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Si ricomincia...Eccoci qua, pronti per una nuova
avventura insieme! Cosa dirvi dopo la splendida
stagione trascorsa insieme? Grazie, grazie di
cuore a tutto il nostro pubblico catanese e non,
che ci ha seguito e sostenuto affollando sempre
più numeroso, il nostro Teatro. Grazie, da parte
di un Teatro che vive delle sue risorse e del suo
pubblico. Ci auguriamo che il Brancati continui
sempre ad esser un punto di riferimento culturale
per la nostra Sicilia all’interno del panorama
teatrale nazionale.
Un impegno il nostro, sin dalla scorse stagioni,
rivolto a dar voce ad autori contemporanei,
con lo sguardo sempre attento a preservare il
teatro di tradizione . Una formula che di certo
avendo dimostrato il vostro grande gradimento,
non potevamo che ripetere e migliorare anche
quest’anno.
Con la speranza di regalarvi ancora tante e
tante emozioni.
Grazie e buon Teatro.
Il Direttore artistico
Tuccio Musumeci
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La Fanciulla
che Campava
di vento
Commedia musicale in due atti
di Tony Cucchiara
Personaggi/Interpreti
Il Barone Rafadali di Rafadali
Caronzo, suo fido Ferruccio Camillo, il carbonaio
Mimuzza, sua moglie Annabella, la figlia bella Dondola, la figlia brutta
Dondolina, la figlia brutta
Testasecca
Firticchio
Filomena
Rosa
Il Vescovo
Caronzino
Popolani e Pololane:
Dario Castro
Silvia De Nizza
Claudio Licciardi
Elena Mascolino
Simonetta Piccione
Oliver Petriglieri
Giorgia Torrisi
produzione
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Pippo Pattavina
Camillo Mascolino
Emanuele Puglia
Santo Pennisi
Olivia Spigarelli
Marina Puglisi
Margherita Mignemi
Evelyn Famà
Riccardo Maria Tarci
Camillo Sanguedolce
Claudia Sangani
Laura Sfilio
Giovanni Strano
Giovanni Vasta
dal 12 al 292015
novembre
regia Giuseppe Romani
scene e costumi Giuseppe Andolfo
musiche Tony Cucchiara
coreografie Silvana Lo Giudice
Coordinamento musicale Franco Lazzaro
Assistente alla regia Antonella Compagnini - Assistente alle coreografie Giorgia Torrisi
Direttore di scena Claudio Cutispoto - Macchinista Franco Ursino
Luci Marco Giardina - Fonico Salvo Arnò
Sarte Mela Rinaldi, Rosa Rinaldi - Foto Dino Stornello
Servizi organizzativi Isabella Costa - Servizi amministrativi Emanuele Condorelli
Coordinamento Rossella Messina - Mediapartner Radio Zammù
note
“La fanciulla che campava di vento”, è senza dubbio una continuazione ideologica
dell’opera di ricerca iniziata anni fa e che ha portato l’autore a creare opere che
sono passate alla storia del teatro, quali “Pipino il breve”, “La baronessa di carini”
e “ Caino e Abele”, oltre naturalmente ad altri spettacoli squisitamente musicali.
“La fanciulla che campava di vento”, che ha come sottotitolo il “Barone di Rafadali”,
è una favola popolare del 1400, in cui si racconta la storia di un paesino, appunto
Rafadali, oggi Raffadali, i cui abitanti vivevano di agricoltura, di pastorizia e
“soprattutto di stenti”.
Protagonista della vita di questo paesino era un barone, la cui caratteristica più
rinomata era l’avarizia. Il Barone passò alla storia, oltre che per la sua avarizia che
aveva dell’inverosimile, anche per aver inventato una pietanza ricca di proteine,
economica, di facile preparazione e digeribilità: IL MACCO.
