SCHEMA THERAPY DI GRUPPO PER IL DISTURBO BORDERLINE

Joan M. Farrell e Ida A. Shaw
Schema therapy di gruppo
per il Disturbo borderline
di personalità
Guida al trattamento, passo dopo passo,
con eserciziario per pazienti
Capitoli aggiuntivi:
Arnoud Arntz, Heather Fretwell, George Lockwood,
Poul Perris, Neele Reiss, Hannie van Genderen,
Michiel van Vreeswijk e Jeffrey Young
© Istituto di Scienze Cognitive Editore, 2013
ISBN 978-88-97386-12-4
A cura di
Dott. Alessandro Carmelita
Traduzione
Piera Agos
Progetto grafico e impaginazione
Grafimedia comunicazione, Sassari
Copertina
Carolina Cartabia
Revisione editoriale
Marialidia Rossi
Stampa
Lego SpA, Vicenza
Titolo originale “Group Schema Therapy
for Borderline Personality Disorder:
A Step-by-Step Treatment Manual with Patient Workbook”,
Joan M. Farrell, Ida A. Shaw,
Copyright © 2012 by John Wiley & Sons, Ltd
Istituto di Scienze Cognitive Srl
Piazzale Segni, 1
07100 Sassari
www.istitutodiscienzecognitive.com
www.isceditore.it
[email protected]
Joan M. Farrell e Ida A. Shaw
Schema therapy di gruppo
per il Disturbo borderline
di personalità
Guida al trattamento, passo dopo passo,
con eserciziario per pazienti
Capitoli aggiuntivi:
Arnoud Arntz, Heather Fretwell, George Lockwood,
Poul Perris, Neele Reiss, Hannie van Genderen,
Michiel van Vreeswijk e Jeffrey Young
INDICE
Prefazione di Jeff Young
VII
Gli autori
XI
Ringraziamenti
XV
1. Introduzione
Joan M. Farrell e Ida A. Shaw
2. Modello concettuale alla base della Schema therapy di gruppo
Joan M. Farrell e Ida A. Shaw
1
9
3. Utilizzo dei fattori terapeutici di gruppo per catalizzare e arricchire gli interventi di Schema therapy
Joan M. Farrell e Ida A. Shaw
23
4. Il ruolo dei terapeuti: limited reparenting esteso a una famiglia
Joan M. Farrell e Ida A. Shaw
41
5. Alcune basi della Schema therapy di gruppo
Joan M. Farrell e Ida A. Shaw
87
6. Il corso della Schema therapy di gruppo Stadio 1: sviluppo di legami e regolazione emotiva
Joan M. Farrell e Ida A. Shaw
119
7. Il corso della Schema therapy di gruppo Stadio 2: cambiamento degli schema mode
Joan M. Farrell e Ida A. Shaw
159
8. Il corso della Schema therapy di gruppo Stadio 3: autonomia
Joan M. Farrell e Ida A. Shaw
247
9. Materiali contenuti nell’eserciziario per pazienti
e metodi per utilizzarli Joan M. Farrell e Ida A. Shaw
267
10. Combinazione di Schema therapy individuale e di gruppo
Hannie van Genderen, Michiel van Vreeswijk, Joan M. Farrell,
George Lockwood e Heather Fretwell
289
11. Soddisfacimento dei bisogni emotivi di base nella Schema therapy di gruppo mediante limited reparenting
Poul Perris e George Lockwood
297
12. Revisione sistematica della Schema therapy per il DBP
Arnoud Arntz
313
13. Conclusioni e direzioni future per la Schema therapy di gruppo
Neele Reiss, Joan M. Farrell, Arnoud Arntz e Jeffrey Young
323
Bibliografia
Eserciziario per pazienti
331
335
PREFAZIONE
È un grande piacere, per me, essere stato invitato a scrivere la prefazione di
questo rivoluzionario manuale terapeutico sulla Schema therapy di gruppo (STG).
Da quando, nel 2008, sono venuto a conoscenza per la prima volta dei risultati estremamente positivi ottenuti dalle autrici nel trial controllato, randomizzato,
sulla STG per pazienti con disturbo borderline di personalità (DBP), sono molto entusiasta del potenziale posseduto dal modello terapeutico di gruppo per
rendere la Schema therapy (ST) più disponibile ed economicamente accessibile ai pazienti. Considerato il clima di declino che investe i rimborsi in materia
di salute mentale in questa epoca di cure sanitarie integrate – tanto negli USA
quanto nel resto del mondo – la STG ha il potenziale di offrire le potenti strategie
terapeutiche inerenti all’approccio degli schema mode, in un modo economicamente più vantaggioso rispetto a quanto sia stato possibile con la ST individuale,
con risultati equivalenti o, forse, superiori.
Quando ho conosciuto Joan e Ida al congresso della International Society for
Schema therapy, fui sorpreso di apprendere che stavano sviluppando l’approccio
della STG da venticinque anni, e colpito da quante componenti primarie del mio
lavoro avessero sviluppato separatamente per l’approccio terapeutico di gruppo.
La STG sembra del tutto coerente con il mio modello individuale, in termini di
modello concettuale, alleanza terapeutica, e interventi terapeutici.
In passato, ero sempre stato scettico sulla possibilità di estendere l’intensa
relazione terapeutica che chiamo limited reparenting – così centrale per l’efficacia della ST – a un approccio di gruppo. Avevo sempre considerato la terapia di
gruppo come una versione ‘diluita’ del trattamento individuale, in particolare, in
caso di pazienti con disturbi di personalità (DP). Sono stato felicissimo di scoprire che i miei pregiudizi erano completamente sbagliati. L’approccio della STG
elaborato da Joan e Ida è veramente unico, eccitante e promettente.
La STG incoraggia i membri del gruppo a trasformarsi in una famiglia sana, nella quale possono ‘rigenitorizzarsi’ a vicenda, sotto la guida vigile di due terapeutiVII
genitori altamente competenti. Il senso di appartenenza e di accettazione offerto
dal gruppo – simile a una famiglia amorevole – sembra catalizzare sia il limited
reparenting sia le componenti focalizzate sulle emozioni presenti nella ST.
Inoltre, con l’impiego di due co-terapeuti per gruppo, la STG ha trovato una via
per lasciare un terapeuta libero di girare fluidamente nel gruppo, lavorando spesso
con un membro o con due alla volta, e creando esercizi esperienziali originali per
generare cambiamento. Allo stesso tempo, il secondo terapeuta funge da “base stabile” per il resto del gruppo, mantiene una continua connessione emotiva con ciascun componente, monitora le reazioni di ogni membro, spiega ciò che accade – per
istruire i pazienti sui processi che stanno avendo luogo – e interviene per spostare la
direzione del gruppo, così che questo si incentri sui bisogni di altri componenti.
Sono altresì impressionato dal fatto che la STG vada ben oltre tanto i tradizionali formati di gruppo delle terapie cognitivo-comportamentali (TCC) e dialettico-comportamentali (TDC) – nei quali l’insegnamento di abilità ai componenti del gruppo avviene in setting simili a seminari – quanto le terapie di gruppo
diverse dalla TCC, dove i terapeuti svolgono lavoro individuale con un singolo
componente mentre il restante gruppo, essenzialmente, guarda. Nella STG, le
tecniche impiegate nella ST individuale – tra cui, lavoro per il cambiamento mediante imagery, e role-playing – sono state adattate in modo da impegnare tutti i
componenti in esercizi unici, che si avvalgono del potere posseduto da interazione e supporto di gruppo. I fattori terapeutici di gruppo, uniti all’ampia gamma di
tecniche integrative già parte della ST, possono giustificare i considerevoli risultati del trattamento provenienti dallo studio controllato sugli outcome, citato in
precedenza, così come da dati preliminari di altri studi di STG in corso.
Il presente volume è il primo manuale terapeutico per la STG a essere pubblicato; riesce a fornire le informazioni più essenziali di cui necessitano i clinici per
farne pratica. Le autrici descrivono un approccio sistematico al trattamento di
pazienti con DBP in formato di gruppo, conservando nel contempo la flessibilità
che ho sempre altamente apprezzato nello sviluppo della ST individuale. I consigli per il trattamento sono specifici e ben strutturati, ricchi di esempi, sfuggendo
contemporaneamente alla tentazione di scrivere un ‘ricettario’ terapeutico per
specialisti, da seguire meccanicamente.
Per essere più precisi, le autrici hanno preservato gli elementi di base della ST
sia sviluppando strategie di intervento di limited reparenting per ciascun mode
emerso nel gruppo, sia cogliendo ‘attimi esperienziali’ con cui realizzare un lavoro incentrato sulle emozioni che provochi cambiamenti a livello profondo. Analogamente alla ST individuale, il modello di gruppo elaborato dalle autrici fonde
lavoro esperienziale, cognitivo, interpersonale e comportamentale.
VIII
Il manuale presenta una guida, passo dopo passo, per la STG con pazienti
affetti da DBP. Include un’ampia selezione di dispense per pazienti, esercizi di
gruppo e compiti per casa (vedi appendice). Il materiale dell’eserciziario è distribuito per mode e tipi di intervento, permettendo così ai terapeuti di scegliere
esercizi e compiti da assegnare per casa che più si adattano ai singoli membri
del gruppo e allo stile personale dei terapeuti stessi. Il formato user-friendly offre
anche, dall’inizio alla fine del libro, modelli di copione per terapeuti e numerosi
esempi di pazienti.
In tutto il volume, poi, è evidente l’esperienza maturata dalle due autrici in
più di trent’anni di training per terapeuti, tenuti da un capo all’altro del mondo,
e di conduzione di gruppi di STG per una vasta gamma di popolazioni cliniche.
Il libro è scritto a un livello tale che dovrebbe attrarre una varietà considerevolmente ampia di professionisti di salute mentale, inclusi psicologi, assistenti sociali, psichiatri, consulenti, infermieri di psichiatria, così come interni e medici
specializzandi.
A livello più personale, ebbi l’opportunità di sperimentare la STG di prima mano,
quando partecipai a un workshop di training avanzato – tenuto presso il nostro istituto di New York – cui avevo invitato Joan e Ida come formatrici per terapeuti senior
di ST. Dopo questa esperienza, sono addirittura più entusiasta delle potenzialità
della ST per gruppi; una volta apprese le competenze necessarie, adorerei condurre
personalmente un gruppo ricevente ST come questo.
