.2. Il meccanismo dei prezzi
Il meccanismo dei prezzi funziona nel modo seguente: i prezzi aumentano in situazioni di scarsità,
diminuiscono in situazioni di abbondanza. Se i consumatori desiderano una maggiore quantità di un
bene (o se i produttori ne riducono l’offerta), la domanda sarà superiore all’offerta. La scarsità
che ne deriva causerà un aumento del prezzo, il quale agirà come incentivo per i produttori, che
incrementeranno la produzione, ora più conveniente. Allo stesso tempo tale aumento di prezzo
scoraggerà i consumatori ad aumentare ulteriormente la domanda o li convincerà a ridurla. I prezzi
continueranno a crescere finché la scarsità sarà eliminata. Se, invece, i consumatori domandano una
minore quantità di un bene (o se i produttori ne aumentano l’offerta), l’offerta eccederà la domanda.
Il surplus che ne deriva provocherà un calo del prezzo. Ciò costituirà un disincentivo per i
produttori, che reagiranno riducendo la produzione, ora meno conveniente. Allo stesso tempo, il
calo di prezzo incoraggerà i consumatori ad aumentare la domanda. Il prezzo continuerà a diminuire
finché il surplus sarà annullato. La stessa logica può essere applicata al mercato dei fattori. Se la
domanda di un particolare tipo di lavoro eccede la sua offerta, la scarsità relativa provocherà,
ad esempio, un aumento del salario (cioè il prezzo del lavoro), riducendo in tal modo la domanda
delle imprese e incoraggiando più lavoratori a cercare un posto in cui svolgere quel tipo di lavoro. I
salari continueranno ad aumentare fino a quando la domanda e l’offerta di quel tipo di lavoro
saranno uguali. Allo stesso modo, nel caso di surplus di un particolare tipo di lavoro, il salario
scenderà per eguagliarne la domanda e l’offerta. Gli effetti su domanda e offerta di una variazione
del prezzo illustrano una caratteristica molto importante del funzionamento dell’economia: gli
individui reagiscono agli incentivi.
1.2.3. L’effetto di variazioni della domanda e dell’offerta
Come funziona il meccanismo dei prezzi nel caso di variazioni della domanda o dell’offerta?
Supponiamo ad esempio che cambi la struttura del consumo: gli individui decidono di volere più
biciclette e meno cavalli da corsa. Potrebbe anche cambiare la struttura produttiva: ad esempio,
cambiamenti della tecnologia possono consentire la produzione di massa di microchip a costi
inferiori, oppure la produzione artigianale di mobili può diventare più costosa. In tutti i casi di
variazioni della domanda e dell’offerta, le variazioni dei prezzi agiscono sia come segnali sia come
incentivi.
Una variazione della domanda. Un aumento della domanda, a partire da una situazione di equilibrio,
è segnalato da un incremento del prezzo. Questo agisce come incentivo per le imprese a produrre
una quantità maggiore del bene: l’offerta aumenta. Di fatto l’aumento del prezzo segnala che i
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consumatori vogliono destinare più risorse a questo bene a scapito di altri. Ed è proprio quanto
fanno le imprese: sottraggono risorse dalla produzione di beni con prezzi più bassi rispetto ai costi
di produzione per destinarle alla produzione di beni più profittevoli. Contemporaneamente
l’aumento del prezzo disincentiva alcuni consumatori a domandare ulteriori quantità del bene. Un
calo della domanda è segnalato da una diminuzione del prezzo. Questo agisce come incentivo per le
imprese a ridurre la produzione del bene, in quanto esso ora è meno conveniente: l’offerta
diminuisce. Contemporaneamente la riduzione del prezzo incoraggia i consumatori a domandare
ulteriori quantità del bene. Una variazione dell’offerta. Un aumento dell’offerta, a partire da una
situazione di equilibrio, è segnalato da una riduzione del prezzo. Questo agisce come incentivo per i
consumatori ad acquistare di più: la quantità domandata aumenta. Dall’altra parte, le imprese non
hanno incentivo ad aumentare ulteriormente la produzione del bene. Un calo dell’offerta è invece
segnalato da un incremento del prezzo che incentiva i consumatori a comprare di meno: la quantità
domandata diminuisce. L’aumento del prezzo incoraggia le imprese a produrre di più.
1.2.4. L’interdipendenza dei mercati
L’interdipendenza dei mercati dei beni e dei fattori. Un aumento della domanda di un bene ne farà
aumentare il prezzo e quindi produrlo diventerà più redditizio. Le imprese reagiranno
aumentandone l’offerta. Per fare ciò occorrono più input, per cui la domanda di input aumenterà,
facendone aumentare il prezzo. I fornitori di quell’input risponderanno aumentandone a loro volta
l’offerta. Possiamo così riassumere i passi logici descritti:
1. Mercato dei beni
• La domanda del bene aumenta.
• Si crea un eccesso di domanda.
• Ciò provoca un aumento del prezzo.
• L’aumento del prezzo elimina l’eccesso di domanda, in quanto incentiva le imprese ad
aumentare la produzione e scoraggia i consumatori a domandare ulteriori quantità del bene.
2. Mercato dei fattori
• La maggiore offerta di un bene fa aumentare la domanda degli input utilizzati per produrla.
• Si crea un eccesso di domanda ditali fattori.
• Ciò provoca un aumento del loro prezzo.
• L’aumento del prezzo elimina l’eccesso di domanda, in quanto incentiva i fornitori ad
aumentare l’offerta di input e gli acquirenti a ridurne la domanda.
