La Risonanza Magnetica a 7T

fisica e…
La Risonanza Magnetica a 7T:
dalla ricerca di base alle
Applicazioni sull’uomo
Un intreccio tra fisica, chimica, ingegneria e fisiologia
al servizio della medicina
Laura Biagi1,2, Mirco Cosottini2,3, Michela Tosetti1,2
1
IRCCS Fondazione Stella Maris, Pisa, Italia
Fondazione di Ricerca Imago7, Pisa, Italia
3
Università degli Studi di Pisa, Italia
2
I nuovi tomografi di Risonanza Magnetica a campo 7 T stanno aprendo opportunità
straordinarie, trasferendo nell’uomo le potenzialità offerte dalle apparecchiature
dedicate allo studio della struttura della materia ed alle analisi del metabolismo
cellulare in vitro. Le capacità tecnologiche e di principio legate all’utilizzo di questi
sistemi ora rivolte verso l’applicazione sull’uomo, permetteranno di aumentare le
conoscenze sia fisiologiche che fisiopatologiche ed essere il preludio per le future
applicazioni cliniche.
1 Principi fisici e storia della Risonanza Magnetica Nucleare
Per comprendere le ragioni dell’interesse per sistema di Risonanza Magnetica a campo
ultra alto (≥7 tesla (T), Ultra-High Field Magnetic Resonance, UHF MR) ricordiamo i principi
fisici della Risonanza Magnetica Nucleare (NMR) nelle sue applicazione in medicina e
ripercorriamo la sua giovane storia.
Il fenomeno fisico della Risonanza Magnetica Nucleare è dovuto all’effetto di interazione
tra gli spin nucleari e i campi magnetici.
Capire l’origine del segnale di NMR presuppone inevitabilmente la conoscenza di
alcuni principi e quantità quantistiche, come ad esempio il momento di spin, i livelli
energetici e le transizioni di stato. Nello specifico, nuclei con momento angolare di
spin I diverso da zero hanno associato un momento magnetico nucleare, ovvero si
comportano come delle piccole calamite e in presenza di un campo magnetico esterno
B0 tendono ad allinearsi lungo le linee del campo. In altri termini, la presenza del campo
magnetico fa sì che la sua interazione con gli spin separi ciascun livello energetico del
sistema in 2I + 1 diversi sottolivelli energetici con energia Em = γħmB0 , dove m va da –I
a I, secondo il ben noto effetto Zeeman. La differenza energetica tra due livelli Zeeman
adiacenti è pari a ∆E = γħB0, proporzionale solo al campo magnetico applicato B0 e
alla costante giromagnetica γ del nucleo considerato. Nel caso dell’idrogeno, che ha
spin nucleare I = 1/2, la presenza in campo magnetico B0 comporta la risoluzione della
degenerazione energetica dei solo due sottolivelli Zeeman, e la condizione di risonanza
si verifica quando sul sistema viene depositata l’energia ∆E necessaria per passare dal
34 < il nuovo saggiatore
Box 1
Fondazione di Ricerca Imago7
Un sistema di Risonanza Magnetica
(MR) a campo magnetico 7 T è operativo
dal 2012 presso la Fondazione di Ricerca
Imago7, a Pisa. La particolarità di questa
apparecchiatura è quella di essere
progettata per applicazioni in vivo
sull’uomo, ed è la prima installata in
Italia. Attualmente, nel mondo sono
presenti circa 50 sistemi a campo ultra
alto (≥7 T) che vengono utilizzati al solo
scopo di ricerca.
Lo sviluppo tecnico
dell’apparecchiatura MR a 7 T e il suo
impiego nella ricerca clinica richiede
una indispensabile collaborazione
interdisciplinare tra ricercatori di
aree scientifiche diverse come fisici,
ingegneri, medici, fisiologi. Tale
collaborazione è rivolta allo studio
delle interazione radiazione-materia
e alla ricerca di nuovi metodi per la
trasmissione e la ricezione del segnale,
all’ottimizzazione del guadagno nei
parametri fisici del segnale, nonché
alla scoperta di nuovi meccanismi di
contrasto.
In tal senso la MR a 7 T apre nuovi
scenari per le applicazioni in vivo
sull’uomo ed ha permesso di ottenere
nuove tecniche di imaging e sequenze
di impulsi adatte allo studio di differenti
malattie direttamente su esseri umani.
Sono attualmente in corso protocolli
di ricerca clinica sulle malattie
neurodegenerative, sull’epilessia e per la
prima volta nel mondo con un sistema
MR a ultra alto campo uno studio
sui tumori cerebrali in età pediatrica.
A fianco delle prime pubblicazioni
in ambito tecnologico, importanti
risultati sono stati ottenuti nelle
applicazioni sull’uomo nei protocolli di
sperimentazione clinica.
La Fondazione Imago7
http://www.imago7.eu è costituita
da cinque partner Istituzionali: l’IRCCS
Stella Maris di Pisa (sede operativa
del centro Imago7), l’Università degli
Studi di Pisa, l’Azienda OspedalieraUniversitaria Pisana (AOUP) (su mandato
della Regione Toscana), l’Azienda
Ospedaliera-Universitaria Pediatrica
Meyer di Firenze, e l’IRCCS Medea di
Lecco. La costituzione della Fondazione
Imago7 e l’installazione del sistema MR
a 7 T sono state rese possibili grazie
al contributo fondamentale della
Fondazione PISA.
Forte della collaborazione in atto
oltre che con il Dipartimento di Fisica
e di Ingegneria con l’Istituto Nazionale
di Fisica Nucleare (INFN) e grazie
all’accordo di sviluppo e ricerca con
la General Electric, nel Centro Imago7
attiguo al magnete è stato installato
un laboratorio RF per lo sviluppo di
bobine innovative per la ricezione e
trasmissione del segnale MR a 7 T.
livello fondamentale a quello eccitato, ovvero quando sul sistema viene applicata una
radiazione elettromagnetica con frequenza opportuna n0 , pari a γB0 /2π. Tale frequenza,
conosciuta come frequenza di Larmor o frequenza di risonanza, dipende pertanto solo
dalle caratteristiche fisiche del nucleo investigato e dal campo magnetico applicato.
Il primo esperimento NMR fu descritto nel 1938 nel famoso articolo “A New Method
of Measuring Nuclear Magnetic Moment”, fondamentale per l’assegnazione del Nobel
per la Fisica del 1944 a Isidor Isaac Rabi. In questo esperimento Rabi fece passare un
fascio di cloruro di litio (LiCl) attraverso un campo magnetico costante e molto intenso.
Perpendicolarmente a questo campo magnetico fisso, venne applicato un campo
magnetico oscillante con frequenza variabile, creando pertanto la condizione di risonanza.
Nel 1945, due gruppi, guidati dai fisici Edward Purcell e Felix Bloch, arrivarono in
modo indipendente e a distanza di poche settimane allo sviluppo del primo metodo
per osservare la risonanza magnetica in nuclei di molecole in fase liquida o solida,
facendo un grande passo in avanti rispetto all’esperimento di Rabi del 1938, applicabile
solo a molecole isolate. Entrambi avevano scelto per motivi diversi di studiare il nucleo
dell’atomo di idrogeno, il nucleo magnetico più studiato ancora oggi, per la elevata
sensibilità, ma soprattutto per la sua abbondanza nei composti organici e alla base del
segnale dell’imaging ottenuto con Risonanza Magnetica (MR). Sia Purcell che Bloch
verificarono la condizione di risonanza, applicando una frequenza nella regione delle
radiofrequenze pari a γB0 /2π e registrarono un segnale di assorbimento. Per distinguerlo
dall’esperimento di Rabi, chiamato “molecular beam magnetic resonance”, quello di Bloch
vol30 / no3-4 / anno2014 >
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fisica e…
e Purcell fu chiamato “nuclear magnetic resonance in the
condensed matter” e valse loro il Premio Nobel della Fisica nel
1952.