Joan Farrell è una straordinaria terapeuta di ST che funge da “base stabile”,
centro emotivo ed ‘educatrice’ per il gruppo nel suo insieme – un ruolo che immagino di imparare a ricoprire personalmente, dati tempo ed esperienza sufficienti. Ciò che mi ha davvero sorpreso è stato il notevole lavoro di gruppo svolto
da Ida Shaw – forse perché il suo stile è così diverso dal mio e da quello di Joan. È
difficile trasmettere il livello di originalità, creatività e spontaneità che lei porta
all’esperienza di gruppo. È in grado di fondere elementi di Gestalt, psicodramma, role-playing e proprio stile di gioco contagioso, in un approccio che si sposa
perfettamente con le intense esigenze connesse al lavoro con gli schema mode,
persuadendo i pazienti a cambiare in maniera profonda. Gli esercizi di gruppo
contenuti nel manuale permetteranno ai terapeuti di ST di provare alcuni dei
suoi interventi unici.
Considero la STG come uno dei tre passi avanti più importanti che si sono
fatti da quando ho cominciato a sviluppare la ST. È servita quale stimolo principale per una collaborazione internazionale mirata a incentivare lo sviluppo e
la diffusione della ST, inclusi studi pilota condotti in Paesi Bassi e Germania, e la
versione intensiva in regime di ricovero o day hospital.
IX
Sono pieno di entusiasmo, in modo particolare, per lo studio clinico su larga
scala avviato in quattordici località dislocate in cinque nazioni diverse. Arnoud
Arntz e Joan Farrell ne sono i ricercatori co-principali; verificano efficacia e vantaggio economico del modello di STG per pazienti con DBP. Il presente volume
comprende il manuale sul trattamento completo e i materiali per i pazienti, impiegati nello studio.
Benché il manuale sia incentrato sul trattamento di pazienti con DBP, credo
possieda anche un potenziale tale da essere adattato ad ulteriori popolazioni di pazienti, diagnosi e setting terapeutici. Analogamente alla ST individuale, mi aspetto
che il modello di STG (basato sui princìpi delineati nel manuale) sia efficace per
pazienti con altri disturbi di personalità, numerosi disturbi di Asse I, e altri problemi cronici che non hanno risposto a trattamenti esistenti. In effetti, la STG sta già
venendo esaminata come potenziale terapia per pazienti con disturbi dell’alimentazione, DP evitante, DP dipendente, DP narcisistico e DP antisociale.
Voglio ringraziare personalmente i numerosi membri della International ST
community che hanno assistito Joan e Ida nel perfezionamento del modello di
STG e del manuale. Tra questi: Arnoud Arntz, Hannie van Genderen e Michiel
van Vreeswijk, dall’Olanda; Poul Perris, dalla Svezia; Heather Fretwell e George
Lockwood, dagli USA; Neele Reiss, dalla Germania. Queste persone hanno dato
il proprio contributo con capitoli del libro che coprono questioni pratiche – tra
cui, la combinazione di ST individuale e di gruppo – e aspetti più teorici – per
esempio, il capitolo sui bisogni e sulla funzione di reparenting esercitata in modo
adattivo. Il libro comprende anche una metanalisi degli studi condotti per valutare l’efficacia della ST in pazienti con DBP, congiuntamente a un capitolo sul
futuro del modello terapeutico di gruppo, di cui sono co-autore.
Raccomando vivamente questo straordinario manuale a tutti i professionisti
di salute mentale che lavorano con le popolazioni di pazienti più complesse, croniche e difficili da trattare, in particolare, a coloro che ricercano un’alternativa
alle terapie esistenti che sia basata sull’evidenza e vantaggiosa sul piano economico. Il libro è una lettura essenziale per professionisti interessati a ST, DBP e
altri disturbi di personalità, terapie di gruppo e nuovi approcci che estendano la
TCC. Stimo Joan e Ida per la disponibilità ad assumersi rischi nell’elaborazione
di un nuovo approccio alla ST veramente creativo e stimolante.
Jeffrey Young PhD
Schema therapy Institute of New York
Columbia University
Department of Psychiatry
X
Gli Autori
Joan Farrell, PhD, e Ida Shaw, MA, sono coloro che hanno sviluppato l’originale modello della Schema therapy di gruppo (STG) e, per venticinque anni, si
sono specializzate nel trattamento del disturbo borderline di personalità (DBP).
L’efficacia della STG è stata dimostrata in uno studio clinico randomizzato, finanziato dal NIMH (National Institute of Mental Health); l’approccio ha poi ricevuto
uno Showcase Award in salute mentale da parte del governatore dell’Indiana. Le
due dottoresse hanno elaborato un programma intensivo per pazienti ricoverati
in un’unità ospedaliera specializzata, dal cui studio pilota si aspettano risultati promettenti. Attualmente, sono formatrici e supervisori principali di un trial
sulla STG condotto in quattordici località distribuite in cinque nazioni, e di cui la
dottoressa Farrell è co-PI insieme al professore Arnoud Arntz. La dottoressa Farrell è poi responsabile della sezione Ricerca e formazione presso il Center for BPD
Treatment e Research (CBPDTeR) della Indiana University School of Medicine –
affiliata al Midtown Community Mental Health Center – nonché professoressa a
contratto di Psicologia alla Indiana University-Purdue University di Indianapolis.
Per venticinque anni è stata “Clinical Professor” nel dipartimento di Psichiatria
della Indiana University School of Medicine, in cui – dal programma di internato
in Psicologia clinica – ha ricevuto l’Outstanding Faculty Contribution Award; ha
inoltre ricevuto gli onori da parte di classi di medici specializzandi in Psichiatria
per i suoi metodi di insegnamento e supervisione relativi al trattamento del DBP.
Ida Shaw, MA, è terapeuta e formatrice di Schema therapy di livello avanzato,
nonché consulente del programma per il CBPDTeR. Grazie all’esperienza maturata in terapia esperienziale e psicologia dello sviluppo, dà il suo contributo alla
STG. Insieme, esse dirigono lo Schema therapy Institute Midwest di Indianapolis
e, da venti anni, fanno formazione in ST e trattamento del DBP a livello internazionale. Hanno pubblicato articoli specialistici, una serie di DVD contenenti
dimostrazioni di STG e capitoli scritti su DBP e STG; sinora, hanno offerto formazione sulla STG a più di trecentocinquanta terapeuti appartenenti a dodici
XI
nazioni diverse. Ricevono giudizi straordinari per i loro metodi di insegnamento
e supervisione: secondo alcune opinioni date, entusiasmo e dimostrazioni da
esse offerti ispirano i terapeuti a cominciare la STG.
Arnoud Arntz, PhD, è professore ordinario di Psicologia clinica e Psicopatologia sperimentale presso la Universiteit Maastricht, nei Paesi Bassi. È poi responsabile scientifico dell’Istituto di ricerca di psicopatologia sperimentale della
stessa università e responsabile del corso di specializzazione in Psicologia clinica che ha luogo nei Paesi Bassi del Sud. È associato come psicoterapeuta al
Maastricht Community Mental Health Center. Era a capo del progetto sul trial
olandese multicentrico che esaminava la ST individuale per pazienti con DBP,
ed è uno dei ricercatori principali dello studio clinico internazionale multisito in
corso sulla STG. È inoltre consulente scientifico e ricercatore, onorario, della International Society of Schema therapy (ISST). Ha pubblicato numerosi articoli su
terapia cognitiva (TC), ST, studi traslazionali concernenti i meccanismi di azione
della psicoterapia e due libri sulla ST.
Heather Fretwell, MD, è medico psichiatra iscritta all’albo. Dirige il programma BASE (Borderline patients Awareness, Skills, and Empowerment) del
Midtown Community Mental Health Center ed è “Clinical Director” del Center
for BPD Treatment e Research della Indiana University School of Medicine, dove
è anche membro di facoltà al dipartimento di Psichiatria e impartisce lezioni su
disturbi di personalità e psicoterapia a medici specializzandi in Psichiatria. Dal
2004, offre formazione in ST individuale e di gruppo con Joan Farrell e Ida Shaw e
ha presenziato a conferenze internazionali. È una dei co-ricercatori dello studio
clinico internazionale, multisito, sulla STG per pazienti con DBP e una dei ricercatori principali nelle proposte di finanziamento statunitensi. Conduce ricerche
continue su trattamento farmacologico e con ST per pazienti affetti da DBP. È
inoltre stata la precedente presidente della Indiana Psychiatry Society.
George Lockwood, PhD, psicologo clinico, è direttore dello Schema therapy
Institute Midwest e uno dei soci fondatori dell’Academy of Cognitive Therapy.
Nel 1982, ha completato una borsa di studio post-dottorato in TC sotto la supervisione di Aaron T. Beck, MD; si è formato negli approcci di psicoterapia psicoanalitica e relazioni oggettuali, ed è in possesso dell’Advanced International
Certification in Schema therapy. Il dottor Lockwood ha dato lezioni di TC e ST
per venti anni e riceve regolarmente giudizi eccellenti. Ha scritto una serie di articoli su TC e ST, ha partecipato allo sviluppo della ST, contribuito al libro “ScheXII
ma therapy. La terapia cognitivo-comportamentale integrata per i disturbi della
personalità”1; attualmente, è in carica presso il Comitato dell’ISST e negli ultimi
venticinque anni ha continuato a esercitare la professione privatamente.
Poul Perris, MD, è direttore del Svenska Institutet för Kognitiv Psykoterapi,
psicoterapeuta autorizzato in possesso dell’Advanced International Certification
in Schema therapy, e ha ricevuto formazione e supervisione dal dottor Jeffrey
Young. È presidente fondatore dell’ISST e attuale presidente della Svenska Föreningen för Kognitiva och Beteendeinriktade Terapier. Ha ricevuto training in STG
da J. Farrell e I. Shaw, ed è membro del comitato per il protocollo di trattamento
nello studio internazionale multisito sulla STG per pazienti con DBP. Offre seminari di formazione e supervisione sulla ST a livello internazionale. Inoltre, fa
parte di un gruppo di ricerca incentrato sui due concetti di bisogni emotivi di
base e limited reparenting.
Neele Reiss, MSc, PhD, psicoterapeuta e psicologa clinica, è direttrice di
programma per il reparto ospedaliero specializzato nella ST somministrata a
pazienti con DBP, presso il Stabsstelle Universitätsmedizin Mainz (Germania).