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I mercati dei beni influenzano dunque i mercati dei fattori. In economia è abitudine riassumere una
logica di questo tipo usando simboli (una sorta di stenografia). La figura 1.1 riassume la sequenza di
eventi appena descritta. Esiste interdipendenza anche nella direzione opposta: i mercati dei fattori
influenzano i mercati dei beni. Ad esempio, l’aumento dell’offerta di materie prime ne ridurrà il
prezzo. Ciò farà diminuire il costo di produzione delle imprese che utilizzano tali materie prime e
avrà l’effetto di aumentare l’offerta di prodotto finito. L’eccesso di offerta che ne deriva provocherà
un calo di prezzo, che a sua volta indurrà i consumatori ad aumentare la domanda.
L’interdipendenza dei mercati dei diversi beni. Un aumento del prezzo di un bene incentiverà i
consumatori a domandare beni alternativi, facendone quindi aumentare il prezzo. Ciò indurrà i
produttori ad aumentare l’offerta di beni alternativi. Interdipendenza e interesse pubblico. Anche se
nell’economia di mercato gli individui sono mossi da considerazioni utilitaristiche, il perseguimento
dell’interesse individuale, attraverso l’incentivo rappresentato dal meccanismo dei prezzi, permette
di raggiungere il benessere collettivo. Dunque interesse individuale e interesse collettivo non sono
in contrasto ma in armonia. Spesso si sostiene che questo sia il vantaggio principale di un’economia
di mercato. Tale importante conclusione rappresenta l’essenza del noto teorema della
mano invisibile di cui Adam Smith ha parlato sin dalla seconda metà del Settecento.
Approfondiremo questo argomento nei prossimi capitoli.
1.2.5. Mercati concorrenziali
Nel resto del capitolo analizzeremo più in dettaglio il funzionamento del meccanismo dei prezzi.
Vedremo prima il lato della domanda, poi quello dell’offerta e infine, considerandole
congiuntamente, studieremo la determinazione del prezzo.
I mercati che prenderemo in considerazione sono caratterizzati da un elevato numero di imprese in
competizione tra di loro. Una situazione di questo tipo, in cui i consumatori e i produttori sono
troppo piccoli per poter influenzare il prezzo di mercato con le loro decisioni — sono cioè «pricetakers» —, è nota come concorrenza perfetta. Come si comportano consumatori e imprese in questo
tipo di mercati? I consumatori devono accettare i prezzi come dati. E quello che si verifica in molte
occasioni: ad esempio, quando siete alla cassa di un supermercato non potete mettervi a contrattare
il prezzo di una scatola di fagioli o del burro. Per le imprese concorrenza perfetta significa che i
produttori sono troppo piccoli e non sono in grado di aumentare i prezzi a causa della forte
concorrenza da parte delle altre imprese. Consideriamo ad esempio i coltivatori di grano. Essi
devono venderlo al prezzo di mercato. Se cercano di venderlo a un prezzo superiore, non troveranno
alcun acquirente, poiché i compratori di grano (cioè i mulini) possono averne quanto ne vogliono al
prezzo di mercato. E evidente che nel mondo reale molte imprese hanno il potere di fissare i prezzi,
anche se ciò non significa che possano chiedere il prezzo che vogliono in quanto devono pur sempre
tenere in considerazione la domanda complessiva dei consumatori e i prezzi dei loro concorrenti. La
Ford, quando decide il prezzo delle sue Focus, dovrà assicurarsi che esse reggano la concorrenza
delle Astra, delle Golf, delle Peugeot 307, ecc. Eppure le imprese hanno una certa flessibilità nella
scelta del prezzo: hanno un certo grado di «potere di mercato». Se la situazione è in questi termini,
perché allora studiamo mercati perfettamente concorrenziali, dove le imprese sono price-takers?
Una ragione è che tali mercati forniscono una buona approssimazione del mondo reale e molti
suggerimenti sul funzionamento di un’economia di mercato. In effetti molti mercati funzionano
proprio come quelli che descriveremo. Un’altra ragione è che i mercati perfettamente concorrenziali
costituiscono un modello ideale con il quale confrontare il mondo reale. E possibile mostrare che da
essi i consumatori traggono il maggiore vantaggio, mentre i mercati dominati da grandi imprese che
hanno come obiettivo la massimizzazione del profitto operano a scapito degli interessi dei
consumatori (come vedremo nel cap. 5, parr. 3.4 e 4.4.1). Infatti, questi ultimi finiscono per pagare
un prezzo maggiore in un mercato dominato da poche grandi imprese rispetto alle condizioni che
otterrebbero in un mercato perfettamente concorrenziale.
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2. LA DOMANDA
In che quantità verrà acquistato un bene?
2.1. la relazione tra domanda e prezzo
Se i giornali annunciassero «Raccolti di caffè in rovina in Brasile e in Africa orientale: prezzi alle
stelle», dopo poco tempo vedreste raddoppiare il prezzo del caffè nei negozi. Probabilmente, allora,
potrete decidere di ridurre il vostro consumo di caffè, ad esempio, da sei a due tazze al giorno.
