Dal bambino all`adolescente: problematiche, disagi

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Dal bambino all’adolescente:
problematiche, disagi,
psicopatologie
Sabina La Grutta, Dipartimento di
Psicologia, Università di Palermo
1. Questioni
Sabina La Grutta, Dipartimento di
Psicologia, Università di Palermo
• Nell’area dello sviluppo, la definizione dei
disagi/disturbi
psichici
è
molto
problematica.
Sabina La Grutta, Dipartimento di
Psicologia, Università di Palermo
• Si può nel periodo dello sviluppo parlare di
psicopatologia oppure è più opportuno
inquadrare
il
funzionamento
o
il
comportamento anomalo del bambino
come un disturbo dell’area relazionale (per
es. bambino-famiglia; bambino-scuola)?
Sabina La Grutta, Dipartimento di
Psicologia, Università di Palermo
• Si può qualificare e definire la
psicopatologia nell’età dello sviluppo
quando il soggetto non è ancora in grado
di esprimere e comunicare pienamente i
suoi vissuti?
Sabina La Grutta, Dipartimento di
Psicologia, Università di Palermo
• È
possibile
inquadrare
come
psicopatologia le manifestazioni di un
bambino/adolescente che per via dello
sviluppo
va
incontro
a
continue
modificazioni
e
trasformazioni
che
determinano profondi cambiamenti nel
funzionamento individuale e relazionale?
Sabina La Grutta, Dipartimento di
Psicologia, Università di Palermo
• Le difficoltà isolate che compaiono sono
quadri semplici, o piuttosto, sono indicatori
di sofferenze più complesse e articolate
che potrebbero strutturarsi in età adulta
producendo disturbi psichiatrici?
Sabina La Grutta, Dipartimento di
Psicologia, Università di Palermo
«Si tratta di collegare una serie di storie cliniche,
una presentazione di versioni diverse dello stesso
caso e le versioni sono disposte in strati, ciascuno
dei quali rappresenta un momento di una
rivelazione … è possibile un disturbo in un
paziente dall’infanzia, attraverso l’adolescenza,
fino all’età adulta e osservare il modo in cui c’è
stata una continua trasformazione da un disturbo a
un altro» (Winnicott, 1959, tr. it. 1995, p. 167).
Sabina La Grutta, Dipartimento di
Psicologia, Università di Palermo
• Individuo e contesto ambientale cooperano nella
formazione di modelli adattivi e disadattivi. Le
diverse espressioni comportamentali, che
emergono nei diversi momenti del ciclo di vita,
sono esito di una co-evoluzione della diade
individuo-contesto.
• L’attenzione si concentra sulla nozione di
sviluppo, di trasformazione, mobilità.
Sabina La Grutta, Dipartimento di
Psicologia, Università di Palermo
• Il disagio nell’età dello sviluppo viene
inteso come espressione di modalità
disfunzionali con cui il bambino si
organizza e si rappresenta le esperienze a
partire dagli scambi relazionali con i
caregiver.
• Gli esiti fisio-patologici sono conseguenze
degli sforzi attivi del bambino di adattarsi
in maniera dinamica alle situazioni
ambientali.
Sabina La Grutta, Dipartimento di
Psicologia, Università di Palermo
Quando il soggetto è il bambino/adolescente
occorre amplificare il proprio campo di
osservazione:
• sia nel senso di analizzare i fattori
intervenienti (biologici, comportamentali,
psicologici, sociali) nella loro doppia veste di
rischio e protettivi;
• sia nel senso di allargare la propria analisi
al passato ma anche al presente.