Grazie a una descrizione classica del fenomeno NMR, più
semplice per comprendere le caratteristiche del segnale e
dell’esperimento NMR, si può studiare il comportamento
globale di tutti gli spin in termini della magnetizzazione
totale del sistema immerso in un campo magnetico statico
esterno B0 , per convenzione lungo l’asse z. In particolare,
l’evoluzione della magnetizzazione fu descritta dalle
equazioni
dMx /dt = γ My B0 – Mx /T2 ,
dMy /dt = –γ Mx B0 – My /T2 ,
dMz /dt = – (Mz – M0)/T1 ,
dette equazioni fenomenologiche di Bloch, che per primo
le introdusse per descrivere l’esperimento NMR nel 1946.
Esse hanno dei termini detti di “rilassamento”, caratterizzati
dalle quantità T1 e T2 rispettivamente per la magnetizzazione
longitudinale (Mz ) e trasversale (Mxy ), che descrivono gli
scambi di energia e di momento che possono avvenire
fra il sistema dei dipoli magnetici che dà origine alla
magnetizzazione macroscopica e l’ambiente circostante.
Questi scambi di energia e di momento tendono a riportare
la magnetizzazione ad un valore corrispondente a quello
di equilibrio termico con l’ambiente circostante. In tale
situazione, i processi di rilassamento sono estremamente
lenti e i termini di rilassamento nelle equazioni di Bloch si
possono trascurare. Risolvendo il sistema, le equazioni di
moto della magnetizzazione indicano una precessione della
magnetizzazione attorno all’asse del campo magnetico
applicato
Mx(t) = Mx0 cos(w0 t) + My0sin(w0 t) ,
My(t) = – Mx0 sin(w0 t) + My0cos(w0 t) ,
Mz(t) = Mz0,
con frequenza pari a w0 = γ B0 , ovvero la stessa frequenza
di Larmor ottenuta nella descrizione quantistica. Il campo
magnetico associato alla magnetizzazione ha ovviamente
lo stesso moto di precessione della magnetizzazione e
questo suggerisce la modalità di rivelazione del segnale
NMR. In particolare il moto di precessione induce in una
bobina di ricezione nel piano perpendicolare alla direzione
del campo magnetico applicato una forza elettromotrice
36 < il nuovo saggiatore
che opportunamente amplificata e processata costituisce il
segnale NMR.
Nella trattazione quantistica, la condizione di risonanza si
verifica quando il campione è sottoposto a una radiazione
elettromagnetica a frequenza n0 che consente di osservare
transizioni di stato tra diversi livelli energetici di tipo Zeeman.
Questo nella trattazione classica equivale a vedere la
radiazione elettromagnetica come l’applicazione di un campo
magnetico B1 oscillante a frequenza w0 e perpendicolare
al campo magnetico B0 , come fatto negli esperimenti
dell’epoca. In un sistema di riferimento solidale con il campo
magnetico B1, detto sistema rotante, le equazioni di Bloch
danno un moto di precessione della magnetizzazione
attorno alla direzione del campo B1. Pertanto l’accensione
momentanea di un campo magnetico oscillante alla
frequenza di risonanza per un intervallo di tempo τ produce
uno spostamento della magnetizzazione dalla posizione di
equilibrio di un angolo
α = γ τ B1
detto “flip angle”, grandezza fisica alla base di tutte le tecniche
impulsate di risonanza magnetica. Infatti, variando l’ampiezza
del campo magnetico B1 , o la sua durata τ, è possibile
ruotare la magnetizzazione di opportuni angoli e descrivere
particolari traiettorie. Il campo magnetico oscillante è usato
in maniera pulsata, e si parla di impulso a 90°, impulso
a 180°, o genericamente impulso a radiofrequenza, per
indicare l’applicazione limitata nel tempo di una radiazione
elettromagnetica che ruoti la magnetizzazione del
corrispondente angolo desiderato. Non appena il campo
magnetico oscillante B1 si spegne, il sistema subisce una
serie di processi di rilassamento che lo riportano allo stato
di equilibrio termico e che sono descritti dai termini di
rilassamento nelle equazioni di Bloch, tramite i due tempi
caratteristici T1 (tempo di rilassamento longitudinale) e T2
(tempo di rilassamento trasversale). Essi sono proprietà
caratteristiche dei materiali e dei tessuti e dipendono da
moltissimi fattori, come il moto molecolare, la dimensione
molecolare e le interazioni elettroniche nella specifica
molecola dove si trovano i nuclei.
Costruire una sequenza di impulsi a radiofrequenza,
impostando gli angoli desiderati, i tempi di pausa tra i diversi
impulsi, l’ordine, la polarità e la frequenza di ripetizione degli
impulsi RF, permette infatti di pesare il segnale rispetto al T1 ,
o al T2 o alla distribuzione di densità protonica, generando
diversi tipi di informazione. Non solo: tecniche più avanzate
M. Tosetti et al.: La Risonanza Magnetica a 7 T
consentono di enfatizzare una specifica interazione fisica
o chimica alla base del rilassamento e quindi ottenere
specifiche informazioni, ad esempio sui legami molecolari o
sui processi di moto diffusivo delle molecole o sulle variazioni
locali di campo magnetico dovute a cambiamenti della
suscettività magnetica.
Agli inizi degli anni ’50, la risonanza magnetica nucleare
cominciò a essere usata intensivamente per diversi scopi,
comprese molte applicazioni di chimica dei composti solidi
e in soluzione. Nel 1950 fu realizzata la prima sequenza di
impulsi di radiofrequenze allo scopo di studiare l’effetto degli
impulsi sulla forma degli spettri NMR e di misurare i tempi di
rilassamento dei vari materiali investigati. Furono sviluppate
numerose sequenze di impulsi, ancora oggi utilizzate, in
particolare da Erwin Hahn, a cui si deve la Spin Echo (SE),
che studiò l’evoluzione del sistema di spin nucleare negli
intervalli di tempo tra un impulso e l’altro, indicati con TE
(Time of Echo). Nel 1966, cercando di aumentare la sensibilità
della tecnica, Richard Ernst applicò la tecnica di trasformata
di Fourier (FT) all’NMR. Per questa vera e propria rivoluzione
introdotta nel campo dell’NMR, che cambiò radicalmente
anche la tecnica di ricostruzione delle immagini, Ernst
ricevette il premio Nobel per la chimica nel 1991.
Accanto all’evoluzione dell’NMR per applicazioni chimiche
e biologiche, la risonanza magnetica nucleare iniziava ad
interessare anche la medicina. Nel 1973 Paul Lauterbur,
osservando che la frequenza del segnale di risonanza di
un nucleo dipende esclusivamente dal valore del campo
magnetico applicato, intuì la possibilità di localizzare
spazialmente il punto di origine del segnale differenziando
la frequenza di risonanza locale utilizzando gradienti di
campo magnetico. Applicando un campo magnetico
G (r, t), la frequenza di risonanza ω di un particolare voxel
(elemento minimo di volume che può essere differenziato
spazialmente e che determina la risoluzione spaziale
della metodica) diventa funzione della posizione di tale
voxel ω (r,t) = γ (B0 + G(r,t) · r). Realizzando un prototipo
di tomografo MR con campo magnetico di 0,1 T, dotato
di una serie di bobine di gradienti lineari di campo
magnetico orientati in direzioni diverse, e utilizzando la
tecnica della retroproiezione filtrata dei segnali (simile ai
metodi per la ricostruzione delle immagini utilizzati nella
tomografia computerizzata a raggi X, TC), Lauterbur riuscì
nell’osservazione di tessuti tumorali in piccole provette.
