Dalla lente di ingrandimento ai camici bianchi Nella

SCUOLA DI ALTA FORMAZIONE IN SCIENZE
CRIMINOLOGICHE - CRINVE
Istituto FDE, Mantova
DALLA LENTE DI INGRANDIMENTO
AI CAMICI BIANCHI
Relatore: Sost. Comm. Luigi Caracciolo
Tesi di
Motta Jessica
Matricola CRINVE944D
ANNO FORMATIVO 2011/2012
Sommario
Introduzione ........................................................................................................................... 3
La nascita del pensiero criminologico ................................................................................... 6
Cesare Lombroso ............................................................................................................... 7
La fisiognomica criminale .............................................................................................. 8
La criminologia.................................................................................................................... 10
Il numero oscuro .............................................................................................................. 11
La criminologia clinica .................................................................................................... 11
I detective di tutto il mondo ................................................................................................. 14
Il manuale del perfetto investigatore................................................................................ 14
Le scienze forensi ................................................................................................................ 17
Grafologia forense ........................................................................................................... 18
Gli strumenti del grafologo .......................................................................................... 23
Antropometria forense ..................................................................................................... 24
Gli strumenti antropometrici ........................................................................................ 24
Dattiloscopia forense ....................................................................................................... 25
Gli strumenti del dattiloscopista ................................................................................... 28
Balistica forense ............................................................................................................... 29
Gli strumenti del balistico ............................................................................................ 30
Chimica e tossicologia forense ........................................................................................ 31
Gli strumenti del chimico................................................................................................. 32
Informatica forense .......................................................................................................... 33
Gli strumenti dell’informatico ...................................................................................... 36
Camici bianchi e investigatori sulla scena del crimine........................................................ 37
Bibliografia .......................................................................................................................... 39
Siti Web ............................................................................................................................... 39
2
Introduzione
Il termine investigazione, deriva dal latino in (particella) e vestigare (cercare
attentamente); a sua volta vestigare deriva da vestigia, come sinonimo di orma/traccia.
Grazie al significato etimologico, è possibile definire il termine investigazione, come
qualsiasi attività finalizzata a ricercare delle tracce.
Se si volesse indicare una data rappresentante la nascita dell’investigazione moderna, si
potrebbe citare il celebre ed insoluto caso di Jack lo Squartatore del 1888. Nascono in quel
momento la pratica e l’immaginazione dell’investigazione: Sherlock Holmes è un
contemporaneo di Jack the Ripper.
Il 1886 è l’anno che vede la pubblicazione dei primi libri relativi all’investigazione, tra i
quali “Lo strano caso del Dottor Jekyll e di Mister Hyde” di Stevenson, “Al di là del bene
e del male” di Nietzsche, o ancora il terzo volume delle “Lezioni di Charcot”, e la
“Psicopatia sexualis” di Krafft-Ebing. Ovviamente però, si tratta di una data di carattere
puramente simbolico.
Dal 1886, l’investigazione ha subito un’evoluzione non indifferente, oggi non ancora
arrestatasi. La cosiddetta arte di investigare, inizia ad assumere importanza anche
all’interno del pubblico, grazie alla nascita del romanzo giallo, tra cui le avventure di
Sherlock Holmes dalla penna di Arthur Conan Doyle.
Alla base del concetto di investigazione, si trova il principio di Locard, già presente
all’epoca di Sherlock Holmes, e individuato, ancora oggi, come fondamentale nella
risoluzione di un delitto.
Secondo il principio di Locard, ogni contatto lascia una traccia. Ognuno di noi è come un
personaggio dei fumetti, spostandosi porta con sé una nuvoletta del proprio ambiente, delle
cose che ha toccato, dei posti in cui è andato, di ciò a cui ha lavorato. Ognuno ha una
nuvoletta diversa: un insegnante porterà con sé tracce di gesso e un saldatore pezzetti di
metallo.
Un tempo si utilizzava la tortura per ottenere le confessioni, oggi invece è possibile
ottenere “confessioni” anche da un cadavere, da un computer, da un cellulare.
Oltre agli strumenti, si sono evoluti anche gli organi che si occupano di questa materia; a
partire dagli investigatori privati, i R.I.S., la polizia scientifica, ognuno specializzato nei
diversi ambiti della scienza forense.
3
Lo scopo della mia tesi è proprio quello di descrivere l’evolversi dell’indagine svolta
inizialmente con il solo ausilio della lente di ingrandimento, a partire dal suo concetto
puramente etimologico e astratto risalente al XIX secolo nel periodo dell’Illuminismo e
delle prime scuole di diritto penale volte alla punizione degli individui con un
comportamento diverso da quello consentito dalla comunità, fino ad arrivare al posto che le
investigazioni occupano ora, quando gli investigatori che utilizzano la lente di
ingrandimento e altri strumenti, indossano un camice bianco.
Relativamente ai progressi tecnologici e scientifici, attualmente sono molti gli interrogativi
che ci si pone riguardo i limiti dell’agire di due tipi di indagine: quella classica e quella
scientifica.
Come in ogni campo, anche nell’investigazione, dovrebbe esserci una chiara distinzione
delle sfere di potere, che ultimamente sempre più non viene rispettata. La diversa
collocazione di indagine classica e scientifica, rappresenterebbe la combinazione perfetta
nella risoluzione dei delitti.
Ogni delitto contiene la firma del colpevole, nascosta in infinite possibilità di tracce.
Possiamo trovare impronte digitali, orme di scarpe, sostanze di qualunque tipo, fibre tessili,
proiettili, ecc…
Compito dello scienziato forense, relativo alla sfera dell’investigazione cosiddetta
scientifica, è quello di individuare queste tracce su tutte le scene del crimine collegate al
delitto in sé, e tradurre il messaggio contenuto in esse: raccogliere tracce e formulare tesi.
Ogni giorno ci troviamo di fronte a reati sempre più complicati, a criminali sempre più
abili e tendenti all’invisibilità; parallelamente però assistiamo allo sviluppo della
tecnologia che permette di rinvenire tracce fino a una decina di anni fa impensabili. Si
pensi ad esempio al progresso della chimica nell’analisi del DNA, alla crescita dei database
contenenti informazioni sempre più aggiornate su semplici ladri o criminali seriali, oppure
allo sviluppo di software informatici che permettono di archiviare, confrontare e studiare
dati multimediali.
La mia tesi è divisa principalmente in tre parti: nella prima è contenuta l’evoluzione delle
varie scuole di pensiero che hanno portato all’utilizzazione del termine criminologia; la
seconda parte ha come oggetto principale il significato di quest’ultimo termine; nella
successiva il contributo che i miti della letteratura di tutto il mondo hanno offerto allo
sviluppo dell’investigazione; una quarta parte riguarda l’utilizzo della criminalistica nella
4
fase investigativa; e infine un breve commento relativo al contributo della criminalistica
all’interno della criminologia.
La tesi da me realizzata è stata possibile grazie alle informazioni raccolte presso la sede del
R.I.S. di Parma datemi dal Comandante Colonnello Giampietro Lago e dal Capitano della
sezione di dattiloscopia; al corso di “Digital Forensics and Cybercrime Investigation”
tenuto a Roma da esperti in informatica forense al quale ho assistito; al corso a cui ho
partecipato a Mantova, presso la Scuola di Alta Formazione in Scienze Criminologiche, e
ad informazioni raccolte con l’aiuto di Internet e vari libri. Questo grazie ad un profondo
interesse che affonda le radici in una passione che nutro fin da quando ero piccola.
5
La nascita del pensiero criminologico
1
La criminologia come scienza, nasce nel XIX secolo quando per la prima volta vengono
studiati in modo empirico i fenomeni delittuosi, prima considerati di carattere morale e
giuridico.
Con l’Illuminismo, si diffuse l’ideologia di liberare la mente degli uomini dal dispotismo,
dall’ignoranza e dalla superstizione, attraverso la ragione. In questo clima, nacque il
pensiero penalistico moderno fondato sui principi di libertà ed uguaglianza che si
consolidò grazie a Cesare Beccaria.
In Italia i principi dell’Illuminismo si diffusero solo nel XIX secolo costituendo la Scuola
Classica del diritto penale che si riconduceva ai principi liberali, secondo cui l’uomo era
libero nelle proprie scelte, ma responsabile di se stesso e punibile. In questa scuola di
pensiero, considerando l’assoluta libertà di agire dell’individuo, il delitto era considerato
un’entità completamente astratta, indipendente dalle condizioni individuali e sociali
dell’individuo.
In seguito alla crescita del capitalismo industriale, si andò affermando la concezione delle
classi pericolose considerate gruppi di individui privi di senso morale, di volontà e di
iniziativa, carichi di vizi e degenerati, responsabili delle misere condizioni di vita e della
criminalità. Queste idee non furono totalmente infondate in quanto supportate dal
“darwinismo sociale”, sostenitore dell’evoluzione della specie e della selezione naturale
che mirava all’eliminazione degli inetti, e dall’ideologia borghese della volontà di successo
nell’iniziativa imprenditoriale, in un ambiente dove regnava il liberismo assoluto.
