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Dipartimento Scienze della Salute,
Università degli Studi del Molise, Campobasso
*Institute of Human Virology, School of Medicine,
University of Maryland, Baltimore USA
...aggiorna grandi argomenti
Giovanni Scapagnini, Davide Zella*
Edit-Symposia
NANOPARTICELLE E NANOSILICIO
Nanotecnologia è un termine generico che copre una vasta gamma di
metodi, strumenti e possibili applicazioni. In generale possiamo dire che le
nanoscienze e le nanotecnologie rappresentano la branca della scienza
coinvolta nello studio e nella progettazione di nuovi materiali la cui dimensione della struttura elementare è ingegnerizzata su scala nanometrica. I
materiali su scala nanometrica a causa della loro dimensione infinitesimale presentano proprietà fisico-chimiche uniche e funzioni altamente innovative. Con i recenti sviluppi nel campo delle bio-nanotecnologie, vari tipi
di nanomateriali sono stati progettati e prodotti in tutto il mondo e sono
stati ampiamente utilizzati sia in applicazioni industriali sia in medicina, nel
settore alimentare e in dermocosmetica (1). Tra le varie aree della scienza,
è soprattutto a livello medico che il rapido sviluppo delle nanotecnologie
sta fornendo un alto grado di innovazione. La nanomedicina, termine coniato per definire quest’area delle nanoscienze, si è sviluppata sia a livello
diagnostico sia nel trattamento e la prevenzione delle malattie. Infatti, nuovi metodi basati sulle nanotecnologie si sono già imposti con successo
nelle principali aree di ricerca medica, sviluppando innovativi sistemi di
somministrazione di medicinali mirati, nanomateriali a fini diagnostici, tecnologie per la medicina rigenerativa e impianti di biomateriali. Dispositivi
idonei che sono già stati utilizzati in questo campo includono nanoparticelle metalliche e non, forme allotropiche del carbonio come i fullereni e,
soprattutto, dendrimeri. In tal senso un settore che si sta sviluppando rapidamente è quello della nanomedicina immunologica. La struttura unica di
alcuni dendrimeri, che fornisce loro stabilità, una forma sferica, dimensione controllata, struttura cava e la proprietà intrinseca di polivalenza, ha
permesso di sviluppare materiali in grado di mimare le proteine nella loro
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interazione con il sistema immunitario. Le applicazioni di questa tecnologia
vanno dalla diagnosi in vitro di allergia, a sistemi innovativi di somministrazione di vaccini (2). In tal senso, oltre ai dendrimeri, sono state sviluppate diverse varietà di nanoparticelle utilizzabili in medicina, quali le diverse nanoparticelle polimeriche, liposomi, micelle, quantum dots, microcapsule, cellule fantasma e lipoproteine. Ma cosa si intende per nanoparticella? Negli ultimi dieci anni, la definizione di nanoparticella è stata piuttosto
controversa. Le nanoparticelle sono comunemente definite come molecole
con un diametro inferiore a 100 nm, ma non esiste una dimensione chiara
di cut-off, e questo limite non sembra avere una solida giustificazione scientifica. Infatti, altre definizioni di nanoparticelle sono state proposte, e quella più recente (3) si basa sulla superficie totale piuttosto che sulla dimensione (una nanoparticella deve avere superficie specifica>60m2/cm3), riflettendo così l’importanza critica di questo parametro nel governare la
reattività e l’efficacia dei nanomateriali.
Vi è un’ampia gamma di nanoparticelle in campo dermocosmetico e
farmaceutico:
Nanoparticelle solide:
•
•
•
Ossidi di metallo: a) le nanoparticelle di biossido di titanio sono
usate come minerale per la protezione dai raggi del sole; b) in terapia
antitumorale le nanoparticelle di ossido di ferro vengono iniettate per
essere trasportate selettivamente nel tessuto tumorale. Successivamente vengono riscaldate in loco mediante campi magnetici e in questo
modo si danneggia il tessuto tumorale.
Nano o microcapsule: consistono di polimeri, ad esempio polipeptidi con incapsulati agenti farmaceutici che poi sono lentamente rilasciati (applicazioni ritardata). In questo caso le particelle di piccole dimensioni permettono un rilascio controllato di principi attivi fuori dalla matrice polimerica su una superficie specifica di grandi dimensioni.
