Capitolo 4 - Regione Sicilia

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Capitolo 4
Schede tecniche per ciascun parametro individuato
(metodologia di rilievo, parametri ed unità di misura,
strumentazione necessaria, tipologia di output)
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4.1
Metodi ed apparecchiature per la misura delle concentrazioni
degli inquinanti in atmosfera
Le concentrazioni degli inquinanti nell'atmosfera vengono usualmente
espresse in microgrammi a metro cubo (mg/mc); per l'ossido di carbonio la concentrazione viene espressa in milligrammi a metro cubo (mg/mc). In alcuni casi le
concentrazioni vengono espresse in parti per milione; la conversione delle due
grandezze può essere effettuata mediante la relazione, valida alla temperatura di
25° ed alla pressione di 760 mm di mercurio:
3
µg/m
= ppm A 106 /24500
in cui è stato indicato con A il peso molecolare dell'inquinante.
Nel caso in si voglia esaminare il solo inquinamento da traffico, deve essere
previsto il monitoraggio almeno del CO, degli NO2, dell'SO2, del benzene e delle
polveri.
La misura delle concentrazioni può essere effettuata mediante sistemi manuali
e sistemi automatizzati. Nei primi il prelievo dei campioni, la misura e la registrazione dei risultati, o di qualsiasi combinazione di questi, viene effettuata manualmente. Nei secondi le operazioni indicate vengono effettuate automaticamente. I
sistemi manuali hanno valore di metodologia di riferimento; i sistemi automatizzati vengono impiegati correntemente nel controllo della qualità dell'aria, in
quanto adatti alla realizzazione di misurazioni continue, anche in postazioni remote, dalle quali i dati rilevati possono essere trasmessi via cavo (elettrico o a
fibre ottiche), oppure via etere, ai punti centrali di controllo.
Per l'esecuzione delle misurazioni, in manuale ed in automatico, possono in
generale essere utilizzate tecnologie e procedure differenti; le modalità di esecuzione delle misurazioni, eseguite a fini ufficiali, sono state tuttavia standardizzate
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a livello normativo.
I principali riferimenti sono costituiti, in primo luogo, dal DPCM 28.03.1983
«Limiti massimi di accettabilità delle concentrazioni e di esposizione relativi ad
inquinanti dell'aria nell'ambiente esterno», che contiene prescrizioni sui metodi
analitici manuali applicabili per la misura delle concentrazioni delle particelle
sospese, del biossido di zolfo, del biossido di azoto, del piombo, del monossido di
carbonio, dell'ozono, degli idrocarburi totali, escluso il metano, e del fluoro. Vengono inoltre fornite indicazioni sulle caratteristiche dei sistemi automatici di
misura del biossido di zolfo, del biossido di azoto, dell'ozono, dell'ossido di carbonio e degli idrocarburi non metanici.
Nel successivo DPR 24.05.1988, n.203 «Attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti
industriali, ai sensi dell'art. 15 della Legge 183/87», relativamente ai metodi
analitici manuali, sono state introdotte nuove procedure, sostitutive delle precedenti, per la determinazione delle concentrazioni di SO„ NO2, materiale particellare e piombo; è stata inoltre aggiunta una procedura per la determinazione dell'indice di fumo nero. Relativamente ai sistemi automatizzati, sono state fornite le
specifiche degli analizzatori di biossido di azoto.
Infine, mediante il Decreto del Ministro dell'Ambiente del 25.11.1994, «Aggiornamento delle norme tecniche in materia di limiti di concentrazione e di livelli di attenzione e di allarme per gli inquinanti atmosferici nelle aree urbane e disposizioni per la
misura di alcuni inquinanti di cui al decreto ministeriale 15.04.1994», vengono specificati i metodi di misura delle concentrazioni in massa del materiale particolato di diametro aerodinamico inferiore a 10 mm (PM10) e del benzene.
Si ritiene in questa fase di descrivere i principi chimico-fisici dei metodi di
misura previsti dalle normative relativamente al materiale particolato ed al benzene, rimandando, per gli altri inquinanti considerati, alle normative stesse per
approfondimenti.
Tabella 1- Possibili caratteristiche e requisiti minimi della rete di monitoraggio atmosferico
Parametro rilevato
Esempio di apparecchiatura
Biossido di zolfo
Ossidi di azoto
Spettroscopio fluorescenza UV
chemioluminescenza
Monossido di carbonio
Polveri totali sospese
Polveri frazione resp.
(PM10)
Idrocarburi totali
Assorbimento a radazioni
Gravimetrico
Attenuazione dei raggi β
Ozono
Gascromatografia con
rivelatore FID
Assorbimento a radiazione UV
Intervallo di misura
consigliato
0 - 1310 µg/m3
NO 0 – 1230 µg/m3
NO2 e NOX 0 - 1880
µg/m3
0 – 100 mg/ m3
---------------------0 – 2000 µg/m3
0 – 10 PPM
0 – 700 mg/ m3
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Le postazioni di rilevamento automatiche sono costituite da uno o più campionatori o analizzatori automatici, a seconda del numero di inquinanti da monitorare, racchiusi in un locale oppure in una capannina coibentata; la capannina è in
genere realizzata in modo da poter essere trasportata, qualora si desideri spostare
il punto di misura. La capannina deve essere dotata di alimentazione elettrica (si
adotta in genere la tensione standard di rete), e di un sistema di climatizzazione. In
genere le singole postazioni sono collegate fisicamente (mediante cavi elettrici
oppure a fibre ottiche), o via radio, al posto centrale di elaborazione e controllo, a
cui i dati rilevati, insieme ai parametri di controllo degli analizzatori, vengono trasmessi con continuità. Qualora il collegamento diretto con la centrale di controllo
risulti difficile, oppure non sia necessario disporre dei dati in tempo reale, è possibile realizzare postazioni di rilevamento gestite integralmente da un computer
locale, che effettua anche la registrazione dei dati su supporto magnetico; gli
addetti alla manutenzione della postazione provvedono periodicamente a leggere
il supporto magnetico in sito, oppure a trasportarlo per la lettura al centro di controllo.
Il numero di postazioni di rilevamento deve essere scelto in funzione dei
seguenti parametri:
- caratteristiche topografiche e meteo-climatiche dell'area di studio;
- densità, distribuzione ed intensità delle sorgenti di emissione;
- densità e distribuzione della popolazione.
Le postazioni di rilevamento vengono organizzate in reti, la cui estensione
spaziale può essere molto diversa, a secondo dello scopo del monitoraggio.
Allorché si ritiene sufficiente estendere il monitoraggio ad archi di tempo
limitati, effettuando nel contempo misurazioni in numerosi punti, si preferisce
ricorrere a laboratori mobili. Tali laboratori sono costituiti da furgoni leggeri, in
genere di peso totale inferiore a 3,5 tonnellate, al cui interno vengono installati gli
analizzatori ed i relativi sistemi di controllo ed acquisizione dati; sui veicoli viene
inoltre installata la strumentazione per il monitoraggio dei parametri meteorologici. I veicoli debbono essere dotati di condizionatore d'aria e, nel caso in cui si
debbano effettuare monitoraggi lontano dalla rete di distribuzione dell'energia
elettrica, di appositi gruppi elettrogeni. Ogni cura deve essere posta affinché i
campioni di aria prelevati non siano contaminati dai gas di scarico dei gruppi
elettrogeni stessi.
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Figura 1 - Centralina mobile di monitoraggio atmosferico
Figura 2- Interno centralina mobile
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4.1.1 MATERIALE PARTICOLATO (PM10)
Il particolato atmosferico in sospensione è raccolto su filtri a membrana
micropori da 47mm di diametro, porosità 0,45 micron (condizionati in stufa termostatata per due ore a 80° C e 24 ore in essiccatore con gel di silice), aspirando
aria alla portata di 20 l/m mediante campionatori sequenziali programmabili con
contatore volumetrico e compensazione di portata (n.3 mod. ECOL / TECORA e
n. 1 mod. AIR5000/5005 SEA). Sui filtri sono stati determinati:
Particolato Totale Sospeso con il metodo gravimetrico mediante bilancia analitica METTLER M54 con sensibilità 0,01 mg.
Metalli pesanti con la seguente metodica: filtri sottosti ad attacco acido in
matracci da 25 cc con 2,5 cc di acido nitrico super puro al 65%, riscaldati fino
all'ebollizione, chiusi con tappi smerigliati e raffreddati lentamente; dopo 24 h
portati a volume a 20°C e determinati i metalli pesanti mediante assorbimento
atomico, con fiamma alimentata da miscela aria-acetilene, con spettrofotometro
A.A.PERKIN ELMER 5000 con correttore di fondo al deuterio.
Le polveri sedimentabili totali sono raccolte con quattro deposimetri per la
raccolta congiunta delle deposizioni secche ed umide, costituiti da treppiede di
sostegno alto 1,80 m, imbuto sulla superficie del quale si depositano le polveri che
tramite un raccordo in polietilene vengono convogliate in bottiglia di vetro della
capacità di 10 lt. e dalla quale vengono prelevate, previo lavaggio dell'imbuto con
cadenza quindicinale. Su questi campioni sono determinate le polveri sedimentabili totali secondo la metodica indicata dal gruppo di lavoro della Commissione
Centrale Inquinamento Atmosferico del Ministero dell'Ambiente ed effettuata
l'analisi delle precipitazioni seguendo le indicazioni riportate su "Metodologie e
controlli di qualità per lo studio della chimica delle deposizioni atmosferiche in
Italia" nell'ambito della rete RIDEP promossa dal Ministero dell'Ambiente e da
CNR - Istituto Italiano di Idrobiologia.
Le determinazioni, i metodi e la strumentazione utilizzata per l'analisi delle
precipitazioni sono le seguenti:
•
•
•
•
pH - Potenziometria con elettrodo di Ross
Conducibilità - Conduttimetro Amel mod. 160
Alcalinità - Potenziometria con estrapolazione del punto equivalente tramite due punti di pH.
N - NO3, N - NH4, P - PO, Cl, SO4 - Spettrofotometria di assorbimento
molecolare a flusso continuo SMA Plus Tecnicon.
Con un deposimentro MTX "WET and DRY" provvisto di due contenitori in
polietilene con bocca dal diametro di 29 cm e apposito sensore che in caso di
pioggia chiude il contenitore delle deposizioni secche ed apre quello delle deposizioni umide, si raccolgono in modo separato le deposioni secche ed umide.
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4.1.2 MONITORAGGIO DEL BENZENE
La presenza di benzene nell'atmosfera è un problema particolarmente rilevante
nelle aree urbane dove insistono densità abitative elevate e notevoli quantità di
traffico veicolare. La quantità predominante di benzene (circa 85%) deriva dai gas
di scarico dei veicoli mentre una percentuale minore (15%) proviene dalle emissioni evaporative. La dispersione del benzene in atmosfera è connessa a una serie
di variabili di tipo meteorologico (variazioni stagionali e giornaliere), socio-economico (intensità e fluidità del traffico giornaliero e orario) e geografico (distribuzione degli assi stradali principali, morfologia del territorio, ecc.).
L'entrata in vigore del DM n. 60 del 2/4/2002 (recepimento della Dir.
2000/69/CE) ha stabilito il valore limite per la protezione della salute umana di 5
µg/m3, valore da raggiungere entro il primo gennaio 2010. Il DM n. 60 prevede
anche un margine di tolleranza di 5 µg/m3 (che riporta il valore limite a 10
µg/m3) fino al 31 dicembre 2005. Dal primo gennaio 2006, e successivamente
ogni 12 mesi, il valore è ridotto secondo una percentuale costante per raggiungere
lo 0% di tolleranza al primo gennaio 2010.
Il rilevamento viene condotto con l'ausilio di strumentazione automatica in
continuo, campionatori attivi e passivi, secondo programmazioni specifiche. Gli
analizzatori automatici trasferiscono in continuo i dati di concentrazione rilevati ai
Centri Operativi, che gestiscono le reti di monitoraggio, mentre gli altri sistemi di
campionamento (attivi e passivi) prevedono l'assorbimento dell'aria ambiente su
un supporto di carbone attivo, il successivo trattamento in laboratorio e l'analisi
strumentale. Ciò comporta tempi di restituzione dei risultati più lunghi che,
comunque, non creano problemi in quanto, secondo la normativa, le elaborazioni
dai dati prevedono un tempo di mediazione annuale e non sono stabilite soglie
sulle concentrazioni medie di breve periodo (orarie, giornaliere).
Tabella 2 – Valore limite imposto da normativa
Normativa
Contenuto
DM n. 60 del
2/04/2002
(recepimento della
Direttiva
2000/69/CE)
Valore limite
annuale per la
protezione della
salute umana
Valori di riferimento
5 µg/m3
(considerando il margine di tolleranza tale
livello viene di fatto riportato a 10 µg/m3 fino
al 31 dicembre 2005 e successivamente
ridotto gradualmente per raggiungere 5 µg/m3
il primo gennaio 2010)
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4.2
Le reti di monitoraggio in Italia
Nel nostro Paese il sistema di monitoraggio della qualità dell'aria è strutturato
su tre livelli fondamentali, secondo quanto stabilito dal decreto 20 maggio 1991
dei Ministri dell'Ambiente e della Sanità «Criteri per la raccolta dei dati inerenti la
qualità dell'aria». L'allegato I del decreto citato fissa inoltre i criteri per la realizzazione dei sistemi per il rilevamento dei dati di qualità dell'aria.
Le funzioni di livello nazionale sono svolte dal Ministero dell'Ambiente nell'ambito del Sistema Informativo Nazionale Ambientale (SINA). Tali funzioni
consistono, oltre che nella raccolta e pubblicazione dei dati a livello nazionale,
nella definizione dei livelli di pericolosità, nella determinazione delle modalità di
misura, nella omologazione delle strumentazioni; la valutazione dei dati raccolti
sotto il profilo igienico-sanitario è invece riservata al Ministero della Sanità.
