fisica e… La Risonanza Magnetica a 7T: dalla ricerca di base alle Applicazioni sull’uomo Un intreccio tra fisica, chimica, ingegneria e fisiologia al servizio della medicina Laura Biagi1,2, Mirco Cosottini2,3, Michela Tosetti1,2 1 IRCCS Fondazione Stella Maris, Pisa, Italia Fondazione di Ricerca Imago7, Pisa, Italia 3 Università degli Studi di Pisa, Italia 2 I nuovi tomografi di Risonanza Magnetica a campo 7 T stanno aprendo opportunità straordinarie, trasferendo nell’uomo le potenzialità offerte dalle apparecchiature dedicate allo studio della struttura della materia ed alle analisi del metabolismo cellulare in vitro. Le capacità tecnologiche e di principio legate all’utilizzo di questi sistemi ora rivolte verso l’applicazione sull’uomo, permetteranno di aumentare le conoscenze sia fisiologiche che fisiopatologiche ed essere il preludio per le future applicazioni cliniche. 1 Principi fisici e storia della Risonanza Magnetica Nucleare Per comprendere le ragioni dell’interesse per sistema di Risonanza Magnetica a campo ultra alto (≥7 tesla (T), Ultra-High Field Magnetic Resonance, UHF MR) ricordiamo i principi fisici della Risonanza Magnetica Nucleare (NMR) nelle sue applicazione in medicina e ripercorriamo la sua giovane storia. Il fenomeno fisico della Risonanza Magnetica Nucleare è dovuto all’effetto di interazione tra gli spin nucleari e i campi magnetici. Capire l’origine del segnale di NMR presuppone inevitabilmente la conoscenza di alcuni principi e quantità quantistiche, come ad esempio il momento di spin, i livelli energetici e le transizioni di stato. Nello specifico, nuclei con momento angolare di spin I diverso da zero hanno associato un momento magnetico nucleare, ovvero si comportano come delle piccole calamite e in presenza di un campo magnetico esterno B0 tendono ad allinearsi lungo le linee del campo. In altri termini, la presenza del campo magnetico fa sì che la sua interazione con gli spin separi ciascun livello energetico del sistema in 2I + 1 diversi sottolivelli energetici con energia Em = γħmB0 , dove m va da –I a I, secondo il ben noto effetto Zeeman. La differenza energetica tra due livelli Zeeman adiacenti è pari a ∆E = γħB0, proporzionale solo al campo magnetico applicato B0 e alla costante giromagnetica γ del nucleo considerato. Nel caso dell’idrogeno, che ha spin nucleare I = 1/2, la presenza in campo magnetico B0 comporta la risoluzione della degenerazione energetica dei solo due sottolivelli Zeeman, e la condizione di risonanza si verifica quando sul sistema viene depositata l’energia ∆E necessaria per passare dal 34 < il nuovo saggiatore Box 1 Fondazione di Ricerca Imago7 Un sistema di Risonanza Magnetica (MR) a campo magnetico 7 T è operativo dal 2012 presso la Fondazione di Ricerca Imago7, a Pisa. La particolarità di questa apparecchiatura è quella di essere progettata per applicazioni in vivo sull’uomo, ed è la prima installata in Italia. Attualmente, nel mondo sono presenti circa 50 sistemi a campo ultra alto (≥7 T) che vengono utilizzati al solo scopo di ricerca. Lo sviluppo tecnico dell’apparecchiatura MR a 7 T e il suo impiego nella ricerca clinica richiede una indispensabile collaborazione interdisciplinare tra ricercatori di aree scientifiche diverse come fisici, ingegneri, medici, fisiologi. Tale collaborazione è rivolta allo studio delle interazione radiazione-materia e alla ricerca di nuovi metodi per la trasmissione e la ricezione del segnale, all’ottimizzazione del guadagno nei parametri fisici del segnale, nonché alla scoperta di nuovi meccanismi di contrasto. In tal senso la MR a 7 T apre nuovi scenari per le applicazioni in vivo sull’uomo ed ha permesso di ottenere nuove tecniche di imaging e sequenze di impulsi adatte allo studio di differenti malattie direttamente su esseri umani. Sono attualmente in corso protocolli di ricerca clinica sulle malattie neurodegenerative, sull’epilessia e per la prima volta nel mondo con un sistema MR a ultra alto campo uno studio sui tumori cerebrali in età pediatrica. A fianco delle prime pubblicazioni in ambito tecnologico, importanti risultati sono stati ottenuti nelle applicazioni sull’uomo nei protocolli di sperimentazione clinica. La Fondazione Imago7 http://www.imago7.eu è costituita da cinque partner Istituzionali: l’IRCCS Stella Maris di Pisa (sede operativa del centro Imago7), l’Università degli Studi di Pisa, l’Azienda OspedalieraUniversitaria Pisana (AOUP) (su mandato della Regione Toscana), l’Azienda Ospedaliera-Universitaria Pediatrica Meyer di Firenze, e l’IRCCS Medea di Lecco. La costituzione della Fondazione Imago7 e l’installazione del sistema MR a 7 T sono state rese possibili grazie al contributo fondamentale della Fondazione PISA. Forte della collaborazione in atto oltre che con il Dipartimento di Fisica e di Ingegneria con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e grazie all’accordo di sviluppo e ricerca con la General Electric, nel Centro Imago7 attiguo al magnete è stato installato un laboratorio RF per lo sviluppo di bobine innovative per la ricezione e trasmissione del segnale MR a 7 T. livello fondamentale a quello eccitato, ovvero quando sul sistema viene applicata una radiazione elettromagnetica con frequenza opportuna n0 , pari a γB0 /2π. Tale frequenza, conosciuta come frequenza di Larmor o frequenza di risonanza, dipende pertanto solo dalle caratteristiche fisiche del nucleo investigato e dal campo magnetico applicato. Il primo esperimento NMR fu descritto nel 1938 nel famoso articolo “A New Method of Measuring Nuclear Magnetic Moment”, fondamentale per l’assegnazione del Nobel per la Fisica del 1944 a Isidor Isaac Rabi. In questo esperimento Rabi fece passare un fascio di cloruro di litio (LiCl) attraverso un campo magnetico costante e molto intenso. Perpendicolarmente a questo campo magnetico fisso, venne applicato un campo magnetico oscillante con frequenza variabile, creando pertanto la condizione di risonanza. Nel 1945, due gruppi, guidati dai fisici Edward Purcell e Felix Bloch, arrivarono in modo indipendente e a distanza di poche settimane allo sviluppo del primo metodo per osservare la risonanza magnetica in nuclei di molecole in fase liquida o solida, facendo un grande passo in avanti rispetto all’esperimento di Rabi del 1938, applicabile solo a molecole isolate. Entrambi avevano scelto per motivi diversi di studiare il nucleo dell’atomo di idrogeno, il nucleo magnetico più studiato ancora oggi, per la elevata sensibilità, ma soprattutto per la sua abbondanza nei composti organici e alla base del segnale dell’imaging ottenuto con Risonanza Magnetica (MR). Sia Purcell che Bloch verificarono la condizione di risonanza, applicando una frequenza nella regione delle radiofrequenze pari a γB0 /2π e registrarono un segnale di assorbimento. Per distinguerlo dall’esperimento di Rabi, chiamato “molecular beam magnetic resonance”, quello di Bloch vol30 / no3-4 / anno2014 > 35 fisica e… e Purcell fu chiamato “nuclear magnetic resonance in the condensed matter” e valse loro il Premio Nobel della Fisica nel 1952. Grazie a una descrizione classica del fenomeno NMR, più semplice per comprendere le caratteristiche del segnale e dell’esperimento NMR, si può studiare il comportamento globale di tutti gli spin in termini della magnetizzazione totale del sistema immerso in un campo magnetico statico esterno B0 , per convenzione lungo l’asse z. In particolare, l’evoluzione della magnetizzazione fu descritta dalle equazioni dMx /dt = γ My