Nel 1975, Richard Ernst suggerì che grazie all’utilizzo
di gradienti di campo magnetico si poteva applicare la
trasformata di Fourier per la decodifica della fase e della
frequenza dei segnali registrati: a tutt’oggi è questo il metodo
di base dell’imaging con risonanza magnetica.
A partire dal 1975, Peter Mansfield propose tecniche di
eccitazione e rivelazione dei segnali di risonanza magnetica
per trasformarli in immagini in tempi rapidi, passo essenziale
per rendere la metodica MR utilizzabile nella pratica medica.
Due anni più tardi, nel 1977, ottenne la prima immagine di
anatomia umana in vivo, una sezione assiale di un dito. Nello
stesso anno mostrò anche le potenzialità di ottenere imaging
estremamente rapido tramite l’utilizzo di gradienti di campo
magnetico estremamente veloci nel tempo: la cosiddetta
tecnica eco-planare (echo-planar imaging, EPI). Nel 2003,
Lauterbur e Mansfield, un fisico ed un chimico, ricevettero
il premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia per “le loro
scoperte nel campo dell’imaging di risonanza magnetica
(MRI)”, che venne definita una metodica “breakthrough”
per la diagnostica clinica e la ricerca. Grazie alle scoperte,
si era infatti aperto il mercato dei tomografi di risonanza
magnetica, con il primo sistema reso commerciale nel 1981.
Da allora, la ricerca nel campo della MRI ha subito numerosi
sviluppi e oggi, con gli oltre 60 mila strumenti MR tra 1 T e
3 T sparsi per il mondo, la risonanza magnetica per immagini
permette di diagnosticare malattie non osservabili con altre
tecniche raggiungendo risultati inaspettati in un tempo
relativamente breve. Il suo enorme successo è dovuto alla
peculiare versatilità della metodica, che consente di estrarre
informazioni molteplici, diverse e complementari, dal
campione in esame al variare delle tecniche di acquisizione
utilizzate. Nelle immagini del corpo umano, infatti, sono
le differenze di proprietà specifiche dei tessuti come il T1,
il T2 e la distribuzione di densità protonica che generano
il contrasto necessario per distinguere le diverse strutture
anatomiche o i tessuti patologici dai tessuti sani. Una
peculiarità dell’imaging con risonanza magnetica è che essa
non restituisce un’univoca immagine dei tessuti esaminati ma
l’immagine generata è di volta in volta funzione del metodo
di acquisizione che si differenzia per la sequenza di impulsi
e la strategia di campionamento del segnale che equivale a
schemi di accensione e spegnimento dei gradienti di campo
magnetico utilizzati. Aspetto non secondario nel decretare il
successo della MR nel campo della diagnostica per immagini
è l’utilizzo di onde elettromagnetiche a basse energie, che
evitano l’esposizione del paziente a radiazioni ionizzanti.
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fisica e…
Box 2
SISTEMA RM 7 T
Ogni sistema MR è costituito da
quattro diverse parti fondamentali:
il magnete, le bobine di gradiente,
il sistema a radiofrequenza ed un
sistema di controllo che consente
la taratura, l’acquisizione e la
generazione di immagini. La natura
non ordinaria del sistema a 7 T ha
richiesto tuttavia accorgimenti
tecnologici innovativi e strutturali
altrimenti non necessari.
Il magnete, che genera il campo
statico B0 di intensità pari a 7 T, è
di tipo superconduttore, ovvero
costituito da un solenoide realizzato
in materiale che presenta una
resistenza elettrica quasi pari a
zero se posto in condizioni di
lavoro a temperatura prossima allo
zero assoluto. Tali condizioni sono
garantite tramite la sua immersione
in elio (He) liquido. L’avvolgimento,
costituito da diversi chilometri di cavi
superconduttori, e l’elio liquido sono
contenuti all’interno di un contenitore
a pressione (dewar). L’ “accensione” del
campo magnetico statico è effettuata
energizzando il magnete attraverso
il collegamento dello stesso ad una
differenza di potenziale esterna al
sistema. Questa fase, denominata
“ramp up” del magnete, avviene
alla fine della fase di refrigerazione
del dewar. La refrigerazione del
magnete a 7 T è stata effettuata in
due fasi. Durante la prima fase di
“preraffreddamento” la temperatura
interna al dewar è stata portata a
77,35 K utilizzando 13 mila litri di
azoto liquido. Durante la seconda
fase la temperatura è stata portata a
4,24 K, utilizzando 12 mila litri di elio
liquido. Il ramp up del magnete a 7 T
è stato eseguito in tre fasi successive,
energizzando il magnete con valori
diversi di tensione (dell’ordine dei
volt con correnti di qualche centinaio
di ampere). L’omogeneità nominale,
38 < il nuovo saggiatore
Sistema MR 7 T (MR950 GE Healthcare, USA) installato presso la fondazione Imago7 a Pisa.
su una sfera del diametro di 30 cm,
è inferiore a 2 parti per milione. La
natura superconduttrice del magnete
è evidenziata dal valore di stabilità
nominale del campo magnetico statico
pari a 0,05 parti per milione in un’ora,
pari a circa 0,04% all’anno.
Le bobine di gradiente consentono
di produrre campi magnetici di
intensità variabile nello spazio e nel
tempo necessari per la ricostruzione
spaziale del segnale e la formazione
delle immagini. A tal scopo, i gradienti
lineari di campo magnetico lungo i
tre assi coordinati vengono accesi e
spenti secondo precisi algoritmi dettati
dalle diverse tecniche di ricostruzione
delle immagini. Sono tre le bobine dei
gradienti, una per ciascuna direzione
(x, y, z), e sono realizzate con più spire
disposte in prossimità della superficie
interna del cilindro cavo che contiene
il magnete. Il gradiente di campo nella
direzione z (coincidente con la direzione
del campo magnetico B0 ) viene creato
con due bobine di anti-Helmholtz,
ovvero, due avvolgimenti con asse
coincidente in cui viene fatta circolare
una corrente in versi opposti. I gradienti
di campo lungo x e y sono creati da
una coppia di bobine a forma di 8.
Le bobine di gradiente in dotazione
al sistema MR a 7 T sono in grado di
realizzare gradienti di campo d’ intensità
pari a 50 mT/m con prestazioni tali da
raggiungere slew rate (velocità di salita)
di 200 T/m/s.
Il sistema a radiofrequenza ha
lo scopo di trasmettere e ricevere il
segnale:
• come trasmettitore ha lo scopo
di eccitare il campione, con
opportune sequenze di impulsi che
generano determinate traiettorie
della magnetizzazione rispetto
alla direzione del campo statico.
In altre parole genera il campo B1 ,
perpendicolare alla direzione del
campo magnetico statico, che ruota
la magnetizzazione di un angolo noto
detto flip angle;
• come ricevitore ha lo scopo di
registrare il segnale di decadimento
della componente della
magnetizzazione perpendicolare al
campo magnetico statico.
Esso è realizzato con circuiti risonanti
(bobine) alla frequenza di Larmor, ν0 ,
nella regione delle radiofrequenze
(RF), da cui ne deriva il nome. I campi
M. Tosetti et al.: La Risonanza Magnetica a 7 T
a RF coinvolti nella trasmissionericezione hanno intensità dell’ordine
dei microtesla (mT). Tali circuiti
risonanti sono in genere realizzati con
un conduttore di rame cilindrico o a
microstriscia interrotto in più punti da
condensatori, in modo da creare una
induttanza distribuita ed una capacità
concentrata, allo scopo di accoppiare
induttivamente il campione alla bobina.