Sabina La Grutta, Dipartimento di
Psicologia, Università di Palermo
Sabina La Grutta, Dipartimento di
Psicologia, Università di Palermo
Sabina La Grutta, Dipartimento di
Psicologia, Università di Palermo
Sabina La Grutta, Dipartimento di
Psicologia, Università di Palermo
Sabina La Grutta, Dipartimento di
Psicologia, Università di Palermo
Sabina La Grutta, Dipartimento di
Psicologia, Università di Palermo
Sabina La Grutta, Dipartimento di
Psicologia, Università di Palermo
2. Vettori di sviluppo
Sabina La Grutta, Dipartimento di
Psicologia, Università di Palermo
a)
b)
c)
d)
e)
f)
g)
h)
simbiosi-individuazione
irreversibilità-reversibilità
corpo-mente
agito-pensato
fatto-detto
fuori-dentro
fantasia-realtà
gerarchia degli affetti/democrazia
degli affetti
Sabina La Grutta, Dipartimento di
Psicologia, Università di Palermo
Disagi e psicopatologie
nell’infanzia e
nell’adolescenza
Sabina La Grutta, Dipartimento di
Psicologia, Università di Palermo
Depressione infantile
Prof.ssa Sabina La Grutta
Dipartimento di Psicologia
Università degli Studi di Palermo
• La depressione infantile è spesso
sottovalutata poiché si è applicata una
visione adultomorfa del disturbo, fondata
su sintomatologia e meccanismi
intrapsichici complessi (vergogna, senso
di colpa, tristezza…).
22
• In effetti nel bambino e nell’adolescente
non potrà mai realizzarsi la depressione
con le caratteristiche che le riconosciamo
nell’adulto perché manca la capacità di
autocomprendersi e descriversi come
depresso e non è sufficientemente
equilibrata la capacità introspettiva e di
astrazione del pensiero.
23
• Va anche detto che nello sviluppo è insito
un fisiologico potenziale depressivo e
quindi diviene veramente complesso
isolare quelle condizioni che sono da
leggere nel normale percorso evolutivo e
quelle che invece dispongono il clinico ad
un maggiore allarme psicopatologico.
24
Epidemiologia
Questo stato di cose crea un impasse negli studi
epidemiologici che non sono in grado stabilire con
precisione l’emergenza del fenomeno:
• sono in generale incremento i disturbi psicopatologici in
età evolutiva;
• le depressioni maggiori sono stimate tra 1.8% e 2.5%
nella popolazione prepubere e tra il 2.9% e il 4.7% nella
popolazione adolescenziale;
• la prevalenza del disturbo distimico è stimata tra 0.6% e
4.6% nei bambini, e tra 1.6% e l’8% negli adolescenti.
25
• Nell’età prescolare è per lo più legata al
linguaggio del corpo (disturbi alimentari,
sfinterici, della psicomotricità e di acquisizione
del linguaggio).
• Nell’età scolare con somatizzazioni e con
sintomi centrati sulla scolarizzazione (fobia
scolare, astenia, insuccesso scolastico).
• Nell’adolescenza la depressione assume forme
particolari e solo in alcuni casi si presenta con le
caratteristiche dell’adulto.
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Criteri diagnostici
• Il bambino può essere depresso senza mostrare
sintomatologia evidente a livello emotivo.
• I sintomi somatici e psicomotori prevalgono nelle fasi più
precoci (disturbi dell’evacuazione, coliche, disturbi
dell’alimentazione, disturbi da deficit di attenzione e
iperattività), seguono i sintomi relativi all’apprendimento
e all’ansia di separazione e, nell’adolescenza, le
alterazioni della condotta.
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Riprendendo gli studi più significativi si
possono individuare dei criteri specifici in
base a tre fasce di età:
• 0-2 anni: protesta, piagnucolio, apatia,
disturbi alimentari o del sonno, ritardo
staturo-ponderale, assenza di reazioni
all’estraneo.
29
• 3-5 anni: mancanza di spontaneità,
tristezza, rallentamento psicomotorio,
sguardo spento, inibizione verso le
gratificazioni, fobie, manifestazioni
autoaggressive, attaccamento morboso al
genitore, disturbi del sonno,
alimentazione, cefalee, enuresi, coliche.
30
• 6-10 anni: tristezza, infelicità, ritiro in sé e
mancanza di interessi, sensazione di
essere rifiutato, incapacità di accettare
l’aiuto altrui, insonnia, attività autoerotiche
o altre eccessivamente ripetitive.