B0 – Mx /T2 , dMy /dt = –γ Mx B0 – My /T2 , dMz /dt = – (Mz – M0)/T1 , dette equazioni fenomenologiche di Bloch, che per primo le introdusse per descrivere l’esperimento NMR nel 1946. Esse hanno dei termini detti di “rilassamento”, caratterizzati dalle quantità T1 e T2 rispettivamente per la magnetizzazione longitudinale (Mz ) e trasversale (Mxy ), che descrivono gli scambi di energia e di momento che possono avvenire fra il sistema dei dipoli magnetici che dà origine alla magnetizzazione macroscopica e l’ambiente circostante. Questi scambi di energia e di momento tendono a riportare la magnetizzazione ad un valore corrispondente a quello di equilibrio termico con l’ambiente circostante. In tale situazione, i processi di rilassamento sono estremamente lenti e i termini di rilassamento nelle equazioni di Bloch si possono trascurare. Risolvendo il sistema, le equazioni di moto della magnetizzazione indicano una precessione della magnetizzazione attorno all’asse del campo magnetico applicato Mx(t) = Mx0 cos(w0 t) + My0sin(w0 t) , My(t) = – Mx0 sin(w0 t) + My0cos(w0 t) , Mz(t) = Mz0, con frequenza pari a w0 = γ B0 , ovvero la stessa frequenza di Larmor ottenuta nella descrizione quantistica. Il campo magnetico associato alla magnetizzazione ha ovviamente lo stesso moto di precessione della magnetizzazione e questo suggerisce la modalità di rivelazione del segnale NMR. In particolare il moto di precessione induce in una bobina di ricezione nel piano perpendicolare alla direzione del campo magnetico applicato una forza elettromotrice 36 < il nuovo saggiatore che opportunamente amplificata e processata costituisce il segnale NMR. Nella trattazione quantistica, la condizione di risonanza si verifica quando il campione è sottoposto a una radiazione elettromagnetica a frequenza n0 che consente di osservare transizioni di stato tra diversi livelli energetici di tipo Zeeman. Questo nella trattazione classica equivale a vedere la radiazione elettromagnetica come l’applicazione di un campo magnetico B1 oscillante a frequenza w0 e perpendicolare al campo magnetico B0 , come fatto negli esperimenti dell’epoca. In un sistema di riferimento solidale con il campo magnetico B1, detto sistema rotante, le equazioni di Bloch danno un moto di precessione della magnetizzazione attorno alla direzione del campo B1. Pertanto l’accensione momentanea di un campo magnetico oscillante alla frequenza di risonanza per un intervallo di tempo τ produce uno spostamento della magnetizzazione dalla posizione di equilibrio di un angolo α = γ τ B1 detto “flip angle”, grandezza fisica alla base di tutte le tecniche impulsate di risonanza magnetica. Infatti, variando l’ampiezza del campo magnetico B1 , o la sua durata τ, è possibile ruotare la magnetizzazione di opportuni angoli e descrivere particolari traiettorie. Il campo magnetico oscillante è usato in maniera pulsata, e si parla di impulso a 90°, impulso a 180°, o genericamente impulso a radiofrequenza, per indicare l’applicazione limitata nel tempo di una radiazione elettromagnetica che ruoti la magnetizzazione del corrispondente angolo desiderato. Non appena il campo magnetico oscillante B1 si spegne, il sistema subisce una serie di processi di rilassamento che lo riportano allo stato di equilibrio termico e che sono descritti dai termini di rilassamento nelle equazioni di Bloch, tramite i due tempi caratteristici T1 (tempo di rilassamento longitudinale) e T2 (tempo di rilassamento trasversale). Essi sono proprietà caratteristiche dei materiali e dei tessuti e dipendono da moltissimi fattori, come il moto molecolare, la dimensione molecolare e le interazioni elettroniche nella specifica molecola dove si trovano i nuclei. Costruire una sequenza di impulsi a radiofrequenza, impostando gli angoli desiderati, i tempi di pausa tra i diversi impulsi, l’ordine, la polarità e la frequenza di ripetizione degli impulsi RF, permette infatti di pesare il segnale rispetto al T1 , o al T2 o alla distribuzione di densità protonica, generando diversi tipi di informazione. Non solo: tecniche più avanzate M. Tosetti et al.: La Risonanza Magnetica a 7 T consentono di enfatizzare una specifica interazione fisica o chimica alla base del rilassamento e quindi ottenere specifiche informazioni, ad esempio sui legami molecolari o sui processi di moto diffusivo delle molecole o sulle variazioni locali di campo magnetico dovute a cambiamenti della suscettività magnetica. Agli inizi degli anni ’50, la risonanza magnetica nucleare cominciò a essere usata intensivamente per diversi scopi, comprese molte applicazioni di chimica dei composti solidi e in soluzione. Nel 1950 fu realizzata la prima sequenza di impulsi di radiofrequenze allo scopo di studiare l’effetto degli impulsi sulla forma degli spettri NMR e di misurare i tempi di rilassamento dei vari materiali investigati. Furono sviluppate numerose sequenze di impulsi, ancora oggi utilizzate, in particolare da Erwin Hahn, a cui si deve la Spin Echo (SE), che studiò l’evoluzione del sistema di spin nucleare negli intervalli di tempo tra un impulso e l’altro, indicati con TE (Time of Echo). Nel 1966, cercando di aumentare la sensibilità della tecnica, Richard Ernst applicò la tecnica di trasformata di Fourier (FT) all’NMR. Per questa vera e propria rivoluzione introdotta nel campo dell’NMR, che cambiò radicalmente anche la tecnica di ricostruzione delle immagini, Ernst ricevette il premio Nobel per la chimica nel 1991. Accanto all’evoluzione dell’NMR per applicazioni chimiche e biologiche, la risonanza magnetica nucleare iniziava ad interessare anche la medicina. Nel 1973 Paul Lauterbur, osservando che la frequenza del segnale di risonanza di un nucleo dipende esclusivamente dal valore del campo magnetico applicato, intuì la possibilità di localizzare spazialmente il punto di origine del segnale differenziando la frequenza di risonanza locale utilizzando gradienti di campo magnetico. Applicando un campo magnetico G (r, t), la frequenza di risonanza ω di un particolare voxel (elemento minimo di volume che può essere differenziato spazialmente e che determina la risoluzione spaziale della metodica) diventa funzione della posizione di tale voxel ω (r,t) = γ (B0 + G(r,t) · r). Realizzando un prototipo di tomografo MR con campo magnetico di 0,1 T, dotato di una serie di bobine di gradienti lineari di campo magnetico orientati in direzioni diverse, e utilizzando la tecnica della retroproiezione filtrata dei segnali (simile ai metodi per la ricostruzione delle immagini utilizzati nella tomografia computerizzata a raggi X, TC), Lauterbur riuscì nell’osservazione di tessuti tumorali in piccole provette. Nel 1975, Richard Ernst suggerì che grazie all’utilizzo di gradienti di campo magnetico si poteva applicare la trasformata di Fourier per la decodifica della fase e della frequenza dei segnali registrati: a tutt’oggi è questo il metodo di base dell’imaging con risonanza magnetica. A partire dal 1975, Peter Mansfield propose tecniche di eccitazione e rivelazione dei segnali di risonanza magnetica per trasformarli in immagini in tempi rapidi, passo essenziale per rendere la metodica MR utilizzabile nella pratica medica. Due anni più tardi, nel 1977, ottenne la prima immagine di anatomia umana in vivo, una sezione assiale di un dito. Nello stesso anno mostrò anche le potenzialità di ottenere imaging estremamente rapido tramite l’utilizzo di gradienti di campo magnetico estremamente veloci nel tempo: la cosiddetta tecnica eco-planare (echo-planar imaging, EPI). Nel 2003, Lauterbur e Mansfield, un fisico ed un chimico, ricevettero il premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia per “le loro scoperte nel campo dell’imaging di risonanza magnetica (MRI)”, che venne definita una metodica “breakthrough” per la diagnostica clinica e la ricerca. Grazie alle scoperte, si era infatti aperto il mercato dei tomografi di risonanza magnetica, con il primo sistema reso commerciale nel 1981. Da allora, la ricerca nel campo della MRI ha subito numerosi sviluppi e oggi, con gli oltre 60 mila strumenti MR tra 1 T e 3 T sparsi per il mondo, la risonanza magnetica per immagini permette di diagnosticare malattie non osservabili con altre tecniche raggiungendo risultati inaspettati in un tempo relativamente breve. Il suo enorme successo è dovuto alla peculiare versatilità della metodica, che consente di estrarre informazioni molteplici, diverse e complementari, dal campione in esame al variare delle tecniche di acquisizione utilizzate. Nelle immagini del corpo umano, infatti, sono le differenze di proprietà specifiche dei tessuti come il T1, il T2 e la distribuzione di densità protonica che generano il contrasto necessario per distinguere le diverse strutture anatomiche o i tessuti patologici dai tessuti sani. Una peculiarità dell’imaging con risonanza magnetica è che essa non restituisce un’univoca immagine dei tessuti esaminati ma l’immagine generata è di volta in volta funzione del metodo di acquisizione che si differenzia per la sequenza di impulsi e la strategia di campionamento del segnale che equivale a schemi di accensione e spegnimento dei gradienti di campo magnetico utilizzati. Aspetto non secondario nel decretare il successo della MR nel campo della diagnostica per immagini è l’utilizzo di onde elettromagnetiche a basse energie, che evitano l’esposizione del paziente a radiazioni ionizzanti. vol30 / no3-4 / anno2014 > 37 fisica e… Box 2 SISTEMA RM 7 T Ogni sistema MR è costituito da quattro diverse parti fondamentali: il magnete, le bobine di gradiente, il sistema a radiofrequenza ed un sistema di controllo che consente la taratura, l’acquisizione e la generazione di immagini. La natura non ordinaria del sistema a 7 T ha richiesto tuttavia accorgimenti tecnologici innovativi e strutturali altrimenti non necessari. Il magnete, che genera il campo statico B0 di intensità pari a 7 T, è di tipo superconduttore, ovvero costituito da un solenoide realizzato in materiale che presenta una resistenza elettrica quasi pari a zero se posto in condizioni di lavoro a temperatura prossima allo zero assoluto. Tali condizioni sono garantite tramite la sua immersione in elio (He) liquido. L’avvolgimento, costituito da diversi chilometri di cavi superconduttori, e l’elio liquido sono contenuti all’interno di un contenitore a pressione (dewar). L’ “accensione” del campo magnetico statico è effettuata energizzando il magnete attraverso il collegamento dello stesso ad una differenza di potenziale esterna al sistema. Questa fase, denominata “ramp up” del magnete, avviene alla fine della fase di refrigerazione del dewar. La refrigerazione del magnete a 7 T è stata effettuata in due fasi. Durante la prima fase di “preraffreddamento” la temperatura interna al dewar è stata portata a 77,35 K utilizzando 13 mila litri di azoto liquido. Durante la seconda fase la temperatura è stata portata a 4,24 K, utilizzando 12 mila litri di elio liquido. Il ramp up del magnete a 7 T è stato eseguito in tre fasi successive, energizzando il magnete con valori diversi di tensione (dell’ordine dei volt con correnti di qualche centinaio di ampere). L’omogeneità nominale, 38 < il nuovo saggiatore Sistema MR 7 T (MR950 GE Healthcare, USA) installato presso la fondazione Imago7 a Pisa. su una sfera del diametro di 30 cm, è inferiore a 2 parti per milione. La natura superconduttrice del magnete è evidenziata dal valore di stabilità nominale del campo magnetico statico pari a 0,05 parti per milione in un’ora, pari a circa 0,04% all’anno. Le bobine di gradiente consentono di produrre campi magnetici di intensità variabile nello spazio e nel tempo necessari per la ricostruzione spaziale del segnale e la formazione delle immagini. A tal scopo, i gradienti lineari di campo magnetico lungo i tre assi coordinati vengono accesi e spenti secondo precisi algoritmi dettati dalle diverse tecniche di ricostruzione delle immagini. Sono tre le bobine dei gradienti, una per ciascuna direzione (x, y, z), e sono realizzate con più spire disposte in prossimità della superficie interna del cilindro cavo che contiene il magnete. Il gradiente di campo nella direzione z (coincidente con la direzione del campo magnetico B0 ) viene creato con due bobine di anti-Helmholtz, ovvero, due avvolgimenti con asse coincidente in cui viene fatta circolare una corrente in versi opposti. I gradienti di campo lungo x e y sono creati da una coppia di bobine a forma di 8. Le bobine di gradiente in dotazione al sistema MR a 7 T sono in grado di realizzare gradienti di campo d’ intensità pari a 50 mT/m con prestazioni tali da raggiungere slew rate (velocità di salita) di 200 T/m/s. Il sistema a radiofrequenza ha lo scopo di trasmettere e ricevere il segnale: • come trasmettitore ha lo scopo di eccitare il campione, con opportune sequenze di impulsi che generano determinate traiettorie della magnetizzazione rispetto alla direzione del campo statico. In altre parole genera il campo B1 , perpendicolare alla direzione del campo magnetico statico, che ruota la magnetizzazione di un angolo noto detto flip angle; • come ricevitore ha lo scopo di registrare il segnale di decadimento della componente della magnetizzazione perpendicolare al campo magnetico statico. Esso è realizzato con circuiti risonanti (bobine) alla frequenza di Larmor, ν0 , nella regione delle radiofrequenze (RF), da cui ne deriva il nome. I campi M. Tosetti et al.: La Risonanza Magnetica a 7 T a RF coinvolti nella trasmissionericezione hanno intensità dell’ordine dei microtesla (mT). Tali circuiti risonanti sono in genere realizzati con un conduttore di rame cilindrico o a microstriscia interrotto in più punti da condensatori, in modo da creare una induttanza distribuita ed una capacità concentrata, allo scopo di accoppiare induttivamente il campione alla bobina. Il sistema a radiofrequenza può essere realizzato con una sola bobina che trasmette e riceve il senale, o utilizzando differenti bobine dedicate alla trasmissione (TX) e alla ricezione (RX), rispettivamente. Negli ultimi anni, con l’avvento e lo sviluppo delle tecniche di parallel imaging che consentono di ridurre notevolmente i tempi di acquisizione, sono state introdotte sul mercato e si sono rapidamente diffuse bobine costituite da più canali di ricezione (multi-channels RX), oggi largamente usate nella pratica clinica. Con l’avvento dei sistemi a campo ultra alto, per ovviare a problemi di disomogeneità del campo magnetico B1 non solo in ricezione ma anche in trasmissione del segnale, si stanno sviluppando anche sistemi e bobine di trasmissione a più canali (multichannels TX). Le immagini dell’encefalo ottenute presso Imago7 sono state acquisite utilizzando una bobina in ricezione a 32 canali e una bobina in trasmissione a 2 canali. Infine il sistema di controllo dell’intero sistema è costituito dall’elettronica e dai calcolatori che gestiscono ed integrano ogni aspetto hardware dello scanner, e si occupano della ricostruzione ed