Il sistema a radiofrequenza può essere
realizzato con una sola bobina che
trasmette e riceve il senale, o utilizzando
differenti bobine dedicate alla
trasmissione (TX) e alla ricezione (RX),
rispettivamente. Negli ultimi anni, con
l’avvento e lo sviluppo delle tecniche
di parallel imaging che consentono
di ridurre notevolmente i tempi di
acquisizione, sono state introdotte
sul mercato e si sono rapidamente
diffuse bobine costituite da più canali
di ricezione (multi-channels RX), oggi
largamente usate nella pratica clinica.
Con l’avvento dei sistemi a campo
ultra alto, per ovviare a problemi di
disomogeneità del campo magnetico
B1 non solo in ricezione ma anche in
trasmissione del segnale, si stanno
sviluppando anche sistemi e bobine
di trasmissione a più canali (multichannels TX). Le immagini dell’encefalo
ottenute presso Imago7 sono state
acquisite utilizzando una bobina in
ricezione a 32 canali e una bobina in
trasmissione a 2 canali.
Infine il sistema di controllo
dell’intero sistema è costituito
dall’elettronica e dai calcolatori che
gestiscono ed integrano ogni aspetto
hardware dello scanner, e si occupano
della ricostruzione ed interfaccia con
l’operatore tramite software opportuno.
Il magnete, le bobine dei gradienti
ed il sistema a radiofrequenza sono
integrati in un tomografo, collocato in
una apposita stanza che presenta una
completa schermatura metallica allo
scopo di contenere il campo statico ed
impedire ad onde elettromagnetiche
provenienti dall’esterno di influenzare il
sistema a radiofrequenza. In particolare
la schermatura del campo magnetico
è realizzata interamente in materiale
ferromagnetico in grado di generare
un proprio campo magnetico statico,
con direzione e verso concordi con
quelli del campo magnetico statico
B0 , tale da ridurre l’intensità di
quest’ultimo all’esterno delle pareti
della schermatura. Il dimensionamento
e le caratteristiche geometriche della
schermatura sono stati progettati
tramite l’uso di un software di
simulazione agli elementi finiti. In
base ai risultati delle simulazioni,
è stata realizzata una struttura con
pannelli in ferro per un totale di circa
500 tonnellate di ferro. Per evitare
che gli impulsi RF di alta potenza
impiegati dal sistema interessino
locali limitrofi e, soprattutto, che
segnali RF esterni interferiscano con il
corretto funzionamento del sistema,
la sala magnete è circondata da una
schermatura per onde a radiofrequenza,
detta “gabbia di Faraday”, posta
internamente alla schermatura del
campo magnetico statico. Durante le
fasi di installazione dell’apparecchiatura,
il magnete è stato posto esattamente
all’isocentro del sistema di schermatura
per ottenere il massimo livello
dell’omogeneità del campo magnetico
statico nell’isocentro del magnete.
2 Ultra-High Field, UHF MR
Fin dagli albori dell’imaging con risonanza magnetica, si sviluppò un forte interesse
nell’ottenere campi magnetici statici sempre più intensi, poiché secondo i principi stessi della
NMR tutte le grandezze fisiche sono funzione del campo magnetico applicato B0 . Non a caso,
nel 1981, nello stesso anno dell’introduzione sul mercato biomedicale del primo tomografo
MR clinico, Lauterbur e Budinger tentarono di costruire il primo magnete superconduttore
con un campo magnetico di 6 Tesla, il più alto campo magnetico mai generato fino ad allora
per studi sull’uomo. I tempi non erano maturi e la tecnologia non adeguata a un’impresa del
genere, tuttavia è facile osservare come nella storia dei 30 anni della risonanza magnetica
nelle sue applicazione alla Medicina si assiste a una crescita inesorabile e alquanto veloce
dell’intensità del campo magnetico statico nei sistemi usati in ambito medico, passando
da 0,3–0,5 T agli inizi degli anni ’80, a 1–1,5 T agli inizi degli anni ’90, fino alla diffusione
dei sistemi a 3 T tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000. Risalgono a quel periodo
anche rivoluzionari sviluppi tecnologici in termini di acquisizione delle immagini, come
l’introduzione di sistemi “phased array” e di tecniche di imaging parallelo. La potenza di questi
nuovi approcci consentiva di considerare realizzabili le promesse del campo ultra-alto (campo
magnetico ≥7 T, Ultra-High Field, UHF) già intraviste vent’anni prima e forniva strumenti
adeguati per la risoluzione di molti problemi ipotizzati e riscontrati, in merito ad aspetti di
qualità delle immagini e di sicurezza.
vol30 / no3-4 / anno2014 >
39
fisica e…
Fig. 1 Evoluzione delle immagini MR nel tempo. 1974, prima immagine ottenuta da Lauterbur con tecnica allora
chiamata zeugmatography in un piccolo animale. 1977, il gruppo di Mansfield ricostruisce la prima immagine
di anatomia umana in vivo su una sezione assiale di un dito. 28 Agosto 1980, ad Aberdeen viene ottenuta la
prima immagine clinica di una sezione dell’addome. Fine degli anni ‘80 la Risonanza Magnetica a 1,5 T cominciaa
diffondersi nel mondo, seguita alla fine degli anni ‘90 da sistemi a 3 T. 30 marzo 2012, la prima immagine acquisita
nel centro Imago7 con il sistema MR a 7 T.
Alla fine degli anni ’90 i sistemi a 3 T furono introdotti nella
pratica clinica. Nello stesso periodo, nel 1998, il primo sistema
da 8 T per applicazioni nell’uomo fu installato all’Ohio State
University, seguito nel 1999 dalla installazione di un scanner
7 T presso il Centro di Ricerche in Risonanza Magnetica
dell’Università del Minnesota. Entrambi questi sistemi erano
assolutamente sperimentali, assemblati con considerevoli
sforzi e impegno da parte di laboratori di ricerca e con
componenti costruiti in loco.
Gli incredibili risultati ottenuti hanno guidato, a quel
punto, i principali produttori, Siemens, General Electrics
e Philips, a sviluppare tecnologie MR a Campo Ultra-Alto
(UHF MR), fino all’installazione del primo sistema Siemens a
7 T al Massachusetts General Hospital di Boston e in rapida
successione quello della General Electrics al National Institute
of Health (NIH) di Bethesda. Ad oggi sono circa 50 i sistemi
con campo magnetico ≥ 7 T installati nel mondo dedicati allo
sviluppo ed impiegati in protocolli sperimentali di ricerca
clinica sull’uomo .
In retrospettiva, guardando alla storia delle scoperte in
40 < il nuovo saggiatore
MR, l’avanzamento verso l’utilizzo di tecnologia UHF appare
soltanto logica (fig. 1).
Come già ricordato precedentemente, nel caso
dell’idrogeno con spin nucleare I = 1/2 e due livelli Zeeman,
dati dalla presenza del campo magnetico statico, esiste
una piccola differenza di popolazione dei livelli energetici
dovuta proprio alla differenza di energia di questi livelli.
Infatti, secondo la distribuzione di Boltzmann, a temperatura
ambiente T l’equilibrio termico produce una differenza pari a
Dn ≈ N/2 ∆E/(KT) = N/2 (γħB0)/(KT) .
