Attivazione di alcuni Percorsi Assistenziali

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FONDAZIONE STELLA MARIS - IRCCS
ISTITUTO DI RICOVERO E CURA A CARATTERE SCIENTIFICO
OSPEDALE DI RILIEVO NAZIONALE E DI ALTA SPECIALIZZAZIONE
PER LA NEUROPSICHIATRIA DELL.INFANZIA E DELL.ADOLESCENZA
ISTITUTO DI RIABILITAZIONE PER PATOLOGIE NEUROPSICHIATRICHE
CALAMBRONE (Pisa) . Viale del Tirreno, 331
Raccolta Percorsi Assistenziali
in uso presso la
Struttura Ospedaliera di Calambrone
Ottobre 2015
A cura della Direzione Sanitaria
ELENCO DEI PERCORSI ASSISTENZIALI CONTENUTI
1. PERCORSO
ASSISTENZIALE
PER
PAZIENTI
CON
PAROSSISTICHE/EPILESSIA DALL’INFANZIA ALL’ADOLESCENZA
MANIFESTAZIONI
2. PERCORSO ASSISTENZIALE NEL PAZIENTE CON PATOLOGIA NEUROMUSCOLARE
3. PERCORSO ASSISTENZIALE PARALISI CEREBRALE INFANTILE (PCI)
4. PERCORSO ASSISTENZIALE PER IL TRATTAMENTO POST-OPERATORIO PRECOCE
CONSEGUENTE AD INTERVENTI DI CHIRURGIA ORTOPEDICA FUNZIONALE
5. PERCORSO ASSISTENZIALE PER IL TRATTAMENTO FOCALE DELLA SPASTICITÀ
DELL’ARTO INFERIORE CON TOSSINA BOTULINICA NEI BAMBINI CON PARALISI
CEREBRALE INFANTILE (PCI)
6. PERCORSO ASSISTENZIALE PER LA PREVENZIONE
COMPORTAMENTI SUICIDARI DEI PAZIENTI RICOVERATI
E
GESTIONE
DEI
7. PERCORSO ASSISTENZIALE NEL DISTURBO DA DEFICIT DI ATTENZIONE ED
IPERATTIVITÀ (ATTENTION DEFICIT HYPERACTIVITY DISORDER, ADHD)
8. PERCORSO ASSISTENZIALE PER DISTURBO PERVASIVO DELLO SVILUPPO (DISTURBI
DELLO SPETTRO AUTISTICO, ASD)
Unità Operativa 1
Neurologia dello sviluppo
Cod.33
Fondazione Stella
Maris IRCCS
PO 20
Rev.3
Pag. 1 a 6
Protocollo Operativo 20
PERCORSO ASSISTENZIALE PER PAZIENTI CON
MANIFESTAZIONI PAROSSISTICHE/EPILESSIA
DALL’INFANZIA ALL’ADOLESCENZA
Revisioni del Protocollo Operativo
Rev. N°
0
1
2
3
FASI
Data
12/03/2007
25.06.2012
01.08.2012
27/06/2014
NOME
FUNZIONE
DATA
Dr.ssa R. Battini
NPI Coordinatore UO1
27/06/2014
Dr.ssa A.Rita Ferrari
NPI Epilettologia
VERIFICATO
Prof. G. Cioni
Primario UO1
27/06/2014
APPROVATO
Dr. G. De Vito
Direttore Sanitario
27/06/2014
EMESSO
Coordinatore
Infermieristico
S. Matteucci
Responsabile sistema
Qualità e
Accreditamento
27/06/2014
REDATTO
27/06/2014
FIRMA
Fondazione Stella
Maris IRCCS
Unità Operativa 1
Neurologia dello sviluppo
Cod.33
PO 20
Rev.3
Pag. 2 a 6
Manifestazioni Parossistiche/Epilessia dall’infanzia all’adolescenza e Flow chart corrispondente
L’epilessia, con una prevalenza che raggiunge l’1% ed un’incidenza di 40 nuovi casi all’anno per
100.000 abitanti, risulta essere per rilievo numerico la seconda patologia neurologica nel mondo.
Le competenze specialistiche necessarie per un intervento mirato in campo epilettologico sono
riassumibili in:
• competenze cliniche, con l’esperienza e le specifiche conoscenze necessarie alla diagnosi
differenziale, alla definizione sindromica delle manifestazioni parossistiche epilettiche e non
epilettiche ed al controllo nel follow up della malattia;
• competenze neurofisiologiche, indispensabili in questo settore dato il preminente ruolo
dell’elettroencefalografia (nelle sue varie modalità, inclusi monitoraggi mirati ad elevato
impegno e rilevanti costi, che richiedono la disponibilità di apparecchiature adeguate e
l’impegno orario consistente di operatori con specifico training) e, più raramente, di altri tipi
di indagine neurofisiologica utili per la diagnosi, per la diagnosi differenziale e per il followup;
• competenze neurofarmacologiche, necessarie per l’utilizzo mirato di farmaci con
specifiche indicazioni, effetti collaterali e di potenziali interazioni tra loro o con altri farmaci
eventualmente utilizzati.
• competenza neuroradiologica, neuropsicologica, neurogenetica indispensabili alla
definizione diagnostica ed al follow up delle diverse sindromi epilettiche.
La gestione integrata di un paziente con questa patologia era stata finora affidata alla collaborazione
spontanea di singoli professionisti che concordando sistemi di scambio di informazioni riuscivano
ad allineare il proprio comportamento per massimizzare il risultato.
Nel tentativo di sviluppare soluzioni di integrazione tra i diversi ambiti assistenziali e le diverse
professionalità che intervengono nelle gestione del medesimo paziente, è stato messo a punto un
percorso diagnostico, che consenta l’integrazione tra i diversi professionisti sia per quel che
concerne le modalità cliniche di trattamento del paziente sia per quel che riguarda il suo iter
organizzativo all’interno delle struttura .
Le diverse fasi del percorso diagnostico nei pazienti che hanno presentato un “evento parossistico”
sono volte a chiarirne la natura e l’etiologia.
Le varie tappe diagnostico-terapeutiche distinguono la gestione della fase acuta (critica/post-critica)
dalla fase anamnestica per la diversità degli approcci diagnostici e terapeutici e per l’esigenza di
distinguere accertamenti e trattamenti urgenti da accertamenti e trattamenti programmabili, anche in
funzione dell’età del soggetto.
La letteratura scientifica è stata esaminata consultando banche dati di linee-guida (peraltro molto
carenti), e Medline.
Per la ricerca Medline dei documenti utili sono state utilizzate le seguenti parole-chiave: epilessia,
crisi epilettiche, convulsioni, prima crisi, neuroimaging, elettroencefalogramma (EEG), metaanalisi, diagnosi, terapia, in varia combinazione. Per ciascuna fonte, sono stati esaminati gli
asbtract.
Sono state infine consultate le linee-guida create dalla rete dei centri per l’epilessia della regione
Lombardia e della Regione Toscana.
Fondazione Stella
Maris IRCCS
Unità Operativa 1
Neurologia dello sviluppo
Cod.33
PO 20
Rev.3
Pag. 3 a 6
Fondazione Stella
Maris IRCCS
Unità Operativa 1
Neurologia dello sviluppo
Cod.33
PO 20
Rev.3
Pag. 4 a 6
Fondazione Stella
Maris IRCCS
Unità Operativa 1
Neurologia dello sviluppo
Cod.33
PO 20
Rev.3
Pag. 5 a 6
Principale Bibliografia
1) ILAE. Commission of Classification and Terminology of the International League
Against Epilepsy: proposal for revised clinical and electroencephalographic
classification of epileptic seizures. Epilepsia 1981;22:489–501.
2) ILAE. Commission on Classification and Terminology of the International League
Against Epilepsy: proposal for revised classification of epilepsies and epileptic
syndromes. Epilepsia1989;30:389–399.
3) Engel J Jr. A proposed diagnostic scheme for people with epileptic seizures and with
epilepsy: report of the ILAE Task Force on Classification and Terminology.
Epilepsia 2001;42:796– 803.
4) LINEE-GUIDA PER LA DIAGNOSI E PER LA TERAPIA DELLA PRIMA CRISI EPILETTICA
Ettore Beghi , Giovanni De Maria , Giuseppe Gobbi , Edvige Veneselli
Gruppo di Studio per la Valutazione della Prima Crisi Epilettica della Lega Italiana contro l’Epilessia (LICE)
2006. www.lice.it
5) Guidelines for imaging infants and children with recent-onset epilepsy
W D. Gaillard, C Chiron, H Cross, s Harvey,{R Kuzniecky, L Hertz-Pannier, and L. G Vezina
for the ILAE, Committee for Neuroimaging, Subcommittee for Pediatric
Neuroimaging
Epilepsia, 50(9):2147–2153, 2009
6) Revised terminology and concepts for organization of seizures and epilepsies: Report of the ILAE
Commission on Classification and Terminology, 2005–2009
A T. Berg, S F. Berkovic, MJ. Brodie, et al
Epilepsia, 51(4):676–685, 2010
7) The Epilepsies: The diagnosis and management of the epilepsies in adults and children in primary and
secondary care. CG137
Commissioned by the National Institute for Health and Clinical Excellence;
NICE January 2012 www.nice.org.uk
8) Linee Guida PNLG. Diagnosi e trattamento delle epilessie.
Fondazione Stella
Maris IRCCS
Unità Operativa 1
Neurologia dello sviluppo
Cod.33
PO 20
Rev.3
Pag. 6 a 6
Data di pubblicazione: ottobre 2006; Data del primo aggiornamento: 2009
Data del secondo aggiornamento: 2012
www.snlg-iss.it/lgr_toscana_epilessie_2009
9) GUIDELINES : Diagnosis and management of the epilepsies in adults and children: summary of updated
NICE guidance
Vanessa Delgado Nunes, Laura Sawyer, Julie Neilson, Grammati Sarri, J Helen Cross
BMJ 4, volume 344, February 2012
10) Updated ILAE evidence review of antiepileptic drug efficacy and effectiveness as initial monotherapy
for epileptic seizures and syndromes.
Glauser T, Ben-Menachem E, Bourgeois B, Cnaan A, Guerreiro C, Kälviäinen R, Mattson R, French JA,
Perucca E, Tomson T; ILAE Subcommission on AED Guidelines
Epilepsia, 54(3):551–563, 2013
11) A practical clinical definition of epilepsy
R S. Fisher, C Acevedo, A Arzimanoglou, A Bogacz, J. H Cross,et al
Epilepsia, 55(4):475–482, 2014
12) Diagnostic test utilization in evaluation for respective epilepsy surgery in children
P Jayakar, WD.Gaillard, M Tripathi, M H. Libenson, G W.Mathern, J.H Cross, on behalf of the Task Force
for Paediatric Epilepsy Surgery,Commission for Paediatrics, and the Diagnostic Commission of the
International LeagueAgainst Epilepsy
Epilepsia, 55(4):507–518, 2014
Unità Operativa 1
Neurologia dello sviluppo
Cod.33
Fondazione Stella
Maris IRCCS
PO 14
Rev.4
Pag. 1 a 6
Protocollo Operativo 14
PERCORSO ASSISTENZIALE NEL PAZIENTE CON
PATOLOGIA NEUROMUSCOLARE
Revisioni del Protocollo Operativo
Rev. N°
0
1
2
3
4
Data
20/11/2006
30/10/2009
09/05/2012
27/06/2014
10/12/2014
FASI
NOME
FUNZIONE
NPI
Coordinatore
UO1
DATA
REDATTO
Dr.ssa R. Battini
VERIFICATO
Prof. G. Cioni
Primario UO1
10/12/2014
APPROVATO
Dr. G. De Vito
Direttore
Sanitario
10/12/2014
EMESSO
Coordinatore
Infermieristico
S. Matteucci
Responsabile
sistema Qualità
e
Accreditamento
10/12/2014
10/12/2014
FIRMA
Fondazione Stella
Maris IRCCS
Unità Operativa 1
Neurologia dello sviluppo
Cod.33
PO 14
Rev.4
Pag. 2 a 6
Le Malattie neuromuscolari (MNM) e Flow chart corrispondente
Le MNM sono forme rare se prese singolarmente ma, se considerate nel loro complesso,
rappresentano un ampio ed eterogeneo gruppo di patologie neurologiche dell’età evolutiva. Ciò che
contribuisce a rendere ampio ed eterogeneo tale gruppo sono: la modalità di presentazione, si
riconoscono infatti forme molto gravi ad esordio congenito sino a forme lievi ad esordio in epoca
adulta, la gravità clinica, il decorso e la sintomatologia di esordio. Il segno clinico cardine è
rappresentato dall’ipostenia muscolare, tuttavia questa può essere di varia intensità e può interessare
differenti distretti.
Per giungere ad una definizione diagnostica si rende pertanto necessaria una buona osservazione
clinico-strumentale che contribuisca alla pianificazione di accertamenti selettivi e sempre più
specifici. L’overlapping globale del fenotipo clinico tra entità nosologiche diverse ha reso, infatti,
ancora più importante, ma non sufficiente, l'accuratezza della raccolta anamnestica, lo svolgimento
dell'esame clinico e strumentale del paziente anche attraverso scale di valutazione standardizzate
adeguate alla patologia, e l’utilizzo di esami diagnostici preferibilmente non invasivi. Paradigma di
quanto appena enucleato è rappresentato dalle miopatie congenite, un folto sottogruppo di patologie
muscolari eterogenee da un punto di vista clinico, patologico e genetico in cui, la distinzione dei
vari quadri sulla sola base del fenotipo clinico risulta, tuttora, piuttosto difficoltosa. Questo ha reso
necessari, per l’inquadramento diagnostico, l’ideazione e l’utilizzo di un algoritmo comprensivo
della valutazione della concentrazione serica delle creatin-chinasi (CK), della valutazione
elettromiografica, istopatologica e di imaging muscolare (vedi flow-chart). La concentrazione serica
delle CK e l’elettromiografia (EMG) sono strumenti diagnostici utili in molte forme di MNM,
sebbene nelle Miopatie Congenite (MC) non siano di grande supporto in quanto, generalmente
normali o aspecificamente alterate. Le immagini ultrasonografiche possono essere invece più
evocative, come in alcuni casi di Miopatia Central Core in cui si apprezza l’alterazione della
normale architettura muscolare o l’aumento del tessuto adiposo o del tessuto connettivo; anche
questi dati devono tuttavia essere considerati perlopiù aspecifici.
Attualmente solo la biopsia muscolare e le tecniche di immunoistochimica e di microscopia
elettronica ad essa correlate, per quanto non risultino sempre del tutto risolutive, rappresentano
l’unico strumento utile ad effettuare un’accurata diagnosi differenziale tra le varie forme ed a
fornire indicazioni all’esecuzione di indagini genetiche.
I progressi della genetica molecolare hanno permesso di individuare nuovi geni e proteine
responsabili di alcuni quadri, ma ancora molti sono i disordini cui non appartiene un inquadramento
genetico accurato. Le alterazioni genetiche note attualmente, coinvolgono geni codificanti proteine
strutturali della fibra muscolare quali proteine dei sarcomeri o del reticolo sarcoplasmatico (RYR1).
Recentemente, l’applicazione delle tecniche di Risonanza Magnetica Muscolare (RMM) anche in
pazienti con MC sembra aver apportato un utile contributo alla diagnostica differenziale di quadri
miopatici con overlapping di caratteristiche clinico-patologiche.
La RMM permette l'individuazione di alterazioni diffuse o localizzate dei singoli ventri muscolari
consentendo l’identificazione di possibili pattern di malattia nota e l’eventuale correlazione con
quadri genetici definiti come ad esempio, nella distrofia muscolare congenita con rachide rigido
(RSMD1), nella forma autosomica dominante della Miopatia di Bethlem o nella Miopatia Central
Core, così come lo studio di nuovi pattern muscolari legati a forme geneticamente nuove. Il
riconoscimento di tali pattern, che sembrano correlarsi in maniera più stabile e specifica alle
sottostanti anomalie genetiche piuttosto che alle anomalie istopatologiche, contribuisce pertanto
all’identificazione di un quadro clinico ben definito e, l’elevato costo dell’esame, può essere dunque
giustificato dalla possibilità di mirare le indagini biochimiche e genetiche, limitando l’esecuzione di
esami di laboratorio altrettanto costosi.
Fondazione Stella
Maris IRCCS
Unità Operativa 1
Neurologia dello sviluppo
Cod.33
PO 14
Rev.4
Pag. 3 a 6
Fondazione Stella
Maris IRCCS
Unità Operativa 1
Neurologia dello sviluppo
Cod.33
PO 14
Rev.4
Pag. 4 a 6
Fondazione Stella
Maris IRCCS
Unità Operativa 1
Neurologia dello sviluppo
Cod.33
PO 14
Rev.4
Pag. 5 a 6
Fondazione Stella
Maris IRCCS
Unità Operativa 1
Neurologia dello sviluppo
Cod.33
Principale Bibliografia
1. Dubowitz V. C. Sewri
Muscle biopsy. A pratical approach.
Ed. Elsevier-Saunders. III, 2006
2. Bertorini TE, Horner LH. Chapter 19 in « Clinical evaluation and diagnostic tests for
Neuromuscular disorders « , 2002, Ed. Bertorini Te, Butterworth-Heinemann.
3. Klein A, Clement E, Mercuri E, Muntoni F.
Differential diagnosis of congenital muscular dystrophies.
Eur J Paediatr Neurol. 2008 Sep;12(5):371-7.
4. E. Mercuri, A. Pichiecchio et al.
A short protocol for muscle MRI in children with muscular dystrophies.
Eur J Paediatric Neurol 2002
5. Mercuri E, Pichiecchio A, Allsop J et al.
Muscle MRI in inherited neuromuscular disorders: past, present, and future.
J Magn Reson Imaging. 2007 Feb;25(2):433-40. Review.
6. M.P.Watties, R.A. Kley, D. Fisher. Neuromuscular imaging in inherited muscle
Diseases. Eur Radiol april 2010.
7. M. Pasotti,C. Klersy, A. Pilotto et al.
Long-Term Outcome and Risk Stratification in Dilated Cardiolaminopathies
J Am Coll Cardiology 2008; 52 (15):1250-60.
8. M. Kinali, D. Beeson, M.C. Pitt et al.
Congenital Myasthenic Syndromes in childhood: Diagnostic and
management challenges. J NeuroImmunol 2008; 201-2; 6-12
9. A, Klein, H. Jungbluth, E. Clement, et al.
Muscle Magnetic Resonance Imaging in Congenital Myopathies Due to Ryanodine
Receptor Type 1 Gene Mutations. Arch Neurol. 2011; 68(9):1171-1179
PO 14
Rev.4
Pag. 6 a 6
Unità Operativa 1
Neurologia dello sviluppo
Cod.33
Fondazione Stella
Maris IRCCS
PO 24
Rev.0
Pag. 1 a 5
Protocollo Operativo 24
PERCORSO ASSISTENZIALE PARALISI CEREBRALE
INFANTILE (PCI)
Revisioni del Protocollo Operativo
Rev. N°
0
Data
01/10/2015
FASI
NOME
FUNZIONE
NPI
Coordinatore
UO1
DATA
REDATTO
Dr.ssa R. Battini
VERIFICATO
Prof. G. Cioni
Primario UO1
01/10/2015
APPROVATO
Dr. G. De Vito
Direttore
Sanitario
01/10/2015
EMESSO
Coordinatore
Infermieristico
S. Matteucci
Responsabile
sistema Qualità
e
Accreditamento
01/10/2015
01/10/2015
FIRMA
Fondazione Stella
Maris IRCCS
Unità Operativa 1
Neurologia dello sviluppo
Cod.33
PO 24
Rev.0
Pag. 2 a 5
Paralisi Cerebrale Infantile (PCI e Flow chart corrispondente)
La PCI è un processo non evolutivo centrale che porta a ritardo motorio e definita come una turba
persistente ma non immutabile della postura e del movimento, dovuta ad una alterazione organica e
non progressiva della funzione cerebrale, per cause pre-peri-post natali, prima che se ne completi la
crescita e lo sviluppo (Bax, 1964; Spastic Society Berlino, 1966; Edimburgo, 1969).
Nel nostro paese, come in tutti i paesi più industrializzati, l’incidenza della paralisi cerebrale
infantile si è attestata da tempo attorno al 2 per mille (un nuovo caso ogni 500 nati). Nonostante i
continui miglioramenti dell’assistenza alla gravidanza e al parto, questo valore non accenna a
diminuire e risulta inversamente proporzionale alla diminuzione della mortalità neonatale. E’ logico
pensare che anche in futuro questa patologia continuerà a rappresentare il fattore prevalente di
disabilità motoria in età evolutiva.
La diagnosi eziologica di PCI non implica una causa specifica ma si può verificare dopo un insulto
ipossico ischemico, traumi o infezioni del SNC. Il danno del SNC che si verifica nel corso delle
ultime fasi di gravidanza e nel periodo intorno alla nascita costituisce la causa più frequente di
deficit neurologico dell’età evolutivo (Volpe 2001; 2008).
La prematurità rappresenta il fattore di rischio più frequentemente associato alla PCI, ed in
particolare alla diplegia spastica, se si pensa che più di un terzo dei soggetti con PCI sono nati
prematuri. Tale rischio aumenta in caso di prematurità di alto grado e se è associato un basso peso
e/o un ritardo di crescita intrauterino (Hagberg et al, 2001). La leucomalacia periventricolare
rappresenta un quadro definito di patologia neurologica inquadrabile nel contesto dei disturbi
ipossico-ischemici del prematuro. La sua incidenza varia notevolmente a seconda delle casistiche
ma può superare il 20% dei nati pretermine quando vengono prese in considerazione anche le forme
più lievi (Volpe, 2001).
Il danno ipossico-ischemico può costituire un’importante causa di danno cerebrale anche nel
neonato a termine: encefalopatia ipossico-ischemica è un termine utilizzato è un termine utilizzato
per descrivere un corteo sintomatologico neurologico secondario ad asfissia perinatale, ossia a
fenomeni di alterato scambio gassoso nel feto o nel neonato, di origine placentare o polmonare, che
provoca ipossia, ipercapnia ed acidosi. L’incidenza di asfissia nel neonato a termine varia tra due e
nove casi su 1000 gravidanze a termine, a seconda dei criteri diagnostici utilizzati, ed è pertanto un
problema clinico di grande rilievo (Guzzetta A, Battini R, et al, 2005).
Oltre al danno della sostanza bianca periventricolare e quello della sostanza bianca sottocorticale
che rappresentano le zone particolarmente vulnerabili agli insulti ipossico-ischemici prevalenti
rispettivamente, nel neonato pretermine ed in quello a termine, insulti ad altre aree del SNC
coinvolte nel controllo del movimento, compresi i gangli della base, il cervelletto e le fibre
associative, possono determinare forme meno comuni di PCI, come le forme discinetiche e quelle
atassiche.
La flow chart costruita mira a raccogliere le informazioni utili ad indirizzare il preciso percorso
diagnostico strumentale che attraverso la Risonanza Magnetica Encefalo potrà trovare le risposte
adeguate a proseguire l’inquadramento all’interno della flow chart per la PCI oppure distinguere
altri percorsi (es. metabolico degenerativo o sindromico genetico) con avvio di flow chart
diagnostiche diverse.
Fondazione Stella
Maris IRCCS
Unità Operativa 1
Neurologia dello sviluppo
Cod.33
PO 24
Rev.0
Pag. 3 a 5
Fondazione Stella
Maris IRCCS
Unità Operativa 1
Neurologia dello sviluppo
Cod.33
PO 24
Rev.0
Pag. 4 a 5
Fondazione Stella
Maris IRCCS
Unità Operativa 1
Neurologia dello sviluppo
Cod.33
PO 24
Rev.0
Pag. 5 a 5
Principale Bibliografia
1. Swaiman's Pediatric Neurology, 5th Edition
K.F. Swaiman, S. Ashwal, D.M. Ferriero, N.F Schor
Ed. Saunders, 2012
2. Bax M (1964) Terminolgy and classification of cerebral palsy. Dev Med Child Neurol 6: 295-7.
3. JJ Volpe
Neurology of the newborn
4th Ed, USA, WB Sanders, 2001
4. E. Fedrizzi
I disordini dello sviluppo motorio
Ed. Piccin, 2004
5. JJ Volpe
Neurology of the newborn
5th Ed, USA, WB Sanders, 2008
6. A. Ferrari, G. Cioni
Le forme spastiche della PCI
Ed. Springer, 2005
7. G. Cioni e A. Ferrari
Le Forme discinetiche delle paralisi cerebrali infantili
Ed. Del Cerro, 1996
8. SOCIETA’ ITALIANA DI MEDICINA FISICA E RIABILITAZIONE (SIMFER)
SOCIETA’ ITALIANA DI NEUROPSICHIATRIA DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA
(SINPIA)
Linee guida per la riabilitazione dei bambini affetti da paralisi cerebrale infantile
9. Gruppo SINPIA per la diagnosi delle PCI (coordinatore E. Fedrizzi) Documento approvato al Congresso
Nazionale SINPIA Rimini 21-22 settembre 2000
10. GIPCI Gruppo Italiano Paralisi Cerebrali Infantili (a cura di E. Fedrizzi) La valutazione delle funzioni
adattive nel bambino con paralisi cerebrale Milano, Franco Angeli editore (2000)
11. Ashwal S, Russman BS, Blasco PA et al., Practice Parameter: diagnostic assessment of the child with
cerebral palsy, Neurology 62:851-63 (2004)
12. Hagberg B, Hagberg G et al. Changing panorama of cerebral palsy in Sweden. VIII. Prevalence and
origin in the birth year period 1991-4. Acta Paediatr. 90(3): 271-77.
13. Guzzetta A, Battini R, et al. Diagnosi di lesione. In: Le forme spastiche della PCI di A. ferrari e G.
Cioni. Ed. Springer, 2005
Unità Operativa 1
Neurologia dello sviluppo
Fondazione Stella
Maris IRCCS
PO 12
Rev.3
Pag. 1 a 8
Cod.75
Protocollo Operativo 12
PERCORSO ASSISTENZIALE PER IL
TRATTAMENTO POST-OPERATORIO PRECOCE
CONSEGUENTE AD INTERVENTI DI CHIRURGIA
ORTOPEDICA FUNZIONALE
Revisioni del Protocollo Operativo
Rev. N°
0
1
2
3
Data
20/11/2006
02/04//2009
14/05/2012
27/06/2014
FASI
NOME
FUNZIONE
DATA
REDATTO
Dr.ssa
P.B. Paolicelli
NPI UO1 cod.75
27/06/2014
VERIFICATO
Prof. G. Cioni
Primario UO1
27/06/2014
APPROVATO
Dr. G. De Vito
Direttore
Sanitario
27/06/2014
EMESSO
Coordinatore
Infermieristico
S. Matteucci
Responsabile
Sistema Qualità e
Accreditamento
27/06/2014
FIRMA
Fondazione Stella
Maris IRCCS
Unità Operativa 1
Neurologia dello sviluppo
PO 12
Rev.3
Pag. 2 a 8
Cod.75
Il trattamento motorio post-operatorio precoce nei bambini con PCI sottoposti ad interventi
di chirurgia ortopedica
Razionale
La chirurgia ortopedica funzionale rappresenta uno degli strumenti più importanti a disposizione del
riabilitatore nel trattamento delle paralisi cerebrali infantili (PCI) al fine di raggiungere obiettivi
clinici e funzionali. La chirurgia ortopedica funzionale ha infatti lo scopo di facilitare l’acquisizione
o consentire il miglioramento delle funzioni motorie attraverso la correzione di retrazioni muscolari,
deformità scheletriche ed atteggiamenti posturali fissi.
Si tratta di uno strumento estremamente delicato che richiede l’integrazione del lavoro in Equipe
multidisciplinare dei diversi operatori coinvolti nella presa in carico riabilitativa del bambino e della
sua famiglia e che prevede l’individuazione di scelte chirurgiche sulla base non solo di ciascuna
delle forme cliniche che connotano l’organizzazione funzionale la PCI ma anche la sua evoluzione
clinica probabile (storia naturale), i cambiamenti possibili nel tempo, la competenza organizzativa
raggiunta dal bambino e la stabilità degli errori commessi. E’ solo in questo modo che è possibile
compiere scelte ispirate al progetto riabilitativo complessivo e non alle sole problematiche
segmentarie.
Gli interventi chirurgici possono riguardare: i muscoli e i tendini (parti molli)
perché durante la
crescita somatica il muscolo spastico non si lascia allungare e quindi non cresce adeguatamente in
lunghezza in rapporto allo sviluppo compiuto dallo scheletro o le parti scheletriche per correggere
una deformità scheletrica irreversibile causata da uno squilibrio muscolare protratto nel tempo.
