Gli auguri del Sindaco 15dicembre2015 Australia Stella di Natale? Il rosmarino. Quante cose! Rubriche: Quiche di cardi Le attività del mese Natura e Ragazzi Presso Giardino Botanico Dina Bellotti www.naturaeragazzi.it 25 dicembre 2015 Anno 1 Numer0 1 CITTA’ DI ALESSANDRIA UFFICIO STAMPA Alessandria, 18 dicembre 2015 Cari Amici e Concittadini, il Natale si avvicina e con esso uno dei periodi più suggestivi dell’anno. Voglio rivolgere a tutti voi i miei auguri personali e quelli dell’intera Amministrazione Comunale. Lo faccio con la speranza che la magia e la solennità di questo momento, possano alimentare l’amore per la nostra Città e la partecipazione di tutti alla sua crescita ed alla costruzione del suo futuro. Lo faccio avendo alle mie spalle il simbolo più autentico del Natale, questo albero che ha fatto tanto parlare di sé, ora recuperato ed addobbato dai dipendenti comunali dell’orto botanico e dai volontari che gravitano attorno alla struttura, e che adesso fa bella mostra all’interno della serra comunale, con i suoi otto metri di altezza. E’ un albero della tradizione piemontese, addobbato con fiocchi e pacchi, ma la cui storia ci deve far riflettere sulla necessità ed importanza, sopratutto in momenti come questo, di andare oltre l’apparenza alla ricerca della vera sostanza delle cose. Natale è anche questo, un momento di riflessione, sul valore e sul significato profondo di quanto ci circonda. Buone Feste a tutti voi! Il sindaco Maria Rita Rossa Quindicidicembre2015 di Angelo Ranzenigo E come al solito sono in ritardo. Vittoria mi ha appena chiamato ricordandomi che sta aspettando l’articolo di fondo per il primo numero di questa rivista. E come al solito la rassicuro dicendo che è praticamente finito. Termino la telefonata e mi ritrovo davanti al foglio: completamente bianco! Io e la mia pipa ci alziamo e guardiamo fuori dalla finestra. A differenza mia, il freddo non ha tardato ad arrivare, visto che siamo a dicembre. La sua costanza condiziona tutta la natura. rapidamente. Le gimnosperme invece tornano attrici protagoniste: le foglie aghiformi, ad eccezione del Larix decidua, rimangono al loro posto e le rendono ancora più maestose, affascinanti ed appariscenti e dimostrano come le conifere siano capaci di resistere ai lunghi periodi di siccità invernale. Già, perché se pur vero che in inverno l’acqua è abbondante, è altrettanto vero che sotto forma di neve e ghiaccio non è “bevibile” dalle piante. Come fanno allora? Chi ha partecipato ai nostri corsi sa benissimo che la risposta a questo quesito sta nella struttura particolare delle cellule di queste piante che hanno rinforzato la parete cellulare. In realtà anche alcune angiosperme, se pur non aghiformi, conservano le loro foglie durante l’inverno. In questo caso il mancato congelamento dell’acqua tissutale è legato alla produzione di composti vari - tra cui zuccheri e amminoacidi - che, rilasciati nel citoplasma e nei vari apparati, abbassano di molto il punto di La maggior parte delle angiosperme, caducifoglie, hanno ormai traslocato da tempo l’energia dalle foglie alla parte più bassa del fusto spogliando i rami e rallentando al massimo il loro metabolismo. Aspettano la neve senza temerla, perché senza foglie il peso di questa sarà sopportabile e non aprirà ferite nei rami. Viene la tentazione di iniziare le potature, ma le piante da “sistemare” non sono poi molte: così, come consiglio sempre agli altri, decido di avere pazienza e di rinviare più saggiamente il tutto verso la fine dell’inverno. Le ferite aperte dalle mie forbici cicatrizzeranno più 1 congelamento e quindi di formazione di aghi di ghiaccio. Tutto questo avviene se le temperature si abbassano