Il filantropismo fu il nuovo filone affermatosi nel XIX secolo, rivolto all’aiuto e alla carità
dei bisognosi che portò alla nascita delle associazioni di soccorso per i carcerati per
eliminare il pensiero delittuoso con l’assistenzialismo umanitario.
L’entità astratta del reato cominciò a dissolversi verso la metà del XIX secolo in seguito
agli studi statistici per l’impiego della scienza nei fenomeni criminosi, che correlarono
l’ambiente all’individuo, individuando il reato come il risultato dell’influenza
dell’ambiente sociale sul soggetto: concetto che prese il nome di determinismo sociale.
1
G. PONTI, I. MERZAGORE BETSOS, “Compendio di criminologia”, Milano 2008, pp. 54 – 77. Con
particolare attenzione alla suddivisione delle varie scuole di pensiero relative allo sviluppo e alla nascita della
criminologia come scienza.
6
Il 1876, fu l’anno della svolta, in cui Cesare Lombroso, fondatore dell’antropologia
criminale, pubblicò il suo libro “Uomo delinquente” all’interno del quale individuò le
metodologie per l’analisi eziologica del crimine.
Da qui la criminologia continuò a muoversi secondo due filoni: quello sociologico,
secondo cui lo scopo della criminologia dovrebbe essere quello di individuare le cause
della delinquenza nella criminalità, e quello antropologico che vede nella criminologia il
ruolo di individuare gli elementi anormali o diversi dei delinquenti, per spiegarne i motivi
che li spingono a diventare criminali. Questi due filoni appaiono oggi collegati in quanto
sono essenziali entrambi per poter comprendere le condotte criminose.
Alla Scuola Classica, si contrappose la Scuola Positiva, i cui principi si tradussero in un
vero e proprio programma di politica penale secondo cui una volta accertata la
colpevolezza di un individuo, la pena doveva essere sostituita da una misura di difesa
sociale, commisurata alla pericolosità del criminale.
Alla Scuola Positiva si deve quindi il merito di aver introdotto il principio
dell’individuazione della sanzione e del trattamento individualizzato del delinquente.
Nel XIX secolo, si diffuse anche il pensiero marxista che evidenziò una concezione della
criminalità, presente ancora oggi, secondo cui i delitti sono le dirette conseguenze
dell’economia capitalistica caratterizzata da ingiustizie e squilibri che spingono gli
appartenenti al sottoproletariato ad attuare rivolte con lo scopo di sconfiggere il
capitalismo instaurando la dittatura del proletariato.
Da qui deriva la celebre frase di Karl Marx “le circostanze fanno gli uomini non meno di
quanto gli uomini facciano le circostanze”.
Cesare Lombroso
Nonostante le varie scuole di pensiero, si deve attribuire a Cesare Lombroso il merito
dell’affermazione della criminologia come scienza. Fu lui infatti il primo ad avere
avvicinato la criminologia all’utilizzo dei metodo biologici per lo studio dell’autore del
reato.
Questo parallelismo tra scienza e criminologia, deriva sicuramente dalla figura di medico 2
da lui rivestita.
2
Grazie alla figura di medico, Cesare Lombroso, si colloca con storica concretezza tra l’intellettualità
scientifica italiana che intorno alla metà del xıx secolo si riconosceva a tutti gli effetti come “generazione
ereditaria” delle conoscenze teorico-pratiche atte a leggere in maniera esauriente la realtà sanitaria della
7
Lombroso in particolare si pone come figura di primo piano delle vicende della categoria
di soggetti che utilizzano l’intellettualità scientifica, osservando la realtà con sguardo
accorto e prettamente clinico, la studia e propone terapie e prevenzione per tutti i diversi
problemi che affronta.
Uno dei segni ereditati dalla scuola positivista, che vedeva nella scienza l’unico modello di
conoscenza possibile, riguardano il suo metodo di indagine di natura empirista, secondo
cui è possibile formulare una teoria solo sulla base di approfonditi esperimenti; da qui
deriva il suo metodo di indagine suddiviso in 3 fasi:
1. l’osservazione di anomalie fisio-patologiche attraverso numerosi esperimenti;
2. lo studio degli esperimenti attraverso la raccolta dei dati ottenuti;
3. la formulazione delle conclusioni.
La fisiognomica criminale
La convinzione di Lombroso stava nel fatto che la costituzione fisica era la più potente
causa di criminalità, e diede così vita alla dottrina fondata su una considerevole quantità di
investigazioni craniometriche sulle scatole craniche dei criminali: studio che prese il nome
di fisiognomica.
Ma Lombroso non limitò la propria indagine al cranio, considerando anche le altre parti del
corpo umano e arrivò a determinare le caratteristiche fisiche del delinquente nato: la testa
piccola, la fronte sfuggente, gli zigomi pronunciati, gli occhi mobilissimi ed errabondi, le
sopracciglia folte e ravvicinate, il naso torto, il viso pallido o giallo, la barba rada: tali
caratteristiche renderebbero difficile o addirittura impossibile il suo adattamento alla
società moderna e lo spingerebbero sempre di nuovo a compiere reati.
La conclusione generale dell’investigazione, la quale include anche un certo numero di
caratteristiche sociologiche, è che i criminali, considerati in blocco, sono un gruppo di
individui inferiori sociologicamente e biologicamente la quale inferiorità fisica è
soprattutto di natura ereditaria.
Secondo Lombroso il vero carattere che distingue la nostra dalle epoche antiche, sta nel
trionfo della cifra sulle opinioni vaghe, sui pregiudizi e sulle superstizioni. L’uso della
statistica, quindi, non si ferma alla pura catalogazione sistematica dei dati raccolti, ma offre
nazione (salute/malattia, rapporto dell’uomo con l’ambiente, normalità e differenze sociali) ed esprimere
progetti per modificarla.
Una maggiore affermazione della sua figura di medico, avvenne in seguito ai numerosi sui contatti di
carattere medico-scientifico con Charles Darwin.
8
importantissimi spunti e prove per sviluppare le teorie conclusive relative ad un
determinato studio.
9
La criminologia
Cesare Lombroso e la fisiognomica, rappresentano grandi contributi all’affermazione della
criminologia.
Con il termine criminologia si intende lo studio del crimine e del comportamento, e fa
parte dell’insieme delle scienze criminali, al cui interno troviamo il diritto penale, il diritto
penitenziario, la politica criminale, la psicologia giudiziaria, giuridica, ecc.
Una prima caratteristica che differenzia la criminologia dalle altre scienze criminali, è
l’ampiezza del campo di indagine, che comprende i fatti criminosi e i loro aspetti
fenomenologici, gli autori dei delitti, con le loro caratteristiche psicologiche e le situazioni
ambientali che influenzano il loro agire, i diversi tipi di reazione sociale che il delitto
suscita, le conseguenze del crimine sulle vittime e infine, più in generale, la criminologia si
occupa della devianza, anche nelle sue manifestazioni non delittuose.
3
La criminologia è pertanto una scienza multidisciplinare in quanto si occupa dei fenomeni
delittuosi secondo molteplici prospettive e competenze, ma anche interdisciplinare poichè
necessita di comunicare con le altre scienze per risolvere questioni in cui devono
contribuire diverse professionalità; infine è una scienza dell’uomo, poiché studia il
comportamento umano in tutti i suoi aspetti.
“La criminologia si è sviluppata utilizzando i metodi di ricerca delle altre scienze
dell’uomo, specie della psicologia, della psichiatria, della sociologia e del diritto, ma
anche dell’endocrinologia, dell’economia, della storia, della psicanalisi, della genetica,
della scienza politica, con una varietà di approcci che dimostra come non esista una
scienza dell’uomo che non possa fornire un contributo allo studio del crimine” (T. Bandini
e coll., 1991)
La criminologia si identifica: come scienza empirica in quanto si basa sull’osservazione del
crimine, e non su presupposti teorici; come scienza eziologica poiché ricerca i fattori
causali dei fenomeni criminosi e infine clinica perché il criminologo interviene
operativamente sui fatti criminosi e sull’individuo.
I metodi di indagine utilizzati dalla criminologia, si possono suddividere sostanzialmente
in tre grandi categorie: l’osservazione riguardante la psicologia, l’ambiente famigliare o i
precedenti del reo, le ricerche statistiche effettuate in diversi ambiti, (settoriale condotta in
particolari contesti, come le carceri; su gruppi campione, intesi come numero limitato di
3
G. PONTI, I. MERZAGORA BETSOS, op. cit., pp. 8 – 10
10
persone che dovrebbero rappresentare l’intera popolazione; operative, per verificare i
risultati prodotti da nuove forme di risocializzazione o legislative; storiche, che studiano
nel tempo determinati fenomeni, le leggi o le pene); e infine l’indagine sul campo, per
studiare la criminalità di diversi ambienti, gruppi o culture.