Potreste anche rinunciare definitivamente al caffè. Si tratta di una semplice illustrazione della
relazione generale che intercorre tra prezzo e quantità domandata: quando il prezzo di un bene
aumenta, la quantità domandata diminuisce1. Questa funzione è nota come legge della
domanda e costituirà l’oggetto di studio dei prossimi due capitoli. Come si vedrà, essa si fonda su
due elementi:
• in seguito a un aumento di prezzo, gli individui si sentiranno più poveri. Essi non potranno più
permettersi di compre la stessa quantità dello stesso bene con il proprio reddito: il potere d’acquisto
del loro reddito (il reddito reale, dato dal rapporto tra il reddito nominale, vale a dire il reddito
percepito, e il livello dei prezzi2) è diminuito e questo li spingerà a rivedere le proprie
decisioni di domanda. Si tratta dell’effetto di reddito;
• poiché quel bene ora sarà relativamente più costoso, gli individui decide. ranno di sostituirlo con
altri beni alternativi divenuti relativamente più a buon mercato. Si tratta dell’effetto di sostituzione
(i due effetti verranno esaminati più in dettaglio nel cap. 2, par. 6). Analogamente, quando il prezzo
di un bene diminuisce, la quantità domandata di solito aumenta. Le persone possono permettersi di
acquistarne di più (effetto di reddito) e consumeranno meno beni alternativi (effetto di sostituzione).
Quindi, tornando all’esempio del caffè, se ne acquisterà meno di prima, mentre aumenterà il
consumo di tè, cacao, succhi di frutta o persino di acqua. L’ampiezza della riduzione della domanda
dipenderà dall’entità degli effetti di reddito e di sostituzione. L’ampiezza dell’effetto di reddito
dipende in buona parte dalla quota di reddito che il consumatore destina all’acquisto di quel bene.
Quanto più caffè acquistiamo rispetto alla nostra capacità di spesa, tanto maggiore sarà la riduzione
del consumo in seguito a un aumento del suo prezzo. In altre parole, quanto maggiore è la quota di
reddito spesa in quel bene, tanto maggiore sarà l’impatto di un aumento del prezzo sul reddito reale
del consumatore tanto maggiore sarà la riduzione della quantità domandata. L’ampiezza dell’effetto
di sostituzione dipende principalmente dal numero dei beni sostituti e dal loro grado di sostituibilità.
Se vi sta bene bere tè a posto del caffè, un aumento di prezzo di quest’ultimo vi indurrà a un
drastico calo nel consumo di caffè. Siate comunque cauti nell’interpretare l’espressione quantità
domandata. Essa si riferisce alla quantità che i consumatori sono disposti a, e in grado di acquistare
a un dato prezzo in un dato periodo di tempo (ad esempio, un settimana, un mese o un anno). Essa
non indica ciò che le persone desidererebbero consumare. Potreste desiderare ardentemente di
possedere uno yacht di lusso, ma la vostra domanda di yacht di lusso potrebbe essere nulla... dato il
prezzo corrente.
2.2. La curva di domanda
Consideriamo i dati ipotetici riportati nella tabella 1.1. Essa mostra quanti
chili di patate possono essere acquistati ogni mese per diversi livelli di prezzo. Le colonne (2) e (3)
1
Tuttavia, nel caso di un particolare tipo di bene che studieremo in seguito (cap. 2, par. 6),
noto come bene di Giffen, all’aumentare del prezzo, la quantità domandata aumenta.
2
Il reddito reale è il reddito misurato in termini del suo potere di acquisto, vale a dire in
termini delle quantità di beni acquistabili. Se, ad esempio, i prezzi raddoppiano e il vostro
reddito monetario rimane invariato, il reddito reale si è dimezzato. In altre parole sareste
in grado di comprare solo la metà dei beni che acquistavate in precedenza con Io stesso
reddito
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mostrano punti della funzione di domanda per due individui, X e Y. La colonna (4) mostra invece 5
punti relativi alla funzione di domanda di mercato (cap. 2, par. 7.1), per ottenere la quale si
sommano li quantità domandate da tutti i consumatori per ciascun dato prezzo. Si noti che ci stiamo
riferendo a un dato periodo di tempo (non a un istante nel tempo). Parleremo quindi di domanda
giornaliera, settimanale, annuale, ecc. La funzione di domanda può essere rappresentata
graficamente da una curva di domanda. La figura 1.2 mostra la curva di domanda di mercato delle
patate corrispondente alla colonna 4 della tabella 1.1. Il prezzo delle patate è rappresentato sull’asse
verticale, la quantità sull’asse orizzontale. Il punto E indica che al prezzo di 1 euro e 25 centesimi al
chilo, vengono domandate 100.000 tonnellate di patate al mese. Quando il prezzo scende a 1 euro,
ci spostiamo nel punto D. Esso indica che la quantità domandata aumenta a 200.000 tonnellate al
mese. Analogamente, se il prezzo scende a 75 centesimi, ci spostiamo nel punto C, dove sono
domandate 350.000 tonnellate al mese. I cinque punti sul grafico (A-E) corrispondono ai valori
nelle colonne (1) e (4) della tabella 1.1, La figura ci consente anche di leggere li quantità domandata
in corrispondenza di prezzi diversi da quelli riportati nella tabella. E’ anche possibile costruire la
curva di domanda di un singolo consumatore Come la curva di domanda di mercato, anche le curve
di domanda individua li di solito sono negativamente inclinate: quanto minore è il prezzo di un
bene, tanto maggiore sarà la quantità domandata.
A
B
C
D
E
Prezzo(cent / kg) Domanda di X
(1)
(2)
Domanda di Y
(3)
Domanda di mercato totale (migliaia di
tonn.) (4)
25
50
75
100
125
16
11
9
7
6
700
500
350
200
100
28
15
5
1
0
16
Due sono i punti degni di nota:
• nei libri di testo le curve di domanda (e anche altre curve) sono utilizzate raramente per mostrare
serie di dati, quanto piuttosto per illustrare ragionamenti teorici, nel qual caso gli assi riportano
semplicemente prezzo e quantità, senza unità di misura;
• il termine «curva» di domanda è utilizzato anche quando il grafico è una retta! In effetti — per
questioni di praticità — utilizzeremo spesso domande lineari per spiegare la teoria.