coerentemente: davanti a freddi rigidi e improvvisi purtroppo queste difese non fanno in tempo a divenire efficaci. “C’era una volta, in una città lontana lontana, un gruppo di amici…”: iniziano così alcune delle fiabe più belle, in cui mille principesse vengono salvate da draghi cattivissimi grazie al prodigioso intervento dei Principi Azzurri, che con il loro destriero bianco sono i fautori dell’happy end. Ai nostri tempi è ancora così, se ci pensiamo bene: le Principesse sono trasformate in bambini, il castello in un Giardino Botanico, i draghi cattivi sono travestiti da incuranza e trascuratezza e Voi, tutti Voi, siete stati per un intero anno i Principi azzurri tanto attesi. Ma forse la pianta che affascina di più noi botanici in inverno è il Calicanthus praecox con il cui fiore, prodotto sui rami ancora del tutto spogli, i nostri nonni sapevano come profumare ecologicamente gli ambienti della casa. Per noi è inverno, è freddo e le giornate sono ormai corte... Ma non è così in altre parti del mondo. È il caso dei Cacti di Natale, delle Euphorbia pulcherrima dette stelle di Natale: queste piante, forzate e non, colorano i loro fiori e le loro foglie proprio in questa stagione. Lo fanno perché sono geneticamente regolate sui cicli stagionali dei luoghi in cui si sono evolute: il 21 dicembre ha segnato l’inizio dell’estate nell’emisfero australe. Ritorno alla mia scrivania e riempio di questo articolo il foglio bianco. Lo rileggo e sento che manca qualcosa…. Manca il grande “grazie” a tutti voi per l’anno da “favola” che avete regalato. Grazie al vostro aiuto siamo riusciti ad entusiasmare più di duemila bambini facendoli sognare: stimolando la loro curiosità li abbiamo trasformati in piccoli esploratori durante le visite guidate e, sulle orme di Darwin, li abbiamo accompagnati all’interno di alcuni dei processi fisiologici delle piante durante le Olimpiadi Botaniche. Insieme a loro altri quattromila visitatori hanno potuto godere di corsi dedicati al verde e agli animali, passeggiando all’interno dell’Orto Botanico e partecipando alla Alessandria Green week 2015, riappropriandosi di un luogo prezioso per la nostra città, che è stato pensato e costruito davvero per tutti. 2 L'AUSTRALIA: LA SUA NATURA, I SUOI PAPPAGALLI di Gianni Ravazzi Fin da bambino, da quando la passione per gli animali mi ha fatto “conoscere” l’ornitorinco, ho sempre pensato all’Australia come al mio luogo ideale per vivere: natura ricchissima, animali e piante da scoprire, spazi illimitati dove vivere grandi avventure. Un posto in parte fisico in parte dello spirito dove il fantastico, l’incontaminato e il primitivo si mescolano come nelle favole. Quando poi, da adulto, ci sono stato, mi sono reso conto che quanto avevo immaginato sulle sue bellezze naturali è reale e le varietà di forme di vita, vegetale e animale, sono tali che nessuno può rimanere immune al loro fascino. Gli ambienti sono i più disparati: le zone di savana semidesertica con pochi arbusti, lo scrub australiano, dove regnano indisturbati rettili e sauri protagonisti di tante storie aborigene, come il “bungarra” (Varano di Gould – Varanus gouldii); le zone del bush australiano fatte di praterie più o meno lussureggianti con isolati alberi centenari a dominare le pianure, dove è facile incontrare gruppi di “kangaroo” i canguri rossi (Macropus rufus) – e infine le foreste di eucalipto, dove si alternano giovani alberi e autentici giganti come gli Eucalyptus regnans, alti fino a 90 metri, che ospitano gli ormai sempre più rari e sonnecchiosi koala (Phascolarctos cinereus). Proprio nelle foreste, lungo i ricchi corsi d'acqua, vivono chiassosi pappagalli tra cui spiccano alcune delle