Il momento chirurgico rappresenta una fase delicata e complessa del percorso terapeutico del
bambino con PCI che riguarda non solo l’atto chirurgico in quanto tale ma anche la fase di
preparazione all’intervento del bambino e della famiglia da un punto di vista fisioterapico e per la
presa in carico degli aspetti psicologici (ad es. per evitare il generarsi di attese “magiche” o di
“paure” immotivate).
Un’importanza cruciale assume soprattutto la fase post-operatoria vista l’opportunità offerta
dall’intervento chirurgico di aprire una “finestra” riabilitativa verso la stabilizzazione di abilità
posturo-motorie già acquisite e/o verso l’acquisizione di nuove abilità adattive. L’importanza e la
delicatezza del trattamento post-chirurgico sono tali da giustificare l’attuazione di un intervento
intensivo (pluriquotidiano) in regime di ricovero in centri che effettuano trattamenti intensivi e che
sostengono l’attività dei servizi territoriali per definiti obiettivi e particolari momenti (ad es.
interventi chirurgici, inoculo di tossina botulinica, utilizzo di tecniche o strumentazioni particolari,
sperimentazione di farmaci innovativi, ecc.) (RACCOMANDAZIONI PER LA RIABILITAZIONE
DEI BAMBINI AFFETTI DA PARALISI CEREBRALE INFANTILE – SINPIA-SINFER Aggiornamento 2013).
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SCOPO
Il presente protocollo operativo vuole garantire:
La corretta impostazione del programma riabilitativo per il trattamento post-operatorio precoce
conseguente ad interventi di chirurgia ortopedica funzionale.
APPLICABILITA’
Il presente protocollo operativo viene applicato dai membri dell’équipe che provvedono alla
valutazione ai fini del trattamento.
MODALITA’ OPERATIVE
Accettazione del paziente, raccolta anamnestica, esame clinico neuropsichiatrico e fisiatrico
(medico)
Rimozione dei gessi (Ortopedico)
In una prima fase (prima settimana di ricovero) il trattamento riabilitativo motorio prevede:
• Valutazione funzionale motoria, videoregistrazione previa firma del consenso dei genitori,
Val. fisiatrica (ROM)
• Incontro d’equipe per presentazione e discussione del caso.
• Definizione degli obiettivi del trattamento.
• Stesura programma di trattamento
• Diario quotidiano del trattamento (fisioterapista)
• Colloquio di condivisione degli obiettivi con la famiglia
• Svezzamento graduale dal gesso ed addestramento genitori
• Trattamento della cute e cura delle cicatrici
• Riduzione dell’edema post operatorio e massaggio
• Care posturale
• Ripresa del carico in posizione seduta ed e eventuale messa a punto di ausilio
• Ripresa e ricalibrazione del carico da eretto, da graduale a totale con eventuale messa a
punto di ausilio per la statica eretta ed il cammino
• Controllo radiologico (anche e rachide), visita pediatrica, visita ortopedica
• Controllo clinico neurologico e fisiatrico
Nella seconda fase (seconda e terza settimana) il trattamento viene mirato alla ripresa funzionale
e prevede:
• Aggiornamento e stesura del programma riabilitativo (fisioterapista)
• Evocazione di condotte motorie selettive con ripresa della autonomia degli spostamenti e dei
passaggi di postura
• Esercizi di scomposizione dello schema del passo ed esperienza guidata in contesti variabili
• Controllo fisiatrico mirato alla prescrizione di eventuali ausili e/o ortesi
• Colloquio con la famiglia
• Controllo radiologico (anche e rachide), visita pediatrica, visita ortopedica
La terza fase del periodo di trattamento corrisponde alla dimissione e prevede:
• Valutazione neurologica e fisiatrica (ROM) alla dimissione
• Valutazione funzionale motoria alla dimissione
• Videoregistrazione alla dimissione
• Incontro d’equipe per sintesi di dimissione
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Cod.75
•
•
•
•
•
•
Colloquio telefonico od incontro diretto con Operatori territoriali
Stesura relazione clinica di dimissione
Stesura delle indicazioni di trattamento
Colloquio di restituzione con i genitori
Programmazione del successivo controllo
Consegna della relazione di dimissione e delle indicazioni di trattamento
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BIBLIOGRAFIA
- Raccomandazioni per la riabilitazione dei bambini affetti da paralisi cerebrale infantile –
SINPIA-SINFER - Aggiornamento 2013
- Ferrari A., Cioni G.: Le forme spastiche della paralisi cerebrale infantile. 2005 Springer editore
Milano
- Ferrari A.: Proposte riabilitative nelle paralisi cerebrali infantili. 1997 Edizioni Del Cerro – Pisa
- Ferrari A., Reverberi S., Benedetti M.G.: L’arto inferiore nella paralisi cerebrale infantile.
Semeiotica e chirurgia. 2013 Springer Editore Milano
- McMulkin ML, Gordon AB, Caskey PM, Tompkins BJ, Baird GO. Outcomes of Orthopaedic
Surgery With and Without an External Femoral Derotational Osteotomy in Children With Cerebral
Palsy. J Pediatr Orthop. 2015 ;1
- Park T.S., Owen J.H. Surgical management of spastic diplegia in cerebral palsy. The New Eng J
of Med, 1992; 326, 11:745-749
- Bottos M. Paralisi Cerebrale Infantile. Dalla “Guarigione” all’Autonomia. Diagnosi e proposte
Riabilitative. 2003, Piccin (Padova)
- Tinney A, Thomason P, Sangeux M, Khot A, Graham HK.The transverse Vulpius gastrocsoleus
recession for equinus gait in children with cerebral palsy. Bone Joint J. 2015 Apr;97-B(4):564-71.
- Poccianti F. La chirurgia ortopedica nelle paralisi cerebrali: orientamenti attuali. Prospettive in
Pediatria, 1987; 48, 329-341.
- Sarıkaya İA, İnan M, Şeker A. Improvement of popliteal angle with semitendinosus or
gastrocnemius tenotomies in children with cerebral palsy. Acta Orthop Traumatol Turc.
2015;49(1):51-6
- Romanini L., Sabbadini g. Le indicazioni della chirurgia ortopedica nelle paralisi cerebrali
infantile. Roma: Il pensiero Scientifico.
- Chang FM, Ma J, Pan Z, Ingram JD, Novais EN. Acetabular Remodeling After a Varus
Derotational Osteotomy in Children With Cerebral Palsy. J Pediatr Orthop. 2015 Mar 12.
- De Mattos C, Patrick Do K, Pierce R, Feng J, Aiona M, Sussman M. Comparison of hamstring
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J Child Orthop. 2014 Dec;8(6):513-20.
- Bonaiuti D., Parolo E., Merello S. Il ruolo della chirugia ortopedica nel trattamento delle paralisi
cerebrali. La riabilitazione, 1994, 27,1
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Protocollo Operativo 18
PERCORSO ASSISTENZIALE PER IL
TRATTAMENTO FOCALE DELLA SPASTICITÀ
DELL’ARTO INFERIORE CON TOSSINA
BOTULINICA NEI BAMBINI CON PARALISI
CEREBRALE INFANTILE (PCI)
Revisioni del Protocollo Operativo
Rev. N°
0
1
2
3
Data
26/10/2006
02/04//2009
14/05/2012
27/06/2014
FASI
NOME
FUNZIONE
DATA
REDATTO
Dr.ssa S.
Perazza
NPI UO1 cod.75
27/06/2014
VERIFICATO
Prof. G. Cioni
Primario UO1
27/06/2014
APPROVATO
Dr. G. De Vito
Direttore
Sanitario
27/06/2014
EMESSO
Coordinatore
Infermieristico
S. Matteucci
Responsabile
Sistema Qualità e
Accreditamento
27/06/2014
FIRMA
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Rev.3
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SCOPO
Il presente protocollo operativo fornisce le procedure da seguire nella decisione del trattamento
della spasticità locale con Tossina Botulinica (TB) dei bambini con PCI e nella valutazione posttrattamento
APPLICABILITA’
Il presente protocollo operativo viene applicato dal
Medico Specialista che prende in carico il paziente in associazione con il
Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva.
MODALITA’ OPERATIVE
L’IDENTIFICAZIONE DEL PAZIENTE nelle varie fasi, in particolare prima dell’inoculazione
di TB avviene sec ondo le seguenti modalità:
1.
Ogni paziente candidato alla terapia con TB viene sottoposto ad una visita con il medico
specialista esperto in questo tipo di somministrazione.
2.
Durante la visita il medico, tramite i genitori identifica il paziente (Cognome Nome e data
di nascita) e se decide di programmare questo tipo di intervento, fornisce ai genitori tutte le
informazioni del caso, acquisisce il consenso e quando è possibile acquisisce anche il consenso del
bambino
3.
In questa fase il medico identifica anche le zone dove verrà effettuata l’inoculazione,
appone dei segni (croci) con pennarello indelebile sulla cute dell’arto individuato e riporta tutte le
informazioni in cartella clinica.
4.
La visita si conclude con la programmazione della data e dell’ora in cui verrà effettuata
l’inoculazione.
5.
Il giorno concordato, prima dell’inoculazione della tossina, il medico dedicato procede
insieme all’infermiera all’identificazione del paziente, della zona nella quale verrà effettuato
l’inoculazione, confrontando i segni sulla cute, con quanto riportato in cartella, con la
partecipazione attiva dei genitori.
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Fase 1 Ricovero e presa in carico presso la Struttura
Fase 2 Valutazione funzionale clinica pre-trattamento farmacologico, Visita Neuropsichiatrica
(anamnesi, esame clinico, valutazione del Range of Motion, Scala Ashworth) ed Osservazione
Motoria
Fase 3 Applicazione di scale standardizzate (GMFM) e Videoregistrazione standardizzata (GIPCI,
2000) previo consenso informato (R751-7/B1)
Fase 4 Identificazione degli obiettivi del trattamento
Fase 5 Prescrizione ortesi
Fase 6 Colloquio di restituzione alla famiglia e firma del consenso informato per il trattamento
farmacologico (R751-7/B2)
Fase 7 Identificazione sedi da inoculare, definizione del dosaggio ed
anestetica
applicazione di crema
Fase 8 Trattamento iniettivo con TB
Fase 9 Indicazioni di trattamento riabilitativo motorio (tempi e modalità d’uso delle ortesi e
stretching)
Fase 10 Controllo clinico post-trattamento ad 1 mese (aggiornamento anamnestico, rilevazione di
eventuali effetti collaterali, esame clinico, valutazione del range of motion, verifica delle ortesi ed
aggiornamento del programma riabilitativo)
Fase 11 Controllo dopo 4 mesi dal trattamento (vedi Fase 2, Fase 3 ed aggiornamento delle
indicazioni di trattamento)
Fase 12 Controlli clinici periodici secondo le necessità cliniche in relazione alla risposta alla
tossina.
(vedi Fase 10)
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PO 18
Rev.3
Pag. 7 a 7
BIBLIOGRAFIA
Study protocol: precision of a protocol for manual intramuscular needle placement checked by passive stretching and
relaxing of the target muscle in the lower extremity during BTX-A treatment in children with spastic cerebral palsy, as
verified by means of electrical stimulation.
Warnink-Kavelaars J1, Vermeulen RJ, Becher JG.
BMC Pediatr. 2013 Aug 22;13:129. doi: 10.1186/1471-2431-13-129.
Best clinical practice in botulinum toxin treatment for children with cerebral palsy.
Strobl W1, Theologis T2, Brunner R3, Kocer S4, Viehweger E5, Pascual-Pascual I6, Placzek R7.
Toxins (Basel). 2015 May 11;7(5):1629-48. doi: 10.3390/toxins7051629.
Botulinum toxin A as an adjunct to treatment in the management of the upper limb in children with spastic cerebral
palsy (UPDATE) (Review)
Hoare BJ, Wallen MA, Imms C, Villanueva E, Rawicki HB, Carey L
Cochrane Database Syst Rev. 2010 Jan 20;(1):CD003469. doi:10.1002/14651858.CD003469.pub4
Comparative assessment of therapeutic response to physiotherapy with or without botulinum toxin injection using
diffusion tensor tractography and clinical scores in term diplegic cerebral palsy children
Saurabh K. Chaturvedi a, Yogita Rai a, Ankita Chourasia a, Puneet Goel b, Vimal K Paliwal c, Ravindra K. Garg d,
Ram Kishore S. Rathore e, Chandra M. Pandey f, Rakesh K. Gupta a,
Brain & Development 35 (2013) 647–653
A randomized trial of upper limb botulimun toxin versus placebo injection, combined with physiotherapy, in children
with hemiplegia
Adriano Ferrari, Anna Rosa Maoret, Simonetta Muzzini, Silvia Alboresi, Francesco Lombardi, Giuseppina
Sgandurra, Paola Bruna Paolicelli, Elisa Sicola, Giovanni Cioni
Research in Developmental Disabilities 35 (2014) 2505–2513
Efficacy of botulinum toxin A in children with cerebral palsy in Gross Motor Function Classification System levels
IV and V: a systematic review.
Pin TW1, Elmasry J, Lewis J.
Dev Med Child Neurol. 2013 Apr;55(4):304-13. doi: 10.1111/j.1469-8749.2012.04438.x. Epub 2012 Oct 24.
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Protocollo Operativo 23
PERCORSO ASSISTENZIALE PER LA PREVENZIONE E
GESTIONE DEI COMPORTAMENTI SUICIDARI DEI PAZIENTI
RICOVERATI
Revisioni del Protocollo Operativo
Rev. N°
0
1
2
FASI
Data
25/06/2012
27/06/2014
05/05/2015
NOME
FUNZIONE
DATA
Dr.ssa A.
Cosenza
Responsabile Rischio
Clinico
05/05/2015
Dr.ssa M. Mucci
NPI UO2
05/05/2015
Dr.ssa V.
Viglione
NPI UO2
05/05/2015
VERIFICATO
Dr. G. Masi
Primario UO2
05/05/2015
APPROVATO
Dr. G. De Vito
Direttore Sanitario
05/05/2015
EMESSO
Coordinatore
Infermieristico
S. Matteucci
Responsabile sistema
Qualità e
Accreditamento
05/05/2015
REDATTO
FIRMA
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Indice
1. Introduzione
2. Scopi ed obiettivi
3. La risposta assistenziale: Modalità Operative di valutazione clinica iniziale di rischio di
suicidio
4. Procedura di Prevenzione e gestione dei comportamenti suicidari
5. Sicurezza dell’ambiente
6. Dimissione di un paziente a rischio di suicidio
7. Formazione dello Staff di diagnosi e cura
8. Check List PRS
9. Check List COSS
Allegati:
n. 1: Valutazione del rschio suicidaro “S.A.D. P.E.R.S.O.N”
n.2: C-SSRS Colunbia- Sucide Severity Rating Scale
n.3 Fattori di rischio suicidario
n. 4: Epidemiologia e dati della letteratura rispetto ai comportamenti suicidari
n. 5: Setting di valutazione
n. 6 Bibliografia
:
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1. Introduzione
Agiti violenti autodiretti sono relativamente frequenti nei reparti di Neuropsichiatria dell’infanzia e
dell’adolescenza, negli ultimi anni in età evolutiva si è registrata, in particolare, un’elevata
incidenza di atti ad intenzionalità anticonservativa con un progressivo incremento del rischio
suicidario. Ciò giustifica l’enorme attenzione e l’investimento di imponenti risorse per la
programmazione dei piani sanitari e della ricerca scientifica finalizzata alla prevenzione del rischio
suicidario (Wintersteen et al, 2007).
In letteratura le condotte di suicidalità vengono riportate come importanti fattori predittivi di
ospedalizzazione e la necessità di ricovero aumenta ulteriormente se a queste si associano condotte
etero aggressive (Edelson et al, 2003), favorite per altro dall’ utilizzo sempre più frequente di
sostanze e alcool con
maggiore espressione ed incidenza di disturbi dirompenti del
comportamento e stati di agitazione.
Negli ultimi 20 anni per prevenire il suicidio giovanile sono state sviluppate numerose ricerche ed
interventi di prevenzione primaria (indicazioni di carattere generale ed iniziative a livello di
famiglia, scuola, comunità, media), secondaria ( individuazione e monitoraggio dei gruppi ad alto
rischio, attivazione di gruppi di auto-aiuto, presa in carico per i soggetti affetti da disturbo
psichiatrico e le loro famiglie, punti di ascolto telefonici ) e terziaria ( che si occupa dei fattori di
rischio come la depressione e altri disturbi dell’umore, l’abuso di sostanze e i disturbi psichiatrici
associati, nonché delle popolazioni di adolescenti psichiatricamente disturbati che rappresentano il
nucleo dei suicidi riusciti ).
Le condotte di suicidalità (“auto-aggressività” espressa come ideazione suicidaria, condotte
autolesive ad intento suicidario o tentativo di suicidio- TS ) rappresentano situazioni di “urgenza
assoluta” in quanto richiedono un intervento immediato e non procrastinabile per il potenziale
pericolo di vita o di grave danno alla salute per l’utente stesso. Sono necessarie procedure di “risk
assessment che permettano a tutta l’equipe di cura di gestire la situazione di emergenza in modo
per quanto possibile pianificato, con la finalità di individuare le situazioni di rischio il più
rapidamente e correttamente possibile e di prevenire la ricorrenza degli agiti stessi.
Il suicidio in ospedale rappresenta un Evento Sentinella ( Procedura Gestione Eventi Sentinella ) e
la prevenzione si basa in primo luogo su un’appropriata valutazione delle condizioni del paziente
( raccomandazione n.4 ottobre 2006 del Ministero della Sanità ). Sono di primaria importanza
l’impostazione di corrette procedure di accoglienza dei pazienti e dei loro familiari, un accurato e
per quanto possibile rapido inquadramento diagnostico con valutazione psichiatrica e delle
condizioni del paziente, l’individuazione di parametri predittivi e di fattori di rischio ( anamnesi,
contesto socio-familiare, assetto psicopatologico, fase della malattia, risposta ai trattamenti,
individuazione di eventi stressanti o precipitanti ), un Personale Sanitario adeguatamente formato ed
un Ambiente Terapeutico specificatamente organizzato ed attrezzato.
2. Scopi e Obiettivi
La Procedura Aziendale di Prevenzione del Suicidio di paziente ricoverato in ospedale è finalizzata
a realizzare azioni mirate all’intercettazione ed alla prevenzione del rischio di suicidio nei pazienti
ricoverati nella Struttura di Neuropsichiatria Infantile della Fondazione Stella Maris, garantendo
l’assistenza adeguata agli stessi lungo tutto il loro percorso assistenziale nell’ambiente ospedaliero e
al momento della dimissione .
Le procedure di risk assessment rappresentano l’insieme delle modalità organizzative che dal
momento dell’accettazione del paziente in reparto al momento della sua dimissione sono finalizzate
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ad evidenziare eventuali rischi e a tutelare la sicurezza e la vita dei pazienti ricoverati. Per quanto
riguarda i comportamenti suicidari sono state prese in considerazioni le Raccomandazioni e le Linee
Guida relative alla valutazione ed al trattamento dei bambini e degli adolescenti con comportamenti
suicidari ( Pratice Parameter for the Assesment and Treatment of Children and Adolescents With
Suicidal Behavior, riveduti nel 1999 al Meeting annuale dell’American Accademy of Child and
Adolescent Psychiatry ed approvati dall’ AACAP Council il 17 ottobre del 2000).
3. La risposta Assistenziale
Modalità Operative di valutazione clinica iniziale di rischio di suicidio
I pazienti che si ricoverano in particolare nei reparti di Psichiatria dell’età evolutiva presentano tutti
dei disturbi psichiatrici e presentano spesso molti altri fattori di rischio (oltre alla problematica
psicopatologica) per la suicidalità; la possibilità che eventi auto lesivi possano presentarsi è
maggiore che nella popolazione di soggetti non ricoverati e alcuni dei pazienti vengono ricoverati
proprio per condotte di suicidalità.
I livelli di attenzione dello staff medico, infermieristico e di tutti gli Operatori rispetto a tali rischi
sono in genere più alti rispetto ad altri reparti di degenza ospedaliera anche se non sempre le
modalità organizzative e le procedure sono adeguatamente condivise ed efficaci di fronte ad eventi
che in quanto tali mettono comunque a dura prova anche Operatori preparati ed efficienti. La
gravità e l’urgenza degli interventi non rende comunque facile il lavoro di equipe.
Tutti i nostri pazienti sono accompagnati dai loro genitori e quelli che hanno comportamenti
pericolosi, si trovano a condividere un ambiente ospedaliero fondamentalmente aperto con altri
pazienti e genitori.
Nella nostra Struttura inoltre dal gennaio del 2006 è attivo presso la UO2 un Centro di Riferimento
Regionale (CRR) per la Toscana per le urgenze psichiatriche in età evolutiva cui afferiscono
bambini ed adolescenti in regime di ricovero urgente che presentano spesso caratteristiche di
pericolosità per se stessi e per gli altri.
Sin dalla prenotazione dei ricoveri di pazienti con quadri clinici instabili soprattutto in caso di
ricoveri urgenti o trasferimenti dal PS o altri Servizi è necessario acquisire tutte le informazioni
cliniche mediche, infermieristiche, socio-ambientali necessarie a consentire un’ adeguata
accoglienza e gestione del paziente nella UO ( Handover, relazioni cliniche, IPASS e Scheda
Handover/Trasferimento ).
Quando un paziente arriva in reparto viene attivata una metodologia di lavoro che prevede
normalmente una serie di procedure riscontrabili nella Cartella Clinica del paziente:
1) accoglienza e colloquio di accettazione con i genitori ed il paziente ( insieme o separatamente )
da parte del Medico NPI ( Responsable del caso, Specializzando ) all’ingresso in reparto,
rilevabile nel diario della cartella clinica del paziente
2) prima valutazione delle condizioni cliniche del paziente ricoverato, compilazione della Scala
MEWS da parte dell’Infermiere, rilevabile nel diario della cartella clinica
3) accurata raccolta anamnestica attraverso colloquio con i genitori e quando possibile con il
paziente ricoverato ( da parte del Medico NPI e Specializzando ) nelle prime 24 ore, rilevabile
nella cartella clinica.
4) individuazione dei fattori di rischio per il paziente (ideazione suicidaria, condotte autolesive ad
intento suicidario o tentativo di suicidio- , tentativi di fuga, comportamenti pericolosi per se
stessi e gli altri )
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4. Procedura di Prevenzione e Gestione dei comportamenti suicidari
Presso la UO2 Psichiatria e psicofarmacologia dello sviluppo viene applicato a tutti i pazienti
ricoverati uno screening anamnestico specifico (Suicide Risk Assessment “Sad Person” versione
bambini) per l’individuazione del rischio suicidario: se si individua, tramite tale screening, un
rischio alto per condotte di suicidalità o se il Medico, anche in caso di rischio lieve o medio allo
screening ne facesse specifica richiesta, viene applicata la Procedura di Prevenzione e Gestione dei
comportamenti suicidari.
Se il paziente viene ricoverato per condotte di suicidalità già agite (TS) la Procedura di Prevenzione
e Gestione dei comportamenti suicidari viene avviata immediatamente.
Nelle UUOO della Fondazione la Procedura di prevenzione e gestione dei comportamenti suicidari
viene attivata in qualunque momento della degenza non appena si individui il rischio di condotte di
suicidalità ( all’ingresso, dopo l’anamnesi, dopo il colloquio psichiatrico, nel corso di una
valutazione funzionale).
Nella Procedura viene focalizzata l’attenzione su alcuni aspetti in particolare:
1) raccolta delle informazioni utili ad individuare il rischio di condotte sucidarie nel paziente
attraverso un’anamnesi accurata ed una valutazione psichiatrica, tenendo conto delle patologie
maggiormente a rischio e dei fattori di rischio (modulo di screening per SRA (Suicide Risk
Assessment) “Sad Person” versione per bambini, Children SP)
2) promozione dell' alleanza tra Genitori ed Operatori in particolare Medici NPI di riferimento
3) comunicazione rapida ed efficace del rischio suicidario tra i Medici e tutti gli altri Operatori che
gestiscono il caso
4) attenzione alla sicurezza ambientale
5) importanza dei contatti con i Servizi Territoriali.
Modalità Operative
Nel momento in cui viene rilevato il rischio di comportamenti suicidari nel percorso
assistenziale del paziente a rischio sono previsti:
1) Valutazione o colloquio psichiatrico, da parte del medico NPI ( Responsabile e Specializzando
) rilevabile nella cartella clinica durante la degenza ( in prima giornata se il paziente viene
ricoverato per condotte di suicidalità )
2) Comunicazione nell’equipe a tutti gli Operatori presenti nell’ambiente di degenza del
possibile rischio di comportamenti suicidari e segnalazione dell’avvio della procedura da parte del
Medico ( rilevabile come annotazioni “ avvio della procedura rischio suicidario” e/o “turno
d’equipe” nella cartella clinica medica da effettuarsi nel giorno in cui viene evidenziato il rischio di
condotte di suicidalità
durante la degenza ), la comunicazione va estesa al Personale
Infermieristico e Assistenziale dei reparti di degenza del mattino, del pomeriggio e della notte con
distribuzione dei compiti ( annotazione del rischio suicidario rilevabile nella cartella infermieristica
e nel registro delle consegne, apposizione del codice di rischio identificativo del paziente a rischio
(vedi sotto)
3) Attribuzione di un codice di rischio: evidenziazione del rischio di condotte suicidarie utilizzando
un adesivo colorato verde da apporre sul cartellino che evidenzia il n° della camera assegnata al
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paziente nell’elenco posto a vista nell’Infermeria centrale del reparto di degenza pomeridiano e
notturno, da parte dell’Infermiere non appena gli viene comunicato il rischio
4) Rilevazione dei rischi presenti nell’ambiente assistenziale e attuazione dei necessari correttivi
non appena si evidenzi il rischio di condotte suicidarie, da parte degli Infermieri e/o Personale OSS
( rilevabile come annotazione
“controllo sicurezza ambiente/COSS” nella cartella
infermieristica)
5) Valutazione psichiatrica clinica mirata ad un approfondimento del quadro psicopatologico del
paziente ricoverato (da parte dei NPI Responsabile e Specializzando rilevabile nella cartella
clinica)
6) Somministrazione, quando possibile, della Scala C-SSRS Columbia Suicide Severity Rating
Scale oltre a strumenti clinici generali (es: CBCL, CDI, K-SADS) da parte di Medici rilevabile
nella cartella clinica durante la degenza
7)Valutazioni funzionali e testologiche ( quando possibili ): psicodiagnostica, psicopedagogicaeducativa ( da parte dei diversi Operatori durante il ricovero, rilevabili nella cartella clinica durante
la degenza )
8) Valutazione di eventuale terapia farmacologica ( da parte del NPI Responsabile durante il
ricovero, rilevabile nella cartella clinica, consenso informato , STU )
9) Turni d’equipè ( successivi a quello effettuato in prima giornata durante la degenza, rilevabile
nella cartella clinica con i diversi Operatori che seguono il paziente )
10) Colloqui sociali quando possibili (da parte dell’Assistente Sociale, durante la degenza,
rilevabile nella cartella clinica )
11) Colloqui con gli Operatori dei Servizi Territoriali,da parte dei NPI Responsabile/Specializzando
e talora dell’Assistente Sociale, durante la degenza e prima della dimissione, per il necessario
passaggio di consegne/ Handover per assicurare la continuità delle cure dopo la dimissione
12) Colloquio di dimissione con programmazione I controllo clinico presso il Servizio territoriale
13) In caso di tentato suicidio o suicidio di paziente ricoverato il Personale in servizio
immediatamente allerta la Direzione dell’Unità Operativa, la Direzione Sanitaria e il Clinical Risk
Manager con attivazione della Procedura per la gestione aziendale dei casi di Eventi Sentinella,
secondo quanto previsto nella Raccomandazione sugli Eventi Sentinella del Ministero della Salute.
5. La Sicurezza Ambientale
Nel caso di pazienti a rischio di condotte suicidarie le caratteristiche dell’ambiente e degli spazi,
nonché dei processi organizzativi, devono mirare a prevenire tali comportamenti.
E’ importante che il paziente si trovi in un ambiente per quanto possibile “sicuro”, devono pertanto
essere attuati subito da parte del Personale Infermieristico e Socio-Sanitario provvedimenti che
riguardano aspetti sia strutturali che organizzativi:
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Aspetti strutturali ed Organizzativi da considerare e/o tenere sotto stretto
controllo
•
•
•
•
•
•
•
Dispositivi di sicurezza (serrature di sicurezza nei bagni , allarmi, ringhiere ).
