il bestiario del Duomo a cura di mons. Lodovico Maule

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Trento, Cattedrale, 2 settembre 2013
“Cercate prima il regno di Dio …”
Il senso del tempio e dei suoi simboli come luogo di Dio
“Benedetto il Signore, Dio dei padri nostri, Creatore di tutto e Fonte della vita. A Lui
lode per sempre. Amen”.
“Cercate prima il regno di Dio… Guardate gli uccelli del cielo: essi non seminano,
non raccolgono e non mettono il raccolto nei granai. Eppure il Padre vostro che è in
cielo li nutre! Ebbene, voi non volete forse più di tutti loro?” (Mt 6, 26).
Così ha parlato a noi, poco fa, il Signore nel Testo evangelico.
La Sacra Scrittura, sempre, guarda con stupore, con meraviglia e nel rendimento di
grazie le opere della creazione e, tra queste, guarda segnatamente agli esseri viventi,
gli animali che il Signore chiamò all’esistenza (Gen 1, 20-25), prima di plasmare
l’uomo dalla terra (Gen 1,27), per donarli a lui come compagni e servitori.
Nel giardino l’uomo impone il nome agli animali, ricevendo così il segno della sua
signoria (Gen 2, 19-20), su di essi e sulle opere create da Dio, ma essere signore del
creato non significa per l’uomo divenirne padrone dispotico e arrogante, bensì egli è
chiamato a guardare le creature con lo sguardo amorevole del Creatore, con stupore e
con gratitudine. Il Salmista ci ricorda infatti che il Signore e Creatore di tutto:
1
Provvede il cibo al bestiame, *
ai piccoli del corvo che gridano a lui.
Salmo 146
L’uomo inoltre nel corso della sua vita è chiamato a prestare voce al creato, a tutte le
realtà uscite dalle mani provvide del Creatore, siano esse inanimate o animate:
“Benedite, opere tutte del Signore, il Signore … benedite, animali tutti, selvaggi e
domestici, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli”(Dan 3, 57. 81).
Anche la Chiesa, nella sua storia millenaria, guarda con gratitudine e rispetto l’opera
della creazione, contemplando in essa il segno tangibile dell’amore provvidente di
Dio e insieme l’anticipazione del mondo che deve venire, quando il tempo presente
sarà consumato.
Nella Costituzione Gaudium et spes del Concilio Ecumenico Vaticano II, si legge:
“… vinta la morte, i figli di Dio saranno risuscitati in Cristo, e ciò che fu seminato
nella debolezza e nella corruzione rivestirà l’incorruzione: e restando la carità con i
suoi frutti, saranno liberate dalla schiavitù del male tutte quelle creature, che Dio ha
fatto appunto per l’uomo.
Certo, siamo avvertiti che non giova nulla all’uomo guadagnare il mondo intero, se
poi perde se stesso. Tuttavia l’attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì
piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove
cresce quel corpo dell’umanità nuova che già riesce a offrire una certa
prefigurazione di quello che sarà il mondo nuovo” (GS 39).
Chi varca le porte di questa mirabile Cattedrale sicuramente è attratto dalla bellezza
del luogo, dalla sua armonia, dalla solenne e serena austerità, ma i nostri occhi,
sovente più attenti a considerare le cose grandi, non di rado si lasciano sfuggire lo
splendore e l’insegnamento dei piccoli particolari.
Se, per fare un esempio, ci chiedessero a bruciapelo: “Quali e quanti tipi di animali
sono raffigurati sotto le volte di questo edificio sacro?”, probabilmente ci troveremo a
dire, ma quali animali? E dove?
Invece, tralasciando alcuni esseri fantastici e di difficile comprensione, possiamo
riconoscere almeno 21 specie di esseri viventi raffigurati sulle porte, sull’altare, le
finestre, le colonne, il campanile, la cappella del Sacramento, le sepolture. Tutti
questi animali sono presenti non solo come elementi decorativi, ma anzitutto come
insegnamento.
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Il Signore, poco fa ci ha detto: “guardate gli uccelli del cielo. Quasi rispondendo
all’invito proviamo, sia pur rapidamente ad osservare gli animali raffigurati in questo
luogo santo, per accogliere il loro amichevole insegnamento.
Dato il poco tempo non possiamo fare uno studio particolareggiato, e
scientificamente corretto. Ci accontenteremo di alcune suggestioni, rinviando ad altra
occasione un maggiore approfondimento.
Per semplicità e rapidità divido, senza pretese, la nostra osservazione in otto luoghi.