Una favola in cui, si riesce ad intravedere l’inquietante pianta dell’archetipo, di ciò
che s’intuisce essere parte integrante di tutti noi, nessuno escluso. Così che, mentre
ridiamo a crepapelle dei disgraziati casi dell’avaro protagonista de “La Fanciulla
che campava di vento”, evitiamo di piangere amare lacrime sulle nostre miserie. Ma
il Barone di Rafadali, in tal senso, e proprio per la sua estrema, totale e cosciente
avarizia,acquista dimensione e spessore d’eroe, anche se negativo.
Assumendo su di se l’ingombrante fardello della tirchieria ci libera del peso della
nostra, che così bene riusciamo a dissimulare nel quotidiano. Ma chi di noi non ha
sperato o aspettato che un conto lo pagasse qualcun altro al nostro posto o non ha
levato mille lire da una mancia già lasciata sul tavolo di un ristorante? In ciò è la
bellezza dell’uomo, nella capacità di essere altruista ed egoista, eroico e meschino
nello stesso tempo, e di poter scegliere. Così il nostro capro espiatorio, il Barone
di Rafadali, per una sera ci esonera dall’incombenza della scelta incarnando
comicamente l’essenza stessa dell’avarizia, il succo primigenio della micragnosità.
Eppure la favola, proprio perché condotta sulle ali leggere del gioco e dell’ironia, è
ancor più crudele di una tragedia. E’ una tragedia in maschera, dai tratti grotteschi.
Il ricco ed avaro barone viene punito per la sua avarizia non una, ma ben tre volte:
con la perdita dei beni, con il tradimento della moglie ed infine con la perdita della
sua stessa vita.
La sua agonia è una sorta di tortura a fuoco lento che occupa più della metà del
secondo atto, e quanto più dura più ci divertiamo.
Il nostro comportamento, come si conviene ad ogni moderno spettatore, non è
dissimile dal compiacimento verso certi programmi-spazzatura delle televisioni, da
cui siamo morbosamente attratti, ma che pubblicamente aborriamo e deprechiamo.
Ed allora lunga vita al Barone Rafadali di Rafadali, che, almeno lui, una moraletta
ce la lascia in eredità: se vuoi essere avaro siilo, ma evita di sposarti o, come lui
stesso sostiene, non sposarti mai con una estranea.
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La Bisbetica
Domata
di William Shakespeare
Personaggi/Interpreti
Battista Mennula, gentiluomo di Catania Caterina, figlia maggiore di Battista Bianca, figlia minore di Battista
Pitruzzo, corteggiatore di Caterina
Lucio, innamorato di Bianca Geremia, ricco pretendente di Bianca Lorenzo, altro pretendente di Bianca
Tonio, domestico di Lucio
Bruno, domestico di Pitruzzo
Natalina, serva di Pitruzzo
Isabella, vedova, innamorata di Lorenzo
Agostino Zumbo
Guia Jelo
Lucia Fossi
Filippo Brazzaventre
Massimo Giustolisi
Angelo D’Agosta
Giovanni Rizzuti
Fabio Costanzo
Giuseppe Bisicchia
Raniela Ragonese
Monia Manzo
regia Turi Giordano
scene e costumi Giovanna Giorgianni
embre 2015
dal 10 al 20 dgic
nnaio 2016
dal 14 al 17 e
produzione
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note
UNA MODERNA COMMEDIA DELL’ARTE
Il testo de “La bisbetica domata” è caratterizzato da due parti ben distinte: la
prima racconta l’inganno di un Lord ai danni dell’ubriacone Cristopher Sly e
cui gli si fa credere di essere stato addormentato per anni e che poi lo si costringe
ad assistere ad una rappresentazione di attori girovaghi; la seconda invece è la
conseguente rappresentazione teatrale che sviluppa il tema della “bisbetica
Caterina che poi viene domata dal caparbio Petruccio”.
Insomma: “teatro nel teatro”.