Il numero oscuro
A proposito della statistica, il limite alle indagini criminologiche deriva dal fatto che il
numero dei dati utilizzati, è solitamente relativo rispetto a quello reale, in quanto non
vengono presi in considerazione i reati nascosti, non denunciati alla polizia o ai privati.
4
Con il termine numero oscuro, si intende quindi l’ammontare dei reati che non risulta
dalle fonti ufficiali; a questo va poi aggiunto il problema della non identificazione
dell’autore dei reati accertati.
Il numero oscuro quindi, non si riferisce solo ai fatti delittuosi non denunciati e che quindi
non mettono in moto le indagini per la repressione e la punizione, ma anche alla mancata
identificazione dell’autore di delitti noti.
La criminologia clinica
«5L’investigazione è, o meglio dovrebbe essere, una scienza esatta, e come tale dovrebbe
essere trattata con freddezza, senza interpolazioni emotive.»
Stesso discorso può essere fatto per quello che riguarda la medicina. Questa è una prima
affermazione che permette di tracciare una sorta di parallelismo tra metodo investigativo e
metodo clinico.
Nella televisione, nella letteratura, e anche nella realtà, si può notare infatti questa
collaborazione che piano piano si è venuta a creare tra investigatori e medici.
Fu proprio Arthur Conan Doyle6 a riprendere questo parallelismo, già messo alla luce da
Lombroso.
Nei romanzi di Sherlock Holmes, vediamo infatti il protagonista, sempre “assistito” dal suo
fedele amico Dr Watson; ripercorrendo a ritroso la storia della nascita del più grande
4
PONTI, MERZAGORA BETSOS, op. cit., pp. 40 – 41
A. CONAN DOYLE, “Il segno dei quattro”. Presentazione di O. DEL BUONO, p. 5
6
Arthur Conan Doyle (1859 – 1930) fu un medico, ma innanzi tutto uno scrittore.
Fu nel 1887 che Arthur Conan Doyle diede inizio al genere letterario “giallo”, reso innovativo grazie al
metodo della deduzione che caratterizzò i suoi romanzi.
Arthur Conan Doyle aveva appena aperto uno studio medico nel Southsea, sobborgo di Portsmouth, e questo
fu uno degli elementi principali, insieme alla sua grande disponibilità di tempo, che diede il via alla scrittura
delle avventure di Sherlock Holmes.
5
11
detective di tutti i tempi, troviamo il medico Arthur Conan Doyle, autore dei romanzi, che
per delineare il carattere e il metodo di Holmes, si ispira agli insegnamenti del suo
professore di medicina Joseph Bell: primo applicante del metodo abduttivo 7
nell’individuare ad occhio nudo le malattie dei propri pazienti.
8
La storia della letteratura poliziesca è ricca di figure di medici: medici che indagano in
prima persona, che affiancano i detective professionisti come esperti, medici assassini e
medici vittime. Per non parlare dell’ampio bagaglio tecnico medico-scientifico a cui gli
autori classici del poliziesco hanno spesso attinto per escogitare soluzioni raffinate per
delitti sempre più sofisticati. Sia nel romanzo sia nel cinema o nella fiction televisiva, il
medico-investigatore è generalmente un medico legale.
Un esempio offerto dalla televisione, può essere il Dr. House. In questo caso non si tratta
di investigazione, ma di medicina: la similitudine però, sia a livello formale che
sostanziale, è evidente.
Nella struttura narrativa House è assimilabile a Sherlock Holmes mentre il suo amico
Wilson è di fatto il Dr Watson. Il numero civico della residenza di House, il 221b, è lo
stesso dove si trovava l’abitazione di Holmes nella Baker Street descritta da Conan Doyle.
Il Vicodin9 che House prende può essere in fondo paragonato alla cocaina che Sherlock
Holmes di tanto in tanto assume sia per resistere alla noia della normalità sia per acuire la
concentrazione sul caso. Inoltre, lo schema mentale adottato da House per arrivare alla
diagnosi è molto simile a quello di Sherlock Holmes, basato sul ragionamento abduttivo.
Questi sono solo esempi che permettono di evidenziare una certa somiglianza tra i due
mondi.
7
L’esempio forse migliore che chiarisce il significato del termine abduzione, studiato da, filosofo Charles
Sanders Peirce, come incrocio tra l’utilizzo del metodo induttivo e deduttivo, è quello offerta da Umberto
Eco: «siete invitati a cena da un vostro amico e nel vostro piatto vedete del tonno, sul tavolo una scatoletta
di tonno aperta: ci possiamo scommettere che certamente penserete che il tonno del vostro piatto è uscito da
quella scatoletta ma si tratta soltanto di una abduzione.»
In altre parole, l’abduzione, fornisce un significato ipotetico. Le conclusioni a cui arriva l'abduzione non
sono mai definitive, ma aprono la strada a nuove ricerche e a nuove conclusioni.
La particolarità dell’abduzione, sta nel fatto che, contrariamente al metodo induttivo (secondo cui si
formula una regola, avendo a disposizione l’azione e il risultato) e al metodo deduttivo ( in cui il risultato
determinato è certo, poiché si è a conoscenza dell’azione e della regola), apre nuove strade al procedimento
di indagine, in quanto l’elemento da determinare è l’azione, conoscendo la regola e il risultato; ne consegue
che si procede per intuizione ed immaginazione, creando così una nuova conoscenza del processo che
induce a sperimentare nuove vie.
8
C. Rapezzi, “Presentazione dell’edizione italiana. Da Sherlock Holmes al Dr. House. Analogie fra pensiero
medico e metodo investigativo”.
9
Si tratta di un antidolorifico oppiaceo utilizzato per il trattamento del dolore. Non è in vendita in Italia, ma è
commercializzato solo negli Stati Uniti.
12
Per quello che riguarda il profilo storico, medicina e investigazione, hanno iniziato ad
affermarsi nello stesso periodo e all’interno della stessa classe sociale. Un’altra analogia, è
il tipo di lavoro che svolgono, da un lato il medico è colui che indagando i segni del male,
cerca di scoprirne la causa e ripristinare lo stato originario di benessere, dall’altro
l’investigatore individua, isola e distrugge il criminale, in grado di creare disordini nei
centri di potere e nel controllo dello stato.
A questo concetto di netta somiglianza, si è dato il nome di criminologia clinica; differente
è invece il significato di criminalistica che si sta affermando principalmente negli ultimi
anni in seguito agli sviluppi tecnici e scientifici.
10
La funzione primaria della Criminologia clinica è quella di integrare ed interfacciare le
Scienze criminali con le Scienze dell’uomo.
Il termine “clinica” è copiato dalla Scienza medica e si riferisce all’insieme degli interventi
del criminologo che tendono a riconoscere “curare” e prevenire i comportamenti illegali
nel singolo individuo.
L’osservazione criminologica prende quindi in considerazione i tratti di personalità del
soggetto, le caratteristiche dell’ambiente sociale in cui è inserito e il significato che psiche
e ambiente hanno avuto nei confronti del comportamento delittuoso relativi al soggetto
considerato. Contrariamente, la criminalistica, non si occupa di studiare il perché legato
alle ragioni sociali, ma il perché si è verificato un singolo evento in un determinato
contesto e tra determinate persone.
La criminologia è riferibile quindi a contesti più astratti, rispetto alle analisi prettamente
scientifiche e tecnologiche effettuate dalla criminalistica.
10
Ponti, Merzagora Betsos, op. cit., pp. 511 – 545
http://www.profilecrime.it/criminologia%20clinica.htm
13
I detective di tutto il mondo
Dalla fine dell’800 ad oggi, la figura del detective è stata rappresentata dalla letteratura, in
tutte le sue diverse sfaccettature.
In un romanzo di Arthur Conan Doyle, autore del famoso investigatore Sherlock Holmes,
il detective definisce le qualità necessarie all’investigatore ideale: capacità di osservazione,
deduzione e conoscenza, a queste poi nel corso degli anni, si sono aggiunte anche la
capacità di ricostruzione psicologica e ambientale della vittima e la capacità di individuare
le incongruenze all’interno di una scena del crimine.
In ambito letterario, gli scrittori di tutto il mondo, hanno associato il “proprio detective” a
una di queste caratteristiche: così in Inghilterra troviamo Sherlock Holmes nella veste di
“Osservatore”; in America Nero Wolfe che impersona il detective che utilizza la sua
“Cultura” come principale se non unico strumento di risoluzione del caso; in Belgio Poirot
che risolve i casi studiando il comportamento umano dei suoi sospetti; il Francia il
Commissario Maigret che si immedesima perfettamente nel mondo della vittima
fisicamente e psicologicamente; e infine a Los Angeles, l’italiano Tenente Colombo,
esperto nel trovare le incongruenze nella scena del crimine.
Il manuale del perfetto investigatore
Coltivare il metodo scientifico significa anche leggere buoni romanzi gialli?
Per quanto sorprendente possa essere la risposta, forse sì. Nella letteratura gialla che va dal
XIX secolo, ad oggi, abbiamo molti esempi di detective che possono confermare questa
teoria.