Tra i diversi animali incontreremo:
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Il Comitato di accoglienza (Le porte)
I Custodi della luce dell’Est (La finestra dell’abside)
Il Servizio d’onore (L’Altare maggiore)
I Maestri carpentieri (I pilastri)
I Custodi del Tesoro (La cappella Alberti)
Gli Araldi della Cattedrale (Il Campanile)
I Catechisti dei semplici (Gli affreschi)
I Sapienti pedagoghi (Le tombe)
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1. Il Comitato di accoglienza - Le porte
Alle diverse porte che introducono in Cattedrale incontriamo tutta una serie di
animali, alcuni si ripetono, altri sono propri di quel particolare ingresso.
Potremo chiamarli i “maggiordomi” di casa, oppure il “Comitato di accoglienza” che
introducono nella Cattedrale.
LA PORTA DEL VESCOVO
 Totale Porta
Siamo alla porta più bella ed ornata della Cattedrale. Il suo nome: “Porta del
Vescovo”, deriva dal fatto che attraverso questa il Vescovo, con il suo corteo, entrava
provenendo dal Castello del Buonconsiglio.
A questa porta incontriamo un importante e numeroso “Comitato di accoglienza”.
Logicamente ci soffermiamo a considerare solo le figure degli animali.
 Leoni
Le figure più imponenti sono i due leoni che sorreggono le colonne del protiro. Nella
loro maestosità appaiono quali veri guardiani della porta.
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Nella simbologia degli antichi, il Leone assume molti significati. A partire dalla
Sacra Scrittura il leone è il segno della tribù di Giuda, tribù nella quale nascerà il
Verbo di Dio nella storia.
Il leone quindi appare emblema diretto della persona di Gesù Cristo e assume molti
significati: è l’emblema del Cristo Risorto per il fatto che, secondo il modo di pensare
degli antichi, i piccoli leoni alla loro nascita, per tre giorni sembrano morti, ma poi il
soffio del loro genitore li ridesta alla vita.
In questo animale, inoltre, gli antichi vedevano il simbolo delle due Nature di Gesù
Cristo: nella testa possente, nel petto poderoso, nelle zampe anteriori leggevano la
forza della Divinità.
Nella parte posteriore e più esile del corpo scorgevano la realtà umana. Ma,
proseguendo, il leone è simbolo della scienza di Gesù Cristo, poiché secondo il
pensiero degli antichi, il leone sentirebbe da lontano l’odore dei cacciatori e fuggendo
da essi, con la sua coda cancella le sue tracce.
Ancora egli è rinvio alla vigilanza del Cristo. Infatti il leone, è un vero guardiano,
perché dorme con gli occhi aperti. Proprio per questo, forse, lo si collocava alla porta
delle chiese.
San Carlo Borromeo suggeriva di adornare le porte delle chiese con la figura del
leone, per ricordare la vigilanza necessaria a coloro che hanno il compito di custodire
il gregge del Signore.
Da ultimo ricordiamo che alcuni scrittori mistici, nel ruggito del leone, trovavano
l’immagine della potenza della Parola del Cristo, del Verbo di Dio.
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Il profeta Osea aveva annunciato: “Seguiranno il Signore ed egli ruggirà come un
leone: quando ruggirà, accorreranno i suoi figli dall’Occidente accorreranno come
uccelli dall’Egitto, come colombe dall’Assiria” (Os 11,10-11).
Il profeta Gioele fa eco dicendo: “Il Signore ruggirà da Sion, e da Gerusalemme farà
udire la sua voce” (Gl 4,16).
 Aquile
Sotto le zampe dei leoni stilofori sono rappresentate quattro aquile. Anche questo
animale è eccellente figura di Cristo e richiamo alla sua gloriosa Ascensione.
Il profeta Geremia parlava dell’Aquila che stende le sue ali e si libra verso l’alto
(Ger 49,22). Questo maestoso volatile era considerato come simbolo del Signore e
della Divinità del Figlio di Dio.
Non casualmente, anche nella Roma imperiale, era l’emblema del trionfo e del
dominio dell’Urbe sul mondo.
Dopo la conversione di Costantino e dopo il suo editto che dava libertà di culto ai
cristiani, l’aquila fu il segno del trionfo della fede in Cristo sul paganesimo.
Essa appare figura del Cristo che conduce gli uomini verso Dio; accogliendo come
profezia quanto si legge nel libro del Deuteronomio: “Come un’aquila che veglia la
sua nidiata, che vola sopra i suoi nati, egli spiegò le ali e lo prese, lo sollevò sulle
sue ali” (Dt 32,11).
L’aquila ancora è simbolo del Cristo che combatte contro il maligno; anch’essa rinvia
alla resurrezione di Cristo e del credente in lui. Come segno del Signore e Salvatore
l’aquila diviene figura del fedele del discepolo. San Massimo di Torino utilizzò la
figura dell’Aquila quale simbolo del “neofita” che mediante il battesimo è rinnovato
e iniziato a vita nuova
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 Arco della porta
Nel mirabile arco che sovrasta la Porta del vescovo, accanto alla maestosa figura del
Cristo seduto sul suo trono, sono raffigurati, in un dinamismo che quasi sembra
spingerli fuori dell’arco stesso, i quattro Evangelisti.