E partendo proprio da questo “disegno” shakespeariano abbiamo cercato di
realizzare lo spettacolo come una moderna commedia dell’arte, dove tutto è finto
(finanche la recitazione), in modo tale da riassaporare quell’arte rappresentativa
all’antica italiana che tanto andava in voga all’epoca di Shakespeare.
In ciò aiutati anche dall’utilizzo della lingua siciliana che conferisce immediatezza
ai dialoghi ed una più ampia e variegata coloritura e brillantezza alle varie scene.
L’autore inglese in questa commedia, dimostra la sua personale sensibilità critica
nei confronti del ruolo della donna del suo tempo ed analizza con grande abilità
la psicologia femminile, svelandoci sia i segreti della vita coniugale sia quelli del
matrimonio di convenienza contrapponendo l’amore corrisposto di Lucenzio per
Bianca a quello d’interesse di Petruccio per Caterina.
Il contrasto tra Caterina, donna diretta, ma sincera, e Bianca, fanciulla educata,
ma prepotente, alla fine mette in guardia il pubblico sulle false apparenze ed
insegna che non sempre la sposa che si piega remissiva ai doveri è capace di
amare veramente.
Ovviamente oggi i metodi usati da Petruccio per “domare” la bisbetica sarebbero
considerati degli abusi, ma all’epoca fornirono un ricco divertimento al pubblico.
In questa nuova e nostrana versione la vicenda rimarrà pressochè identica, però
cambierà, e di molto, lo spirito con cui viene affrontata, anche perché siamo nel
XXI secolo e non più in quel 1594 anno in cui andò in scena per la prima volta la
commedia scritta da William Shakespeare intitolata “The Taming of the Shrew”.
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Piccolo
Grande
Varietà
NUOVA
EDIZIONE
dal cafè-chantant al musical
di Marot’s
con Tuccio Musumeci
Edoardo Guarnera,
Cosetta Gigli
e con il Maestro Nino Lombardo e la sua orchestra
regia Mario Sangani
scene Carmelo Miano
coreografie Carmelita Mazza
dal 2 gennaio
2016
produzione
Un secolo di storia che rivive tra le quinte, le scene e i costumi del “Teatro”, protagonista
indiscusso di Piccolo Grande Varietà, spettacolo teatrale con Tuccio Musumeci che
racconta un “genere” e quei grandi artisti, come Totò, Macario, Taranto, Fabrizi, Campanini,
che ne hanno vissuto i momenti più esaltanti. Si allude al Varietà o spettacolo d’arte
varia, nato a cavallo tra l’ottocento e il novecento, ossia i meravigliosi anni della “Belle
Epoque”, in cui una società gaia e godereccia figlia della passata rivoluzione industriale
era alla continua ricerca di evasioni.
Il Teatro trovò la giusta formula perché “viveurs” e frequentatori di Cafè-Chantant facessero
il pieno di divertimento. Un viaggio nel tempo in un mondo attraente ed esilarante fatto
di paielletes e lustrini, di canzoni e balli , popolato da comici e fantasisti, dai primi del
‘900 sino agli anni ‘60.
Ad apertura di sipario un Cafè-Chantant, pullulante di ballerine e di sciantose, per poi passare
agli anni ’20 tra i tavoli dei raffinatissimi Tabarin, e da qui ai teatri di varietà veri e propri.
Dai Cafè-Chantant al Musical, con un continuo avvicendarsi di sketch, macchiette e canzoni.
Una sala anni ’30 ricorda l’avanspettacolo, il genere di derivazione che servì da
“scacciapensieri” negli anni che precedettero la 2^ guerra mondiale, arrivando sino al mondo
della Rivista e del Musical, di cui il Varietà assunse i connotati sino agli anni ’50 e ’60.
