Nuova luce sul diabete 2

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Investire nella Qualità della vita
nn Ricerca Con nuove tecniche i ricercatori hanno scoperto molte cellule beta esistenti
Nuova luce sul diabete 2
Le cellule addormentate possono essere risvegliate e tornare attive
di Cristina Cimato
S
embrava quasi la scoperta dell’acqua calda, e invece era
tutt’altro che scontata e apre la strada a un nuovo approccio al diabete di tipo 2, il più diffuso, che colpisce il 90%
dei 3 milioni e mezzo di persone in
Italia e dei 400 milioni nel mondo che soffrono
di questa malattia metabolica. Un gruppo di
ricerca dell’Università di Pisa ha appena pubblicato uno studio sulla rivista Diabetologia
analizzando con le tecnologie avanzate, come
per esempio la microscopia elettronica e la
valutazione diretta della secrezione dell’insulina, la condizione delle cellule beta del
pancreas. Da questa indagine emerge che la
ridotta quantità di insulina prodotta non sia
dovuta solamente alla morte di queste cellule
bensì al loro malfunzionamento, e questo
lascia supporre che finora ci sia stata una
sovrastima del numero di cellule morte. «Fino a oggi si è ritenuto
che nel paziente diabetico di tipo 2 la percentuale di cellule beta
fosse ridotta anche del 50% rispetto alla quantità presente nelle
persone sane», ha spiegato Piero Marchetti, direttore della sezione dipartimentale di endocrinologia e metabolismo dei trapianti
d’organo e cellulari dell’Azienda ospedaliero universitaria di
Pisa, che ha coordinato il gruppo di lavoro, «questa ricerca ci ha
rivelato invece che la maggioranza delle betacellule considerate
morte, e quindi irrecuperabili, è invece addormentata. Esse hanno
poca insulina e non riescono a liberarla, ma a questo punto è
importante capire quale sia il meccanismo che induce una ridotta
secrezione, in aggiunta alla comprensione dei meccanismi che
portano alla morte cellulare». La scoperta è stata possibile solo
adesso perché fino ad ora il meccanismo utilizzato per la visualizzazione delle betacellule nel pancreas si era basato anticorpi
che colorano l’insulina. «Se ce n’è poca essi non la rivelano e
quindi sembra che le cellule non ci siano», ha precisato l’esperto,
«abbiamo applicato tecniche approfondite e fatto confronti con
quelle utilizzate in passato ed evidenziato che molte delle cellule
beta che sembravano morte sono in realtà vive, ma incapaci di
funzionare normalmente».
D recente nuove evidenze sulla malattia
Di
e
erano
emerse anche da uno studio pubblicato
s
sulla
rivista Journal of leukocyte biology,
in cui un gruppo di scienziati del dipartimento
d biologia alla Novo Nordisk A/S, a Madi
lo in Danimarca ha compreso cosa accade
lov,
n
nell’organismo
e cosa scatena complicanze
c
correlate
alla malattia. L’équipe ha lavorato
s topi di laboratorio, identificando nei mosu
d animali un tipo di cellula che invade il
delli
te
tessuto
pancreatico durante le fasi precoci
d
della
malattia. Queste cellule infiammatorie
p
producono
una grande quantità di citochine,
p
proteine
pro-infiammatorie che contribuiscono in modo diretto all’eliminazione delle betacellule produttrici
di insulina. «Lo studio consente uno sguardo più mirato sulla
malattia e permette di sviluppare terapie anti-infiammatorie per
questi pazienti», ha precisato Alexander Rosendahl, ricercatore
impegnato in questo studio, «questi nuovi trattamenti possono
rappresentare una valida integrazione alle terapie già esistenti,
come l’insulina e GLP-1 simili». Per la loro ricerca, gli scienziati
hanno comparato modelli di topi obesi che sviluppavano spontaneamente la malattia, con topi sani. Gli animali da laboratorio
sono stati seguiti dai primi stadi della malattia, fino a un’età in cui
emergevano comorbidità in molti organi. Sia nelle fasi precoci, sia
in seguito, i topi diabetici mostravano significative modulazioni a
livello del tessuto pancreatico rispetto a quelli sani, evidenziando
al contempo il ruolo chiave dell’infiammazione nella progressione e nella severità della malattia. (riproduzione riservata)
nn Salute MSMLab raduna neurologi, farmacisti e manager sanitari attorno alla sclerosi
Sda Bocconi in campo per la ricerca
di Giulia Silvestri
U
n nuovo progetto viene
in aiuto dei malati di
sclerosi multipla, per
ottimizzare i percorsi terapeutici e di assistenza. È appena nato il Multiple Sclerosis
Management Lab - MSMLab,
nato dalla partnership fra Biogen Idec e Sda Bocconi che
raduna neurologi specializzati
nella cura della malattia, farmacisti ospedalieri e manager
sanitari. Il progetto nasce con
l’obiettivo di un confronto dei
percorsi diagnostici terapeuti-
ci assistenziali per la sclerosi
multipla, l’individuazione di
modelli per la cronicità ad alta
complessità e l’analisi delle reti
cliniche regionali per la patologia. La sclerosi è una patologia
che richiede interventi sanitari
e socio-assistenziali realizzati
sugli specifici bisogni dei pazienti lungo tutto il decorso,
che in media è pari a 40 anni.
È la patologia neurologica più
comune tra i giovani adulti:
2,3 milioni di persone in tutto
il mondo ne sono affette, di cui
circa 600 mila in Europa. L’Italia fa parte delle aree ad alto
rischio, con 1 diagnosi ogni 4
ore: in totale sono circa 68 mila
le persone colpite da sclerosi
multipla.
Il progetto intende identificare
e analizzare dei «casi studio»
che saranno oggetto di confronto e discussione all’interno di
workshop tra esperti della
materia. Neurologi, farmacisti
e manager si incontreranno
per confrontarsi, condividere esperienze e conoscenze
emergenti sulla gestione
del paziente. «Le attività del
MSMLab permetteranno di
comprendere meglio le pro-
spettive future nella gestione
della patologia e di definire
un nuovo livello di sinergia tra
pubblico e privato», ha commentato Giuseppe Banfi, ad di
Biogen Idec Italia. (riproduzione riservata)
Lampi
nel buio
Il dolce non è così
dolce senza l’amaro
Jason Lee
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