2.3. Altre determinanti della domanda
Il prezzo non è il solo elemento che determina la quantità domandata di un bene. Essa è influenzata
anche da altri fattori.
1. Gusti. Quanto più desiderabile è il bene agli occhi dei consumatori, tanto maggiore sarà la
domanda. I gusti sono influenzati dalla pubblicità, dalla moda, dal desiderio di emulazione, da
motivazioni connesse al mantenimento della propria salute e dall’esperienza passata.
2. Numero e prezzo dei beni sostituti (beni alternativi). Quanto maggiore è il prezzo dei beni
sostituti, tanto maggiore sarà la domanda di un particolare bene, visto l’effetto di sostituzione. Ad
esempio, la domanda di caffè dipenderà dal prezzo del tè: se il prezzo del tè aumenta, aumenterà di
conseguenza la domanda di caffè.
3. Numero e prezzo dei beni complementari. Sono complementari i beni che si consumano insieme:
automobili e benzina, scarpe e lucido, fish and chips. Quanto più alto è il prezzo di un bene
complementare, tanto minore sarà la domanda di entrambi i beni. Ad esempio, la domanda di
zucchero dipenderà anche dal prezzo del caffè. Se il prezzo di quest’ultimo aumenta, non soltanto
diminuirà la sua domanda, ma anche quella di zucchero.
4. Reddito. Al crescere del reddito personale, aumenta la domanda di molti beni. Tali beni sono
chiamati beni normali. Ci sono però eccezioni a questa regola generale: quando le persone
diventano più ricche, destinano una quota minore del proprio reddito ai beni inferiori, come la
margarina, e una quota maggiore ai beni di qualità superiore.
5. Distribuzione del reddito. Se a livello nazionale vi fosse una redistribuzione del reddito dagli
individui poveri a quelli più ricchi, la domanda di beni di lusso aumenterebbe. Allo stesso tempo,
quando i poveri diventano ancor più poveri, potrebbero domandare una maggiore quantità di beni
inferiori.
6. Aspettative di variazioni future dei prezzi. Se le persone pensano che i prezzi di un determinato
bene aumenteranno, potrebbero domandarne di più adesso, prima che l’aumento atteso del prezzo si
realizzi.
Per illustrare queste sei variabili che influiscono sulla domanda, consideriamo la domanda di burro:
1. Gusti: se fortemente pubblicizzato, il consumo di burro potrebbe aumentare. Se invece si
diffonde la paura del colesterolo, la domanda scenderà per motivi di salute.
2. Sostituti: se il prezzo della margarina aumenta, aumenterà di conseguenza la domanda di burro.
3. Complementi: se aumenta il prezzo del pane, le persone compreranno meno pane e forse meno
burro da spalmarci sopra. 4. Reddito: se il reddito personale aumenta, potrebbe aumentare la
domanda di burro a scapito della domanda di margarina; oppure, semplicemente, i consumatori
potrebbero sentirsi più ricchi, tanto da permettersi di abbondare con la quantità di burro spalmata
sul pane ogni mattina.
5. Distribuzione del reddito: se il reddito viene redistribuito dai poveri ai ricchi, i primi potrebbero
essere costretti a rinunciare al burro a favore della margarina, oppure semplicemente a consumare il
burro con moderazione.
6. Aspettative: se viene annunciato un aumento futuro del prezzo del burro, i consumatori ne
faranno una buona scorta fino a quando il prezzo rimane al livello corrente.
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2.4. Movimenti lungo la curva di domanda e spostamenti della curva di domanda
Essendo molteplici le variabili che influiscono sulla quantità domandata, è adesso chiaro che la
curva di domanda viene costruita ipotizzando che le determinanti della domanda diverse dal prezzo
rimangano invariate (espressione che spesso viene riassunta con l’espressione latina «ceteris
paribus»). L’effetto di una variazione del prezzo è semplicemente illustrata da uno spostamento
lungo la curva: ad esempio, dal punto B al punto D nella figura 1.2 quando il prezzo delle patate
aumenta da 50 centesimi a 1 euro al chilo. Cosa succede quando cambia una delle altre determinanti
della domanda? Dobbiamo costruire una nuova curva di domanda: l’intera curva si sposta. Se una
variazione di una delle altre determinanti causa un aumento della domanda — ad esempio in seguito
a un incremento del reddito — l’intera curva di domanda si sposterà verso destra e, in
corrispondenza di ciascun prezzo, la quantità domandata sarà maggiore. Nella figura 1.3, al prezzo
p veniva domandata una quantità pari a Q0, e ora ne viene domandata una quantità Q1 (si noti che
D1 non è necessariamente parallela a D0). Se invece una variazione di una delle altre determinanti
della domanda ne causa una riduzione, la curva si sposterà verso sinistra. Per distinguere tra
spostamenti della curva e movimenti lungo la curva, si distingue rispettivamente la variazione della
funzione di domanda dalla variazione della quantità domandata.
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3. L’OFFERTA
Quale sarà la quantità di un bene prodotta dalle imprese?