Sino a quando con l’avvento della televisione lo spettacolo di varietà divenne retaggio
del piccolo schermo perdendo così l’immediatezza ed il calore umano, prerogative del
palcoscenico e del teatro.“Piccolo Grande Varietà”, oltrechè un omaggio al vecchio
spettacolo d’arte varia, vuole essere un tentativo di ripristinare il “genere” restituendolo
alla sua sede naturale: il palcoscenico.
Ritorna così oggi a splendere la stella del Varietà e con interpreti d’eccezione:
Tuccio Musumeci, che iniziò la sua carriera teatrale proprio lavorando nel varietà e
nell’avanspettacolo, il tenore Edoardo Guarnera, il soprano Cosetta Gigli e il Maestro
Nino Lombardo dirigerà l’orchestra dal vivo.
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Farfalla...
Farfalla
di Aldo Nicolaj
con Alessandra Cacialli
Debora Bernardi
regia Romano Bernardi
scene Susanna Messina
costumi Sorelle Rinaldi
dal 4 febbraio
2016
produzione
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Farfalla…Farfalla fu appositamente scritta per Paola Borboni, grande attrice storica del
teatro italiano, nel suo 50° anno di palcoscenico. Un cocktail ben miscelato e saporito
firmato Aldo Nicolaj , tradotto in oltre dieci lingue, che viene rappresentato sempre con
grande successo in tutto il mondo, dalla Russia all’America. Questo capolavoro è un
profondo studio dell’animo umano, banco di prova e cavallo di battaglia delle attrici
artisticamente più mature.
Edda è una donna di mezza età che ha vissuto la sua gioventù come una farfalla,
svolazzando di illusione in illusione, di uomo in uomo, inseguendo sogni impossibili e
che si ritrova a vivere isolata con la sua domestica Foca.
Per non morire di solitudine è costretta ad inventarsi un passato meraviglioso, ma un
fantasma dal doppio ruolo di vittima e di carnefice prende corpo dal suo torbido passato.
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Pensaci
Giacomino
di Luigi Pirandello
con Tuccio Musumeci
Miko Magistro
regia Giuseppe Romani
scene e costumi Dora Argento
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dal 3 marzo 2
Affascinato dalla scena sin dall’adolescenza, Luigi Pirandello vi approda da protagonista solo
nel 1915, sulla soglia dei cinquant’anni, nella sua prima stagione teatrale, quella dialettale,
dopo l’insuccesso di Se non così (divenuta poi La ragione degli altri). Nascevano così, una
dopo l’altra, in un fervore creativo straordinario, sul crinale del primo conflitto mondiale,
Pensaci, Giacuminu!, ’A birritta cu ’i ciancianeddi, Liolà, ’A giarra, tutte in dialetto e
di matrice narrativa. La prosa pirandelliana, d’altronde, inesauribile serbatoio fantastico,
intriso della lacerante tensione dell’umorismo, era disponibile al trasloco teatrale per la
vistosa dialogicità che l’attraversava.
Pensaci, Giacuminu! è la prima commedia scritta, agli inizi del 1916 appositamente per
Musco, tratta dalla novella omonima che, al suo apparire sul “Corriere della Sera” del 23
febbraio 1910, suscitò le “ire” di “timorati lettori”. Con un generoso quanto compromissorio
stravolgimento di ruoli, la paradossale soluzione triadica del vecchio, bonario professor
Toti scardina la consuetudine maritale borghese; il suo sottile desiderio di vendetta a danno
delle istituzioni rivela l’irrisarcibile amarezza di una stanca e frustrata senilità, una straniata
filosofia che si traduce in caparbia rivolta quando investe la pudibondagine borghese e
l’opinione comune con Platone “più oscura della conoscenza, più luminosa dell’ignoranza”.
Definita “audacissima” dall’autore, Pensaci, Giacuminu! fu accolta dalla critica favorevolmente.