Partiamo da Sherlock Holmes11, il detective per antonomasia: in lui ricorrono numerose
caratteristiche che dovrebbe possedere l’investigatore privato, prime fra tutte, la capacità di
osservare.
Osservare, non guardare. Tutti sono in grado di guardare, si può guardare una mano e di
questa cogliere soltanto la sua grandezza o la sua forza, senza osservare, ad esempio la sua
11
A parte il metodo abduttivo caratteristico di Sherlock Holmes, e la sua dote dell’osservazione, il suo
metodo investigativo, è collegato inevitabilmente al periodo storico nel quale la figura di questo grande
detective è collocata: ossia il XIX secolo.
Le indagini di Sherlock Holmes testimoniano la comparsa della nuova forma di sapere che si è andata
delineando tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, ossia un sapere di osservazione clinico: un
sapere rivolto all’individuale in quanto individuale, che è all’origine delle scienze umane, dalla clinica alla
grafologia e alle varie antropologie.
14
secchezza, sintomo di un lavoro manuale da molti anni; o ancora, possiamo guardare una
parete, notando il bel colore con cui è stata dipinta, senza cogliere però un particolare
colore più chiaro in un determinato punto, indice che un quadro è stato spostato di recente.
«Tu vedi, ma tu non osservi. La differenza è chiara.» disse Sherlock Holmes al Dr Watson,
e la differenza di cui parla è proprio questa.
La vita è fatta di minuscoli dettagli che senza l’osservazione, vengono inevitabilmente
trascurati, non facendo caso che il più delle volte costituiscono invece la verità.
Quando si pensa a Sherlock Holmes, si pensa al suo metodo di indagine abduttivo,
pensando che all’interno di questo metodo sia nascosto chissà quale segreto, chissà quale
trucco e chissà quale dote particolare.
Sherlock Holmes non è un mago, non è un indovino, il detective di Baker Street è
semplicemente un uomo dotato di una grande capacità logica e di osservazione.
Soffermandoci un attimo su questo punto, perché lo strumento per eccellenza dei detective
è una lente di ingrandimento? Perché all’idea dell’investigazione viene collegata la lente di
ingrandimento?
Semplice, torniamo nuovamente al concetto dell’osservazione. L’occhio umano, anche se
ben allenato, spesso potrebbe non cogliere dettagli rilevanti, la lente di ingrandimento è
l’ausilio dell’investigatore.
Tutta l’arte investigativa gira intorno a questo grande simbolo. Certo però, ad essa deve
anche essere collegata una buona capacità di intuizione logica per poter utilizzare i risultati
dell’osservazione.
È proprio per questo motivo che viene sottolineata l’importanza del sopralluogo su una
scena del crimine. L’investigatore deve entrare nel luogo del reato, deve vedere con i suoi
occhi tutto ciò che circonda la vittima, anche un semplice capello, che potrebbe rivelare
l’identità del colpevole.
Se esistesse il manuale del perfetto investigatore, la capacità di osservazione, occuperebbe
sicuramente uno dei primi capitoli. Il seguente potrebbe essere la capacità di
immedesimazione che riprende il concetto dell’importanza del sopralluogo. Questa
caratteristica è rivestita perfettamente dal Commissario Maigret.
Il suo metodo investigativo consiste nell'immergersi nelle atmosfere dei luoghi in cui i
delitti sono stati commessi e, lasciandosi guidare dal proprio istinto, nell'immedesimarsi e
cercare di comprendere la personalità e l'umanità dei diversi personaggi di un caso
15
criminale, fino ad arrivare quasi a giustificare il loro comportamento e a cambiare la sorte a
cui sarebbero andati incontro.
L’originalità del Commissario Maigret consiste nel suo metodo: il non-metodo. Maigret
non segue schemi, non rispetta teorie, lui ascolta solo il suo istinto.
Si lascia guidare dalle proprie impressioni, s'immerge nella scena del crimine e ha la
capacità d'intuire la personalità dei diversi protagonisti di un caso e le loro passioni
nascoste. L’investigazione è un susseguirsi di tracce, di indizi, di prove, è una sorta di
caccia al tesoro. Per scoprire l’indizio successivo è necessario risolvere quello che si ha in
mano, altrimenti non si passa alla successiva casella del Monopoli.
L’investigazione affascina, lascia tutti con il fiato sospeso, nulla è dato per scontato; sono
proprio questi i motivi per cui nel corso degli anni quest’arte si diffonde sempre di più e si
annovera continuamente. Non è mai un lavoro monotono, chi veramente ha dentro di sé la
passione per l’indagine, non vede l’ora di risolvere il mistero che ha tra le mani, ecco
perché anche nella letteratura spesso ricorre l’immagine del detective che lavora di notte,
che non libera la testa dal caso finchè non è arrivato alla sua soluzione. A mio parere,
l’amore verso l’indagine è una droga e forse in questo modo si spiegherebbe perché anche
Sherlock Holmes quando non ha nessun caso da risolvere, ricorre all’eroina.
Contrario al Commissario Maigret, a New York, lavora Nero Wolfe. Si tratta di un
investigatore diverso dai precedenti, la sua abitudine è quella di risolvere i suoi casi seduto
nel suo studio ad una comoda poltrona: è il suo assistente a recarsi sul luogo del delitto e a
raccogliere per lui informazioni e tracce.
Nero Wolfe riveste i panni dell’investigatore colto che si serve della sua buone dose di
cultura per risolvere i misteri più intricati.
La cultura rappresenta infatti un altro capitolo del manuale del perfetto investigatore, in
quanto non ci si può limitare solo all’intuito o all’osservazione: la risposta per quanto
banale che possa essere, a volte è possibile trovarla soltanto essendo esperti in materia.
Nero Wolfe ad esempio, non avrebbe di certo problemi a risolvere casi in cui molte
informazioni si potrebbero trarre da una pianta, vista la sua grandissima passione e
conoscenza delle orchidee. Discorso identico si può fare per quello che riguarda Sherlock
Holmes, capace di individuare e classificare qualsiasi tipo di tabacco.
Da un punto di vista contrario alla ricerca degli indizi utilizzando strumenti di natura
scientifica, tra cui la raccolta di cenere di sigaretta, individuazione delle impronte digitali
od osservazione con la lente di ingrandimento, si colloca Hercule Poirot.
16
A questo investigatore si deve la grande abilità di spiegare l’inspiegabile utilizzando una
grande abilità logica che si avvicina allo stile di Sherlock Holmes, in quanto la scienza non
è tutto.
Il delitto è infatti descritto dall’ex poliziotto come un puzzle da costruire riordinando i
pezzi.
È necessario inoltre non lasciarsi ingannare dalla scena del crimine che molte volte
potrebbe rappresentare soltanto un inganno per l’investigatore in quanto ricreata
appositamente per nascondere quella reale. In questo caso si parla di saper individuare le
incongruenze, abilità dell’italo-americano Tenente Colombo.
Sembra semplice, ma la capacità di percepire e valorizzare le discrepanze interne, come ad
esempio la bottiglia di Champagne, aperta in luogo diverso dalla camera da letto e portata
in questa solamente dopo, indice di una messa in scena, presuppone un mix di capacità di
osservazione, ragionamento logico, conoscenza e fantasia abduttiva di un livello avanzato
nella scala di evoluzione del detective.
Nonostante le principali caratteristiche fino ad ora descritte che costituirebbero il detective
vero e proprio, il manuale del perfetto investigatore non esiste e forse non esisterà mai,
proprio perché un investigatore perfetto non esiste. Anche nella letteratura Sherlock
Holmes, Poirot, Maigret, Nero Wolfe e il Tenente Colombo, non si possono comunque
definire investigatori perfetti: nella maggior parte dei casi sono accompagnati da altri
personaggi come il Dr Watson, i collaboratori di Scotland Yard, gli ispettori della Brigata
Speciale, Archie Goodwin e il Cane fedele compagno di Colombo, che hanno il ruolo di
aiutare e riportare i detective in carreggiata durante la risoluzione dei delitti quando si
lasciano prendere la mano esagerando con l’eroina, oppure quando eccedono nel fumo, o
ancora quando devono recarsi personalmente sulla scena del crimine ad reperire tracce o
effettuare interrogatori.
Elemento necessario, al quale può supplire la letture dei romanzi gialli, è comunque un
grande esercizio e allenamento per far risultare queste caratteristiche non più eccezionali o
particolarmente complicate, ma una dote elementare.
Le scienze forensi
Accanto al concetto di criminologia sopra descritto, si affianca quello di scienze forensi.
Le scienze forensi, consistono nell’applicazione delle tecniche e delle metodologie
17
scientifiche alle tradizionali investigazioni di carattere giudiziario per cui includono un
ampio spettro di scienze applicabili a questioni giuridiche sia in ambito civile che penale
con lo scopo di fornire determinate e specifiche risposte in tali contesti.