Le funzioni a livello regionale consistono nel coordinamento dei sistemi provinciali, anche ai fini della redazione e della verifica dei piani regionali per il risanamento della qualità dell'aria.
Le funzioni a livello provinciale riguardano il funzionamento del sistema di
rilevamento, l'attendibilità delle misure, il controllo e la prevenzione dell'inquinamento. I sistemi provinciali devono essere dotati di un centro operativo per la
raccolta dei dati (COP, Centro Operativo Provinciale), al quale afferiscano tutte le
postazioni ubicate sul territorio. In particolare le reti metropolitane operano nell'ambito del livello provinciale. Al centro provinciale è demandata le gestione
tecnico-operativa delle reti pubbliche, la supervisione dei sistemi di rilevamento,
la valutazione dei dati sotto il profilo igienico-sanitario.
Secondo il decreto citato, le reti di monitoraggio devono consentire di valutare
le concentrazioni di alcuni inquinanti primari e precursori di inquinanti secondari,
in fase gassosa (CO, SO2 NO2, idrocarburi, volatili) ed in fase particellare (particolato sospeso, piombo ed altri metalli pesanti nel particolato sospeso), nonché di
alcuni inquinanti secondari, in fase gassosa (NO2, O2, NO) ed in fase particellare
(prodotti di trasformazione degli ossidi di azoto e dell'anidride solforosa).
Per il rilievo degli inquinanti citati è richiesta la costituzione di un'idonea rete
di monitoraggio. La misura di tutte le concentrazioni non è richiesta in ogni stazione, infatti, alcuni inquinanti, come l'ossido di carbonio, sono soggetti ad elevati
gradienti spazio-temporali e necessitano, quindi, di misure puntuali; altri, come gli
ossidi di azoto e di idrogeno, presentano concentrazioni più uniformi e possono,
quindi, essere rilevati in un numero limitato di punti opportuni. Per gli inquinanti
di origine fotochimica, come l'ozono ed il PAN (perossiaceti 1nitrato), la misura
delle concentrazioni deve essere effettuata preferibilmente in aree periferiche,
lontane da fonti dirette di inquinamento e poste sottovento rispetto al centro
urbano:
La rete di rilevamento urbana deve essere articolata su quattro livelli di stazioni:
A) stazioni di base o di riferimento, finalizzate alla valutazione dei valori di
fondo, da ubicare in aree non direttamente interessate dalle sorgenti di emissione urbana (parchi, aree pedonali); in queste stazioni debbono essere rilevati
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tutti gli inquinanti primari e secondari indicati in precedenza;
B) stazioni situate in zone ad elevata densità abitativa, finalizzate alla valutazione
dei livelli di inquinamento che interessano la parte prevalente della popolazione; in queste stazioni deve essere effettuata la misura delle concentrazioni
di alcuni inquinanti primari e secondari (almeno NO2, SO2, idrocarburi e
materiale particellare, con caratterizzazione della massa e del contenuto in
piombo);
C) stazioni finalizzate al rilievo delle concentrazioni degli inquinanti direttamente
prodotti, nelle condizioni peggiori, dal traffico stradale; queste stazioni vengono ubicate nelle strade a traffico elevato e con ridotta ventilazione;
D) stazioni finalizzate al rilievo degli inquinanti fotochimici (NO2, O2, PAN), da
ubicare nelle periferie o in aree suburbane, anche sulla base di indagini pilota
effettuate nei mesi estivi, più favorevoli alla formazione dello smog fotochimico.
In ogni caso, le postazioni di misura debbono essere ubicate ad una certa
distanza (almeno due metri) da superfici assorbenti, quali edifici e cortine di
vegetazione. Una regola cautelativa consiste nel disporre il punto di prelievo ad
una distanza dagli ostacoli non inferiore ad 1,5 volte l'altezza degli stessi; la
postazione non deve mai essere realizzata in luoghi confinati su due o più lati,
quali i cortili delimitati da edifici o comunque in punti riparati. L'altezza dal suolo
dei punti di prelievo deve essere compresa tra 4 e 6 metri.
Parallelamente ai livelli di inquinamento occorre rilevare i parametri meteorologici, senza i quali non è possibile un'interpretazione fisica dei fenomeni osservati. I sistemi di misura dei parametri meteorologici debbono essere conformi alle
prescrizioni della WMO.
Nel Decreto citato si richiede il rilievo di tutti i parametri meteorologici di
base nelle stazioni di tipo A; in queste stazioni si suggerisce di acquisire una
migliore conoscenza dei bassi strati atmosferici mediante tecniche di telerilevamento (SODAR, RASS). Questi parametri debbono essere correlati, anche a fini
previsionali, con il quadro meteorologico sinottico, quale risulta dalle reti meteorologiche specifiche. Nelle stazioni di tipo B e C è richiesta almeno la misura
della velocità e della direzione del vento e nelle stazioni di tipo D la misura della
radiazione solare.
Il Decreto fissa, infine, le caratteristiche delle reti di monitoraggio dell'inquinamento industriale e le specifiche funzionali delle apparecchiature per i rilievi
automatizzati e manuali, richiamandosi al rapporto ISTISAN 89/19 (1989); vengono infine definite le modalità di presentazione dei rilievi (sintesi mensili, stagionali, annuali).
È tuttavia da rilevare che la costituzione di una rete di monitoraggio omogenea, estesa a tutto il territorio nazionale, non è stata ancora completata e ciò costituisce un notevole impedimento alla effettuazione degli studi di impatto.
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4.3
L'attività di monitoraggio ambientale in ambito regionale
siciliano
L'attività di monitoraggio e valutazione degli effetti prodotti dalla presenza
antropica e dalle attività connesse condotta dalla Regione Siciliana non si limita
alla partecipazione occasionale a progetti nazionali o comunitari, la cui durata è,
tuttavia, limitata nel tempo.
GLI ENTI COINVOLTI
ARPA – REGIONE SICILIANA
Provincia
Regionale
Provincia
Regionale
Provincia
…
Università
Progetti di
Ricerca
Amministrazioni Comunali
Enti di
Formazione
Corsi di
Formazione
Figura 3 - Possibili caratteristiche e requisiti minimi della rete di monitoraggio atmosferico
L'Assessorato Territorio ed Ambiente, attraverso l'ARPA, affronta costantemente i temi del rilievo ambientale sull'intero territorio dell'isola, realizzando
indagini, sistemi di monitoraggio, analisi e studi della qualità dell’ambiente nella
totalità delle sue matrici finalizzati alla valutazione dello stato ambientale ed al
controllo di compatibilità ed efficacia nel tempo dei piani di risanamento previsti,
nell’ottica della sostenibilità dello sviluppo.
L'attività dell'ARPA è inerente:
•
•
•
la rilevazione di fattori fisici, geologici, chimici e biologici;
le analisi di laboratorio di rilievo ambientale e di prevenzione sanitaria della
collettività;
la vigilanza sul rispetto della normativa vigente e delle prescrizioni contenute
nei provvedimenti autorizzatori rilasciati dalle Autorità competenti in campo
ambientale,
A tali attività istituzionali si aggiunge la produzione e lo scambio di conoscenze, attuando campagne informative che diffondano nel territorio regionale
nuove realtà e soprattutto nuova coscienza e cultura ambientale.
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Vastissimi sono gli ambiti entro i quali l'Agenzia - in un ottica di protezione
ambientale intesa come risorsa - sviluppa la sua attività. Tra questi, il monitoraggio ambientale ed il rilevamento dei fattori fisici, geologici, chimici, biologici, di
inquinamento acustico, dell'aria, delle acque e del suolo. La vigilanza ed il controllo sul rispetto della normativa vigente in campo ambientale nonché delle prescrizioni contenute nei provvedimenti di autorizzazione rilasciati dalle Autorità
competenti. La costituzione di sistemi di contabilità ambientale ed attività tecniche connesse all'ambiente. L'esecuzione di analisi di laboratorio di rilievo
ambientale e di prevenzione sanitaria della collettività. La produzione e lo scambio di conoscenza e innovazione. La pianificazione ambientale e la programmazione di interventi in materia.
Gli ambiti specifici di attività dell’ARPA sono:
ARIA: Qualità dell’aria: tale matrice viene indagata attraverso la gestione delle
reti di monitoraggio e attraverso campagne di rilevamento; vengono quindi verificati gli episodi acuti di inquinamento nelle aree urbane, mettendo in atto progetti
volti all’individuazione dei provvedimenti di riduzione delle fonti di emissione
mobili e stazionarie. Le campagne di rilevamento riguarderanno il controllo degli
inquinanti caratterizzati da elevata tossicità e cancerogenicità, quali: benzene,
benzo a pirene, PM10, metalli pesanti. L’Agenzia fornirà inoltre il proprio supporto alla Regione per la elaborazione del Piano regionale di rilevamento della
qualità dell’aria. Controllo delle emissioni: compete inoltre all’Agenzia l’attività
di controllo tecnico delle emissioni in atmosfera provenienti da impianti industriali ai sensi del DPR 203/88.
RISCHIO INDUSTRIALE: In atto la Regione Siciliana non ha ancora emanato
alcuna normativa che definisca in ambito regionale la piena attuazione delle procedure previste dal D. Lgs. 334/99 ed i compiti e i ruoli dell’ARPA, tuttavia questa Agenzia ha già assicurato la propria collaborazione al Comitato Tecnico
Regionale nell’attività istruttoria degli impianti soggetti a rapporto di sicurezza, ai
sensi dell’art. 8 del D. lgs 334/99. L’attività di controllo posta in essere
dall’ARPA Sicilia assume caratteristiche di massima priorità, garantendo interventi sistematici sia presso gli stabilimenti soggetti a rapporto di sicurezza (art. 8
D. Lgs. 334/99) che nel caso di stabilimenti in notifica (art. 6 D. Lgs 334/99).
L’Agenzia partecipa inoltre alle attività relative alla redazione dello Studio di
Sicurezza Integrato d’Area, all’interno della Commissione Istruttoria per le aree di
Augusta, Priolo, Melilli.
RIFIUTI E BONIFICHE DEI SITI CONTAMINATI: l’Agenzia, così come stabilito dall’art. 11 del D. Lgs. 22/97, ha tra le proprie competenze l’avvio e la definizione del catasto dei rifiuti . Tale obiettivo è in fase di realizzazione, mentre sono
già in atto le attività di controllo degli impianti di smaltimento, trattamento e
recupero rifiuti. In materia di bonifiche trova piena esecuzione il D.M. n. 471 del
29/10/99, avente ad oggetto l’attuazione, per gli aspetti tecnici (messa in sicurezza, caratterizzazione, piani di bonifica di siti inquinati) di quanto disposto
dall’art. 17 del medesimo decreto legislativo. In relazione alle attività di bonifica
dei siti di interesse nazionale, è stato emanato il D.M. 468 del 18.9.2001 “ProPagina 0
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gramma Nazionale delle Bonifiche”, strumento che, ai sensi della L. n. 426 consente e disciplina l’accesso ai finanziamenti pubblici in materia di bonifiche, oltre
che prevedere nuovi siti di interesse nazionale: nel caso della Regione Sicilia ciò
che ha comportato l’individuazione anche del comune di Biancavilla, in aggiunta
ai già noti comuni di Gela e Priolo.
ACQUE :
Acque interne – E’ previsto un programma pluriennale che vede l’ARPA Sicilia
ed i suoi Dipartimenti provinciali impegnati in numerose attività relative al
monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee; in particolare tali attività
coinvolgono la sede centrale nella implementazione nel sistema SIRA dei dati di
monitoraggio dei corpi idrici significativi dal 1990, nella ricostruzione dello stato
della qualità, sulla base della metodologia definita dal D. Lgs. 152.99 delle acque
dei corpi idrici significativi a partire dal 1997; nella individuazione delle aree
critiche per le quali procedere ad approfondimenti ed analisi tese alla valutazione
di un eventuale individuazione di nuove aree sensibili o vulnerabili.
Acque marine – Le problematiche di maggior rilievo concernenti le acque marine
e l’ambiente marino-costiero regionale, emerse dall’attività fino ad ora svolta,
sono riconducibili sinteticamente alla possibilità che si presentino fenomeni eutrofici in alcuni tratti costieri del territorio regionale, ai rischi di inquinamento da
scarichi civili, ai problemi conseguenti alla presenza dei poli industriali costieri di
Priolo-Siracusa, Gela, Milazzo, Termini Imprese, Porto Empedocle, all’erosione
delle coste, al depauperamento delle risorse ittiche come conseguenza dell’attività
di pesca e delle altre pressioni antropiche, alle attività di acquicoltura (ambiente
marino e costiero) e alla loro sperimentazioni e impatti. In considerazione della
rilevanza dello sviluppo costiero della nostra regione e del fatto che, nell’ottica
dello sviluppo sostenibile ma anche della protezione delle nostre risorse naturalistiche come fattore di eccellenza, l’elemento marino costiero viene analizzato e
curato con particolare attenzione, anche in collaborazione con altre Autorità ed
Enti istituzionalmente coinvolti, quali il Ministero dell’Ambiente, l’Assessorato
Regionale Territorio e Ambiente, il Comando Generale delle Capitanerie di Porto,
attraverso la realizzazione di specifici Programmi di monitoraggio delle acque
marino- costiere.
AGENTI FISICI E RUMORE: La Legge Quadro sull’inquinamento acustico n.