Il mondo borghese-impiegatizio di Pensaci, Giacuminu!, ’A birritta cu ’i ciancianeddi, Ccu
’i nguanti gialli, attraverso l’uso di codici espressivi diversi (un dialetto che ora si offre alla
contaminazione della lingua e ora si chiude nella gelosa custodia della propria intimità),
manifesta un segreto bisogno di promozione sociale, di credibilità culturale che, venuto
meno l’interno dinamismo dialettico, si smorza nella versione in lingua.
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Quattro
buffe storie
di Luigi Pirandello e Anton Čechov
con Glauco Mauri, Roberto Sturno,
Mauro Mandolini, Laura Garofoli,
Amedeo D’Amico, Lorenzo Lazzarini,
Pablo Benvenuto Vezzoso
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dal 31 ma ABC
al Teatro
regia Glauco Mauri
costumi Luciana Sotira
musiche Germano Mazzocchetti
Quattro buffe storie propone la reinterpretazione di opere di Pirandello e Čechov, due autori
molto differenti ma accomunati dall’essere, ognuno a suo modo, grandi poeti dell’animo umano.
CECÈ
L’atto unico, Cecè, in apparenza un vaudeville, fu rappresentato nel 1915 in una sala romana
da caffè-concerto da una Compagnia che aveva fra gli altri attori Arturo Falconi, fratello del
più celebre Armando. Ambientata in una Roma invischiata in scandali e corruzione politica,
la commedia narra la storia del viveur Cecè un uomo che, degno rappresentante della società
frivola e corrotta in cui vive, imbroglia la gente senza farsi il minimo scrupolo. Cecè coinvolgerà
nei suoi loschi imbrogli pirma il commendatore Squatriglia una ragazza dai facili costumi.
LA PATENTE
Atto unico tratto dalla novella omonima del 1911, fu scritto da Pirandello nel 1917 e pubblicato
nella “Rivista d’Italia” del 31 gennaio 1918. La patente, nella versione in dialetto siciliano curata
dallo stesso Pirandello e intitolata A Patenti, fu messa in scena al Teatro Argentina di Roma il
19 febbraio 1919 dalla Compagnia del “Teatro Mediterraneo” fondata dallo stesso Pirandello
e da Rosso di San Secondo e diretta da Nino Martoglio. Fu tradotta anche in dialetto genovese
da Gilberto Govi nel 1931 e, nel 1937, in dialetto napoletano e veneziano.
FA MALE IL TABACCO
Litigi, scenate insensate, insulti ma in fondo a tutto questo chiasso affiora l’amaro sorriso di
Cechov nel vedere come gli uomini assurdamente distruggono, anche di fronte a speranze positive,
la possibilità di comprendersi. Ma, detto fra noi... Il matrimonio metterà fine a tutto questo?
DOMANDA DI MATRIMONIO
Lo “scherzo in un atto” Domanda di matrimonio, ebbe l’autorizzazione della censura il 10
novembre 1888, pubblicato, con alcune correzioni, nel giornale Tempo Nuovo il 3 maggio
1889, e poi ripubblicato nella raccolta delle opere teatrali di Cechov, a Pietroburgo, nel 1897.
Fu rappresentato da Sceglòv in un teatro privato nel 1889, e poi con grande successo al Piccolo
Teatro di Mosca. Leonid Tolstòj lo definì : “La personificazione della comicità”.
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Donnacce
di Gianni Clementi
con Alessandra Costanzo
Paola Tiziana Cruciani
Pietro Bontempo
regia Ennio Coltorti
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dal 7 aprile 20
Tullia, detta Sofia Loren, e Tindara, detta Occhibeddi, due signore di mezza età, che
hanno dedicato gran parte della loro vita alla pratica della professione più antica del
mondo, convivono in un appartamento situato in un palazzo della periferia romana,
dividendo l’affitto. La crisi ormai si fa sentire anche per loro e il mercato, inflazionato
da rampanti ragazze dell’est, procaci sudamericane e richiestissimi trans brasiliani, ha
ridimensionato di molto la loro attività; tanto è vero che hanno deciso di auto pensionarsi
e di iniziare a godersi il gruzzolo messo da parte in tanti anni di lavoro rigorosamente
esentasse.