L’idea di usare la scienza come ausilio nelle indagini poliziesche fu prefigurato nei
racconti di Sir Arthur Conan Doyle alla fine del XIX secolo.
12
Il termine forense deriva dal termine latino forensis, aggettivo indicante il foro, cioè un
luogo ampio della città attorno al quale si svolgono le udienze e la discussione in
contraddittorio delle cause legali innanzi ai magistrati competenti.
In epoca romana, un reato penale veniva presentato davanti ad un pubblico nel foro. Sia la
persona accusata del reato sia l’accusatore si sfidavano tramite discorsi e ragionamenti in
base alla loro visione della storia. Colui che argomentava nel miglior modo e che
presentava scoperte sull’evento in questione, determinava l’esito del caso. In sostanza, la
persona con dialettica e con prove certe sul caso e quindi con abilità forensi più acute
avrebbe vinto e diventava il principe del foro.
Da qui l’origine del duplice significato nell’uso del termine forense: uno legato all’ambito
del diritto e nello specifico riferito all’esibizione della prova; l’altro riferito alla
presentazione pubblica del caso.
L’esperto in scienze forensi è specializzato in un determinato ramo, ma prerequisito
formativo è una vasta conoscenza delle scienze forensi.
I diversi rami in cui lo scienziato forense si identifica per la sua specializzazione
rappresentano le branche della criminalistica, tra cui le principali sono la grafologia,
dattiloscopia, balistica, chimica…fino ad arrivare all’informatica e alla tossicologia.
Grafologia forense
13
La grafologia ha origini antichissime, le notizie più remote provengono dall’India
meridionale da dove iniziò a diffondersi in Cina a partire dal 2000 AC per poi approdare in
Grecia e infine nel mondo occidentale; bisognerà però aspettare il XX secolo prima che
questa disciplina acquisti uno statuto di scientificità.
12
13
M. Settimo, “Lo scienziato forense. Origine, storia e presupposti teorici di una professione.”
http://www.psicodetective.it/storia_grafologia.htm
18
Da un punto di vista geografico è possibile tracciare un preciso percorso “evolutivo” della
grafologia in Europa tra il 600 e la fine dell’80014.
14
Il più grande caso legato alle perizie calligrafiche, è quello relativo all’affare Dreyfus. Per informazioni più
specifiche, si sofferma sull’argomento R. PERRELLA nell’articolo “A cento anni dall'affaire: la vera storia del
caso Dreyfus e deduzioni peritali” pubblicato sul n. 84/1989 della rivista Scrittura.
Tutto iniziò nel 1894. A provocare la scintilla che infiammò la Francia fu una domestica analfabeta, madame
Bastian, che sbrigava servizi presso l'ambasciata tedesca a Parigi, con il compito di frugare nel cestino della
carta straccia dell'addetto militare, colonnello Von Schwartzkopfen. Passava alla polizia ogni brandello di
foglio che il colonnello appallottava e gettava nel cestino: si trattava di segretissime informazioni provenienti
dalle truppe dell’armata francese.
Il 26 settembre 1894 madame Bastian raccolse nello studio di von Schwartzkopfen e consegnò al comandante
Henry, dello spionaggio francese, i frammenti di una lettera scritta da un ufficiale francese, che comunicava
ai tedeschi una serie di segreti militari.
Quando il bordereau (il contenuto della lettera) cominciò a circolare negli uffici dello Stato Maggiore, due
grafologi dilettanti, Paty De Clam e il colonnello D'Aboville orientarono i propri sospetti verso la grafia
dell'ufficiale di artiglieria, capitano Alfred Dreyfus, facilmente sospettabile in quanto ebreo. Questi, però non
erano altro che sospetti, dunque il generale Mercier, ministro della Guerra, si rivolse allora al ministro
guardasigilli e chiedendogli il nome di un perito.
Per la perizia grafologica fu indicato Gobert che dissimulò i sospetti su Dreyfus. Questo richiese
ingrandimenti fotografici al laboratorio della prefettura di polizia, diretto da Alphonse Bertillon; ma
insoddisfatto dalla conclusione espressa dal Gobert, il generale Mercier volle andare in fondo. Allora il
generale Gonse, che aveva ricevuto da Bertillon gli ingrandimenti fotografici, tornò da questi e gli chiese una
perizia grafica.
All’epoca Bertillon non era ancora un perito grafico, si limitava a fotografare documenti per uso poliziesco o
giudiziario e ad ingrandirli per rendere più facile il loro esame.
Nonostante la sua inesperienza, Bertillon accettò la perizia. Improvvisando tutto, fermò la sua attenzione
sull'esame dei caratteri intrinseci del bordereau piuttosto che sul confronto tra la grafia di Dreyfus e quella
del bordereau. E fu un errore fatale.
Egli concluse col dire: "Se si scarta l'ipotesi di un documento falsificato con la più grande diligenza, appare
manifesto per noi che è la stessa persona che ha scritto tutti i documenti di comparazione e quello
incriminato".
Solo successivamente maturò l’ipotesi dell’”autofalsificazione”, che divenne il cardine della sua teoria,
intendendo con questo termine, un documento scritto da un soggetto che cerca di imitarne un altro,
producendo però in questo modo una scrittura caratterizzata da incertezze, diversa quindi dall’intento
originale.
Bertillon si innamorò di questa sua scoperta e per assecondare le sue fantasie adattò il bordereau alle sue
conclusioni, trattando e manipolando il documento primitivo sulle tavole fotografiche, cosicché il bordereau,
malamente ricostituito a mosaico ne risultò alterato, ingrandito, impicciolito, ritoccato, ricalcato, ritagliato,
incollato e truccato, ad uso e consumo della teoria dell'autofalsificazione.
In questo modo Bertillon diffuse nelle udienze del primo processo, la teoria di sua invenzione su Dreyfus.
Il processo fu celebrato presso il Consiglio di Guerra di Parigi e si svolse a porte chiuse. Il generale Mercier
passò sottobanco ai giudici un dossier segreto a carico di Dreyfus e i giudici l'accettarono, nonostante la
patente illegalità del fatto.
All'unanimità, nel dicembre 1894, i sette giudici dichiararono Dreyfus colpevole e lo condannarono alla
degradazione e alla deportazione a vita in fortezza.
Nel 1896, lo Stato Maggiore, soddisfatto, si illudeva che il caso Dreyfus fosse sepolto per sempre. Ma non
era così. Col tempo, un cerchio sempre più largo di intellettuali, prendono a cuore il problema, per risolvere il
mistero di una condanna troppo sbrigativa. A questo punto Herny cerca di accumulare prove per mettere a
tacere i sospetti, ma ottiene invece il risultato opposto. Egli tende a mettere nel sacco anche il suo nuovo
superiore, colonnello Picquart, che mette le mani su una lettera che madame Bastian ha pescato nel cestino di
von Schwartzkopfen. E’ un elenco di cose futili che un ufficiale francese invia all'addetto germanico. Sul
momento Picquart pensa di trovarsi di fronte a un nuovo caso di spionaggio, ma, fattosi consegnare dal
ministero della Guerra l'incartamento che riguardava i precedenti casi di notizie filtrate attraverso la
ambasciata di Berlino si accorge, con sorpresa, che il bordereau, rivelava la stessa calligrafia della lettera di
Esterhazy. Comunicò la scoperta al vice capo di Stato Maggiore, senza essere preso in considerazione.
19
Temendo di sparire per avere messo il naso in un segreto tanto bruciante, Picquart lasciò un dossier al suo
avvocato che, un anno dopo, lo avrebbe mostrato al vice presidente del senato, Scheurer-Kestner. Vincolato
dal segreto, Scheurer fece in modo che alcuni documenti del processo, tra cui il famoso bordereau trovato nel
cestino da madame Bastian, venissero pubblicati dai giornali. Fu così che un banchiere, leggendo i giornali,
notò che la scrittura del bordereau, somigliava moltissimo a quella di un suo cliente "difficile", il maggiore
Esterhazy. Il banchiere allora chiamò Mathieu Dreyfus, fratello del condannato, e gli mostrò i documenti che
gli avevano insinuato il sospetto. Un coraggioso giornalista, pubblicò a questo punto un articolo intitolato:
"Un errore giudiziario: il caso Dreyfus".
Sulla base della riproduzione del bordereau, il fratello di Dreyfus si rivolse ai migliori periti internazionali
del momento, per fare eseguire il confronto con la grafia di Dreyfus. Furono interpellati dodici periti,
francesi, svizzeri, inglesi, belgi, americani, tedeschi.
L'utilizzazione di una riproduzione, eseguita per di più su un testo malamente ricostituito dopo tutte le
lacerazioni subite, creò difficoltà, anche per i periti di parte, rendendo il testo sospetto. Difficoltà superate
qualche mese dopo, quando venne fuori la scrittura di Esterhazy, e ancor meglio dopo, quando fu possibile
vedere l'originale del bordereau. Comunque i dodici esperti conclusero che il bordereau, non era di Dreyfus e
quello era il punto essenziale. Poi, venuta fuori la scrittura di Esterhazy, alcuni fra i dodici periti di parte, di
fronte al fatto nuovo, ritrattarono la loro precedente ipotesi che si trattasse di un falso imitativo della grafia di
Dreyfus.