447/95 del 26 ottobre 1995 ha stabilito i principi fondamentali in materia di tutela
dell’ambiente esterno ed abitativo dall’inquinamento acustico; le strategie di
azione atte a raggiungere i suddetti obiettivi si sviluppano secondo le finalità della
norma su un doppio binario, vengono previste attività di “prevenzione ambientale” (classificazione acustica del territorio comunale, valutazioni di impatto acustico), ed attività di “protezione ambientale” (monitoraggio dei livelli di inquinamento acustico, piani di risanamento). L’Agenzia realizzerà, nel quadro delle
competenze indicate all’art. 1 comma 1 punto d della legge n. 61 del 21 gennaio
1994 l’elaborazione di “linee guida per la classificazione acustica del territorio
comunale”. Grazie a tale strumento potrà essere fornito alle amministrazioni
comunali un metodo operativo per procedere alla classificazione del territorio in
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aree acusticamente omogenee, dando così vita ad un elemento fondamentale del
processo di conoscenza e trasformazione del territorio, delle situazioni fuori limite
e quindi delle conseguenti azioni di risanamento acustico. A livello periferico i
Dipartimenti Provinciali, (ex L.I.P.) sviluppano l’attività di controllo e di monitoraggio dei livelli sonori, prevalentemente su segnalazione degli Enti locali. Altra
direzione di intervento è quella della predisposizione dei piani degli interventi di
abbattimento e contenimento del rumore provocato da servizi pubblici di trasporto
e delle relative infrastrutture.
ELETTROMAGNETISMO: La pubblicazione della legge 22 febbraio 2001 n. 36
“Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici” ha rappresentato il culmine dell’attività legislativa nazionale in
materia di radiazioni non ionizzanti. Il lavoro dell’Agenzia sarà fortemente
improntato sulle attività di censimento. Infatti andranno esaminati tutti gli
impianti esistenti per specifiche nuove autorizzazioni all’esercizio e verrà creato e
gestito il catasto delle sorgenti. Considerato l’attuale numero degli impianti e il
loro incremento, l’attività di controllo sul territorio dovrà necessariamente
aumentare, garantendo nel contempo il supporto tecnico ai Comuni per le azioni
di risanamento e/o delocalizzazione degli impianti.
SISTEMI DI GESTIONE AMBIENTALE: Nel 2001 l’ARPA Sicilia è entrata a
far parte, nella qualità di Nodo regionale, della Rete nazionale EMAS/SGA per la
diffusione dell’informazione sui temi della certificazione e della registrazione
ambientale. Nell’ambito di tali attività è stato redatto un opuscolo informativo per
la presentazione del neo-istituito Nodo regionale siciliano e per la diffusione delle
logiche del Regolamento 761/2001, il cui obiettivo è quello di diffondere sul territorio regionale siciliano i requisiti ed i vantaggi derivanti dall’adozione del
Regolamento 761/2001, in maniera tale da innescare un processo di penetrazione
nel tessuto produttivo regionale delle logiche dei Sistemi di Gestione Ambientale.
Sono state inoltre realizzate giornate informative presso i Punti Provinciali della
Rete, nel corso delle quali è stato riscontrato un crescente interesse per i Sistemi
di Gestione Ambientale. L’ARPA Sicilia, credendo fortemente nell’opportunità di
porre in essere tali strumenti, intende far fronte alle emergenti richieste in materia
continuando a promuovere la diffusione in Sicilia di tali logiche, fornendo inoltre
adeguato supporto informativo alle organizzazioni che intendono procedere alla
Registrazione EMAS.
COMUNICAZIONE: l’ARPA Sicilia attua una costante trasmissione dei risultati
dei propri progetti e delle ricerche effettuate, tramite convegni, riunioni, pubblicazioni, ed inoltre tramite il proprio sito Internet di recente attuazione.
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4.4
Il monitoraggio ambientale urbano
Sulla base di quanto previsto dal rapporto ISTIAN 89/10 ISSN-0391-1675
“Progettazione e gestione di una rete di rilevamento per il controllo della qualità
dell’aria”, gli obiettivi di una rete per il controllo della qualità dell’aria si possono
riassumere:
• verificare e documentare il rispetto ovvero il superamento dei valori limite fissati dalla vigente normativa e darne comunicazione all’autorità competente;
• diffondere ai cittadini i valori dei livelli di inquinamento registrati giornalmente;
• individuare la dinamica dell’inquinamento ed i periodi critici, nonché fornire
elementi per trovare le cause che le determinano;
• fornire uno strumento per migliorare la gestione del territorio per quanto concerne gli aspetti dell’inquinamento atmosferico.
4.5
Rete di Monitoraggio di Palermo
La rete di monitoraggio ambientale è, a Palermo, gestita dall'AMIA. Essa è
attualmente composta da:
•
•
•
•
18 punti di monitoraggio di cui 10 stazioni di monitoraggio ed 8 mini centraline;
89 apparecchiature di rilevamento di parametri chimici e fisici dell’aria;
un centro di raccolta elaborazioni ed archiviazione, CRED (figura 5);
due punti di diffusione delle informazioni al pubblico.
Una delle 7 stazioni (Boccadifalco) non direttamente esposta alle sorgenti di
emissione in quanto posizionata all’interno del parco del Presidio Ospedaliero
Casa del Sole, svolge la funzione di cabina per la misura dei valori di fondo
dell’inquinamento.
4.5.1 Le stazioni di rilevamento
Ciascuna stazione di rilevamento è costituita da una doppia struttura scatolare
in vetroresina con intercapedine coibentata con lastre di poliuretano espanso ed
irrigidita da un telaio in acciaio. Le apparecchiature di rilevamento e quelle
ausiliare per il funzionamento della cabina sono alloggiati in appositi rack.
La cabina è dotata di un PC verso cui confluiscono tutte le informazioni sul
funzionamento della stessa, delle apparecchiature e i dati rilevati dagli analizzatori.
Tale PC, alimentato da un gruppo di continuità, garantisce il continuo collegamento con il CRED nonché la memorizzazione di tutti i dati raccolti fino a circa
un mese.
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4.5.2 Acquisizione dei dati
Il ciclo di monitoraggio ha una durata di 24 ore, l’ora di inizio del periodo di
riferimento è fissata per le 7:00. Alle 7:30 si ha la fine della raccolta dati di funzionamento e inquinamento dalle cabine di monitoraggio; ha inizio inoltre il controllo dello stato delle apparecchiature e la stesura di un foglio di intervento giornaliero.
I dati acquisiti dal CRED vengono validati e certificati in conformità a procedure apposite.
Alle ore 9:00 si provvede a l’informare tramite fax l’amministrazione preposta
(Assessorato Ambiente e Edilizia del Comune) e il pubblico riguardo ai valori
medi dei principali parametri indicatori dell’inquinamento atmosferico (biossido
di zolfo, biossido di azoto, monossido di carbonio, ozono, PM10); a parte verranno comunicati alle autorità un eventuale stato di attenzione o di allarme, che
darà luogo all’entrata in vigore di provvedimenti entro le ore 6:00 del giorno successivo.
Per la gestione dei dati provenienti dalle cabine di monitoraggio, il CRED si
avvale del software “Eda C 2000” fornito dalla stessa ditta di provenienza delle
centraline. Questo software sfrutta un database relazionale realizzato con Microsoft Access. E’ dotato di un’interfaccia semplice e intuitiva, e permette la visualizzazione dei dati in forma tabellare o grafica attraverso Microsoft Excel; i dati in
rete si trovano dal 2001, immediatamente richiamabili, mentre in un archivio sono
custoditi i dati dal 1996 al 2000.
Stazione Castelnuovo
La cabina è ubicata a piazza Castelnuovo, sul tratto di marciapiede alle
spalle del “Palchetto della Musica”, tra via Dante e via Folengo.
Parametri chimici rilevati: CO, SO2, NO, NO2, O3, PTS, PM10, THC, CH4, NMHC.
Parametri fisici rilevati: rumore, pressione, temperatura, umidità relativa, radiazione solare, direzione e velocità del vento, quantità di pioggia.
Tutte le cabine, nonché i servizi decentrati ed i punti di diffusione al pubblico,
sono collegate tramite modem e linea telefonica commutata ISDN al CRED sito
nella sede AMIA.
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Figura 4 - Cabina di rilevamento AMIA (Piazza Castelnuovo)
Figura 5 - Centro raccolta ed elaborazione dati
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Figura 6 - Struttura di monitoraggio
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Figura 7 - Posizione delle stazioni della rete di monitoraggio ambientale della città di Palermo
Figura 8 – Interno di una cabina di monitoraggio
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Figura 9 – Laboratorio chimico – Analisi con spettrofotometro ad assorbimento atomico
Figura 10 – Laboratorio chimico – Preparazione campioni per analisi spettrofotometriche
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Figura 11 – Laboratorio chimico – Analisi in gascromatografia
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4.6
Il monitoraggio meterologico
I dati di base per la modellizzazione della diffusione di sostanze in atmosfera
possono essere ricavati da reti di monitoraggio esistenti o ricorrendo ad indagini
specificatamente mirate e studiate per un particolare sito. L'utilizzazione di
parametri e grandezze meteorologiche ricavati dall'osservazione e misurazione
diretta sul campo consente di apprezzare maggiormente gli effetti locali della diffusione, ovvero le capacità diffusive del sito in esame, recando l'ulteriore vantaggio di potere disporre di dati utilizzabili direttamente dai modelli di dispersione,
senza ricorrere a modelli matematici intermedi. Questa condizione consente di
simulare il fenomeno dispersivo con maggiore realismo, ma con costi nettamente
maggiori rispetto alla soluzione in cui i dati vengono ricavati da reti di monitoraggio già esistenti.
In Italia sono attualmente operanti diverse reti di rilevamento di dati meteoclimatici, utilizzate generalmente per scopi diversi e funzionanti quindi con criteri non omogenei. Tra queste le più importanti sono: la rete del Servizio Meteorologico dell'Aeronautica Militare, la rete dell'Ufficio Centrale di Ecologia
Agraria del Ministero di Agricoltura e Foreste, quella del Servizio Idrografico del
Ministero dei Lavori Pubblici. Esistono anche reti locali, realizzate a livello
regionale, provinciale, metropolitano, nell'ambito di programmi per disinquinamento atmosferico, o approntate da Consorzi industriali o enti di ricerca. La rete
del Servizio Meteorologico dell'Aeronautica Militare può considerarsi come la
più completa a causa della continuità temporale dei rilevamenti e per la capillarità con cui sono distribuite le stazioni sul territorio nazionale.
Nel caso in cui i dati disponibili siano insufficienti è necessario prevedere
apposite campagne di rilevamento «in situ» dei parametri meteo-climatici. Il
ricorso a tali campagne è indispensabile quando particolari condizioni climatiche
od orografiche influenzino pesantemente il fenomeno diffusivo nella zona oggetto
degli studi: ad esempio, la presenza di brezze può essere determinante nella
dispersione di un dato inquinante così come la persistenza di fenomeni di canalizzazione delle correnti di aria dovute a particolari condizioni orografiche.
La necessità di ricorrere a campagne di rilevamento «ad hoc» è quindi maggiormente avvertita quando le condizioni locali influenzano fortemente la dispersione dell'inquinante, caso che si verifica praticamente sempre in ambito
urbano: in questo frangente sarà quindi indispensabile provvedere alla predisposizione di rilievi diretti.
In effetti l'utilizzazione dei dati rilevati da reti meteorologiche esistenti è
corretta quando si voglia affrontare lo studio dei fenomeni meteo-climatici su
scala sinottica e l'interazione di questi con le perturbazioni indotte da una
infrastruttura di trasporto diffusa sul territorio oggetto dell'analisi; in zone molto
contenute, quali sono i porti rispetto all'area urbanizzata, l'influenza dei fattori
locali sulle capacità diffusive del sito deve essere valutata da osservazioni
dirette, le quali non possono essere estrapolate da monitoraggi studiati per
valutare i fenomeni climatici su scale maggiori. La varietà delle situazioni che
possono presentarsi nel nostro territorio causano tipici fenomeni locali che
giustificano ampiamente il ricorso ad indagini meteorologiche «ad hoc».
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Per assicurare l'affidabilità delle misurazioni dirette è necessario che le campagne siano programmate adottando un opportuno numero di stazioni, fisse o
mobili e prevedendo un arco temporale sufficientemente lungo e si eviti il rischio
di incorrere in annate climaticamente anomale. A questo proposito alcuni autori
suggeriscono di effettuare almeno quattro campagne meteorologiche consecutive,
ovvero una per stagione, per un periodo di almeno quindici giorni ciascuna, ripetendo le rilevazioni in almeno due anni consecutivi.
Sia i parametri che le modalità di rilevamento vengono indicati dall’Organizzazione Mondiale di Meteorologia WMO.
I parametri meteo-climatici vengono analizzati contestualmente a quelli atmosferici finalizzati allo studio della diffusione degli inquinanti per l’organizzazione
ed il miglioramento delle attività portuali. La normativa sulla qualità dell’aria prevede l’installazione di almeno due centraline di monitoraggio complete (aria,
clima, rumore) di cui una nella zona più urbanizzata ed una nella zona rurale di
riferimento. In questa sede, per quanto precisato nel paragrafo sulla qualità atmosferica, si sottolinea l’opportunità di acquisire dati meteoclimatici in aree prossime all’intorno portuale
Una panoramica sui più comuni strumenti utilizzati per la misurazione delle
principali grandezze fisiche meteo-climatiche é schematicamente riportata nella
tabella seguente.
Tabella 3 - Strumenti di misura delle principali grandezze fisiche meteo-climatiche.