Secondo la tradizione Matteo, unico tra i quattro, ha come simbolo la figura di un
angelo; gli altri tre Evangelisti sono rappresentati da un animale.
 Luca
Luca ha come suo emblema il bue, perché il suo Evangelo si inizia con la narrazione
del sacrificio di Zaccaria nel tempio.
 Marco
Marco ha come simbolo il leone, perché il suo Vangelo inizia con la narrazione della
predicazione del Battista nel deserto: “Voce di uno che grida nel deserto: preparate
la via del Signore raddrizzate i suoi sentieri” (Mc 1,3)
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 Giovanni
Per la ricchezza spirituale e la profondità del suo Evangelo, Giovanni ha come
simbolo l’aquila che vola ad altezze vertiginose e possiede vista acutissima e
penetrante.
LA PORTA CENTRALE
 Rosone Evangelisti
Anche il “Comitato di accoglienza” che sta alla porta principale della Cattedrale, e
adorna lo splendido rosone che inonda di luce la navata della Cattedrale, è formato
dal simbolo degli Evangelisti che circondano la Figura dominante del Signore, seduto
in trono e posto alla sommità.
Queste figure che abbiamo appena commentato
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LA PORTA SUD EST
 Leone stiloforo
Anche alla porta Sud-Est troviamo ricchezza di simbologia, Questa porta si apre nella
parte più antica e più bella della Cattedrale.
Anzitutto colpisce la figura maestosa del leone che sorregge la colonna.
Abbiamo già considerato il significato simbolico di questo animale, guardiano della
porta e rinvio alla figura di Cristo.
 Leone sopra la porta
Vediamo un altro leone, più piccolo, che sormonta la parte eminente del protiro. Esso
appare in atteggiamento pacifico, quasi “sorridente”. Esso, ed è fatto curioso, porta
un collare ornato da una fibbia.
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 Serpenti
Al di sotto del piccolo leone, nel cornicione del timpano, si vedono strisciare due
serpenti. Superando, in questo caso, il timore che incute tale animale e il riferimento
biblico al maligno tentatore dei progenitori, qui il serpente assume la simbologia della
luce, dunque un aspetto benevolo a simboleggiare Cristo, del resto il Signore stesso
ricordando il serpente innalzato nel deserto da Mosè, annuncia la sua Croce alla quale
tutti i credenti sono chiamati a volgere lo sguardo (Gv 3,14).
Nel medioevo, numerosi pastorali di vescovi e di abati, terminavano con una voluta
conclusa con una testa di serpente, questo a significare il Cristo Salvatore. A volte
nella bocca del serpente era collocata la Croce. Forse questo simbolismo rinvia
all’invito di Cristo ai suoi discepoli ad essere “prudenti come i serpenti e semplici
come le colombe” (Mt 10,16).
 Drago
Alla base della porta troviamo la raffigurazione del drago. Esso è qui raffigurato
come custode della porta. Antiche leggende raccontano del drago custode severo e
terribile di grandi tesori, nascosti in caverne impenetrabili o sulle cime di monti orlate
da precipizi dove si può arrivare solo percorrendo sentieri pericolosi e insidiosi.
Il drago, quale guardiano della soglia, può essere visto come immagine di Gesù
Cristo che mediante la sua Passione e Morte permette all’umanità decaduta a causa
del peccato di varcare la soglia della vita eterna.
Da ultimo, il drago, può essere compreso come figura di Cristo che con il suo
insegnamento rinvia all’impegno della vita per poter varcare “la porta stretta” (Mt
7,,13).
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 Veltro e drago
Dall’altro lato della porta è raffigurato un veltro che addenta il drago. Il veltro è un
tipo di cane adatto, per la sua forza e la sua velocità, all’inseguimento e alla presa,
simile ai levrieri oggi conosciuti.
Dante, nel primo Canto dell’Inferno, dopo aver parlato della lupa che gli impedisce il
cammino, preannuncia la venuta di un veltro che con doglia farà morire la lupa
(I,100), possiamo qui considerare il veltro che azzanna il drago, in questo caso
simbolo del male.
Infatti nella considerazione ordinaria dei cristiani il drago rappresenta lo spirito del
male. Di questo troviamo riferimento anche nei Testi sacri, basti pensare tra tutti al
libro dell’Apocalisse.
LA PORTA NORD EST
 Totale porta
Alla porta nord Est che immette alla Cattedrale, non visibile dall’esterno perché
nascosta dal muro di tamponamento cinquecentesco, troviamo due sculture notevoli e
simili tra loro.