Possiede l’Advanced International Certification in Schema therapy, ha ricevuto
formazione e supervisione in ST e STG da Jeffrey Young, Joan Farrell, Ida Shaw,
Arnoud Arntz e Gitta Jacob. È formatrice di ST in Germania, Svizzera e Stati Uniti.
Sta attualmente conducendo ricerche sulla ST intensiva per pazienti con DBP, in
cui si ha la combinazione di ST individuale e di gruppo. È altresì autrice di articoli
specialistici e capitoli di libri, scritti in inglese e tedesco.
Hannie van Genderen, Mphil, psicoterapeuta e psicologa clinica, è impiegata presso il Mental Health Center di Maastricht. Dal 1996, riceve formazione
in ST dal dottor Jeffrey Young. Lavora a stretto contatto con il professor A. Arntz
della Universiteit Maastricht, con il quale ha scritto il libro “Schema therapy
per il disturbo borderline di personalità”2. Dal 2009, viene istruita sulla ST per
pazienti con DPB da Joan Farrell e Ida Shaw. Dal 2000, è formatrice e supervisore di ST nei Paesi Bassi. È membro del Comitato dell’ISST (coordinatrice
per Formazione e Certificazioni) e del Comitato dell’Associazione di Schema
therapy olandese.
1
Versione originale inglese: “Schema therapy: A Practitioner’s Guide”
2
Versione originale inglese: “Schema therapy for Borderline Personality Disorder” (Wiley 2009)
XIII
Michiel van Vreeswijk, PhD, è psicologo clinico, psicoterapeuta, terapeuta
cognitivo-comportamentale, supervisore di ST e co-direttore dello studio privato G-Kracht, nei Paesi Bassi. È associato, in qualità di formatore di ST e TCC, a
numerosi istituti che svolgono corsi post-dottorali nei Paesi Bassi. È altresì associato come formatore al RINO-groep. Offre regolarmente seminari di formazione
sulla ST nel Regno Unito, in Germania e durante congressi della ISST. Attualmente, sta conducendo ricerche sulla STG ed è co-ricercatore dello studio clinico internazionale multisito sulla STG per pazienti affetti da DBP. È autore di numerosi
articoli specialistici in inglese e olandese.
Jeffrey Young, PhD, psicologo clinico e psicoterapeuta, è fondatore della ST.
Dirige lo Schema therapy Institute e il Cognitive Therapy Institute di New York.
Inoltre, è membro del dipartimento di Psichiatria della Columbia University, socio fondatore della Academy of Cognitive Therapy e co-fondatore e presidente
onorario dell’ISST. Per oltre un ventennio, il dottor Young ha condotto workshop
formando centinaia di professionisti di salute mentale in tutto il mondo, per
esempio, in: Stati Uniti, Canada, Europa – tra cui, Regno Unito – Australia, Cina,
Corea del Sud, Giappone, Nuova Zelanda, Singapore e Sudamerica. Per le sue
capacità di insegnamento, riceve costantemente giudizi eccellenti a livello internazionale, incluso il prestigioso premio Mental Health Educator of the Year
del NEEI (New England Educational Institute). Il dottor Young è stato co-autore
di due best seller scritti con Janet Klosko, PhD: “Schema therapy. La terapia cognitivo-comportamentale integrata per i disturbi della personalità” – per professionisti di salute mentale – e “Reinventa la tua vita. Scoprite come modificare
voi stessi e liberarvi dalle trappole che vi impediscono di cambiare la vostra vita”,
un libro di autoaiuto per pazienti e pubblico generale. Entrambi i testi sono stati
tradotti, oltre che in italiano, in diverse altre lingue.3
3
Versioni originali inglesi, rispettivamente: “Schema therapy: A Practitioner’s Guide” e “Reinventing your life”
XIV
Ringraziamenti
In primo luogo, vogliamo esprimere la nostra gratitudine alla comunità internazionale di Schema therapy e all’ISST, per averci accolto a braccia aperte in seguito alla nostra presentazione durante la conferenza dell’ISST svoltasi a Coimbra, nel 2008. Dopo il meeting, abbiamo creato amicizie e collaborazioni che
hanno influito significativamente sulle nostre carriere e vite, e che hanno portato
a questo libro. Ringraziamo Arnoud Arntz per averci guidato nella ricerca e dato
il suo personale supporto e amicizia, e Jeff Young per le idee stimolanti, origine di
dibattiti, e il suo sostegno e incoraggiamento. La nostra cara amica e collega Heather Fretwell si immerse coraggiosamente nella quantità di materiali per pazienti
che abbiamo accumulato in venti anni, e diede avvio all’organizzazione poi confluita nell’eserciziario per pazienti che accompagna il manuale. Neele Reiss, stimata collaboratrice e amica, lesse numerose bozze del manoscritto e lavorò diligentemente con Joan agli scritti iniziali. Poul Perris diede il suo contributo lungo
il processo di scrittura, offrendo esercizi esperienziali importanti nonché la sua
amicizia. Ci sono numerose altre persone da ringraziare per il sostegno e la collaborazione forniti: Marco Nill, Friederike Vogel, Hannie van Genderen, Gerhard
Zarbock (il cui intenso incoraggiamento ci ha aiutato a terminare il libro), Wendy
Behary, Christoph Fuhrhans, Vartouhi Ohanian e Klaus Lieb. Nel 2009, Gitta Jacob e Eckhard Roediger promossero la stesura del capitolo sulla STG per il loro
“Handbook of Schema therapy”, da cui ebbero origine gli scritti che portarono
al presente volume. Oltre a questi, esprimiamo la nostra gratitudine all’altro autore che ha contribuito al testo con un suo capitolo, Michiel van Vreeswijk, e ai
curatori della Wiley – Darren Reed e Karen Shields. Ringraziamo di cuore George
Lockwood, che ci ha spinto a partecipare al meeting di Coimbra, accolto nella
comunità della ST e invitato a far parte del ST Institute Midwest da lui fondato.
George è stato un appoggio sotto molti aspetti: lesse numerose bozze; fece da
teorico ‘cassa di risonanza’ per Joan; con Ida, offrì collaborazioni creative e, con
Joan, amicizia e sostegno.
XV
Riserviamo un ringraziamento speciale a Gerhard Zarbock e all’IVAH (Institut für Verhaltenstherapie-Ausbildung Hamburg), che ha prodotto e finanziato
la serie di DVD dimostranti gli interventi presentati nel manuale. Siamo grate
a Vivian Rahn e Nana Novosad per avere diretto e curato i DVD e gli ‘attori’ di
Schema therapy, quelli già citati in precedenza e Christine Zens, Eva Fassbinder,
Niclas Wedemeyer e Brigitte Haaf che hanno interpretato (molto bene) la parte
dei pazienti con DBP. Ringraziamo altresì per i contributi economici fornitici nel
corso di sviluppo e analisi della STG da: National Institute of Mental Health, Association for the Advancement of Mental Health Research dei dottori Joyce e Iver
Small e Clarian Health. Esprimiamo la nostra gratitudine ai primi sostenitori del
nostro lavoro, che sono stati disponibili a scontrarsi con cambiamenti radicali e
opposizioni incontrati durante l’implementazione di un nuovo metodo di lavoro
con pazienti affetti da DBP: Diana Haugh, John Mitchell, Jeffrey Kellams, Alan
Schmetzer e Vicki Silver.
I terapeuti che si sono formati con noi hanno dato importanti contributi al
manuale terapeutico: in effetti, insegnare ci ha forzato a rendere espliciti e chiari
i modi in cui pratichiamo la Schema therapy di gruppo. Essi hanno altresì condiviso idee creative e feedback, grazie ai quali si è migliorato il modello di training.
Più di tutti, ringraziamo i nostri pazienti, i quali ci hanno insegnato sia quello
che ci occorreva capire riguardo alle loro necessità e lotte, sia ciò che funzionava per aiutarli: il gruppo creativo, impegnato, di talento e talvolta difficile, di
persone con disturbo borderline di personalità. Sono rimasti costantemente con
noi per tutto il ‘gruppo dell’inferno’ – quando stavamo verificando per la prima
volta le nostre idee sul trattamento – e hanno continuato a fidarsi di noi lungo i
ventisette anni di sviluppo dell’approccio qui presentato. Il manuale terapeutico
è dedicato a loro.
Joan Farrell e Ida Shaw
XVI
1
Introduzione
Joan M. Farrell e Ida A. Shaw
Il manuale presenta una guida, passo dopo passo, per la Schema therapy di
gruppo (STG) con pazienti affetti da disturbo borderline di personalità (DBP), insieme a una raccolta di dispense, esercizi di gruppo e compiti per casa da impiegare con i pazienti. Si tratta del risultato ottenuto da Farrell e Shaw in venticinque
anni di lavoro finalizzato allo sviluppo di un trattamento psicoterapico efficace
e completo per questo gruppo di pazienti gravemente affetti da disabilità e il cui
potenziale – in termini di qualità della vita – non è stato tristemente realizzato. La
collaborazione delle autrici ha unito la formazione di Farrell negli approcci terapeutici cognitivo, del costrutto personale, di apprendimento sociale e psicodinamico con la preparazione di Shaw negli approcci della psicologia dello sviluppo
ed esperienziale, tra cui, terapia della Gestalt e bioenergetica: è nato così un modello integrativo di terapia di gruppo per pazienti con DBP. L’approccio iniziale
delle autrici si era fondato sull’osservazione in base alla quale i pazienti affetti da
DBP non si adattavano facilmente alla psicoterapia tradizionale. Per esempio, i
pazienti con cui si trovavano a lavorare provavano un disagio eccessivo per riuscire a rimanere in studio a seguire una seduta di cinquanta minuti: sperimentavano episodi dissociativi o fuggivano. Nel tentativo di affrontare i comportamenti che interferivano con la terapia, Farrell e Shaw stabilirono come primo obiettivo del programma terapeutico iniziale la riduzione del disagio. I pazienti furono
poi in grado di ridurre il disagio abbastanza da rimanere in seduta, ma non impiegavano le tecniche al di fuori degli incontri. Questo fatto venne interpretato
come incapacità di riconoscere i livelli di disagio pre-crisi, il punto cioè in cui è
possibile utilizzare la riduzione del disagio in maniera più efficace. In contemporanea, Lane e Schwartz (1987) pubblicavano un articolo in cui presentavano
la propria teoria dei “livelli di consapevolezza emotiva”, che postulavano essere
paralleli ai livelli di sviluppo cognitivo di Piaget. Tale teoria concordava con l’osservazione clinica di pazienti con DBP che mostravano i primi livelli di consapevolezza emotiva: nel migliore dei casi, il livello globale in cui le emozioni sono
1
vissute come estremi generali di buono e cattivo. Questo costrutto corrisponde
al pensiero dicotomico osservato nel DBP. Il secondo obiettivo di Farrell e Shaw
divenne pertanto l’incremento dei livelli di consapevolezza emotiva presentati
dai pazienti, in modo che questi fossero in grado di riconoscere il disagio precrisi. Raggiungere tale obiettivo richiedeva l’utilizzo di tecniche esperienziali, tra
cui alcune a livello di consapevolezza cinestetica. Gli interventi sulla consapevolezza sono conformi alla Schema therapy (ST) e continuano a far parte del trattamento descritto nel manuale. Sfortunatamente, Farrell e Shaw riscontrarono
che persino dopo che i pazienti erano capaci di accorgersi del disagio pre-crisi, al
di fuori della terapia non impiegavano ancora la gestione del disagio o le strategie di coping insegnate loro. Servendosi di un approccio pratico e collaborativo,
le autrici chiesero ai pazienti: «Perché?». La risposta ricevuta fornì loro il terzo
obiettivo del programma iniziale: il cambiamento degli schemi. Le risposte dei
pazienti erano, infatti, una qualche forma di: «Sono cattivo e merito di ricevere
una punizione, quindi sarebbe sbagliato fare qualcosa di buono per me stesso» o
«Sono impotente e la vita non ha speranza, perché provare allora?».