3.1. Offerta e prezzo
Immaginate di essere un agricoltore che deve decidere come utilizzare la sua terra che in parte si
trova in una valle fertile e in parte in una zona collinare dal suolo povero. Potreste allora decidere di
coltivare verdura nella valle e allevare pecore in collina. La vostra decisione dipenderà in gran parte
dal prezzo atteso dei vari tipi di verdura, delle pecore e della lana. Nella valle coltiverete dunque le
verdure che permetteranno di ottenere i maggiori guadagni: se, ad esempio, il prezzo delle patate è
alto, destinerete gran parte della superficie a patate. Se tale prezzo aumenta, potreste coltivare tutta
la vostra valle a patate, nonostante cornate il rischio di perdere l’intero raccolto nel caso venga
colpito da una malattia della patata. Se il prezzo delle patate dovesse andare alle stelle, potreste
addirittura iniziare a piantarne in collina, anche se in quella zona la resa per ettaro è molto inferiore.
In altre parole, quanto maggiore è il prezzo di un prodotto agricolo, tanto maggiore sarà la quantità
che vorrete coltivarne. Ciò illustra la relazione generale tra offerta e prezzo: quando il prezzo di un
bene aumenta, aumenta anche la quantità offerta. Tale relazione è fondata su tre elementi:
• quando le imprese aumentano la loro offerta, da un certo livello di produzione in poi, i costi
cresceranno sempre più rapidamente. Nel caso dell’azienda agricola che abbiamo appena
considerato, il costo di produzione delle patate aumenterà non appena se ne inizi la coltivazione in
collina. Allo stesso modo, se la terra viene sfruttata più intensivamente, impiegando più
fertilizzanti, il costo di produzione delle patate aumenterà sempre di più. Lo stesso accade nelle
aziende manifatturiere: oltre un certo livello di produzione, il costo del lavoro straordinario e dello
sfruttamento dei macchinari al massimo della loro capacità provocheranno un rapido aumento dei
costi. Se un aumento dell’output provoca un incremento dei costi di produzione, i produttori
saranno disposti a offrire un ‘ulteriore quantità di prodotto solo a prezzo più elevato;
• quanto maggiore è il prezzo di un bene, data la quantità venduta, tanto più redditizia sarà la sua
produzione. Le imprese saranno dunque incentivate ad aumentarne l’offerta, riducendo la
produzione di beni meno redditizi;
• col passare del tempo, se il prezzo di un bene rimane alto, nuovi produttori saranno indotti a
entrare nel mercato per iniziare la produzione, facendo aumentare l’offerta totale.
Le prime due determinanti influenzano l’offerta nel breve periodo, mentre la terza influenza
l’offerta nel lungo periodo (per una distinzione tra offerta di breve e di lungo periodo, si veda il cap.
3, par. 3.1.2).
3.2. La curva di offerta
La quantità che i produttori sono disposti a offrire per qualunque dato prezzo può essere descritta in
una funzione di offerta. La tabella 1.2 mostra una funzione di offerta mensile delle patate, sia per un
produttore individuale (agricoltore X) sia per tutti gli agricoltori (l’intero mercato). La funzione di
offerta può essere rappresentata graficamente da una curva di offerta. La curva di offerta può essere
individuale o di mercato, cioè dell’intera industria. La figura 1.4 mostra la curva di offerta
dell’industria delle patate. Analogamente alla curva di domanda, il prezzo è riportato sull’asse
verticale e la quantità sull’asse orizzontale. Ciascuno dei punti a-e corrisponde a un dato nella
tabella 1.2. Ad esempio, un aumento del prezzo da 75 centesimi a 1 euro al chilo provocherà uno
spostamento lungo la curva dal punto c al punto d: l’offerta di mercato aumenterà da 350.000 a
530.000 tonnellate al mese. Non tutte le curve di offerta saranno inclinate positivamente. Talvolta
saranno verticali, oppure orizzontali, o persino negativamente inclinate.
19
a
b
c
d
e
Prezzo(cent / kg)
Offerta dell’agricoltore (tonn.)
Offerta totale di mercato (migliaia di
tonn.)
25
50
75
100
125
50
70
100
120
130
100
200
350
530
700
Ciò dipende in gran parte dall’arco di tempo nel quale viene considerata la reazione delle imprese
alla variazione del prezzo. Esamineremo questo punto nel capitolo 3 parlando dell’elasticità
dell’offerta (par. 3) e più in dettaglio nei capitoli 4 e 5.
3.3. Altre determinanti dell’offerta
Come la domanda, anche l’offerta non è determinata semplicemente dal prezzo. Le altre
determinanti dell’offerta sono le seguenti.
1. I costi di produzione. Quanto maggiori sono i costi di produzione, tanto minore sarà il profitto in
corrispondenza di ogni dato prezzo. All’aumentare dei costi, le imprese ridurranno la produzione, a
vantaggio di altri prodotti i cui costi non siano aumentati. Le ragioni principali della variazione dei
costi sono:
• la variazione del prezzo degli input: i costi di produzione aumentano al crescere dei salari, delle
rendite, dei tassi di interesse, dei prezzi delle materie prime o di altri input;
• il cambiamento della tecnologia: i progressi tecnologici possono alterare notevolmente i costi di
produzione. Consideriamo, ad esempio, come la rivoluzione dei microchip abbia cambiato le
tecniche produttive e la gestione dell’informazione in quasi tutte le industrie del mondo;
• i cambiamenti organizzativi: la riorganizzazione della produzione può consentire risparmi in molte
imprese;
20
• le politiche industriali del governo: i costi diminuiscono in presenza di sussidi e aumentano a
causa delle imposte.
2. La redditività di prodotti alternativi (sostituti nella produzione). Se alcuni prodotti alternativi
(sostituti nella produzione) diventano più redditizi, i produttori ridurranno la produzione del bene
considerato a loro favore. Altri beni possono diventare più redditizi se:
• il loro prezzo aumenta;
• il loro costo di produzione diminuisce.