interfaccia con l’operatore tramite software opportuno. Il magnete, le bobine dei gradienti ed il sistema a radiofrequenza sono integrati in un tomografo, collocato in una apposita stanza che presenta una completa schermatura metallica allo scopo di contenere il campo statico ed impedire ad onde elettromagnetiche provenienti dall’esterno di influenzare il sistema a radiofrequenza. In particolare la schermatura del campo magnetico è realizzata interamente in materiale ferromagnetico in grado di generare un proprio campo magnetico statico, con direzione e verso concordi con quelli del campo magnetico statico B0 , tale da ridurre l’intensità di quest’ultimo all’esterno delle pareti della schermatura. Il dimensionamento e le caratteristiche geometriche della schermatura sono stati progettati tramite l’uso di un software di simulazione agli elementi finiti. In base ai risultati delle simulazioni, è stata realizzata una struttura con pannelli in ferro per un totale di circa 500 tonnellate di ferro. Per evitare che gli impulsi RF di alta potenza impiegati dal sistema interessino locali limitrofi e, soprattutto, che segnali RF esterni interferiscano con il corretto funzionamento del sistema, la sala magnete è circondata da una schermatura per onde a radiofrequenza, detta “gabbia di Faraday”, posta internamente alla schermatura del campo magnetico statico. Durante le fasi di installazione dell’apparecchiatura, il magnete è stato posto esattamente all’isocentro del sistema di schermatura per ottenere il massimo livello dell’omogeneità del campo magnetico statico nell’isocentro del magnete. 2 Ultra-High Field, UHF MR Fin dagli albori dell’imaging con risonanza magnetica, si sviluppò un forte interesse nell’ottenere campi magnetici statici sempre più intensi, poiché secondo i principi stessi della NMR tutte le grandezze fisiche sono funzione del campo magnetico applicato B0 . Non a caso, nel 1981, nello stesso anno dell’introduzione sul mercato biomedicale del primo tomografo MR clinico, Lauterbur e Budinger tentarono di costruire il primo magnete superconduttore con un campo magnetico di 6 Tesla, il più alto campo magnetico mai generato fino ad allora per studi sull’uomo. I tempi non erano maturi e la tecnologia non adeguata a un’impresa del genere, tuttavia è facile osservare come nella storia dei 30 anni della risonanza magnetica nelle sue applicazione alla Medicina si assiste a una crescita inesorabile e alquanto veloce dell’intensità del campo magnetico statico nei sistemi usati in ambito medico, passando da 0,3–0,5 T agli inizi degli anni ’80, a 1–1,5 T agli inizi degli anni ’90, fino alla diffusione dei sistemi a 3 T tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000. Risalgono a quel periodo anche rivoluzionari sviluppi tecnologici in termini di acquisizione delle immagini, come l’introduzione di sistemi “phased array” e di tecniche di imaging parallelo. La potenza di questi nuovi approcci consentiva di considerare realizzabili le promesse del campo ultra-alto (campo magnetico ≥7 T, Ultra-High Field, UHF) già intraviste vent’anni prima e forniva strumenti adeguati per la risoluzione di molti problemi ipotizzati e riscontrati, in merito ad aspetti di qualità delle immagini e di sicurezza. vol30 / no3-4 / anno2014 > 39 fisica e… Fig. 1 Evoluzione delle immagini MR nel tempo. 1974, prima immagine ottenuta da Lauterbur con tecnica allora chiamata zeugmatography in un piccolo animale. 1977, il gruppo di Mansfield ricostruisce la prima immagine di anatomia umana in vivo su una sezione assiale di un dito. 28 Agosto 1980, ad Aberdeen viene ottenuta la prima immagine clinica di una sezione dell’addome. Fine degli anni ‘80 la Risonanza Magnetica a 1,5 T cominciaa diffondersi nel mondo, seguita alla fine degli anni ‘90 da sistemi a 3 T. 30 marzo 2012, la prima immagine acquisita nel centro Imago7 con il sistema MR a 7 T. Alla fine degli anni ’90 i sistemi a 3 T furono introdotti nella pratica clinica. Nello stesso periodo, nel 1998, il primo sistema da 8 T per applicazioni nell’uomo fu installato all’Ohio State University, seguito nel 1999 dalla installazione di un scanner 7 T presso il Centro di Ricerche in Risonanza Magnetica dell’Università del Minnesota. Entrambi questi sistemi erano assolutamente sperimentali, assemblati con considerevoli sforzi e impegno da parte di laboratori di ricerca e con componenti costruiti in loco. Gli incredibili risultati ottenuti hanno guidato, a quel punto, i principali produttori, Siemens, General Electrics e Philips, a sviluppare tecnologie MR a Campo Ultra-Alto (UHF MR), fino all’installazione del primo sistema Siemens a 7 T al Massachusetts General Hospital di Boston e in rapida successione quello della General Electrics al National Institute of Health (NIH) di Bethesda. Ad oggi sono circa 50 i sistemi con campo magnetico ≥ 7 T installati nel mondo dedicati allo sviluppo ed impiegati in protocolli sperimentali di ricerca clinica sull’uomo . In retrospettiva, guardando alla storia delle scoperte in 40 < il nuovo saggiatore MR, l’avanzamento verso l’utilizzo di tecnologia UHF appare soltanto logica (fig. 1). Come già ricordato precedentemente, nel caso dell’idrogeno con spin nucleare I = 1/2 e due livelli Zeeman, dati dalla presenza del campo magnetico statico, esiste una piccola differenza di popolazione dei livelli energetici dovuta proprio alla differenza di energia di questi livelli. Infatti, secondo la distribuzione di Boltzmann, a temperatura ambiente T l’equilibrio termico produce una differenza pari a Dn ≈ N/2 ∆E/(KT) = N/2 (γħB0)/(KT) . Il leggero eccesso di spin nello stato fondamentale dà vita a una piccola polarizzazione dipendente dalla temperatura e dal campo magnetico applicato. è in effetti solo da questa piccola frazione di campione che si ricava tutto il segnale di assorbimento in corrispondenza della radiofrequenza associata alla transizione nucleare e che spiega come il limite maggiore sia la bassa sensibilità della metodica. Un modo per aumentare tale parametro è stato individuato fin da M. Tosetti et al.: La Risonanza Magnetica a 7 T subito nell’incremento del campo magnetico statico B0 . In particolare, il segnale MR aumenta in modo quadratico con l’intensità del campo magnetico statico, mentre il rumore associato mostra una dipendenza lineare. Pertanto l’utilizzo di apparecchiature MR a 7 T consente di ottenere un aumento notevole del rapporto segnale/rumore rispetto a campi più bassi. Per esempio, un’immagine ottenuta con un sistema clinico da 1,5 T, o anche da 3 T ha il limite di una risoluzione spaziale di circa un millimetro cubo, mentre la combinazione dei vantaggi del campo ultra-alto può portare a ottenere risoluzioni dell’ordine di un centinaio di micron, a parità di rapporto segnale/rumore. L’incremento notevole del rapporto segnale/rumore porta a un forte potenziamento di tutti i parametri fisici e può essere speso non solo in termini di risoluzione spaziale, ma anche in termini di sensibilità alle modificazioni della composizione tissutale o alla variazione di parametri fisiologici, di risoluzione temporale di fenomeni dinamici o risoluzione spettrale del segnale codificato in frequenza. A tali vantaggi si aggiunge il potenziale di nuovi fonti di contrasto per il tessuto cerebrale. Infatti, nell’encefalo in particolare, ma nel corpo umano in generale, esistono sorgenti di segnale che non sono completamente esplorabili a campi magnetici standard a causa del basso rapporto segnale/rumore, della