Giunti più o meno a questo punto, veniva pubblicato il primo libro di Jeffrey
Young (1990). Per Farrell e Shaw divenne allora chiaro che un’altra persona si
stava scontrando con gli stessi dilemmi cui esse si trovavano davanti rispetto ai
pazienti borderline, e che cercava di adattare il trattamento ai pazienti piuttosto
che il contrario. Identificarono le analogie nel modello teorico e il tentativo di
integrare interventi cognitivi, comportamentali ed esperienziali in ciò che Young
stava chiamando “terapia focalizzata sugli schemi”. Sebbene Farrell e Shaw non
utilizzassero lo stesso termine, il loro approccio assegnava, sin dal principio,
un’attenzione particolare al limited reparenting: le due autrici individuarono infatti sia deficit dell’apprendimento emotivo iniziale e attaccamento non riuscito
nei pazienti con DBP, sia la necessità di adattare la psicoterapia tradizionale per
fronteggiare tali deficit. Il primo nome che diedero al gruppo di lavoro fu “training sulla consapevolezza emotiva”; pubblicarono un articolo al riguardo nel
primo numero di “Cognitive and behavioral practice” (Farrell e Shaw, 1994).
Il primo programma di trattamento del DBP per il quale Farrell e Shaw scrissero un manuale conteneva tre obiettivi per i pazienti: 1) sviluppare tecniche
di gestione del disagio e piano di auto-consolazione personalizzati ed essere in
grado di utilizzarli in maniera efficace; 2) essere capaci di riconoscere livelli precrisi di disagio e agire in quel momento; 3) essere abbastanza liberi da schemi
maladattivi da riuscire ad attuare gli obiettivi 1) e 2). Il terzo obiettivo era il più
complicato in quanto, al pari di Young (1990), Farrell e Shaw impiegavano una
definizione di schemi maladattivi che richiedeva cambiamenti non solo a livello
2
cognitivo, ma anche a livello emotivo. Il programma di trattamento di gruppo
originale si componeva di trenta sedute di gruppo di novanta minuti ciascuna,
da svolgere una volta a settimana; il programma fu ideato per essere complementare a sedute di psicoterapia individuale. Il programma venne esaminato in
uno studio clinico controllato, randomizzato (RCT) finanziato dal National Institute of Mental Health (NIMH): in esso, si confrontavano trattamento di routine
(Treatment as usual, TAU) di psicoterapia individuale (non ST, ma piuttosto terapia cognitivo-comportamentale [TCC] o psicodinamica) e TAU più STG. Il trial
venne condotto dal 1991 al 1995 ed è riportato in Farrell, Shaw e Webber (2009).
A tutti i pazienti fu richiesto di essere stati per almeno sei mesi in psicoterapia
individuale (TAU) e di continuare la stessa lungo il corso dello studio e per il
periodo di follow-up di sei mesi. Sostanzialmente, dunque, tutti i pazienti ricevettero almeno venti mesi di psicoterapia individuale fornita settimanalmente;
di essi, la metà partecipò al programma esaminato, ricevendo dunque le trenta sedute aggiuntive di gruppo previste. I risultati mostrarono alcune delle più
grandi dimensioni dell’effetto pubblicate per uno studio di psicoterapia (risultati
descritti con maggiori dettagli da Arntz, nel capitolo 12 – Revisione sistematica
della Schema therapy per DBP).
Lo sviluppo successivo nel modello di STG si ebbe nel 2003, allorché una collega (Fretwell, co-autrice del capitolo 10, medico specializzando in Psichiatria
con Farrell nel ruolo di supervisore di psicoterapia) partecipò a un seminario
con Young e riportò notizie circa un passo avanti effettuato nella ST: gli schema
mode. I mode sono definiti come stati emotivi, cognitivi e comportamentali in
cui una persona si trova in un dato momento. L’inclusione del concetto di mode
integrò ulteriormente le emozioni nella comprensione e nel trattamento dei pazienti affetti da DBP. L’idea che gli schema mode siano scatenati da eventi vissuti
dai pazienti come altamente emozionali e che possano mutare rapidamente –
risultando poi in cambiamenti improvvisi di comportamento o reazioni apparentemente sproporzionate che affliggono i pazienti con DBP – è di aiuto sia a
terapeuti sia a pazienti nella comprensione della loro esperienza e nei modi in
cui intervenire in terapia verso il cambiamento. Il modello dei mode cattura i sintomi del DBP in un linguaggio facile e comprensibile per i pazienti. Individuare i
mode in cui si trovano i pazienti fornisce anche i punti su cui focalizzare l’attenzione relativamente al tipo di risposta che si richiede ai terapeuti (per es., validazione versus confronto empatico o fissazione di limiti). Il concetto di mode fu
particolarmente importante per la psicoterapia fornita a pazienti affetti da DBP
con un alto riconoscimento di quasi tutti i diciotto schemi maladattivi. Incentrarsi su quattro o cinque mode è invece meno opprimente tanto per i pazienti
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quanto per i terapeuti. Farrell e Shaw incorporarono prontamente l’innovazione
di Young nel loro gruppo di lavoro, in cui risultava particolarmente utile allorché
passarono a sviluppare una versione intensiva del programma di STG per pazienti ospedalizzati con DBP grave. Il programma intensivo incorporava il modello degli schema mode per DBP elaborato da Young, Klosko e Weishaar (2003),
adattato alla somministrazione di gruppo. Studi pilota non controllati condotti
in un’unità ospedaliera composta da soli pazienti con DBP dimostrarono grandi
dimensioni dell’effetto del trattamento per questo programma di durata superiore (Reiss, Lieb, Arntz, Shaw e Farrell, 2013). Nell’originale modello intensivo, i
pazienti ricevevano dieci ore di STG e una di ST individuale a settimana, con una
media di permanenza ospedaliera di diciotto settimane e, quindi, un totale di
centottanta ore di terapia di gruppo e diciotto di terapia individuale. Ciò equivale
approssimativamente a un anno di trattamento ambulatoriale: due ore di STG a
settimana e diciotto sedute individuali, per un anno. È ancora da determinare
se si debba fornire la STG in una forma concentrata in regime di ricovero o day
hospital, o nel formato di psicoterapia tradizionale ambulatoriale lungo l’arco di
un anno.
Quando incontrarono Young e Lockwood nel 2006, Farrell e Shaw si resero
conto di avere sviluppato una versione di gruppo della ST. Nel 2008, insieme a
Fretwell, presentarono al congresso annuale dell’ISST i risultati del RCT condotto in setting ambulatoriale e quelli dello studio pilota realizzato in regime ospedaliero (Farrell, Fretwell e Shaw, 2008). La presentazione le mise in contatto con
Arntz, che stava progettando un trial sulla ST in formato di gruppo. Ne derivò
una collaborazione tesa allo sviluppo di uno studio clinico internazionale, multicentrico, sul modello di STG di Farrell e Shaw, condotto in quattordici località di
cinque nazioni con 448 pazienti affetti da DBP. Il manuale terapeutico è anch’esso frutto del congresso dell’ISST, nel quale si formò un gruppo di lavoro che mirava alla creazione di un protocollo di trattamento per lo studio presieduto da
Farrell, con la partecipazione di Shaw e altri terapeuti senior di ST provenienti da
quattro nazioni diverse: Arnoud Arntz, Hannie van Genderen, Michiel van Vreeswijk – Paesi Bassi; Poul Perris – Svezia; Heather Fretwell, George Lockwood,
Jeffrey Young; USA; Neele Reiss – Germania.
Il protocollo di trattamento e il presente volume ebbero dunque origine dalla
condivisione di Farrell e Shaw dell’originale modello terapeutico di gruppo nonché del manuale (Farrell e Shaw, 1994; Farrell, Shaw e Webber, 2009), con il gruppo di lavoro. Avvalendosi dei feedback che il gruppo di lavoro forniva dopo avere
eseguito revisioni di bozze e osservato dimostrazioni di STG durante i seminari
di formazione, vennero sviluppati schemi dettagliati sulla STG in merito a: obiet4
tivi, fasi e compiti dei terapeuti. Tali schemi furono straordinariamente utili nei
tentativi di Farrell e Shaw di rendere esplicita la pratica di STG per il manuale,
pratica che – dopo venticinque anni di esercizio – è implicita nei modi in cui
esse attuano la STG. Il gruppo di lavoro diede il suo contributo per un manuale
terapeutico di STG completo, integrando capitoli aggiuntivi tratti dalle rispettive
aree di competenza. Scambi di opinioni con Jeffrey Young e generosi input da
esso forniti sull’adattamento della ST per la modalità di gruppo sono risultati
ampiamente vantaggiosi. George Lockwood e Neele Reiss furono instancabili nel
curare numerose bozze. Come sempre, Arnoud Arntz è stato di grande supporto,
in tutti i modi. Il processo di scrittura del manuale riflette il complessivo stile
collaborativo e integrativo della ST quale approccio a psicoterapia e vita.