Infissi di sicurezza ( nei piani alti ),
Strutture che suggeriscano usi impropri ( docce, ecc.)
Misure che evitino il rischio di avere accesso a mezzi per togliersi la vita (taglienti,
vetro, lacci, farmaci ).
Controllo della sicurezza della camera di degenza, collocazione del paziente in un posto
soggetto a maggior controllo, eliminazione di oggetti lesivi
Sensibilizzazione dei familiari ad esercitare un maggior controllo
Sensibilizzazione dei familiari a togliere oggetti potenzialmente lesivi dalla stanza
Nel momento in cui viene rilevato il rischio di comportamenti suicidari nel percorso
assistenziale del paziente, per quanto riguarda la sicurezza ambientale è previsto che:
gli operatori Socio Sanitari ( OSS ) che svolgono attività di accoglienza e di monitoraggio nei
confronti dei pazienti compilino la check-list ( COSS ), con la finalità di individuare e ridurre i
rischi di atti autolesivi.
La COSS è costituita da due parti A e B.
Nel caso in cui è risultata positiva la SADS ( punteggio > di 7 ) che viene compilata dal medico
referente al momento dell’ accettazione o nel caso in cui il
medico referente ne dà disposizione, indipendentemente dai punteggi alla SADS, il Personale OSS
effettua un controllo del materiale a disposizione del
paziente e compila la parte A della COSS al termine del turno previsto per le ore 20.00,
segnalando anche all’Infermiere l’eventuale ritrovamento di
oggetti a rischio.
La parte B della COSS va compilata solo se il medico referente dà disposizione di effettuare
ulteriori controlli oltre a quelli giornalieri prestabiliti. Il Personale OSS deve sensibilizzare sempre i
familiari sulla necessità di contribuire al controllo costante del paziente e dell’ambiente al fine di
proteggere il minore, utilizzando modalità non intrusive né direttive ma condivise con
l’accompagnatore, ricordando di estendere tale comunicazione anche ad eventuali assistenti delegati
dai genitori (es nonni, amici, etc).
E’ necessario controllare ogni volta anche gli effetti personali del paziente e in particolare la Cover
del cellulare o di analoghi strumenti ( ipod, ipad, PC ).
Possono essere concessi alcuni oggetti con sorveglianza da parte dell’accompagnatore: orologio da
polso, collane, bracciali, cinture, sciarpe, lacci per scarpe, CD, lapis, penne
Il controllo da parte del Personale di Assistenza OSS e Infermieristico deve essere fatto soprattutto
durante le ore notturne, serali, festive, durante le quali il Personale è numericamente ridotto,
particolare attenzione deve essere posta nelle prime 48 ore e al momento della dimissione, nei
week-end, cambi dei familiari per l’assistenza al minore, visite esterne di parenti e amici.
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6. Dimissione di un paziente a rischio di suicidio.
Il paziente, adeguatamente seguito in tutte le fasi del ricovero, viene preparato ed accompagnato
anche nel programma di intervento a livello territoriale attraverso il delicato passaggio agli
Operatori Competenti per Territorio ( Procedura del Passaggio di consegne o Handover ).
Per quanto riguarda la dimissibilità dei pazienti sono state prese in considerazione le
Raccomandazioni e le Linee Guida relative alla valutazione ed al trattamento dei bambini e degli
adolescenti con comportamenti suicidari ( Pratice Parameter for the Assesment and Treatment of
Children and Adolescents With Suicidal Behavior, riveduti nel 1999 al Meeting annuale
dell’American Accademy of Child and Adolescent Psychiatry ed approvati dall’ AACAP Council il
17 ottobre del 2000 ).
Prima della dimissione, da parte del Medico Responsabile del caso:
1) i pazienti che hanno tentato il suicidio e i loro genitori vengono informati del rischio di suicidio
successivo e dei pericolosi effetti disinibenti dell’alcool e di altre droghe (Linee Guida o LG)
2) i genitori / accompagnatori vengono invitati a rimuovere in modo sicuro armi/oggetti o farmaci
letali nelle loro abitazioni (Minimal Standard o MS)
3) viene accertata la presenza in famiglia di una figura di supporto ( MS )
4) viene concordato un progetto di proseguimento del percorso di cura con gli Operatori dei
Servizi Territoriali: Handover, scheda Handover.
5) viene fissato l’ appuntamento per un controllo successivo entro 30 giorni ( MS ).
7. Formazione dello Staff di Diagnosi e Cura
Accanto all’attuazione della procedura è avviato un piano di formazione del Personale medicoinfermeiristico e socio-sanitario nelle diverse UUOO della Fondazione soprattutto nei reparti di
Psichiatria dell’età evolutiva ( UO 2 e UO 3 ) con diffusione anche a tutti gli Operatori che possono
essere in qualche modo coinvolti.
Per la formazione del Personale vengono effettuati Seminari interni ( M&M, Audit clinici ) sul
Rischio di suicidio, vengono effettuati di prassi momenti di condivisione all’interno di equipe
giornaliere (Medici, Infermieri, OSS ) o plurisettimanali ( Medici, Psicologi, Assistente Sociale,
Educatori, Terapisti ).
8. Check List per la Prevenzione e Gestione dei comportamenti suicidari ( PRS )
a. Esami da eseguire
NB: Nel caso di non effettuazione riportare la motivazione
Anamnesi o aggiornamento anamnestico
Scala MEWS
Modulo screening SRA C-SAD PERSON
SRAC-SAD PERSON = o > 7
Attivazione Procedura.RS
Valutazione psichiatrica senza strumenti
standardizzati
Segnalazione rischio in diario clinico
Segnalazione rischio in cartella Infermierist.
Segnalazione rischio nel registro
SI
SI
SI
SI
SI
SI
NO
NO
NO
NO
NO
NO
Motivazione:
Motivazione:
Motivazione.
SI
SI
NO
NO
Motivazione:
Motivazione:
Medico
Infermiere
Medico
Medico
Motivazione
Motivazione:
Medico
Medico/ Infermiere
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consegne/OSS
SI
NO
Motivazione
Incontro d’equipé in prima giornata e nei
gironi successivi
SI
NO
Motivazione:
Operatori
Valut. psichiatrica con strum. standardizzati
specifici C-SSRC
generali (es:CBCL,CDI, K-SADS)
SI
SI
NO
NO
Motivazione:
Motivazione:
Medico
Medico
Contatti con I Servizi Territoriali
SI
NO
Motivazione:
Colloquio di dimissione
SI
NO
Motivazione:
Medico
Assistente Sociale
Medico
Esami da eseguite in base a precisi snodi decisionali (NB l’esame indicato deve essere effettuato
solo nel caso in cui la risposta al quesito proposto sia affermativa e se non è stato già effettuato in
precedenza)
Il paziente è valutabile in contesto strutturato ?
Valutazione psicologica
Valutazione pedagogico educativa
SI
SI
SI
NO
NO
NO
C’è l’indicazione ad un trattamento psicofarmacologico nel corso del ricovero?
Consenso informato
Prelievo ematico
ECG
SI
SI
SI
SI
NO
NO
NO
NO
Medico
Compilazione Sceda Terapeutica Unica STU
SI
NO
Medico
Esami organici in base al quadro psicopatologico
SI
NO
Medico
Infermiere
Psicologo
Educatore
Attribuzione Codice di rischio e Sicurezza Ambientale
Evidenziaz. rischio/adesivo colorato verde
Motivazione:
Infermiere
SI
NO
Segnalazione controllo sicurezza ambientale SI
in cartella infermieristica
NO
Controllo infissi, serrature, bagni
SI
NO
Motivazione:
Controllo camera ( farmaci,oggetti lesivi )
SI
NO
Motivazione:
Inferimere
OSS
Infermiere
COSS
SI
NO
Motivazione:
OSS
Infermiere
Nel caso di tentativo di suicidio o di suicidio di paziente ricoverato
Avvio Proc. Gestione Eventi Sentinella
SI
NO
Annotazioni:
Clinical Risk
Manager
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Check-list COSS
Nome _____________________________________________
Cognome __________________________________________
N. camera __________________________________________
UO _______________________________________________
Data ammissione ____________________________________
Medico referente ____________________________________
Punteggio SADS ____________________________________
DATA E ORA DEL CONTROLLO_____________________
OPERATORE_______________________________________
PARTE A
OGGETTI REQUISITI
NESSUNO
TAZZE, BICCHIERI IN VETRO/CERAMICA
COLTELLI E POSATE IN METALLO/PLASTICA
PIASTRE ELETTRICHE
RASOI
LAMETTE
FORBICINE
LIMA PER UNGHIE
ACCENDINI
FARMACI
ALTRO
□
□
□
□
□
□
□
□
□
□
□
PARTE B
Effettuato controllo ai pasti
Si □ No □
Effettuato controllo dopo igiene personale
Oggetti requisiti
Si □ No □ Oggetti requisiti
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Allegato n.1
Nome dell’utente:
Data:
.
Valutazione del rischio suicidario
“S.A.D. P.E.R.S.O.N.”
ITEMS
SI
NO
Sesso (maschio)
Età (>=15 aa)
Depressione o disturbi dell’umore
Pregresso tentativo di suicidio (cure psichiatriche in relazione a suicidabilità )
Abuso di alcol o di sostanze
*Perdita del pensiero critico
Perdite affettive
Pianificazione dettagliata o tentativo di suicidio
Negligenza genitoriale, agenti stressanti significativi, precedenti suicidari in famiglia
Problemi scolastici (comportamenti aggressivi associati a esperienze di umiliazione)
La procedura aziendale per Rischio Suicidario si attiva in caso di Scoring 7-10 (Alto Rischio)
Scoring
1-2 Basso Rischio
Da non trattare seriamente, tenere sotto controllo
3-6 Rischio Moderato
+/-supervisione a domicilio/consulto psichiatrico
7-10 Alto Rischio
Supervisione/consulto psichiatrico/ospedalizzazione
Annotazioni:*Particolare attenzione alla presenza di disabilità intellettiva che di per sé riduce il pensiero critico.
Il Medico può attivare la Procedura Prevenzione e Gestione del Rischio Suicidario ogni qual volta lo ritenga opportuno
anche se il punteggio SAD PERSON è < 7
Firma dell’Operatore: ___________________________________
Suicide Risk Assessment. SAD PERSON
Prevedere un suicidio non è mai facile. Tuttavia esistono dei fattori di rischio noti che considerati complessivamente
possono offrire una maggiore accuratezza nel predire il rischio di suicidio.Uno dei metodi va sotto l’acronimo di SAD
PERSON. Questo metodo è stato originariamente descritto da Patterson et al 1) e revisionato da Juhnke. 2) Juhnke ha
inoltre adattato la scala all’età evolutiva. 3).
S: sesso . I maschi sono più a rischio di commettere suicidio rispetto alla femmine. I maschi portano a termine il
suicidio circa 4 volte più frequentemente delle femmine, sebbene nel sesso femminile i tentativi siano più frequenti.
A: Età. l’età più pericolose per il rischio suicidario variano nel tempo. E’ utile a questo proposito consultare i dati
statistici attuali. Nel 2006 risultava che gli individui tra i 15 e i 24 anni avessero un rischio elevato. Il suicidio è la terza
causa di morte in questa fascia di età.
Tuttavia esistono delle stime che suggeriscono che i tentativi di suicidio in questa fascia di età supererebbero i reali
suicidi di circa 400-500 volte.
D: Depressione. Il tasso di suicidi tra i soggetti clinicamente depressi è di circa 20 volte maggiore di quello della
popolazione generale. La perdita di speranza è un aspetto della depressione strettamente legato al suicidio. Questi due
aspetti, depressione e disperazione sono i più forti predittori di desiderio di morte prematura.
P: Precedenti anamnestici. Circa l’80% dei suicidi portati a termine sono stati preceduti da un primo tentativo.
E: Abuso di alcol: l’abuso di alcol e di sostanze aumenta il rischio.
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R: Perdita del pensiero critico (psicosi). La psicosi (‘sento una voce nella mia testa che mi ordina di uccidermi’)
aumenta il rischio. Alcune stime suggeriscono che il 20-40% degli schizofrenici fanno prima o poi un tentativo di
suicidio, ed il rischio è molto più elevato nelle prime fasi della malattia.
S: Perdita di supporto affettivo, di persone di riferimento. Le perdite affettive possono essere le più disparate. Con i
bambini e gli adolescenti può trattarsi anche della rottura con il “primo amore”, che loro possono vivere molto
seriamente anche se altri, come ad es. i genitori, possono considerarlo un evento banale. Un’altra perdita di una
relazione importante per l’adolescente può essere rappresentata dal divorzio dei genitori e dal nuovo matrimonio di un
genitore. Anche un genitore divorziato o separato che va a vivere con un nuovo compagno può essere il fattore
scatenante il suicidio in un adolescente. La morte di un parente, ad es. di un nonno, può essere un altro esempio di
fattore scatenante per un bambino. La perdita del compagno può essere devastante per qualcuno. La perdita di un
genitore nei 3-5 anni precedenti aumenta il rischio di suicidio. Tra i soggetti più adulti, gli uomini vedovi e le donne
separate o divorziate sono quelli più a rischio.
O:Pianificazione. Questo item si spiega da solo. Pensare ad un metodo determina già di per sé un aumento del rischio.
N: Negligenza dei genitori, presenza di significativi fattori stressanti, storia di suicidi in famiglia. L’incuria,
l’abuso, i traumi, uno stile di vita destabilizzante, e la storia di comportamenti suicidi ari in famiglia aumentano il
rischio di suicidio.
S: Problemi scolastici. Il bullismo scolastico o telematico ha assunto proporzioni enormi. La storia di conflittualità
cronica con i coetanei ed i problemi associati con la scuola aumentano il rischio.
Scoring Assegnare un punto per ogni risposta positive sulla griglia di scoring.
0-2 assenza di problemi reali. Documentare, comunicare e tenere sotto controllo.
3-4 mandare a casa, documentare, comunicare, e controllare regolarmente.
5-6 Documentare, comunicare, considerare l’eventualità di un ricovero in base al livello di sicurezza e alla possibilità
di follow-up
7-10 Documentare, comunicare, necessità di ospedalizzazione volontaria o coatta
Bibliografia- Referenze
1) Patterson, W, Dohn, H, Bird, J, Patterson, G. Psychosomatics, 1983, 24, 343-349
2) Juhnke, G.E. “SAD PERSONS Scale Review.” Measurement & Evaluation in Counseling &
Development, 1994, 27, 325-328
3) Juhnke, G.E. “The Adapted SAD PERSONS: An assessment scale designed for use with children”
Elementary School Guidance & Counseling, 119, 252-258
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Allegato n° 2
COLUMBIA-SUICIDE SEVERITY
RATING SCALE
(C-SSRS)
Children’s Baseline
Version 6/23/10
Posner, K.; Brent, D.; Lucas, C.; Gould, M.; Stanley, B.; Brown, G.; Fisher, P.;
Zelazny, J.; Burke, A.; Oquendo, M.; Mann, J.
Disclaimer:
This scale is intended to be used by individuals who have received training in its administration. The questions
contained in the Columbia-Suicide Severity Rating Scale are suggested probes. Ultimately, the determination of the
presence of suicidal ideation or behavior depends on the judgment of the individual administering the scale.
Definitions of behavioral suicidal events in this scale are based on those used in The Columbia Suicide History Form,
developed by John Mann, MD and Maria Oquendo, MD, Conte Center for the Neuroscience of Mental Disorders (CCNMD),
New York State Psychiatric Institute, 1051 Riverside Drive, New York, NY, 10032. (Oquendo M. A., Halberstam B. & Mann J. J.,
Risk factors for suicidal behavior: utility and limitations of research instruments. In M.B. First [Ed.] Standardized Evaluation in
Clinical Practice, pp. 103 -130, 2003.)
For reprints of the C-SSRS contact Kelly Posner, Ph.D., New York State Psychiatric Institute, 1051
Riverside Drive, New York, New York, 10032; inquiries and training requirements contact
[email protected]
© 2008 The Research Foundation for Mental Hygiene, Inc.
Nella
IDEAZIONE SUICIDARIA
Somministrare le domande 1 e 2. Se sono entrambe negative procedere con la sezione
vita
“Comportamenti suicidari”. Se la risposta alla domanda 2 è “Si”, somministrare le domande 3, 4,5. Se
la risposta alle domande 1 e/o 2 è “Si”, completare con la sezione “Intensità dell’ideazione”.
Si
1. Desiderio di essere morto
Il soggetto confessa pensieri riguardo al desiderio di essere morto o non più vivo o desidera di
No
addormentarsi e di non svegliarsi più.
Hai mai pensato di morire o come sarebbe se tu fossi morto?
Hai mai desiderato di morire o di addormentarti e non svegliarti mai più?
Hai mai desiderato di non vivere più?
Se si, descriverli
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2. Pensieri suicidari attivi non specifici
Pensieri suicidari generici, non specifici, riguardo al desiderio di porre fine alla propria vita o di
commettere suicidio (ad esempio “ ho pensato di uccidermi”) senza pensare ai modi per
uccidersi/metodi associati, intenti o pianificazione.
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Si No
Hai mai pensato di fare qualcosa per porre fine alla tua vita?
Hai mai pensato di ucciderti?
Se si descrivi:
3.
Ideazione suicidaria attiva con qualsiasi metodo (non pianificazione) senza l’intento di
Si No
metterlo in atto.
Il soggetto confessa pensieri suicidari e ha pensato ad almeno un metodo durante il periodo indagato.
Questo è diverso da un piano specifico con tanto di dettagli sul dove, quando e sui metodi (ad esempio
il pensiero di uccidersi senza uno specifico piano). Si include anche il caso in cui il soggetto dice “ho
pensato di farmi una overdose ma non ho mai fatto un piano specifico su come, quando e dove lo avrei
realmente fatto…. ma non lo farei mai”.
Hai mai pensato a come farlo o a come porre fine alla tua vita (ucciderti)? Che cosa hai pensato di
preciso?
Se si descrivi:
4.
Ideazione suicidaria attiva con un certo grado di intenzione di agire senza un piano
specifico.
Pensieri suicidari attivi di uccidersi e il soggetto riferisce di aver avuto una certa intenzione di mettere
Si No
in atto questi pensieri, diverso da “ Ho avuto questi pensieri ma non farò niente”.
Quando hai pensato di porre fine alla tua vita (o di ucciderti), pensavi che era una cosa che
avresti potuto realmente fare?
Questo caso è diverso dall’aver avuto i pensieri pur sapendo che non lo avresti fatto.
Se si descrivi:
5. Ideazione suicidaria attiva con un piano e un intento specifico.
Pensieri di uccidersi accompagnati da dettagli su un piano elaborato completamente o in parte e il
soggetto ha un certo intento di portarlo avanti.
Si
No
Hai mai deciso come e quando avresti posto fine alla tua vita/ti saresti ucciso?
Hai mai pianificato (progettato i dettagli) come farlo?
Quale era il tuo piano?
Quando hai fatto questo piano o hai progettato questi dettagli, c’era una qualche parte di te che
pensava di farlo davvero?
Se si descrivi:
INTENSITA’ DELL’IDEAZIONE
Il seguente item dovrebbe essere valutato considerando il tipo di ideazione più grave (1-5 da sopra con
1 che è la meno severa e 5 che rappresenta la più grave).
L’ideazione più severa __________________
Tipo (1-5)
Descrizione dell’ideazione ____________________
La più
severa
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Frequenza
Quante volte hai avuto questi pensieri?
1) solo una volta
2) qualche volta
3) tutto il tempo
4) non sa/non applicabile
COMPORTAMENTI SUICIDARI
Verificare tutte le voci pertinenti, fintanto che questi sono eventi separati; è necessario
chiedere informazioni riguardanti tutti i tipi di tentativi
Tentativo reale:
Un atto potenzialmente autolesivo commesso con il desiderio di morire, come risultato
dell’atto. Il comportamento è stato in parte pensato come metodo per uccidere se stessi.
L’intento non deve essere necessariamente al 100%. Se vi è un qualsiasi intento/desiderio di
morire associato all’atto, allora, il comportamento può essere considerato reale tentativo di
suicidio. Non deve esserci una qualsiasi lesione o un danno ma solo il potenziale di lesioni
o danno. Se la persona preme il grilletto, mentre la pistola è in bocca, ma la pistola è rotta e
non succede niente, questo è considerato un tentativo.
Inferire l’intento: Anche se un individuo nega l'intenzione / desiderio di morire, questa, può
essere dedotta clinicamente dal comportamento o dalle circostanze. Per esempio un agito
altamente letale, chiaramente non accidentale, così da non poter inferire nessun altro intento
che il suicidio (colpo di pistola alla testa, saltare dalla finestra di un piano alto). Inoltre,
l'intenzione si può dedurre se il soggetto nega l'intenzione di morire, ma ha pensato che
quello che ha fatto poteva essere letale.
Hai mai fatto qualcosa per lasciarti morire o tentare di ucciderti? Che cosa hai fatto?
Ti sei mai ferito intenzionalmente? Perché lo hai fatto?
Hai fatto…………… nel tentativo di mettere fine alla tua vita?
Avevi l’intenzione di morire (anche minima) quando hai …….. ?
Stavi provando a porre fine alla tua vita mentre lo facevi?
O pensavi che ……….. potesse ucciderti?
O lo hai fatto puramente per altri motivi e non per porre fine alla tua vita o uccidere te
stesso (come per sentirti meglio, o per ottenere qualcosa) (comportamenti autolesivi senza
Si
No
Nella vita
Si
No
N° tentativi
Si No
Si No
intento suicidario)
Se si, descriverli
Il soggetto ha agito comportamenti autolesivi con intenzione non suicidaria?
Il soggetto ha agito comportamenti autolesivi con intenzione ignota?
Tentativo interrotto:
Quando la persona è stata interrotta (da una circostanza esterna) dall’iniziare un potenziale
comportamento autolesivo (se non fosse successo, si sarebbe verificato un reale tentativo).
Overdose: il soggetto ha le pillole in mano ma viene fermato prima di ingerirle. Una volta
che ha ingerito le pillole questo diventa un tentativo piuttosto che un tentativo interrotto.
Spararsi: il soggetto ha la pistola puntata verso se stesso, la pistola viene allontanata da
qualcun altro o qualcuno impedisce che venga premuto il grilletto. Una volta che è stato
premuto il grilletto, anche se la pistola fallisce nello sparare, questo è un tentativo.
Buttarsi: la persona è pronta a saltare e viene afferrata e tirata giù dal cornicione
Impiccarsi: la persona ha il cappio intorno al collo ma non ha ancora iniziato a stringersi,
viene bloccata dal farlo.
C'è stato un momento in cui hai iniziato a fare qualcosa per mettere fine alla tua vita
(porre fine alla tua vita o ucciderti), ma qualcuno o qualcosa ti ha interrotto prima che
tu realmente facessi qualcosa? Che cosa hai fatto?
Se si descrivi:
Si No
N° tentativi
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Tentativo abortito:
Quando una soggetto comincia a fare qualcosa per tentare il suicidio ma si ferma prima che
effettivamente si sia impegnato in un comportamento autodistruttivo. Esempi simili ai
tentativi interrotti ma in questo caso è l’individuo che si ferma autonomamente invece di
essere fermato da qualcos'altro.
C'è stato un momento in cui hai iniziato a fare qualcosa per porre fine alla tua vita ma
hai cambiato idea (ti sei interrotto da solo) prima di fare realmente qualcosa? Che cosa
hai fatto?
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Si No
N° tentativi
Se si descrivi:
Atti o comportamenti preparatori:
Atti o preparativi per un imminente tentativo di suicidio. Questo può comprendere qualsiasi
cosa a partire dalla verbalizzazione o dal pensiero, come organizzare un metodo (ad esempio
comprare delle pillole o comprarsi una pistola) o prepararsi alla propria morte con suicidio
(ad esempio dar via le proprie cose, scrivere una lettera d’addio).
Hai mai fatto qualcosa per prepararti a non vivere più (porre fine alla tua vita o
ucciderti) ad esempio dar via le tue cose o scrivere una lettera d’addio o procurarti le
cose che ti sarebbero servite per ucciderti?
Si No
Se si descrivi:
Comportamento suicidario:
Un comportamento suicidario è stato evidenziato durante il periodo di valutazione?
Tentativo più recente Tentativo
Rispondi solo in riferimento a tentativi reali
Data:
Reale letalità/danno clinicamente
significativo:
0. Assenza di lesioni fisiche o lesioni
molto lievi (es. graffi superficiali)
1. Lievi lesioni fisiche (es. rallentamento
dell’eloquio, ustioni di primo grado,
moderata perdita ematica, slogature)
2. Lesione fisica moderata: richiesta di
attenzione medica (es. cosciente ma
sonnolento, parzialmente responsivo,
ustioni di secondo grado,
sanguinamento di grandi vasi)
3. Lesione fisica moderatamente severa:
ospedalizzazione in reparto medico e
possibile richiesta di ricovero in terapia
intensiva (es. comatoso con riflessi
conservati, ustioni di terzo grado estese
a meno del 30% del corpo; emorragia
estesa ma con possibilità di ripresa,
grandi fratture)
4. Lesione fisica severa: ospedalizzazione
in reparto medico e necessità di ricovero
in terapia intensiva (es. stato comatoso
con perdita dei riflessi, ustioni di terzo
grado estese più del 30% del corpo,
emorragia estesa con instabilità dei
parametri vitali, lesione severa di un
organo vitale)
5. Morte
Letalità potenziale: Rispondere solo se letalità
reale = 0
Potenziale letalità del tentativo reale se non vi è
stata lesione fisica (nei seguenti esempi,
nonostante non vi sia lesione fisica, vi è alto
maggiormente letale
Data:
Si
No
Primo
tentativo/tentativo
iniziale
Data:
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potenziale di letalità: mettersi una pistola in
bocca e premere il grilletto, ma il proiettile non
parte e così non vi è lesione fisica; sdraiarsi sui
binari con il treno in arrivo ma venir spinto via
prima di esser investiti).
0= l’atto ha poca probabilità di esitare in lesione
fisica
1= l’atto potrebbe causare lesione fisica, ma non
la morte
2= l’atto potrebbe causare la morte nonostante
l’intervento medico
A discrezione del clinico si può ulteriormente approfondirela la INTENSITA’ dellIDEAZIONE con
integrazione della seguente sezione estratta dall’intervista C-SSRS versione screening 2009
Durata:
Quando ti vengono quei pensieri, quanto durano?
(1) Fluttuanti – pochi secondi o minuti
(2) Meno di un’ora / poco di tempo
(3) 1-4 ore / molto tempo
(4) 4-8 ore / gran parte della giornata
Più di 8 ore / persistenti, continui
Possibilità di controllo:
Potresti/puoi smettere di pensare di ucciderti/ di voler morire se lo vuoi?
(1) Controlla i pensieri con facilità
(2) Può controllare i pensieri con poca difficoltà
(3) Può controllare i pensieri con un po’ di difficoltà
(4) Può controllare i pensieri con molta difficoltà
(5) Non è in grado di controllare i pensieri
(0) Non ha mai provato a controllare i pensieri
Deterrenti:
Ci sono cose – qualcuno o qualcosa (es. familiari, religione, paura della morte) – che ti hanno fatto smettere di
desiderare di morire o di pensare di commettere il suicidio?
(1) I deterrenti ti hanno definitivamente fatto smettere di tentare il suicidio
(2) Probabilmente i deterrenti ti hanno fermato
(3) Non è certo che siano stati i deterrenti a fermarti
(4) I deterrenti molto probabilmente non ti hanno fermato
(5) I deterrenti sicuramente non ti hanno fermato
(0) Non applicabile
Motivi per l’ideazione:
Che motivi ti hanno spinto a pensare di voler morire o di ucciderti? E’ stato per fermare il dolore o il modo in cui ti
sentivi (in altre parole non potevi continuare a vivere con quel dolore o nel modo in cui ti sentivi) o era per ottenere
attenzione, una rivendicazione o una reazione degli altri? O entrambi i motivi?
(1) Completamente per ottenere attenzione, rivendicazione o una reazione degli altri
(2) Prevalentemente per ottenere attenzione, rivendicazione o una reazione degli altri
(3) Equivalenti, per ottenere attenzione, rivendicazione o una reazione degli altri e per far finire/fermare il
dolore
(4) Prevalentemente per far finire/fermare il dolore (non potevi continuare a vivere con quel dolore o nel modo
in cui ti sentivi)
(5) Completamente per far finire/fermare il dolore (non potevi continuare a vivere con quel dolore o nel modo
in cui ti sentivi)
(0) Non applicabile
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Allegato n.3
FATTORI DI RISCHIO SUICIDARIO
I fattori di rischio suicidario in età evolutiva più significativi e riportati in letteratura sono: i
precedenti tentativi di suicidio, l’ideazione suicidaria persistente, i disturbi psichiatrici, l’abuso di
sostanze, l’isolamento sociale, le problematiche familiari, eventi traumatici ambientali- lutti o
perdite recenti, le violenze fisiche o sessuali, l’appartenenza a minoranze etniche o condizioni
estreme come il carcere, la preoccupazione circa l’identità sessuale, la condizione di studente, il
sesso maschile, l’accesso alle armi, un suicidio recente all’interno della comunità, lo stile cognitivo
impulsivo e la rigidità del pensiero.