più interessanti specie di Cacatua, i tipici pappagalli australiani con il ciuffo erettile sul capo che si solleva e si abbassa a seconda degli umori dell'animale. I cacatua sono dei grandi giocolieri e sono capaci di comunicare benissimo con noi, se solo ci sforziamo di comprenderli. Il loro è un intenso linguaggio gestuale e di comportamenti che non lascia spazio a dubbi interpretativi. Sono curiosi e socievoli e, quando vogliono attirare l'attenzione, allungano il collo in avanti e fanno movimenti laterali come un serpente davanti all'incantatore, emettendo richiami striduli, sempre più acuti fino a quando non ottengono l'attenzione desiderata. 3 Questi comportamenti, più facili da osservare in ambiente controllato con animali abituati a convivere con l'uomo fino dalla nascita, si notano però anche in natura: ci vuole solamente più pazienza, ma è possibile avvicinare i cacatua anche nel loro habitat; o per meglio dire è possibile essere avvicinati dai cacatua. in piedi, non se ne vanno troppo lontano: restano lì ad osservarmi con quel loro buffo modo di ruotare il collo: sono io che sto studiando loro o loro che stanno studiando me? L’episodio dimostra come questi pappagalli abbiano una notevole capacità di socializzare e una grande curiosità che li spinge a superare la paura. Oltre a questi simpatici cacatua, caratterizzati da un piumaggio generale bianco con una evidente cerchiatura di pelle nuda azzurra attorno agli occhi e da un ciuffo non particolarmente vistoso, l'Australia è ricca di moltissime specie che abitano quasi tutti i principali ambienti tipici. Solo nelle zone desertiche o semi-desertiche, che occupano circa il 40% del territorio, I pappagalli non sono presenti, anche se ciò non è del tutto vero, visto che anche in queste zone si possono incontrare bande di cocorite (Melopsittacus undulatus). Verso la fine di un pomeriggio, sdraiato a terra sulle rive del fiume Grafton (a circa 650 km a nord di Sydney), dopo una giornata passata ad osservare un grande stormo di Cacatua sanguinea durante le occupazioni quotidiane, vengo avvicinato da un gruppetto di giovani che, da un'osservazione di taglia e piumaggio, dovevano essere nati nella stagione riproduttiva appena finita. Resto disteso e comincio a canticchiare per non spaventarli e i cacatua si spostano a piccoli voletti su rami sempre più vicini a me. Resto sempre sdraiato e dopo un po' di titubanza i tre più curiosi atterrano e, saltellando, prima si avvicinano e subito si allontanano per poi riavvicinarsi e così per qualche minuto, fino a quando si convincono che non rappresento un pericolo e cominciano giocare con le stringhe delle mie scarpe e poi, preso coraggio, con i bottoni della giacca. Si allontanano solo quando decido di alzarmi In questi diversi ambienti pappagalli di oltre cinquanta diverse specie trovano le condizioni ideali per vivere e riprodursi. Descrivere anche solo una piccola parte dei pappagalli australiani piu' noti porterebbe via ben piu' di un foglio del nostro giornale, quindi riprenderemo il discorso nel prossimo numero.... 4 Stella di Natale? No, Stella di Hollywood di Vittoria Gianuzzi Io il mio articolo lo avevo già scritto per tempo, ma quando ho letto quello di Angelo ho messo tutto in un cassetto pronto per riciclo e mi sono rimessa al tavolino. Sì, perché mi ero scordata del Natale! E quindi come non parlare della Stella di Natale, visto che ormai l'abete è più che altro sintetico? Il nome Euphorbia mi ha sempre confuso, visto che in questo genere rientrano piante che non si somigliano per nulla, ad esempio la succulenta E. candelabrum, simile a un cactus, che può raggiungere i 10 metri, ma anche la piccola erbacea "calenzuola" che