La sfida: realizzare un manuale che rappresenti la flessibilità della Schema
therapy
Caratteristica essenziale della pratica della ST è che l’intervento dei terapeuti
sia idoneo ai mode in cui si trovano i pazienti. Questo esige una notevole flessibilità
da parte dei terapeuti di ST, contrariamente a quanto richiesto in approcci più disciplinati mirati all’insegnamento di abilità, tra cui la TCC. Condurre ST in gruppo
esige una flessibilità persino maggiore, in quanto si cerca di accordare i mode di
otto individui e di una ‘nona persona’: il gruppo nel suo insieme. Inoltre, i terapeuti
di gruppo devono sfruttare i fattori terapeutici unici che si suppone accrescano o
catalizzino i principi attivi della ST (Farrell, Shaw e Webber, 2009) e superino ulteriori problemi presenti nella modalità di gruppo. Questi elementi critici richiedono al manuale terapeutico e ai materiali per pazienti sulla STG di essere flessibili e
permettere l’adeguamento delle combinazioni dei mode in cui si trova il gruppo,
attimo per attimo. Per contro, i pazienti affetti da DBP sono abitualmente cresciuti
con i normali bisogni infantili di prevedibilità, struttura supportiva e sicurezza non
soddisfatti. Di conseguenza, oltre a essere flessibili e cogliere le opportunità che
si presentano per fare uso degli aspetti curativi del processo di gruppo, incontri
di gruppo con ST efficaci per questi pazienti hanno anche bisogno di una certa
quantità di struttura e prevedibilità. Requisito successivo per un manuale di STG è
che fornisca struttura e informazioni sufficienti, in modo che i terapeuti che la impiegano possano soddisfare i requisiti di aderenza. Per essere in grado di validare
empiricamente un trattamento in studi clinici di ricerca, l’aderenza costituisce un
fattore decisivo. L’aderenza a un modello terapeutico è anche ciò che permette di
replicare, in setting clinici, i risultati positivi ottenuti dagli ideatori dello stesso. Con
5
l’aiuto di alcuni terapeuti senior di ST di tutto il mondo, si è cercato di raccogliere
tutte queste sfide e requisiti all’interno del manuale. Il nostro progetto è quello di
avere un manuale che offra struttura e prevedibilità sufficienti affinché i pazienti
si sentano al sicuro e sia possibile avere un’adeguata aderenza nella somministrazione del trattamento e che provveda anche al bisogno di adeguare gli interventi ai
mode dei pazienti nonché fare attenzione al processo di gruppo e alle opportunità
che si presentano in esso, così da sfruttarne i fattori terapeutici.
Capitoli del manuale
La sezione del manuale incentrata sui metodi comincia da una breve descrizione della ST, ciò che resta immutato nella STG e ciò che cambia allorché la ST è
eseguita in gruppo. Questo include una discussione sugli adattamenti al limited
reparenting richiesti dal modello di gruppo, nonché su: sviluppo del modello di
squadra di co-terapeuti per il trattamento del DBP, adattamento delle tecniche di
ST individuale al gruppo, descrizioni degli interventi da utilizzare per ognuno dei
mode del DBP più frequenti e modi per prendere in considerazione la fase in cui
si trova il gruppo, tutti elaborati da Farrell e Shaw. I primi nove capitoli, scritti da
Farrell e Shaw, intendono fornire una guida, passo dopo passo, per la conduzione della STG. La sezione è integrata da materiali per pazienti, disponibili online.
I materiali per pazienti che accompagnano il volume (Capitolo 9) sono stati
scelti da una raccolta ultraventennale di materiali, originariamente sviluppata
da Farrell e Shaw. Tutti questi materiali sono stati verificati in gruppi di pazienti
con DBP e modificati e perfezionati basandosi su commenti e input da essi ricevuti e su dibattiti successivi alle sedute avuti con gli stessi. Tali materiali vengono
utilizzati come protocollo del trial internazionale multisito sulla STG attualmente in corso in Paesi Bassi, Germania, USA, Scozia, Australia. I terapeuti saranno
in grado di scegliere: esercizi, dispense e compiti per casa del manuale a seconda
degli obiettivi su cui sono incentrati; gli incarichi da assegnare e gli esercizi che
si adattano meglio ai mode del gruppo; e la fase di trattamento in cui si trova
il gruppo. I pazienti possono accumulare i materiali selezionati per loro in un
eserciziario, che sarà unico per il proprio gruppo di ST. I professionisti nuovi alla
ST possono attenersi rigorosamente all’ordine delle sedute consigliato, insieme
ai corrispondenti materiali per pazienti; terapeuti esperti di ST, invece, possono creare il proprio ordine di preferenza. Terapeuti cognitivi possono provare gli
esercizi esperienziali forniti e terapeuti esperienziali possono impiegare tecniche cognitive e comportamentali offerte anch’esse nel manuale. I terapeuti di
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gruppo che non abbiano ricevuto una formazione nella ST possono esaminare il
modello concettuale e provare gli esercizi di gruppo sviluppati per pazienti con
DBP e verificati sugli stessi.
I capitoli che vanno dal 10 al 13 affrontano altre importanti applicazioni e questioni concernenti la STG. Nel capitolo 10, si discute delle questioni implicate nella
combinazione di ST individuale e di gruppo, con esempi di caso forniti da van Genderen, Lockwood, van Vreeswijk, Farrell e Reiss. Considerato l’importante ruolo rivestito dall’approccio di squadra per la coordinazione delle due modalità, il capitolo
include anche il tema della supervisione tra pari. Il capitolo 11, scritto da Perris e
Lockwood, tratta del ricorso ai bisogni emotivi quale ambito per gli interventi di reparenting adattivo attuati dai terapeuti. Gli autori assumono persino di più l’assioma
di adeguarsi ai mode, con descrizioni pratiche di come appaia il reparenting eseguito
in modo adattivo a seconda di schemi e bisogni. Nel capitolo 12, il leader riconosciuto della ricerca in ST – Arntz – descrive l’efficacia della ricerca per la STG.
Occorre ricordare che il manuale tratta della STG di cui necessitano pazienti
con DBP. Le varie tecniche e lo stile di reparenting descritti nel manuale affrontano mode, bisogni sottostanti e livelli di sviluppo di pazienti affetti da DBP in vari
stadi, all’interno di processi terapeutici inclusi tra diciotto e ventiquattro mesi.
Saranno adatti anche a pazienti simili in queste tre dimensioni, che presentino o
meno una diagnosi di DBP. Pazienti con disturbi diversi avranno differenti serie
di bisogni a vari livelli di sviluppo, e la STG può essere modificata di conseguenza. Principio sottostante di ogni ST è che gli interventi devono accordarsi a pazienti e relativi mode. È possibile, per esempio, che a un gruppo di pazienti più
sano e funzionale occorra un gruppo di pari, in cui buona parte della funzione di
reparenting è eseguita dal gruppo stesso sotto la guida di un terapeuta, piuttosto
che una ‘famiglia surrogata’ e due co-terapeuti a condurre. Nel capitolo 13, Reiss,
Farrell, Arntz e Young discutono circa l’applicazione del modello di STG ad altri
gruppi di pazienti e ciò che considerano il futuro della STG.
Young ha descritto la STG come terzo stadio nello sviluppo della ST (Roediger,
2008). Il terzo stadio non rappresenta solo un’innovazione riguardo ai contenuti
della ST: è stato anche uno degli stimoli principali per la collaborazione internazionale mirata all’ulteriore sviluppo e diffusione della ST. Il modello di gruppo
della ST possiede importanti potenzialità di successo sul dilemma della sanità
pubblica dei nostri tempi: un metodo per rendere ampiamente disponibile un
trattamento basato sull’evidenza per il DBP (e, potenzialmente, altri gravi disturbi). Analogamente alla ST, ci si aspetta che il modello della STG sviluppato da
Farrell e Shaw venga adattato efficacemente ad altri disturbi di personalità e di
Asse I e a problemi cronici che non hanno risposto ad altri trattamenti.
7
2
Modello concettuale alla base della
Schema therapy di gruppo
Joan M. Farrell e Ida A. Shaw
Il modello di Schema therapy di gruppo (STG) esposto nel presente volume
è conforme a teoria, componenti di trattamento e obiettivi delineati da Young,
Klosko e Weishaar (2003) per la Schema therapy (ST) individuale, e alla pubblicazione – a opera di Arntz e van Genderen (2009) – del protocollo di trattamento ottenuto dallo studio clinico di successo condotto nei Paesi Bassi (GiesenBloo et al., 2006). Si riassume qui, brevemente, il modello concettuale della ST
per il disturbo borderline di personalità (DBP); per informazioni circa ulteriori
elaborazioni del modello individuale della ST e relative applicazioni, si prega
di fare riferimento ai volumi sopra indicati. La ST è un trattamento integrativo
che poggia le sue radici nella terapia cognitiva (TC), nella teoria dell’apprendimento e nelle ricerche nell’ambito della psicologia dello sviluppo. La ST è cresciuta grazie agli sforzi di Young e collaboratori finalizzati a fornire trattamenti
dotati di maggiore efficacia sia a pazienti con disturbi di personalità sia a coloro che non rispondevano alla TC tradizionale o erano soggetti a ricadute. Come
suggerisce il nome stesso, il focus della ST è a livello di schemi. Ciò comporta
un passaggio da questioni attuali a pattern di tutta una vita, un adattamento
necessario per lavorare con i disturbi di personalità. La ST si basa su una teoria
unificante e su un approccio strutturato e sistematico. I concetti di cui si compone hanno una qualche sovrapposizione con TC, psicoterapia psicodinamica, teoria delle relazioni oggettuali e psicoterapia della Gestalt, ma differiscono anche dalle stesse in importanti aspetti, e non presentano sovrapposizione
totale con nessun altro modello. Gli obiettivi della ST vanno oltre l’insegnamento di abilità comportamentali, includendo l’intervento fondamentale del
cambiamento di personalità. Si tratta di un cambiamento che, in base alla sua
concettualizzazione, implica la riduzione dell’intensità degli schemi maladattivi che scatenano sia emozioni dalla regolazione ridotta o eccessiva sia stati di
azione denominati mode. Si ritiene che provocare tali stati intensi interferisca
con l’uso delle capacità di coping adattivo e interpersonale da parte dei pa9
zienti, capacità che permetterebbero loro di realizzare il proprio potenziale e
migliorare la qualità della vita.