Le due amiche decidono di prendersi una meritata vacanza: una settimana Allinclusive a Sharm El Sheik. È tarda sera, Tullia e Tindara stanno mettendo le ultime
cose in valigia, nell’attesa del taxi che le condurrà all’aeroporto, quando sul balconcino
dell’appartamento piomba un uomo, seminudo e decisamente su di giri. Indossa una
maschera di cuoio sadomaso e si rifiuta di toglierla. Rivela concitatamente d’essersi
calato dall’appartamento sovrastante, dove svolge la sua attività Terezinha, un giovane
trans brasiliano. Il misterioso personaggio promette alle due donne una grossa cifra di
denaro in cambio del loro aiuto.
Paura, speranza, emozione si alternano freneticamente nel piccolo appartamento,
scuotendo Tullia e Tindara nel loro intimo e dando luogo ad inevitabili conflitti di
personalità. Ipotesi e ardite congetture lasciano il posto a squarci teneramente intimi.
Ingenui. Inaspettati in creature aprioristicamente “colpevoli”.Citazioni coltissime si
scontrano con un pragmatismo rigorosamente e orgogliosamente proletario. Il taxi, che
deve condurle all’aeroporto, sta per arrivare... che cosa decideranno le due “donnacce”?
Ma soprattutto perché non esiste il dispregiativo “Omacci”?
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Annata
Ricca
di Nino Martoglio
con Tuccio Musumeci
Miko Magistro
regia Giuseppe Romani
musiche Matteo Musumeci
coreografie Silvana Lo Giudice
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dal 5 maggio 2
29 settembre. Tempo di vendemmia. Nella notte di San Michele, la natura che viene
rappresentata dalla campagna siciliana, per l’esattezza ambientata in una masseria
catanese, esplode durante la raccolta dell’uva e durante la pigiatura. E’ quasi come una
scansione stagionale il tempo eterno dell’amore, è soprattutto tempo di trasgressione E’
il tramonto. L’aspetto ludico della festa serotina scatena gli istinti più nascosti. Fa caldo.
Il sudore del lavoro si trasforma nel sudore dell’accoppiamento. Giovani e meno giovani
rimangono coinvolti dai loro furtivi desideri. Massaru Michelangilu, maturo marito di
Grazia, molto più giovane di lui e padre di Pina, un’inquieta ragazza, riesce ad allontanare
Marianu, smanioso di sessualità, l’incosciente amante della moglie, ma non può impedire
che quest’ultimo seduca la figlia senza farsi scoprire. Un intricato giocoso racconto, come
in un madonita “ballo della cordella” i cui fili si aggrovigliano e simmetricamente si
sbrogliano, si sciolgono in un microcosmo di passioni che sottilmente raccontano l’uomo
e le sue precarietà. La libera e spontanea coralità della festa si confonde con la coralità
imposta dal lavoro.
Storie di corna, di sesso, di calura, di ammiccamenti, di pesanti sberleffi impietosi e di
voglie spamodiche esaltate dal forte odore di mosto. Ma anche immagini di sogno, o di
incubo, e comunque fantastiche, che compongono questa innocente follia di fine estate.
Una messa in scena che tende a valorizzare il gioco e l’onirico che suggerisce il testo,
adottando una forte presenza musicale non solo per proporre le canzoni villerecce già
presenti nel testo, ma anche e sopratutto per determinare quelle immagini di gioco e di
onirismo della commedia.
L’uso di movimenti coreografici, piuttosto che sottolineare il clima agreste del testo
teatrale, esalterà l’interpretazione delle alterazioni del reale che concorrerà a definire la
visione dell’Annata Ricca di questa edizione in una proposta più aerea e leggera del testo.
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