Temperatura
(termometri)
Umidità
(igrometri)
SENSORI DIRETTI
Vento
Pressione
(anemomtri) (barometri)
Radiazione
solare
(radiometri)
Radiometri
emisferici
Piranometri
Liquidi in vetro Psicrometri
Ottici
Ad aneroide
Termocoppie
filo caldo
Ad elementi
capacitivi
Mercurio in vetro Pireliometri
Diffusometri
Termistori
A resistenza
A cappello
A resistore
Rifrattometro
a microonde
Sonici
Nefelometro
Cristalli liquidi Radiazione
Lyman-alfa
Cristalli di
quarzo
Sonici
Tubo
di Pitot
Eliche
Pirgeometri
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SENSORI INDIRETTI
A microonde
Dial Lidar
Radiometri
Scintillazione
Lidar
Radar
Radar
Sciar
Lidar
Tabella 4 – Caratteristiche e requisiti minimi della rete di monitoraggio
PARAMETRO
RILEVATO
Temperatura
Umidità relativa
Velocità del vento
Direzione del vento
Radiazione solare
Pioggia
Pressione
atmosferica
INTERVALLO
ESEMPIO DI APPARECCHIATURA
DI MISURA
CONSIGLIATO
Termocoppia o termoresistenza
Trasduttore capacitativo o igrometri
Anemometro a tre coppe (trasduttore magnetico)
Banderuola con potenziometro
Termopila o piranometri (I classe)
Bascula oscillante
-30 - +60 °C
0 – 100%
0 – 50 m/s
0 – 360°
0 – 1300 W/m2
----- mm
Trasduttori o semiconduttori
±0.3 hPa
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4.7
Il rumore portuale
Il rumore è la propagazione in un mezzo elastico (aria, acqua...) di onde meccaniche originate dalla sorgente del rumore stesso. Le principali fonti di rumore
che interessano da un punto di vista ambientale sono in ordine di importanza:
•
•
•
•
il rumore da traffico (traffico veicolare, ferroviario e aeroportuale)
il rumore da attività industriale e artigianale
il rumore originato da attività musicali e ricreative
il rumore generato da attività e fonti di rumore in ambiente abitativo
L'attenzione posta ormai da tempo sulla minaccia alla salute dell'uomo e dell'ambiente proveniente dall’inquinamento acustico delle infrastrutture stradali, ferroviarie ed aeroportuali è stata alquanto più tardivamente rivolta alle infrastrutture
portuali.
L’interesse sul tema portuale, dal punto di vista acustico, è legato alla notevole
diversificazione delle sorgenti di rumore presenti che generano lo specifico clima
acustico del porto (attività operative, operazioni di approdo e di partenza dei natanti, movimentazione merci, operazioni cantieristiche, emissioni sonore da parte
degli impianti di bordo, degli avvisatori acustici e dei sistemi di propulsione delle
navi, ecc..) e da quelle indotte dalla presenza dello stesso (traffico veicolare, ferroviario, ecc...).
Un ulteriore elemento di interesse per la valutazione dell’interazione tra porto
e città è quello di calcolare il grado di interazione acustica tra le attività antropiche
esistenti all’esterno ed all’esterno delle aree portuali al fine di valutare il contributo di ciascuna di esse sull’ambiente abitato.
La letteratura sugli aspetti acustici nell’esercizio delle infrastrutture portuali è
limitata, così come risulta carente il quadro normativo sia a livello italiano, sia a
livello internazionale.
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4.7.1 TECNICHE DI CAMPIONAMENTO PER LA MISURA DEL RUMORE
Nel campionamento spaziale occorre individuare nell'area di studio posizioni
di rilevamento che siano rappresentative di zone acusticamente omogenee. Per
l'individuazione di queste zone è necessario considerare criteri e parametri non
solo di tipo acustico. Ma anche quelli di natura geografica, atti a caratterizzare la
propagazione sonora, quelli descriventi l'antropizzazione del territorio, come ad
esempio la densità abitativa o il rapporto tra superficie delle strade e superficie
degli edifici, e quelli caratterizzanti le sorgenti sonore presenti o ipotizzate.
Le molteplici tecniche di campionamento spaziale, pur nella loro diversificazione, possono essere ricondotte sostanzialmente alle quattro seguenti tipologie:
-
campionamento casuale;
campionamento stratificato, solitamente in base alle categorie di destinazione
d'uso del territorio;
campionamento orientato verso il ricettore;
campionamento orientato verso la sorgente.
Nella prima tecnica di campionamento i siti di rilievo dovrebbero essere
scelti in modo del tutto casuale. Più spesso sulla mappa dell'area di studio si
sovrappone una griglia a maglie, solitamente rettilinee, e i siti per il rilievo vengono individuati o in corrispondenza dei nodi delle maglie o al centro di quest'ultime. Le dimensioni dei lati delle maglie, normalmente quadrate, variano da
100 m fino a 1 km e la loro scelta, molto spesso, è condizionata più da ragioni
di economia delle risorse e di tempo che da considerazioni sull'effettiva variabilità spaziale del rumore. Questa procedura si allontana tanto più dal campionamento propriamente casuale quanto maggiori sono i vincoli nella scelta dei
siti di misura, peraltro sempre esistenti. Ad esempio se un nodo della maglia si
localizza in un luogo inaccessibile o impraticabile, come il centro di una strada
o all'interno di un edificio, è necessario adattare in qualche modo a questo nodo
il dato acustico rilevato in un punto accessibile vicino al nodo stesso.
Mediante un campionamento realmente casuale si può determinare la percentuale di territorio che supera uno specifico livello sonoro, ma in questa forma
il dato perde ovviamente ogni riferimento topografico. D'altronde un ragionevole numero di siti di misura non potrebbe condurre ad una mappa di rumore
sufficientemente dettagliata in quanto le dimensioni delle maglie, come già
detto, sono normalmente troppo estese rispetto alla variabilità spaziale dei livelli
sonori, specie se si tratta di aree ad accentuata antropizzazione.
Il campionamento spaziale basato sulla stratificazione consiste nel classificare
«a priori» i rilevamenti secondo specifiche categorie, o strati, che siano correlati
con il rumore. La scelta di tali categorie costituisce la fase più delicata, in quanto
è necessario che la variabilità del rumore all'interno di ciascuna classe risulti
significativamente inferiore a quella esistente tra le varie classi. Mediante questo
raggruppamento, o stratificazione, in classi omogenee si cerca di ridurre la variabilità del rumore almeno all'interno di ciascuna classe. In genere la stratificazione è basata sulla destinazione d'uso del territorio e sulle zone urbanistiche
(centro, periferia, ecc.), più raramente in relazione alla densità abitativa. I siti
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di rilievo all'interno di ciascuna classe possono essere scelti casualmente o
arbitrariamente, ma con quest'ultima modalità si registra spesso la tendenza a privilegiare la scelta di siti a maggiore rumorosità. Il campionamento stratificato
richiede un numero minore di rilevamenti rispetto al campionamento casuale,
ma la scelta delle variabili che definiscono le classi è assai delicata e può portare
ad errori consistenti.
Nel campionamento orientato verso il ricettore l'interesse non è più rivolto
prevalentemente alla distribuzione spaziale dei livelli sonori, ma scopo principale è la valutazione dell'esposizione sonora di specifiche categorie di ricettori.
Anche in questo caso il campione di ricettori può essere scelto casualmente o
mediante stratificazione in classi definite in base alla densità di popolazione,
all'estensione e alla tipologia dell'area, ecc.
Nel campionamento orientato verso la sorgente, l'attenzione è posta sulla
distribuzione spaziale di quest'ultima.
I risultati conseguibili con tale modalità di campionamento non sono confrontabili con quelli relativi alle altre tre tipologie sopra esposte.
4.7.2 METODOLOGIE
DI
RILEVAMENTO
INFRASTRUTTURE DI TRASPORTO
DEL
RUMORE
DELLE
La scelta delle tecniche più appropriate per il campionamento sia nel tempo
sia nello spazio non può prescindere dalla inevitabile interazione tra questi due
aspetti nella esecuzione pratica dei rilievi. Conseguentemente, di volta in volta, si
dovrà scegliere la migliore combinazione possibile, compatibilmente con le condizioni di rilevamento.
Le metodologie di rilevamento, inoltre, sono diverse in funzione della tipologia di sorgente sonora e gli obiettivi del rilevamento stesso. Quest'ultimi sono
riconducibili sostanzialmente alle tre seguenti categorie:
1) monitoraggio dell'inquinamento acustico in un sito predefinito, con rilevamenti orientati alla sorgente e/o al ricettore, ad esempio per verificare il
rispetto dei valori limite stabiliti dalla legislazione;
2) caratterizzazione acustica del territorio, ad esempio per determinare la situazione ante-operam o valutare la compatibilità con la zonizzazione acustica;
3) taratura e validazione di modelli numerici di previsione del rumore.
In merito al rumore delle infrastrutture portuali occorre stabilire un tempo di
misurazione TM non inferiore ad una settimana, durante il quale rilevare in continuo il livello L per ogni ora sull'intero arco delle 24 ore. Dai dati così acquisiti
si determinano i livelli L,v diurni e notturni per ogni giorno della settimana e da
quest'ultimi i corrispondenti valori medi settimanali. Il rilevamento deve essere
eseguito in assenza di precipitazioni atmosferiche, di nebbia e/o neve, con velocità del vento non superiore a 5 m/s, posizionando il microfono, dotato di cuffia
antivento e connesso a un fonometro conforme alla classe 1 o a un sistema di
misura equivalente, ad una distanza di 1 m dalle facciate di edifici esposti ai
livelli di rumore più elevati e ad una altezza da terra di 4 m. In assenza di edifici
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il microfono deve essere posto in corrispondenza della posizione occupata dai
ricettori sensibili. La superficie stradale, inoltre, dovrebbe essere asciutta e
priva di discontinuità accidentali (ad esempio buche).
Le suddette procedure, del tipo 1) poiché finalizzate alla verifica del rispetto
degli standard acustici, sono difficilmente conciliabili con la necessità dì eseguire
i rilevamenti in un numero consistente di posizioni di misura, indispensabile per
procedere ad un'adeguata caratterizzazione acustica del territorio. E' da tenere presente, tuttavia, che il rumore dei mezzi di trasporto, pur essendo un fenomeno aleatorio con fluttuazioni di livello nel tempo assai variabili, può essere caratterizzato, entro predefiniti margini di accuratezza, impiegando adeguate tecniche di
campionamento temporale e procedure di classificazione degli andamenti temporali dei livelli L'~,q in tipologie definibili su base statistica.
In generale la metodologia di rilevamento più frequentemente impiegata per
la caratterizzazione acustica del territorio (obiettivo 2) prevede le due seguenti
tipologie di rilievi da eseguire in sincronia temporale:
-
-
monitoraggio in continuo per almeno 24 ore del livello Lv, con risoluzione
temporale di 1 s da eseguire in una o più posizioni opportunamente selezionate, al fine di caratterizzare il rumore immesso dalle singole sorgenti sonore e
la sua evoluzione temporale;
rilevamenti del livello L, v`q per intervalli temporali contenuti (da 10 a 15
minuti nell'arco orario, eventualmente da ripetere in ore diverse) in corrispondenza delle posizioni individuate dalla tecnica di campionamento spaziale prescelta.
Dal confronto sincrono dei rilevamenti brevi con quelli estesi all'arco delle 24
ore è possibile, entro prefissati intervalli di accuratezza, estrapolare l'andamento
temporale del livello L 1e nelle 24 ore per le posizioni ove sono stati eseguiti i rilevamenti brevi. I dati ottenuti sono utili anche per procedere alla taratura di
modelli numerici di previsione del rumore per la specifica area di studio.
Questi modelli, così tarati, si rivelano particolarmente vantaggiosi in quanto
consentono di determinare il livello L,L,q in altre posizioni non interessate dal rilevamento diretto, aumentando conseguentemente il grado di dettaglio del campionamento spaziale. Si ottengono così i dati necessari per procedere alla mappatura
acustica dell'area di studio, che può essere diversificata anche tra periodo diurno
e notturno.
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4.7.3 STRUMENTAZIONE DI MISURA
Il microfono
Di tutte le grandezze caratterizzanti il suono nell’aria, la pressione acustica é
la più facile da misurare. Il microfono é un trasduttore che rilascia ai suoi morsetti
una tensione proporzionale alla pressione acustica. Le principali caratteristiche di
un microfono sono la sua sensibilità e la direttività.
La sensibilità si esprime, ad una frequenza data, in volt ai morsetti del microfono,
per pascal di pressione acustica. Per misure di rumore a largo spettro, é indispensabile che la sensibilità del microfono sia indipendente dalla frequenza.
La direttività di un microfono caratterizza il fatto che la sensibilità del microfono
dipende dalla direzione d’arrivo delle onde sonore.
Per le misure, si utilizzano microfoni da ½ di pollice a condensatore. La
placca posteriore fissa e la membrana mobile (in nichel, di qualche micron di
spessore) formano un condensatore. La pressione acustica mette la membrana in
vibrazione e questa produce una variazione di capacità, che può essere misurata.
I Fonometri
Per la misura della pressione acustica, il microfono deve essere completato da
un amplificatore seguito da un sistema di misura del valore efficace. L’insieme di
misura é denominato fonometro.
Figura 12 – Fonometri e loro utilizzo
Il fonometro fornisce misure obiettive e riproducibili del livello di pressione
sonora.
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Esistono in commercio diversi sistemi che servono a misurare il suono ma,
benché differenti nei dettagli, ciascun sistema è basato su un microfono, una unità
di trattamento ed una unità di lettura dati.
Due tipi di fonometri molto utilizzati sono: i computer portatili muniti di una
carta di acquisizione ed i fonometri integratori di precisione. Questi due sistemi
permettono di memorizzare l’evoluzione temporale del livello di rumore. I fonometri integratori presentano un ingombro minore e dispongono di un’autonomia
elettrica superiore.