Ipotesi di eziologia del DBP secondo la ST: la figura 2.1 sintetizza il modello
riguardante l’eziologia del DBP presupposta dalla ST. Quando, durante l’infanzia, i bisogni normali connessi a uno sviluppo sano non vengono soddisfatti, si
sviluppano schemi maladattivi. Gli schemi maladattivi sono costrutti psicologici
che includono credenze riguardo se stessi, il mondo esterno e gli altri, risultanti
dall’interazione tra bisogni infantili di base non soddisfatti, temperamento innato e ambiente circostante iniziale. Si compongono di ricordi, sensazioni fisiche,
emozioni e cognizioni originatisi durante l’infanzia e sviluppatisi nel corso della
vita. Di frequente, in età infantile, gli schemi svolgono un ruolo adattivo (per es.,
in termini di sopravvivenza in situazioni di abuso: contrariamente all’essere imperfetti in età adulta, per i bambini credere di essere imperfetti è fonte di magFigura 2.1 Modello della Schema therapy. Eziologia dei disturbi di personalità
Bisogni infantili di base
Sicurezza
“Base stabile”, prevedibilità, amore,
accudimento e attenzione, accettazione e
approvazione, empatia, guida e protezione,
validazione di sentimenti e bisogni
capovolgimento
dei mode
DISTURBI di
personalità
10
Bisogni non soddisfatti
nell’ambiente dell’infanzia
SvilupPo degli schemi
Abbandono, sfiducia/abuso,
deprivazione emotiva,
inadeguatezza/vergogna,
esclusione sociale, fallimento,
ricerca di approvazione,
standard severi, etc.
mode bambino innati
Vulnerabile, arrabbiato,
impulsivo/indisciplinato
mode genitore
disfunzionale
Punitivo, esigente
modalità di coping
maladattivi
Protettore distaccato,
ipercompensatore,
arreso compiacente
giori speranze). Benché mantenuti con forza e spesso non a livello di consapevolezza cosciente, da adulti, gli schemi maladattivi sono inesatti, disfunzionali e
limitanti. In pazienti con disturbi di personalità, sono stati individuati diciotto
schemi maladattivi precoci (SMP) (Young, 1990; Young, Klosko e Weishaar, 2003).
I quindici originali sono strutturati attorno a quattro aree tematiche: I. Distacco
e rifiuto; II. Mancanza di autonomia e abilità; III. Mancanza di regole; IV. Aspettative eccessive. I tre aggiunti di recente – Negatività, Punizione e Ricerca di approvazione e riconoscimento – non sono inclusi nella tabella 2.1, in quanto non
esiste ancora una base empirica che ne attesti collocazione o esistenza come fattori distinti.
Tabella 2.1 Schemi organizzati per dominio
Distacco e rifiuto
(Legame e accettazione)
Mancanza di autonomia e abilità
(Autonomia e abilità)
Sfiducia/abuso
Dipendenza/incompetenza
Deprivazione emotiva
Vulnerabilità a pericolo e malattia
Inadeguatezza/vergogna
Invischiamento/Sé poco sviluppato
Esclusione sociale/alienazione
Abbandono/instabilità
Inibizione emotiva
Sottomissione
Mancanza di regole
(Regole adeguate)
Fallimento
Aspettative eccessive
(Aspettative realistiche)
Pretese
Autosacrificio
Autocontrollo insufficiente
Standard severi
Quando gli schemi maladattivi sono scatenati, si manifestano stati intensi
descritti nella ST come schema mode. Gli schema mode sono definiti come stati
emotivi, cognitivi e comportamentali in cui una persona si trova in un dato momento. Mode disfunzionali si verificano più frequentemente allorché vengono
scatenati schemi maladattivi multipli. Le quattro categorie base dei mode sono
delineate nella tabella 2.2.Si ritiene che i mode Bambino primari (Bambino vulnerabile, Bambino arrabbiato, Bambino impulsivo) si sviluppino quando i bisogni
emotivi di base (tra cui, sicurezza, accudimento, o autonomia) non sono adeguatamente soddisfatti durante l’infanzia. Questi mode Bambino innati si caratterizzano per sentimenti intensi come paura, impotenza, o rabbia e comportano le reazioni innate tipiche dei bambini. I mode Genitore disfunzionale (Genitore punitivo
o Genitore esigente) compongono la seconda categoria dei mode.
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Tabella 2.2 Schema mode: ruolo nel DBP, relazione con i sintomi del DBP
Mode Bambino
Bambino vulnerabile
Sperimenta sentimenti intensi,
dolore e paure emotivi, che diventano opprimenti e portano a
capovolgimenti in modalità di coping maladattive identificate come
ulteriori sintomi del DBP
Bambino arrabbiato
Sfoga la rabbia in risposta alla
sensazione che i propri bisogni di
base non siano soddisfatti o che
abbia subìto trattamenti ingiusti
Bambino impulsivo
Agisce impulsivamente in base a
immediati desideri di ricevere gratificazione, senza curarsi di limiti o
dei bisogni degli altri (non è legato
ai bisogni primari)
Modalità di coping maladattive
Evitamento
Allontana gli altri, rompe i legami,
presenta ritiro emotivo, si esclude,
evita
Ipercompensazione
Presenta uno stile di coping di
contrattacco e controllo.
Ruolo nel DBP
Sintomi del DBP correlati
Sentimenti intensi, spiacevoli:
dolore e paure emotivi diventano
opprimenti e portano a capovolgimenti in modalità di coping maladattive identificate come ulteriori
sintomi del DBP
Paure di abbandono, reale o
immaginario
Fonte di problemi con altre
persone: dal momento che la
rabbia non riguarda solo cause
scatenanti presenti, è spesso
considerata inappropriata e male
interpretata
Rabbia intensa e inappropriata
Fonte anch’esso di problemi
interpersonali, di lavoro e giuridici. Azioni generalmente – o
potenzialmente – dannose per
se stesso
Difficoltà nel controllo della
rabbia
Relazioni interpersonali burrascose
Reattività emotiva
Autolesionismo
Impulsività potenzialmente dannosa per sé
Senso del Sé instabile
Il più comune in un continuum
che va dalla ‘testa tra le nuvole’ a
grave dissociazione o ritiro fisico.
Si può trovare nella forma in cui
allontana gli altri con rabbia.
Senso di vuoto
Dissociazione
Identità instabile
Protettore arrabbiato
Comune: mode Prepotente e
aggressivo
Rabbia intensa e inappropriata
Difficoltà a controllare la rabbia
Talvolta, semi-adattivo
(la tabella segue nella pagina successiva)
12
(segue dalla pagina precedente)
Resa
Si caratterizza per accondiscendenza e dipendenza – rinuncia ai
propri bisogni per gli altri, cerca di
assecondare gli altri
Mode Genitore disfunzionale
Punitivo
Limita, critica e punisce se stesso
e gli altri
Esigente
Stabilisce aspettative e livelli di
responsabilità elevati, fa pressioni
sul Sé e sugli altri per raggiungerli
Mode sani
Ruolo nel DBP
Sintomi del DBP correlati
Comune, passa spesso inosservato in quanto può capovolgersi
rapidamente in Ipercompensazione
Senso del Sé instabile
Molto comune, può essere fonte
di autolesionismo o tentativi di
suicidio
Gesti suicidi o tentativi di suicidio
Anch’esso comune, causa di
sensazione di inadeguatezza e
senso del Sé instabile
Gesti suicidi o tentativi di suicidio
Poco sviluppato
Identità instabile
Adulto
Capace di soddisfare i bisogni in
modo sano
Senso di vuoto
Senso del Sé instabile
Senso di vuoto
Spesso inesistente
Identità instabile
Senso di vuoto
Bambino felice
Si sente amato, connesso, contento
Capovolgimento dei mode
Frequente, estenuante, appare
“strano” e disorientante a se stesso e agli altri
Può spiegare instabilità in affetto,
comportamento, rapporti interpersonali, identità
Episodi psicotici transitori
Reattività emotiva
Identità instabile
Stati psicotici legati allo stress
I mode Genitore disfunzionale riflettono l’interiorizzazione degli aspetti negativi delle figure di attaccamento (per es., genitori, insegnanti, coetanei) avvenuta
durante infanzia e adolescenza. Con l’etichetta ‘Genitore’ non si intende colpevolizzare i genitori per i sintomi del DBP. I genitori hanno i propri problemi legati a schemi mode; è in≤oltre possibile che presentino deficit nelle cure genitoriali ricevute
e, di conseguenza, scarse capacità genitoriali. In base a una revisione attuata da
Zanarini e Frankenburg (2007), in alcune ricerche sono emersi tassi elevati di abuso
sessuale: 40%-70%, a seconda dello studio. Herman, Perry e van der Kolk (1989)
riscontrarono che l’81% di pazienti cui era stato diagnosticato il DBP riporta abusi
fisici, sessuali o emotivi subiti in età infantile da parte di caretaker significativi. Lob13
bestael, Arntz e Sieswerda (2005) e Arntz, Klokman e Sieswerda (2005) esaminarono la relazione empirica esistente tra schema mode e abusi sessuali subiti durante
l’infanzia. Temperamento e ambiente in cui si trascorre l’infanzia interagiscono per
generare i mode dei pazienti con DBP. Invece del tradizionale modello diatesi-stress
impiegato nella maggior parte degli approcci terapeutici (per es., TDC) e nel quale
lo stress incide sulle vulnerabilità basate sul temperamento, tuttavia, la ST considera l’interazione relativamente al modello di plasticità o suscettibilità differenziale. In base a tale modello, pazienti con DBP possiedono qualità – come sensibilità
e reattività considerevoli – che possono dare esiti assai negativi quando esposti a
cure genitoriali dannose o prive di sensibilità, e risultati eccezionalmente buoni in
contesti in cui i genitori sono altamente responsivi e accudenti (Lockwood e Perris,
2012). Qualunque sia la ragione che ne sta alla base, si ipotizza che un attaccamento inadeguato o insicuro sia causa di disregolazione emotiva in persone con DBP.