troviamo nei nostri prati, con fiori a mazzetto giallo acido. Mi dice Angelo che il motivo della comunanza sta nella forma dei fiori: le euforbie hanno una infiorescenza detta “ciazio”, composta da un fiore femminile centrale, dotato di pistillo, circondato da cinque o più gruppi di fiori maschili ridotti ciascuno ad un solo stame. L'insieme dei fiori è avvolto da brattee che formano un ricettacolo a coppa. E allora da dove viene il grande "fiore" rosso? In effetti non è il fiore, ma si tratta di una corona di cinque foglie modificate viranti al rosso (oggi anche rosa, bianche o variegate) che circondano il vero fiore, piccolo e giallo. Per ottenere la fioritura natalizia anche in zone geografiche diverse bisogna ingannare la pianta, cominciando almeno due mesi prima di Natale a tenerla al buio completo per più di dodici ore, seguite da brevi ma intensi periodi di luce solare durante il giorno. Basta pochissima luce durante la "notte" a compromettere la produzione di brattee rosse. La pianta preferisce una temperatura di almeno 18 gradi, può anche essere tenuta all'aperto, purché non geli. Per avere il vero Natale, però, bisogna Cominciamo con le informazioni botaniche: la pianta è nativa del Messico (clima sub-tropicale), dove gli Aztechi la usavano come tintura rossa e antifebbrile, e si è poi diffusa nel Centro America, dove raggiunge un'altezza che va dai due ai quattro metri. Nel 1804, il naturalista Alexander von Humboldt ne portò con sé in Europa dall'America un esemplare. Nel 1825 Joel R. Poinsett, ambasciatore degli Stati Uniti in Messico, ne importò alcuni esemplari in Carolina, ed in suo onore la chiamarono Poinsettia. A Berlino, nel 1833, fu catalogata e le fu dato il nome botanico di più bella delle euphorbie dal botanico Carl Ludwig Willdenow. All'interno del genere Euphorbia, la sua specie è quindi euphorbia pulcherrima, appartiene alla famiglia delle Euphorbiaceae, classe delle Dicotiledoni, divisione delle Angiosperme. 5 essere attrezzati. Forse per questo motivo e anche perché molto soggetta a malattie e parassiti - viene buttata dopo le Feste, con gran gioia dei suoi produttori. Già, ma chi sono costoro e perché e quando è diventata simbolo di Natale? I francescani in Messico nel 17o secolo la includevano nelle celebrazioni natalizie. Ma poi non se ne sa più nulla … fino quasi ai nostri giorni. E' diventata infatti simbolo del Natale solo dal 1990, grazie ad una campagna commerciale fortunata, ed è la storia di una stella hollywoodiana direttamente dal Sunset Boulevard! La famiglia Ecke iniziò a coltivarla nel suo ranch di Hollywood all’inizio del 1900, ma fu P. Ecke III a lanciare dal 1990 l’associazione della pianta al Natale. Paul spedì le talee ovunque via aereo, inviò le piante alle stazioni televisive per usarle nelle scenografie delle feste del Ringraziamento e di Natale, partecipò a programmi televisivi come The Tonight Show e allo speciale di Natale di Bob Hope per promuovere il loro uso natalizio. Un vero lancio pubblicitario! Malgrado la concorrenza, nel 2008 la famiglia Ecke copriva il 70% del mercato americano e il 50 % di quello mondiale. Questo non intacca il fascino delle belle brattee rosse e allegre pronte per Natale ma chi non ama l'eccesso di commercializzazione può rifarsi con un'altra pianta, il Cactus di Natale. Si tratta di una pianta succulenta brasiliana, appartenente al genere Schlumbergera, famiglia delle Cactaceae, caratterizzate da una fioritura autunnale o invernale. Produce corti fusti, che si dividono in lunghe ramificazioni, erette o arcuate, costituite da sezioni appiattite, di forma quasi ovale, carnose, dette “cladodi”. Da noi sono piante da appartamento dalla