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 Leone drago
A destra la scultura mostra un leone che azzanna il drago. Il Custode della porta che
compie la sua opera di vigilanza contro il male. Possiamo cogliere un riferimento al
Leone di Giuda che vince le opere del maligno.
 Leoni drago
Il medesimo tema lo troviamo anche nella formella di sinistra, la variante è data dal
fatto che i leoni che azzannano il drago sono due.
Non so se può esser forzatura pensare qui ai discepoli del Signore, chiamati a loro
volta a lottare contro il drago maligno.
LA PORTA INTERNA, PARETE SUD
 Ariete
Sul piccolo arco sovrastante la porta interna, a Sud, che conduce alle volte della
Cattedrale è raffigurato l’ariete.
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Al di là delle simbologie pagane che possono essere attribuite a questo animale, nella
simbolica cristiana esso può essere considerato come emblema della Persona di
Cristo Pastore, della paternità spirituale di Cristo.
Rinvio al Cristo trionfatore; emblema del Verbo divino; emblema di Cristo luce del
mondo, del Redentore, della gioia dei giusti e, infine, l’ariete è anche emblema del
cristiano.
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2. I Custodi della luce dell’Est - La finestra dell’abside
 Grifi
La nostra Cattedrale, com’era uso delle chiese antiche, è orientata verso Est, in modo
tale che la luce mattutina, entrando dalla finestra viene ad illuminare l’altare.
La luce del sole nascente è continuo rinvio al Cristo “vero Sole” apparso all’orizzonte
dell’umanità, annunciato da Zaccaria nel suo Cantico: “Ci visiterà un sole che sorge
dall’alto” (Lc 1,78); ed è rinvio a Cristo che deve tornare: “Infatti, come la folgore
viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo”
(Mt 24,27).
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La finestra dell’abside è ornata all’esterno da due grifoni, tale animale fantastico fu
assunto dal cristianesimo, ricevendolo dalle antiche culture, per raffigurare la Natura
e l’eccellenza di Cristo e della sua Divinità.
Nel medioevo, al grifone, si associa il simbolismo di essere il conduttore delle anime
verso il cielo.
Inoltre in questo animale fantastico che fonde in sé due nature, quella dell’aquila e
quella del leone, si legge uno dei simboli più immediati che rinviano alla duplice
Natura, Divina e umana, di Cristo.
La testa e il busto di aquila rinviano alla Divinità del Salvatore, invece il corpo di
leone, posato a terra, rinvia alla sua Umanità. In questo animale, ancora, si scorge il
simbolo della saggezza e della forza del Cristo e appare anche come immagine
emblematica dei santi.
Così è facile per noi comprendere il significato di questi animali simbolici, collocati
ai lati della finestra che permette alla luce dell’Est di “visitare” la chiesa.
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3. Il Servizio d’onore - L’Altare maggiore
 Aquila sul ciborio
Sopra il baldacchino che impreziosisce l’Altare di san Vigilio, spicca l’aquila con le
ali spiegate.
Essa è da sempre considerata la regina di tutti i volatili e tra di essi gode quel primato
che il leone ha sulla terra.
Un tempo si riteneva che l’aquila sollevasse le anime dei defunti per riportarle a Dio.
Inoltre il suo volo rapido verso la terra richiamava la discesa della luce dall’alto.
Lo sguardo penetrante di questo uccello, inoltre era richiamo a voler penetrare i
Misteri di Dio. Non a caso, come abbiamo visto, l’aquila è il simbolo dell’evangelista
Giovanni.
A volte si poteva trovarla raffigurata sul Fonte battesimale, richiamo e rinvio alla
resurrezione. Con grande frequenza essa era, ed è, rappresentata sull’Ambone
liturgico ad indicare la forza penetrante della Parola di Dio.
L’aquila, nella cattedrale di Trento ritorna più e più volte, già l’abbiamo visto e
ancora avremo modo di vedere.
Sopra il baldacchino, splendida fattura in rame dorato, è posta come simbolo della
Città.
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 Aquile delle colonne
Anche le quattro colonne che sorreggono il baldacchino hanno alla loro base la
raffigurazione dell’aquila. Ognuna di esse reca una scritta relativa alla realizzazione
del baldacchino stesso.
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4. I “Maestri carpentieri” - I pilastri
Alla base dei pilastri che sostengono le volte della Cattedrale sono raffigurati, tra
l’altro, anche alcuni animali.
La loro mite presenza ci porta a considerarli quasi come sostenitori dell’edificio e
dunque muto invito a ciascuno noi ad essere costruttori della Chiesa, quella edificata
con pietre viventi.
 Toro
A partire delle Sacre Scritture, le visioni di Ezechiele e di San Giovanni, il toro è
stato considerato simbolo della Vittima redentrice che con il suo sangue ha ottenuto
la purificazione di tutta l’umanità.