31
Fattori precipitanti il disturbo
depressivo
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Familiarità
Stress ambientale continuato
Schemi di attaccamento insicuri
Inizio della scuola
Malattia cronica
Perdita di un caro
Divorzio dei genitori
Nascita di un fratello
Testimoni/vittime di eventi traumatici
Gravi problemi di disabilità
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Pattern oggettuali responsabili di
dinamiche depressive
• Perdita precoce o ripetuta e impossibilità di
elaborazione del lutto
• Tendenza da parte della famiglia a denegare
la sofferenza
• Genitori abbandonici e contemporaneamente
critici di fronte ad ogni naturale reazione
regressiva
• Depressione di uno dei genitori
33
Il Sé depressivo
• Senso di intrinseca distruttività
• Il terrore di essere rifiutati si è trasformato
nella convinzione inconscia di meritare il
rifiuto
• Elevata suscettibilità alle critiche delle
quali non comprendono l’aspetto
costruttivo
• Tendenza all’altruismo
34
• Comportamenti aggressivi e violenti in età
prescolare (ira e pantoclastia, irritabilità,
impulsività, bassa tolleranza alla
frustrazione) vanno comunque considerati
come campanelli di allarme.
35
• A causa dell’assenza di comprensione, il
bambino sviluppa un vissuto di
helplesseness (impossibilità di pensare di
poter ricevere aiuto) e di hopelesseness
(mancanza di speranza).
• Prevale un senso di rassegnazione verso
le esperienze di dolore fisico e mentale.
36
La clinica della depressione
nell’adolescente
Prof.ssa R. Lo Baido
Clinica Psichiatrica
Facoltà di Medicina e Chirurgia
Università degli Studi di Palermo
Epidemiologia
38
‹ 0.5% al 2.5% nella popolazione
preadolescenziale
‹2.5% al 8% nella popolazione adolescenziale
‹ il disturbo depressivo maggiore ha una
prevalenza del 25% sulle femmine e del 12%
sui maschi. È a partire dall’adolescenza che il
disturbo depressivo mostra una netta
superiorità nel sesso femminile (Allen-Meares et al.,
2004)
‹La distimia ha una prevalenza del 4% nelle
femmine e del 2% nei maschi (Oyserman, 2005)
‹i disturbi bipolari hanno una prevalenza del
5% sulla popolazione adolescenziale (Hankin,
1998)
39
L’adolescente si trova “per lo più al di qua o
al di là della depressione” (Laufer, 1986).
40
1. Rallentamento
psicomotorio
2. Segni fisici
3. Tristezza e disinteresse
4. Agitazione e angoscia
5. Autosvalutazione
41
‹ Rallentamento psicomotorio: viene
chiamato affetto depressivo di base.
‹ Segni fisici:disturbi
dell’alimentazione e del sonno.
‹ Tristezza e disinteresse quando
assumono le caratteristiche
dell’autoisolamento, del pianto
immotivato.
42
• Agitazione e angoscia caratterizzate da
aggressività contro sé e gli altri, eccessi
nel bere o nell’assunzione di sostanze
stupefacenti, insicurezza generica,
comportamenti delinquenziali e suicidari.
• Autosvalutazione che può anche
mancare.
43
Differenze cliniche in
rapporto all’adulto depresso
44
†non presenta quasi mai la “maschera
depressiva”
†raramente si dichiara triste, meno
ancora depresso, ma dice che si
annoia, che ha la testa vuota, che ne ha
abbastanza
†raramente ricerca la comprensione e le
rassicurazioni di un adulto anzi tende a
rifiutare l’aiuto, con atteggiamento ostile
e indifferente, dichiarando di non avere
bisogno di niente
†in certi momenti della giornata può
45
recuperare la vivacità e la gestualità
Nota bene:
l’apparente ostilità e indifferenza, i
propositi provocatori uniti ad un viso che
non ha l’aria depressa e in assenza di
espressione di tristezza, con momenti di
attività intermittente, sono condizioni che
possono indurre in errore il clinico che
non ha consuetudine con l’adolescenza.