Il portatile é più polivalente. Permette in più di avere immediatamente una
rappresentazione grafica delle misure realizzate. Inoltre consente meglio di programmare le registrazioni nel corso di una misura sia seguendo un ciclo regolare
sia a partire da una soglia di livello sonoro.
Il microfono converte il segnale sonoro in un segnale elettrico equivalente.
Esistono vari tipi di microfoni ma comunque quello più adatto è il microfono a
condensatore che associa la precisione con la stabilità e 1’affidabilità. Il segnale
elettrico in uscita dal microfono è dotato di un ampiezza ridotta e quindi deve
essere amplificato tramite un preamplificatore sistemato subito dopo il microfono
stesso.
A questo punto, e cioè dopo essere stato amplificato, esso può intraprendere
varie strade. Questo segnale può passare attraverso il circuito di ponderazione che
non è altro che un circuito elettronico dove la sensibilità varia con la frequenza.
Questo circuito è composto da quattro curve caratteristiche (curve di ponderazione) “A” , “B”, ”C” e “D”.
La curva di ponderazione “A” è la curva che meglio approssima la sensazione
sonora percepita dal nostro orecchio ed è quindi quella maggiormente usata. Le
curve “B” e “C” vengono usate molto raramente in quanto non rispecchiano
quello che il nostro orecchio percepisce. La curva di ponderazione “D” viene
invece utilizzata solamente per le misurazioni acustiche negli intorni aeroportuali.
Il fonometro comprende anche un blocco filtri, i quali permettono di suddividere un segnale sonoro in diverse bande. Essi possono essere di due tipi: a ottava
o a terzi d’ottava, permettendo di dividere la banda di frequenze che va da 20 Hz a
20 KHz rispettivamente in ottava o in terzi di ottava.
Questa funzione di divisione del segnale viene effettuata da filtri elettronici i
quali lasciano passare solamente suoni con una determinata gamma di frequenze.
Una banda di frequenza di un’ottava è compresa tra due frequenze delle quali la
più alta è il doppio di quella più bassa e cioè un filtro di ottava con una frequenza
centrale di 1 KHz lascia passare una gamma di frequenze comprese tra 707 Hz e
1414 Hz. Una banda di frequenza di un terzo di ottava è invece compresa tra due
frequenze delle quali la più alta è 1,26 volte maggiore di quella più bassa. Il processo appena spiegato viene definito analisi in frequenza ed il grafico su cui vengono posti i valori risultanti viene chiamato spettrogramma.
Dopo che il segnale è passato attraverso il circuito di ponderazione viene di
nuovo amplificato per poi passare in un rettificatore il quale fornisce il valore
RMS del segnale. Il valore RMS ha un certa importanza in quanto fornisce una
indicazione dell’energia contenuta nel segnale sonoro. Infine il segnale viene
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visualizzato su un display nel quale si potrà leggere il valore in dB (decibel).
Il rivelatore è dotato di tre risposte caratteristiche a costanti di tempo: F (fast),
S (slow) e I (impulse). Nel caso di segnali sonori composti da impulsi isolati o
contenenti una alta concentrazione di rumori di tipo impattivo si usa la risposta I
la quale ha una costante di tempo di 35 millisecondi ed è adeguata per le misure di
rumori transitori.
I dati misurati possono essere immagazzinati in una memoria contenuta nel
fonometro per essere poi letti con calma oppure scaricati attraverso un cavo su un
computer per successive elaborazioni.
Prima di effettuare una misura, bisogna calibrare la catena (microfono + cavo
+ registratore). Può essere utilizzata a tal proposito una sorgente campione che
emette 94 dB(A) a 1000 Hz. Questa sorgente viene montata direttamente sul
microfono, il fonometro è dotato di una procedura di calibrazione.
La durata di registrazione, il tipo di ponderazione, la gamma (20dB-100dB,
30dB-130dB, 40dB-140dB ) e la durata elementare della misura sono programmati.
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4.8
La zonizzazione acustica di un'area portuale
L’attività legislativa in tema di inquinamento acustico in Italia ha inizio nel
1988, con l’istituzione del Ministero dell’Ambiente e il trasferimento delle relative competenze in materia.
Il 9 dicembre 1988 viene presentato un disegno di legge, il n. 1457, recante le
“Norme in materia di inquinamento acustico e di limitazione dei rumori” volto,
soprattutto, al recepimento di nove direttive CEE, all’adozione di quello che sarà
il successivo D.P.C.M. 1 marzo 1991, all’aggiornamento dei regolamenti comunali e alla potenza sonora degli spot televisivi; ma, per quanto concerne specificatamente le misure di gestione del rischio rumore, il relativo vuoto normativo si
colma solo nel 1991 con l’emissione del noto D.P.C.M. 1 marzo 1991 grazie al
quale si sanano, in via transitoria, le gravi condizioni di inquinamento acustico,
già da allora riscontrabile nell’ambito dell’intero territorio nazionale ed in particolare nelle aree urbane.
Tale decreto, motivato dall’urgenza, affronta per la prima volta il rumore in
un'ottica complessiva, tamponando alcune delle lacune del nostro ordinamento,
ma lasciandone aperte molte altre e sollevando peraltro questioni di competenza
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istituzionale, che saranno risolte in modo drastico con sentenza della Corte Costituzionale, la quale dimezzerà gli effetti del documento. L'efficacia di questo
decreto è però limitata dal carattere di provvisorietà ed urgenza del documento
stesso, avente funzione transitoria “in attesa dell'approvazione di una legge quadro
in materia di tutela dell'ambiente dall'inquinamento acustico”. Il 4 luglio 1991 la
XIII commissione giunge ad un testo unificato di legge quadro, che sarà approvato nella sua sostanza solo nell’ottobre 1995, dando vita alla Legge Quadro n.
447/95.
Alcune linee guida regionali e la Legge quadro prevedono l’attribuzione alle
aree portuali della classe IV (zonizzazione acustica) pertanto, i limiti di riferimento possono essere desunti dalle tabelle seguenti. I parametri significativi da
monitorare sono quindi i livelli equivalenti diurno e notturno LAeq,d ed LAeq,n.
LAeq,d= livello equivalente diurno (ponderazione A)
dB(A)
LAeq,n= livello equivalente notturno (ponderazione A)
dB(A)
Classe IV – Aree di intensa attività umana: aree urbane …; le aree portuali; ….
Valori limite di emissione: il valore massimo di rumore che può essere emesso da
una sorgente sonora, misurato in prossimità della sorgente stessa;
Valori limite di immissione: il valore massimo di rumore che può essere immesso
da una o più sorgenti sonore nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno, misurato in prossimità dei ricettori.
Valori di qualità: i valori di rumore da conseguire nel breve, nel medio e nel
lungo periodo con le tecnologie e le metodiche di risanamento disponibili, per realizzare gli obiettivi di tutela previsti dalla presente legge.
Valori di attenzione: il valore di rumore che segnala la presenza di un potenziale
rischio per la salute umana o per l'ambiente.
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Tabella 5 – LAeq diurno e notturno
N.
A10
A11
Parametro
Riferimento
normativo
Denominazione
Valore di
emissione (in
prossimità della
Rumore
sorgente)
LAeq diurno
Valore di
(6-22)
immissione (in
prossimità dei
recettori)
Valore di
D.P.C.M.
emissione (in
01/03/91,
prossimità della
Rumore
sorgente)
LAeq notturno Legge
26/10/95
n.
Valore di
(22-6)
447 e Decreti immissione (in
di attuazione prossimità dei
recettori)
D.P.C.M.
01/03/91,
Legge
26/10/95
n.
447 e Decreti
di attuazione
Valore ed unità
dB(A) con valutazione
di presenza di
componenti impulsive
e tonali.
dB(A) con valutazione
di presenza di
componenti impulsive
e tonali
A titolo di esempio si riportano i valori limite, i valori di qualità ed i valori di
attenzione previsti dalla normativa italiana vigente (D.P.C.M. 14/11/1997):
Valori limite di emissione: il valore massimo di rumore che può essere emesso da
una sorgente sonora, misurato in prossimità della sorgente stessa;
Tabella 6 - Valori limite di emissione - Leq in dB(A)
Tempi di riferimento
Classe acustica
Diurno
(06.00 ¸ 22.00)
Notturno
(22.00 ¸ 06.00)
I
45
35
II
50
40
III
55
45
IV
60
50
V
65
55
VI
65
65
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Valori limite di immissione: il valore massimo di rumore che può essere immesso
da una o più sorgenti sonore nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno, misurato in prossimità dei ricettori.
Tabella 7 - Valori limite assoluti di immissione - Leq in dB(A)
Tempi di riferimento
Classe acustica
Diurno
(06.00 ¸ 22.00)
Notturno
(22.00 ¸ 06.00)
I
50
40
II
55
45
III
60
50
IV
65
55
V
70
60
VI
70
70
Valori di qualità: i valori di rumore da conseguire nel breve, nel medio e nel
lungo periodo con le tecnologie e le metodiche di risanamento disponibili, per realizzare gli obiettivi di tutela previsti dalla presente legge.
Tabella 8 - Valori di qualità - Leq in dB(A)
Tempi di riferimento
Classe acustica
Diurno
(06.00 ¸ 22.00)
Notturno
(22.00 ¸ 06.00)
I
47
37
II
52
42
II
57
47
IV
62
52
V
67
57
VI
70
70
Valori di attenzione: il valore di rumore che segnala la presenza di un potenziale
rischio per la salute umana o per l'ambiente.
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4.9
Elettromagnetismo
Un campo elettromagnetico è la propagazione nello spazio di campi elettrici e
di campi magnetici variabili nel tempo. Ogni qual volta si verifica una variazione di
campo elettrico o di campo magnetico si genera nello spazio un campo elettromagnetico che si propaga a partire dalla sorgente. Lo spettro elettromagnetico di un
campo elettromagnetico è l'insieme di tutte le radiazioni con frequenza diversa,
ognuna delle quali è generata da un campo elettromagnetico ad una determinata
frequenza. In base alla frequenza le radiazioni generate da un campo elettromagnetico si distinguono in:
Radiazioni ionizzanti dette IR (Ionizing Radiation) con frequenze maggiori di
300 GHz (raggi ultravioletti, raggi X e raggi gamma) che, per la loro elevata energia sono in grado di rompere i legami molecolari delle cellule e possono indurre
mutazioni genetiche.
Radiazioni non ionizzanti dette NIR (Non Ionizing Radiation) generate da un
campo elettromagnetico con frequenza compresa tra 0 e 300 GHz (pari a 3 x 1011
Hz). Queste radiazioni non sono in grado di rompere direttamente i legami molecolari delle cellule perché non possiedono energia sufficiente e producono principalmente effetti termici.
All'interno delle radiazioni non ionizzanti si distinguono per importanza applicativa i seguenti intervalli di frequenza:
Frequenze estremamente basse (ELF - Extra Low Frequency) pari a 50-60 Hz.
La principale sorgente è costituita dagli elettrodotti, che trasportano energia elettrica dalle centrali elettriche di produzione agli utilizzatori; possono provocare
effetti derivanti dalle correnti che i campi elettrico e magnetico producono sul delicato funzionamento cellulare del nostro organismo. Gli effetti noti sono di due
tipi: di conduzione con movimentazione di cariche libere (gli ioni) e di spostamento con polarizzazione delle cariche fisse (con effetti soprattutto sulle molecole
proteiche);
La movimentazione delle cariche elettriche può produrre calore (effetti termici
delle radiazioni) ma soprattutto può andare ad interferire sui delicati meccanismi
replicativi della cellula (effetti non termici).
Radiofrequenze (RF - Radio Frequency) comprese tra 300 KHz e 300 MHz.
Le principali sorgenti sono costituite dagli impianti di ricetrasmissione radio/TV; Radiofrequenze (le note LF - MF - HF - VHF - UHF), che vanno dai 100 kHz ai 300
GHz: sommano agli effetti delle frequenze molto basse un notevole sviluppo di
calore (soprattutto nelle vicinanze della sorgente emittente).
Microonde con frequenze comprese tra 300 MHz e 300 GHz. Le principali
sorgenti di microonde sono costituite dagli impianti di telefonia cellulare e dai ponti
radio. Microonde, in cui gli effetti termici sono più marcati; frequenze
dell’infrarosso, della luce visibile e parte dell’ultravioletto (UVA e in parte
UVB in cui si colloca la soglia di ionizzazione), che hanno effetti soprattutto
sull’epidermide.
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Raggi x e raggi γ, detti anche “radiazioni ionizzanti” per la capacità d’interferire
con la materia organica, creando ioni che vanno ad innescare processi chimici
incontrollabili all’interno delle cellule.
La principale discriminazione effettuata è quindi tra:
-
radiazioni ionizzanti (IR= ionizing radiations), indiscutibilmente nocive;
radiazioni non ionizzanti (NIR = not ionizing radiations);
a loro volta le NIR potranno produrre effetti termici ed effetti non termici.
Le grandezze fisiche di interesse sono il campo elettrico (l’unità di misura è
V/m), il campo magnetico (l’unità di misura è A/m) oppure l’induzione elettromagnetica, cioè la capacità dei campi magnetici di creare, in determinate condizioni, una corrente elettrica in un circuito (l’unità di misura è T = Tesla).
Figura 13 – Intervalli di frequenza dei campi elettromagnetici delle radiazioni
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Tabella 9
N.
Parametro
Riferimento normativo Denominazione Valore ed unità
Act n. 36/2001 (general
act on protection from
A12
electric, magnetic and
electromagnetic fields)
; D.M. (Environment
Elettromagnetismo Ministry Decree) n.
381/98 as regards to
HF ; D.P.C.M.
A13
(Government President
Decree) 23/4/92 about
ELF.