Tra questi dodici periti di parte spicca la figura di Crépieux-Jamin, medico e grafologo insigne, il quale fece
una perizia favorevole a Dreyfus.
A questo punto il fratello di Dreyfus, Mathieu, denunziò pubblicamente Esterhazy di essere l'autore del
bordereau, che chiese un’inchiesta. Si reperirono, presso una signora, lettere di Esterhazy che dimostravano il
suo disprezzo e odio verso i francesi (in quanto la sua nazionalità ungherese). Esterhazy venne rinviato
davanti al Consiglio di Guerra di Parigi. Tre periti, furono incaricati del confronto tra la grafia di Esterhazy e
quella del bordereau.
Ma nonostante la solare evidenza del caso, i tre periti dichiararono che il bordereau non era di Esterhazy! La
vera ragione di questo inspiegabile equivoco stava nella pressione che lo Stato Maggiore esercitò sui periti, a
favore di Esterhazy. A seguito delle ripetute pressioni, infatti, i periti conclusero: il bordereau è una
maldestra imitazione della grafia di Esterhazy, ma non è di Esterhazy. Lo stesso Esterhazy spiegò che il
parere era dovuto al "patriottismo" dei periti. Senza commento.
Chiamati a chiarimenti davanti alla Corte di Cassazione, quando ormai le prove a carico di Esterhazy erano
schiaccianti, i periti si giustificarono dicendo che essi si erano affidati al loro colpo d'occhio e che il loro
giudizio sul bordereau era sostanzialmente uguale a quello dell'autorevole Bertillon. In conclusione,
Esterhazy venne assolto all'unanimità, anche se poi venne radiato dall'esercito e si rifugiò in Inghilterra.
Nel 1898 il maggiore Herny, acerrimo nemico di Dreyfus e della verità, protettore di Esterhazy e
confezionatore di falsi, confessò i suoi falsi e si uccise. Venne intanto ad intrecciarsi con la vicenda
principale la figura eroica del colonnello Picquart, perseguitato dallo Stato Maggiore, perché aveva scoperto
l'innocenza di Dreyfus e la colpevolezza di Esterhazy e perché voleva che la verità fosse ufficialmente
riconosciuta.
Alla fine si chiarì, però che il caso Dreyfus era stato truccato; ne erano esempi: il dossier segreto, passato ai
Giudici ma non alla difesa, il coraggioso atteggiamento del colonnello Picquart, la confessione dei falsi di
Herny, le dodici perizie di parti favorevoli a Dreyfus e la evidente uguaglianza tra la grafia di Esterhazy e
quella del bordereau.
Nell’ottobre, la corte di Cassazione dichiarò ammissibile il ricorso avanzato dalla moglie di Drefyus per la
revisione del processo
Nel 1899 Dreyfus fu rinviato davanti al Consiglio di Guerra di Rennes per la revisione del processo, ma si
trattava di un tribunale militare, con tutti i rischi che questo comportava. Nel 1899 furono nominati tre periti
che conclusero all'unanimità che il bordereau era di Esterhazy Ma ciò non servi a nulla, come non servì a
nulla la stessa confessione di Esterhazy, né la prova che nel dossier segreto i documenti erano falsi.
Il Consiglio di Guerra di Rennes si convinse che Dreyfus poteva, non avere fatto il bordereau, ma molt i altri
elementi provavano che egli era pur sempre un pericoloso traditore. Si giunse così ad una soluzione di
compromesso: il Consiglio di Guerra commutò la deportazione a vita nella pena di 10 anni di detenzione,
confermando la condanna alla degradazione; per farla finita col caso Dreyfus il presidente della Repubblica,
concedette, la grazia a Dreyfus che l'accettò. Fu promulgata, alla fine del 1900, una legge di amnistia per tutti
i reati connessi col caso Dreyfus.
Nel 1906 ci fu la sentenza di assoluzione: la Corte di Cassazione, in riforma della sentenza del Consiglio di
Guerra di Rennes del 1899, la annullò senza rinvio. Dreyfus fu reintegrato nell'esercito e poi insignito della
Legion d'onore. Il caso Dreyfus a questo punto era veramente chiuso. Nel 1930 furono pubblicate le memorie
20
I motivi che portarono all’affermazione della grafologia come scienza forense solo nel XX
secolo, sono dovuti al fatto che per molti secoli la scrittura è stata appannaggio di pochi,
principalmente amanuensi, il cui operato, tra l'altro, non produceva grafia ma calligrafia
(bella scrittura), cioè un modo di scrivere ufficiale che non lascia spazio alla spontaneità.
A parte questo fattore, il più grosso ostacolo va rinvenuto, però, nel monopolio della
cultura cristiana in Occidente, secondo la quale la psicologia, intenta a studiare le
emozioni, le motivazioni, e il comportamento dell’Uomo, cercherebbe di sottrarre alla
Chiesa quella parte dell'Uomo che è sempre stata sotto la sua tutela: l'anima.
Nel 1875, l’abate francese Jean Hyppolyte Michon, utilizza per la prima volta il termine
“grafologia”, unendo le due parole greche graphé (scrivere), e logos (studio).
Michon pubblica i risultati di molti anni di sue ricerche sui movimenti individuali della
scrittura, ed è con lui che la grafologia inizia a suscitare l’interesse pubblico. Il suo metodo
diventa popolare per via della sua semplicità.
Il suo indirizzo, con lo scopo di associare ad un particolare movimento la rappresentazione
di un aspetto del carattere, e soprattutto la sua affermazione che la mancanza di quel
movimento indica la caratteristica opposta, oggi sono riconosciuti essere solo parzialmente
veri. Gli stessi suoi successori si troveranno in disaccordo con tali principi, così come con
la pratica di attribuire a ciascun segno una rigida interpretazione.
Jule Crepieux-Jamin, successore e allievo di Michon, trascorre la vita a raggruppare e
migliorare le osservazioni di Michon, diventando fondatore della "Societé Francais de
Graphologie" e definendo gli elementi della scrittura che ancora oggi costituiscono i
principi base della scuola grafologica francese. Crepieux-Jamin individua circa duecento
segni o tratti grafici raggruppandoli in sette categorie: dimensione, forma, pressione,
velocità, direzione, impaginazione e continuità.
Ulteriore aspetto della grafologia che assume sempre più rilevanza è il ritmo, come
movimento che esprime la “forma del livello vitale”, studiato per la prima volta in
Germania da Ludwig Klages.
Sempre in Germania si sviluppa l’impostazione scientifica secondo cui la scrittura a mano
è di fatto una scrittura con il cervello, il quale definisce le tendenze di base.
di Von Scwartzkopten, l'addetto militare tedesco in Francia al tempo del caso Dreyfus, che lo scagionavano
completamente.
21
L’indirizzo attualmente utilizzato per eseguire un’analisi grafologica, è quello italiano di
Giacomo Moretti che definisce la sua grafologia “Scienza sperimentale che dal solo gesto
grafico di uno scritto umano rileva le tendenze sortite da natura”.
I principi del metodo Morettiano sono la valutazione di:
o la pressione, intesa come capacità di produrre energia finalizzata alla profondità di
tracciato e alla variabilità del tratto relativamente all’ampiezza e alla velocità del
movimento.
o il ritmo, da intendere come successione regolare ininterrotta di impulsi grafo motori.
o l’esecuzione e lo sviluppo del gesto grafico, aspetto che deriva dal modo di gestire ed
esprimere lo stile personale innato e naturale osservabile nella forma di
personalizzazione della scrittura.
o la movenza di fondo, riconducibile ad un movimento di scrittura che indica lo stato di
tensione e rigidità grafomotoria del soggetto.
o rapporti spaziali tra le parti grafiche, collocazione delle lettere, parole, righe rispetto
allo spazio disponibile.
o il gesto fuggitivo, movimento improvviso atipico, automatico e superfluo che sfugge al
controllo volontario dello scrivente.
o variabili grafiche, presenza di diverse forme letterali all’interno dei tracciati in
comparazione.
Nel campo investigativo, uno degli utilizzi più diffusi della grafologia, è quello
dell’identificazione dei falsi; per effettuare questa operazione si utilizzano due tecniche: lo
studio dei caratteri generali e degli idiotismi.
Il primo metodo che viene messo in opera dall’esperto calligrafo in materia tecnica e da
competente, è di comparare le scritture tra loro, osservare la forma delle diverse lettere,
ravvicinarle e vedere se esse si somigliano. Cosi facendo, si segue precisamente la via in
cui il falsario ha voluto forviare la vittima e l’esperto, poiché è nella forma delle lettere e
più specialmente delle maiuscole che egli avrà concentrato la sua capacità di imitazione e
contraffazione. Vengono quindi studiati quei caratteri che sono indipendenti dalla volontà
dello scrivente e che sono detti comunemente caratteri generali della scrittura e degli
idiotismi, cioè le particolarità di ogni individuo.