Disconoscendo la depressione possono
essere accentuati nell’adolescente i
vissuti di solitudine e di abbandono.
46
Equivalenti depressivi
nell’adolescente
47
‹ scarsa qualità del successo
scolastico*
‹ stanchezza
‹ noia
‹ tendenza ad attirare l’attenzione
‹ nervosismo
‹ instabilità
‹ iperattività
48
• aggressività eterodiretta e autodiretta
• passaggi all’atto (disobbedienza,
tendenze masochistiche,
predisposizione agli incidenti, crisi di
collera, fughe, delinquenza, formazione
di un’identità negativa ⇒ bullismo)
• ipocondria e disturbi psicosomatici
• dipendenze (da sostanze, da cibo, da
oggetti…)
• difficoltà delle condotte sessuali
49
Le narrazioni
come strumento di rilevazione
Sabina La Grutta, Dipartimento di
Psicologia, Università di Palermo
1. Tecnica delle Storie
disegnate
Si tratta di una tecnica che attraverso il
disegno di storie inventate permette al
soggetto di esternare temi affettivi
personali e conflitti inesprimibili
verbalmente perché troppo penosi.
52
Si chiede al bambino di inventare una storia e di
disegnarla su un foglio di carta bianca suddiviso in
quattro parti.
Si suggerisce di incominciare nei primi tre riquadri e di
concludere la storia nel quarto.
Gli unici commenti consentiti sono quelli che
riguardano i personaggi illustrati e sono proposti per
creare un’atmosfera che aiuti lo sviluppo narrativo
della storia.
53
Chiedere al bambino di narrare
attraverso il disegno permette di valutare
lo sviluppo dinamico della storia
attraverso un chiaro indice: l’esito.
54
Il soggetto può scegliere di concludere
la sua narrazione in un modo positivo
(Esito Positivo, EP) o negativo (Esito
Negativo, EN).
Per esempio, un incidente tra
automobili o la rottura di un giocattolo
sono Esiti Negativi; andare ad un
picnic o la sequenza temporale di vari
compiti giornalieri sono Esiti Positivi.
55
A volte accade che un evento negativo si
concluda poi positivamente per esempio
se un oggetto rotto viene riparato. Allora
si dice che l’esito è positivo-compensato
(EPC).
56
Può accadere che il soggetto non riesca
a raccontare la storia e che questa non
venga completata o che i quadri non
abbiano relazione tra di loro.
Si parla allora di assenza di esito (AE).
57
L’esito della storia è un indice della condizione
psicologica del bambino.
La sofferenza emotiva è rappresentata da storie che
terminano con EN, mentre il benessere e la capacità
di elaborare la sofferenza e le frustrazioni
coincidono con EP ed EPC delle storie.
Le AE sono correlabili con gravi difficoltà sul piano
nel processo di elaborazione mentale e funzione del
simbolico.
58
59
• F - 8 aa
• Asma moderato
Persistente
• EP
60
Qua c’è la casa.
Qua c’è la bambina che
abita nella casa e che
passeggia il cane.
Qua è mentre sta
passeggiando il cane.
Qua sta tornando a
casa.
61
• F - 12 aa
• Asma lieve
Persistente
• EN
62
Una pianta che nasce,
cresce, si sviluppa, si
ammala, muore.
63
• M - 9 aa
• Asma intermittente
• EPC
64
C’era una volta una
formica che vedeva che
gli altri potevano volare
e lei no. Costruisce un
aereo che si rompe e
cade su un albero e poi
arriva un uccello e la
salva.
65
• F - 11 aa
• Epilessia
• EP
66
Questa è la storia del
vorrei …
È un bambino che dice
«vorrei volare».
Questa è una bambina
che dice «vorrei essere
un angelo».
Un cane che vuole
andare a scuola e un
bambino che dice che
non si fuma (vorrei che
mio padre smettesse).