Blumenthal Sj ( 1988 ) considera cinque principali aree di vulnerabilità suicidaria comprendenti:
disturbi psichiatrici, tratti di personalità, eventi psico-sociali e ambientali, storie familiari, fattori
genetici e biologici secondo un modello a sovrapposizione. Il modello di Blumenthal offre la
possibilità di spiegare come l’azione congiunta di diversi fattori possa spingere una persona a
compiere l’agito suicidario ma non chiarisce l’effettivo peso che ciascun fattore ha sul suicidio o sul
tentativo di suicidio.
1) I disturbi psichiatrici
Esiste un generale consenso che le vittime di suicidio adolescenti soffrano di un disturbo
psichiatrico. Brent (1991 )in un suo lavoro ha preso in considerazione 8 ricerche che esplorano il
rapporto tra il tentato suicidio e i disturbi psichiatrici e ha visto che nel 90% dei casi questo è
presente.
Il più rappresentato è il disturbo di tipo depressivo ( tra il 35% e il 76% ). Esso era comunque
associato ad abuso di sostanze stupefacenti ( tra il 35% e il 66% ). Altra frequente associazione era
rappresentata dal disturbo d’ansia.. In almeno due studi veniva segnalata la presenza di disturbo
bipolare.
La schizofrenia risultava presente in un numero moderato di casi.
Sono stati trovati anche casi di suicidio in adolescenti senza apparenti disturbi psichiatrici dell’asse
I ( fino al 19% dei casi secondo Apter ).
La prevalenza dei disturbi dell’Asse II ( DES-IV ), come i disturbi di personalità, era compresa tra il
10% e il 90% e i disturbi di personalità più rappresentati erano quelli del Cluster B ( borderline,
istrionico, narcisistico e antisociale) ( Brent et al. 1993-4 ).
Maria Kovacs ( 1993 ) sostiene che sia l’ideazione suicidaria che il tentato suicidio sono sempre
sintomi di disturbi psichiatrici diagnosticabili. Il problema per l’autrice deve essere cercato nella
difficoltà di formulare diagnosi psichiatriche in età evolutiva specie perché i disturbi psichiatrici a
questa età hanno limiti ampi di fluttuazione con intervalli liberi da sintomi. Kovacs ha svolto una
ricerca su due gruppi di pazienti affetti da disturbi psichiatrici e seguiti ambulatorialmente un primo
gruppo formato da soggetti con disturbo depressivo e un secondo gruppo da soggetti affetti da altri
disturbi come disturbo di adattamento, disturbi della condotta, disturbi di apprendimento, deficit di
attenzione, gravi conflitti intrafamiliari. La percentuale di ideazione suicidaria all’inizio dello studio
era del 58% nel primo gruppo e del 39% nel secondo. Il tentato suicidio risultava presente nel 9%
dei casi nel primo gruppo e assente nel secondo e alla fine dello studio a distanza di circa 7-8 anni e
mezzo risultava del 24% nel primo gruppo e del 8% nel secondo gruppo. Questi sono i dati che
Kovaks porta a sostegno della diretta correlazione tra disturbo psichiatrico depressivo e tentato
suicidio in età evolutiva. Il primo tentativo di suicidio in più alta percentuale da lei trovato si era
verificato tra i 13 e i 14 anni
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Nel lavoro di Brent è’ stata data attenzione anche al rapporto tra la differenza di genere sessuale e
disturbi psichiatrici e suicidio in adolescenza. Una caratteristica comune a tutti gli studi era che le
ragazze suicide apparivano maggiormente affetta da disturbo depressivo e che avevano tentato il
suicidio un numero più elevato di volte. L’abuso di alcool e di altre droghe risultava più frequente
nei maschi. Tra i maschi risultava più elevata la percentuale di comportamenti aggressivi, violenti
ed impulsivi.
Nei pazienti schizofrenici o affetti da disturbi di tipo schizoaffettivo di recente insorgenza
(Young A. S. et al 1998 ) generalmente la suicidabilità era compresente all’umore depresso; bassi
livelli di ideazione suicida predicevano livelli più alti di successiva suicidabilità, indipendentemente
dal livello della depressione. Inoltre i soggetti con livelli bassi di suicidabilità continuavano ad
essere a rischio di ideazione e comportamenti suicidi per circa 9 settimane. L’umore depresso e
l’ansia non predicevano in tale studio la suicidabilità successiva. La difficoltà ad individuare
predittori del suicidio porta a suggerire che i pazienti schizofrenici siano incoraggiati a riferire
immediatamente le loro ideazioni suicide.
I DCA sono spesso associati alla depressione, ai tentativi e alle tendenze suicidarie. In uno
studio Russel G.( 1979 ) ha evidenziato che l’87% dei pazienti con DCA era depresso e che il 37%
di essi aveva tentato il suicidio. Sono presenti studi simili (Viesselman J.O., Roig M. ( 1985 ) . In
diversi studi su soggetti con disturbo alimentare è stata evidenziata una significativa correlazione tra
disturbo borderline di personalità, alti livelli di impulsività e tendenza al suicidio ( Raynes S., Erbert
MH 1983, Crisp AH, 1970 ). Nei pazienti anoressici e bulimici i tentativi di suicidio ed altri
comportamenti autolesivi sono frequenti, in particolare nel sottogruppo che presenta abbuffate e
pratiche di compenso purgative.
Nell’anoressia nervosa il suicidio può essere considerato come la causa più frequente di morte
piuttosto che l’inedia o il dimagrimento ( Toltrup K et al 1985; Patton GC 1988; Santonastaso et al.
1991 ). Il suicidio si verifica non solo nella fasi tardive della malattia ma soprattutto in periodi di
remissione sintomatica ( Jeammet P. et al 1984; Bruch H 1988 ). Un maggior numero di ricoveri e
nel caso di pazienti anoressici un più basso peso al momento della prima consultazione sono i fattori
predittivi di un comportamento suicidario ( Morgan G. Russel G. 19796; Hsu et al 1979; Patton GC
1988 ), inoltre un fattore di rischio di primo ordine è una maggiore età di esordio ( Patton GC 1988)
e l’associazione con disturbi dell’umore.
2) Precedente tentativo di suicidio
Colui che oggi tenta il suicidio può suicidarsi domani ( Poster American Fondation for
Suicide Prevention 1999 ). La presenza di un precedente tentativo di suicidio è infatti uno dei
fattori predisponenti più importanti e non dovrebbe essere mai sottovalutato. La maggior parte dei
ricercatori sostiente che il 30-40% dei giovani suicidi ha tentato almeno una volta di uccidersi.
Circa l’1,5% dei giovani adolescenti che tentano di suicidarsi vi riesce entro 12 mesi da quel
tentativo ( Diekstra 1989 ), il 4,3% entro 10-15 anni, il 15% nei 5 anni successivi. Ogni tentato
suicidio rappresenta un’urgenza medica. Una volta che il pericolo di vita sia stato rimosso si deve
pensare ad un’eventuale ospedalizzazione. Questa necessità dipende dalla valutazione del grado di
rischio e dalla capacità della famiglia di fornire aiuto. La letalità del tentativo di suicidio può essere
valutata dal grado di premeditazione ( per es. scrivere una lettera ), dal metodo usato ( le armi da
fuoco sono abitualmente più letali dei medicinali), dalla gravità delle lesioni e dalle circostanze o
dai fattori immediatamente precipitanti i tentativi. Una risposta negativa o inadeguata da parte dei
genitori è un segno infausto. La maggior parte di coloro che tentano il suicidio ha desideri di morte
ambivalenti e il tentativo di suicidio può rappresentare una richiesta di aiuto e può fallire grazie ad
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un forte desiderio di vivere; nei preadolescenti si assiste ad un’espressione di sollievo quando si
comunica loro che il gesto viene preso sul serio e si propone un aiuto nel tempo che va al di là della
situazione contingente. Gli adolescenti non devono essere lasciati soli, non bisogna prescrivere loro
delle pillole e dire che andrà tutto bene, perché ciò può essere percepito come abbandono e finisce
col farli sentire soli con la mente fuori di controllo. In questo senso una presa in carico superficiale
o un aiuto poco attendibile possono essere, secondo M. e M. E. Laufer ( 1986 ) più dannosi che
nessun aiuto nel periodo della crisi. L’assenza di aiuto lascia almeno aperta la speranza che possa
esservi nell’ambiente una persona che si prenda cura, mentre un aiuto inappropriato può essere
sentito come conferma del fatto che egli può anche morire, dal momento che nessuno se ne
interessa.
3) Ideazione suicidaria persistente
Idee di suicidio sono presenti nei bambini e negli adolescenti di entrambi i sessi e non sempre si
associano ad altri sintomi psicopatologici.
L’abuso di sostanze o l’ansia di separazione può attivare negli adolescenti idee suicidarie. Disturbi
dell’umore e dell’ansia aumenta il rischio di ideazioni suicidarie. Gli attacchi di panico sono un
fattore di rischio per ideazioni o tentativi di suicidio nelle femmine, mentre l’aggressività aumenta il
rischio di ideazioni o tentativi di suicidio nei maschi
4) Relazione tra aggressività , impulsività, tentato suicidio e suicidio
La relazione tra condotte suicidarie, impulsività, aggressività e violenza è ampiamente riportata
nella letteratura scientifica: l’impulsività è una caratteristica specifica dei pazienti depressi che
tentano il suicidio ( 21 ) ( Lejoyeux et al ), condotte suicidarie sono state riscontrate in popolazioni
di soggetti affetti da disturbo del controllo degli impulsi come i giocatori d’azzardo patologici e nei
disturbi di tipo borderline con impulsività; alcuni studiosi hanno evidenziato nei pazienti borderline
una storia di reiterati tentativi di suicidio.
L’impulsività tende a decrescere in modo quasi lineare con l’età anagrafica dei pazienti ( 73). In tale
ottica un contenimento della sintomatologia impulsiva sufficientemente forte in età giovanile,
potrebbe permettere la sopravvivenza e/o migliorare la qualità della vita di molti pazienti
borderline, migliorandone la prognosi a breve e a lungo termine e soprattutto, con l’avanzare
dell’età, di godere di un relativo attenuarsi dei sintomi.
L’ideazione suicidaria e il tentato suicidio sono stati riscontrati in soggetti con impulsività, scarsa
tolleranza alle frustrazioni, incapacità di posticipare la reazione, inabilità o scarsa attitudine a
programmare l’azione, difficoltà di fronte a scelte alternative, incapacità nella valutazione oggettiva
di situazioni esterne.
Nel comportamento suicida è spesso evidente l’aggressività verso gli altri ( particolarmente nei casi
di omicidio-suicidio in età adulta e nell’alta incidenza di suicidio tra i detenuti di crimini violenti ).
Il suicidio talora è un atto diretto verso altre persone significative, una frequente motivazione per un
tentativo di suicidio è lo scopo di coinvolgere o punire gli altri con la fantasia. “ tu soffrirai dopo la
mia morte”.
5) Abuso di sostanze
L’abuso di alcool e droghe rappresenta un fattore predisponente le condotte suicidarie, spesso
presente in adolescenti con disturbi di tipo depressivo e dipersonalità borderline o antisociale ( De
Vanna e coll. 1991, Amodio e Fornari 1988 , Brent ).
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6) Problematiche della famiglia
Già negli anni ’70 Richman J. E Sabbath J. C. osservavano la relazione tra condotte suicidarie
adolescenziali e sostema familiare disfunzionante ( conflitti dei ruoli, legami basati su rapporti
disfunzionali, anomalie della comunicazione, rigidità e incapacità a tollerare una crisi ). Un dato che
emerge in letteratura è costituito dal fatto che il passato remoto e prossimo dei giovani che attuano
comportamenti suicidari è spesso caratterizzato dalla cosidetta “ broken home” spesso legata alla
mancanza di un genitore ( più spesso il padre ), reale e duratura per morte ( orbach nel suo studio
ha rilevato che la morte di un genitore era presente nel 45% dei casi tra i bambini suicidati 9 o
separazione, temporanea ma di lunga durata come ospedalizzazione, prigione ma anche non
necessariamente fisica, ( genitore non autorevole, anaffettivo o svalutante che comunque non
costituisce un modello di identificazione valido ). Vanno inoltre considerati i disturbi psichiatrici
all’interno del nucleo familiare: casi di alcoolismo, disturbi di personalità, tentati suicidi in famiglia.
7) Traumi, violenze fisiche e sessuali
Numerose altre osservazioni cliniche sostengono che traumi infantili si associano significativamente
a comportamenti autolesivi e suicidari espressi in età giovanile o adulta. ( 23 ) (24). E’ stata spesso
rilevata la presenza di traumi infantili negli adulti depressi con alti livelli di aggressività,
impulsività e comportamenti suicidari. Esperienze di abuso nell’infanzia si correlano ad un’età più
precoce della condotta suicidaria, che può presentarsi già in età infantile o adolescenziale ( 17 ).
Costituiscono un importante fattore di rischio soprattutto se consumate all’interno della famiglia (
Crepet 1993, Luccattini e coll. 1993, Anderson 1996, Hermman, Hirschman 1981 ecc. ). In
particolare c’è una forte correlazione tra episodi di violenza fisica subita durante l’infanzia o la
prima adolescenza e condotte autolesive compiute negli anni successivi ( Korsky 1983, Herman,
Hirschman 1981 ecc. ).
Anche l’abuso sessuale, specie se incestuoso, può favorire le condotte suicidarie; Herman e
Hirschman hanno considerato un gruppo di donne oggetto di violenza sessuale incestuosa e un
gruppo di donne oggetto di violenza sessuale non incestuosa, la percentuale di tentato suicidio era
del 38% nel primo gruppo e del 5% nel secondo.
Gravidanza non voluta o rifiutata: le ragazze incinte tentano il suicidio 6 volte di più di quelle non
gravide soprattutto nelle prime settimane di gravidanza e nel post-partum.
8) Isolamento sociale
E’ un importante fattore di rischio ( De Vanna e coll. 1991, Amodio e Fornari 1988, Condini e coll.
1997, C. R. Pfeffer ), sia all’interno della famiglia che nel contesto sociale.
9) Preoccupazioni circa l’identità sessuale
Un orientamento non etrosessuale viene considerato in letteratura tra i fattori di rischio per tentato
suicidio.
10) Eventi traumatici ambientali: lutto, perdite significative
Sono stati individuati in letteratura eventi o situazioni definiti come “fattori precipitanti” che
combinati con gli altri fattori predisponenti aumentano il rischio di comportamenti suicidari in
modo notevole.
Si tratta soprattutto di insuccesso scolastico o bocciatura, abbandoni del partner, lutto in ambito
familiare o nella cerchia di amici soprattutto prima dei 13-15 anni o negli ultimi due anni.
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Altri fattori precipitanti che possono aumentare il rischio di suicidio sono: molestia sessuale,
conflitti familiari, episodio disciplinare umiliante, gravidanza, malattie fisiche, problemi cronici di
dolore, peso, sonno ecc., frequenti spostamenti geografici o cambiamenti di residenza, difficoltà
finanziarie nella famiglia
11) Appartenenza a minoranze etniche o condizioni estreme come il carcere
I pochi studi dedicati al rischio di suicidio in minori detenuti, segnalano l’elevata probabilità di
comportamento suicidale specialmente quando i detenuti fanno parte di minoranze etniche o sono
immigrati da altri apesi.. Lawlor et al. ( 1992 ) sottolinea come 1 detenuto ogni 100 in età compresa
tra i 12 e i 17 anni che permanga in carcere più di una settimana , compia un grave tentativo di
suicidio. La detenzione comunque aggraverebbe altre condizioni di rischio quali la depressione e
l’abuso di alcool. Per quanto riguarda le minoranze etniche entrano in gioco maggiormente fattori
di rischio quali la sindrome da disadattamento sociale, l’abuso di droghe o alcool, l’elevata
incidenza di depressione, il basso livello socio-economico e l’elevata conflittualità familiare.
12) Familiarità per suicidio
13) Sesso
Il suicidio giovanile è più frequente tra i maschi che tra le femmine ( rapporto 2-3 a 1 ), la
distribuzione tra i sessi del tentato suicidio è nonostante rare eccezioni opposta ( circa 2 a 1 ). La
netta prevalenza del sesso femminile riguarda la fascia tra i 13 e i 17 anni.
14) Scolarità
Alcune indagini condotte nei college di Oxford e Cambridge hanno evidenziato che il tasso di
suicidio è notevolmente superiore rispetto a quello di chi non frequenta l’università e anche nel
contesto italiano ci sono studi che segnalano la condizione di studente come un fattore di rischio per
le condotte suicidarie ( T. Corradi e coll. 1992; Amodio e Fornari 1988; Crepet 1994 ).
16) Stile cognitivo, rigidità del pensiero
I tentativi di suicidio e il suicidio rappresentarebbero una risposta a problemi personali in carenza di
soluzioni adattive ovvero carenze di problem solving, deformazione cognitiva dell’idea della morte.
17) Accesso alle armi
18) Recente episodio di suicidio nella comunità
L’esposizione a veri o finti episodi di suicidio ( Gould 2001, Velting et gould 1997 ) può facilitare il
rischio di suicidio nei giovani più vulnerabili, per esempio il resoconto del suicidio di una persona
celebre o la rappresentazione di un suicidio in un programma televisivo popolare, il rischio è alto
nelle due settimane successive.
“SINDROME PRESUICIDARIA”
Il tentativo di suicidio o il suicidio possono frequentemente essere preceduti da sintomi e segnali
che possono allarmare chi vive a più stretto rapporto con loro ( genitori, amici, insegnanti, medico
di famiglia ecc. ).
Segnali verbali: per esempio affermazioni del tipo “ voglio morire” o “ non ho più voglia di
vivere”, oppure “ vorrei andare a dormire e non svegliarmi più” o “ i miei ci staranno male quando
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me ne sarò andato” oppure “ presto tutto questo schifo finirà”, ecc. Quando un adolescente dice che
i suoi genitori non hanno significato per lui o che si sente di meritare di essere rifiutato da loro vi è
realmente il pericolo che tenti il suicidio.
Segnali comportamentali e sintomatici: aumento o diminuzione del sonno, dell’appetito,
svogliatezza o apatia, difficoltà di concentrazione, cambiamenti repentini del tono dell’umore,
tristezza e pianto improvvisi, abbandono delle attività sociali, tendenza alla solitudine, brusco
peggioramento del rendimento scolastico, aumento dei comportamenti a rischio ( per esempio guida
imprudente come correre in macchina o in moto, trascurare la propria salute, sottoporsi a numerosi
interventi chirurgici, attuare scioperi della fame, comportamento criminali ecc. ), abbassamento
dell’autostima, aumento dell’uso di alcool, droghe, improvviso disinteresse per l’elaborazione di
piani per il futuro ecc. ( Smith J. 1988, cit. da Crepet 1994 ).
Segnali situazionali: corrispondono ai fattori precipitanti precedentemente esposti.
Spesso coloro che tentano il suicidio o si suicidano consultano il medico di famiglia o altri medici:
secondo uno studio di Barraclough del 1974 nell’ultimo anno ( nel 90% dei casi), nell’ultima
settimana e nel mese precedente ( nel 48% dei casi ). Secondo Capstik l’80% dei suoi pazienti si
era rivolta al proprio medico nel mese precedente l’atto autolesivo.
Nella metà dei casi il gesto suicidario è stato anticipato da fenomeni rilevati dal proprio medico ( M.
de Vanna e coll. 1991 ).
FATTORI DI ALTO RISCHIO PER IL SUICIDIO
Sono ad alto rischio di suicidio adolescenti che hanno tentato negli ultimi 3 mesi il suicidio e che
sono clinicamente depressi
Per il sesso maschile:
Età uguale o maggiore di 15anni
Precedenti tentativi di suicidio
Disturbi psichiatrici ed in particolare disturbi dell’umore ( associati a disturbo del controllo degli
impulsi ).
Uso di droghe. alcool
Per il sesso femminile:
Disturbi psichiatrici ed in particolare disturbi dell’umore (associati a disturbo del controllo degli
impulsi )
Precedenti tentativi di suicidio
CONDIZIONI DI RISCHIO IMMEDIATO
Il rischio è immediato se sono associati più fattori di rischio e fattori precipitanti e il paziente
presenta un disturbo psichiatrico associato a depressione o alterazione dell’umore con stato di
agitazione/ irrequietezza/ impulsività/ abuso di sostanze.
a) Attenzione ai Segni clinici della Depressione
-Umore depresso per la maggior parte del giorno
-Marcata diminuzione di interesse o piacere per le tutte o quasi tutte le attività
-Perdita di peso o aumento di peso significativi
-Insonnia o ipersonnia quasi ogni giorno
-Agitazione o rallentamento motorio
-Faticabilità o mancanza di energia
-Sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi
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-Bassa autostima
-Sentimenti di disperazione circa il futuro
-Ridotta capacità di pensare , di concentrarsi, indecisione
-Pensieri ricorrenti di morte
-Irritabilità,
b) Attenzione ai Segni clinici dei disturbi maniacali e ipomaniacali
-Umore depresso per la maggior parte del tempo
-Umore elevato, espansivo, irritabile
-Autostima ipertrofica, grandiosità
-Diminuito bisogno di sonno
-Maggiore loquacità del solito, spinta a continuare a parlare
-Fuga delle idee
-Distraibilità
-Eccessivo coinvolgimento in attività multiple
-Agitazione o ipersessualità, aspetti di disinibizione
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Allegato n° 4
Epidemiologia e dati della letteratura rispetto ai comportamenti suicidari
I dati riguardanti i tentativi suicidari giovanili segnalano un costante aumento nel tempo tanto da
considerare il rischio di suicidio una vera e propria emergenza sanitaria. Anche il suicidio è aumentato
tra i bambini, almeno tra i maschi e specialmente tra gli adolescenti.
C’è una grande difformità dei tassi ufficiali di mortalità per suicidio a seconda della fascia d’età considerata,
del sesso, delle singole popolazioni e all’interno di una stessa popolazione.
Quasi sempre il fenomeno è sottostimato dal punto di vista quantitativo con un errore in difetto di circa il
30% ( McClure 1994; Mittendorfen-Rutz 2006 ): è diffusa la tendenza a “ mascherare” gran parte di questi
episodi per vergogna in ambito familiare e per motivi assai più seri e coinvolgenti nell’ambito carcerario e
militare, nelle comunità terapeutiche e nelle collettività in genere. All’interno di molti casi di morte violenta
( infortunio, incidente stradale, annegamento, arma da fuoco, avvelenamento, precipitazione, droga ) può
risultare difficile discriminare la volontarietà dall’accidentalità del fatto.
Ancora più difficoltosa e attendibile è la rilevazione dei tentati suicidi
Si stima che il rapporto tra tentati suicidi e suicidi realizzati in età adolescenziale superi il valore di 100:1,
secondo alcune stime addirittura 400-500:1.
Il suicidio rappresenta al giorno d’oggi, quasi ovunque nel mondo, la terza o quarta causa di morte tra gli
adolescenti e i giovani adulti; secondo alcuni autori è la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali.
In uno studio del 2006-2007( Olivero Ferraris et al. 2007 ) che ha coinvolto 532 adolescenti di età tra i 14 e i
24 anni ai quali è stata somministrata un’ intervista con domande aperte e chiuse su argomenti riguardanti il
suicidio giovanile, la maggior parte dei ragazzi si è dimostrata sensibile alla tematica del suicidio e ben
disposta a parlarne.
Su 532 ragazzi circa 1/3 aveva pensato seriamente alla possibilità di suicidarsi
Il 55% dei ragazzi con inclinazione omosessuale ha dichiarato di aver pensato seriamente almeno una volta
di togliersi la vita.
Rricerche svolte su adolescenti tramite self-report si ricavano percentuali di tentato suicidio comprese tra il
7 e il 9%; sono scarse le informazioni epidemiologiche, psicologiche e sociali per l’età inferiore. L’incidenza
di suicidio dei bambini tra i 5 e i 14 anni continua ad essere molto più bassa, rappresenta il 2% di tutti i
suicidi, ma si tratta di una valutazione minima perché la designazione ufficiale di morte per suicidio
generalmente richiede dimostrazione di intenzionalità. Perciò molti morti attribuite ad incidenti ( incidenti
stradali e con armi da fuoco ) potrebbero essere in realtà dei suicidi.
Secondo i dati forniti dall’OMS ( 2002 ) per quanto riguarda i suicidi di adolescenti di 15-24 anni, la
Federazione Russa è al primo posto della lista ( 32/100000), seguito dalla Finlandia, dalla Lituania e dalla
Lettonia, la Svezia segue con 10/100000
L’Italia insieme ad altre nazioni come la Grecia, la Spagna, la Gran Bretagna e il Portogallo ha tassi di
suicidio adolescenziale compresi tra 5 e 3 / 100000. Più grave è la situazione in Francia, in Germania,
nell’Europa dell’Est e soprattutto nei paesi asiatici, Giappone e Taiwan, soprattutto.
La tendenza al suicidio aumenta con l’aumentare dell’età.
Al Congresso della SINPIA del 2004 secondo E. Perulli emergeva che tra i ragazzi tra 15 e 24 anni :
• 7 ragazzi ogni 100.000 si suicidano, mentre l’incidenza tra le ragazze è di 1,4
• 3 ragazzi ogni 1.000 tentano il suicidio contro 6 ragazze
• 1 ragazzo su 4 e una ragazza su 3 pensano al suicidio
Ogni 4 giovani con ideazioni suicidarie , uno ci prova , in maggioranza donne
In Italia ogni giorno 10 giovani tentano il suicidio mentre 2 lo portano a compimento ( P. Amadei et al. 2007
).
Il rischio di recidiva letale è alto e spesso sottostimato.
Circa il 30-40% di chi tenta il suicidio lo aveva già precedentemente tentato almeno un’altra volta.
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Almeno il 10% degli adolescenti che hanno tentato il suicidio sono destinati a morire di morte violenta nei
successivi 10 anni confermando la stretta relazione tra suicidio tentato e suicidio realizzato ( Pawlak C. et al
1998 ).
Il 90% dei tentati suicidi che coinvolgono gli adolescenti vengono attuati dalle ragazze , l’80% dei suicidi
realizzati da adolescenti riguardano i maschi.
Secondo dati ISTAT ( 1996 ) in Italia tra i mezzi utilizzati per il suicidio troviamo al primo posto
l’impiccagione ( 35.5% ), seguita dalle armi da fuoco ( 24.5% ), dalla precipitazione (22.2% ) e
dall’investimento (11.2%).
Negli Stati Uniti al primo posto troviamo le armi da fuoco ( 60% ).
Secondo i dati emersi al Congresso della SINPIA ( 2004 ) al primo posto ( 90% ) c’è l’avvelenamento da
farmaci o altre sostanze, poi il taglio delle vene, il gettarsi giù, l’impiccagione e il soffocamento.
Per il tentato suicidio il mezzo più utilizzato è l’avvelenamento per lo più da farmaci.
La MALATTIA PSICHIATRICA rappresenta il fattore di rischio più frequentemente presente nei casi di
suicidio (90% dei casi sec. Blumenthal 1988, Brent 1991 ).
Tra i soggetti di 5- 14 anni in trattamento psichiatrico ambulatoriale il tentativo di suicidio ricorre nel 12.8%
dei casi; nei minori ricoverati in reparti psichiatrici la percentuale aumenta sino al 26.2% ( Pfeffer C. R.
1980-1982 ).