Un altro simbolismo era collegato alla figura del toro, rinviando alla Persona di
Cristo, Luce e Vita, dunque fecondità.
Ecco, qui, alla base di un pilastro una piccola testa di toro.
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 Asino
Anche un mite asinello è raffigurato sulla base di un pilastro. Nella Sacra Scrittura,
nell’A. T., l’asino è descritto come cavalcatura dei principi. Il profeta Zaccaria,
parlando del Messia che viene per assumere il dominio che gli compete, annunciava:
“Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il
tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio di asino”
(Zac 9,9).
Nella Vita terrena di Cristo, la figura simpatica dell’asinello appare diverse volte.
Secondo la tradizione lo si colloca nel presepe, accanto al bue.
Sappiamo che, in adempimento della profezia, l’ingresso di Gesù in Gerusalemme,
prima della sua passione mentre Egli è acclamato: “Figlio di Davide”, avviene mentre
Egli cavalca un mite asino (Mt 21,1-11 =).
Per accenno, infine, si può ricordare ricordare che gli oppositori del cristianesimo, nei
primi tempi, in maniera irridente e blasfema, presentavano il Cristo con una testa
d’asino.
A tutti è nota la rappresentazione irridente del graffito ancora visibile sul Palatino a
Roma, noto come il Crocefisso di Alessameno, che rappresenta un uomo crocifisso
con la testa d’asino con davanti la figura di un uomo che presta il gesto
dell’adorazione. Sotto la figura, l’iscrizione: “Alessameno, adora il suo Dio”.
La semplicità del popolo cristiano non ha esitato nel chiedere all’asinello di diventare
simpatico simbolo del Cristo, Signore e Salvatore, onorando in tale maniera l’asinello
di Betlemme, quello che accompagnò la fuga in Egitto e infine l’asina, con il suo
asinello, dell’ingresso trionfale in Gerusalemme il giorno delle palme (Mt 21,1-11 =).
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 Bue
Alla base di un pilastro troviamo anche l’immagine del bue. Questo animale non è
altro che un toro, adattato dagli uomini di campagna, per il lavoro nei campi.
Tra gli animali utilizzati per il sacrificio esso fu la vittima pura, proprio per la sua
caratteristica.
Anch’esso diviene “immagine” del Cristo. Inoltre, essendo il bue animale da lavoro
per eccellenza, gli antichi ne hanno fatto l’immagine dell’opera di Colui che di se
stesso ha detto: “Il seminatore uscì a seminare” (Mc 4,3 =).
Secondo un’antica figura, il bue che trascina l’aratro, diventa simbolo di Cristo che
con l’aratro della sua Croce opera la salvezza del genere umano.
Da ultimo si può ricordare come a volte, il bue, fu considerato come “figura” dei
santi, di tutti coloro che lavorano nel campo di Dio, pontefici, maestri, predicatori.
Questo a motivo della sua continenza e della potenza della sua voce.
In questo senso è noto come s. Alberto Magno, parlando del suo grande discepolo
Tommaso d’Aquino, conosciuto per la vita laboriosa e silenziosa, dicesse di lui:
“Lasciate fare questo bue, il suo muggito risuonerà su tutta la terra”.
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 Serpente
Troviamo infine, alla base di un pilastro nel presbiterio, anche la raffigurazione del
serpente. Come già si è accennato la sua funzione simbolica è quella di “indicatore”,
custode e protettore del sacro. Richiamo all’uomo che non può accostarsi al sacro
impunemente.
 Colomba
Sulla colonnina che adorna e sostiene la piccola abside a Sud, sta scolpita nel
capitello, la figura di una colomba che volge il capo.
La simbologia della colomba è ricchissima. A partire dalla Bibbia, ricordiamo la
colomba che esce dall’arca di Noè (Gen 8,8-12); la Colomba che discende sopra
Gesù nel suo Battesimo al Giordano (Mt 4,16).
Frequentemente la colomba stava raffigurata sulla tomba dei Martiri e dei Santi; sui
vasi per il culto; sulle lampade e nell’arte liturgica. Essa rinvia soprattutto allo Spirito
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Santo, ma è anche riferimento all’anima fedele. Nei secoli, poi, diventerà anche
simbolo della Vergine Maria.
La colomba, inoltre, richiama la Pace divina e le virtù cristiane: della purezza, della
dolcezza, della semplicità, della rassegnazione.
Avendo offerto solamente queste semplici note, possiamo immaginare come il
discorso potrebbe svilupparsi con straordinaria ricchezza.
5. I Custodi del Tesoro - La cappella Alberti
 Serpente tentatore
Entriamo ora nel cuore della Cattedrale, la cappella Alberti, o cappella del Crocifisso,
o cappella del Santissimo Sacramento.