scarsa risoluzione spaziale e/o della loro parca abbondanza, come ad esempio la mielina, il ferro o metaboliti che contengono nuclei rivelabili in MR diversi dall’idrogeno (13C, 23Na, 31P). Queste ulteriori sorgenti di segnale possono essere estremamente utili nel fornire informazioni aggiuntive e complementari sulla struttura molecolare, sulle dinamiche fisiologiche, metaboliche e funzionali dei processi fisiopatologici. Inoltre, il miglioramento del rapporto segnale/rumore e quindi della sensibilità intrinseca dell’esperimento MR può rendere possibili analisi riguardanti sia la distribuzione spontanea di nuclei diversi dal protone normalmente inclusi all’interno di strutture di interesse biologico, sia la distribuzione e le dinamiche metaboliche di sonde molecolari artificialmente arricchite di isotopi stabili visibili in MR. Tuttavia, all’aumentare del campo magnetico, si presentano alcune problematiche fisiche e strumentali che devono essere considerate e investigate a fondo per poter sfruttare al massimo il potenziale di un sistema MR a campo ultra alto, come ad esempio le perdite di segnale legate agli effetti di suscettività magnetica e alla disomogeneità del campo magnetico statico B0 , l’aumento degli artefatti di “chemical shift” e la variazione dei tempi di rilassamento T1 e T2 , che modificando completamente la semeiotica delle immagini e le strategie di acquisizione del segnale. Inoltre, di particolare rilevanza sono le disomogeneità dell’intensità di segnale dovute alla non omogenea eccitazione del segnale a radiofrequenza B1 e l’aumento di energia a radiofrequenza depositata sui tessuti. A 7 T la frequenza di risonanza per l’idrogeno è 298 MHz. L’innalzamento della frequenza di lavoro porta al cosiddetto “wavelength effect”: la lunghezza d’onda della radiofrequenza diventa comparabile con le dimensioni del campione investigato (arti, encefalo, tronco) che di per se comporta effetti di onda stazionaria all’interno campione. Inoltre l’esperimento si complica ulteriormente a causa delle proprietà dielettriche del campione investito dalla RF che riduce ulteriormente la lunghezza d’onda di radiazione (ad esempio a 7 T la lunghezza d’onda in un tessuto anatomico con alta concentrazione d’acqua è circa 12 cm). Questo effetto si manifesta come disomogeneità del campo trasmesso a RF (B1), chiamato appunto risonanza dielettrica, e dà vita a peculiari artefatti, ovvero le immagini presentano zone di ipo- e iper-intensità, dovuti alla presenza di picchi e valli del campo magnetico a radiofrequenza B1 che, di conseguenza, genera flip angle localmente diversi. Le disomogeneità del campo magnetico B1 si traducono inevitabilmente in disomogeneità nella deposizione di energia sul soggetto studiato, dando luogo a possibili “hot spots” di energia depositata. Il SAR (Rateo di Assorbimento Specifico) è il parametro che misura questa energia e su cui si regola la normativa nazionale ed internazionale per la sicurezza dei pazienti. I sistemi commerciali MR a UHF monitorano questo parametro e utilizzano soglie per l’acquisizione senza il superamento dei limiti normativi. Tuttavia, vista la distribuzione non omogenea del campo trasmesso e la possibile presenza di hot spots, si rendono necessari nuovi metodi di valutazione delle variazione del campo magnetico locale, attraverso simulazioni dei campi elettromagnetici e misure sperimentali, nonché lo sviluppo di sensori per il monitoraggio del SAR in tempo reale, specificatamente per ogni singolo soggetto (fig. 2). Negli ultimi anni, sono stati fatti enormi progressi tecnologici per cercare di risolvere i problemi di disomogeneità di eccitazione e ricezione del segnale dati dal campo magnetico B1 , sia dal punto di vista hardware che software. La riscrittura delle sequenze di impulsi per l’UHF ha richiesto enorme fatica, al fine di utilizzare sequenze poco sensibili ad eventuali errori nei flip angle applicati ed evitare sequenze “refocusing”. Ma come l’introduzione delle bobine multicanale per la ricezione del segnale ha rivoluzionato la MRI, fornendo la possibilità di aumentare il rapporto segnale/ rumore, o ridurre i tempi di acquisizione, così l’introduzione della trasmissione parallela ha rivoluzionato l’UHF. La possibilità di trasmettere il segnale in parallelo (“parallel transmission”) ha dato infatti una svolta fondamentale per l’utilizzo dell’UHF. La trasmissione parallela è nata a partire da una bobina multicanale in trasmissione e da un sistema di controllo che permetteva di “aggiustare” indipendentemente vol30 / no3-4 / anno2014 > 41 fisica e… Fig. 2 L’utilizzo dei sistemi MR acampo ultra-alto nell’uomo richiede una valutazione accurata della sicurezza. In tale contesto, un punto essenziale è costituito dalla capacità di calcolare il SAR (Specific Absorption Rate), ossia l’assorbimento da parte dei tessuti della potenza a radio-frequenza (RF) per unità di massa. A campo ultra-alto la distribuzione del SAR all’interno del soggetto diventa estremamente disomogenea; tale disomogeneità è legata alla elevata radio-frequenza (RF) di funzionamento della bobina (298 MHz a 7,0 T). Comunemente, il calcolo dei campi RF e del SAR, viene effettuato attraverso l’utilizzo di simulatori elettromagnetici di tipo fullwave. Nel nostro caso, abbiamo utilizzato il solutore CST MW Suite per simulare il trasmettitore di volume in quadratura, caricandolo con modelli anatomici di corpo umano (Hugo, Virtual Family, Virtual Classroom). In tutti i modelli la discretizzazione a voxel ha risoluzione di 1mm3 mentre le proprietà dielettriche dei tessuti sono ricavate dalla letteratura. In A la testa di Ella (modello di donna della Virtual Family) all’interno del trasmettitore di volume in quadratura. B e C mostrano la mappa del B1+ (magnitude, in [μT]) e del SAR [W/kg] su una sezione assiale dell’encefalo. Infine, a puro scopo di validazione del simulatore, D e E mostrano rispettivamente la mappa di B1+ misurata su un volontario di caratteristiche analoghe ad Ella [μT] e la mappa di Ella opportunamente scalata [μT]. la fase e l’ampiezza del segnale inviato a ciascun canale al fine di produrre un’eccitazione uniforme all’interno del campione, gettando così le basi per il concetto di “RF shimming” (taratura della radiofrequenza). Attualmente sistemi a trasmissione parallela consentono di gestire in maniera completamente autonoma i diversi canali in trasmissione non solo modificando fasi ed ampiezze del segnale ma inviando segnali completamente indipendenti ai singoli canali, aumentando la selettività spaziale degli impulsi RF. Grazie a questa conquista tecnologica, si riescono a compensare le specifiche disomogeneità del campo B1 indotte dall’effetto dielettrico e quindi dalla presenza all’interno del campo magnetico di uno specifico corpo umano, con le proprie proprietà dielettriche. Le correzioni di B1 sono pertanto “personalizzate” e permettono di migliorare la qualità dell’imaging e di minimizzare contestualmente la deposizione di energia su ciascun singolo soggetto con le 42 < il nuovo saggiatore sue specifiche caratteristiche (genere; età; dimensioni: peso, altezza, massa muscolare; etc…) che possono variare anche in funzione dello stato fisiopatologico. Come appena descritto alcuni fenomeni fisici alla base della RM ad UHF sfavoriscono l’applicabilità del 7 T in un contesto clinico, come la disomogeneità del B1 e la relativa distribuzione del SAR. Inoltre l’accorciamento della lunghezza d’onda della RF utilizzata ad UHF si presume