lunga fioritura nei mesi freddi: dagli apici di ogni singolo “ramo”, sbocciano grandi fiori dai petali carnosi, con pistilli molto evidenti, di colore rosso, rosato o variegati. Anche se sono cactaceae, non assomigliano al classico cactus e non solo per la forma. Queste piante si sviluppano in natura nelle foreste, dove possono godere di piccole quantità di luce solare diretta, e in climi miti, con alta umidità. Le schlumbergere sono piante epifite, come molte orchidee, e ne condividono diverse caratteristiche, dallo stare a cavallo tra i rami degli alberi all'amare l'umido senza ristagni. Si coltivano in vasi poco profondi, riempiti con del terriccio per piante acidofile, che va tenuto umido ma non fradicio. Qualche anno fa avevo in ufficio un cactus di Natale, andato purtroppo perso durante un trasloco. Per quasi tutto l'anno era una pianta che si faceva notare poco, e meno male perché la forma mi ricordava una tenia. Poi, verso Natale, da ogni punta nascevano boccioli lunghi e succosi finché una mattina, entrando, mi accoglieva con un'esplosione di fiori. Pensavo che fosse il suo modo di ringraziare, proprio per il Natale, per le (scarse) cure ricevute. Insomma, non si può non innamorarsene! 6 Il rosmarino, quante cose! di Carlo Fortunato La percezione dell’intenso profumo del rosmarino spesso accompagna una deglutizione inconscia e innesca immediatamente una certa sensazione di appetito che, anche con i migliori propositi, riconduce ad un invitante arrosto con patatine oppure ad una fragrante focaccia cosparsa dalle sue foglioline aghiformi. Percezioni sensoriali e luoghi comuni a parte, ci sono molte altre cose da conoscere al suo proposito, ritengo che questo articolo sia un ottimo pretesto per avvicinarci meglio a questa pianta la cui utilità non si riduce di certo a così poco: si tratta di una pianta estremamente preziosa con grandi potenzialità. le sue proprietà medicinali e infatti medici illustri quali Dioscoride (“De ars medica”), Ippocrate e Galeno nel I secolo conoscevano le proprietà del rosmarino e lo inserivano nelle loro preparazioni. Sono numerose le leggende legate ad esso, infarcite anche da virtù magiche. Con il legno di rosmarino intagliato si realizzavano piccoli talismani medioevali e anche pettini, il cui uso avrebbe preservato dalla calvizie. Ancora di recente ogni abitazione rurale ne custodiva un vissuto cespuglio arroccato nell'angolo più riparato del cortile, antica tradizione derivante da uno specifico editto risalente ai tempi di Carlo Magno che lo imponeva. In alcuni paesi della nostra provincia persone molto anziane ancora tramandano la credenza del legame parallelo tra la pianta e la persona che si era premurata di porla a dimora. Cattivo presagio per quest’ultima, il venir meno del cespuglio di rosmarino: viceversa, esso diveniva memoria dello scomparso. Questa tradizione sembra intrecciarsi con il simbolo dell’eternità che il rosmarino rappresentava nella cultura Egizia e l’usanza nell’antica Roma di coltivarne cespugli accanto alle tombe dei propri cari. Parafrasando Ofelia nella celebre opera di Shakespeare: “Ecco laggiù il rosmarino, la pianta del ricordo”. Il rosmarino è ricca fonte di oli essenziali: flavonoidi, acidi fenolici, tannini, resine, canfora. Contiene anche Quante interpretazioni etimologiche sul rosmarino (Rosmarinus officinalis): “Rosa-maris” rosa di mare, ”rhusmarinus” arbusto del mare, “ros-marinus” rugiada del mare... limitiamoci a rilevare l’evidenza di un arbusto vocato a climi e ambienti rivieraschi. Pianta officinale per eccellenza, con proprietà balsamiche, è conosciuta e largamente utilizzata sin dall’antichità per 7 acido rosmarinico, ottimo antiossidante. Studi