Spesso coloro che tentano il suicidio o si suicidano consultano il medico di famiglia o altri medici nel corso
dell’ultimo anno nel 90% dei casi (Barraclough 1974 ), secondo Capstik l’80% dei suoi pazienti si era
rivolta al proprio medico nel mese precedente l’atto autolesivo. Nella metà dei casi il gesto suicidario è stato
anticipato da fenomeni rilevati dal proprio medico ( M. De Vanna e coll. 1991 ). Secondo quanto emerge
dalle interviste fatte ai ragazzi in uno studio del 2007 ( Oliverio Ferraris A.et al ) i ragazzi che pensano al
suicidio nella maggior parte dei casi non ne parlano con nessuno o se decidono d aprirsi o chiedere aiuto si
rivolgono in primo luogo ad un coetaneo piuttosto che ai genitori o ad altri adulti. Questo dato è
particolarmente importante ai fini dell’elaborazione di strategie preventive ed indica la necessità di educare i
ragazzi stessi a cogliere i primi segni di disagio nei coetanei e a fornre un sostegno
Dati tratti da uno studio compiuto in Inghilterra su casi di suicidio di adulti ( segnalato da M. Sanza 2010 )
• Il 24% dei suicidi ha luogo nel corso della I settimana di ricovero
• Il 41% nei giorni in cui si sta pianificando la dimissione
• Il 51% dei suicidi occorsi in ospedale si sono verificati alla sera o durante la notte
• Il 31% dei suicidi in ambiente ospedaliero sono stati considerati evitabili
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Allegato n.5
SETTING DI VALUTAZIONE
a) Colloquio di accettazione
E’ un momento importante perché si tratta del primo impatto che i genitori e il paziente hanno con
la Struttura: il paziente è infatti un minore e in quanto tale è accompagnato durante la degenza dal
genitore: particolare attenzione deve essere pertanto posta alle comunicazioni che vengono date ai
genitori in considerazione dei livelli di sofferenza e di difficoltà che possono essere presenti, in
relazione alle problematiche del figlio.
Una prima valutazione durante il colloquio iniziale con i genitori delle competenze educative e
gestionali, delle reazioni emotive, delle risorse, delle capacità, della consapevolezza e del senso di
responsabilità presenti è il primo passo per avviare un’alleanza tra i genitori e il Medico referente,
per promuovere e valorizzare per quanto possibile le funzioni genitoriali ma anche per attivare
presidi di supporto al genitore durante la degenza, al fine di garantire il buon andamento del
ricovero anche in termini di sicurezza.
Il Medico informa sia nel colloquio iniziale che nei successivi i genitori su come si articola la
giornata, sull’ iter clinico-diagnostico, sulle pratiche terapeutico- farmacologiche, sugli ambienti;
sollecita a pensare al loro contributo durante la degenza del figlio ma anche alle loro responsabilità;
l’intento è quello di rendere i genitori maggiormente attivi e partecipi rendendoli consapevoli
dell’importanza di chiedere agli Operatori del reparto informazioni, spiegazioni, chiarificazioni,
aiuto e sostegno durante tutto il ricovero. I genitori devono poter dare il loro consenso rispetto agli
interventi che vengono proposti dagli Operatori della Struttura durante la degenza ma anche nei
momenti di crisi e durante gli agiti violenti. Nelle situazioni critiche nelle quali vengono attivati
agiti pericolosi, soprattutto quando sono presenti particolari conflitti genitore-figlio, il genitore
viene invitato a delegare agli Operatori la gestione educativa del figlio durante la crisi di agitazione,
deve poter dare la sua autorizzazione, nei casi di estrema gravità, alla contenzione farmacologica
I genitori non devono sentire mai diminuita in qualche modo la loro autorità e la loro responsabilità
rispetto al figlio, né il rispetto della persona.
I genitori dei pazienti ricoverati devono essere informati sul rischio di suicidio del loro figlio, dei
possibili rischi presenti in reparto e su come agire. Viene dato al genitore al momento
dell’accettazione burocratica una brochure esplicativa e un elenco di consigli: 10 suggerimenti a
genitori e pazienti ricoverati
b) La raccolta anamnestica vene effettuata con i genitori o familiari del paziente, deve prendere in
considerazione:
1) la storia precoce ed attuale dello sviluppo del paziente: aspetti psicologici e psichiatrici,
pregresse diagnosi psichiatriche e tipi di trattamenti farmacologici e riabilitativi
2) narrazione e informazioni su eventuali tentativi di suicidio precedenti.
3) la situazione familiare: separazione dei genitori, morte o allontanamento di un genitore, tentativi
di suicidio in famiglia, disturbi dell’umore, alcoolismo, uso di droghe o altre patologie
psichiatriche nel gentilizio, contrasti familiari, situazione socio-economica, condizioni di
emarginazione, emigrazione, carcere ecc.
4) eventi traumatici subiti
5) grado di socializzazione
6) profitto scolastico
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7) abuso di sostanze ( droghe, alcool )
c) La valutazione psichiatrica deve essere fatta con la dovuta attenzione, dopo il tentativo di
suicidio il paziente può negare ogni problema, perché la grave depressione che porta al gesto
suicida è seguita in genere da un breve periodo di elevazione del tono dell’umore, un effetto
catartico che spiega anche perché i tentativi ulteriori di suicidio raramente seguono subito quello
iniziale. Tuttavia il rischio che un altro tentativo riesca è alto, finchè non si risolvono i problemi del
paziente. Questo ha bisogno di sentire una fonte di aiuto forte, sicura da parte di un medico che
fornisce attenzione empatica, esprime preoccupazione, impegno e comprensione rispetto alla sua
sofferenza.
La valutazione psichiatrica ha la finalità di identificare gli aspetti psicopatologici del paziente ma
anche di indagare per quanto è possibile sulle problematiche socio-ambientali e sui problemi che
hanno contribuito al tentativo di suicidio quando questo sia avvenuto e quando questo sia possibile;
dall’esito della valutazione e dell’osservazione che viene allargata anche a contesti di tipo educativo
e/o psicologico quando possibili, viene poi avviata la programmazione degli interventi.
Nella valutazione della gravita del rischio si deve tener conto sia di quanto emerge dalla
comunicazione verbale sia nel caso di bambini di quanto emerge dalla comunicazione extraverbale:
occorre fare molta attenzione ai cambiamenti emotivi che compaiono in associazione al ricordo del
tentato suicidio così come a quanto viene trasmesso durante il gioco.
Nel caso di pazienti che hanno già tentato il suicidio nei colloqui col bambino o con l’adolescente è
importante cercare di comprendere le ragioni del tentativo di suicidio e la letalità del tentativo
stesso: devono essere valutati il grado di premeditazione ( per esempio se il paziente ha scritto un
messaggio ) e il metodo usato, la gravità delle lesioni e le circostanze o i fattori immediatamente
precipitanti il tentativo.
E’ particolarmente importante favorire ed ascoltare quando è possibile la narrazione dell’evento
che in genere avviene raramente durante la prima visita, quando accade è importante capire il
contesto dove il tentativo è avvenuto, gli eventi che lo hanno preceduto e le circostanze nelle quali
si è verificato.
Nel corso delle visite e dei colloqui con il paziente durante la degenza si valutano anche le difficoltà
e i problemi attuali, si possono evidenziare dinamiche e relazioni familiari e personali che spesso
sono collegate al tentativo di suicidio, valutare in maniera più approfondita lo stato mentale del
paziente, con particolare riguardo alla rilevazione di un disturbo psichiatrico ( depressione,
borderline, bipolare ecc. ), nonché all’abuso di droghe, alcool o altre sostanze che richiedono
trattamenti specifici.
Vanno ascoltati attraverso colloqui i genitori e talora anche altri familiari ( fratelli ecc. ), infine
vanno presi contatti con gli Operatori di riferimento a livello Territoriale: il Neuropsichiatra
Infantile e/o il Medico di famiglia, i Servizi Sociali.
Nelle primi giorni di ricovero per ogni paziente ed in particolare per i pazienti a rischio sono
previste, quando possibili in base alle condizioni cliniche del paziente, valutazioni psichiatriche
anche con somministrazioni di test, osservazioni di gioco, osservazioni pedagogiche osservazioni
psicologiche.
Per il paziente adolescente possono essere somministrate durante la valutazione psichiatrica Scale,
Questionari tra cui C-SSRS, CBCL, CDI, eventualmente K-SADS.
Per il bambino: osservazione di gioco, C-SSRS
Per i genitori: CBCL, K-SADS, colloqui.
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d) La valutazione della terapia farmacologica
La terapia farmacologica va scelta, valutata o modificata in base ai sintomi ed ai disturbi che il
paziente presenta. Trattandosi di pazienti di età inferiore ai 18 anni la terapia viene concordata con i
genitori e talora è necessario il consenso informato.
Gli antidepressivi triciclici non dovrebbero essere somministrati come farmaco di prima scelta, i
farmaci SSRI richiedono un attento monitoraggio per evidenziare l’eventuale comparsa di nuova
ideazione suicidaria e di acatisia ( MS ). La terapia farmacologica avviata durante
l’ospedalizzazione deve essere monitorata dai colleghi dei Servizi Territoriali e devono essere
subito annotati cambiamenti di comportamento o comparsa di effetti collaterali ( MS ).
e) La valutazione sociale
L’Assistente Sociale Ospedaliero fa parte dell’equipe multi professionale e può intervenire nella
prima fase di accoglienza, durante la degenza e soprattutto nella fase della dimissione, collaborando
nel passaggio del caso agli Operatori Competenti per Territorio.
L’AS esplica la sua funzione attraverso lo svolgimento di colloqui con la famiglia del paziente,
contatti con i Servizi del Territorio e valutazione della documentazione sociale e giuridica inviata
dai Servizi Territoriali o dall’Autorità Giudiziaria.
Dopo una prima riunione di équipe, dove l’AS riceve le prime informazioni sul caso da parte del
personale medico, procede con i colloqui con la famiglia e con la raccolta delle informazioni
necessarie nei casi in cui i genitori esprimano il loro assenso e ve ne sia effettiva necessità.
Il colloquio sociale
L’obiettivo del colloquio sociale con la famiglia del paziente è quello di contribuire a raccogliere e
approfondire le informazioni riguardanti gli aspetti anagrafici, socio-culturali e ambientali, la storia
familiare e personale del paziente e della sua famiglia. Tali informazioni possono essere raccolte nei
colloqui durante il ricovero e/o attraverso tempestivi contatti con i Servizi Sociali Territoriali, e
vanno condivisi all’interno della riunione di équipe.
Il colloquio sociale va svolto tenendo conto della delicata situazione che si presenta, dell’elevato
livello di sofferenza presente, in relazione alle problematiche del minore e della sua famiglia.
f) La valutazione pedagogica rappresenta un ulteriore spazio osservativo oltre che dei
funzionamenti globali del bambino e dell’adolescente ricoverato, delle modalità di porsi
nell’ambiente, nel gruppo dei pari e in relazione ad una figura educativa, si avvale di prove
specifiche diversificate per patologia e per paziente in un contesto sia strutturato ( valutazione
livello e stile di apprendimento ) che libero ( gioco, attività ricreative di gruppo ecc. ).
g) La valutazione psicologico-cognitiva valuta in un contesto individuale o in presenza dei
genitori sia i funzionamenti cognitivi e metacognitivi che le problematiche emotivo-affettivocomportamentali sia in situazione strutturata ( test cognitivi e proiettivi ) che libera ( colloquio o
gioco ).
I CONTATTI CON I SERVIZI TERRITORIALI
Nel caso in cui la situazione sia già in carico al Servizio Territoriale il contatto con gli Operatori (
Passaggio di consegne/Handover) precede il ricovero del paziente da loro richiesto, fornisce
preziose informazioni sul periodo precedente il ricovero (contatti avuti con la famiglia, interventi in
corso, interventi del TM, ecc…).
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Nel caso in cui la situazione non sia conosciuta, va avviato concordemente con i genitori, il
coinvolgimento dei Servizi già durate il ricovero e soprattutto al momento della dimissione (
assicurando la nostra collaborazione secondo la nostra Procedura dell’Handover/ Dimissione
protetta).
Durante il ricovero e in fase di dimissione.
Durante il ricovero va favorita, nel rispetto dei tempi di recupero del paziente e della sua famiglia,
una ripresa dei contatti (o un primo contatto) con i Servizi Territoriali Competenti con i quali vanno
anche individuate le prospettive future.
In fase di dimissione i Servizi Territoriali (Sanitari ed eventualmente Sociali) devono prendere in
carico la situazione del minore e della sua famiglia proponendo al paziente un progetto di tutela e
recupero della situazione, possibilmente in continuità e tenuto conto delle indicazioni fornite dalla
équipe ospedaliera ( Incontri finalizzati al Ppassaggio di consegne, alla Dimissione protetta,
allacCompilazione Scheda Handover ).
In ogni caso la famiglia andrebbe incoraggiata e coinvolta nei contatti con i Servizi per favorire una
buona collaborazione al momento della dimissione e per facilitare il lavoro di cura territoriale.
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Diagramma di Flusso
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Allegato n°6
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Protocollo Operativo 22
PERCORSO ASSISTENZIALE NEL DISTURBO DA DEFICIT DI
ATTENZIONE ED IPERATTIVITÀ (ATTENTION DEFICIT
HYPERACTIVITY DISORDER, ADHD)
Revisioni del Protocollo Operativo
Rev. N°
0
1
FASI
NOME
Dr.ssa G. D’Acunto
REDATTO
Data
25/06/2012
27/06/2014
FUNZIONE
NPI
DATA
27/06/2014
Dr.ssa F. Lenzi
NPI
27/06/2014
Dr.ssa F. Liboni
NPI
27/06/2014
Dr.ssa A. Manfredi
NPI
27/06/2014
Dr.ssa C. Pfanner
NPI
27/06/2014
Dr.ssa F. Ricci
Psicologo
27/06/2014
Dr.ssa A. Tacchi
Psicologo
27/06/2014
VERIFICATO
Dr. G. Masi
Primario UO2
27/06/2014
APPROVATO
Dr. G. De Vito
Direttore Sanitario
27/06/2014
EMESSO
Coordinatore
Infermieristico
S. Matteucci
Responsabile sistema
Qualità e
Accreditamento
27/06/2014
FIRMA
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INTRODUZIONE
Nella pratica clinica è frequente la richiesta di una consulenza neuropsichiatria infantile a causa di
manifesta presenza di sintomi di iperattività, impulsività e inattenzione, segnalati soprattutto da
genitori e insegnanti. Le cause di tali sintomi possono essere molteplici e non sempre facilmente
inquadrabili e definibili a priori. E’ fondamentale considerare che tali sintomi, oltre a poter essere
manifestazioni secondarie a disagio familiare e/o scolastico, disturbi d’ansia e/o dell’umore, ritardo
cognitivo, disturbi organici, terapie farmacologiche, ecc., possono indicare la presenza di un vero e
proprio Disturbo da Deficit Attentivo con Iperattività, noto anche in Italia come ADHD, acronimo
inglese per Attention Deficit Hyperactivity Disorder. Il Disturbo da Deficit Attentivo con
Iperattività è infatti una delle patologie psichiatriche più frequenti ad esordio in età evolutiva. In
Europa, ed in Italia in particolare, fino a non molti anni fa, l’utilizzo di differenti criteri di
classificazione dei disturbi psichici, ha fatto fa si che questo disturbo venisse più raramente
diagnosticato e ancora più raramente trattato in maniera efficace. Il disturbo, che può essere
osservato con differenti manifestazioni cliniche dall’età prescolare all’età adulta, coinvolge e può
compromettere numerose aree dello sviluppo e del funzionamento sociale del bambino,
predisponendolo ad altra patologia psichiatrica e/o disagio sociale nelle successive età della vita.
L’aspetto più importante di questo disturbo è che può essere trattato con successo.
Criteri diagnostici
I sistemi di classificazione che stabiliscono i criteri per formulare la diagnosi sono il Manuale
Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali della Associazione degli Psichiatri Americani
(Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders; DSM-IV, APA 1994) e la Decima Edizione
del Sistema di Classificazione dei Disturbi Psichiatrici dell’Organizzazione Mondiale della Sanità
l’International Classification of Disease (ICD-10).
Secondo i criteri del DSM-IV, il Disturbo da Deficit Attentivo con Iperattività è caratterizzato da
due gruppi di sintomi o dimensioni psicopatologiche definibili come inattenzione e
impulsività/iperattività.
L’inattenzione o facile distraibilità tende a presentarsi in particolare come scarsa cura per i dettagli
ed incapacità a portare a termine compiti o giochi intrapresi. Da tale sintomo deriva la
compromissione dell’attenzione focale, che consente di prestare attenzione su uno stimolo
determinato, trascurando i particolari irrilevanti e non utili al compito in corso, o dell’attenzione
sostenuta e cioè della capacità di mantenere l’attenzione attiva nel tempo durante lo svolgimento di
attività scolastiche, nei compiti a casa, nel gioco o in semplici attività quotidiane: alcuni bambini
iperattivi sembrano avere una riserva attentiva di non più di 10 minuti.
Ogni stimolo esterno può essere fonte di distrazione, talvolta anche seguire un discorso rappresenta
una attività che supera le possibilità attentive del soggetto. Tipicamente questi bambini hanno
difficoltà a portare a termine un compito e cercano di evitare impegni che richiedano uno sforzo
prolungato nel tempo. È tuttavia possibile che alcune attività che attirano l’interesse e la
motivazione del bambino siano compatibili con un tempo di applicazione maggiore (es. nel disegno,
o in particolari giochi elettronici).
L’impulsività può essere definita come l’incapacità di procrastinare nel tempo la risposta ad uno
stimolo esterno o interno. In genere i bambini che hanno come tratto saliente l’impulsività
rispondono senza riflettere, non riescono ad aspettare il proprio turno nelle attività quotidiane o nei
giochi; spesso si lasciano coinvolgere in attività pericolose senza valutare adeguatamente le
conseguenze (provocando talvolta danni fisici a sé stessi o ad altri). Sul piano cognitivo
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l’impulsività si esprime nella incapacità di bloccare risposte automatiche. Frequentemente
l’impulsività perdura nel tempo più di altri sintomi e caratterizza il funzionamento dell’adolescente
o dell’adulto ADHD.
L’impulsività è generalmente associata ad iperattività: questi bambini vengono riferiti "come mossi
da un motorino", non riescono a star fermi, se seduti si muovono con le mani o i piedi, hanno
frequentemente l’esigenza di alzarsi e muoversi senza uno scopo o un obiettivo preciso. Ogni
attività ludica è effettuata in modo rumoroso o movimentato, senza rispetto di regole, accompagnata
da eccessive verbalizzazioni, come se il bambino fosse animato da un’energia interna inarrestabile.
A questo si accompagna una sensazione interna soggettiva, di tensione, pressione, instabilità, che
deve essere scaricata (tale sensazione soggettiva diventa spesso prevalente in adolescenza o in età
adulta, quando si riduce l’iperattività motoria).
Per poter fare diagnosi di ADHD, secondo il DSM-IV, occorre che siano osservabili almeno sei dei
nove sintomi di inattenzione e/o iperattività, che i sintomi abbiano un esordio prima dei sette anni
d’età, durino da più di sei mesi, siano evidenti in almeno due diversi contesti della vita del bambino
(casa, scuola, ambienti di gioco) e, soprattutto, causino una significativa compromissione del
funzionamento globale del bambino (1- 4).
Il DSM-IV distingue tre forme cliniche: prevalentemente inattentiva (almeno 6 sintomi di
inattenzione, ma meno di 6 sintomi di iperattività-impulsività), prevalentemente iperattiva (almeno
6 sintomi di iperattività-impulsività, ma meno di 6 sintomi di inattenzione), combinata (almeno 6
sintomi di iperattività-impulsività e di inattenzione). Il fatto che i sintomi dell’impulsività e quelli
dell’iperattività siano inseriti nello stesso gruppo fa sì che un soggetto possa avere un ADHD anche
senza alcun segno di impulsività. Le tre forme cliniche non debbono essere considerate in modo
troppo rigido: nel corso dello sviluppo, lo stesso soggetto può evolvere da una categoria all’altra
manifestando nelle varie fasi d’età le tre differenti dimensioni psicopatologiche in modo variabile.
Nella classificazione diagnostica dell’ICD-10 il Disturbo Ipercinetico, viene oggi considerato simile
al disturbo da Deficit Attentivo con Iperattività di tipo combinato (Inattenzione +
Iperattività/Impulsività ADHD-C) come indicato nei criteri del DSM-IV. La diagnosi di Disturbo
Ipercinetico,secondo l’ICD-10, richiede la contemporanea presenza di sintomi di inattenzione,
iperattività ed almeno un sintomo di impulsività, tendendo ad escludere le diagnosi di comorbidità.
Inoltre, l’ICD-10, non prevede alcuna categoria diagnostica corrispondente all’ADHD di tipo
prevalentemente inattentivo del DSM-IV. Poiché anche nei casi di prevalente inattenzione è
presente una significativa compromissione funzionale ed è osservabile una sensibile risposta alle
terapie farmacologiche, appare opportuno valutare clinicamente questi pazienti utilizzando il DSMIV anziché l’ICD-10.
Gli interventi psicoeducativi.
La diversa percezione del tempo, l’incapacità a frenare le proprie reazioni immediate, la difficoltà a
pianificare e controllare i propri comportamenti fanno si che i bambini con ADHD manchino di
quel savoir faire sociale che consente di modulare le relazioni interpersonali, ricevere gratificazioni
ed integrarsi socialmente con i coetanei e gli adulti. Ciò causa frequentemente senso di
inadeguatezza, bassa autostima, bassa soglia alle frustrazioni.
Il ruolo dei genitori nella gestione di tali sintomi è cruciale: gli interventi mirano a favorire la
comprensione delle modalità di interazione con il bambino e l'acquisizione di maggiori competenze
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educative e relazionali; inoltre la ripetizione nel tempo di attività piacevoli di collaborazione
genitore-figlio può essere un valido mezzo a disposizione dell'adulto per poter condividere alcuni
interessi del bambino, e per poter sperimentare un rilassante clima di interazioni positive, utile
anche per cancellare il segno dei conflitti trascorsi.
Sulla base di quanto sopra esposto appare evidente come gli interventi psicoeducativi sul bambino
abbiano lo scopo di insegnargli a riconoscere i problemi, generare soluzioni alternative, pianificare
procedure per risolvere le situazioni critiche (problem solving), acquisire un dialogo interno che lo
guidi alla soluzione delle situazioni problematiche, auto-osservare le proprie esperienze e le proprie
emozioni, soprattutto in coincidenza di eventi stressanti e, successivamente, esprimere una serie di
risposte alternative adeguate al contesto in grado di sostituire gli atteggiamenti impulsivi e
aggressivi.
I bambini con ADHD possono essere aiutati mediante un'adeguata strutturazione ed organizzazione
dell'ambiente in cui vivono. Genitori e insegnanti possono anticipare gli eventi al posto loro,
scomponendo i compiti complessi in azioni semplici e concordando piccoli premi ed incentivi dopo
brevi sessioni di lavoro svolte con impegno. È importante che genitori ed insegnanti siano (o
divengano) dei buoni osservatori, imparando ad analizzare ciò che accade intorno al bambino
prima, durante e dopo il loro comportamento inadeguato o disturbante, e rendendo comprensibili al
bambino il tempo, le regole e le conseguenze delle azioni.
La terapia farmacologica dell’ADHD.
a)
Psicostimolanti: metilfenidato (Ritalin)
Gli psicostimolanti sono considerati a tutt’oggi la terapia più efficace per bambini, adolescenti ed
adulti con ADHD. L’efficacia e la tollerabilità degli psicostimolanti è stata descritta per la prima
volta da Bradley nel 1937, ed è stata documentata da circa 60 anni di esperienze cliniche. Il
metilfenidato è lo psicostimolante più utilizzato. Questo farmaco mostra la sua attività clinica dopo
circa trenta minuti dalla somministrazione orale, raggiunge il picco di concentrazione e attività dopo
un’ora, la sua azione terapeutica dura circa 3-5 ore. Il farmaco viene quindi solitamente
somministrato 2-3 volte al giorno (0.3-0.6 mg/kg/dose). L’efficacia clinica degli psicostimolanti
permane costante anche nel corso di terapie prolungate per anni..
Gli psicostimolanti agiscono sui trasportatori per le monoamine: il metilfenidato modula soprattutto
la quantità di dopamina, e di noradrenalina, presente nello spazio inter-sinaptico. A seconda delle
situazioni e dei modelli sperimentali, tali farmaci sono in grado di potenziare una trasmissione
dopaminergica deficitaria, e di attenuare uno stato di iperattività dopaminergico. Numerosi studi
hanno dimostrato che il metilfenidato è in grado di migliorare l’inibizione delle risposte (misura
neuropsicologica dell’autocontrollo), la memoria di lavoro ed i processi di discriminazione degli
stimoli: tali azioni appaiono correlate ad una diminuzione del flusso ematico nella corteccia
prefrontale dorso-laterale e parietale posteriore. Numerosi studi controllati effettuati su bambini ed
adolescenti, hanno dimostrato, mediante l’uso di scale di valutazione per genitori o insegnanti e di
valutazione clinica da parte del neuropsichiatra infantile che gli psicostimolanti migliorano in
maniera consistente, rapida e duratura i sintomi dell’ADHD quali impulsività, inattenzione ed
iperattività e che tale effetto risulta statisticamente significativo anche quando i soggetti non sono
accuratamente definiti, i gruppi studiati sono poco numerosi ed i dosaggi dei farmaci non omogenei.
L’efficacia clinica degli psicostimolanti permane costante anche nel corso di terapie prolungate per
anni.
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Gli effetti collaterali degli psicostimolanti, e del metilfenidato in particolare, sono in genere modesti
e facilmente risolvibili. I più comuni sono diminuzione di appetito, insonnia e mal di stomaco:
l'insonnia può essere prevenuta evitando le somministrazioni serali, la mancanza di appetito e i
disturbi gastrointestinali somministrando il farmaco dopo i pasti. Quando il farmaco è
somministrato correttamente, perdita di peso o ritardo dell'accrescimento, cefalea e dolori
addominali sono rari, temporanei e raramente impongono la modifica o la sospensione della terapia.
In individui predisposti, gli psicostimolanti possono indurre o peggiorare movimenti involontari,
tics ed idee ossessive. In alcuni bambini, gli psicostimolanti possono indurre variazioni rapide del
tono dell’umore con aumento o diminuzione dell’eloquio, ansia, eccessiva euforia, irritabilità,
tristezza (disforia). Questi sintomi sono più frequenti negli adulti che assumono psicostimolanti; nei
bambini, dosi elevate di farmaco possono indurre, paradossalmente sedazione e diminuzione delle
capacità di apprendimento. Occorre peraltro considerare che tale bassa incidenza di effetti
collaterali emerge da studi a breve termine anche se su un elevato numero complessivo di bambini:
gli studi di tossicità a lungo termine (più di due anni) sono ancora relativamente limitati. L’uso della
pemolina è in genere limitato dal rischio di epatotossicità.
b) I farmaci noradrenergici: Atomoxetina (Strattera)
Numerosi farmaci in grado di bloccare in maniera più o meno selettiva la ricattura della
noradrenalina sono risultati particolarmente efficaci nella terapia dell’l'ADHD. Il sistema
noradrenergico modula la funzione di numerose aree cerebrali (corteccia prefrontale, parietale e del
cingolo, ippocampo, talamo, caudato e putamen) coinvolte nei meccanismi di vigilanza, allerta ed
attenzione. Tale sistema neurotrasmettitoriale è in grado di modulare il mantenimento dell’arousal,
l’inibizione delle risposte automatiche e, più in generale, la memoria di lavoro. Numerosi farmaci
sono in grado di modulare la funzione noradrenergica. L’efficacia di questi farmaci sui sintomi
dell’ADHD è stata provata da un numero variabile di studi controllati o in aperto (fino ad alcune
decine a secondo del farmaco considerato).
Uno di questi farmaci, l’atomoxetina è stato sviluppato anche nella fase preclinica (tossicologia ed
effetti su accrescimento corporeo e maturazione sessuale e cerebrale) specificamente come farmaco
per l’età evolutiva ed è stato approvato per l’uso clinico in Italia. Numerosi studi controllati condotti
sia su adulti, che su bambini ed adolescenti con dosi 1-1.8 mg/kg/die in una-due somministrazioni
giornaliere, hanno dimostrato che l’atomoxetina presenta un’efficacia simile a quella degli
psicostimolanti con minori effetti collaterali (la diminuzione dell’appetito è in genere quello più
frequente) e nessun potenziale d’abuso.
PERCHE’ UN PERCORSO PER L’ADHD NELL’IRCCS STELLA MARIS?
La scelta di individuare l’ADHD come patologia idonea per la definizione di un percorso
diagnostico e soprattutto terapeutico è legata alla crescente frequenza della diagnosi di ADHD, al
fatto che l’IRCCS Stella Maris è stato tra i centri iniziali di riferimento per lo studio di tale disturbo,
e che il dott. Masi è stato l’estensore (con il prof. Alessandro Zuddas dell’Università di Cagliari)
delle linee guida della Società Italiana di Neuropsichiatria Infantile per la diagnosi ed il trattamento
dell’ADHD e che è membro sin dalla sua costituzione del Comitato Scientifico dell’Istituto
Superiore della Sanità (ISS) e dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per l’ADHD. Sulla base di
questa competenza il gruppo clinico e di ricerca dell’IRCCS Stella Maris ha effettuato e sta
effettuando diverse ricerche su vari aspetti della diagnosi, della prognosi e del trattamento
dell’ADHD, finanziate dall’AIFA o industrie farmaceutiche (in particolare la Eli Lilly).