possa interferire maggiormente con gli oggetti metallici aumentando l’effetto di riscaldamento e perciò la presenza di oggetti metallici impiantati rimane la principale causa di esclusione dall’effettuazione di un esame UHF MR. Con le suddette limitazioni e le importanti aspettative derivanti dalla conoscenza dei fenomeni fisici della UHF MR, sono apparsi negli ultimi anni i primi incoraggianti risultati degli studi sperimentali effettuati su pazienti affetti da malattie del sistema nervoso centrale. M. Tosetti et al.: La Risonanza Magnetica a 7 T Fig. 3 Bobine a radiofrequenza sviluppate presso il centro Imago7 in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). Bobina di superficie (A1 , A2) “dual-tuned” per la rilevazione del segnale dell’ 1H e del 31P: immagine (A3) e spettroscopia fosforica (A4 ) ottenuta nel muscolo umano. Bobine con due canali in quadratura (B1, B2 ) per l’esplorazione del midollo spinale (B3 ) e utilizzata anche per l’imaging del sistema muscolo scheletrico (muscolo, B4 , cartilagine, B5 , struttura ossea, B6 ). Bobina di volume di tipo “birdcage” (C1) per lo studio di piccoli campioni (C2 ) e piccoli animali (“whole body”, C3 , ed encefalo, C4 ). Bobina di volume TEM (Transverse ElectroMagnetic) (D1 ) e relativo spettro completo dei modi di risonanza (D2 ). 3 APPLICAZIONI della UHF MR presso il centro Imago7 A partire dalla sua introduzione in ambito clinico la MR si è dimostrata uno strumento fondamentale per lo studio anatomico e funzionale del Sistema Nervoso Centrale (SNC). Attualmente i tomografi a 7 T nel mondo sono utilizzati a scopo sperimentale e la maggior parte delle sperimentazioni riguardano il potenziamento sia hardware che software, ed in particolare lo sviluppo ad hoc di rivelatori e di sequenze di impulsi per arginare le limitazioni tecniche intrinseche all’ultra alto campo (fig. 3) [1, 2]. Gli studi di applicazione alla patologia del SNC sono a tutt’oggi limitati e tesi a valutare il beneficio diagnosticoclinico dell’UHF e la sicurezza nel suo utilizzo. I fenomeni fisici propri della UHF MR regolano le possibilità diagnostiche ottenibili con queste apparecchiature spesso in modo contrastante costituendo dei vantaggi in alcuni casi e svantaggi in altri. La scarsa diffusione dell’UHF, gli elevati costi e la presenza di artefatti propri di tale tecnologia confinano la maggior parte degli ambiti di ricerca alla sviluppo di nuove metodologie di trattazione del segnale e allo sviluppo tecnologico; tuttavia la possibilità di ottenere nuovi contrasti ad elevatissima risoluzione costituisce lo stimolo a sviluppare una nuova semeiotica dell’imaging del SNC normale e patologico, vera sfida per la sua futura applicazione in ambito clinico. Infatti, con l’aumentare del campo magnetico applicato si modificano i tempi di rilassamento ed in particolare si allunga il T1 e si accorciano il T2 e il T2*. In alcune applicazioni tali variazioni possono essere vantaggiose, come l’incremento del T1 che favorisce il fenomeno della saturazione degli spin stazionari, o la diminuzione del T2 che consente di avere sequenze più veloci. D’altra parte, poiché i tempi di rilassamento non cambiano in ugual misura nelle diverse vol30 / no3-4 / anno2014 > 43 fisica e… Fig. 4 Dall’acquisizione dei dati complessi del segnale (componente reale ed immaginaria) è possibile estrarre la fase e ricavare quindi informazioni sulle grandezze fisiche legate al campo magnetico statico che influiscono sulla frequenza di precessione, ovvero ottenere una mappatura della suscettività magnetica dei tessuti in esame. Quest’ultima proprietà fisica si è rivelata un nuovo e potente contrasto endogeno capace di rivelare caratteristiche tissutali importanti in ambito clinico. La suscettività, infatti, è direttamente proporzionale alla presenza di ferro ed inversamente proporzionale alla densità mielinica – due parametri di importanza fondamentale nello studio, ad esempio, delle malattie neurodegenerative. L’estrazione di mappe di suscettività viene effettuata a partire dal segnale (A) e dalla ricostruzione delle immagini di fase (B), che vengono elaborate in modo da isolare i contributi di variazione di fase riconducibili alle proprietà magnetiche dei tessuti da quelli su larga scala dovuti alle disomogeneità del campo magnetico statico. Da queste mappe di variazione locale della fase (C), noti i tempi di eco impiegati in acquisizione, si possono ricostruire le mappe di variazione in frequenza e quindi di suscettività magnetica (D) (Thresholded K-Space Division (TKD)-based method). componenti del SNC, i contrasti fra le varie strutture si modificano e una nuova semeiotica del segnale deve essere ridefinita anche sulla base di nuovi metodi di trattazione del segnale che possono portare all’identificazioni di nuove tecniche di imaging [3]. L’aumento del SNR consente di incrementare la risoluzione spaziale (nell’ordine del centinaio di micron) ottenendo un imaging anatomico mai raggiunto in vivo. I fenomeni di suscettività magnetica forniscono pro e contro all’applicazione clinica dell’UHF. Da un lato consentono una maggiore sensibilità a rilevare sostanze paramagnetiche e diamagnetiche come la emosiderina nelle microemorragie, il calcio nelle calcificazioni tumorali, il ferro in porzioni degenerate del SNC, ma dall’altro incrementano le distorsioni delle immagini anatomiche riducendo la qualità diagnostica. Ma la maggiore sensibilità agli effetti di suscettività magnetica consente tuttavia di ottenere nuovi tipi di contrasto (Susceptibility Weighted Imaging, phase mapping, 44 < il nuovo saggiatore Susceptibility mapping) (fig. 4) che permettono di distinguere all’interno di una struttura anatomica componenti a differente suscettività come ad esempio l’aspetto laminare della corteccia cerebrale. Allo stesso tempo l’incrementata sensibilità alla dossiemoglobina nelle vene tipica dell’UHF determina una maggiore sensibilità all’effetto BOLD (Blood Oxygenation Level Dependent), l’effetto che sfrutta le proprietà magnetiche del sangue, e dell’emoglobina in particolare, come una sorgente di contrasto endogena, e che sta alla base delle tecniche classiche di rivelazione di un’attivazione corticale. Tale tecnica nota come “functional MRI” (fMRI) è considerata una delle principali applicazioni che beneficiano dell’utilizzo dell’UHF, grazie proprio al doppio vantaggio di aumento del rapporto segnale/rumore parallelamente a quello della sensitività all’effetto BOLD. L’incremento di entrambi questi fattori può essere sfruttato per studiare la funzione cerebrale con maggior risoluzione spaziale M. Tosetti et al.: La Risonanza Magnetica a 7 T Fig. 5 Spettroscopia MR in vivo. Grazie all’utilizzo dei sistemi MR a 7 T, e al conseguente incremento del rapporto segnale/rumore e della risoluzione spettrale, è possibile rivelare e separare il segnale di un maggior numero di metaboliti cerebrali rispetto ai campi clinici. (A) Esempio di acquisizione standard con sequenza STEAM (STimulated Echo Acquisition Mode) a tempo di eco breve per la rivelazione del massimo numero di risonanze, ognuna corrispondente ad un determinato metabolita presente nell’encefalo. (B) Tecnica di semplificazione spettrale che permette la rivelazione di metaboliti di interesse eliminando le componenti spettrali di multipletti. (C) Simulazione dell’evoluzione quantistica degli spin per l’ottimizzazione dei parametri di acquisizione (TE, TM) al fine di rivelare segnali particolarmente deboli e/o spettralmente