Il leggero eccesso di spin nello stato fondamentale dà vita
a una piccola polarizzazione dipendente dalla temperatura
e dal campo magnetico applicato. è in effetti solo da questa
piccola frazione di campione che si ricava tutto il segnale
di assorbimento in corrispondenza della radiofrequenza
associata alla transizione nucleare e che spiega come il limite
maggiore sia la bassa sensibilità della metodica. Un modo
per aumentare tale parametro è stato individuato fin da
M. Tosetti et al.: La Risonanza Magnetica a 7 T
subito nell’incremento del campo magnetico statico B0 . In
particolare, il segnale MR aumenta in modo quadratico con
l’intensità del campo magnetico statico, mentre il rumore
associato mostra una dipendenza lineare. Pertanto l’utilizzo
di apparecchiature MR a 7 T consente di ottenere un aumento
notevole del rapporto segnale/rumore rispetto a campi più
bassi. Per esempio, un’immagine ottenuta con un sistema
clinico da 1,5 T, o anche da 3 T ha il limite di una risoluzione
spaziale di circa un millimetro cubo, mentre la combinazione
dei vantaggi del campo ultra-alto può portare a ottenere
risoluzioni dell’ordine di un centinaio di micron, a parità
di rapporto segnale/rumore. L’incremento notevole del
rapporto segnale/rumore porta a un forte potenziamento di
tutti i parametri fisici e può essere speso non solo in termini
di risoluzione spaziale, ma anche in termini di sensibilità alle
modificazioni della composizione tissutale o alla variazione
di parametri fisiologici, di risoluzione temporale di fenomeni
dinamici o risoluzione spettrale del segnale codificato
in frequenza. A tali vantaggi si aggiunge il potenziale di
nuovi fonti di contrasto per il tessuto cerebrale. Infatti,
nell’encefalo in particolare, ma nel corpo umano in generale,
esistono sorgenti di segnale che non sono completamente
esplorabili a campi magnetici standard a causa del basso
rapporto segnale/rumore, della scarsa risoluzione spaziale
e/o della loro parca abbondanza, come ad esempio
la mielina, il ferro o metaboliti che contengono nuclei
rivelabili in MR diversi dall’idrogeno (13C, 23Na, 31P). Queste
ulteriori sorgenti di segnale possono essere estremamente
utili nel fornire informazioni aggiuntive e complementari
sulla struttura molecolare, sulle dinamiche fisiologiche,
metaboliche e funzionali dei processi fisiopatologici. Inoltre,
il miglioramento del rapporto segnale/rumore e quindi
della sensibilità intrinseca dell’esperimento MR può rendere
possibili analisi riguardanti sia la distribuzione spontanea di
nuclei diversi dal protone normalmente inclusi all’interno
di strutture di interesse biologico, sia la distribuzione e le
dinamiche metaboliche di sonde molecolari artificialmente
arricchite di isotopi stabili visibili in MR.
Tuttavia, all’aumentare del campo magnetico, si presentano
alcune problematiche fisiche e strumentali che devono
essere considerate e investigate a fondo per poter sfruttare
al massimo il potenziale di un sistema MR a campo ultra
alto, come ad esempio le perdite di segnale legate agli
effetti di suscettività magnetica e alla disomogeneità del
campo magnetico statico B0 , l’aumento degli artefatti di
“chemical shift” e la variazione dei tempi di rilassamento T1
e T2 , che modificando completamente la semeiotica delle
immagini e le strategie di acquisizione del segnale. Inoltre,
di particolare rilevanza sono le disomogeneità dell’intensità
di segnale dovute alla non omogenea eccitazione del segnale
a radiofrequenza B1 e l’aumento di energia a radiofrequenza
depositata sui tessuti.
A 7 T la frequenza di risonanza per l’idrogeno è
298 MHz. L’innalzamento della frequenza di lavoro porta al
cosiddetto “wavelength effect”: la lunghezza d’onda della
radiofrequenza diventa comparabile con le dimensioni
del campione investigato (arti, encefalo, tronco) che di
per se comporta effetti di onda stazionaria all’interno
campione. Inoltre l’esperimento si complica ulteriormente
a causa delle proprietà dielettriche del campione investito
dalla RF che riduce ulteriormente la lunghezza d’onda di
radiazione (ad esempio a 7 T la lunghezza d’onda in un
tessuto anatomico con alta concentrazione d’acqua è circa
12 cm). Questo effetto si manifesta come disomogeneità
del campo trasmesso a RF (B1), chiamato appunto risonanza
dielettrica, e dà vita a peculiari artefatti, ovvero le immagini
presentano zone di ipo- e iper-intensità, dovuti alla presenza
di picchi e valli del campo magnetico a radiofrequenza B1
che, di conseguenza, genera flip angle localmente diversi.
Le disomogeneità del campo magnetico B1 si traducono
inevitabilmente in disomogeneità nella deposizione di
energia sul soggetto studiato, dando luogo a possibili “hot
spots” di energia depositata. Il SAR (Rateo di Assorbimento
Specifico) è il parametro che misura questa energia e su
cui si regola la normativa nazionale ed internazionale per
la sicurezza dei pazienti. I sistemi commerciali MR a UHF
monitorano questo parametro e utilizzano soglie per
l’acquisizione senza il superamento dei limiti normativi.
Tuttavia, vista la distribuzione non omogenea del campo
trasmesso e la possibile presenza di hot spots, si rendono
necessari nuovi metodi di valutazione delle variazione del
campo magnetico locale, attraverso simulazioni dei campi
elettromagnetici e misure sperimentali, nonché lo sviluppo
di sensori per il monitoraggio del SAR in tempo reale,
specificatamente per ogni singolo soggetto (fig. 2).
Negli ultimi anni, sono stati fatti enormi progressi
tecnologici per cercare di risolvere i problemi di
disomogeneità di eccitazione e ricezione del segnale dati
dal campo magnetico B1 , sia dal punto di vista hardware che
software. La riscrittura delle sequenze di impulsi per l’UHF
ha richiesto enorme fatica, al fine di utilizzare sequenze poco
sensibili ad eventuali errori nei flip angle applicati ed evitare
sequenze “refocusing”. Ma come l’introduzione delle bobine
multicanale per la ricezione del segnale ha rivoluzionato la
MRI, fornendo la possibilità di aumentare il rapporto segnale/
rumore, o ridurre i tempi di acquisizione, così l’introduzione
della trasmissione parallela ha rivoluzionato l’UHF. La
possibilità di trasmettere il segnale in parallelo (“parallel
transmission”) ha dato infatti una svolta fondamentale per
l’utilizzo dell’UHF. La trasmissione parallela è nata a partire
da una bobina multicanale in trasmissione e da un sistema di
controllo che permetteva di “aggiustare” indipendentemente
vol30 / no3-4 / anno2014 >
41
fisica e…
Fig. 2 L’utilizzo dei sistemi MR acampo ultra-alto nell’uomo richiede una valutazione accurata della sicurezza. In tale contesto, un
punto essenziale è costituito dalla capacità di calcolare il SAR (Specific Absorption Rate), ossia l’assorbimento da parte dei tessuti
della potenza a radio-frequenza (RF) per unità di massa. A campo ultra-alto la distribuzione del SAR all’interno del soggetto diventa
estremamente disomogenea; tale disomogeneità è legata alla elevata radio-frequenza (RF) di funzionamento della bobina (298 MHz a
7,0 T). Comunemente, il calcolo dei campi RF e del SAR, viene effettuato attraverso l’utilizzo di simulatori elettromagnetici di tipo fullwave. Nel nostro caso, abbiamo utilizzato il solutore CST MW Suite per simulare il trasmettitore di volume in quadratura, caricandolo
con modelli anatomici di corpo umano (Hugo, Virtual Family, Virtual Classroom). In tutti i modelli la discretizzazione a voxel ha
risoluzione di 1mm3 mentre le proprietà dielettriche dei tessuti sono ricavate dalla letteratura. In A la testa di Ella (modello di donna
della Virtual Family) all’interno del trasmettitore di volume in quadratura. B e C mostrano la mappa del B1+ (magnitude, in [μT]) e del
SAR [W/kg] su una sezione assiale dell’encefalo. Infine, a puro scopo di validazione del simulatore, D e E mostrano rispettivamente la
mappa di B1+ misurata su un volontario di caratteristiche analoghe ad Ella [μT] e la mappa di Ella opportunamente scalata [μT].
la fase e l’ampiezza del segnale inviato a ciascun canale
al fine di produrre un’eccitazione uniforme all’interno
del campione, gettando così le basi per il concetto di “RF
shimming” (taratura della radiofrequenza). Attualmente
sistemi a trasmissione parallela consentono di gestire
in maniera completamente autonoma i diversi canali in
trasmissione non solo modificando fasi ed ampiezze del
segnale ma inviando segnali completamente indipendenti
ai singoli canali, aumentando la selettività spaziale degli
impulsi RF. Grazie a questa conquista tecnologica, si riescono
a compensare le specifiche disomogeneità del campo
B1 indotte dall’effetto dielettrico e quindi dalla presenza
all’interno del campo magnetico di uno specifico corpo
umano, con le proprie proprietà dielettriche. Le correzioni di
B1 sono pertanto “personalizzate” e permettono di migliorare
la qualità dell’imaging e di minimizzare contestualmente la
deposizione di energia su ciascun singolo soggetto con le
42 < il nuovo saggiatore
sue specifiche caratteristiche (genere; età; dimensioni: peso,
altezza, massa muscolare; etc…) che possono variare anche in
funzione dello stato fisiopatologico.