Ad esempio, se il prezzo delle carote aumenta, o il loro costo di produzione diminuisce, gli
agricoltori vorranno coltivare più carote. Di conseguenza l’of. fetta di patate potrebbe diminuire.
3. La redditività dei prodotti congiunti. Talvolta, la produzione di un bene dà luogo anche alla
produzione di altri beni: si parla in tal caso di prodotti congiunti. Un esempio è la raffinazione del
petrolio, in seguito alla quale si ottengono non solo benzina, ma anche gasolio e altro combustibile.
Se un aumento della domanda di petrolio ne incentiva l’offerta, aumenterà anche la produzione dei
suoi derivati.
4. Natura, shock stocastici e altri eventi imprevedibili. In questa categoria includiamo il maltempo e
le malattie che colpiscono i raccolti agricoli, i conflitti che possono influenzare l’offerta degli input
importati, i guasti agli impianti produttivi, i terremoti, gli allagamenti, gli incendi, ecc.
5. Gli obiettivi dei produttori. Un’impresa che massimizza il profitto offrirà una quantità di bene
diversa rispetto a un’impresa con obiettivi diversi, ad esempio la massimizzazione delle vendite. In
tutto il resto del volume faremo quasi sempre l’ipotesi che le imprese massimizzino il profitto.
6. Aspettative di variazioni future dei prezzi. Se i produttori si aspettano un aumento del prezzo,
essi potrebbero ridurre temporaneamente l’offerta per aumentare le scorte e vendere il prodotto a un
prezzo più elevato in futuro. Allo stesso tempo potrebbero pianificare un aumento della produzione,
installando ulteriori macchinari, o assumendo più lavoratori, per essere pronti ad aumentare l’offerta
in seguito all’aumento del prezzo. Per illustrare alcune di queste determinanti, consideriamo ancora
l’esempio del burro. Cosa potrebbe causare un aumento della sua offerta?
1. Una riduzione del costo di produzione del burro. Tale riduzione potrebbe essere dovuta, ad
esempio, a un calo del prezzo dei nitrati, il quale incentiva l’uso più intensivo di fertilizzanti, che a
sua volta aumenta le rese di latte per ettaro. Alternativamente, una nuova tecnologia potrebbe
consentire una più efficiente lavorazione del burro. Oppure, lo stato potrebbe decidere di concedere
sussidi ai produttori per incentivare l’offerta di burro.
2. Una riduzione della redditività della produzione di panna o formaggio. Se tali prodotti diventano
meno redditizi, ad esempio a causa di una riduzione del loro prezzo a seguito di un calo della
domanda, potrebbe aumentare la produzione di burro.
3. Un aumento della redditività del latte scremato. Se i consumatori compra n più latte scremato,
l’aumento della domanda potrebbe essere accompagnata da un aumento della domanda di burro e
creme, prodotti congiuntamente al latte scremato.
4. Se le condizioni meteorologiche sono favorevoli, le rese di latte saranno alte, facendo aumentare
l’offerta di burro e di altri latticini.
5. Se i produttori di burro si aspettano una riduzione del prezzo in futuro, potrebbero decidere di
aumentare l’offerta corrente di burro, per ridurre le scorte fino a esaurimento.
3.4. Movimenti lungo la curva dl offerta e spostamenti della curva di offerta
Vale qui lo stesso principio applicato alla curva di domanda. L’effetto di una variazione del prezzo
è rappresentato da uno spostamento lungo la curva di offerta: ad esempio, dal punto dal punto e
nella figura 1.4 quando il prezzo aumenta da 1 euro a 1 euro e 25 centesimi. La quantità offerta
aumenta da 530.000 a 700.000 tonnellate al mese. Se una delle altre determinanti dell’offerta
cambia, l’intera curva di offerta si sposterà. Uno spostamento verso destra rappresenta un aumento
dell’offerta, uno spostamento verso sinistra rappresenta invece una riduzione del. l’offerta. Nella
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figura 1.5, se la curva originaria è 0, la curva S1 rappresenta un aumento dell’offerta (in
corrispondenza di ciascun prezzo viene offerta una quantità superiore), mentre la curva S2
rappresenta una diminuzione dell’offerta (in corrispondenza di ciascun prezzo viene offerta una
quantità inferiore). Uno spostamento lungo la curva di offerta viene spesso chiamato variazione
della quantità offerta, mentre uno spostamento della curva di offerta viene chiamato variazione della
funzione di offerta.
22
4. LA DETERMINAZIONE DEL PREZZO
In che quantità verrà acquistato e venduto un bene e a quale prezzo?
4.1. Prezzo e quantità di equilibrio
Ora possiamo unire le nostre analisi della domanda e dell’offerta. Potremo in tal modo mostrare
come vengono determinati il prezzo effettivo di un bene e la quantità effettivamente acquistata e
venduta in un mercato libero e perfettamente concorrenziale. Torniamo all’esempio della domanda
e dell’offerta di patate, e usiamo i dati delle tabelle 1.1 e 1.2, riportati entrambi nella tabella 1.3.