67
• M - 9 aa
• Epilessia
• EN
68
Una barca che
cammina, fa un viaggio,
sta per arrivare, c’è il
pilota che pesca e poi
affonda…
69
• F - 9 aa
• Epilessia
generalizzata
• AE
70
2. Metodo delle favole
(di L. Düss)
71
Strumento proiettivo a performance verbale
che consiste nell’esporre al soggetto dieci
brevi episodi da completare con l’obiettivo di
conoscere l’evoluzione dell’affettività e delle
relazioni di oggetto.
Somministrazione
La somministrazione del metodo può
avvenire individualmente (L.Düss, 1944,
1950) o anche collettivamente (Passi
Tognazzo, Ongaro, 1971).
L’uccellino
Un papà e una mamma uccelli e il loro
bambino uccellino dormono nel nido, sul
ramo di un albero. Viene a un tratto però un
gran vento, stronca l’albero e il nido cade
per terra. I tre uccelli si svegliano
all’improvviso. Il papà svelto svelto vola su
un abete, la mamma vola su un altro abete.
Il bambino uccellino che cosa farà allora?
(Sa già volare un poco).
L’anniversario di matrimonio
È la festa dell’anniversario di matrimonio del
papà e della mamma. Il papà e la mamma si
vogliono molto bene ed hanno fatto una
bella festa.
Durante la festa, il loro bambino si alza e se
ne va tutto solo in fondo al giardino.
Per quale ragione?
L’agnellino
C’era una mamma pecora e il suo figlioletto
agnellino in un prato. L’agnellino sgambetta tutto il
giorno accanto alla mamma. Tutte le sere la mamma
gli dà un po’ di buon latte caldo che gli piace tanto.
Ma quell’agnellino già mangia anche l’erba.
Un giorno portano alla mamma pecora un altro
agnellino tanto piccino perché essa dia anche a lui
un po’ di latte.
Quella mamma pecora però non ha abbastanza latte
per tutti e due e allora essa propone al suo figlioletto:
“non ho latte da dare a tutti e due, tu accontentati di
andare a mangiare soltanto l’erba fresca”.
Che cosa farà allora l’agnello?
Il funerale
Un funerale passa nella strada del paese e
le persone domandano: “chi è morto?”.
Viene risposto: “una persona che abitava in
quella casa là”.
Chi sarà?
Paura
C’è un bambino che dice piano piano: “che
paura ho io!”
Di che cosa ha paura quel bambino?
L’elefante:
Un bambino ha un piccolo elefante che gli
piace tanto e che è tanto grazioso con la
sua lunga proboscide.
Un giorno, tornando da una passeggiata, il
bambino entra nella sua stanza e trova che
l’elefante è cambiato in qualche cosa.
Che cosa è cambiato in lui? E perché?
L’oggetto costruito:
Un bambino è riuscito a costruire qualcosa
in terra (una torre) che gli piace tanto,
proprio tanto, che cosa ne farà?
La sua mamma lo prega di darla a lei, lui
può dargliela se vuole.
Gliela darà?
Passeggiata con il papà
Una bambina va a fare una bella
passeggiata in un bosco con il papà solo.
Tutti e due sono tanto contenti.
Quando la bambina torna a casa trova la
mamma con una espressione diversa dal
solito.
Per quale ragione?
Passeggiata con la mamma
Un bambino va a fare una bella passeggiata
in un bosco con la mamma sola. Tutti e due
sono tanto contenti.
Quando il bambino torna a casa trova il
papà con una espressione diversa dal solito.
Per quale ragione?
La notizia
Un bambino torna da scuola (o da una
passeggiata). La mamma gli dice: “non
cominciare subito a fare i compiti, ho una
notizia da darti”.
Che cosa avrà da dire la mamma?
Un sogno:
Un bambino svegliandosi al mattino tutto
agitato dice: “che sogno ho fatto!”
Che cosa ha mai sognato?