Come appena descritto alcuni fenomeni fisici alla base
della RM ad UHF sfavoriscono l’applicabilità del 7 T in
un contesto clinico, come la disomogeneità del B1 e la
relativa distribuzione del SAR. Inoltre l’accorciamento della
lunghezza d’onda della RF utilizzata ad UHF si presume
possa interferire maggiormente con gli oggetti metallici
aumentando l’effetto di riscaldamento e perciò la presenza
di oggetti metallici impiantati rimane la principale causa di
esclusione dall’effettuazione di un esame UHF MR.
Con le suddette limitazioni e le importanti aspettative
derivanti dalla conoscenza dei fenomeni fisici della UHF MR,
sono apparsi negli ultimi anni i primi incoraggianti risultati
degli studi sperimentali effettuati su pazienti affetti da
malattie del sistema nervoso centrale.
M. Tosetti et al.: La Risonanza Magnetica a 7 T
Fig. 3 Bobine a radiofrequenza sviluppate presso il centro Imago7 in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare
(INFN). Bobina di superficie (A1 , A2) “dual-tuned” per la rilevazione del segnale dell’ 1H e del 31P: immagine (A3) e spettroscopia
fosforica (A4 ) ottenuta nel muscolo umano. Bobine con due canali in quadratura (B1, B2 ) per l’esplorazione del midollo spinale
(B3 ) e utilizzata anche per l’imaging del sistema muscolo scheletrico (muscolo, B4 , cartilagine, B5 , struttura ossea, B6 ). Bobina di
volume di tipo “birdcage” (C1) per lo studio di piccoli campioni (C2 ) e piccoli animali (“whole body”, C3 , ed encefalo, C4 ). Bobina
di volume TEM (Transverse ElectroMagnetic) (D1 ) e relativo spettro completo dei modi di risonanza (D2 ).
3 APPLICAZIONI della UHF MR presso il centro
Imago7
A partire dalla sua introduzione in ambito clinico la MR
si è dimostrata uno strumento fondamentale per lo studio
anatomico e funzionale del Sistema Nervoso Centrale (SNC).
Attualmente i tomografi a 7 T nel mondo sono utilizzati a
scopo sperimentale e la maggior parte delle sperimentazioni
riguardano il potenziamento sia hardware che software, ed
in particolare lo sviluppo ad hoc di rivelatori e di sequenze
di impulsi per arginare le limitazioni tecniche intrinseche
all’ultra alto campo (fig. 3) [1, 2].
Gli studi di applicazione alla patologia del SNC sono a
tutt’oggi limitati e tesi a valutare il beneficio diagnosticoclinico dell’UHF e la sicurezza nel suo utilizzo.
I fenomeni fisici propri della UHF MR regolano le possibilità
diagnostiche ottenibili con queste apparecchiature spesso in
modo contrastante costituendo dei vantaggi in alcuni casi e
svantaggi in altri. La scarsa diffusione dell’UHF, gli elevati costi
e la presenza di artefatti propri di tale tecnologia confinano
la maggior parte degli ambiti di ricerca alla sviluppo di
nuove metodologie di trattazione del segnale e allo sviluppo
tecnologico; tuttavia la possibilità di ottenere nuovi contrasti
ad elevatissima risoluzione costituisce lo stimolo a sviluppare
una nuova semeiotica dell’imaging del SNC normale e
patologico, vera sfida per la sua futura applicazione in ambito
clinico.
Infatti, con l’aumentare del campo magnetico applicato si
modificano i tempi di rilassamento ed in particolare si allunga
il T1 e si accorciano il T2 e il T2*. In alcune applicazioni tali
variazioni possono essere vantaggiose, come l’incremento
del T1 che favorisce il fenomeno della saturazione degli
spin stazionari, o la diminuzione del T2 che consente di
avere sequenze più veloci. D’altra parte, poiché i tempi di
rilassamento non cambiano in ugual misura nelle diverse
vol30 / no3-4 / anno2014 >
43
fisica e…
Fig. 4 Dall’acquisizione dei dati complessi del segnale (componente reale ed immaginaria) è possibile estrarre la fase e ricavare quindi
informazioni sulle grandezze fisiche legate al campo magnetico statico che influiscono sulla frequenza di precessione, ovvero ottenere
una mappatura della suscettività magnetica dei tessuti in esame. Quest’ultima proprietà fisica si è rivelata un nuovo e potente contrasto
endogeno capace di rivelare caratteristiche tissutali importanti in ambito clinico. La suscettività, infatti, è direttamente proporzionale
alla presenza di ferro ed inversamente proporzionale alla densità mielinica – due parametri di importanza fondamentale nello studio,
ad esempio, delle malattie neurodegenerative. L’estrazione di mappe di suscettività viene effettuata a partire dal segnale (A) e dalla
ricostruzione delle immagini di fase (B), che vengono elaborate in modo da isolare i contributi di variazione di fase riconducibili alle
proprietà magnetiche dei tessuti da quelli su larga scala dovuti alle disomogeneità del campo magnetico statico. Da queste mappe di
variazione locale della fase (C), noti i tempi di eco impiegati in acquisizione, si possono ricostruire le mappe di variazione in frequenza e
quindi di suscettività magnetica (D) (Thresholded K-Space Division (TKD)-based method).
componenti del SNC, i contrasti fra le varie strutture si
modificano e una nuova semeiotica del segnale deve essere
ridefinita anche sulla base di nuovi metodi di trattazione
del segnale che possono portare all’identificazioni di nuove
tecniche di imaging [3].
L’aumento del SNR consente di incrementare la
risoluzione spaziale (nell’ordine del centinaio di micron)
ottenendo un imaging anatomico mai raggiunto in vivo.
I fenomeni di suscettività magnetica forniscono pro e contro
all’applicazione clinica dell’UHF. Da un lato consentono una
maggiore sensibilità a rilevare sostanze paramagnetiche e
diamagnetiche come la emosiderina nelle microemorragie,
il calcio nelle calcificazioni tumorali, il ferro in porzioni
degenerate del SNC, ma dall’altro incrementano le distorsioni
delle immagini anatomiche riducendo la qualità diagnostica.
Ma la maggiore sensibilità agli effetti di suscettività
magnetica consente tuttavia di ottenere nuovi tipi di
contrasto (Susceptibility Weighted Imaging, phase mapping,
44 < il nuovo saggiatore
Susceptibility mapping) (fig. 4) che permettono di distinguere
all’interno di una struttura anatomica componenti a
differente suscettività come ad esempio l’aspetto laminare
della corteccia cerebrale.