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Sulla base di tale competenza nel corso dei primi anni 2000 il nostro gruppo, assieme a quello di
Cagliari, ha avuto dal Ministero della Salute l’autorizzazione alla importazione controllata di
metilfenidato dalla Svizzera, anni prima della sua introduzione sul mercato italiano, ed ha inoltre
maturato una esperienza circa l’uso di atomoxetina, anche in questo caso anni prima della sua
introduzione sul mercato italiano, attraverso la partecipazione a ricerche internazionali. L’afferenza
di bambini ed adolescenti con ADHD è per le ragioni suddette è andata accrescendosi, sia per la
formulazione della diagnosi e dei progetti di intervento, sia per la gestione della terapia
farmacologica.
Nel 2007, in corrispondenza con la introduzione sul mercato italiano di metilfenidato (Ritalin) ed
atomoxetina (Strattera), è stata definita una normativa di controllo per la prescrizione ed il
monitoraggio attivo dei trattamenti farmacologici. Tale normativa prevede che la prescrizione ed il
controllo delle prime somministrazioni dei farmaci possa avvenire solamente in Centri di
Riferimento regionali, individuati dalle singole regioni sulla base della presenza di requisiti di base,
definiti dalla legge stessa. L’IRCCS Stella Maris è stato nominato dalla Regione Toscana Centro di
Riferimento per la terapia farmacologica dell’ADHD. La procedura che compete ai Centri di
Riferimento quale il nostro, nel caso di inserimento di un bambino o adolescente in terapia
farmacologica, prevede un percorso definito, con inserimento dei dati da parte del Centro di
Riferimento nel primo mese ed almeno ogni 6 mesi, e da parte del Centro di Riferimento o del
Neuropsichiatria Infantile territoriale o del Pediatra di Libera Scelta, tramite password, in un
sistema informatico, il cosiddetto Registro Italiano dell’ADHD, coordinato dall’Istituto Superiore di
Sanità, per il monitoraggio costante dell’intera popolazione italiana in trattamento, al fine di operare
una farmacovigilanza attiva dei trattamenti. Al monitoraggio di tale Registro presiede l’Agenzia
Italiana del Farmaco, ed in modo più diretto l’Istituto Superiore di Sanità, attraverso un comitato di
controllo, di cui fa parte il dott. Masi.
Tale complessità clinica e normativa, associata alla crescente affluenza di tali pazienti al nostro
centro, sottolinea l’opportunità di una più chiara definizione del percorso, che armonizzi le esigenze
di buon funzionamento dell’IRCCS, le esigenze dei pazienti, ed il rispetto della legge in vigore.
L’ADHD per definizione deve manifestare i suoi sintomi entro i primi sette anni di vita, ma tali
sintomi possono essere evidenti già nei primi tre anni, con gravi difficoltà di gestione di tali
bambini in ambito familiare, o tra i 3-6 anni, con grave interferenza nei rapporti sociali all’interno
della scuola materna. Le maggiori difficoltà si manifestano con l’ingresso nella Scuola Elementare,
e persistono spesso nel corso della adolescenza, complicandosi con altre comorbidità internalizzanti
(ansia, depressione) o esternalizzanti (disturbo oppositivo-proocatorio, disturbo della condotta).
Quindi l’utenza di soggetti affetti dal disturbo si estende su tutto l’ambito della età evolutiva.
Nei primi anni di vita la diagnosi differenziale con altre patologie non è sempre agevole, ma
soprattutto in questi primi anni si giocano molte delle possibilità evolutive del disturbo. La corretta
gestione della comunicazione della diagnosi alla famiglia, agli operatori territoriali e scolastici che
prenderanno in carico il bambino, l’avvio di interventi terapeutici e riabilitativi sono elementi in
grado di influenzare l’evoluzione del disturbo.
Nonostante queste diversità nell’ambito della stessa patologia i percorsi diagnostici possono essere
considerati sufficientemente omogenei, così come le procedure nel caso di inizio di terapia
farmacologica (che per definizione non può avvenire prima dei 6 anni di età).
Anche se tale percorso di riferimento non è una linea guida, esso deve comunque tener conto dei
dati contenuti nelle linee guida (inclusi i dati scientifici aggiornati), e rappresentare una loro
implementazione nel mondo reale, o quanto meno quanto dovrebbe avvenire nella situazione ideale
tra quelle realmente possibili nella nostra realtà clinica, in ottemperanza al principio della “best
practice” (“percorso obiettivo”), anche se non sempre esistono le condizioni per cui tale percorso
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possa essere realizzato nella sua completezza. Inoltre come detto il percorso tiene conto di quanto
esplicitamente previsto nel caso del trattamento farmacologico dalla legge che regola le modalità di
prescrizione e monitoraggio.
Naturalmente essendo implicito nella gestione del paziente con ADHD il rapporto con il
neuropsichiatria infantile e/o il pediatra di riferimento, parte del percorso riguarda lo stabilirsi ed il
mantenersi di contatti (diretti e/o telefonici e/o via e-mail) con tali figure. Inoltre, data la cruciale
implicazione della scuola nel percorso terapeutico e riabilitativo di quasti bambini, anche i contatti
con gli operatori scolastici sono previsti, nella fase di diagnosi e talvolta nel follow-up.
Nel corso dell’anno 2007 il lavoro è proseguito quindi da una parte lungo la direttrice della
costruzione del percorso obbiettivo, dall’altra lungo la direttrice della costruzione del percorso di
massima .
Protocollo per una corretta diagnosi
Principi generali.
La diagnosi di ADHD è in ogni caso essenzialmente clinica e si basa sull’osservazione clinica e
sulla raccolta di informazioni fornite da fonti multiple e diversificate quali genitori, insegnanti,
educatori. Il disturbo va sempre differenziato dalla vivacità dei bambini normali, dalle condizioni
legate esclusivamente a contesti sociali svantaggiati, ad esperienze traumatiche (abuso, neglect), ad
atteggiamenti educativi incongrui ed a modelli sociali o familiari fortemente caratterizzati da
impulsività. Il consenso e la cooperazione dei genitori sono, d’altra parte, cruciali per la valutazione
del bambino in generale, in funzione della comprensione del bambino e degli interventi
psicoeducativi e terapeutici.
Non esistono test diagnostici specifici per l’ADHD: i tests neuropsicologici, i questionari per
genitori ed insegnanti, le scale di valutazione sono utili per misurare la severità del disturbo e
seguirne nel tempo l’andamento; spesso sono cruciali per individuare eventuali patologie associate
(disturbi d’ansia o dell’umore, disturbi specifici dell’apprendimento) e per studiare i meccanismi
neuro-biologici che ne sono alla base. L’iperattività motoria, il disturbo dell’attenzione ed il
comportamento impulsivo ed aggressivo possono essere sintomi di numerosi disturbi
psicopatologici. Occorre quindi sempre verificare se tali patologie possono da un lato simulare
l’ADHD (diagnosi differenziale), dall’altro essere associate all’ADHD (comorbidità). Studi
epidemiologici nordamericani mostrano che, sia in campioni clinici che di popolazione, circa 2/3
dei bambini con ADHD hanno un disturbo associato.
Occorre inoltre considerare che ogni forma di deficit sensoriale parziale, sia visivo che uditivo, può
determinare sia un disturbo dell’attenzione, sia un aumento della attività motoria. Disturbi
dell’espressione linguistica spesso si associano a disturbi dell’attenzione ed a iperattività, legati alla
difficoltà di esprimere compiutamente il proprio pensiero, ed alla difficoltà nell’usare il linguaggio
interno ed esterno come sostituto dell’azione. L’iperattività può essere considerata in questo caso
secondaria. L’ipertiroidismo può simulare un ADHD, ma esistono forme cliniche di ADHD
associate ad ipotiroidismo. Disturbi dermatologici, come ad es. l’eczema, possono produrre
comportamenti iperattivi. Forme più rare sono rappresentate dalla corea di Sydenham, che può
determinare una intensa iperattività. Occorre, inoltre, sempre considerare che la trascuratezza,
l’abuso, ma anche diversi farmaci (es. antiepilettici, farmaci cardiovascolari etc.) possono
compromettere le capacità attentive e di autocontrollo.
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Quando si sospetta che un bambino possa essere considerato come affetto da disturbo da deficit
attentivo con iperattività occorre:
- Raccogliere informazioni da fonti multiple (genitori insegnanti, educatori) utilizzando interviste
semistrutturate e/o questionari standardizzati sui diversi aspetti del comportamento e del
funzionamento sociale del bambino.
- Un colloquio (esame psichico) col bambino per verificare la presenza di altri disturbi associati;
anche in questo caso, le scale standardizzate di autovalutazione del bambino (ansia, depressione
etc.) possono essere utili.
- Valutare le capacità cognitive e l'apprendimento scolastico; valutare in maniera oggettiva le
capacità attentive, di pianificazione delle attività e di autocontrollo. Talvolta può essere utile
valutare la possibile presenza di disturbi del linguaggio.
- Effettuare l'esame medico e neurologico, valutando la presenza di eventuali patologie associate e
gli effetti di eventuali altre terapie in atto.
Un elenco di patologie e disturbi da considerare in diagnosi differenziale e’ riportato in tabella 2.
Occorre considerare che i sintomi di inattenzione ed iperattività osservabili a seguito di trauma
cranico o irradiazione del sistema nervoso centrale possono essere indistinguibili dall’ADHD
idiopatico: numerose evidenze indicano che tali forme rispondano agli psicostimolanti
(metilfenidato in particolare) in maniera simile ai sintomi dell’ADHD “primitivo”.
Questionari e Interviste Diagnostiche
Per la raccolta di informazioni vengono spesso utilizzati sia questionari che interviste
semistrutturate. Tali strumenti possono essere esclusivamente centrati sulla sintomatologia ADHD,
oppure spaziare sui diversi ambiti della psicopatologia, in modo da mettere a fuoco possibili
disturbi associati (es. disturbi dell’umore, disturbi d’ansia, disturbi della condotta).
I questionari maggiormente utilizzati, di cui esistono versioni italiane standardizzate od in corso di
standardizzazione sono:
1. Child Behavior CheckList (CBCL, Achembach 1991; validazione della versione italiana in
corso). Molto usata in studi epidemiologici, consente di definire e misurare un fattore “generale”
relativo ai disturbi “esternalizzanti” del comportamento,
2.
Conner’s Teacher, Rating Scale- Revised e Conner’s Parent Ratig Scale (CTRS-R, CPRS-R,
forme lunga “-L” e breve “-S”; Conners 1997; validazione della versione italiana in corso)
3.
Disruptive Behavior Disorder Rating Scale (DBD; Pelham 1992; versioni validate italiane:
SCOD-I e SCOD-G, Marzocchi et al. 2001; Marzocchi et al. (inviato per la pubblicazione)
4.
ADHD Rating Scale –IV (DuPaul et al; 1998, di cui esiste una versione italiana curata da
Marzocchi & Cornoldi)
5.
SNAP-IV (Swanson 1992; Conners et al. 2001)
Anche la somministrazione al bambino di scale di autovalutazione per ansia e depressione (ad
esempio: Multidimensional Anxiety Scale for Children, MASC, March 1997; Children Depression
Inventory, CDI, Kovacs, 1992) puo’ essere utile. E’ opportuno ricordare che le scale di valutazione
completate da genitori, insegnanti e dallo stesso bambino, non consentono di formulare una
diagnosi clinica: sono peraltro strumenti preziosi come complemento diagnostico per una
valutazione quantitativa, per valutare l’andamento clinico o la risposta ai trattamenti.
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Il loro utilizzo va sempre accompagnato dell’utilizzo delle interviste diagnostiche che esplorano
l’intera gamma della psicopatologia: cio’ consente di individuare eventuali patologie associate,
quali disturbi del comportamento (disturbo oppositivo-provocatorio, disturbo della condotta),
disturbi dell’umore (depressione e distimia, disturbo bipolare), disturbi d’ansia (ansia generalizzata,
panico, ecc.), disurbi di apprendimento, tic e disturbo ossessivo-compulsivo. Tra le piu’ utilizzate:
Kiddie-Schedule for Affective Disorders and Schizophrenia, Present and Life-time version (KSADS-PL; Kaufman 1997).
Diagnostic Interview for Children and Adolescents (DICA; Reich et al. 1997).
Parent Interview of Child Symptom (PICS-IV, Scachar 1996; di cui e’ in corso la validazione della
versione italiana).
Altri strumenti diagnostici
Non esistono test diagnostici specifici per l’ADHD: la caratterizzazione e misurazione delle
capacità di attenzione prolungata, di pianificazione, categorizzazione e di inibizione delle risposte
autamatiche (funzioni neuropsicologiche localizzate nei lobi frontali, vedi oltre) e dei processi di
apprendimento consentono una più precisa caratterizzazione della sindrome, ed una migliore
impostazione dei piani di trattamento. E’ sempre opportuno misurare il livello cognitivo del
soggetto con strumenti standardizzati (Matrici Progressive di Raven o, meglio, WIPPSI o WISC-R)
e valutare le capacità di scrittura, lettura e comprensione del testo (diagnosi differenziale con i
disturbi specifici dell’apprendimento che possono simulare, ma anche essere associati ad un
disturbo da deficit attentivo con iperattività).
Va sottolineato che il disturbo cognitivo non è limitato al disturbo dell’attenzione. L’elemento
caratterizzante sembra essere piuttosto quello di un deficit dei processi di controllo e regolazione
strategica delle risposte cognitive (le cosidette “funzioni esecutive”), che si riflettono su diversi
ambiti del funzionamento dell’intelligenza (attenzione, memoria, ecc.). Gli strumenti diagnostici
devono essere quindi adeguati a tale complessità. Il Continuous Performance Test (CPT) valuta il
mantenimento della vigilanza per un lungo periodo di tempo, dovendo il soggetto dare risposte
(premendo un pulsante) ad uno stimolo target mescolato tra diversi distrattori (con possibilità di
omissioni per inattenzione o false risposte per impulsività). Un altro test, il Matching Familiar
Figure Test (MFFT) valuta la capacità di inibire risposte eccessivamente rapide ed automatiche.
Un test molto utilizzato (pur con significative varianti tra diversi gruppi di ricerca) è il Change
Task. In breve il test consiste in una serie di possibili risposte di Go (premere un pulsante, la
maggior parte) e di Stop (in genere circa il 25%). Nelle prove di Go il bambino deve scegliere tra
due pulsanti da premere a seconda della localizzazione di uno stimolo (es. un aereo) sullo schermo
di un computer. In quelle di Stop un segnale acustico presentato a diversi intervalli di tempo prima
dello stimolo visivo, deve indurre il bambino a interrompere l’azione di pressione del pulsante
corrispondente al lato dello schermo, ma a schiacciarne un altro, situato su una “scatola” separata.
Oltre che calcolare il tempo medio di reazione, il numero di errori sia di omissione (non premere il
pulsante quando e’ presente lo stimolo acustico) che di commissione (premere il pulsante quando e’
presente lostimolo sonoro o premere il pulsante non corretto rispetto alla localizzazione dello
stimolo visivo), il test permette di misurare le funzioni di inibizione e di riattivazione di processi
mentali e motori (re-engagemnet). Questo test e’ in grado di differenziare i bambini con ADHD da
quelli di controllo e dai bambini con disturbi d’ansia, dell’apprendimento (meno da quelli con altri
disturbi esternalizzanti), ed e’ sensibile alla somministrazione di psicostimolanti. E’ pero’ troppo
lungo e complesso per la diagnostica di routine e la standardizzazione su popolazione italiana e’
ancora in corso.
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Anche alcuni items della WISC (quali il Cifrario) sono fondamentali per una formulazione
diagnostica iniziale. Il test della Torre di Londra, infine, è spesso utilizzato per valutare la capacità
del bambino o dell’adolescente di usare strategie complesse per la risoluzione di problemi.
Oltre alla somministrazione dell’intervista, dei test e delle scale di valutazione, l’esame obiettivo
medico e neurologico è sempre necessario poiché molti bambini con ADHD presentano all’esame
obiettivo dei cosiddetti “soft neurological signs”, quali ad es. asimmetria dei riflessi profondi,
movimento coreoatetoidi di modesta entità, adiadococinesia, scarsa coordinazione. Occorre inoltre
considerare che ogni forma di deficit sensoriale parziale, sia visivo che uditivo, può determinare sia
un disturbo dell’attenzione, sia un aumento della attività motoria. Ne paesi scandinavi è stata
caratterizzata e viene correntemente utilizzata la categoria diagnostica del Disorder of attention,
motor control and perception (DAMP). Sebbene goffaggine motoria e problemi percettivi siano
comuni tra i bambini con diagnosi di Disturbo Ipercinetico (HYD; criteri ICD-10) e la gran parte
dei bambini con HYD (ma meno della metà di quelli con diagnosi di ADHD - DSM-IV) possa
essere diagnostica come DAMP, tali sintomi non sono indispensabili per la diagnosi di HYD. La
validità del concetto di DAMP è stata inoltre messa in discussione dagli autori Nord-Americani in
quanto l’associazione tra anormalità del neurosviluppo ed ADHD non appare specifica: la presenza
di tali anomalie di sviluppo risulta comune a molti disturbi psichiatrici dell’età evolutiva.
Raccomandazione
(Standard Minimo; forza dell’evidenze: buona; forza della raccomandazione: forte): Oltre le
valutazioni dei genitori, la diagnosi di ADHD richiede le informazioni degli insegnanti sulla
presenza dei sintomi cardine del disturbo in diversi contesti, l’età di esordio, la durata dei sintomi ed
il grado di compromissione funzionale. Per formulare la diagnosi, il medico deve sempre ottenere e
valutare queste informazioni .
Raccomandazione
(Opzione clinica; forza dell’evidenze: buona; forza della raccomandazione: forte): L’uso dei
questionari per insegnanti e’ particolarmente utile per raccogliere informazioni in maniera rapida e
relativamente accurata.
Raccomandazione
(Standard Minimo; forza dell’evidenza:/ buona; forza della raccomandazione: forte): La valutazione
del bambino con ADHD deve sempre comprendere l’esame medico generale, l’esame psichico e
l’esame neurologico e la valutazione del livello cognitivo; deve sempre includere la valutazione
diagnostica della presenza di eventuali patologie associate sia neuropsichiatriche che mediche
generali.
Raccomandazione
(Linea Guida; forza dell’evidenze: buona; forza della raccomandazione: forte):
In assenza di patologie associate nessun altro test strumentale od ematochimico è routinariamente
indicato per la diagnosi di ADHD.
NELLA DIREZIONE DEL PERCORSO OBBIETTIVO
Sono stati considerati (1) gli aspetti relativi al percorso della prima diagnosi ed eventuali controlli in
follow-up; (2) gli aspetti specifici per i pazienti inclusi nella terapia farmacologica.
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1) Nella prima valutazione del bambino con ADHD sono rispettate le indicazioni contenute nelle
linee guida nazionali ed internazionali. per la diagnosi di ADHD, inclusi gli esami strumentali,
genetici e neurometabolici, che dovrebbero essere previsti, sulla base delle specifiche esigenze
cliniche, solo in presenza di sospetti che ne richiedano l’effettuazione al termine della fase
diagnostica generale.
Ad es. per quanto riguarda gli esami genetici, essi potranno essere previsto in caso di ritardo
mentale, familiarità per ritardo mentale, presenza di tratti dismorfici.
Per quanto riguarda gli screening neurometabolici tutte le linee guida prevedono che essi vengano
effettuati in caso di letargia, vomito ciclico, crisi precoci, tratti dismorfici, in presenza di ritardo
mentale o quando questo non possa essere escluso.
2) Per quel che riguarda l’ottimizzazione sul piano temporale del percorso assistenziale nei pazienti
con ADHD, una importante modifica è stata introdotta con la programmazione dei day-hospital
direttamente a cura dei medici e delle infermiere del reparto, attraverso un canale diretto concordato
con la Direzione Sanitaria, che ha consentito una riduzione marcata delle liste di attesa. Questo
appare particolarmente importante per i pazienti in attesa di iniziare la terapia farmacologica, con
l’inserimento nel Registro, che rappresentano la parte di maggiore gravità clinica
Altrettanto importante appare tale procedura per i primi ricoveri, nei quali è stata individuata una
procedura flessibile, con un doppio possibile percorso. Una parte dei bambini che presentavano la
maggiore gravità, ma soprattutto la comorbidità più complessa, entravano nel circuito della
osservazione pedagogico-scolastica in piccolo gruppo, con coinvolgimento del personale educativo
(Ave Melchionna, Sandra Sentelli) e psicologico (dott.ssa Paola Brovedani), mentre un’altra parte
dei pazienti effettuava una procedura diagnostica più rapida, con coinvolgimento di Neuropsichiatri
Infantili specificamente dedicati e con specifica esperienza (dott.ssa Stefania Millepiedi, dott.
Stefano Berloffa, dott.ssa Chiara Pfanner) e di una psicologa per la valutazione specifica cognitiva e
neuropsicologica e degli apprendimenti scolastici (dott.ssa Amanda Grazi). Una parte degli
approfondimenti sono stati comuni, una parte specifici per ciascuno dei due percorsi.
Valutazioni funzionali e strumentali sono state richieste al bisogno nei soggetti con primo o secondo
percorso.
Per la prima valutazione in day-hospital, una durata iniziale intorno ai 5-6 giorni effettivi viene
considerata necessaria per i bambini che effettuano il percorso educativo, mentre i bambini con
minore carico clinico o di comorbidità richiedono dai 3 ai 4 giorni. A tali giornate vanno aggiunte
quelle previste per il controllo in follow-up.
Nel caso che preliminarmente o nel corso della valutazione emerga la opportunità di un trattamento
farmacologico, sarà delineata una terza procedura, in gran parte al di fuori della osservazione
pedagogico-scolastica..
IL PERCORSO DI MASSIMA
La costruzione di un percorso di massima è stato volto a definire:
1.
Modalità di ingresso nel percorso
2.
Individuazione di criteri di appropriatezza per il ricovero
3.
Individuazione di criteri per la programmazione dei controlli
4.
Criteri di uscita dal percorso
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1. Modalità di ingresso nel percorso
Il bambino arriva al primo contatto, che può essere un consultazione ambulatoriale (più spesso se la
richiesta è da parte della famiglia, spesso su indicazione della scuola) o telefonica (in caso di invio
da parte del Neuropsichiatria Infantile e/o del Pediatra di Libera Scelta). La richiesta viene
effettuata direttamente ad uno dei Neuropsichiatri Infantili coinvolti. Tendenzialmente la consegna
iniziale è quella di ammettere al day-hospital pazienti che abbiano avuto una prima diagnosi di
ADHD, da parte dello specialista territoriale, toscano o extra-toscano, con dubbi diagnostici
specifici di tipo diagnosi differenziale e/ eziologia incerta, oppure nel caso di comorbidità
complesse. Nel caso di un dubbio diagnostico iniziale da parte della famiglia e/o della scuola il
bambino è generalmente inviato alle strutture di primo livello, che potranno loro stesse fare l’invio
al nostro Centro di Riferimento, in caso di necessità di definizioni diagnostiche più raffinate odi
indicazione farmacologica, mentre in caso contrario potranno loro stesse gestire il caso. Questa
scelta è motivata dalla opportunità di coinvolgere le strutture di primo livello nella diagnosi,
ampliando progressivamente le loro competenze diagnostiche, ma anche dalla maggiore possibilità
di collaborazione qualora l’invio provenga dal primo livello. Inoltre in questo modo la preselezione
della afferenza riduce l’ingorgo, soprattutto da casi fuori regione, e consente di mantenere un buon
controllo sulle liste di attesa. Infine in tal modo è possibile mantenere forze libere per i pazienti che
entrano nel centro di riferimento con la specifica richiesta (quasi sempre da parte del Neuropichiatra
Infantile del SSN) di una terapia farmacologica. Qualora la richiesta al centro di riferimento sia
supportata da adeguata documentazione clinica, il bambino viene indirizzato direttamente al
ricovero in regime di day-hospital, o nel caso di comorbidità complesse, in regime ordinario.
2.Individuazione di criteri di appropriatezza per il ricovero
Sono stati individuati preliminarmente criteri di appropriatezza per la valutazione in ricovero,
(versus valutazioni ambulatoriali) specificando successivamente i criteri per cui può ritenersi
appropriato il RO.
Criteri di appropriatezza per la valutazione in ricovero (DH)
a) Primo inquadramento diagnostico nel bambino piccolo con sospetto ADHD
In assenza di una diagnosi precedente da parte di un Neuropsichiatria Infantile, dopo una iniziale
consultazione ambulatoriale da parte di uno dei Neuropsichiatri Infantile del centro di riferimento,
si prevede un approfondimento in day-hospital, qualora non esista la possibilità di un analogo
intervento da parte del SSN. Questo avviene in particolare se si tratta di quadri clinici in via di
organizzazione, con una sintomatologia aspecifica, che comporta diagnosi differenziali non sempre
semplici o particolari esigenze di definizione eziopatogenetica, che rende non praticabile la
valutazione in situazioni ambulatoriali, richiedendo una valutazione clinica multiprofessionale, e
prolungata nel corso della giornata, necessaria anche a fini di impostazione terapeutica.
b) Primo inquadramento diagnostico in bambino più grande o adolescente, nei casi in cui non
sia mai stato effettuato altrove un inquadramento diagnostico preciso, con valutazione funzionale, in
particolare per la definizione di eventuali comorbidità, sia di tipo internalizzante (soprattutto i
disturbi dell’umore, i disturbi d’ansia, il disturbo ossessivo-compulsivo con o senza sindrome di
Tourette) che esternalizzante (soprattutto il disturbo della condotta, con elevato rischio di
evoluzione antisociale). Questo può avvenire anche nei casi già seguiti dai servizi specialistici
territoriali laddove manchi una valutazione psicopatologica che dia chiare indicazioni per una
corretta scelta terapeutica.
c) A qualunque età e per qualunque episodio clinico laddove ci sia una fase di scompenso acuto o
insorgenza di complicanze o nuovi problemi
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d) A qualunque età e per qualunque episodio clinico, quando ci sia, sulla base di precedenti
interventi terapeutici e riabilitativi, l’indicazione ad avviare un trattamento farmacologico, e
a valutarne nel tempo effetti terapeutici e collaterali, in collaborazione o meno con i servizi
territoriali.
e) A qualunque età e per qualunque episodio clinico, laddove ci sia la richiesta di una analisi
funzionale che comprenda una valutazione educativa prolungata
(valutazione
dell’opportunità dell’inserimento in scuola di grado maggiore; importanti problemi del
comportamento,etc.). Tale valutazione educativa, che costituisce una peculiarità del nostro
lavoro clinico, si estende per sua natura nell’arco della giornata
Il ricovero in regime ordinario può considerarsi appropriato solo se esistono condizioni di
disturbi in associazione all’ADHD che siano compatibili con la esigenza clinica di un ricovero,
quali disturbo della condotta, disturbo bipolare, disturbo depressivo, disturbo ossessivocompulsivo, ecc.
3. Criteri per la programmazione dei controlli
Appare opportuno distinguere i controlli programmati al fine di monitorare l’evoluzione del
disturbo nel suo insieme o per qualche specifico aspetto, inclusa la comorbidità (storia naturale e/o
trattamento farmacologico) o altri problemi di nuova insorgenza, dai controlli necessari per il
monitoraggio della terapia farmacologica specifica per l’ADHD (metilfenidato o atomoxetina), con
scadenze mensili e/o tri- o semestrali, come previsto dalla legge vigente.
L’emergenza di tali nuovi problemi di salute dovrà essere affrontata facendo ricorso a specifici
percorsi assistenziali per il problema considerato.
Per quanto riguarda i controlli al di fuori del trattamento farmacologico specifico, si propone di
prevedere controlli inizialmente mensili, poi diradati a seconda del grado di monitoraggio possibile
sul territorio. Tali controlli possono essere giornalieri, oppure, in caso di maggiore distanza dal
nostro centro, raggruppati in pacchetti di due o tre giorni, fino a quadro clinico stabilizzato. I
controlli potranno essere previsti con frequenza molto inferiore, eventualmente in coincidenza con
particolari momenti evolutivi (decisioni in merito alla prosecuzione di interventi scolastici e
riabilitativi, passaggio a scuole di ordine superiore, ecc).