Per idiotismo si intendono le forme strutturali di costruzione tracciate dall’operatore
indipendentemente dalla propria volontà.
22
Alcuni metodi d’identificazione delle scritture possono essere disposizione dei testi,
margini, fine delle righe, spazi irregolari alla fine delle righe, parole scritte larghe/strette,
parole incurvate verso il basso o l’alto, parole che oltrepassano la pagina se scritte
all’interno di un foglio doppio, parole che si dividono frequentemente in fine riga,
direzione delle righe, direzione delle parole, sottolineamento delle parole, distanze delle
righe, distanze delle parole, distanza delle lettere, alzate di penna e interruzioni, tratti
d’unione e tratti finali, lettere eccedenti, occhielli delle lettere, spessore dei tratti,
involuzione dei cerchi, versi (il senso in cui la penna gira), continuazioni, ritocchi, tremori,
utilizzazioni di sigle, abbreviazioni,
punteggiature, accentature, trattini delle lettere,
punteggiature e tanti altri particolari riservati agli esperti addetti ai “lavori”.
Gli strumenti del grafologo
Pensando ad un’analisi grafologica, la prima immagine che appare ai nostri occhi, è quella
dell’investigatore che si serve di carta e matita per evidenziare i solchi di una scrittura su
un foglio originariamente sottostante a quello non più presente. Ovviamente questa rimane
la “tecnica” più pratica e semplice, ma attualmente lo sviluppo della tecnologia ha portato
nuovi strumenti che in alcuni casi permettono un’analisi più accurata e precisa.
15
La dotazione minima del grafologo forense comprende una lente di ingrandimento, un pc,
uno scanner e un’ottima macchina fotografica.
Altri strumenti di grande importanza per effettuare un’analisi grafologica, sono il
microscopio, che permette di evidenziare dettagli minimi, altrimenti invisibili ad occhio
nudo e inoltre lo stato di invecchiamento ed essicamento dell’inchiostro; la lampada di
Wood, che produce una luce ultravioletta e permette di evidenziare scritte o disegni non
visibili; le fibre ottiche, che non sono altro che luci fredde in grado di far risaltare alcuni
tratti o segni derivati dal danneggiamento della carta; e infine l’apparecchiatura più
sofisticata, l’ESDA che consente l’individuazione di solchi ciechi, può determinare se un
documento è stato modificato per essere riscritto su un altro, o se ci sono impronte sul
lavoro, che potrebbero non essere visibili.
15
http://www.periziaingrafologia.it/strumenti.html
23
Antropometria forense
Si identifica in Cesare Lombroso la figura che ha dato
vita
al
pensiero
antropometrico
come
causa
di
criminalità.
Il 1888 rappresenta però l’anno in cui l’antropometria
assume significato scientifico e viene utilizzata come
scienza forense per distinguere in modo univoco gli
individui.
Il primo a pensare a questo metodo, fondato su dati oggettivi, fu Alphonse Bertillon che
inventa così l’antropometria segnaletica basata sul cosiddetto portrait parlè: il ritratto
parlato del delinquente, fatto di scatti fotografici (di fronte, di profilo sinistro a tre quarti)
accompagnati da un cartellino contenente le tipologie e le misure particolari di varie parti
del corpo.
Bertillon cerca i tratti che distinguono il volto di una persona dall’altra e osserva che la
lunghezza delle ossa non si modifica più dall’età di vent’anni, ma varia sempre da
individuo a individuo.
Sulla base di questa legge scientifica, definita appunto
bertillonage, Bertillon stabilisce il codice dell’identità
fissando le undici parti da misurare.
16
L’antropometria studia principalmente l’essere umano,
con i suoi caratteri morfologici, metrici e biochimici.
Queste sono le caratteristiche principali per poter
analizzare un corpo umano: il carattere morfologico
prende in considerazione sostanzialmente la forma del cranio; il carattere metrico osserva
la statura con attenzione soprattutto alla lunghezza delle ossa o al peso; e infine il carattere
biochimico è quello che si occupa ad esempio del gruppo sanguigno, del DNA.
Grazie all’antropometria è possibile inoltre classificare il sesso e l’età di un individuo
studiando, ad esempio, la sua arcata dentale o la conformazione delle ossa.
Gli strumenti antropometrici
L’antropometria è la scienza che si occupa di identificare un individuo e di tracciarne
l’identikit, ad esempio avendo a disposizione soltanto uno scheletro. Per effettuare questo
16
C. Lucarelli, M. Picozzi, “Tracce Criminali, storie di omicidi imperfetti”, Milano, p. 20
24
identikit, è necessario considerare alcuni indici antropometrici, rilevanti per rappresentare a
livello multimediale un’immagine tridimensionale, per un eventuale riconoscimento.
I principali strumenti utilizzati dallo scienziato antropometrico devono fornire quindi, dati
metrici e somatici.
Fra i principali strumenti antropometrici ci sono i compassi per le misurazioni sul vivente.
17
Questi compassi hanno le punte arrotondate per non scalfire la pelle, e hanno forme
diverse a seconda delle parti del corpo da misurare.
Altro strumento è il goniometro a pendolo, che fornisce i valori angolari rispetto ad un
piano di riferimento. Lo strumento può essere usato per la misura dell’angolo facciale.
Esiste inoltre la bilancia, per misurare il peso corporeo, e l'antropometro per la misura della
statura seduto, costituito da uno sgabello alto 40 cm. dal suolo poggiato ad una tavoletta
graduata a muro.
18
L'antropometro è poi utilizzato per misurare, oltre alla statura totale del vivente, le
altezze di vari punti somatometrici dal terreno e può essere di tipo verticale, oppure
orizzontale.
Infine, altri strumenti per la classificazione sono la scala cromatica di Von Luschan per il
colore della pelle, 36 tasselli di vetro opaco da confrontare con il colore della pelle del
soggetto; la tavola colorimetrica di R. Martin per il colore degli occhi, formata da 16 occhi
di vetro da confrontare con quelli del soggetto in esame, e la scala del colore dei capelli di
Fisher, formata da 30 ciocche di capelli di cellulosa.
Dattiloscopia forense
La “Dattiloscopia” è la scienza delle “impronte digitali”, cioè la traccia lasciata dal dito e
palmo della mano e piede messi a contatto con una
superficie qualunque; è formata da un disegno
rappresentante le “creste papillari”.
L’era dell’impronta digitale inizia dal 1905 con il
superamento
dell’antropometria
di
Bertillon
considerata ormai superata in seguito alla scoperta che
non si tratta di uno strumento del tutto univoco, in
quanto può presentare dati uguali tra due individui.
17
18
http://www.medicinaesteticaecorrettiva.it/html/cnt/it/antropometria.asp
http://www.medicinaesteticaecorrettiva.it/html/cnt/it/antropometria.asp
25
Inizialmente le impronte digitali venivano utilizzate in calce ai documenti, ma non con lo
scopo di identificare le parti in causa come invece accade oggi.
19
In realtà, la fingerprints nasce nel 1856 in India con William Herschel, un funzionario
inglese che prende l’abitudine di chiedere che i residenti aggiungano in calce ai documenti
l’impronta digitale della propria mano destra. Questa nuova pratica non viene però
pubblicata a livello scientifico, rimanendo così un valore simbolico.
A questo punto compare sulla scena Henry Faulds, un medico che racconta di un curioso
fatto criminale in cui un ladro lascia le sue nitide impronte su un muro immacolato.
Inizialmente questo particolare non viene
nemmeno preso in considerazione, fino a
quando un altro individuo, del tutto trascurato
dalle indagini, presenta la stessa impronta
lasciata sul muro.
In questo modo Faulds afferma l’importanza
delle
fingerprints nell’identificazione dei
criminali. Il medico scozzese tenta quindi di convincere Scotland Yard ad
accettare le sue idee rivoluzionarie, ma senza arrivare a nessun risultato.
Dopo di lui ecco il momento di Francis Galton, un scrittore che nel 1892
pubblica un libro: Finger Prints in cui descrive l’anatomia delle impronte,
i metodi più opportuni per raccoglierle e le caratteristiche che fanno
un’impronta digitale così importante nella scienza forense: un’impronta
non si modifica negli anni (immutabile), non sparisce mai (indelebile) ed
è impossibile che due individui abbiano la stessa impronta (personale).
Con queste sue teorie, Galton riesce ad essere più convincente di Faulds e
il governo britannico accetta la proposta di utilizzare le impronte come
metodo di identificazione.
L’impronta digitale non è altro che un disegno contenente terminazioni,
biforcazioni e curvature che definiscono i cosiddetti punti di riscontro o
minuzie. Queste minuzie iniziano a formarsi intorno alla dodicesima settimana di vita
intrauterina e si completano nel corso del sesto mese.