Allo stesso tempo l’incrementata sensibilità alla
dossiemoglobina nelle vene tipica dell’UHF determina una
maggiore sensibilità all’effetto BOLD (Blood Oxygenation
Level Dependent), l’effetto che sfrutta le proprietà
magnetiche del sangue, e dell’emoglobina in particolare,
come una sorgente di contrasto endogena, e che sta alla
base delle tecniche classiche di rivelazione di un’attivazione
corticale. Tale tecnica nota come “functional MRI” (fMRI) è
considerata una delle principali applicazioni che beneficiano
dell’utilizzo dell’UHF, grazie proprio al doppio vantaggio
di aumento del rapporto segnale/rumore parallelamente
a quello della sensitività all’effetto BOLD. L’incremento di
entrambi questi fattori può essere sfruttato per studiare
la funzione cerebrale con maggior risoluzione spaziale
M. Tosetti et al.: La Risonanza Magnetica a 7 T
Fig. 5 Spettroscopia MR in vivo. Grazie all’utilizzo dei sistemi MR a 7 T, e al conseguente incremento del rapporto segnale/rumore e
della risoluzione spettrale, è possibile rivelare e separare il segnale di un maggior numero di metaboliti cerebrali rispetto ai campi
clinici. (A) Esempio di acquisizione standard con sequenza STEAM (STimulated Echo Acquisition Mode) a tempo di eco breve per la
rivelazione del massimo numero di risonanze, ognuna corrispondente ad un determinato metabolita presente nell’encefalo. (B) Tecnica
di semplificazione spettrale che permette la rivelazione di metaboliti di interesse eliminando le componenti spettrali di multipletti.
(C) Simulazione dell’evoluzione quantistica degli spin per l’ottimizzazione dei parametri di acquisizione (TE, TM) al fine di rivelare segnali
particolarmente deboli e/o spettralmente sovrapposti ad altri (tecnica STEAM-MiTis, Mixing Time Subtraction). (D) Tecnica STEAM-MiTis
ottimizzata per la rivelazione del glutammato, un importante neurotrasmettitore coinvolto in numerosi processi patologici.
e maggiore sensibilità. È dimostrato che l’aumento della
risoluzione spaziale può consentire la definizione della
architettura funzionale della corteccia cerebrale a livello sub
millimetrico (colonnare), mentre l’aumento della sensibilità
della fMRI a 7 T consente di ottenere mappe funzionali di
attivazione cerebrale non solo in studi di gruppo ma anche a
livello di singolo soggetto o singolo evento.
L’aumento del campo magnetico statico incrementa anche
il fenomeno del chemical shift che può avere un effetto
deleterio incrementando l’artefatto tipico da chemical-shift
all’interfaccia fluido-grasso. Ma l’incremento del chemical
shift è alla base della maggiore risoluzione spettrale del
segnale in frequenza ottenibile con MR ad ultra alto campo.
La spettroscopia a risonanza magnetica fornisce informazioni
in vivo sulla concentrazione di alcuni metaboliti neuronali e di
alcuni neurotrasmettitori. L’applicabilità della spettroscopia
protonica in ambito medico è limitata dalle bassa
concentrazione della maggior parte dei metaboliti cerebrali
di interesse (poche mM) rispetto alla quantità di acqua
presente nei tessuti (superiore a 50 mM). Poiché il rapporto
segnale/ rumore e il chemical shift sono proporzionali
all’intensità del campo magnetico statico, sistemi RM a
7 T consentono la quantificazione di circa 13 metaboliti
encefalici, e grazie a tecniche di editing spettrale anche
la rivelazione di importanti neurotrasmettiitori come per
esempio il GABA (acido g-amminobutirrico) o il glutammato
(fig. 5).
Grazie all’aumento della sensibilità e della risoluzione
spettrale, l’introduzione dei sistemi ad ultra alto campo apre
nuovi scenari anche per lo studio di altri nuclei come 31P e
importanti risultati sono stati ottenuti anche con 13C e con
23
Na e 17O che sono essenziali per lo studio del metabolismo
cerebrale e del suo bilancio energetico.
I tomografi a 7 T offrono vantaggi enormi per le indagini
di struttura e di ultrastruttura in vivo nell’uomo, così come
nel campo degli studi neurometabolici e di attivazione
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45
fisica e…
Fig. 6 Immagini acquisite con il sistema MR a 7 T presso il centro Imago7 ad altissima risoluzione (200 mm in
plane) con sequenza GRE, focalizzate sulle regioni dell’ippocampo, struttura che svolge un ruolo importante
nella memoria a lungo termine e nella navigazione spaziale. La ricerca simultanea di alta risoluzione spaziale e
di contrasto in questa struttura ha il fine di misurare fini sub-strutture dell’ippocampo come gli strati reticolare e
lacunoso molecolare, sedi della fase iniziale del processo neurodegenerativo nella malattia di Alzheimer.
corticale che consentono di migliorare le conoscenze dell’anatomia e della fisiologia
normale in vivo. È anche per questo motivo che parte della ricerca svolta nel centro Imago7
riguarda la messa a punto di sequenze, l’identificazione di nuovi contrasti e l’ottimizzazione
di protocolli di acquisizione su soggetti volontari sani. Non di meno, l’utilizzo dell’UHF offre
grandi potenzialità nel migliorare la caratterizzazione di un ampio spettro di patologie del
sistema nervoso centrale e i primi protocolli di sperimentazione clinica finanziati da ricerche
nazionali ed europee sono in corso nel centro Imago7, quali la valutazione delle malattie
neurodegenerative, delle neoplasie cerebrali e dell’epilessia.
Nell’ambito delle malattie neurodegenerative la maggior attenzione è stata posta sulla
demenza tipo Alzheimer, sulla malattia di Parkinson e sulla Sclerosi Laterale Amiotrofica.
Gli studi sulla Malattia di Alzheimer sono mirati alla valutazione delle formazioni
ippocampali ad elevata risoluzione (fig. 6) al fine di misurare fini sub-strutture dell’ippocampo
come gli strati reticolare e lacunoso molecolare sedi della fase iniziale del processo
neurodegenerativo. Tali studi in comparazione con i soggetti normali riguardano anche la
morfologia ippocampale in pazienti con “mild cognitive impairment” una forma iniziale di
demenza. Altri studi sono invece orientati, grazie alla combinazione dell’alta risoluzione con
sequenze sensibili alla suscettività magnetica, alla rivelazione delle placche amiloidi quale
substrato anatomo patologico della malattia. Tali risultati consistenti in sperimentazioni
animali ex vivo sono oggetto di discussione invece quando applicati sull’uomo in vivo.
Nella malattia di Parkinson la MR a campo ultra alto mediante sequenze mirate e sensibili
alla suscettività ha dimostrato il suo valore aggiunto rispetto alla MR a campo clinico
consentendo di identificare per la prima volta in vivo le componenti della substantia nigra tra
le quali quella responsabile della malattia [4]. La scomparsa alla UHF-MR della pars compacta
46 < il nuovo saggiatore
M. Tosetti et al.: La Risonanza Magnetica a 7 T
della substantia nigra contenente il nigrosoma dimostra la degenerazione che è alla base del
deficit dopaminergico e consente di identificare il paziente con malattia di Parkinson in fase
iniziale con una elevata accuratezza diagnostica. Si sta valutando se questi segni indicativi
della malattia di Parkinson siano specifici della malattia o siano invece comuni ad altri
parkinsonismi atipici. Inoltre la possibilità di ottenere mappe quantitative della suscettività
magnetica permetterà verosimilmente di avere maggiori informazioni sulla patogenesi della
neurodegenerazione nella malattia di Parkinson.