Qui si trova una straordinaria ricchezza di raffigurazioni di animali. Per comodità
partiamo dalla figura che balza agli occhi per prima, anche se in questo caso ha una
valenza assolutamente negativa. E’ il serpente antico, il tentatore che vediamo in alto
attorcigliato all’albero del giardino mentre insidia i progenitori.
Il serpente è qui raffigurato con le sue tremende spire avvolte al tronco. Con volto
umano si protende verso Eva, la madre dei viventi.
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Il serpente che da quell’albero aveva tratto la morte per l’uomo è comunque vinto per
sempre, dall’Albero nuovo che sotto si innalza, l’Albero della Croce che offre il
Frutto benefico della vita: Cristo che si è offerto per l’umanità.
 Aquile cornicione
Nella Cappella si trova, più volte, raffigurata l’aquila, la vediamo anzitutto ripetuta,
in maniera molto elegante, sui cornicioni sotto la volta.
 Aquile capitelli
Ritroviamo poi altre due aquile, splendidamente scolpite nei capitelli delle colonne
centrali. Qui la regina dell’aria è raffigurata con un ramo frondoso nel becco.
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 Pellicano
Uno splendido custode del Tesoro, che è per noi questo luogo, è la figura del
pellicano.
Un’antica leggenda narra come i piccoli del pellicano nascano, a volte, così deboli e
stremati da sembrare morti. Oppure che il pellicano ritornando al suo nido trovi i suoi
piccoli uccisi dal serpente o da altri animali. Allora egli col becco si lacera il petto e
fa scendere il suo sangue caldo su i suoi piccoli che così ritornano alla vita.
Una variante del racconto, che merita la nostra attenzione, narra che a volte i piccoli
beccano sul capo il loro genitore facendolo sanguinare ed egli mosso dall’ira uccide i
suoi piccoli, ma preso da compassione, dopo tre giorni, lacerandosi il petto fa
scendere sui suoi nati il proprio sangue. Da questo dono i piccoli tornano alla vita.
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È facile scorgere, dietro tali racconti, la figura del Cristo trafitto sulla Croce, che
donando il suo sangue per l’umanità, ha riscattato i figli di Adamo dalla morte
introducendoli nella vita che non conosce fine.
 Fenice
Nella cappella troviamo poi un altro ammaestramento di grande interesse. La figura
della fenice, uccello fantastico, che secondo le leggende e le tradizioni degli antichi
prodigiosamente tornava in vita dalle sue ceneri.
I padri dei primi secoli, seguendo l’insegnamento dei naturalisti del loro tempo,
hanno fatto propria questa leggenda, ricavando dalla storia di questo uccello
prodigioso, l’argomento a favore della resurrezione di Cristo.
Verso il 79 d.C., S. Clemente Romano, terzo successore dell’apostolo Pietro, scriveva
alla chiesa di Corinto: “Guardate il paradossale prodigio che avviene nelle regioni
dell’oriente, in Arabia; di un uccello chiamato fenice, unico nella sua specie e che
vive cinquecento anni”, e continuando il racconto alla maniera degli antichi scrittori
latini, il papa Clemente conclude: “dubiteremo noi di questa cosa grande
stupefacente, e cioè che l’artefice dell’universo operi la resurrezione di tutti coloro
che lo hanno servito santamente e con la fiducia di una fede coraggiosa, quando ci
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mostra persino con un uccello, la magnificenza della sua promessa?”. (Lettera ai
Corinti, 24,6).
Le due figure, del pellicano della fenice, ci aiutano a penetrare il Mistero ineffabile
del Cristo crocefisso e del Dono della divina Eucaristia.
 Gallo di Pietro
A lato della Croce del Signore, tra i vari simboli della Passione, si nota la figura del
gallo.
E’ evidente che in questo caso, la simbologia del piccolo animale domestico, rinvia
alla notte della Passione allorché il canto del gallo ricordò a Simon Pietro, che
rinnegava il suo Maestro e Signore, quanto Gesù gli aveva detto: “Prima che due
volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai” (Mc 14,30) =).
Questa mite bestiola ricorda anche a noi il pericolo continuo dei nostri tradimenti nei
confronti di Cristo Signore.
 Uccellini del paradiso
Negli splendidi intarsi marmorei che adornano l’altare del sacramento troviamo
rappresentati mirabilmente nello splendore del colore dei festosi uccellini che con le
ali spiegate sembrano celebrare la lode del loro creatore.
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 Gallo che becca la frutta
Nella festa di colori degli intarsi, tra i vari volatili spicca un gallo che in questo
ambiente paradisiaco becca una ciliegia.
In questo caso il gallo non rinvia al rinnegamento notturno del discepolo, ma si
presenta come lo splendido annunziatore del giorno, che con il suo canto squillante
annuncia il finire della notte facendo rifiorire così la sicurezza nel cuore dei paurosi.