Quali saranno il prezzo e la quantità effettivi? Se il prezzo iniziale fosse 25 centesimi di euro al
chilo, la domanda eccederebbe l’offerta di 600.000 tonnellate (A — a). I consumatori non sarebbero
in grado di ottenere tutto quanto desiderano e sarebbero disposti a pagare un prezzo maggiore. I
produttori, non potendo o non volendo offrire una quantità sufficiente a soddisfare la domanda,
saranno contenti di vendere a un prezzo maggiore. L’effetto dell’eccesso di domanda è quindi un
aumento del prezzo. Lo stesso accadrebbe in corrispondenza di un prezzo di 50 centesimi al chilo: a
tale prezzo ci sarebbe ancora un eccesso di domanda e di conseguenza un aumento del prezzo.
All’aumentare del prezzo, la quantità domandata diminuisce e la quantità offerta aumenta: l’eccesso
di domanda viene progressivamente eliminato. Cosa succederebbe invece se il prezzo iniziale fosse
molto più alto, ad esempio, 1 euro e 25 centesimi al chilo? In questo caso l’offerta eccederebbe la
domanda di 600.000 tonnellate (e — E). L’effetto di tale eccesso di offerta sarebbe un calo del
prezzo, dovuto alla concorrenza tra i produttori per vendere le loro scorte. Lo stesso accadrebbe in
corrispondenza di un prezzo di 1 euro al chilo: l’eccesso di offerta farebbe scendere ancora il
prezzo.
Solo un prezzo è sostenibile: il prezzo in corrispondenza del quale la domanda eguaglia l’offerta,
cioè 75 centesimi al chilo, con una quantità scambiata pari a 350.000 tonnellate. Quando l’offerta
soddisfa la domanda si dice che il mercato è in equilibrio: non c’è né eccesso di domanda, né
eccesso di offerta. Il prezzo in corrispondenza del quale la domanda eguaglia l’offerta è chiamato
prezzo di equilibrio è il solo prezzo in corrispondenza del quale i desideri di produttori e
consumatori sono entrambi soddisfatti: quanto i produttori intendono offrire è esattamente pari a
quanto i consumatori desiderano acquistare.
Nella tabella 1.3, se il prezzo iniziale è diverso da 75 centesimi, ci sarà una tendenza ad avvicinarsi
a tale livello. Il
I
Prezzo
(centesimi d’euro
Al kg)
25
50
75
100
150
Domanda totale
Di mercato
(migliaia di tonn)
700(A)
500(B)
350(C)
200(D)
100(E)
Offerta totale
Dl mercato
(migliaia di tonn.)
100 (a)
200(b)
350(c)
530(d)
700(e)
4.2. Curve di domanda e di offerta
La determinazione del prezzo e della quantità di equilibrio può essere illustrata usando le curve di
domanda e di offerta. L’equilibrio è il punto di intersezione tra le due curve.
La figura 1.6 mostra le curve di domanda e di offerta di patate costruite con i dati della tabella 1.3.
Il prezzo di equilibrio è Pe (75 centesimi) e la quantità di equilibrio è Qe (350.000 tonnellate). In
corrispondenza di prezzi superiori a 75 centesimi, c’è un eccesso di offerta. Ad esempio, a un
23
prezzo di i euro l’eccesso di offerta è pari a 330.000 tonnellate (d — D): viene offerto più di quanto
i consumatori non vogliano acquistare a quel prezzo. Un prezzo pari a 1 euro, quindi, non garantisce
l’equilibrio del mercato. Il prezzo scenderà a 75 centesimi e, nel frattempo, indurrà uno
spostamento lungo la curva di domanda dal punto Dal punto C, e lungo la curva di offerta dal punto
dal punto c.
In corrispondenza di prezzi inferiori a 75 centesimi, c’è un eccesso di domanda. Ad esempio, a un
prezzo di 50 centesimi l’eccesso di domanda è pari a 300.000 tonnellate (B — b). Il prezzo aumenta
a 75 centesimi, causando uno spostamento lungo la curva di offerta dal punto b al punto c, e lungo
la curva di domanda dal punto B al punto C. Il punto Cc è l’equilibrio, dove la domanda uguaglia
l’offerta.
4.3. Spostamento verso un nuovo equilibrio
Il prezzo di equilibrio rimarrà invariato solo se le curve di domanda e di offerta rimangono
anch’esse invariate. Se una delle due curve si sposta, verrà raggiunto un nuovo equilibrio.
4.3.1. Una variazione della domanda
Se una delle determinanti della domanda (che non sia il prezzo) cambia, si sposta l’intera curva di
domanda, causando un movimento lungo la curva di offerta verso il nuovo punto di intersezione.
Ad esempio; nella figura 1.7, se un aumento del reddito dei consumatori facesse spostare la curva di
domanda in 2, in corrispondenza del prezzo iniziale p ci sarebbe un eccesso di domanda pari ad h
— g. Tale eccesso di domanda farebbe aumentare il prezzo a Pe2. Così facendo, indurrebbe un
movimento lungo la curva di offerta dal punto g al punto i, e lungo la curva di domanda (D2) dal
punto h al punto i. La quantità di equilibrio aumenterebbe da Qe1 a Qe2
L’effetto dello spostamento della domanda, quindi, è stato un movimento lungo la curva di offerta
dal vecchio al nuovo equilibrio: dal punto g al punto i.
24
4.3.2. Una variazione dell’offerta
Analogamente, se una delle determinanti dell’offerta (che non sia il prezzo) cambia, si sposta
l’intera curva di offerta, determinando un movimento lungo la curva di domanda verso il nuovo
punto di intersezione. Ad esempio, nella figura 1.8, se i costi di produzione aumentassero, la curva
di offerta si sposterebbe verso sinistra in S2. Al vecchio prezzo p ci sarebbe un eccesso di domanda
(g —j). Il prezzo aumenterebbe da p a e la quantità scenderebbe da Qe1 a Qe3,. In altre parole, ci
sarebbe un movimento lungo la curva di domanda dal punto g al punto k, e lungo la nuova curva di
offerta (S2) dal punto j al punto k. Per riassumere: lo spostamento di una curva induce a un
movimento lungo l’altra curva verso il nuovo punto di intersezione. Talvolta alcuni fattori cambiano
contemporaneamente, causando lo spostamento di entrambe le curve. In questo caso, l’equilibrio si
muove semplicemente dal vecchio al nuovo punto di intersezione.