Nel caso di soggetti che assumono metilfenidato o atomoxetina, si prevede dopo 7 giorni dalla
prima assunzione del farmaco un controllo (obbligatorio nel caso di metilfenidato, opportuno nel
caso di atomoxetina), poi un nuovo controllo dopo 4 settimane dall’inizio del trattamento, quindi
controlli mensili nei casi complessi o privi di supporto territoriale, almeno semestrali in quei
pazienti nei quali il controllo mensile può essere effettuato sul territorio di competenza. o con la
necessità di monitorare trattamenti farmacologici
4. Individuazione di criteri di uscita dal percorso
I criteri di uscita dal percorso, per quel che riguarda il primo ricovero sono riferibili alla
formulazione della diagnosi clinica, ad un primo orientamento di tipo etiopatogenetico, alla
valutazione funzionale a fini prognostici e riabilitativi, ad una comunicazione chiara alla famiglia e
all’impostazione di un piano di trattamento (possibilmente concordato con gli operatori territoriali).
Tale piano terapeutico potrà avere un orientamento psicologico, psicoeducativo e psicosociale, ma
potrebbe essere anche previsto, per i pazienti residenti fuori Regione Toscana, l’invio ad un centro
di riferimento più vicino, che possa inserire il paziente nel proprio Registro e monitorarlo
direttamente.
I criteri di uscita dai ricoveri successivi, a parte il criterio del completamento diagnostico, saranno
pienamente definibili una volta che siano attivati percorsi assistenziali specifici per i nuovi problemi
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di salute che li rendano necessari. Sono infatti prevedibili situazioni nelle quali il quadro clinico
raggiunge un buon equilibrio, tale da consentire sia la interruzione degli interventi educativi e
psicologici, sia eventualmente la terapia farmacologica (la durata media del trattamenti
farmacologici nei soggetti con ADHD con assunzione superiore a un mese è 18 mesi). Non sempre
tali obbiettivi sono completamente raggiungibili in tempi brevi.
Pazienti in trattamento farmacologico: il Registro Italiano per le terapie farmacologiche
dell’ADHD
Obiettivi del registro
Monitorare l’uso del Metilfenidato e della Atomoxetina;
Verificare la sicurezza, il beneficio e la compliance alla terapia con Metilfenidato o
Atomoxetina, da soli e in associazione ad altri interventi terapeutici (farmacologici e non
farmacologici), a medio e lungo termine, nel soggetto affetto da ADHD.
Struttura del Registro
Coorte aperta;
Registro nazionale: partecipano tutte le Regioni (Centri di riferimento, Servizi di Neuropsichiatria
infantile, Pediatri di libera scelta).
Popolazione di riferimento
Bambini e ragazzi di età compresa tra 6 e <18 anni con diagnosi di ADHD e indicazione d’uso al
Metilfenidato o alla Atomoxetina da parte dei Centri di riferimento (Vedi Protocollo).
Procedure
La valutazione della somministrabilità del farmaco, previa conferma della diagnosi deve essere
effettuata in ambiente clinico (Day-Hospital) dove verrà testata la tollerabilità della prima dose
standard con monitoraggio dei parametri vitali e osservazione clinica e\o testologica del bambino.
E’ richiesta, per la prima somministrazione del farmaco, anche la presenza di almeno un infermiere.
Consenso
Il trattamento dei dati personali inseriti nel registro nazionale deve a sua volta essere autorizzato
con consenso informato
Trattamenti
Terapia Farmacologica
Il Metilfenidato va somministrato in base al peso corporeo, mediamente 0,3-0,6 mg/kg/dose in due
– tre dosi die in base ad un programma terapeutico di durata semestrale, eventualmente rinnovabile
dopo rivalutazione del caso.
La Atomoxetina va somministrata in base al peso corporeo, mediamente 05-1.2 mg/kg/dose in unadue dosi die in base ad un programma terapeutico di durata semestrale, eventualmente rinnovabile
dopo rivalutazione del caso.
Follow up
Terapia farmacologica o Combinata
Le prime prescrizioni vengono effettuate dal NPI del Centro Regionale di riferimento, che per
almeno il primo mese ne valuterà efficacia e tollerabilità. E’ necessario un controllo clinico alla
prima e alla quarta settimana per confermare la prescrizione. Successivamente le prescrizioni
potranno essere effettuate dal NPI delle strutture territoriali o dal Pediatra di Libera Scelta (PLS)
(che andrà sempre tenuto informato), che dovranno effettuare controlli almeno mensili. In caso
contrario sarà il centro di riferimento ad effettuare i controlli mensili.
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Il bambino sarà ricontrollato presso il Centro di Riferimento a 6, 12, 18 e 24 mesi e dovrà essere
verificata annualmente l’opportunità di interruzione temporanea ( es. mese di agosto) o definitiva
della terapia.
Alle visite mensili di follow-up, effettuate presso NPI e\o PLS, o prsso il centro di riferimento,
vengono valutati:
i segni vitali (frequenza cardiaca, presione arteriosa),
l’accrescimento (altezza e peso),
eventuali effetti indesiderati.
Si raccomanda la somministrazione, a cura del NPI o del pediatra, dell’ADHD Rating Scale o
SNAP–IV.
Alle visite semestrali presso il centro di riferimento vanno valutati :
Segni vitali;
Accrescimento;
Effetti indesiderati;
Scala di valutazione del sintomi dell’ADHD e dei sintomi di disturbo dirompente del
comportamento (ADHD Rating Scale o SNAP–IV);
Questionario per genitori e per insegnanti (Conner’s Parent & Teacher RS);
Osservazione del bambino in situazione non strutturata, colloquio, esame psichico e
neurologico del bambino/ adolescente;
Scale di autovalutazione per ansia e depressione (MASC e CDI);
C-GAS e CGI.
Si discuterà del caso con i genitori, in particolare per le prospettive terapeutiche e la verifica degli
interventi psicoeducativi.
Trattamenti non farmacologici
Presso le strutture territoriali dovranno essere continuati i pregressi interventi di presa in carico
multimodale. I Centri di riferimento potranno effettuare direttamente la presa in carico per i
soggetti del proprio territorio o per gruppi selezionati di pazienti.
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Compliance
E' importante che il medico del centro di riferimento regionale sia a conoscenza di tutti i farmaci
che il paziente ha utilizzato fino all’ingresso nel registro. E’ inoltre importante consultare il medico
del centro, prima di assumere qualsiasi terapia diversa da quelle previste dal protocollo del registro.
E’ necessario acquisire l’informazione sul numero di giorni di effettiva assunzione della terapia.
Effetti collaterali e Eventi avversi gravi
Il farmaco utilizzato può presentare degli effetti collaterali, alcuni dei quali sono elencati in
nota(***). L’elenco include gli effetti collaterali più frequenti o più seri messi in relazione certa o
probabile con il farmaco in studio.
I farmaci per l’ADHD, essendo di nuova introduzione, sono sottoposti a sorveglianza di tutte le
sospette reazioni avverse (attese e non attese, non gravi e gravi) per due anni dalla data di
autorizzazione all’immissione in commercio allo scopo di monitorare adeguatamente il profilo di
sicurezza.
L’attività di farmacovigilanza attiva è gestita dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’Agenzia Italiana
del Farmaco in collaborazione.
Ai familiari del bambino in trattamento farmacologico va sempre ricordato che:
“Se Lei avesse dubbi circa i possibili ulteriori effetti collaterali può risolverli insieme al personale
medico del centro che tiene in cura suo/a figlio/a”.
Interruzione precoce
Il trattamento potrà essere interrotto per decisione dei familiari e del bambino o del Centro di
riferimento. In tal caso continuerà il follow up presso il centro di riferimento (descrizione della
storia naturale della sindrome).
Cambiamento
o interruzione
della terapia
□ NO, □ SI, specificare il motivo e compilare la pagina successiva :
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
_______________________________________________________________
Durante la visita mensile di follow-up il pediatra o il servizio territoriale di NPI o il centro di
riferimento rilevano gli eventuali eventi avversi; in ogni caso tali eventi devono essere segnalati al
centro di riferimento. In caso di eventi avversi gravi, pericolosi per la vita, la segnalazione al centro
di riferimento deve essere immediata. Il centro di riferimento provvede a segnalare tutti gli eventi
avversi all’Ufficio per la farmacovigilanza dell’Agenzia Italiana del Farmaco, attraverso una
apposita scheda di segnalazione ministeriale.
Monitoring e Quality assurance
L’ISS e responsabile della qualità e veridicità dei dati presenti nel data base centrale e presso i
centri di riferimento regionali.
I centri di riferimento regionali sono responsabili della qualità e veridicità dei dati trasmessi.
Il clinical monitoring del registro sarà articolato in visite periodiche, trimestrali, presso i centri di
riferimento.
I siti presso cui effettuare le visite saranno estratti con procedura random. Qualora si riscontrassero
criticità in specifici centri verranno svolte delle visite ad hoc.
Durante le visite di clinical monitoring sarà esaminata tutta la documentazione e le procedure
relative al registro con un confronto incrociato tra dati immessi sul sito web e corrispettivo cartaceo.
Il livello massimo di errore ammesso è del 5%.
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L’attività di clinical monitoring sarà svolta da personale dell’Istituto Superiore di Sanità,
dell’Agenzia Italiana del Farmaco, e dal Referente della Regione sede della visita.
Data entry
I dati relativi ad ogni bambino iscritto nel registro saranno immessi su CRF di arruolamento e di
follow up presenti su un’area protetta del portale www.iss.it cui i centri, i servizi di NPI e i pediatri
potranno accedere mediante userid e password.
Nei casi in cui non sia disponibile un collegamento internet il CRF può essere inoltrato via fax o via
posta prioritaria ai centri di riferimento regionali.
Audit
Il data warehouse del registro è allocato presso l’Istituto Superiore di Sanità che è anche
responsabile della sua protezione e gestione. Su indicazione del Comitato Scientifico del registro o
su richiesta degli attori dello stesso possono essere svolte visite di audit.
Lo staff sarà composto da rappresentanti di ciascuna istituzione coinvolta nel registro: Comitato
Scientifico, Agenzia Italiana del Farmaco, Ministero della Salute.
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Bibiliografia test ADHD
ADHD
Kiddie-sads (Kiddie-Schedale for Affective Disorders and Schizophrenia for School age
Children- Kaufman J, Birmaher B, Brent D, Rao U, Ryan N. The schedule for affective disorders
and schizophrenia for school-age children and lifetime version (version 1.0). Pittsburgh, PA:
Department of Psychiatry, University of Pittsburgh School of Medicine; 1996).
CBCL (Children Behaviour Check List-Achenbach, T. M. (1991). Manual for the Child Behavior
Checklist/4-18 and 1991 Profile. Burlington: University of Vermont, Department of Psychiatry).
CGAS (Children Global Assessment Scale- Shaffer D, Gould MS, Brasic J, Ambrosini P, Fisher P,
Bird H, Aluwahlia S. A children’s global assessment scale (CGAS). 1983 Nov;40(11):1228-31).
CGI (Clinical Global Impression - Guy W: Clinical Global Impression. ECDEU Assessment
Manual for Psychopharmacology, revised National Institute of Mental Health, Rockville, MD
1976).
ADHD rating scale (Du Paul, G. J., Power, T. J., Anastopoulos, A. D., & Reid, R. (1998). ADHD
Rating Scale-IV: checklists, norms and clinical interpretation. New York, NY: Guilford).
CPRS-R (Conners Parent Rating Scale) (Conners CK, Sitarenios G, Parker JD, Epstein JN. The
revised Conners' Parent Rating Scale (CPRS-R): factor structure, reliability, and criterion validity. J
Abnorm Child Psychol. 1998;26(4):257-268).
PROFILO COGNITIVO
WIPPSI-III (Wechsler Preschool and Primary Scale of Intelligence_III; a cura di Sannio Fancello,
Cianchetti; ed Giunti O.S., 2008)
WISC-IV (Wechsler Intelligence Scale for Children-IV; a cura di Orsini, Pezzuti, Picone; ed
Giunti O.S., 2012)
CPM (Coloured Progressive Matrices; Belacchi, Scalisi, Cannoni, Cornoldi Raven; ed Giunti
O.S., 2008)
Leiter-R (Roid, Miller; ed Giunti O.S., 2002)
APPRENDIMENTI SCOLASTICI
LETTURA/SCRITTURA
CMF (Valutazione delle competenze metafonologiche; Marotta, Ronchetti, Trasciani, Vicari; ed
Erickson 2008)
Liste INPE (Liste di parole; Martini; Stella Maris)
Prove MT (Prove di lettura per la scuola primaria; Cornoldi, Colpo; ed Giunti O.S.; 1998)
Prove MT (Prove di lettura per la scuola secondaria di primo grado; Cornoldi, Colpo; ed Giunti
O.S.; 1995)
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DDE-2 (Batteria per la valutazione della Dislessia e della Disortografia Evolutiva-2; Sartori, Job,
Tressoldi;ed Giunti O.S., 2007)
Prove MT Avanzate (Prove di lettura e matematica per il biennio della scuola superiore;
Cornoldi, Baldi, Friso, Giacomin, Giofrè, Zaccaria; ed Giunti O.S.; 2010)
DDO (Diagnosi dei disturbi ortografici in età evolutiva; Angelelli, Notarnicola, Costabile,
Marinelli, Judica, Zoccolotti, Luzzatt; ed Erickson; 2008)
MATEMATICA
BIN 4-6 (Batteria per la valutazione dell’intelligenza numerica; Molin, Poli, Lucangeli; ed
Erickson; 2007)
AC-MT 6-11(Test di valutazione delle abilità di calcolo e soluzione di problemi Cornoldi,
Lucangeli, Bellina; ed Erickson; 2012)
AC-MT 11-14 (Test di valutazione delle abilità di calcolo e problem solving; Cornoldi, Cazzola;
ed Erickson; 2004)
BDE (Batteria per la Discalculia Evolutiva; Biancardi, Nicoletti; ed Omega; 2004)
ATTENZIONE/FUNZIONI ESECUTIVE
TCM (Test delle camanelle modificato; Biancardi, Stoppa; 1997)
ATTENZIONE E CONCENTRAZIONE (cd-rom con 7 test e 12 training di potenziamento; S. di
Nuovo; ed Erickson; 2013)
BIA (Batteria per la valutazione dei bambini con deficit di attenzione/iperattività; Marzocchi, Re,
Cornoldi; ed Erickson; 2010)
TOL (Test di valutazione delle funzioni esecutive; Sannio Fancello, Vio, Cianchetti; ed Erickson;
2006)
Unità Operativa 3
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Protocollo Operativo 21
PERCORSO ASSISTENZIALE PER DISTURBO PERVASIVO
DELLO SVILUPPO ( DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO,
ASD)
Revisioni del Protocollo Operativo
Rev. N°
0
1
2
Data
03/07/2012
08/07/2014
01/10/2015
FASI
NOME
FUNZIONE
DATA
REDATTO
Dr.ssa
R. Tancredi
NPI Coordinatore
UO3
01/10/2015
VERIFICATO
Prof.
F. Muratori
Primario UO3
01/10/2015
APPROVATO
Dr. G. De Vito
Direttore Sanitario
01/10/2015
EMESSO
Coordinatore
Infermieristico
S. Matteucci
Responsabile
sistema Qualità e
Accreditamento
01/10/2015
FIRMA
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Unità Operativa 3
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Pag. 2 a 21
Introduzione
Il lavoro che qui presentiamo è stato oggetto del Progetto per il sistema Premiante per l'anno 2014
condotto in team work dalla dr.ssa Raffaella Tancredi e dal Dr. Federico Sicca.
La Dr.ssa R.Tancredi si è occupata del coordinamento del progetto, della revisione della letteratura
scientifica e delle linee guida per la diagnosi e della stesura del percorso di riferimento e del
percorso obbiettivo da effettuare nell'UO3 per i pazienti con ASD, anche alla luce dell'esperienza
condotta in questi anni.
Il Dr. F. Sicca si è invece occupato di analizzare il problema della comorbidità autismo/ epilessia o
anomalie EEG, al fine di identificare i criteri e le modalità di attuazione della valutazione EEG ed
epilettologica nel contesto del percorso obbiettivo di cui sopra. A tal fine ha effettuato un'analisi
della letteratura e dei dati derivanti dall'attività diagnostica pregressa presso il laboratorio di neuro
fisiopatologia clinica negli anni 2010-2013.
Il resoconto dell'attività svolta dal Dr. Sicca è riportato in appendice A.
Il percorso assistenziale per bambini con DPS è stato uno fra i primi percorsi assistenziali disegnati
, all'interno del nostro IRCCS , per adeguarsi ad uno dei requisiti elencati nella circolare del
Ministero della Salute del 19/12/03 per gli IRCCS , nella parte in cui richiede di documentare fra le
attività del Dipartimento “l’applicazione di tecniche di governo clinico”.
La prima stesura del percorso risale al 2006 ed è stata successivamente sottoposta a revisioni
minori, nel 2008 e nel 2012, perlopiù sul piano organizzativo.
Il primo documento ,prodotto nell’anno 2006, era relativo al percorso di riferimento analitico
per il primo ricovero di bambino con sospetto DPS di età inferiore ai 5 anni.
Si ricorda che per percorso di riferimento ”si intende la migliore sequenza temporale e spaziale
possibile delle attività da svolgere per risolvere i problemi di salute di una “tipologia” di paziente,
sulla base delle conoscenze scientifiche e delle risorse organizzative, professionali e tecnologiche a
disposizione” (G.Casati)
Il percorso di riferimento è rappresentativo di qualcosa che avviene realmente nel migliore dei casi,
esso rappresenta per così dire la “best practice” di un gruppo di operatori.
Il percorso di riferimento, nella versione del 2012, ha rappresentato effettivamente quello che il
paziente meglio seguito ha fatto all’interno della nostra UO e, nel tempo, ha rappresentato il
percorso effettivo della maggior parte dei nostri pazienti, come documentato dalle schede di
percorso annesse alla cartella clinica.
L’evoluzione dei percorsi tuttavia non può limitarsi al confronto fra percorsi di riferimento e
percorsi effettivi ma deve tendere alla formulazione del percorso obbiettivo.
Il percorso obbiettivo è il percorso che si intende far seguire al paziente, ed è quindi
rappresentativo di quello che si potrebbe fare. Esso deriva dal dall’evoluzione delle conoscenze
scientifiche, dall’apprendimento di nuove tecniche, dalla possibilità di accedere a nuove tecnologie
e risorse (non disponibili al momento della costruzione del percorso di riferimento), da innovazioni
organizzative, e dal confronto con i percorsi di altre realtà. Questa è esattamente la situazione che
riguarda i DPS. Rispetto al 2012 sono infatti profondamente cambiati i criteri diagnostici, tanto che
attualmente non si parla più di Disturbi Pervasivi dello Sviluppo, ma di Disturbi dello Spettro
Autistico (da qui in poi ASD, si preferisce l’acronimo inglese in quanto l’acronimo italiano
creerebbe confusione con i Disturbi Specifici dell’Apprendimento ).
Sono attualmente disponibili strumenti diagnostici aggiornati, adeguati ai nuovi criteri diagnostici
e all’età sempre più precoce in cui i bambini arrivano alla consultazione.
Sono state presentate nuove Linee Guida sia italiane (ISS) che internazionali per la diagnosi e il
trattamento dei ASD.
La ricerca ha fatto numerosi passi avanti, pur non essendo ancora pervenuta a risultati definitivi.
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Nel nostro IRCCS sono in corso molte ricerche sui Disturbi dello Spettro Autistico , i cui risultati
dovrebbero ricadere sulla clinica per dimostrarne la traslazionalità. In particolare la ricerca su quello
che è definito il fenotipo Autismo/Epilessia (AEP) ha consentito di valutare con molta più
attenzione rispetto al passato il significato delle anomalie EEG spesso presenti in questi bambini
(Vedi Appendice A).
Anche l'esperienza maturata dall'equipe diagnostica in questi anni fa ritenere necessari alcuni
cambiamenti, alcuni dei quali sono stati già di fatto introdotti.
Nel 2014, solo presso l'UO3/DPS sono stati ricoverati 134 pazienti in RO e 253 in DH. I pazienti
dimessi dal nostro ospedale, comprese quindi anche le altre unità operative, con diagnosi di
Autismo o DPS non altrimenti specificato sono stati, nel 2014, complessivamente 423. La casistica
relativa al problema di salute che stiamo considerando, continua ad avere un volume tale da
richiedere risposte assistenziali precise e in miglioramento continuo.
Oggetto del nostro lavoro è quindi un nuovo percorso di riferimento, esteso a tutte le fasce di età,
con l'aggiunta di alcune proposte in direzione del nuovo percorso obbiettivo.
Il cambiamento dei criteri diagnostici
Com'è noto, il DSM 5 ( APA, 2013) ha profondamente modificato l'inquadramento nosografico
dell'autismo, radunando tutti i quadri, in precedenza descritti nella categoria dei Disturbi Pervasivi
dello Sviluppo, nell'unica categoria diagnostica dei "Disturbi dello Spettro Autistico" (ASD).
Adeguarsi a tale cambiamento sul piano nosografico non significa necessariamente condividerne il
razionale, ma é in qualche modo obbligatorio per poter pubblicare i dati delle nostre ricerche.
I cambiamenti nel passaggio da DSM IV a DSM 5 possono essere così riassunti:
I domini sintomatologici passano da 3 a 2 ( area socio- comunicativa e area degli interessi ristretti e
ripetitivi).
Tutti e 3 i criteri nel dominio socio-comunicativo e 2 criteri fra i 4 nell'area degli interessi devono
essere soddisfatti per poter fare la diagnosi.
Nell'area degli interessi ristretti viene introdotto il criterio, in precedenza mai contemplato, dell'uso
anomalo dei canali sensoriali
Il criterio dell'insorgenza entro i 3 anni di età non è più stringente ( si parla di sintomi presenti
precocemente ma che possono diventare evidenti quando le richieste dell'ambiente diventano
pressanti)
Sono introdotti degli specificatori
Con o senza compromissione intellettiva associata
Con o senza compromissione del linguaggio associata
Associato a una condizione medica o genetica nota o a fattori ambientali
Associato ad un altro disturbo mentale ,comportamentale o del neurosviluppo
Con catatonia.
Sono introdotti livelli di gravità ( separatamente per l'area socio-comunicativa e per l'area degli
interessi)
È introdotto il criterio per cui si considerano soddisfatti i criteri anche se i sintomi erano presenti in
passato ma non lo sono attualmente, in quanto si considera che alcuni sintomi possono ridursi grazie
al trattamento o in virtù dello sviluppo stesso del bambino.
I criteri del DSM 5, così specificati, possono già considerarsi una Linea Guida per l'assessment.
In effetti è chiaramente definita la necessità non solo di verificare la presenza del disturbo, ma di
indagare la presenza di una compromissione sul piano cognitivo ( obbligatoria dunque una
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valutazione dell'intelligenza), sul piano del linguaggio ( obbligatoria una valutazione del
linguaggio),la presenza di comorbidità e così via.
Criteri DSM 5 per la diagnosi di ASD
A) Deficit persistente nella comunicazione sociale e nell´interazione sociale in diversi contesti,
non spiegabile attraverso un ritardo generalizzato dello sviluppo e manifestato da tutti e tre i
seguenti punti:
1. Deficit nella reciprocità socio-emozionale, che vanno da un anormale approccio sociale e
incapacità di normale conversazione a ridotta condivisione di interessi , emozioni ed
affetti, fino ad una totale mancanza di iniziative e risposte sociali.
2. Deficit nei comportamenti comunicativi non verbali usati per l’interazione sociale che
vanno da una scarsa integrazione fra comunicazione verbale e non verbale, ad anomalie
nel contatto oculare e nel linguaggio del corpo, o deficit nella comprensione e nell’uso
dei gesti, fino ad una totale mancanza di espressioni facciali e comunicazione non
verbale.
3. Deficit nello sviluppare , nel mantenere e nel comprendere le relazioni , che vanno da
difficoltà nell’adattare il comportamento ai diversi contesti , a difficoltà nel condividere
il gioco di immaginazione e nel fare amicizia, fino ad un apparente assenza di interesse
verso i pari.
B. Pattern di comportamenti, interessi o attività ristretti e ripetitivi come manifestato da almeno due
dei seguenti punti:
1. Stereotipia o ripetitività nel linguaggio , nei movimenti o nell’uso degli oggetti (stereotipie
motorie semplici, ecolalia, uso ripetitivo degli oggetti, frasi idiosincrasiche)
2. Eccessiva fedeltà alla routine, comportamenti verbali o non verbali riutilizzati o eccessiva
riluttanza ai cambiamenti: rituali motori, insistenza nel fare la stessa strada o mangiare lo stesso
cibo, domande incessanti o estremo stress a seguito di piccoli cambiamenti.
3. Interessi fortemente ristretti e fissi, che sono anormali nell’intensità o nel focus (come forte
attaccamento o preoccupazione con oggetti inusuali, interessi eccessivamente circoscritti o
perseverativi)
4. Iper o Ipo-reattività agli stimoli sensoriali o interessi insoliti verso aspetti sensoriali
dell'ambiente: apparente indifferenza al caldo/freddo/dolore, risposta avversa a suoni o consistenze
specifiche, eccessivo annusare o toccare gli oggetti, attrazione per luci o oggetti roteanti.
C. I sintomi devono essere presenti nella prima infanzia (ma possono non diventare completamente
manifesti finché le esigenze sociali non oltrepassano il limite delle capacità).
D. L´insieme dei sintomi deve limitare e compromettere il funzionamento quotidiano.
Studio di Linee guida recenti
Abbiamo fatto riferimento alle Linee Guida elaborate dopo il 2007.
Le linee guida dell'AACAP (2) sono state elaborate recensendo 9581 abstract e 186 full text.
La prima raccomandazione riguarda l'opportunità di prendere in considerazione la presenza di un
ASD in ogni valutazione psichiatrica, o nei controlli sullo sviluppo, suggerendo l'uso di strumenti
di screening.
Tale argomento esula per il momento da questo lavoro che è dedicato piuttosto al percorso
assistenziale per i bambini per i quali il sospetto diagnostico è già stato posto.
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Raccomandazione 2) Nei casi di sospetto ASD è necessaria una accurata raccolta diagnostica e
valutazione psichiatrica.
Fra gli strumenti con valore diagnostico confermato vengono annoverati ADI, ADOS, DISCO.
Come in passato viene ribadito che tali test devono supportare la diagnosi e non sostituirsi ad essa
Raccomandazione 3) I clinici dovrebbero coordinare una valutazione multidisciplinare per i
bambini con ASD.
Tutti i bambini con ASD dovrebbero avere un assessment medico che, tipicamente, include un
esame fisico, uno screening audiologico, un esame con lampada di Wood per segni di sclerosi
tuberosa, e test genetici.
A proposito degli esami genetici le linee guida dell'AACAP fanno riferimento al parere dei
genetisti circa l'opportunità di usare l'array come esame genetico di base nei disturbi del
neurosviluppo (3) e a studi in cui un basso QI non è un buon predittore dell'esistenza di una
anomalia genetica (4). Ne derivano sostanziali modificazioni rispetto alle linee guida precedenti in
cui l'indicazione ad esami genetici veniva data solo nei casi in cui era presente un ritardo mentale,
ed in cui l'indicazione era per un esame cromosomico standard e non per Array CGH.
Ulteriori indagini vengono indicate nei casi in cui ci sia una storia di regressione, aspetto
dismorfico, familiarità per particolari disturbi, presenza di crisi epilettiche.
La lista di potenziali etiologie note è ampia e comprende una serie di fattori che devono essere
esclusi, di carattere infettivo, metabolico, endocrino (ipotiroidismo), tossico (sindrome fetoalcolica) o genetico. Vanno esclusi inoltre Disturbi del neurosviluppo da encefalopatia epilettica,
come ad es., la Sindrome di Landau Kleffner e la sindrome di Rett ( MECP2).
Si raccomanda inoltre valutazione psicologica (sia del QI che del funzionamento adattivo ) per
impostare il trattamento e valutazione del linguaggio (sia per diagnosi differenziale che per
programmazione del trattamento).
Una utilità viene riconosciuta anche alla valutazione dei profili sensoriali, motori e del sonno, pur in
assenza di raccomandazioni stringenti.
Le raccomandazioni 4, 5 e 7 riguardano il trattamento ( rispettivamente indirizzare la famiglia al
trattamento, valutare l'indicazione ad un trattamento farmacologico, essere in grado di discutere con
i genitori a proposito degli interventi alternativi). La raccomandazione 6 riguarda la necessità che il
clinico stabilisca una alleanza di lunga durata con la famiglia, pur in presenza di un uso sporadico
del servizio, rispondendo ai bisogni che cambiano nel corso dello sviluppo.