Quando i pazienti si trovano in un mode Genitore disfunzionale, sperimentano sentimenti di auto-svalutazione e odio di sé e/o si fanno pressioni estremamente forti.
Può darsi che questi sentimenti siano diretti anche ad altri, vale a dire: la persona
che si trova nel mode Genitore punitivo ha un atteggiamento punitivo e giudicante
nei confronti degli altri così come, o al posto, di se stessa.
Una terza categoria di mode è costituita da modalità di coping disfunzionali,
caratterizzate per un uso eccessivo di stili di coping malsani (attacco – Ipercompensazione; fuga – Evitamento; immobilità – Resa). Tutte hanno lo scopo di proteggere il mode Bambino vulnerabile da sofferenza, ansia, o paure ulteriori. Esse
inoltre agiscono prima e al principio della terapia, senza una scelta consapevole.
Le modalità di coping disfunzionali introducono il concetto di meccanismi di
difesa, un concetto prima mancante nella TC, e consentono di comprendere meglio i disturbi di personalità. Lo stile di coping di Ipercompensazione comprende
i mode nei quali una persona agisce direttamente in opposizione allo schema
scatenato. Ne è un esempio il mode Prepotente e aggressivo, nel quale la sofferenza percepita viene restituita. Lo stile di coping dell’Evitamento include il
mode Protettore distaccato, un segno distintivo del DBP che varia da una condizione di ‘testa tra le nuvole’ o di perdita di attenzione momentanea durante
una conversazione, a una grave dissociazione. In genere, i pazienti affetti da DBP
cominciano la terapia nel mode Protettore distaccato, che opera per proteggere il
mode Bambino vulnerabile da sentimenti opprimenti o dolorosi. La Resa è il terzo stile di coping, e rappresenta il sottomettersi o arrendersi allo schema presente. Se, per esempio, lo schema scatenante è quello di Inadeguatezza, una risposta
di Resa sarebbe accettare di essere imperfetti e comportarsi di conseguenza: non
accettare mai sfide, impegnandosi per non risultare incompetenti.
14
Nella quarta categoria – quella dei mode sani – si trovano i mode Adulto sano
e Bambino felice. L’Adulto sano include pensiero funzionale e comportamento
equilibrato, e il Bambino felice è fonte di attività giocose e piacevoli, specialmente
all’interno di reti sociali. In pazienti con DBP, i mode sani sono gravemente poco
sviluppati. I mode sono spesso scatenati da eventi vissuti dai pazienti come altamente emozionali. Inoltre, in pazienti affetti da gravi disturbi di personalità – tra
cui, il DBP – i mode possono mutare rapidamente dando come risultato improvvisi
cambiamenti di comportamento o reazioni apparentemente sproporzionate, una
delle cause delle difficoltà interpersonali presentate da questi pazienti.
Gli schema mode ipotizzati da Young, Klosko e Weishaar (2003) per pazienti
con DBP sono stati validati empiricamente dal lavoro di Lobbestael, van Vreeswijk e Arntz (2008). I criteri diagnostici per il DBP contenuti nel DSM-IV-R, riferiti
ai sintomi che si pensa caratterizzino il disturbo, possono essere interpretati in
termini di schema mode comuni in pazienti con DBP. La tabella 2.2 mostra tali
relazioni. Illustriamo ora una sintesi del rapporto tra criteri diagnostici e mode.
Paure di abbandono descrivono lo stato emotivo del mode Bambino vulnerabile.
Rabbia intensa, talvolta accompagnata da espressioni incontrollate di rabbia, si
manifesta nei mode Bambino arrabbiato e Bambino impulsivo. Il mode Bambino
impulsivo fomenta azioni potenzialmente dannose per se stessi ed è altresì fonte
di comportamenti di autoferimento. I mode Genitore disfunzionale (punitivo o
esigente) sono un’altra fonte di comportamenti autolesivi attuati dai pazienti per
obbedire ai dettami del Genitore, in base ai quali il Bambino merita una punizione, o è un fallimento. Pazienti con DBP grave sperimentano anche i mode Genitore come ‘voci’ che ordinano loro di punirsi. I mode Genitore possono anche
essere causa di tentativi di suicidio: in effetti, cancellano ogni speranza e i loro
giudizi condannano i pazienti a infelicità e sentimenti di mancanza di valore. La
modalità di coping del Protettore distaccato può portare a comportamenti autolesivi – in particolare, tagli o bruciature nella pelle – finalizzati a sentire qualcosa. Il mode Protettore distaccato chiarisce i criteri diagnostici del DBP relativi a
sentimenti di vuoto e senso di sé instabile. I sentimenti di vuoto possono essere
intollerabili e condurre a tentativi di suicidio. Se si verifica un distacco dai propri sentimenti, una parte centrale della propria persona – l’identità – non sarà
stabile. L’impulsività contribuisce anch’essa a un senso di sé instabile, in quanto
pazienti con DBP vivono se stessi come incoerenti e imprevedibili.
In base alla teoria della ST, il capovolgimento di mode spiega le transitorie
esperienze psicotiche legate allo stress (generalmente di natura paranoide), o la
grave dissociazione, osservate nel DBP e incluse tra i criteri del DSM-IV-R per la
diagnosi di DBP. Inoltre, è responsabile di parte della reattività emotiva osser15
vata in pazienti con DBP e, di conseguenza, delle relazioni instabili degli stessi.
Il modello dei mode presenta i sintomi del DBP in un linguaggio accessibile e
comprensibile per i pazienti, e fornisce ai terapeuti i punti su cui concentrarsi
riguardo agli interventi da attuare. Come si discuterà più dettagliatamente nel
capitolo 7, i mode in cui si trovano i pazienti determinano le risposte che si esigono dai terapeuti. Per esempio, i mode Bambino richiedono validazione, accudimento e supporto che, in presenza dei mode Bambino arrabbiato e impulsivo,
sono offerti mediante confronto empatico e fissazione di limiti; nel contempo, si
cercano ancora modi per soddisfare con maggiore efficacia i bisogni sottostanti
tali mode. Il confronto empatico è definito come approccio dei terapeuti a schemi maladattivi precoci e comportamenti legati a mode disfunzionali, approccio
in cui l’empatia dei terapeuti per come questi si sono sviluppati è bilanciata da
un’opposizione agli stessi: per permettere ai pazienti di avere una vita sana, infatti, essi devono essere modificati. Il confronto empatico è efficace solo nel contesto di un legame di limited reparenting con i pazienti. Occorre individuare e
valutare le modalità di coping così da rendersi conto se i risultati da esse ottenuti
soddisfino i bisogni sottostanti presentati dai pazienti. Occorre poi individuare
e interpretare i mode Genitore come separati dal sé. I loro dettami errati devono
essere invalidati e, in caso di mode Genitore punitivo, banditi; se in presenza del
mode Genitore esigente, invece, modificati così da essere più realistici. I mode
sani – Adulto sano e Bambino felice – sono gli antidoti per mode maladattivi e disfunzionali; nella ST, essi vengono sviluppati ed incoraggiati mediante validazione di competenze e promozione del gioco. Nella ST, il gioco e il mode Bambino
felice sono considerati come fattori cruciali da essere promossi; nel DPB, infatti,
il gioco costituisce un’importante esperienza di apprendimento mancata, tanto
in termini di apprendimento su se stessi attraverso l’esplorazione dell’ambiente
circostante (per es., con la scoperta di esperienze piacevoli o spiacevoli), quanto
di apprendimento interpersonale sul relazionarsi con gli altri che il gioco offre.
Relativamente agli adulti, si fa spesso riferimento all’importanza del gioco chiedendo loro se sappiano ‘giocare bene’ con gli altri. Accordare mode dei pazienti
con interventi e posizioni degli specialisti è fondamentale, in quanto centrale
nel legame tra terapeuta e paziente. È un riflesso della capacità dei terapeuti di
riconoscere a livelli profondi dove si trovino i pazienti e chi essi siano in quel
dato momento. Nella STG, tale adattamento costituisce più di una sfida – giacché
sono presenti più pazienti da accordare – ma non è meno importante. Questo
compito essenziale dei terapeuti è uno dei motivi per cui si reputa che ai gruppi
di pazienti con DBP occorrano due terapisti: uno che possa occuparsi del gruppo
nel suo insieme, dei suoi mode, processo, e coinvolgimento nel lavoro terapeuti16
co attuale; l’altro, che conduca gli interventi rivolti a singoli individui. Il modello
dei co-terapeuti è approfondito nel capitolo 4.
Obiettivi della Schema therapy di gruppo
Young riassume così gli obiettivi principali del trattamento con ST: aiutare i
pazienti a modificare pattern di vita disfunzionali, e far sì che i propri bisogni di
base siano soddisfatti in maniera adattiva al di fuori della terapia, mediante il
cambiamento di schemi e mode. Di seguito, si riportano gli scopi per pazienti
con DBP in termini di cambiamento di schema mode.
Sviluppo del mode Adulto sano, in modo che sia capace di:
1. prendersi cura del Bambino vulnerabile: in questo modo, quando si scatenano sentimenti di paura o solitudine, riflesso di bisogni a livello infantile
non soddisfatti, un adulto sano è presente;
2. rassicurare e rimpiazzare il mode Protettore distaccato: rassicurare sul fatto
che le emozioni presenti percepite non travolgono o distruggono il Sé; rimpiazzare con capacità di coping sane da potere scegliere quando le emozioni si intensificano. Ha luogo una selezione del livello di distacco, piuttosto
che il ritorno al distacco attuato dalle persone in maniera automatica e non
per scelta consapevole;
3. insegnare al Bambino arrabbiato modi appropriati di esprimere emozioni
e bisogni, vale a dire, la capacità di esprimere bisogni in una maniera assertiva adeguata;
4. distruggere e bandire il Genitore punitivo: liberarsi del severo critico interiorizzato, sostituendolo con la capacità di motivare le persone in una
maniera sana supportiva nonché di accettare e, se necessario, raddrizzare
gli errori.
Si aggiunge un quinto obiettivo:
5. liberare il mode Bambino felice, in modo che possa esplorare l’ambiente
circostante e apprendere ciò per lui è fonte di gioia.
Gli interventi di STG che producono tali cambiamenti negli schema mode
sono descritti nel dettaglio nei capitoli dal 4 al 9 compreso.