Idrocarburi e cere (“Lipopearls®”): gli additivi organici sono dapprima fusi ad alta temperatura insieme a principi attivi dermocosmetici
in sospensione acquosa, quindi le particelle sono rese della dimensione richiesta mediante un processo di omogeneizzazione e infine raffreddati. In questo passaggio si solidificano le nanoparticelle, che sono
anche chiamate SLN (nanoparticelle lipidiche solide). Si mischiano sulla pelle come una patina superficiale da cui gli agenti attivi vengono
rilasciati (simile ad un sistema occlusivo).
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Nanoparticelle “fluide” o “liquide”:
• Chilomicroni: costituiscono un
metodo naturale per veicolare lipidi attraverso il sistema linfatico
dell’organismo. Le membrane esterne contengono fosfatidilcolina e
proteine di trasporto.
• Ceramidi, fitosteroli e gli acidi
grassi: negli anni novanta questo tipo di composti coniugati a
membrane sono diventati noti
come Nanoparts®.
• Membrane contenenti nanoparticelle: si tratta di particelle di olio
Figura 1: Nanosoma.
formate da agenti attivi lipido-solubili circondati da una membrana
di fosfatidilcolina (PC). Possono essere considerate la variante a doppio strato di nanoparticelle liposomiali. La loro struttura è derivata da
cellule naturali. In contrasto alle nanoparticelle in senso stretto, hanno
una struttura interna acquosa e sono disegnate per incapsulare agenti
dermocosmetici e composti farmaceutici attivi che siano solubili in acqua. Sono anche chiamati nanosomi (Fig. 1).
Penetrano negli strati dello strato
corneo, dove si dissolvono subito a
causa della loro composizione specifica. Durante questo processo si verifica una fluidificazione degli strati della
pelle e il principio attivo incapsulato
può passare attraverso la barriera
cutanea. Le figure seguenti danno
un’idea di come agiscono i liposomi
(Figg. 2-4).
Dopo la sua iniziale fusione con
gli strati della pelle, il liposoma penetra negli strati più profondi o è digerito enzimaticamente e suddiviso nelle
sue componenti fisiologiche, come aci-
Figura 2: Il liposoma si avvicina
alla parete cutanea.
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di grassi, glicerina, acido fosforico e colina. In questo modo viene ripristinata
la funzione di barriera della pelle dopo
poche ore. Un vantaggio specifico delle nanoparticelle fluide è data dal fatto
che, anche agenti attivi lipofilici (come
oli naturali particolarmente ricchi in lipidi) possono essere trattati in sospensione acquosa senza aggiunta di emulsionanti sintetici, con un risultato sensorialmente gradevole e che possono penetrare piu’ facilmente nella pelle.
Un esempio di nanoparticella dal
Figura 3: Il liposoma si fonde con
notevole potenziale in pratica clinica è
gli strati della pelle.
rappresentato dal nanosilicio.
Il nanosilicio è stato sviluppato per una miriade di
applicazioni biomediche e
biotecnologiche come terapia del cancro, trasfezione di
DNA, trasporto intracellulare di principi attivi, l’immobilizzazione degli enzimi e
per il trattamento della
dermatite atopica (4-10).
La prevalenza della dermaFigura 4: Il liposoma si dissolve, la parete cutanea viene ripristinata e i principi at- tite atopica è in aumento nei
tivi vengono rilasciati.
paesi industrializzati, dove sono
colpiti circa il 10-20% dei bambini e 1-3% degli adulti (11). Questi pazienti hanno tipicamente pelle secca e prurito, e a seguito dei tentativi falliti di riduzione del prurito mediante
grattamento o sfregamento, si genera infiammazione supplementare e lichenificazione. La dermatite atopica acuta, subacuta e cronica è trattata
con efficacia dai glucocorticoidi topici. E’ stato però dimostrato che l’uso
prolungato o eccessivo di glucocorticoidi è causa di osteoporosi, soppressione dell’ asse ipofisi-surrene, ritardo della crescita nei bambini, e l’inibizione della crescita dei fibroblasti che provoca atrofia della pelle (12, 13).