Nella Sclerosi Laterale Amiotrofica l’imaging ad UHF ad alta risoluzione della corteccia
motoria ha consentito di rilevare un abnorme accumulo di ferro solo in alcuni strati della
corteccia corrispondenti a quanto rilevabile all’esame anatomopatologico. Tale accumulo
sembra correlare con il grado di disabilità. Nel campo delle malattie del motoneurone
comunque una grossa aspettativa risiede nell’imaging ad alta risoluzione del midollo spinale
che attualmente è oggetto di studio al fine di risolvere le problematiche hardware legate alla
ricezione del segnale RM in una regione anatomica complessa e aumentare la sensibilità della
MRI nell’identificare l’ultrastruttura del midollo spinale (fig. 3B3).
Nella valutazione delle neoplasie cerebrali attualmente la MR convenzionale, la
spettroscopia protonica e le tecniche avanzate come diffusione e perfusione sono le tecniche
per il grading della neoplasia e per definire il target bioptico. I nuovi contrasti ottenibili ad
UHF sembrano fornire elementi aggiuntivi indicativi di maggior aggressività come la presenza
di microemorragie o lo studio venografico che grazie alla sensibilità del campo ultra alto per la
deossiemoglobina diviene un indice del consumo di ossigeno. Pattern specifici della neoplasia
nella diagnostica differenziale con la radionecrosi o lesioni espansive di altra natura non sono
ancora stati studiati. Ci sono grandi aspettative per la delimitazione del tessuto neoplastico
che nella fase di infiltrazione del tessuto sano rimane una sfida irrisolta a campi convenzionali.
Nell’epilessia l’introduzione dell’UHF ha come presupposto l’idea di identificare più
lesioni epilettogene di quanto non sia possibile con campi a più bassa intensità in modo
da incrementare il numero dei pazienti con epilessia focale secondaria a spese dei pazienti
focali criptogenetici ovvero quelli che non presentano a nessuna tecnica di imaging una
lesione responsabile della malattia. Tale possibilità già dimostrata con l’introduzione del
3 T al posto del 1,5 T nello studio di pazienti epilettici focali sarebbe ulteriormente favorita
dalla maggiore sensibilità e risoluzione spaziale del 7 T come peraltro suggeriscono le
pionieristiche correlazioni tra la patologia e l’imaging a UHF in pazienti con displasia corticale
e come sembrano indicare gli studi sulle polimicrogirie in cui il 7 T riesce ad identificare la
strutturazione in microgiri della corteccia interessata [5].
Infine, per tutti i protocolli sperimentali sull’uomo, sono stati condotti studi sulla sicurezza
e sulla tollerabilità degli esami MR a 7 T che hanno dato risultati incoraggianti per l’assenza
di effetti collaterali importanti. Solo sensazioni fastidiose come la vertigine risultano più
frequenti che a campi magnetici convenzionali [6].
Sulla base dei principi fisici che la regolano, la risonanza magnetica ad ultra alto campo
fornisce forti aspettative e spunti per la creazione di una nuova semeiotica di molte patologie
sia del sistema nervoso in prima istanza, che in futuro di molti altri distretti corporei (ad
esempio il sistema muscoloscheletrico fig. 3B4-5-6). Numerosi sforzi si stanno facendo in questi
anni per fornire le apparecchiature a 7 T di bobine e sequenze per l’applicazione sull’uomo,
permettendo così di aumentare le conoscenze sia fisiologiche che fisiopatologiche, preludio
per le future applicazioni cliniche. Molti problemi sono stati risolti ma molti sono ancora da
risolvere per sfruttare a pieno tutte le potenzialità dell’ultra alto campo. Solo attraverso la
continua ricerca, la sinergia multidisciplinare e il confronto di diverse competenze (fisiche,
chimiche, ingegneristiche, mediche) si potrà giungere alla dimostrazione di un effettivo
guadagno diagnostico dell’UHF rispetto ai campi convenzionali in differenti patologie, passo
fondamentale per il trasferimento tecnologico dell’UHF MR al servizio dell’uomo.
vol30 / no3-4 / anno2014 >
47
Ulteriori approfondimenti
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http://nobelprize.org/nobel_prizes/physics/laureates/1944/rabi-bio.html.
http://nobelprize.org/nobel_prizes/physics/laureates/1952/bloch-lecture.pdf
http://nobelprize.org/nobel_prizes/chemistry/laureates/1991/ernst-lecture.html
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T. F. Budinger e P. C. Lauterbur, “NMR Technology for Medical Studies”, Science, (1984) 226.
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Radiofrequency Coils”, PIER M, 29 (2013) 121.
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[3] M. Costagli, D. A. Kelley, M. R. Symms, L. Biagi, R. Stara, E. Maggioni, G. Tiberi, C. Barba, R. Guerrini, M. Cosottini,
M.Tosetti, “Tissue Border Enhancement by inversion recovery MRI at 7.0”, Neuroradiology, 2014 Epub ahead of print.
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Laura Biagi
Laura Biagi laureata in Fisica nel 2001
presso l’Università degli Studi di Pisa, ha
conseguito presso la stessa università il
Dottorato di Ricerca in Fisica Applicata
nel 2005. Lavora come fisico ricercatore
presso il Laboratorio di Fisica Medica e
Biotecnologie di Risonanza Magnetica
dell’ IRCCS Fondazione Stella Maris e
della Fondazione Imago7 di Pisa. La sua
attività di ricerca è centrata sullo sviluppo
di tecniche MR che consentano una
valutazione strutturale, funzionale e
metabolica dell’encefalo, quali l’imaging
quantitativo ad alta risoluzione, gli studi
di attivazione funzionale, la misura della
perfusione cerebrale nonché lo studio
della connettività strutturale e funzionale.
Target principale dell’applicazione di tali
metodiche è la comprensione dei processi
cerebrali che si verificano nell’uomo dalla
nascita all’età adulta, sia nello sviluppo
tipico che nei disturbi neurologici e
psichiatrici dell’età evolutiva.
48 < il nuovo saggiatore
Mirco Cosottini
Mirco Cosottini, medico, specializzato
in Neurofisiopatologia e in Radiologia,
Ricercatore Universitario confermato SSD
MED 37 Neuroradiologia, appartenente
al Dipartimento di Ricerca Traslazionale
e delle Nuove tecnologie in Medicina
e Chirurgia dell’Università Pisa, dove
è docente di Neuroradiologia. Svolge
l’attività clinica come Dirigente medico di
I livello presso la UO di Neuroradiologia
dell’Azienza
Ospedaliero-Universitaria
Pisana. Ricopre l’incarico di Medico
Responsabile e coordina l’attività di
sperimentazione clinica del Centro
Imago7. Responsabile di vari progetti
di ricerca, si è occupato di sviluppo
metodologico e validazione clinica
delle più recenti tecniche di indagine
con risonanza magnetica (diffusione,
perfusione, fMRI) con particolare riguardo
alle patologie neurodegenerative e
cerebrovascolari. è autore di oltre 80
pubblicazioni su riviste internazionali.
Michela Tosetti
Michela
Tosetti,
fisico,
direttore
del Laboratorio di Fisica Medica e
Biotecnologie di Risonanza Magnetica
dell’IRCCS Fondazione Stella Maris e della
Fondazione Imago7 di Pisa, ha svolto fin
dal 1996 ricerca nel settore della tecniche
avanzate di Risonanza Magnetica per la
comprensione dei meccanismi cerebrali
a diversi livelli (strutture, metabolismo,
funzione e connessioni) in studi di
neuroscienze di base e nella comprensione
dei meccanismi fisiopatologici di malattia.
Ricopre l’incarico di professore del corso di
Risonanza Magnetica al Dipartimento di
Fisica dell’ Università di Pisa ed è associato
alla Ricerca dell’INFN. Ha seguito in qualità
di Project Manager la progettazione e la
realizzazione ex novo del Centro Imago7,
del quale è Fisico Responsabile. Vanta
numerose pubblicazioni nel settore (>140),
è referee di autorevoli riviste internazionali,
oltre ad aver coordinato e partecipato a
progetti di rilevanza nazionale ed europea.