In un suo inno il vescovo Ambrogio di Milano canta che: “al canto del gallo, il ladro
nasconde il pugnale, al povero ritorna la fede”.
 Ape
Ancora negli intarsi marmorei troviamo la simpatica figura dell’ape in volo. Questo
piccolo insetto, così importante per la vita dell’uomo, con il suo lavoro instancabile fa
dono della cera che illumina e offre la dolcezza del miele.
In quest’ottica, l’ape appare quale segno di Cristo che dona la luce, Lui che è: “la
luce del mondo” (Gv 8,12). Lui che si dona e offre nel segno del Pane “che porta in
sé ogni dolcezza”. Luce e dolcezza che ci rinviano anche alla sua Parola.
L’ape inoltre rinvia alle virtù cristiane: il vivere insieme, l’operosità, la solidarietà nel
difendere l’arnia e il miele. Le api sono così, per i discepoli del Signore, simbolo vero
e richiamo all’operosità, al coraggio e al dono di sé.
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 Farfalla
Sempre nei mirabili intarsi marmorei sono raffigurate anche le farfalle. Seguendo gli
antichi racconti mitologici, i primi cristiani hanno utilizzato la farfalla come simbolo
dell’anima umana riscattata da Cristo.
Ora, se la farfalla è immagine della futura trasformazione del corpo dei giusti, come
non considerarla anche quale splendido segno che rinvia al Corpo del Giusto per
eccellenza, che nel luminoso mattino di Pasqua è uscito dal sepolcro Risorto Vivente
per sempre?
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6. Gli Araldi della Cattedrale - Il Campanile
 Agnello (Cristo)
Ora per un breve momento usciamo dalla Cattedrale e ci soffermiamo alla finestra del
campanile rivolta verso Nord.
Lì è mirabilmente raffigurato il Volto di Cristo che guarda verso Nord, accanto al
Volto benevolo del Signore è raffigurato l’agnello.
Questo animale, per la sua mitezza, è il modello della semplicità e della benevolenza
dell’uomo buono ed è l’immagine di Cristo che liberamente ha offerto se stesso
Agnello innocente per la salvezza di tutti
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 Coniglio addentato dal Grifo
Su questa finestra si trova inoltre l’immagine di un coniglio che azzannato dal grifo,
richiamo al coraggio e alla vigilanza.
 Gallina addentata dalla volpe
Accanto è raffigurata la volpe che azzanna una gallina. Questo fatto normale in
natura, sulla parete del campanile è richiamo alla vigilanza e al coraggio per non
cedere ai morsi del male.
Queste immagini stanno appunto raffigurate sul campanile, il luogo da cui la voce
squillante e sonora delle campane raggiunge gli uomini per chiamarli al culto divino e
per ridestarli all’impegno della vita nuova.
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7. I Catechisti dei semplici - Gli affreschi
Tornando in Cattedrale ci accostiamo agli affreschi, essi erano, così possiamo dire, la
scuola biblica per i semplici e i poveri.
Ci soffermiamo solamente davanti all’affresco della Nascita del Signore.
 Bue e asino
Secondo la tradizione cristiana antica vediamo raffigurati l’asino e il bue presso la
culla del Dio fatto Bambino. La loro presenza abituale nel presepe, probabilmente ha
il suo fondamento in un testo del profeta Isaia che dice: “Il bue conosce il suo
proprietario e l’asino la greppia del suo padrone ma Israele non conosce, il mio
popolo non comprende” (Is 1, 2-3).
La presenza di questi simpatici animali, presso la culla del “Verbo fatto carne” (cfr.
Gv 1,14), richiama ciascuno di noi a saper riconoscere il Signore e a voler rimanere
fiduciosi e fedeli accanto a Lui.
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 Cane
Qui, nella scena del presepe troviamo raffigurato anche un cagnolino che dorme
acciambellato ai piedi della santa Madre di Dio e davanti a Giuseppe.
Per sé, nei Libri biblici si trovano testi terribili e duri contro questo animale. L’arte
cristiana, però, ha riscattato il fedele amico dell’uomo, questo devoto compagno del
genere umano, così, il cane è diventato simbolo della fedeltà, di ogni fedeltà, per cui a
volte lo si trova accovacciato sui monumenti funerari ai piedi di regine o di donne
virtuose; oppure sotto i piedi dei signori e dei loro scudieri.
Qui vediamo il cagnolino accovacciato ai piedi della Madre del Signore. Con la sua
presenza fedele è richiamo che ci fa ricordare la fedeltà infinita di Dio verso di noi e
invito alla fedeltà che possiamo imparare da questa creatura, verso il Creatore.