Nel corso di una dermatite atopica molto grave, i glucocorticoidi possono
raggiungere il derma attraverso l’epidermide compromessa e infiammata, con conseguente irreversibile atrofia della pelle (14).
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Il silicio è un componente di complessi proteoglicani che si intrecciano con
il collagene e contribuisce alla sua integrità strutturale. Si ipotizza che i ponti
silicio-ossigeno (-O-Si-O-) formino gli elementi strutturali dei muco-poli-saccaridi che si trovano nei tessuti connettivi. Inoltre, il silicio favorisce la sintesi di
prolina e idrossiprolina, i principali aminoacidi presenti nel collagene ed elementi centrali nella definizione della sua struttura primaria e secondaria.
Il corpo umano contiene in totale solo 1,4 gr di silicio ma questo elemento è comunque presente in quasi ogni cellula. Soprattutto le cellule a
crescita rapida, come le cellule della pelle, cellule capellute e delle unghie
ne contengono un’elevata quantità. Dal momento che il corpo umano ha
bisogno di questo oligoelemento per realizzare le suddette funzioni, il silicio deve essere continuamente apportato al corpo perché se ne assume troppo poco con la dieta. L’uomo assorbe giornalmente 9-14 mg
di silicio e 9 mg di silicio vengono escreti giornalmente con le feci; i lavori
farmacologici sugli animali confermano che quasi tutto il silicio ingerito
non viene assorbito (15, 16).
I tessuti connettivi come l’aorta, la trachea, i tendini, la pelle, hanno un elevato contenuto di silicio come evidenziato in uno studo
condotto su ratti in 4 mesi di età (15) (Fig. 5).
SILICIO PPM
LIVELLI DI SILICIO IN TESSUTI DI RATTO
Figura 5: I valori rappresentano i livelli medi di silicio, in 20 ratti di 4 mesi di
età, in parti per milione di peso netto di tessuto.
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Quindi, appare sempre più evidente come il silicio sia una sostanza essenziale della pelle. La trasformazione del silicio contenuto
nella zeolite per mezzo di nanotecnologie ha portato alla produzione di
nanosilicio. Le particelle di nanosicilio di dimensioni di 10-20 nm hanno una
maggiore superficie attiva e una maggiore biodisponibilità che facilitano
l’assorbimento cellullare. E’ stato proposto che il nanosilicio possa favorire l’idratazione della pelle grazie alla sua capacità di legare una grande
quantità di acqua attraverso ponti silicio-ossigeno (-O-Si-O-) e allo stesso
momento possa favorire la normalizzazione del contenuto di glicosaminoglicani (10).
In particolare, le nanoparticelle di silicio sono state utilizzate con
successo in dermatologia pediatrica per il trattamento delle dermatiti atopiche. In funzione dell’assorbimento delle molecole di nanosilicio a livello topico si è dimostrata l’efficacia di questo materiale
nel promuovere il miglioramento del quadro clinico in pazienti affetti da dermatite atopica, senza presentare effetti collaterali (17).
Con la crescente commercializzazione dei prodotti delle nanotecnologie, molti aspetti legati alla dimensione di questi nanomateriali hanno sollevato preoccupazioni circa la loro potenziale tossicità (18). Fino a poco
tempo fa la maggior parte della ricerca si è focalizzata sulle particelle di
silicio di 0,5-10 micron, soprattutto in forme cristalline, tuttavia le nanoparticelle possono avere diverse proprietà tossicologiche rispetto a quelle più
grandi. Le stesse particolari proprietà fisico-chimiche che rendono attraenti per l’industria le nanoparticelle di silicio, possono però presentare rischi
potenziali per la salute umana, compresa una maggiore capacità di penetrare bersagli intracellulari nei polmoni e per i potenziali effetti sulla circolazione sistemica. Uno dei parametri critici per lo sviluppo industriale di
nanoparticelle è la loro biocompatibilità (19, 1). Infatti, l’assorbimento delle
nanoparticelle da parte delle cellule potrebbe portare alla perturbazione
dei meccanismi intracellulari, ma finora non è stata osservata o segnalata
alcuna citotossicità acuta.