Indicatori di rischio
• Contenuti di morte e aggressività che
testimoniano slegamento degli affetti
• Rifiuto, silenzio e ritardo a rispondere
• Risposte immediate e sintetiche (si, no,
una parola)
• Desiderio di passare al compito
successivo
• Tutte le favole hanno esito sfavorevole per
il protagonista
Ipotesi interpretative
• relazioni con le figure parentali
• relazioni con i pari
• qualità generale delle relazioni d’oggetto
rispetto a parametri di bontà/cattiveria e
stabilità/instabilità
• angosce, paure, timori, attese, desideri,
speranze
• capacità di gestire la mancanza,
l’assenza, la frustrazione
Principi per programmare
l’intervento
«L’attività mentale è la funzione più altamente
differenziata del corpo … il corpo e la mente
vanno considerati sotto l’aspetto di un continuum
funzionale … Lo sviluppo della mente è un
processo graduale nella direzione dal corpo alla
mente, una sorta di emergenza dal corpo che
coincide con la graduale acquisizione mentale del
Sé corporeo» (Gaddini, 1980).
88
La mentalizzazione è quella funzione
(riflessiva) che permette ad ognuno di noi di
regolare in modo adattivo il proprio
comportamento leggendo nella mente degli
altri. Attribuendo loro stati mentali e quindi
rendendo il loro agire intuibile, interpretabile
e prevedibile.
89
Il bambino, dopo aver imparato a
comprendere il comportamento altrui,
diventa capace di mettere in atto il
comportamento più appropriato per
rispondere in maniera adattiva e flessibile
agli scambi interpersonali.
90
La possibilità di dare significato alle reazioni
altrui è un precursore della regolazione
affettiva, del controllo degli impulsi,
dell’automonitoraggio e dell’esperienza di sé
come agente.
91
• “Essere me stesso” nasce dallo scambio
intersoggettivo che consente ai bambini di
trovare i loro stati interni riflessi nella mente di
un altro. Attraverso questi processi riflessivi gli
stati interni possono essere elaborati nei loro
aspetti impliciti e simbolici e possono essere
integrati all’interno di una narrativa
autobiografica in evoluzione.
92
«Cosa vede il bambino quando guarda il
volto di sua madre? … Di solito la mamma
guarda il bambino e il suo aspetto è in
relazione con quello che lei vede…»
(Winnicott, 1967).
Il bambino trova se stesso nel volto e nel
comportamento della madre.
93
«Ma se la madre riflette il proprio umore o
peggio ancora la rigidità delle proprie difese,
allora il bambino non trova più se stesso e
quello che vede è solo il volto della madre»
(Winnicott, 1967).
94
Indicazioni
1) I caregiver devono essere coinvolti.
2) L’intervento deve essere adattato alle
tradizioni culturali della famiglia.
3) L’obiettivo complessivo dell’intervento è
accrescere la funzione riflessiva dei bambini e
dei loro caregiver.
95
Azioni con il soggetto
• Verbalizzare e condividere stati interni.
• Ridurre i fatti intrattabili in esperienze
trattabili dai bambini e dai caregiver.
• Sviluppare affetti e sentimenti.
97
• Condurre a comprendere che la comunicazione
ha degli inevitabili e dolorosi scarti (per farsi
capire ci vuole fatica!).
• Fissare limiti al comportamento disadattivo.
• Proteggere i confini e le differenze
generazionali.
• Incoraggiare un atteggiamento “come se” che
promuova il gioco, la fantasia, la flessibilità,
l’umorismo.
• Lavorare sulle delusioni e sulle frustrazioni.
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2. Azioni con il caregiver
• Ridurre al minimo nei caregiver sensazioni di
vergogna, di responsabilità, di colpevolezza, di
impotenza, di incompetenza.
• Spostare l’oggetto di interesse del caregiver dai
problemi di comportamento del bambino verso
problemi di relazione con il bambino.
100
• Formare il senso di competenza dei caregiver.
• Fare comprendere che l’intervento con il
bambino può proseguire soltanto se i caregiver
concordano tra di loro e con l’operatore.
• Individuare con i caregiver le zone
problematiche del trattamento e la possibilità
che il trattamento possa autonomizzare i
bambini.
101
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