Act n. 36/2001 (general
act on protection from
A14
electric, magnetic and
electromagnetic fields)
; D.M. (Environment
Elettromagnetismo Ministry Decree) n.
381/98 as regards to
HF ; D.P.C.M.
A15
(Government President
Decree) 23/4/92 about
ELF.
Act n. 36/2001 (general
act on protection from
A16
electric, magnetic and
electromagnetic fields)
; D.M. (Environment
Elettromagnetismo Ministry Decree) n.
381/98 as regards to
HF ; D.P.C.M.
A17
(Government President
Decree) 23/4/92 about
ELF.
Valore
esposizione
24h (V/m)
Valori limite di
campi elettrici
(V/m),
ELF radiations Valore per
esposizione
1-5 h (V/m)
Valore
esposizione
24h (µT)
Campo
magnetico
ELF radiations
Valore per
esposizione
1-5 h (µT)
Tempo
esposizione
Valori limite di 4 h (V/m)
campi elettrici
(V/m),
Valore per
HF
esposizione
1-5 h (V/m)
In Italia la normativa in vigore è rappresentata dalla legge 36/2001 (Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici) per
quanto riguarda gli aspetti generali; dal D.M. Ambiente n° 381/98 per quanto
riguarda la definizione dei valori limite di campo elettrico e magnetico ad alta frequenza; dal D.P.C.M. 23/04/92 per le basse frequenze.
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4.9.1 D.P.C.M. 23/04/92
Lo strumento normativo cui si fa riferimento per i campi a bassa frequenza è
costituito dal D.P.C.M. 23/04/92 avente titolo: "Limiti massimi di esposizione ai
campi elettrico e magnetico generati alla frequenza industriale nominale (50 Hz)
negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno".
Si tratta di un decreto che fissa limiti di esposizione per la popolazione e le
distanze di rispetto dei fabbricati dagli elettrodotti:
Tabella 10 - Limiti di esposizione (art. 4 D.P.C.M. 23/04/92):
tempo di esposizione (h)
24
1÷5
campo elettrico (V/m) induzione magnetica (µT)
5000
100
10000
1000
Distanze di rispetto elettrodotti (art. 5 D.P.C.M. 23/04/92):
•
•
•
linee da 380 KV > 28 m.
linee da 220 KV > 18 m.
linee da 150 KV > 10 m.
Si tratta di disposizioni molto generiche in quanto, ad esempio, misurando il
campo elettrico a 10 m da un elettrodotto di portata 150 KV, questo risulterà rientrante nei limiti fissati mentre l’induzione magnetica sarà nettamente inferiore (1,5
µT contro i 100 fissati) col rischio di vanificare la distanza di rispetto individuata.
Con il Decreto Ministeriale 381/98, la legge 236/2001, il DPCM 23/4/92 sono
stati definiti i parametri ed i valori limite di campi elettrici e campi magnetici in
funzione dei tempi di esposizione e della frequenza.
Si riportano in tabella i valori limite definiti dalla normativa italiana.
Tabella 11 – (D.M. 381/98)
Tempo di
esposizione
(h)
4
4
4
>4
Frequenza f Electrical field Magnetic field
(MHz)
limits
limits
(V/m)
(A/m)
0.1 – 3
60
0.2
3 – 3000
20
0.05
3000 –
40
0.1
300000
0.1 – 300000
6
0.016
Power density
Of equivalent
wave (W/m2)
1
4
0.1
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4.9.2 STRUMENTAZIONE, CRITERI E METODOLOGIE DI MISURA
Strumentazione per basse frequenze
Uno degli strumenti utilizzati in fase sperimentale per misurare campi elettromagnetici a bassa frequenza è un MASHEK ESM 100.
Figura 14 – Misuratore di campo E/H 3D ESM-100
I dati tecnici relativi a tale apparecchio sono riportati di seguito.
1 nT – 200 µT
per il campo magnetico
0.1 V/m – 20kV/m per il campo elettrico
Selezione campo di misura: automatico (Autorange)
Risoluzione:
1 nT
per il campo magnetico
100 mV/m
per il campo elettrico
Una caratteristica interessante dello strumento è la presenza di 4 filtri in
banda passante più il filtro ‘all’, che permette di misurare i campi elettromagnetici
compresi in tutto il range di frequenza dell’apparecchio ; ogni filtro serve a misurare un particolare campo di frequenza.
Campo di misura :
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Campo di frequenza:
Filtro ‘all’
5 Hz - 400 kHz
Filtro ‘high’ 2 kHz - 400 kHz
Filtro ‘low’ 5 Hz – 2 kHz
Filtro ‘50’
50 Hz
Filtro ‘16’
16.7 Hz
Campi di rappresentazione: 0 nT – 200 µT
per il campo magnetico
(Filtro ‘50’ e ‘16’)
0.0 V/m – 20 kV/m per il campo elettrico (Filtro
‘50’ e ‘16’)
Precisione:
Sistema di misura:
10 nT – 200 µT per il campo magnetico (Filtro ‘high’ e
‘low’)
1.0 V/m – 20 kV/m
per il campo elettrico
(Filtro
‘high’ e ‘low’)
Filtro ‘50’ e ‘16’
± 2%
Filtro ‘all’, ‘high’ e ‘low’
± 5%
Campo H: bobine, isotropico
Campo E: piastre, isotropico, potenziale flottante o
compensato
Valore 1D:
Misura valore effettivo (True RMS)
Display LCD retroilluminato
Campo H ed E contemporaneamente in modalità 3D
“
“
“ separatamente in modalità 1D
Campo H: Hx
Campo E: Ex
Valore 3D:
Campo H:
Indicazione:
H x2 + H y2 + H z2
Campo
E:
E x2 + E y2 + E z2
Memoria:
Intervallo di misura:
Tempo: 1h, 8h, 24h, 48h, 168h, misura singola
2s, 16s, 48s, 96s, 336s, misura singola
1800 campionamenti
Accumulatori:
Ni-MH 6V/1.2 Ah
Temperatura di funzionamento: 0 °C – 40 °C
Dimensioni:
Apparecchio: 160*83*35 mm
Sensore:
210*56*56 mm
Peso:
Apparecchio: 400 g
Sensore:
130 g
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4.9.3 STRUMENTAZIONE PER ALTE FREQUENZE
Per la misurazione dei campi elettromagnetici ad alta frequenza si mostra a
titolo di esempio un Wavetek Wandel Goltermann Italia modello EMR 30 (fig. 2)
Figura 15 – Strumentazione per misure di campi elettromagnetici ad alta frequenza
Anche in questo caso si riportano di seguito i dati tecnici salienti.
Range di frequenza:
Range di misura:
30 kHz – 3GHz
Campo elettrico
Potenza irradiata
1 – 800 V/m
0.0027 – 1700 W/m2
4.9.4 MISURA DELLE DISTANZE
Per misurare le distanze tra i punti di interesse sperimentale e le sorgenti si è
utilizzato un Leica Disto Classic. Questo è uno strumento a scansione laser, provvisto di puntatore laser; le principali caratteristiche tecniche sono elencate di
seguito:
Lunghezza d’onda emessa:
620 – 690 nm
Classe di appartenenza:
class II laser product
Divergenza raggio:
0.16*0.6 mrad
Durata impulso:
15*10-9 s
Potenza media irradiata:
0.95 mW con incertezza sulla misura di ± 5 %
Potenza max irradiata per impulso: 8 mW
Precisione di misura tipica:
± 3 mm
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Precisione di misura max:
± 5 mm
Minima unità visualizzata:
1 mm
Portata:
0.3 m – 100 m
Tempo necessario ad una misura:
0.5 – 4 s (in dipendenza delle condizioni
atmosferiche)
Diametro del punto laser
6
30
60 mm
10
50
100 m
Alla distanza di
NOTE:
-
Il produttore dichiara che l’apparecchio è capace di funzionare, senza inficiare la precisione delle misure, in ambienti in cui sono presenti radiazioni
elettromagnetiche e cariche elettrostatiche, senza peraltro causare disturbi ad
altri apparecchi.
-
La precisione di misura corrisponde alla norma ISO/R 1938-1971 con un
livello di affidabilità statistica pari al 95 % (corrispondente all’intervallo -2σ
÷ +2σ della distribuzione di frequenza gaussiana).
-
La precisione tipica di misura si riferisce alle condizioni medie di misura
entro la portata dell’apparecchio.
-
L’errore massimo si riferisce a condizioni di misura sfavorevoli come superfici molto riflettenti, funzionamento ai limiti del campo di temperatura, luce
ambiente molto intensa, condizioni atmosferiche che determinano la presenza di una forte rifrazione.
4.9.4 CRITERI E METODOLOGIE DI MISURA
I metodi utilizzati per effettuare misure di inquinamento elettromagnetico
variano molto a seconda delle finalità delle misure e dell’ente che effettua le
misure stesse. Infatti, ad esempio, le Agenzie Regionali per la Protezione
Ambientale eseguono misure su richiesta dei cittadini le cui abitazioni sono vicine
alle stazioni radio base per telefonia cellulare o agli elettrodotti; in tal caso è
chiaro che i punti di misura saranno scelti dall’operatore sulla base della propria
esperienza e della minima distanza dalla sorgente inquinante.
Il panorama dei criteri di misura si presenta quindi frazionato, anche perché
non esiste uno standard internazionale che fissi tali criteri.
Esistono comunque alcune prescrizioni che dovrebbero essere seguite da tutti
gli operatori per garantire una buona attendibilità delle misure.
Innanzitutto, in una campagna di misure, queste devono essere effettuate
all’interno della stessa fascia oraria dato che i valori variano anche sensibilmente
tra le ore diurne e quelle notturne. Le ore di massima esposizione, e dunque quelle
in cui dovrebbero concentrarsi i rilevamenti, coincidono con i periodi di massima
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attività umana, quindi al mattino tra le 9 e le 13, di pomeriggio tra le 16 e le 19,
di sera dalle 20 alle 22. Questo è dovuto a due ordini di motivi: in primo luogo, in
tali orari vi è il massimo consumo di energia elettrica tramite gli apparecchi utilizzatori , siano essi domestici o industriali; inoltre le stazioni radio base funzionano
ad un livello di potenza superiore che negli altri orari, a causa del maggiore utilizzo di telefoni cellulari nella cella di ciascuna antenna.
Gli strumenti devono essere posizionati ad altezza d’uomo (di solito 1.80 m)
dal suolo su un treppiedi non metallico (di solito realizzato in legno); bisogna
tenere una distanza, tipicamente pari a 1 m, dai corpi conduttori (tra cui il corpo
dell’operatore) e dalle pareti delle abitazioni.
Altre disposizioni sono fissate in Italia, per le misure ad alta frequenza, dal
D.M. 381/98. Il valore di campo elettrico, magnetico e densità di potenza di interesse non è quello istantaneo, ma quello mediato su un tempo di 6 minuti; devono
quindi essere effettuati rilevamenti successivi di 6 minuti ciascuno, farne le medie
(a questo calcolo provvedono automaticamente gli strumenti) e indicare il valore
massimo tra questi valori medi.
Esiste poi una metodologia di misura più complessa, messa a punto grazie alla
collaborazione scientifica con il Dipartimento di Elettronica del Politecnico di
Torino. Se ne riportano di seguito in sintesi i passaggi principali.
Per valutare il livello di fondo del campo elettromagnetico si analizza inizialmente la distribuzione spettrale del campo tramite misurazioni in banda stretta in
alcuni punti campione, da cui emerge il contributo al livello di fondo dato dai
segnali radiotelevisivi e dalle stazioni radio base. Si individuano poi il numero e la
tipologia delle sorgenti irradianti presenti sul territorio; si scelgono i punti di
misura sovrapponendo una griglia a passo costante sulla carta topografica del sito,
ottenendo così un sistema di coordinate cartesiane che definiscono univocamente i
punti di misura. Le misure vanno effettuate nei punti di intersezione della griglia,
il cui passo dipende dall’ampiezza della zona da investigare: maggiore è
l’estensione, maggiore dovrà essere il passo; a titolo indicativo, per una cittadina
di piccole dimensioni i nodi della griglia potranno essere distanziati di 50 m. In
vari punti la griglia va però infittita, ad esempio quando il valore del campo elettrico supera 1 V/m oppure nelle vie con forti gradienti di campo. Queste misure in
banda larga possono essere integrate da altre in banda stretta in alcuni siti di interesse, ad esempio dove si riscontrano superamenti di limiti di legge: in tal modo,
grazie all’analisi in frequenza, si può risalire alla sorgente che ha prodotto il superamento dei limiti.
Una volta effettuate tutte le misure, si procede alla costruzione di una mappa
di inquinamento elettromagnetico che rappresenti i vari livelli di campo con
diverse gradazioni di colore, anche al fine di una immediata comprensione da
parte non addetti ai lavori.
Si possono infine effettuare analisi statistiche dei risultati, volte non solo a
calcolare media e varianza della popolazione di misure, ma anche ad individuare
le sorgenti che contribuiscono significativamente ad elevare i valori.
La determinazione della radioattività è effettuata sui campioni del PTS, delle
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deposizioni totali e deposizioni umide e secche, con le seguenti trecniche di misura:
Conteggio beta totale su PTS: sistema di misura a microporcessore SEA 373C,
sonda con rivelatore Geyger Muller SEA T301, sorgente di taratura Sr-90, efficienza 36%, tempo di misura 1500 s, Minima Concentrazione di Attività Rilevabile (MCR) (11-20)m Bq/m3
nb = Rateo di conteggio fondo
e = Efficienza
t = Durata della misura del campione
tb = Durata della misura del fondo
V = Volume normalizzato di aria aspirata su filtro.