Un certo numero di studi, sia in vitro che in vivo, hanno recentemente
evidenziato una serie di effetti tossici a livello cellulare da parte di alcuni
materiali nanotecnologici. Tuttavia, la maggior parte degli studi hanno
utilizzato particelle poco caratterizzate in termini di composizione e di proprietà chimico fisiche. Tali distinte proprietà fisico-chimiche delle nanoparticelle possono, infatti, influenzare le loro interazioni con la cellula/all’interno della cellula, e anche sottili differenze in questa proprietà permettono di
modulare la tossicità e modalità di azione. I risultati di studi di tossicità poi
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diventano difficili da interpretare e confrontare, e, di conseguenza, trarre
le conclusioni del caso è quasi impossibile. Le preoccupazioni circa gli
effetti potenzialmente nocivi dei nanomateriali sono dovute alle loro nuove
proprietà, che sono chiaramente diverse da quelle di materiali con dimensioni maggiori (20-24). Recentemente, un numero crescente di studi ha
evidenziato che molti tipi di nanomateriali, come nanotubi di carbonio,
fullereni, punti quantici, ossido di zinco e biossido di titanio, hanno un
effetto nocivo su modelli sperimentali animali (roditori). Per esempio, si è
visto che le nanoparticelle inducono effetti tossici di varia natura principalmente nel polmone, fegato, milza e reni (25-42). Altri esperimenti hanno
dimostrato in vivo (utilizzando ratti Sprague-Dawley) che le nanoparticelle
d’argento introdotte per via inalatoria hanno causato infiammazione cronica nei polmoni (43). E’ chiaro quindi che un’esauriente comprensione del
rapporto tra le caratteristiche fisico-chimiche dei nanomateriali che disciplinano la loro citotossicità (genotossicità IE) e l’identificazione dei fattori che
influenzano i loro rischi associati sono essenziali per lo sviluppo di nanomateriali più sicuri (44-47).
La pelle è il più grande organo del corpo umano, che fornisce protezione contro il calore, il freddo, le radiazioni elettromagnetiche e il danno chimico. Un adulto umano ha una superficie media di 1,95 m2, pesa
3,18 kg ed è composto da oltre 300 milioni di cellule. Dal momento che
la pelle è il tessuto bersaglio principale per i materiali esogeni, lo studio
della tossicità cutanea è di primaria importanza. Di conseguenza, i dermatologi sono tenuti a svolgere ruoli sempre più importanti nel campo
della nanotossicologia.
I prodotti dermocosmetici che contengono nanoparticelle di silicio, come quelli usati nei trattamenti per la cura della pelle, non
hanno finora sollevato particolari problemi di sicurezza (17), e ci
sono poche informazioni sulla potenzialità di causare effetti negativi o risposte immunitarie umorali (48). A questo proposito, alcuni studi
recenti suggeriscono che alcune nanoparticelle sono tossiche per i cheratinociti umani in coltura (49-52). Sono stati effettuati degli studi per verificare tale possibilità da parte di particelle di nanosilicio (53-63). In un modello per misurare l’irritazione simile all’equivalente umano della pelle (HSEM)
(52), i dati indicano che il nanosilicio può causare irritazione solo a dosi
estremamente alte, mentre a dosi più ridotte non si verificano effetti secondari rilevanti. Questo studio mostra, inoltre, che il metodo di misurazione
dell’irritazione utilizzato fornisce dati più utili rispetto al modello convenzionale di coltura cellulare per la tossicità relativa delle nanoparticelle.
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In generale possiamo quindi dire che le proprietà fisico-chimiche dei nanomateriali, quali dimensioni, forma, carica superficiale, metodo di fabbricazione, ecc., svolgono un ruolo centrale nel governare il loro assorbimento cellulare. Inoltre, il metodo di somministrazione e di scelta delle
condizioni sperimentali e quello delle stesse linee cellulari appaiono molto
rilevanti per evidenziare le conseguenze fisiologiche successive. Di conseguenza, è difficile confrontare situazioni sperimentali così diverse. Per questo è necessario non solo condurre una serie di studi più approfonditi, ma
anche una standardizzazione delle condizioni sperimentali per arrivare ad
una corretta valutazione degli effetti negativi delle nanoparticelle, che spesso
viene sovrastimata.
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