sovrapposti ad altri (tecnica STEAM-MiTis, Mixing Time Subtraction). (D) Tecnica STEAM-MiTis ottimizzata per la rivelazione del glutammato, un importante neurotrasmettitore coinvolto in numerosi processi patologici. e maggiore sensibilità. È dimostrato che l’aumento della risoluzione spaziale può consentire la definizione della architettura funzionale della corteccia cerebrale a livello sub millimetrico (colonnare), mentre l’aumento della sensibilità della fMRI a 7 T consente di ottenere mappe funzionali di attivazione cerebrale non solo in studi di gruppo ma anche a livello di singolo soggetto o singolo evento. L’aumento del campo magnetico statico incrementa anche il fenomeno del chemical shift che può avere un effetto deleterio incrementando l’artefatto tipico da chemical-shift all’interfaccia fluido-grasso. Ma l’incremento del chemical shift è alla base della maggiore risoluzione spettrale del segnale in frequenza ottenibile con MR ad ultra alto campo. La spettroscopia a risonanza magnetica fornisce informazioni in vivo sulla concentrazione di alcuni metaboliti neuronali e di alcuni neurotrasmettitori. L’applicabilità della spettroscopia protonica in ambito medico è limitata dalle bassa concentrazione della maggior parte dei metaboliti cerebrali di interesse (poche mM) rispetto alla quantità di acqua presente nei tessuti (superiore a 50 mM). Poiché il rapporto segnale/ rumore e il chemical shift sono proporzionali all’intensità del campo magnetico statico, sistemi RM a 7 T consentono la quantificazione di circa 13 metaboliti encefalici, e grazie a tecniche di editing spettrale anche la rivelazione di importanti neurotrasmettiitori come per esempio il GABA (acido g-amminobutirrico) o il glutammato (fig. 5). Grazie all’aumento della sensibilità e della risoluzione spettrale, l’introduzione dei sistemi ad ultra alto campo apre nuovi scenari anche per lo studio di altri nuclei come 31P e importanti risultati sono stati ottenuti anche con 13C e con 23 Na e 17O che sono essenziali per lo studio del metabolismo cerebrale e del suo bilancio energetico. I tomografi a 7 T offrono vantaggi enormi per le indagini di struttura e di ultrastruttura in vivo nell’uomo, così come nel campo degli studi neurometabolici e di attivazione vol30 / no3-4 / anno2014 > 45 fisica e… Fig. 6 Immagini acquisite con il sistema MR a 7 T presso il centro Imago7 ad altissima risoluzione (200 mm in plane) con sequenza GRE, focalizzate sulle regioni dell’ippocampo, struttura che svolge un ruolo importante nella memoria a lungo termine e nella navigazione spaziale. La ricerca simultanea di alta risoluzione spaziale e di contrasto in questa struttura ha il fine di misurare fini sub-strutture dell’ippocampo come gli strati reticolare e lacunoso molecolare, sedi della fase iniziale del processo neurodegenerativo nella malattia di Alzheimer. corticale che consentono di migliorare le conoscenze dell’anatomia e della fisiologia normale in vivo. È anche per questo motivo che parte della ricerca svolta nel centro Imago7 riguarda la messa a punto di sequenze, l’identificazione di nuovi contrasti e l’ottimizzazione di protocolli di acquisizione su soggetti volontari sani. Non di meno, l’utilizzo dell’UHF offre grandi potenzialità nel migliorare la caratterizzazione di un ampio spettro di patologie del sistema nervoso centrale e i primi protocolli di sperimentazione clinica finanziati da ricerche nazionali ed europee sono in corso nel centro Imago7, quali la valutazione delle malattie neurodegenerative, delle neoplasie cerebrali e dell’epilessia. Nell’ambito delle malattie neurodegenerative la maggior attenzione è stata posta sulla demenza tipo Alzheimer, sulla malattia di Parkinson e sulla Sclerosi Laterale Amiotrofica. Gli studi sulla Malattia di Alzheimer sono mirati alla valutazione delle formazioni ippocampali ad elevata risoluzione (fig. 6) al fine di misurare fini sub-strutture dell’ippocampo come gli strati reticolare e lacunoso molecolare sedi della fase iniziale del processo neurodegenerativo. Tali studi in comparazione con i soggetti normali riguardano anche la morfologia ippocampale in pazienti con “mild cognitive impairment” una forma iniziale di demenza. Altri studi sono invece orientati, grazie alla combinazione dell’alta risoluzione con sequenze sensibili alla suscettività magnetica, alla rivelazione delle placche amiloidi quale substrato anatomo patologico della malattia. Tali risultati consistenti in sperimentazioni animali ex vivo sono oggetto di discussione invece quando applicati sull’uomo in vivo. Nella malattia di Parkinson la MR a campo ultra alto mediante sequenze mirate e sensibili alla suscettività ha dimostrato il suo valore aggiunto rispetto alla MR a campo clinico consentendo di identificare per la prima volta in vivo le componenti della substantia nigra tra le quali quella responsabile della malattia [4]. La scomparsa alla UHF-MR della pars compacta 46 < il nuovo saggiatore M. Tosetti et al.: La Risonanza Magnetica a 7 T della substantia nigra contenente il nigrosoma dimostra la degenerazione che è alla base del deficit dopaminergico e consente di identificare il paziente con malattia di Parkinson in fase iniziale con una elevata accuratezza diagnostica. Si sta valutando se questi segni indicativi della malattia di Parkinson siano specifici della malattia o siano invece comuni ad altri parkinsonismi atipici. Inoltre la possibilità di ottenere mappe quantitative della suscettività magnetica permetterà verosimilmente di avere maggiori informazioni sulla patogenesi della neurodegenerazione nella malattia di Parkinson. Nella Sclerosi Laterale Amiotrofica l’imaging ad UHF ad alta risoluzione della corteccia motoria ha consentito di rilevare un abnorme accumulo di ferro solo in alcuni strati della corteccia corrispondenti a quanto rilevabile all’esame anatomopatologico. Tale accumulo sembra correlare con il grado di disabilità. Nel campo delle malattie del motoneurone comunque una grossa aspettativa risiede nell’imaging ad alta risoluzione del midollo spinale che attualmente è oggetto di studio al fine di risolvere le problematiche hardware legate alla ricezione del segnale RM in una regione anatomica complessa e aumentare la sensibilità della MRI nell’identificare l’ultrastruttura del midollo spinale (fig. 3B3). Nella valutazione delle neoplasie cerebrali attualmente la MR convenzionale, la spettroscopia protonica e le tecniche avanzate come diffusione e perfusione sono le tecniche per il grading della neoplasia e per definire il target bioptico. I nuovi contrasti ottenibili ad UHF sembrano fornire elementi aggiuntivi indicativi di maggior aggressività come la presenza di microemorragie o lo studio venografico che grazie alla sensibilità del campo ultra alto per la deossiemoglobina diviene un indice del consumo di ossigeno. Pattern specifici della neoplasia nella diagnostica differenziale con la radionecrosi o lesioni espansive di altra natura non sono ancora stati studiati. Ci sono grandi aspettative per la delimitazione del tessuto neoplastico che nella fase di infiltrazione del tessuto sano rimane una sfida irrisolta a campi convenzionali. Nell’epilessia l’introduzione dell’UHF ha come presupposto l’idea di identificare più lesioni epilettogene di quanto non sia possibile con campi a più bassa intensità in modo da incrementare il numero dei pazienti con epilessia focale secondaria a spese dei pazienti focali criptogenetici ovvero quelli che non presentano a nessuna