25
5. L’ECONOMIA DI MERCATO
Funziona davvero bene?
5.1. Vantaggi di un’economia di mercato
Il fatto che un’economia di mercato funzioni automaticamente è uno dei suoi maggiori vantaggi.
Non c’è bisogno di una burocrazia costosa e complessa per coordinare le decisioni economiche.
L’economia può rispondere velocemente a variazioni delle condizioni di domanda e di offerta.
Quando i mercati sono altamente competitivi, nessuno detiene un grande potere di mercato. La
concorrenza tra imprese mantiene bassi i prezzi e agisce come incentivo all’efficienza. Quanto più
le imprese competono tra loro, tanto più saranno reattive ai desideri dei consumatori.
Quanto più efficiente è l’uso dei fattori produttivi, tanto maggiori saranno i profitti delle imprese.
Quanto più efficienti sono i lavoratori, tanto più sicuri saranno i loro posti di lavoro e tanto più
elevati saranno i loro salari. Quanto più ponderate sono le decisioni dei consumatori circa i loro
consumi, tanto maggiore sarà il valore che otterranno in cambio del loro denaro.
Quindi, gli individui che perseguono il proprio interesse attraverso scambi in mercati concorrenziali
contribuiscono a minimizzare il problema fondamentale della scarsità, incentivando un uso
efficiente delle risorse dell’economia nel rispetto dei desideri dei consumatori. Da questo tipo di
logica, i difensori del libero mercato traggono la seguente conclusione: «il perseguimento del
guadagno personale garantisce il benessere collettivo». Questa affermazione, che rappresenta il
contenuto del teorema della mano invisibile di Adam Smith, ha evidentemente un certo rilievo e
anche profonde implicazioni morali.
5.2. Problemi dl un’economia di mercato
In pratica, tuttavia, i mercati non raggiungono la massima efficienza nell’allocazione di risorse
scarse, e i governi reputano spesso necessario intervenire in fase correttiva. Vediamo quali sono i
principali problemi di un’economia di mercato.
1. La concorrenza tra imprese è spesso limitata. Poche grandi imprese possono dominare il mercato
e, in questi casi, praticare prezzi elevati per ottenere maggiori profitti; invece di rispondere
semplicemente ai desideri dei consumatori, possono tentare di persuaderli attraverso la pubblicità. I
consumatori sono particolarmente sensibili alla pubblicità di prodotti nuovi che conoscono poco.
L’assenza di concorrenza e il conseguimento di profitti elevati possono rimuovere gli incentivi
all’efficienza produttiva. La distribuzione disuguale del potere e dei diritti di proprietà può inoltre
generare posizioni monopolistiche. Coloro che hanno potere e/o proprietà (ad esempio, grandi
imprese, sindacati, proprietari terrieri) guadagneranno a scapito altrui.
2. Le prassi di alcune imprese possono essere socialmente indesiderabili. Ad esempio, un’industria
chimica può inquinare l’ambiente. Alcuni beni socialmente desiderabili non vengono prodotti dalle
imprese private. Quale impresa costruirebbe e gestirebbe un faro, senza incentivi da pane del
governo?
3. Un’economia di mercato può generare instabilità macroeconomiche: periodi di recessione con
disoccupazione elevata e calo della produzione, alternati a periodi di prezzi crescenti.
4. Infine, un’obiezione di natura morale ritiene che l’economia di mercato, incoraggiando il
perseguimento dell’interesse individuale, può indurre a egoismo, avidità, materialismo e lotta per
l’acquisizione di potere.
Esamineremo questi problemi in dettaglio nei prossimi capitoli.
5.3. L’economia mista
A causa dei problemi posti sia dal libero mercato sia dall’economia pianificata, tutte le economie
del mondo sono una combinazione dei due sistemi: le economie dell’ex blocco comunista
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facevano comunque ricorso a meccanismi di mercato; tutte le economie di mercato prevedono un
certo grado di intervento pubblico. Nelle economie miste, il governo può influire:
• sui prezzi relativi dei beni e degli input, introducendo imposte o sussidi o attraverso controlli
diretti dei prezzi;
• sui redditi relativi, attraverso le imposte sul reddito, i trasferimenti o i controlli diretti su salari,
profitti, rendite, ecc.;
• sulla struttura della produzione e del consumo, attraverso le leggi (ad esempio, sancendo
l’illegalità di alcune produzioni), attraverso la fornitura diretta di alcuni beni e servizi (ad esempio,
istruzione e difesa), attraverso imposte e sussidi oppure attraverso la nazionalizzazione. Le modalità
dell’intervento pubblico e gli effetti delle varie forme di intervento saranno esaminati in dettaglio
nel capitolo 6. I meriti relativi di combinazioni alternative di stato e mercato dipendono dal peso
attribuito ai vari obiettivi politici ed economici: obiettivi quali libertà, uguaglianza, efficienza
produttiva, rispetto dei desideri dei consumatori, crescita economica e pieno impiego. Nessun tipo
di economia mista è superiore da ogni punto di vista a un altro tipo.
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