Spettrometria gamma su PTS e deposizione umida e secca: sistema di misura
per spettrometria gamma EG&G, rivelatore coassiale HPGe ORTEC con efficienza relativa pari al 28% a 1.33 MeV (Co-60), sorgente di taratura ENEA - SF
1179 (data riferimento 1.1.96 12:00) realizzata con fitro singolo in fibra di vetro
tracciato con una miscela di radionuclidi gamma emettitori, tempo medio di misura 64000 s M.C.R. (Minima Concentrazione di Attività Rilevabile):
Be-7
=>3
Pb-212
=>7.5
Pb-214
=>6.4
Cs-137
=>3
K-40 =>2.3 . 10-2 m Bq/m3
.
.
.
.
10-3
-3
10
10-3
10-3
m
m
m
m
Bq/m3
Bq/m3
Bq/m3
Bq/m3
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4.10 Il monitoraggio delle acque
Il monitoraggio va svolto su due gruppi di parametri: uno il cui rilevamento è
obbligatorio, l’altro relativo alle specifiche sostanze pericolose che le attività presenti nel bacino emettono nell’ambiente1.
L’elenco dei parametri obbligatori contiene un set ristretto di “macrodescrittori”, utilizzati per la classificazione (in particolare per la determinazione dello
stato ecologico), più altri parametri che servono a dare informazioni di supporto
sulle principali caratteristiche del corpo idrico, sulle sue variazioni nel tempo e
nello spazio, nonché utili per la valutazione dei carichi trasportati (rientrano fra
questi la portata, il pH, la durezza, la temperatura, ecc..).
I macrodescrittori, servono a dare una misura abbastanza precisa e sufficientemente stabile, non soggetta a forti fluttuazioni casuali, del carico derivante dalla
presenza antropica e dalle attività presenti. I 7 macrodescrittori sono: ossigeno (%
di saturazione); COD; BOD5; azoto ammoniacale; azoto nitrico; fosforo
totale; Escherichia coli.
I macrodescrittori vengono valutati in modo integrato attraverso l’applicazione
di un punteggio ottenuto in base al valore del 75° percentile per ogni parametro.
In particolare per il mare lo stato di trofia è determinato attraverso
l’implementazione di un indice (l’indice Trix), sperimentato nel corso degli ultimi
anni nei mari italiani. Tale indice si traduce in un punteggio attraverso
l’applicazione di una formula contenente i valori delle concentrazioni di alcuni
parametri fisici e chimici misurati nelle acque.
4.10.1 ACQUE MARINE COSTIERE
Indicatori di qualità e analisi da effettuare.
Per la classificazione della qualità delle acque marine costiere vanno eseguite
determinazioni sulla matrice acqua.
Ad integrazione delle analisi sulle acque, vanno effettuate analisi e saggi biologici sui sedimenti e sul biota. I risultati di tali indagini avranno la funzione di
completare i dati derivanti dalle analisi sulle acque e di concorrere alla definizione
dello stato chimico rappresentando, al contempo, una base conoscitiva che concorra a definire i valori delle classi di qualità chimica ed ecologica delle acque.
Il monitoraggio del biota e dei sedimenti deve essere effettuato per rilevare
specifiche fonti di contaminazione e per indicazioni sui livelli di "compromissione" del tratto di costa considerato. L’autorità competente, ove necessario, integra i parametri riportati nelle specifiche tabelle possono essere integrati, con indagini "addizionali" ovvero provvede a sostituirli con altri che risultino essere più
significativi rispetto alle specifiche realtà territoriali, in funzione delle caratteristiche del bacino afferente e/o dei diversi usi della fascia costiera, così da mirare
attentamente le analisi ambientali.
L’eventuale incremento della concentrazione degli inquinanti tra una analisi e
le successive deve comportare l’approfondimento delle iniziative di controllo su1
le principali delle quali sono indicate nella citata tabella 1 dell’allegato1.
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gli apporti (insediamenti costieri civili e produttivi, bacini idrografici affluenti).
La frequenza dei campionamenti delle acque, dei sedimenti e del biota, può
essere variata qualora le Autorità competenti lo ritengano necessario.
Per temperatura, salinità e ossigeno disciolto dovrà essere fornito il profilo
verticale su tutta la colonna d’acqua.
4.10.2 BIOTA
Per quanto riguarda il biota sono considerate prioritarie le analisi di accumulo
dei metalli e dei contaminanti organici, in bivalvi delle famiglie Mytilidae (Mytilus galloprovincialis) od Ostreoidea (Ostrea edulis, Crassostrea gigas). Ove non
reperibili quelle suindicate, potranno essere considerate specie appartenenti alle
famiglie: Tellinoidea (Donax trunculus) e Veneroidea (Tapes decussatus, Tapes
philippinarum).
Sono considerate addizionali:
1) le indagini sulle biocenosi di maggior pregio ambientale (praterie di fanerogame, coralligeno, etc) presenti nell'area indagata, al fine di una più completa
definizione dello stato ecologico. Tali indagini infatti rappresentano una
"memoria biologica" dell’area in studio, fornendo informazioni integrate sugli
effetti indotti dai diversi impatti antropici.
2) opportuni saggi biologici a breve o lungo termine, su specie selezionate
appartenenti a diversi gruppi tassonomici, privilegiando le specie autoctone o
quelle per le quali esistano dei protocolli standardizzati.
4.10.3 SEDIMENTI
Per quanto riguarda i sedimenti sono considerate prioritarie le analisi dei
parametri indicati nella tabella precedente.
Qualora le autorità ritengano necessaria un’analisi più approfondita volta a
evidenziare gli effetti tossici a breve o a lungo termine, ovvero ritengano opportuno integrare il dato chimico nella valutazione della qualità del sedimento, si
potranno effettuare dei saggi biologici sui sedimenti.
4.10.4 CAMPIONAMENTO
Il campionamento costituisce la prima fase di ogni procedimento di analisi e la
sua corretta esecuzione è fondamentale per lo sviluppo dell’intero processo. Infatti
si tratta di una fase piuttosto complessa e delicata in quanto condizionante i risultati di tutte le operazioni successive. Bisogna, inoltre, considerare la necessità di
ottenere campioni il più possibile rappresentativi delle reali condizioni qualiquantitative che si intendono determinare e, pertanto, è importante che il campionamento venga effettuato da personale qualificato ed opportunamente addestrato.
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Sonde multiparametriche e disco Secchi
Considerando che l’attività di monitoraggio si svolge in ambiente costiero, caratterizzato da una variabilità dei parametri chimico-fisici, per lo svolgimento
delle attività di misura sono ritenuti idonei sia strumenti a flusso libero sia strumenti a flusso controllato. In ogni caso le sonde multiparametriche devono essere
dotate di un sistema di acquisizione dati in continuo
I sensori dovrebbero rispondere alle caratteristiche riportate qui sotto:
Tabella 12
SENSORI
RANGE
Conducibilità
Temperatura
Pressione
pH
0-7 S/m
-2 + 35°C
variabile
0-14 unità
di pH
0-50 ppm
Ossigeno
disciolto
Clorofilla “a”
ACCURATEZZA
RISOLUZIONE
0,005 S/m
0,005°C
0,25%
0,01 unità di pH
0,001 S/m
0,0005°C
0,04 %
0,001 unità di pH
0,1 ppm
0,01 ppm
0,01 µg/L
ALTRE
CARATTERISTICHE
Compensazione di
temperatura
Compensazione di
temperatura e torbidità,
completo di Standard
Solido
Secondario per
ricalibrazione Autorange
su 4 ordini di grandezza
Si raccomanda di:
• Utilizzare sensori calibrati con alta precisione che vanno tenuti sotto osservazione per almeno 6 mesi dalla data di fabbricazione.
• Calibrare gli strumenti almeno una volta l’anno. È opportuno effettuare di routine i controlli del valore di ossigeno e salinità da sonda con analisi in laboratorio rispettivamente con il metodo Winkler e con un salinometro a conferma
del dato rilevato con la sonda. Il sensore della clorofilla dovrebbe essere tarato
periodicamente con valori di clorofilla ottenuti per via spettrofluorimetrica su
colture di fitoplancton.
• Calibrare i sensori prima di ogni crociera; il sensore di clorofilla, viceversa,
può essere tarato ogni 6 mesi.
• Calare la sonda con velocità di 1 m/s, per campionamenti su “alto fondale”;
per campionamenti in “basso fondale”, ed in particolare in situazioni di
accentuata stratificazione termica, tale velocità può essere ridotta a circa 50
cm/s. Infatti, per “l’alto fondale” velocità inferiori a 1m/s massimizzano gli
errori di misura dovuti allo “shed wakes”, in quanto il movimento verticale
indotto da barca/cavo/verricello assume una importanza percentuale maggiore
tanto più lento è il movimento della sonda. Per il “basso fondale”, viceversa,
velocità più elevate di quella consigliata potrebbero comportare una errata
stima del valore di ossigeno disciolto. L’acquisizione dei dati dovrà essere
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•
fatta in continuo o, comunque, ad intervalli spaziali compatibili con le caratteristiche del sensore di profondità. L’acquisizione dovrà iniziare dai 50 cm
dalla superficie dell’acqua e terminare a circa 50 cm dal fondo
Le misure di clorofilla, oltre che dalla temperatura, sono notevolmente
influenzate dalla torbidità. Si consiglia l’utilizzo di un turbidimetro integrato
sul sensore di clorofilla, al fine di compensare la lettura del valore della clorofilla, e ottenere il valore della torbidità.
Il disco del Secchi, detto del “marinaio”, è un disco di 30 cm di diametro e 0,5
cm di spessore e viene quasi sempre autofabbricato con plastica bianco-latte (pvc,
moplen, plexiglas, perspex ecc.). Il centro è fissato in vari modi da una parte alla
cima di una sagola metrata con segni ben visibili, dall’altra a un peso per zavorra.
Le misure con disco Secchi si fanno con mare sufficientemente calmo,
calando il disco in acqua dal bordo dove non batte il sole, al riparo dalla radiazione diretta. Viene calato lentamente fino a che non scompare alla vista. Si legge
la misura, segnata sulla sagola metrata dal pelo dell’acqua, facendo una media a
occhio tra i cavi e le creste delle onde. Si ripete l’operazione facendolo ricomparire e scomparire alcune volte per ottenere una buona stima della profondità di
scomparsa. Per le misure della trasparenza è opportuno, vista l’empiricità del
metodo stesso, far eseguire le misurazioni sempre allo stesso operatore.
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Figura 16 – Sonda multiparametrica
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Figura 17 – Disco secchi
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Correntometri
Per una migliore comprensione dei fenomeni idrodinamici all'interno di un
porto è necessario sottoporre a monitoraggio il regime delle correnti, attraverso il
corretto posizionamento di correntometri, su due quote (superficiale e fondo), che
registrino in continuo i dati di intensità, direzione e temperatura delle masse d'acqua; i correntometri dovrebbero rimanere in opera per almeno un anno.
Le caratteristiche tecniche del correntometro dovrebbero essere le seguenti:
-
Acquisizione dati in continuo su memoria interna, scaricabili su PC;
Accuratezza di 1 cm/sec nella misurazione dell’intensità di corrente;
Accuratezza di 1° nella misurazione della direzione della corrente.
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Figura 18 - Correntometro
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Campionatori per acque - analisi chimiche
Per raccogliere i campioni di acqua a diversa profondità e non solo alla superficie di un corpo idrico, lo strumento campionatore deve essere dotato di un
sistema di apertura e chiusura attivabile alla profondità.
Il modello base di questo tipo di strumento è la classica bottiglia Niskin. Si
tratta di uno strumento cilindrico dotato di due aperture, una superiore e una inferiore, e di un meccanismo che gli permette di rimanere aperto durante la calata in
acqua. La bottiglia, legata a un cavo di diametro variabile (5÷8 cm), viene calata
aperta; una volta raggiunta la profondità richiesta, la sua chiusura viene effettuata
tramite l’invio, lungo il cavo, di un messaggero (costituito da un cilindro metallico) che urta l’estremo superiore di un meccanismo il quale sganciandosi provoca
la chiusura della bottiglia.
Il prelievo dei campioni, per l’analisi dei vari parametri, va effettuato direttamente dalla bottiglia Niskin nel più breve tempo possibile; il recipiente di conservazione deve essere sciacquato almeno due volte con l’acqua della bottiglia di
campionamento.
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Figura 19 – Bottiglia Niskin
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Campionatori per acque - analisi batteriologiche
Sempre nella matrice acquosa è importante monitorare la componente microbiologica (Coliformi fecali, Coliformi totali, Streptococchi fecali e Salmonelle),
che consente la valutazione dell'inquinamento di origine cloacale e terrigena, nonché dei rischi per la salute pubblica dovuti alla presenza di patogeni pericolosi.
Il prelievo dei campioni per l’esame microbiologico deve essere effettuato con
recipienti puliti e la sterilità è funzione delle determinazioni che devono essere
effettuate e del tipo di acqua che si deve analizzare. Poiché il rischio di contaminazione del campione diminuisce quanto più sono inquinate le acque da controllare, il prelievo di campioni per la caratterizzazione e/o il controllo delle acque
reflue è meno problematico anche se, in questo caso, è necessario osservare norme
igieniche di sicurezza a tutela della salute dell’operatore.
Per i prelievi da effettuare per immersione della bottiglia, si devono usare bottiglie sterili incartate prima della sterilizzazione e al momento dell’immersione la
bottiglia deve essere afferrata con una pinza o con altro idoneo sistema che permetta l’apertura del tappo a comando per mezzo di dispositivi adatti.
All’atto del prelievo, la bottiglia sterile deve essere aperta avendo cura di non
toccare la parte interna del tappo che andrà a contatto con il campione prelevato,
né l’interno del collo della bottiglia; subito dopo il prelievo si deve provvedere
all’immediata chiusura della stessa.