tecnica di imaging una lesione responsabile della malattia. Tale possibilità già dimostrata con l’introduzione del 3 T al posto del 1,5 T nello studio di pazienti epilettici focali sarebbe ulteriormente favorita dalla maggiore sensibilità e risoluzione spaziale del 7 T come peraltro suggeriscono le pionieristiche correlazioni tra la patologia e l’imaging a UHF in pazienti con displasia corticale e come sembrano indicare gli studi sulle polimicrogirie in cui il 7 T riesce ad identificare la strutturazione in microgiri della corteccia interessata [5]. Infine, per tutti i protocolli sperimentali sull’uomo, sono stati condotti studi sulla sicurezza e sulla tollerabilità degli esami MR a 7 T che hanno dato risultati incoraggianti per l’assenza di effetti collaterali importanti. Solo sensazioni fastidiose come la vertigine risultano più frequenti che a campi magnetici convenzionali [6]. Sulla base dei principi fisici che la regolano, la risonanza magnetica ad ultra alto campo fornisce forti aspettative e spunti per la creazione di una nuova semeiotica di molte patologie sia del sistema nervoso in prima istanza, che in futuro di molti altri distretti corporei (ad esempio il sistema muscoloscheletrico fig. 3B4-5-6). Numerosi sforzi si stanno facendo in questi anni per fornire le apparecchiature a 7 T di bobine e sequenze per l’applicazione sull’uomo, permettendo così di aumentare le conoscenze sia fisiologiche che fisiopatologiche, preludio per le future applicazioni cliniche. Molti problemi sono stati risolti ma molti sono ancora da risolvere per sfruttare a pieno tutte le potenzialità dell’ultra alto campo. Solo attraverso la continua ricerca, la sinergia multidisciplinare e il confronto di diverse competenze (fisiche, chimiche, ingegneristiche, mediche) si potrà giungere alla dimostrazione di un effettivo guadagno diagnostico dell’UHF rispetto ai campi convenzionali in differenti patologie, passo fondamentale per il trasferimento tecnologico dell’UHF MR al servizio dell’uomo. vol30 / no3-4 / anno2014 > 47 Ulteriori approfondimenti • • • • • • http://nobelprize.org/nobel_prizes/physics/laureates/1944/rabi-bio.html. http://nobelprize.org/nobel_prizes/physics/laureates/1952/bloch-lecture.pdf http://nobelprize.org/nobel_prizes/chemistry/laureates/1991/ernst-lecture.html http://nobelprize.org/nobel_prizes/medicine/laureates/2003/mansfield-autobio.html T. F. Budinger e P. C. Lauterbur, “NMR Technology for Medical Studies”, Science, (1984) 226. P. M. Robitaille, R. Warner, J. Jagadeesh, A. M. Abduljalil, A. Kangarlu, R. E. Burgess, Y. Yu, L. Yang, H. Zhu, Z. Jiang, R. E. Bailey, W. Chung, Y. Somawiharja, P. Feynan, D. L. Rayner, “Design and assembly of an 8 tesla whole-body MR scanner”, J. Comput. Assist. Tomogr., 23 (1999) 808. • R. W. Brown, Y.-C. Norman Cheng, E. M. Haacke, M. R. Thompson, R. Venkatesan, “Magnetic Resonance Imaging: Physical Properties and Sequence Design” (John Wiley & Sons) 2014 (second edition). • P.-M Robitaille, L. Berliner (Editors), “Ultra High Field Magnetic Resonance Imaging. Series: Biological Magnetic Resonance, Vol. 26 (Springer Science & Business Media) 2007. • J. Hennig, O. Speck (Editors), “High-Field MR Imaging” (Springer Science & Business Media) 2012. Pubblicazioni della collaborazione imago7 nel primo anno di attività [1] R. Stara, N. Fontana, G. Tiberi, A. Mono-rchio, G. Manara, M. Alfonsetti, A. Galante, A. Vitacolonna, M. Alecci, A. Retico and M. Tosetti, “Validation of Numerical Approaches for Electromagnetic Characterization of Magnetic Resonance Radiofrequency Coils”, PIER M, 29 (2013) 121. [2] G. Tiberi, M. Costagli, R. Stara, M. Cosottini, J. Tropp, M. Tosetti, “Electromagnetic characterization of an MR volume coil with multilayered cylindrical load using a 2-D analytical approach”, J. Magn. Reson., 230 (2013) 186. [3] M. Costagli, D. A. Kelley, M. R. Symms, L. Biagi, R. Stara, E. Maggioni, G. Tiberi, C. Barba, R. Guerrini, M. Cosottini, M.Tosetti, “Tissue Border Enhancement by inversion recovery MRI at 7.0”, Neuroradiology, 2014 Epub ahead of print. [4] M. Cosottini, D. Frosini, I. Pesaresi, M. Costagli, L. Biagi, R. Ceravolo, U. Bonuccelli, M. Tosetti, “MR imaging of the substantia nigra at 7 T enables diagnosis of Parkinson disease”, Radiology, 271 (2014) 831. [5] R. Guerrini, W. B. Dobyns, “Malformations of cortical development: clinical features and genetic causes”, Lancet Neurol., 13 (2014) 710. [6] M. Cosottini, D. Frosini, L. Biagi, I. Pesaresi, M. Costagli, G. Tiberi, M. Symms, M. Tosetti, “Short-term side-effects of brain MR examination at 7 T: a single-centre experience”, Eur Radiol., 2014 Epub ahead of print. Laura Biagi Laura Biagi laureata in Fisica nel 2001 presso l’Università degli Studi di Pisa, ha conseguito presso la stessa università il Dottorato di Ricerca in Fisica Applicata nel 2005. Lavora come fisico ricercatore presso il Laboratorio di Fisica Medica e Biotecnologie di Risonanza Magnetica dell’ IRCCS Fondazione Stella Maris e della Fondazione Imago7 di Pisa. La sua attività di ricerca è centrata sullo sviluppo di tecniche MR che consentano una valutazione strutturale, funzionale e metabolica dell’encefalo, quali l’imaging quantitativo ad alta risoluzione, gli studi di attivazione funzionale, la misura della perfusione cerebrale nonché lo studio della connettività strutturale e funzionale. Target principale dell’applicazione di tali metodiche è la comprensione dei processi cerebrali che si verificano nell’uomo dalla nascita all’età adulta, sia nello sviluppo tipico che nei disturbi neurologici e psichiatrici dell’età evolutiva. 48 < il nuovo saggiatore Mirco Cosottini Mirco Cosottini, medico, specializzato in Neurofisiopatologia e in Radiologia, Ricercatore Universitario confermato SSD MED 37 Neuroradiologia, appartenente al Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove tecnologie in Medicina e Chirurgia dell’Università Pisa, dove è docente di Neuroradiologia. Svolge l’attività clinica come Dirigente medico di I livello presso la UO di Neuroradiologia dell’Azienza Ospedaliero-Universitaria Pisana. Ricopre l’incarico di Medico Responsabile e coordina l’attività di sperimentazione clinica del Centro Imago7. Responsabile di vari progetti di ricerca, si è occupato di sviluppo metodologico e validazione clinica delle più recenti tecniche di indagine con risonanza magnetica (diffusione, perfusione, fMRI) con particolare riguardo alle patologie neurodegenerative e cerebrovascolari. è autore di oltre 80 pubblicazioni su riviste internazionali. Michela Tosetti Michela Tosetti, fisico, direttore del Laboratorio di Fisica Medica e Biotecnologie di Risonanza Magnetica dell’IRCCS Fondazione Stella Maris e della Fondazione Imago7 di Pisa, ha svolto fin dal 1996 ricerca nel settore della tecniche avanzate di Risonanza Magnetica per la comprensione dei meccanismi cerebrali a diversi livelli (strutture, metabolismo, funzione e connessioni) in studi di neuroscienze di base e nella comprensione dei meccanismi fisiopatologici di malattia. Ricopre l’incarico di professore del corso di Risonanza Magnetica al Dipartimento di Fisica dell’ Università di Pisa ed è associato alla Ricerca dell’INFN. Ha seguito in qualità di Project Manager la progettazione e la realizzazione ex novo del Centro Imago7, del quale è Fisico Responsabile. Vanta numerose pubblicazioni nel settore (>140), è referee di autorevoli riviste internazionali, oltre ad aver coordinato e partecipato a progetti di rilevanza nazionale ed europea.