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8. I Sapienti pedagoghi - Le tombe
 L’ouroboros (serpente)
Siamo arrivati ormai agli ultimi insegnamenti da cogliere dai nostri amici animali e li
riceviamo scorrendo lo sguardo sui monumenti funebri. Su questi luoghi del riposo in
attesa del giorno ultimo, troviamo raffigurati diversi animali.
Per primo ci soffermiamo a guardare l’immagine dell’ouroboros, il serpente piegato a
formare un cerchio completo, che tiene nella bocca l’estremità della sua coda.
Il nome è legato alla lingua greca da cui deriva, in greco: “oura” significa “coda” e
“boros” significa “divorante”. Questo animale-simbolo è richiamo a prestare
attenzione al dono del tempo. Al tempo che fugge irreparabilmente. Con
“l’ouroboros” è raffigurata una tromba, rinvio alla tromba del giudizio finale (1 Cor
15,52), e al di sotto un teschio che dice la fine della vita nel tempo.
Qui ci è offerto l’insegnamento a voler usare bene del tempo che ci è donato.
 Leone
Sui sepolcri ritroviamo tante volte la figura del leone, il custode, qui lo troviamo
quale custode del luogo dell’ultimo riposo degli uomini
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 Leone – stendardo – elsa spada
Troviamo il leone raffigurato sullo stendardo del condottiero, lo ritroviamo anche
inciso sull’elsa della spada dell’uomo d’arme
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 Leone porta tomba
Lo troviamo quindi accovacciato a sostenere il sepolcro. Sta con gli occhi aperti,
ricordiamo così quanto abbiamo detto all’inizio, il leone che non dorme mai. Così
accogliamo l’invito alla vigilanza, perché dopo la nostra uscita dalla scena del mondo
presente saremo chiamati ad essere partecipi della Vita nuova.
 Leone araldico
Il leone ricorre con grande frequenza sugli stemmi di famiglia, sulle insegne nobiliari
e dunque riportato sul luogo della sepoltura.
 Aquila bicipite
Troviamo qui raffigurata nello stemma l’aquila bicipite cioè con due teste.
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 Leone rampante
Il leone rampante coronato, ma sulla tomba la sua potenza e la sua gloria richiamano
la caducità di tutto.
 Stemma: Agnello-Cristo, 2 Aquile, Aquila con pastorale
Ecco lo stemma, collocato sulla sepoltura di Bernardo Clesio, in cima alla navata
Nord, prima dell’angolo con il transetto, questo stemma fonde insieme diverse figure,
anzitutto il simbolo dell’agnello-Cristo che regge il vessillo della vittoria, quindi due
aquile e infine una terza aquila che reca nel becco il pastorale vescovile.
Questo stemma, collocato sulla tomba, reca a sua volta un insegnamento per la vita.
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 Uccellini che beccano la frutta
Infine, sulle ultime tombe che prendiamo in considerazione, troviamo dei segni pieni
di fiducia e di speranza.
Speranza che supera il silenzio della morte, vediamo infatti degli uccellini festanti
che beccano la frutta, quasi ad indicare la realtà del paradiso.
Essi sono per noi maestri che esortano ad usare bene del tempo della vita terrena, per
poter godere della gioia senza fine “nei cieli nuovi e nella terra nuova” (2 Pt 3,13).
 Fenice
Troviamo quindi la fenice, l’uccello fantastico che rinasce dalle sue ceneri; segno
della resurrezione alla quale anche noi siamo chiamati per la potenza della
Risurrezione di Cristo.
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 Leone araldico con angioletto
L’ultima immagine la riserviamo ancora a un leone araldico, si alza sulle due zampe
posteriori, ruggente, ci rinvia a quel “Leone di Giuda” (Ap 5,5) che ha fatto risuonare
la sua Voce come Parola di salvezza per tutti.
Accanto a lui vediamo un gentile, grazioso angioletto, che ci fa pensare alla gioia del
paradiso che tutti attende, la dove ogni gloria umana scomparirà e i segni araldici non
serviranno più, perché sarà unica la festa dei figli di Dio.
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CONCLUSIONE
Nel Testo evangelico il Signore ci ha detto: “Guardate gli uccelli del cielo: essi non
seminano, non raccolgono e non mettono il raccolto nei granai. Eppure il Padre
vostro che è in cielo li nutre! Ebbene, voi non volete forse più di tutti loro?” (Mt 6,
26).
Obbedienti all’invito, abbiamo guardato ai tanti animali che ornano le pareti di questa
Chiesa veneranda.
Impariamo da loro ad abbandonarci con fiducia alla Volontà e alle mani del nostro
Signore e Creatore che nella sua inesauribile Provvidenza: “Apre la mano e sazia la
fame di ogni vivente” (cfr. Sal 144,16).
A lui sia gloria per sempre. Amen.
dLM
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