Le linee guida dell'American College of Medical Genetics and Genomics (2013) per i bambini
affetti da ASD , nella revisione del 2013, prevedono che ogni bambino con ASD sia sottoposto a
consulenza genetica e che siano avviati esami adeguati se ci sono sospetti specifici. Indica come
esami di prima scelta il CHromosomal Micro Array (CMA)e il FraX nei maschi ( nelle femmine
solo in caso di fenotipo suggestivo, o di storia familiare di disturbi del neurosviluppo legati all'X,
precoce insufficienza ovarica, atassia o tremori). L'Array risulta più frequentemente patologico in
presenza di microcefalia, crisi, anomalie congenite e tratti dismorfici, storia familiare di disturbi
dello sviluppo o disturbi psichiatrici.
Come test di secondo livello indicano il MECP2 in tutte le bambine e nei maschi con fenotipo
suggestivo (scialorrea, frequenti infezioni delle vie respiratorie, ipotonia facciale). Gli Autori
riportano i dati aggregati da nove studi nei quali il MECP2 ,effettuato su bambine con ASD non
sindromico, ha identificato la mutazione nel 4% dei casi, perlopiù in bambine con meno sintomi
riferibili alla sindrome di Rett e con minore compromissione. È da notare che questo risultato è
superiore a quello ottenuto dal cariotipo standard in tutti i bambini con ASD (3%). La ricerca del
PTEN viene suggerita nei casi di Macrocrania >2.5 DS.
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In merito all'opportunità di procedere con screening metabolico, queste linee guida danno
l'indicazione a procedere solo nei casi sospetti ( vomito, letargia, importante ipotonia, perdita di
competenze).
Secondo queste linee guida non vi è indicazione a RMN di routine in tutti i bambini con ASD ,
inoltre fanno riferimento a studi sulle possibili conseguenze sul neurosviluppo di anestesie precoci e
ripetute per avanzare dubbi sul rapporto costo/benefici della RMN di routine
Le linee guida NICE ( National Institute for Health and Clinical Eccellence) (2011) (5) sono
molto dettagliate, tuttavia esse sono precedenti al DSM 5 , fanno riferimento alle diverse categorie
diagnostiche comprese nell'ICD10 e nel DSM IV , pertanto molte raccomandazioni non sono più
attuali .
Esse stabiliscono che l’assessment diagnostico dell'autismo deve prevedere un team multisciplinare
e la figura di un responsabile del caso, che dovrebbe funzionare come referente unico per la
famiglia.
La valutazione deve prevedere
• Domande dettagliate relative alle preoccupazioni dei genitori , e, se possibile, del paziente stesso
• Dettagli sull'esperienza della vita familiare, dei contesti educativi e sociali
• Una storia dello sviluppo focalizzata sulle caratteristiche evolutive e comportamentali tipiche dei
ASD ( eventualmente con l'aiuto di strumenti specifici)
• Valutazione tramite osservazione ed interazione diretta con il paziente, delle competenze sociocomunicative e dei comportamenti tipici (eventualmente con l'uso di strumenti specifici, ma è
raccomandato di non basarsi solo sul risultato di test diagnostici per fare diagnosi)
• Una anamnesi medica che comprenda storia familiare, pre e perinatale e condizioni passate ed
attuali di salute
• Un esame obbiettivo, con particolare attenzione alla presenza di segni cutanei indicativi di
sclerosi tuberosa o neurofibromatosi, segni dismorfici, macrocrania o microcrania, segni relativi
ad automutilazioni o maltrattamenti
• Diagnosi differenziale, eventualmente con l'uso di strumenti diagnostici ad hoc
• Valutazione sistematica delle comorbidità
• Definizione di un profilo dei punti di forza, delle competenze, delle limitazioni e dei bisogni del
paziente. Tale profilo sarà individualmente determinato ( competenze cognitive, stili di
apprendimento, linguaggio, competenze motorie, funzionamento adattivo, competenze sociali,
aspetti emozionali e di salute mentale, compresa l'autostima, condizioni di salute generali è stato
di nutrizione, sensibilità sensoriali, comportamenti che presumibilmente interferiscono con la vita
quotidiana, competenze di socializzazione)
• Restituzione dei risultati dell'assessment alla famiglia e, se appropriato, al paziente stesso , e, con
il consenso dei genitori e se possibile del paziente stesso, condivisione dei risultati dell'assessment
con insegnanti ed altri professionisti.
Queste linee guida consigliano di non procedere routinariamente all'esecuzione di esami biologici,
ma di programmare esami genetici in caso di segni dismorfici, anomalie congenite o evidenza di
disabilità intellettiva, EEG se vi è sospetto di epilessia
La RMN dovrebbe essere effettuata solo se ci sono specifiche ragioni per sospettare una condizione
rilevante o alternativa , e solo se il dato è utile per la gestione clinica. Tale raccomandazione si basa
sul dato desunto dalla letteratura, per cui solo nel 3% dei casi dell'esame con RMN si ha un
risultato utile.
Le linee guida NICE riportano anche esempi di come lavorano, sul piano organizzativo, 5 servizi di
eccellenza per la diagnosi di autismo, con particolare attenzione a
• Come sono organizzati i teams multidisciplinari
• Il carico di lavoro del team
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• Come i teams lavorano insieme e decidono quali valutazioni effettuare
• Come i servizi sono coordinati
• La proporzione di pazienti che ricevono assessment che vanno oltre la valutazione di base
• Come avviene la restituzione alle famiglie
• Il supporto disponibile durante il percorso diagnostico
Ovviamente nessuno di questi servizi rispecchia in pieno la natura dell'IRCSS per cui non sono
utilizzabili come modello (per esempio, generalmente strumenti diagnostici come ADI e ADOS
vengono usati solo in seconda battuta, quando la diagnosi rimanga dubbia. Nel nostro caso , poichè
i soggetti possono essere arruolati per la ricerca, è necessario che la diagnosi, anche quando certa,
sia documentata con ADI e ADOS).
Tuttavia alcuni elementi sono degni di riflessione.
In genere questi servizi dedicano tempo e discussione in equipe , per decidere se accettare l'invio .
Una volta deciso per il sì ci sono contatti preliminari con la famiglia, sia con l'invio di materiale
informativo, che con l'invio di questionari.
Tutti i servizi prevedono la presenza di personale amministrativo che organizza il percorso del
paziente.
Le linee guida italiane (2011) (6) sono limitate agli interventi e non danno alcuna indicazione in
merito all'assessment diagnostico. Le linee guida della SINPIA risalgono al 2005, e già il
precedente percorso ne aveva tenuto conto.
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Innovazioni organizzative nel Dipartimento e nell'UO 3/DPS
Una importante modifica sul piano organizzativo rispetto al precedente percorso di riferimento è
legata alla scomparsa, presso il nostro ospedale, dell'ambulatorio di primo accesso.
Attualmente la richiesta della famiglia al CUP viene filtrata dagli operatori del CUP che indirizzano
la famiglia agli ambulatori specialistici. Ovviamente la richiesta della famiglia , del pediatra
curante , degli operatori territoriali , o anche di colleghi di altre UU.OO del nostro IRCCS può
essere direttamente rivolta allo specialista esperto.
È stata attivata una finestra telefonica in cui un medico, specialista in formazione, risponde alle
richieste delle famiglie, dei pediatri, e degli operatori del territorio, valutando l'appropriatezza
dell'invio, indirizzando il paziente all'ambulatorio o, qualora la richiesta sia supportata da adeguata
documentazione clinica, direttamente al percorso diagnostico. Si propone di attivare una casella di
posta elettronica con la medesima funzione.
Come obbiettivo ogni percorso di ricovero dovrebbe essere attivato da medici dell'UO3/DPS.
Attualmente alcuni ricoveri programmati da colleghi di altre UUOO ,senza preventivo accordo con
i medici dell'UO 3/DPS, possono risultare inappropriati.
Una ulteriore importante modifica nell'organizzazione dell'Unità Operativa è rappresentata
dall'attivazione, nel 2013, di un servizio di Day Service che ha permesso di sperimentare modalità
ambulatoriali di valutazione multi professionale. Tale modalità tuttavia si sono dimostrate
inadeguate per alcune tipologie di pazienti alla prima diagnosi.
INGRESSO NEL PERCORSO
Lo specialista, a seguito della valutazione ambulatoriale, prescrive gli esami considerati urgenti,
rimanda il paziente al territorio, nel caso ritenga che esso sia stato già adeguatamente valutato e
preso in carico, oppure programma la valutazione diagnostica, in ricovero o in Day Service.
Il percorso diagnostico può essere programmato anche sulla base della richiesta telefonica, se vi
sono sufficienti indicazioni sull'opportunità di procedere.
2.Individuazione di criteri di appropriatezza per il ricovero
Criteri di appropriatezza per la valutazione in ricovero (RO e DH). Si confermano i criteri in
precedenza individuati. L'esperienza di valutazioni diagnostiche in Day Service non fa ritenere
economica questa modalità, in quanto la complessità della patologia afferente all'UO spesso
richiede ulteriori accessi in DH o in RO.
a) Primo inquadramento diagnostico nel bambino piccolo con sospetto ASD
Si tratta di quadri clinici in via di organizzazione , con una sintomatologia aspecifica, che comporta
diagnosi differenziali non sempre semplici, e che il più delle volte richiede l’esecuzione di esami
strumentali per definire l’etiopatogenesi .
Pertanto queste situazioni non appaiono valutabili in situazioni ambulatoriali, e il ricovero (in RO o
in DH) appare sempre appropriato in quanto dà la possibilità di una valutazione clinica
multiprofessionale, e prolungata nel corso della giornata, necessaria anche a fini di impostazione
terapeutica.
b) Primo inquadramento diagnostico in bambino più grande o adolescente, nei casi in cui non
sia mai stato effettuato altrove un inquadramento diagnostico preciso, con valutazione funzionale e
inquadramento etiopatogenetico, quindi anche nei casi già seguiti dai servizi specialistici territoriali
laddove manchi un assessment diagnostico condotto secondo le linee guida nazionali e
internazionali
c)A qualunque età e per qualunque episodio clinico laddove ci sia una fase di scompenso acuto o
insorgenza di complicanze o nuovi problemi
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d) A qualunque età e per qualunque episodio clinico, quando ci sia l’indicazione ad avviare un
trattamento psicofarmacologico , e a valutarne nel tempo effetti terapeutici e collaterali, in
mancanza di un valido riferimento nei servizi territoriali
e)A qualunque età e per qualunque episodio clinico, laddove ci sia la richiesta di una analisi
funzionale che comprenda una valutazione educativa prolungata
(valutazione
dell’opportunità dell’inserimento in scuola di grado maggiore ; importanti problemi del
comportamento,etc.). Tale valutazione educativa, che costituisce una peculiarità del nostro
lavoro clinico, si estende per sua natura nell’arco della giornata
All’interno di tali criteri sono stati enucleati alcuni criteri di appropriatezza per il RO.
Il RO può considerarsi appropriato
A) Se le condizioni di salute richiedono una assistenza ed un monitoraggio continui (esempio:
scompensi comportamentali, crisi epilettiche ingravescenti)
B) Se vi è la necessità di effettuare terapie specifiche che prevedono attento monitoraggio delle
condizioni cliniche
C) Quando vengano rilevate problematiche psico-sociali che rendono di difficile attuazione altre
modalità di ricovero (esempio: bambino molto piccolo con importanti disturbi di adattamento che
risente sfavorevolmente dei trasferimenti resi necessari dal ricovero in DH; importanti
problematiche psico-sociali della famiglia che richiedono una valutazione prolungata delle relazioni
familiari).
Nella prima giornata di ricovero il paziente e la famiglia hanno un primo incontro con il medico, per
l'accettazione sanitaria e per un primo colloquio anamnestico. Successivamente il bambino viene
preso in carico dall'educatore professionale, che a sua volta effettua un breve colloquio con i
genitori e una prima valutazione del bambino.
Successivamente gli operatori tutti si riuniscono per discutere del caso, decidono le valutazioni da
avviare e l' agenda .
Solitamente la prima valutazione diagnostica richiede 9- 10 giorni di valutazione.
Il team può avere ulteriori momenti di discussione sul caso e di rivalutazione del percorso avviato.
In ogni caso a conclusione del percorso il team si riunisce, per un tempo variabile a seconda della
complessità del caso ( fra i 20 e i 60 minuti) e discute la diagnosi, il profilo funzionale e
l'indicazione all'intervento . Nel corso della discussione si cerca l'accordo fra gli operatori. In caso
questo non sia possibile lo specialista esperto rivaluta il bambino e formula la sua diagnosi
definitiva.
Con i genitori viene effettuato un colloquio conclusivo, nel corso del quale viene anche consegnata
una dettagliata relazione di dimissione.
Contestualmente vengono previsti ulteriori approfondimenti e si concordano le modalità in cui
saranno effettuati.
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3.Individuazione di criteri per la programmazione dei controlli
A questo proposito appare opportuno distinguere i controlli veri e propri , programmati al fine di
monitorare l’evoluzione del disturbo nel suo insieme o per qualche specifico aspetto, dai ricoveri
successivi al primo, programmati o per completamento diagnostico o per affrontare un nuovo
problema di salute (sia che si tratti di una complicanza(es. scompenso comportamentale) che di
una patologia in comorbidità(es. crisi epilettiche, episodi depressivi in adolescenza, episodi
psicotici, etc.).
L’emergenza di tali nuovi problemi di salute dovrà essere affrontata facendo ricorso a specifici
percorsi assistenziali per il problema considerato.
Potrà essere prevista una rivalutazione diagnostica nei casi in cui la diagnosi rimanga dubbia (
bambino molto piccolo, presenza di ritardo dello sviluppo che non consente una diagnosi
affidabile, dati clinici incoerenti, diagnosi differenziali complesse, etc).
In questo caso il dubbio sulla diagnosi viene chiaramente espresso e motivato nella relazione di
dimissione e discusso con i genitori.
Per quanto riguarda i controlli veri e propri si prevedono controlli frequenti nel bambino
piccolo, quando il disturbo è in via di organizzazione (ogni 6 mesi) sempre in regime di ricovero o
in regimi di Day Service.
A quadro clinico stabilizzato (età superiore ai 5-6 anni) i controlli potranno essere previsti con
frequenza molto inferiore, eventualmente in coincidenza con particolari momenti evolutivi
(decisioni in merito alla prosecuzione di interventi scolastici e riabilitativi, passaggio a scuole di
ordine superiore,etc) o con la necessità di monitorare trattamenti farmacologici . Controlli più
frequenti si rendono necessari laddove manchi sul territorio una presa in carico adeguata .
I controlli sono effettuati prevalentemente in regime ambulatoriale o ambulatoriale
multispecialistico (Day Service), ad eccezione dei casi precedentemente descritti.
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Percorso assistenziale nei Bambini con ASD (primo ricovero)
Riportiamo qui il percorso diagnostico di riferimento con il razionale alla base della scelta, in
riferimento alle linee guida e all'esperienza maturata dal team diagnostico negli ultimi anni
Esami da eseguire sempre
• Anamnesi ( preoccupazioni dei genitori, vita del bambino in famiglia, a scuola, in altri contesti
sociali, storia dello sviluppo con particolare riferimento allo sviluppo socio- comunicativo e alla
presenza di interessi ristretti e stereotipati, anamnesi medica familiare, pre e perinatale , stato di
salute presente e passato)
• Esame obbiettivo ( con particolare attenzione alla presenza di segni cutanei indicativi di sclerosi
tuberosa o neurofibromatosi, segni dismorfici, macrocrania o microcrania, segni relativi ad
automutilazioni o maltrattamenti. Non c'è tradizione nel nostro ospedale di uso di lampada di
Wood, che pertanto non sarà usata, in questo discostandoci da quanto suggerito dalle Linee
Guida )
• Valutazione psichiatrica senza strumenti standardizzati:
• nel bambino piccolo e non verbale : osservazione del comportamento spontaneo del bambino
, nella relazione con i genitori e con l'esaminatore , senza proposta di stimoli particolari.
Valutazione delle eventuali iniziative del bambino e della sua risposta alle iniziative
dell'esaminatore. Valutazione del gioco e delle competenze comunicative. Valutazione della
presenza di stereotipie ,interessi sensoriali anomali, iper focus su materiali particolari, disagio
al cambiamento
• nel bambino più grande ,verbale :colloquio , disegno spontaneo e su richiesta
• nell'adolescente verbale : colloquio
• Valutazione psichiatrica con strumenti standardizzati : questionari compilati dai genitori
• CBCL ( in tutti i casi, forma adeguata all'età). La CBCL è un questionario che ha dimostrato
ottime proprietà psicometriche ed è utilizzabile non solo per la diagnosi di ASD(7) ( nella
forma adatta a b. di età compresa fra i 18 mesi e i 5 anni ), ma anche per orientare in merito
alla presenza di comorbidità psichiatriche, che vanno sistematicamente ricercate
• EDQ questionario finalizzato a registrare la presenza di regressione
• RBSR (per la valutazione dei comportamenti ristretti e stereotipati) Il Repetitive Behavior
Scale-Revised (RBS-R) è un questionario che mira a registrare accuratamente tutta la
gamma di interessi ristretti e stereotipati( comportamenti ritualistici, comportamenti
stereotipati, comportamenti autolesivi, compulsioni,interessi ristretti) . La registrazione
precisa dei comportamenti ristretti e ripetitivi non era in passato al centro dell'indagine
diagnostica. I nuovi criteri DSM 5 richiedono al contrario una chiara documentazione di
questi(8
• Sensory Profile. Anche lo studio del profilo sensoriale con la descrizione dei diversi profili
di attivazione ha assunto importanza notevole ai fini della diagnosi DSM5. Il Sensory
Profile è un questionario standardizzato che identifica e documenta come l'elaborazione
sensoriale contribuisce a o interferisce con le attività della vita quotidiana ed è di supporto
allo sviluppo di programmi di intervento
• YSR nei ragazzi verbali di età superiore agli 11: questionario di autovalutazione con
classificazioni di tipo dimensionale che misura problemi emotivi, comportamentali e
competenze degli adolescenti. ( per la diagnosi di comorbidità)
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• Valutazione psichiatrica con strumenti standardizzati (ADOS 2) . L'ADOS 2 (10)entrato
nell'uso dal 2013 , nella sua forma T può essere usato a partire da 12 mesi di età e
dall'acquisizione della deambulazione autonoma. Consente una rilevazione del rischio di
ASD ed una sua quantificazione ( Da poco a nessun rischio, Rischio da lieve a moderato
oppure Rischio da moderato a severo ). Oltre i 30 mesi l'ADOS 2 consente la diagnosi di
ASD ed anche una indicazione della sua gravità tramite il Severity Score
• Valutazione psicoeducativa prolungata individuale con uso di scale diagnostiche (CARS;
TRF;LAP;BAB, MS4-8)
• Valutazione degli apprendimenti strumentali (in base all’età e al livello di scolarità)
• Valutazione psicoeducativa di gruppo . Un criterio che deve essere soddisfatto perché possa
essere fatta diagnosi di ASD secondo il DSM 5, è quello relativo al deficit nello sviluppare , nel
mantenere e nel comprendere le relazioni , che vanno da difficoltà nell’adattare il comportamento
ai diversi contesti , a difficoltà nel condividere il gioco di immaginazione e nel fare amicizia, fino
ad un apparente assenza di interesse verso i pari. Quando le informazioni provenienti dai genitori
o dalla scuola sono contraddittorie, la possibilità di osservare il comportamento del bambino o
dell'adolescente in un contesto ecologico come quello rappresentato dal setting educativo di
gruppo, permette di dirimere il quesito ( frequente nei casi di ASD ad alto funzionamento che
possono mostrare competenze comunicative apparentemente adeguate nella relazione individuale
con l'esaminatore, in particolare durante prove strutturate)
• Questionari per la valutazione del linguaggio e consulenza logopedica
• Mc Arthur forma 1 per bambini fino a 3 anni ( comprensione, gesti e parole singole)
• Mc Arthur forma 2 per bambini fino a 6 anni ( quando sono presenti associazioni di
parole)
• Counseling genitori- bambino (entro i 6 anni).
• Valutazione del livello adattivo(Vineland)
• Consulenza dismorfogenetica . Si prende atto delle linee guida che consigliano consulenza
genetica in tutti i casi . Di fatto attualmente sono utilizzabili competenze presenti all'interno
dell'Istituto, con lunga esperienza nel campo.
Esami da eseguire se non effettuati in precedenza
• Esame audiometrico
• Esami ematochimici di routine, screening celiachia, ormoni tiroidei, esami per screening
neurometabolici
• EEG di veglia e sonno con videoregistrazione (V. Appendice A, per ulteriori dettagli)
• Array CGH .**Attualmente e coerentemente con le linee guida l'Array CGH è il test genetico di
prima scelta nei pazienti con ASD
• Frax (tranne in casi di microcefalia) . Ci differenziamo dalle linee guida che indicano tale esame
solo nei maschi, sulla base della nostra esperienza. Nel corso del 2013 sono pervenuti al
laboratorio di neuro genetica presso il nostro Istituto 226 richieste di analisi molecolare FMR1
per Disturbo Pervasivo dello Sviluppo. Per 4 di questi soggetti (1,7%) è stata documentata una
anomalia genetica FMR1, 1 maschio Full Mutato, 2 Femmine Full Mutate e 1 Femmina
permutata. (11) Riteniamo pertanto non giustificato escludere le bambine dall'indagine
molecolare FMR1
Esami da eseguire in base a precisi snodi decisionali
• Esame psicologico (il paziente è valutabile in contesto strutturato).
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Psichiatria dello sviluppo
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• Valutazione neuropsicologica ( in caso il profilo cognitivo del bambino mostri forti decalages
funzionali , disturbi attentivi o di memoria,etc)
• Esame analitico del linguaggio (il paziente è verbale ed è valutabile in contesto strutturato)
• Consulenza psicomotoria (il b. presenta disturbi prassici)
• ADI R (il bambino ha un’età cronologica superiore a 4 anni ed un’età mentale superiore a 18
mesi). Per quanto in letteratura siano presenti due studi che sperimentano nuovi algoritmi
diagnostici per bambini di età inferiore ai 4 anni, non sembrano ancora ben stabiliti cut off
soddisfacenti per la clinica , pertanto si ritiene opportuno limitare l'uso di una procedura time
expensive come l'ADI -R a bambini di età superiore ai 4 anni. Poiché l'ADI-R contribuisce a
creare un contesto di comprensione approfondita della natura dell'autismo, l'uso di tale intervista è
particolarmente consigliato nel caso in cui per i genitori sia difficile capire la natura delle
difficoltà del loro bambino.
• KSADS ( (bambino di età superiore agli 8 anni e adolescente con comorbidità psichiatrica)
• Test proiettivi : CAT , TAT, Rorscharch ( bambini ed adolescenti verbali per i quali si sospetti
comorbidità psichiatrica)
• Consulenza UO1 (il b. presenta segni neurologici specifici)
• Consulenza neuroradiologica (il paziente ha eseguito una RMN altrove, con referto dubbio)
• RMN con spettroscopia ( sofferenza perinatale, EEG focale, regressione, dubbio di malattie
metaboliche, profili neuropsicologici particolari, che mostrano una compromissione specifica di
funzioni come attenzione, memoria, funzioni esecutive)
• PEA di soglia (esame audiometrico dubbio)
• ECG,Prolattina, prove emogeniche (indicazione ad un trattamento psicofarmacologico)
• Array CGH dei genitori ( Array del bambino patologico.)
Percorso assistenziale nei DPS (Ricoveri di controllo)
Esami da eseguire sempre
Aggiornamento anamnestico
Esame neurologico
Valutazione psichiatrica senza strumenti standardizzati
Valutazione psichiatrica con strumenti standardizzati (CBCL,
SCQ (dai 4 anni) .Il SCQ è un questionario che aiuta a valutare le capacità comunicative, sociali e
relazionali di bambini che possono avere disturbi dello spettro autistico. La Forma Ultimi tre mesi si
utilizza per rilevare cambiamenti nel tempo di soggetti già diagnosticati come autistici. Si compila
facendo riferimento al comportamento del soggetto negli ultimi tre mesi e fornisce risultati utili per
la comprensione delle esperienze di vita giornaliere e per la valutazione del trattamento e dei
progetti educativi.
Valutazione pedagogica prolungata con uso di scale diagnostiche (CARS; TRF;LAP;BAB, MS4-8))
Consulenza logopedica
Counseling madre-bambino
Valutazione del livello adattivo(Vineland) e della qualità di vita della famiglia(Livello di
accettazione del problema da parte dei genitori e dei fratelli, disponibilità di interventi terapeutici e
riabilitativi, qualità dell’inserimento scolastico, integrazione del bambino e della famiglia nel
tessuto sociale)
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Esami da eseguire in base a precisi snodi decisionali
Esame psicologico (il paziente è valutabile in contesto strutturato. Clinicamente si apprezza un
cambiamento rispetto alla prima osservazione )
ADOS nei casi in cui per età o per sviluppo del linguaggio risulti appropriato l'uso di un modulo
ADOS diverso da quello precedentemente utilizzato
Esame analitico del linguaggio (il paziente è verbale ed è valutabile in contesto strutturato
Valutazione degli apprendimenti strumentali (in base all’età e al livello di scolarità
Consulenza UO1 (segni neurologici specifici)
Consulenza neuroradiologica (il paziente ha eseguito una RMN altrove, con referto dubbio)
EEG di veglia e sonno con videoregistrazione (sulla base del giudizio dell’epilettologo, in base ai
criteri definiti in Appendice A)
PEA di soglia (esame audiometrico dubbio)
ECG,Esami ematochimici per controllo effetti collaterali (il paziente sta effettuando un trattamento
psicofarmacologico).
Percorso obbiettivo. Modifiche proposte al percorso .
Si propongono alcune modifiche da apportare al percorso per adeguamento alle linee guida.
Si propone di aggiungere ai questionari in uso i seguenti :
• Sensory Profile 2 utilizzabile fino ai 15 anni, con una versione per gli insegnanti
• PSI ( per genitori di bambini da 1 mese a 12 anni) Il Parenting Stress Index è pensato per la
valutazione dello stress genitoriale. Lo strumento si basa sull’assunto che lo stress che un genitore
sperimenta è frutto congiunto di determinate caratteristiche del bambino, del genitore stesso e di
una serie di situazioni strettamente legate al ruolo di genitore. Si propone per avere uno strumento
di valutazione e monitoraggio dello stress genitoriale
• CCC2 : per bambini di età superiore ai 4 anni con linguaggio fluente. È un test che valuta la
presenza di problemi nel linguaggio e nella comunicazione di bambini e ragazzi. Nello specifico
consente di individuare i problemi comunicativi di natura pragmatica e difficili da valutare con i
test tradizionali.
• Language Use Inventory : valuta lo sviluppo del linguaggio, sul piano pragmatico, nei bambini
di età compresa fra i 18 e i 47 mesi. Si propongono per avere uno strumento di valutazione
laddove non sia possibile una valutazione strutturata del linguaggio.
Alle valutazioni si propone di aggiungere
• Osservazione familiare ( oltre i 6 anni di età). Si ritiene necessario avere almeno una osservazione
del bambino in interazione con i genitori. Questo è solitamente scontato per il bambino piccolo ,
per il quale gran parte delle osservazioni è effettuata in presenza dei genitori, ma non altrettanto
per il bambino in età scolare o per l'adolescente, pertanto essa va esplicitamente prevista
Fra gli esami biologici si propone
• Esame cromosomico standard nei casi in cui ci sia un fenotipo suggestivo di patologia
cromosomica ( trisomia 21, trisomia 13, sindrome di Turner o Klinefelter), nei casi in cui c'è una
storia di aborti ripetuti o in tutti gli altri casi in cui sia sospettabile la presenza di traslocazioni
bilanciate.
MECP2 : in tutte le bambine
PTEN nei casi di Macrocrania >2.5 DS
Tali raccomandazioni provenienti dalle linee guida dell'American College of Medical Genetics
and Genomics (2013) saranno proposte alla consensus conference nell'Istituto.
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Il trattamento dei Disturbi autistici nei bambini e negli adolescenti
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9)Fulceri, F, Baldini S, Narzisi A. et al
Valutazione dei comportamenti ristretti e ripetitivi nei bambini di età prescolare con Disturbi dello
Spettro Autistico.
Autismo, 2014/1
10)Colombi C., Tancredi R, Persico A., Faggioli R.
ADOS 2 . Versione italiana
Hogrefe,2013
11)Tancredi R., Fulceri F.
FMR1 e autismo - Convegno" FMR1 e la sua patologia neuropsichiatrica" Calambrone, 22 marzo
2014
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