mirati hanno portato alla conclusione che alcuni principi attivi del rosmarino inibiscono l’azione del superossido, specifico radicale libero responsabile dell’ossidazione cellulare, mentre la presenza di acido carnosico è alleata nella prevenzione dell’invecchiamento cerebrale. Gli esiti di una successiva ricerca hanno inoltre individuato nel rosmarino implicazioni curative contro la degenerazione maculare degli occhi. Tisane di rosmarino in abbinamento a tarassaco e bardana assolvono ad una discreta azione depurativa del fegato, nonché alla riduzione del meteorismo e dei disturbi intestinali in genere. I tannini presenti in esso inducono anche proprietà astringenti, motivo per cui è indicato per contrastare diarrea, emorragie, e ridurre flussi mestruali abbondanti. Molto comune in erboristeria è l’utilizzo del suo olio essenziale. Le nonne facevano largo uso di questa pianta officinale: in alternativa alla malva proponevano sciacqui con rosmarino per lenire il mal di denti e ridurre l’alito cattivo. Efficaci erano anche cataplasmi di foglie tritate e riscaldate in olio per la cura di contusioni e slogature. I suoi vapori disinfettavano le stanze dei malati, i rametti riposti in cassetti ed armadi profumavano e tenevano lontane le tarme dagli indumenti. Abbinati a cenere e rametti di alloro costituivano la “liscivia”, detersivo per il bucato d’altri tempi. Il suo infuso serviva a rinforzare i capelli... insomma chi più ne ha più ne metta! Come per tutte le piante contraddistinte da proprietà stimolanti, l’uso curativo del rosmarino è controindicato in casi di ipertensione ed insonnia e in soggetti affetti da epilessia. Questa pianta, alleata nelle diete iposodiche, con l’alloro è considerata aromatica e sapore mediterraneo per antonomasia. Immancabile su carni cotte e crude, pesce, marinate, intingoli, patate, focacce e come aromatizzante per olio e sale. In conclusione consiglio vivamente una semplice frittata di soli fiori di rosmarino, che non dovranno essere lavati, purché siano, con molta pazienza, colti in luoghi lontani da contaminazioni di sorta. Otterrete una preparazione dal sapore delicato, con un aroma diverso da quello sprigionato dalle foglie di rosmarino. Sorprendente anche un ottimo olio aromatico ottenuto con l’aggiunta di foglie di rosmarino e alloro, aglio, pepe rosa, bacche di ginepro, chiodi di garofano. L’olio lasciato insaporire per alcuni giorni, potrà essere utilizzato nello stato in cui si presenta per realizzare un’appetitosa marinata di pancetta irrorata da succo di limone, oppure, filtrato, impiegato per altre forme di condimento, per tartare, carpaccio o carne all’albese.carne all’albese. 8 Dalle Cuoche del Giardino: Mini quiche di cardi e speck di Alda Mirabelli Al Giardino mi hanno chiesto una ricetta con i cardi, ma che fosse facile da fare e di bell'aspetto. Insomma, assieme alle amiche del gruppo Cuoche del Giardino, con la scusa che sappiamo cucinare (e anche bene direi) ci chiedono sempre qualcosa, magari anche un assaggio ;-)) Portare a ebollizione circa 1 litro di acqua, diluirvi una noce di burro amalgamato con la farina e mescolare; unire il succo dell'altro limone e immergervi i cardi. Salare e cuocere per 30-40 minuti. Guardate un po' se questa ricetta, che può essere usata per preparare un antipasto o un secondo, vi piace; non posso farvela assaggiare, ma potete sempre fare da voi. I più volonterosi potranno cimentarsi nel preparare da soli la pasta brisée, ma i cardi richiedono già una lavorazione lunga, e avendomi chiesto una ricetta facile...quella acquistata può andare più che bene. Ingredienti per 6 persone: 1 confezione di pasta brisée; 400 g. di cardi; 60 g. di speck; 