17
La relazione terapeutica nella Schema therapy
Nella ST, i terapeuti non devono offrire solo una relazione adulta collaborativa –
come accade nella maggior parte dei modelli psicoterapeutici – ma anche una relazione di genitorialità (parenting) nei confronti del lato infantile dei pazienti. Si pensa
che ciò sia necessario al fine di correggere schemi disfunzionali basati su bisogni
non soddisfatti e di concedere a nuovi schemi di formarsi in terapia, nel contesto
di una sana relazione di reparenting. Secondo Young, ciò implicherebbe scoprire i
bisogni emotivi di base non soddisfatti in età infantile e appagarli in terapia a un
livello ragionevole (Young, 1990; Young, Klosko e Weishaar, 2003). Il termine limited reparenting descrive l’atteggiamento premuroso dei terapeuti nei confronti dei
pazienti, comportandosi – a inizio terapia – come farebbero ‘bravi genitori’, in particolare, quando si ha a che fare con i mode Bambino. Nel lavoro esperienziale con
il Bambino vulnerabile, i terapeuti offrono validazione e accudimento, nei limiti di
un rapporto professionale. Il limited reparenting è stato fonte di alcune controversie e incomprensioni. In base alla posizione primaria della ST, i pazienti che hanno
vissuto i primi caregiver come deprivanti e/o violenti devono sperimentare cure genitoriali positive prima di poter imparare a farlo per sé. Alle persone occorre avere
fatto esperienza di bisogni primari soddisfatti: in questo modo, da adulte, sapranno
come appagarli da soli. Obiettivo della ST è l’autonomia; di conseguenza, il focus iniziale assegnato dai terapeuti al reparenting viene alla fine sostituito dal mode Adulto
sano sviluppato e rafforzato, in cui sono i pazienti ad adempiere tali funzioni (per es.,
auto-consolazione, richieste assertive). Il reparenting ha come obiettivo i bisogni dei
mode in cui si trovano i pazienti: pertanto, ai mode Bambino arrabbiato e Bambino
impulsivo si offrono confronto empatico o fissazione di limiti da essi richiesti. Nella
ST, i terapeuti sono anche attivi nell’aiutare i pazienti a sostituire modalità di coping
maladattive – come il distacco – con stili di coping più adattivi, e nell’assisterli a bandire i mode Genitore disfunzionale. Coinvolgimento attivo e modellamento offerti
dai terapeuti con empatia sono definiti limited reparenting. Nella STG per DPB, il
ruolo dei terapeuti richiede dei cambiamenti, descritti nel capitolo 4.
Modello strutturale della Schema therapy di gruppo
I gruppi di terapia possono essere organizzati in tre tipologie base: di interazione o processo; orientati alla persona; di psicoeducazione, specifici del disturbo. Sipos e Schweiger (2009) sollevarono l’importante domanda: «In quale tipologia di modello si inscrive la STG?». Analogamente alla ST, la STG integra aspetti
18
di tutti e tre i tipi, ma non presenta una sovrapposizione totale con nessuno di
essi. La tabella 2.3 descrive i modelli.
Un avvertimento per il modello terapeutico di gruppo relativo al processo interpersonale: nella somministrazione della STG, è importante assicurarsi che –
durante l’utilizzo del processo di gruppo e l’incoraggiamento delle interazioni di
gruppo – i terapeuti siano guide attive, non facilitatori ‘esterni’. Parte dell’obiettivo del modello interpersonale è intensificare il conflitto. Questo non è tuttavia
un obiettivo quando si lavora con un gruppo di pazienti con DBP. Nel nostro primo seminario di formazione, ai terapeuti partecipanti non venne chiarito a sufficienza il modello strutturale necessario; di conseguenza, il primo role-playing
di gruppo da questi eseguito terminò nel caos, con alcuni partecipanti nel ruolo
di pazienti che correvano via dalla stanza in preda a rabbia e paure e con conflitti
di gruppo difficili da gestire. Una volta che questa errata percezione fu corretta, il
role-playing successivo portò alla nascita del gruppo collaborativo unito, cui siamo abituate da quando i ‘terapeuti’ impegnati nel role-playing sono stati allora
in grado stabilire e conservare questo ambiente dall’efficacia maggiore.
La differenza principale tra STG e altri modelli di gruppo risiede nel fatto che
la STG è integrativa e combina quelle che consideriamo essere le componenti di
base, o principi attivi, dei gruppi di processo o interpersonali con gli interventi
cognitivi, esperienziali, di rottura dei pattern comportamentali appartenenti ai
gruppi più strumentali. La STG è orientata sia al processo sia ai compiti, avvalendosi del meglio che questi due ‘mondi’ di psicoterapia offrono. Altri approcci al
trattamento del DBP si incentrano sulle abilità, con poca attenzione a processo
e dinamiche di gruppo - per es., la TDC (Linehan, 1993) e la STEPPS (Blum et al.,
2008) - oppure, se orientati al processo, escludono i pazienti affetti da DBP reputandoli candidati inadeguati (Yalom e Leszcz, 2005).
A nostro avviso, la trascuratezza mostrata da altri trattamenti per il DBP
nell’utilizzo di processi e fattori terapeutici di gruppo rappresenta una significativa opportunità mancata per gli stessi e una delle potenziali ragioni per cui
presentano effetti del trattamento inferiori rispetto alla STG. Se si impiega la modalità di gruppo, ma si fornisce solo terapia individuale o di insegnamento di
abilità mentre un gruppo di pazienti guarda, è possibile che sia più economico
in termini di spese sanitarie (senza considerare i costi per società e famiglia), ma
costituirà una versione meno potente di terapia individuale. Quando un trattamento per DBP (o altri disturbi di personalità) è fornito in gruppo, è più efficace
per riconoscere la presenza del gruppo e trarre vantaggio dai suoi fattori terapeutici unici. Come affermato in precedenza, il gruppo stesso può essere curativo
per gli schemi principali del DBP correlati a legami e appartenenza. È possibile
19
che la trascuratezza di queste opportunità per gli interventi interpersonali, e la
corrispondente negligenza verso gli ultimi stadi di sviluppo emotivo e sociale da
parte di altri trattamenti per il DBP, siano una delle ragioni alla base dei loro effetti limitati su misure di funzionamento globale, rapporti interpersonali e qualità della vita (Zanarini, 2009). La mancanza di attenzione a questi aspetti della
vita da parte di altre terapie dà origine alla protesta di pazienti con DBP: può
darsi che non presentino comportamenti autolesivi o tentativi di suicidio, ma
sono ancora infelici, privi di relazioni sane e sottooccupati, con una scarsa qualità della vita (Van Gelder, 2008; considerazioni personali di un gran numero di
pazienti che iniziano il trattamento con ST).
In conclusione, riguardo alla modalità individuale, il modello concettuale
della ST è stato validato in vari studi (Lobbestael, van vreeswijk e Arntz, 2008;
Reiss, Jacob e Farrell, 2011) e nella crescente evidenza relativa a efficacia clinica
e rapporto costi/efficacia (Giesen-Bloo et al., 2006; Nadort et al., 2009). Esistono evidenze anche dell’efficacia del modello di STG elaborato da Farrell e Shaw
(Farrell, Shaw e Webber, 2009; Reiss et al., 2013).
Tabella 2.3 Modelli di terapia di gruppo
Modello
Esempi
Scopi
Ruolo dei terapeuti
Confronto con la STG
Gruppi di
interazione o
processo
Gruppi
interpersonali
(Yalom)
Cambiamento
di comportamenti problematici mediante dinamiche di
gruppo.
Sono esterni al
gruppo
Dinamiche di gruppo come
fonte di cambiamento (fattori
terapeutici di gruppo)
Gruppi di
psicoanalisi
Gruppi di
incontro
(Rogers)
Emozioni e
conflitti intensi
sono voluti
Incoraggiano
l’interazione ma
senza guidarla
Tutti i partecipanti
possono dare inizio
alla conversazione in
ogni momento
Terapeuti come parte del
gruppo, ne conducono
e guidano attivamente i
membri
(la tabella segue nella pagina successiva)
20
(segue dalla pagina precedente)
Modello
Esempi
Scopi
Ruolo dei terapeuti
Confronto con la STG
Gruppi orientati
alla persona
Gestalt (Perls)
Interventi
su bisogni
e obiettivi
individuali
Centrati sul
protagonista e a
supporto dello stesso
Interventi effettuati su
bisogni e obiettivi individuali,
ma sempre ricollegati a
tematiche condivise (per es.,
un mode)
TC (Beck)
Psicodramma
(Moreno)
Terapia
basata su
tecniche di
problemsolving
(D’Zurilla)
Gruppi di psicoeducazione
o specifici del
disturbo
Terapia
di gruppo
manualizzata
per disturbi
specifici
(per es.,
depressione,
ansia, DBP)
Favoriscono
condizioni
strumentali di gruppo
Strutturano la seduta
I membri del
gruppo sostengono
il protagonista nel
raggiungimento dei
propri scopi
Conoscenza e
competenze
Empowerment
(diventare
esperti delle
proprie
malattie)
Insegnano
informazioni
Insegnano abilità
Strutturano la seduta
Guidano il gruppo
Si incentrano sul
‘paziente medio’
Gruppi di ST
Combinazione
degli aspetti dei
tre modelli, senza una completa
sovrapposizione
con nessuno
di loro
STG per
pazienti con
DBP (Farrell e
Shaw)
Cambiamento
degli schema
mode, che
consente di
modificare
pattern di vita
disfunzionali e
di soddisfare i
bisogni primari
in maniera
adattiva
Conducono i gruppi
in una maniera tale
da sfruttare processo
e fattori terapeutici di
gruppo
Partecipanti offrono il proprio
aiuto nel lavoro individuale e
si uniscono a esso
Priorità assegnata
all’attenzione rivolta al
processo di gruppo, rispetto
alle condizioni strumentali
Aiuto reciproco tra membri
del gruppo
Attivazione mentale e guida
fornite nei mode Bambino
Attenzione equilibrata verso
bisogni e obiettivi di tutti i
pazienti, piuttosto che del
‘paziente medio’
Priorità assegnata a
interventi esperienziali
rispetto a quelli su abilità
Tutti gli aspetti riportati sopra
sono presenti nella STG
Si comportano da
‘bravi genitori’, accordando tra loro i
livelli di sviluppo del
gruppo
Incoraggiano la
partecipazione dei
membri del gruppo
nell’apprendimento
‘familiare’
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