Nell’eseguire i prelievi si deve sempre avere cura di non riempire completamente la bottiglia al fine di consentire una efficace agitazione del campione al momento dell’analisi in laboratorio.
Tutti i campioni di acqua, indipendentemente dalla loro natura, devono essere
esaminati nel minore tempo possibile. Il trasporto deve avvenire in modo che i
campioni siano mantenuti al riparo dalla luce e ad una temperatura compresa fra
+4° e +10°C.
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4.11 Analisi di laboratorio
Per le analisi di laboratorio vengono di norma utilizzate le metodiche standardizzate da APAT-IRSA/CNR (2003) – Metodi analitici per le acque e ICRAM (2001)
– Metodologie analitiche di riferimento del programma di monitoraggio per il
controllo dell’ambiente marino costiero (triennio 2001-2003).
4.11.1 ANALISI CHIMICHE
Azoto e fosforo totale
Per quanto attiene alla conservazione dei campioni dopo il prelievo, si può
adoperare uno dei tre metodi di seguito indicati, che assicurano buoni risultati:
-
-
-
Conservare i campioni, al momento del prelievo, nei contenitori di reazione chiusi ermeticamente. L’analisi può essere effettuata anche dopo un
lungo periodo di tempo. Infatti, a seguito della reazione di ossidazione, i
nitrati ed i fosfati prodotti rimangono costanti.
Inoculare, subito dopo il prelievo, 5 cm3 di reattivo ossidante e chiudere
ermeticamente i contenitori dei campioni. In queste condizioni i campioni
sono stabili per almeno 48 ore. Se entro questo tempo si procede alla reazione di ossidazione, i nitrati ed i fosfati prodotti rimangono costanti anche
per 2÷3 mesi.
Congelare rapidamente i campioni in bottiglia di polietilene, ovviamente
senza procedere alla filtrazione.
Per concentrazione di azoto o fosforo totale in un campione d’acqua si intende
la somma delle moli dell’elemento in questione presenti sotto forma di specie
organiche ed inorganiche, disciolte e particellate.
La procedura analitica prevede che ambedue gli elementi vengano dosati dopo
ossidazione e idrolisi della maggior parte dei composti inizialmente presenti nel
campione in una stessa miscela di reazione, con la produzione, rispettivamente, di
nitrato e ortofosfato.
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4.10.2 ANALISI BATTERIOLOGICHE
Tra il momento del prelievo e l’esecuzione delle analisi microbiologiche, i
tempi massimi consigliati per l’esame di acque dolci superficiali, acque marine e
acque di scarico vanno da un minimo di 6-8 ore, con l’obbligo di non superare un
periodo medio di 24 ore.
Esistono due metodi per la determinazione dei parametri microbiologici:
- la tecnica del numero più probabile o dei tubi multipli (MPN);
- il metodo della filtrazione su membrana (MF)
Metodo MPN
La tecnica dell’MPN è particolarmente consigliabile per l’analisi di acque con
particolato in sospensione. Questa tecnica può essere impiegata come alternativa a
quella delle membrane filtranti nei casi in cui si analizzino campioni di acqua che
superino il valore di 1 unità nefelometrica di torbidità (NTU). I volumi di acqua
che possono essere esaminati con questa tecnica sono ridotti in considerazione
delle difficoltà tecniche di preparazione e distribuzione di aliquote elevate del
campione di acqua da esaminare.
Il metodo dei tubi multipli fornisce una stima statistica della densità batterica
del campione analizzato. Si basa infatti sulla combinazione dei tubi positivi e
negativi ottenuti inoculando aliquote del campione in terreno colturale liquido. La
precisione del risultato dipende dal numero dei tubi di terreno colturale liquido
insemenzati con l’acqua in esame. Infatti, a meno che non venga esaminato un
gran numero di aliquote di acqua, la precisione del risultato è piuttosto bassa.
Il risultato si ottiene calcolando il valore dell’indice MPN in base alla formula
di Thomas:
Metodo MF
La metodica della filtrazione su membrana si adatta a tutti i tipi di acqua,
tranne che a quelle particolarmente torbide. Consente di ottenere risultati in tempi
più brevi rispetto a quelli richiesti con il metodo del numero più probabile (MPN);
inoltre permette di esaminare anche grandi volumi di acqua di buona qualità.
Presenta diversi vantaggi consentendo di rilevare direttamente (per conta
diretta) il numero di microrganismi presenti nel campione esaminato, contando le
colonie sviluppate su una membrana, semplificando le procedure di laboratorio e
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abbreviando i tempi operativi anche in funzione dei tempi di incubazione. La procedura della filtrazione su membrana permette di contare i microrganismi che,
presenti in un campione di acqua, sulla superficie della membrana, posta su terreno di coltura agarizzato, hanno prodotto colonie. Poiché non è possibile determinare se una colonia individuale sia formata da una o più cellule batteriche, il
numero di colonie ottenuto si riporta come “Unità Formante Colonia” (UFC),
valore poi riferito, generalmente, a 100 mL del campione analizzato. Si accetta,
pertanto, che una cellula batterica produca una colonia e che la conta riporti
direttamente il numero di batteri presente.
L’accuratezza del risultato dipende dal numero di colonie contate. È necessario, infatti, che il numero delle colonie sia compreso in limiti leggibili. Un numero
di colonie della membrana compreso generalmente tra 20 e 80 e non superiore a
200 fornisce un risultato accettabile e statisticamente accurato.
Il numero di microrganismi presenti nel campione esaminato si ottiene dalla
equazione:
UFC/100 mL = N° delle colonie contate/100 mL di campione filtrato
Figura 20 – Analisi batteriologiche: piastra con colonie batteriche
Un parametro derivato dall'indagine microbiologica è l'Indice di Qualità Biologico (IQB), che evidenzia la presenza di batteri provenienti da scarichi civili
(coliformi fecali o streptococchi fecali) nelle acque di balneazione. E' espresso in
% di campioni esenti da Coliformi fecali sul totale dei campioni.
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4.10.3 PARAMETRI MICROBIOLOGICI
Per il monitoraggio delle comunità bentoniche portuali è quindi di primaria
importanza il corretto posizionamento (spaziale e verticale) delle stazioni di campionamento, che vanno ubicate in modo tale da raccogliere informazioni sui vari
aspetti presenti all’interno del porto, ma anche all’esterno, e in un sito di controllo
non influenzato dall’ambiente portuale. In ogni stazione vanno previste almeno 3
repliche. Il punto di campionamento viene di norma preso con il GPS.
Substrato duro
Il prelievo viene condotto, sui substrati duri, in immersione con ARA da biologi subacquei: una volta sulla stazione prescelta, si verifica e si annotano su una
tavoletta in plexiglas i dati di copertura % dei popolamenti principali,
l’esposizione, l’inclinazione. Si procede quindi alla sistemazione di un quadrato in
ferro di 20x20 cm, all’interno del quale si provvede all’asportazione totale con
mazza e scalpello della matrice biologica, che viene raccolta in capaci sacchetti di
nylon trasparente pre-marcati.
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Figura 21 - Campionamento di benthos su substrato duro: grattaggio seguito da sorbona (sopra), rilievi
su fouling portuale (sotto)
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Il grattaggio viene preceduto e seguito da una sorbonata che serve per la raccolta degli organismi vagili. Una idonea documentazione fotografica viene eseguita in ogni stazione di campionamento. I campioni raccolti vengono immediatamente conservati in borse frigorifere e trasportati in laboratorio dove vengono
congelati o fissati in una soluzione di acqua di mare e formalina tamponata al 5%.
Substrato mobile
Sui fondali mobili si campiona direttamente dall’imbarcazione tramite una
benna tipo Van Veen o un box-corer. La benna deve essere dotata di sportellini
superiori, deve avere un volume di circa 40 litri e viene calata aperta sul fondo
con una robusta cima agganciata ad un verricello.
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Figura 22 - Campionamento di benthos di substrato mobile con benna (sopra), e setacciatura degli
organismi a bordo (sotto)
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Per ogni stazione di campionamento deve essere compilata una scheda dove
riportare i dati inerenti il punto di campionamento (nome stazione, data, ora,
coordinate teoriche e reali, strumentazione utilizzata ecc.), il nome dell’operatore
e dell’imbarcazione, il numero e la sigla dei campioni prelevati ed infine la
descrizione macroscopica del campione (caratteristiche fisiche, colore, odore,
grado di idratazione, presenza di resti vegetali o frammenti conchigliari, eventuali
variazioni cromatiche e dimensionali).
Una volta salpata a bordo, attraverso gli sportellini si raccolgono carote per la
misurazione dello strato ossidato del sedimento e per la determinazione del
T.O.M. (Total Organic Matter): i campioni raccolti vengono setacciati direttamente a bordo.
I campioni, prelevati dallo strumento con una spatola di acciaio al fine di evitare un’eventuale contaminazione, devono essere omogeneizzati e versati in
capaci bagnarole e immediatamente setacciati su una pila di setacci per bentonologia di mesh decrescente (2 mm, 1 mm, 0,5 mm): il contenuto di ogni setaccio
viene successivamente conservato in appositi barattoli con acqua di mare e formalina al 5%, etichettati e datati.
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Laboratorio
Segue la fase di sorting-out, o di smistamento, allo stereo-microscopio, per la
separazione dei vari taxa animali e vegetali presenti: alla fine di questa fase gli
organismi separati vengono sistemati nei rispettivi liquidi conservazione (soluzioni di acqua di mare e formalina o alcool), per la successiva determinazione a
livello specifico dei taxa. Questa avviene ad opera di specialisti nei vari raggruppamenti animali e vegetali, che possono variare a seconda del substrato esaminato.
Figura 23 - Fase di scarto e determinazione degli organismi del benthos
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Elaborazione dati
I risultati vengono quindi ordinati in apposite matrici elettroniche
specie/stazione e sottoposti ad elaborazione statistica per il calcolo dei principali
indici ecologici:
-
indice di diversità;
indice di equitabilità;
indice di dominanza;
indice di abbondanza
indice di ricchezza specifica
indice R/P
L’analisi statistica dei dati, effettuata con i vari indici sopra citati, consente di
tracciare un quadro esaustivo sulle condizioni ecologiche dei popolamenti: gli indici valutano in genere in che misura essi sono diversificati (indice di diversità di
Shannon-Wiener, e di ricchezza specifica di Margalef), oppure se c’è dominanza
di alcune specie e in che misura (indice di dominanza e di abbondanza). E’ noto
infatti che un ambiente in equilibrio ecologico vede in genere un maggior numero
di specie con relativamente pochi individui rispetto ad uno degradato, che al contrario di solito vede la prevalenza di poche specie opportuniste con elevati numeri
di individui o di copertura (nel caso di vegetali e specie coloniali).
L’elaborazione dei dati viene quindi completata attraverso l’analisi multivariata che consente una migliore comprensione dei fenomeni che consentono la
distribuzione spaziale degli organismi.
Per una migliore comprensione dei fenomeni di colonizzazione del benthos,
limitatamente ai substrati duri, si possono posizionare pannelli artificiali per lo
studio del fouling, che vengono controllati periodicamente sia attraverso l’analisi
fotografica che con l’osservazione al microscopio, con le metodiche descritte in
precedenza.
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Capitolo 4................................................................................................................ 0
Schede tecniche per ciascun parametro individuato (metodologia di rilievo,
parametri ed unità di misura, strumentazione necessaria, tipologia di output)....... 0
4.1
Metodi ed apparecchiature per la misura delle concentrazioni degli
inquinanti in atmosfera........................................................................................ 0
4.1.1
MATERIALE PARTICOLATO (PM10) .................................................. 71
4.1.2
MONITORAGGIO DEL BENZENE ......................................................... 71
4.2
Le reti di monitoraggio in Italia ............................................................ 71
4.3
L'attività di monitoraggio ambientale in ambito regionale siciliano..... 71
4.4
Il monitoraggio ambientale urbano ....................................................... 71
4.5
Rete di Monitoraggio di Palermo.......................................................... 71
4.5.1
Le stazioni di rilevamento ............................................................. 71
4.5.2
Acquisizione dei dati ..................................................................... 71
4.6
Il monitoraggio meterologico................................................................ 71
4.7
Il rumore portuale.................................................................................. 71
4.7.1
TECNICHE DI CAMPIONAMENTO PER LA MISURA DEL RUMORE ........... 71
4.7.2
METODOLOGIE DI RILEVAMENTO DEL RUMORE DELLE INFRASTRUTTURE
DI TRASPORTO ................................................................................................. 71
4.7.3
STRUMENTAZIONE DI MISURA ........................................................... 71
4.8
La zonizzazione acustica di un'area portuale ........................................ 71
4.9
Elettromagnetismo ................................................................................ 71
4.9.1
D.P.C.M. 23/04/92 ........................................................................ 71
4.9.2
STRUMENTAZIONE, CRITERI E METODOLOGIE DI MISURA ................... 71
4.9.3
STRUMENTAZIONE PER ALTE FREQUENZE.......................................... 71
4.9.4
MISURA DELLE DISTANZE ................................................................. 71
4.9.4
CRITERI E METODOLOGIE DI MISURA ................................................ 71
4.10 Il monitoraggio delle acque................................................................... 71
4.10.1
ACQUE MARINE COSTIERE ................................................................ 71
4.10.2
BIOTA ............................................................................................. 71
4.10.3
SEDIMENTI ...................................................................................... 71
4.10.4
CAMPIONAMENTO ........................................................................... 71
4.11 Analisi di laboratorio ............................................................................ 71
4.11.1
ANALISI CHIMICHE........................................................................... 71
ANALISI BATTERIOLOGICHE ............................................................. 71
4.10.2
4.10.3
PARAMETRI MICROBIOLOGICI........................................................... 71
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