50 g. di panna fresca; 2 uova; 2 limoni; 2 cucchiai di latte; 3-4 cucchiai di grana padano grattugiato; 20 g. di burro; 1 cucchiaio di farina; 1 spicchio d'aglio; sale e pepe. Al termine della cottura, scolare i cardi, tagliarli a pezzetti e farli saltare nel burro rimasto, lo spicchio d'aglio schiacciato, sale e pepe e lo speck a striscioline; lasciar raffreddare. Nel frattempo stendere la pasta brisée e ricavare dei cerchi o dei quadrati da adagiare in uno stampo per muffin o Pulire i cardi, staccare le coste eliminandone i filamenti, tagliarle in 3-4 pezzi e lavarle in acqua acidulata con il succo di un limone. Il cardo tende ad annerire e sporcare le dita e il limone, anche strofinato sulle mani, limiterà il danno. 9 altri stampini, già spennellati con un po' d'olio. Trasferire i cardi e lo speck nei gusci di pasta; sbattere le uova con il latte, la panna, il formaggio grattugiato, sale e pepe e versare il composto sui cardi. Cuocere in forno già caldo a 180 oC per circa 20 minuti. Servire le mini quiche tiepide e… buon appetito! La nota del botanico curioso: i cardi Il Piemonte è terra di bagna cauda, in cui tradizionalmente vi si intinge il “cardo gobbo di Nizza Monferrato”, l'unico cardo adatto ad essere consumato crudo. Le coste del cardo sono piuttosto dure e di sapore amaro e per questo sono sottoposte a imbiancamento; a Nizza le piante vengono piegate verso il basso prima di interrarle, diventando così anche gobbe. Il nome “cardo” è molto generico e si riferisce a piante appartenenti a diversi generi tassonomici e addirittura a diverse famiglie, per lo più Asteraceae, ma anche Apiaceae e Dipsacaceae. Fra le Asteraceae abbiamo il cardo selvatico, noto ed utilizzato fin dall'antichità, da cui sono stati domesticati il carciofo (Cynara scolymus); il suo stretto parente, il nostro cardo coltivato (Cynara cardunculus) che presenta un gusto intermedio fra il carciofo e il sedano; e anche il “cardo mariano” (Silybum marianum), usato nella farmacopea. Sulle foglie ha macchie bianche che, secondo una leggenda medievale, sono gocce di latte cadute dal seno della Madonna quando fuggiva per sottrarre Gesù alla persecuzione di Erode. Fra le Dipsacaceae c'è il “cardo dei Lanaioli” (Dipsacus fullonum) i cui fiori 10 erano usati per cardare la lana, da cui il termine stesso. Il cardo è anche un simbolo araldico, ad esempio della Scozia: si dice che un Vichingo, prima di un assalto notturno, pestasse un cardo con il piede nudo. Il suo grido diede l'allarme, e gli scozzesi, risvegliatisi, respinsero gli invasori. Più plebeamente i nostri piedi sono punti da un'Apiacea, il “cardo marittimo” (Eringium maritimum), che spunta dalla sabbia. Torniamo ai cardi nostrani: hanno pochissime calorie, sono ricchi di calcio, potassio e sodio. Contengono anche i fenilpropanoidi e i flavonoidi che aiutano a contrastare il colesterolo. Insomma, l'umile cardo si rivela un re. Le attività del mese In quest'ultima pagina troverai un elenco delle nostre proposte per il mese successivo, assieme al resoconto di qualcuna delle nostre attività passate. Prima di tutto ecco come contattarci: sul nostro sito Web: www.naturaeragazzi.it puoi leggere di noi e registrarti per ricevere per email le newsletter e il giornalino “I fogli di Natura e Ragazzi”. Puoi anche vedere il calendario delle attivit à per le scuole e se vuoi collaborare come volontario/a scrivici ([email protected]) o vieni a trovarci al Giardino Botanico. Il gruppo di Natura e Ragazzi, oltre ad organizzare corsi all'aperto e uscite di esplorazione, si riunisce per minicorsi o conferenze il martedì sera alle ore 21, guarda il calendario per il mese di gennaio, ispirato ai temi di Expo 2015: 11