19
C. Lucarelli, M. Picozzi, op. cit., pag. 21
26
Il feto muovendosi all’interno del sacco amniotico, crea dei piccoli “canali” sui suoi
polpastrelli. Sono proprio questi “canaletti”, le cosiddette minuzie che permettono
l’identificazione del soggetto attraverso la sua impronta digitale.
20
Le impronte digitali si dividono in quattro grandi categorie: adelta, monodelta, bidelta e
composta, ma sono le minuzie che costituiscono la vera e propria impronta digitale
personale. È possibile ad esempio che due persone abbiamo un’impronta riconducibile alla
stessa categoria, ma di certo le minuzie saranno differenti.
L’impronta digitale rappresenta oggi
la traccia più importante fra quelle di cui si
avvalgono tutte le Polizie.
Un’impronta digitale su una superficie si forma attraverso lo sbocco, nei pori, di un canale
che porta a una ghiandola del sudore. Attraverso queste aperture avviene la traspirazione e
quando tocchiamo un oggetto, i prodotti della traspirazione si trasferiscono sulla sua
superficie, insieme alle sostanze grasse che possiamo aver raccolto sulle dita quando ci
siamo passati le mani tra i capelli, ad esempio. Sono impronte invisibili e per questo
vengono definite impronte latenti.
Le tecniche per evidenziare queste impronte sono numerose e la probabilità di un buon
risultato, dipende dalla superficie su cui sono impresse, dal tempo che passa tra il contatto
e la scoperta, lo stato di conservazione (temperatura e umidità) e la qualità dell’impronta
stessa.
L’identificazione, la colorazione, l’evidenziazione delle impronte è possibile con appositi
reagenti diversi a seconda della superficie in cui si trovano: sulla carta, sul legno, sul vetro,
sul metallo, sulla porcellana, sul cuoio, sulla plastica, sui tessuti.
Il compito del dattiloscopista forense, una volta raccolte le impronte, è quello di
scannerizzarle a computer e attraverso un apposito software, identificare le possibili
terminazioni, biforcazioni e curvature (le minuzie) per poter procedere a un confronto con
una banca dati contenente i cartellini segnaletici, comprensivi di dati fotografici e
biometrici di circa 4 milioni di persone sottoposte a fotosegnalamento, per un complessivo
totale di circa 40 milioni di impronte immagazzinate (AFIS).
20
http://www.diritto.it/art.php?file=/archivio/23745.html
27
Gli strumenti del dattiloscopista
Nei film polizieschi, la rilevazione delle impronte digitali appare una delle pratiche più
interessanti, ma allo stesso tempo più “semplici” da eseguire, in quanto basterebbe
utilizzare una semplice polverina per rendere l’impronta nettamente visibile ad occhio
nudo.
In realtà, si tratta di un’opera molto minuziosa e complessa.
Inizialmente i sistemi di classifica delle impronte digitali consistettero essenzialmente
nell’individuare alcune forme e attribuire ad esse un codice alfanumerico o numerico.
Attualmente il metodo di individuazione e classifica delle impronte digitali più utilizzato, è
quello che utilizza il AFIS 21: si tratta di un software ideato per racchiudere, analizzare e
confrontare un elevato numero di impronte digitali, circa 46 milioni.
Ogni individuo che è stato schedato ha all’interno dell’AFIS un documento personale, nel
quale vengono classificati, oltre le impronte digitali, anche la scheda personale con le foto
segnaletiche e le relative motivazioni per cui è schedato. Questo tipo di classificazione
prende spunto da quella di Galton-Henry.
22
Il primo sistema AFIS è stato utilizzato nel 1977 dalla Royal Canadian Mounted
Police13.
Il software è in continuo aggiornamento ed è maggiormente utilizzato dall’FBI. Ogni
agente, inserendo un codice Pin è in grado di consultare l’intero AFIS.
23
Questo tipo di identificazione utilizza impronte digitali rilevate con l’inchiostro su di un
foglio e in seguito scannerizzate ed inserite nell’AFIS, oppure attraverso l’ utilizzo di un
livescan (dal 1990), costituito da un computer collegato ad uno scanner particolare che
scannerizza in tempo diretto le impronte digitali e le inserisce nel database.
Per quello che riguarda le tecniche di rilevamento, fino ad oggi ne esistono numerosissime,
a seconda della situazione.
La deposizione di polvere, è il metodo più comune ed è noto da più di un secolo. Viene
usato su superfici non porose (vetro, metallo, superfici pitturate, plastica) facendo in modo
che le polveri restino meccanicamente adese ai componenti oleosi, depositati dalle creste
papillari. Il vantaggio è la facilità e l’immediatezza dell’accertamento: le tracce svelate
possono essere subito fotografate o asportate tramite un nastro adesivo e conservate.
21
http://www.profilecrime.it/IMPRONTE1.htm
http://www.balisticaforense.com/download/masteruni8904/dattiloscopia.pdf
23
http://www.rossanabarbati.com/tesi%20completa%20_versione%20x%20pc_.pdf
22
28
L’inconveniente principale è che una non corretta applicazione del metodo (pennelli e
nastri adesivi non adatti, eccesso di polvere) può rovinare l’impronta.
Balistica forense
24
Tra i molteplici campi d’azione in cui opera l’indagine tecnica di polizia scientifica
rivestono particolare interesse e fascino quelli connessi all’impiego delle armi da fuoco per
compiere delitti.
Con il termine balistica, si intende l’identificazione delle armi da fuoco, facendo
riferimento allo studio del contatto dei proiettili con l’aria, definendo in questo modo la
traiettoria dello sparo.
25
Si può collegare la nascita della balistica al momento in cui l’uomo ha cominciato a
proiettare oggetti contro qualcuno o qualcosa. Ad esempio le catapulte che lanciavano
pietre contro le fortificazioni. La balistica come scienza venne creata con lo studio della
traiettoria delle pietre, con i relativi aggiustamenti delle macchine che le lanciavano.
Il primo vero e proprio utilizzo del termine balistica come sinonimo per rintracciare le armi
da fuoco, si deve però, a Calvin Goddard, un grande pioniere. Goddard scelse il termine
“Balistica forense” nel 1920 dopo molte considerazioni, nel tentativo di utilizzare termini
che fossero il più possibile concisi e significativi. Da quel momento, la scienza
dell’identificazione delle armi da fuoco, divenne conosciuta ovunque con il termine di
balistica.
Inizialmente le armi da fuoco si distinguevano facilmente in quanto ogni produttore,
produceva armi identiche tra di loro.
Il primo utilizzo della balistica, fu ad opera di un professore parigino, il quale iniziò a
fotografare proiettili rinvenuti sulla scena del crimine e proiettili sparati da armi
recuperate, cercando di confrontarli.
Dall’intento di confrontare proiettili diversi, il chimico Gravelle inventò il cosiddetto
microscopio comparatore.
L’idea dell’identificazione delle armi da fuoco iniziò a diffondersi nel 1925 quando il
Saturday Evening Post, pubblicò due articoli con il titolo “Fingerprint bullets”, ossia: “Le
impronte digitali dei proiettili”.
24
25
http://www.tsnlecce.it/doc/balistica_forense.pdf
L. Steel, “Ballistics”, 2007
29
L’importanza di Goddard nel campo della balistica, si ebbe in seguito al suo lavoro di
identificazione delle armi da fuoco utilizzate nel caso “Sacco e Vanzetti” del 1927 e nel
massacro di San Valentino a Chicago nel 1929.
Nel 1932, la balistica assunse significato scientifico, all’interno dell’FBI, nacque il
laboratorio balistico e fu proprio Goddard a
formare il primo esperto in balistica forense.
La balistica forense rappresenta un termine di
unione tra due campi molto estesi: la balistica
intesa come scienza che studia il moto di un
proiettile, quindi esatta e sperimentale, e la
scienza giuridica strettamente umanistica.
I campi in cui la balistica pone particolare attenzione sono rappresentati dalla balistica
interna e dalla balistica esterna.
La balistica interna rappresenta lo studio principalmente dell’arma da fuoco e del proiettile.
Con questo si intende la comparazione di bossoli per determinarne l’uguaglianza o la
diversità, il tipo di arma da fuoco utilizzata, i segni lasciati sul proiettile per identificare la
possibile arma utilizzata, ecc.
La balistica interna si occupa invece, come abbiamo accennato precedentemente, del
movimento del proiettile a contatto con l’aria o con gli oggetti circostanti, in sostanza la
traiettoria del proiettile: fondamentale per scoprire il punto da cui è avvenuto lo sparo.
Gli strumenti del balistico
L’analisi dei proiettili viene effettuata utilizzando due microscopi, detti comparatori,
collegati l’uno all’altro che permettono di sovrapporre i due proiettili.
26
Nel caso in cui la comparazione tra due proiettili trovati sulla scena del delitto non avesse
prodotto nessun riscontro, è possibile effettuare un’ulteriore analisi a livello informatico
utilizzando un database, detto IBIS (Integrated Ballistics Identificatio System), contenente
un elevatissimo numero di proiettili possibili. Si tratta di un sistema totalmente
automatizzato, in grado inoltre, di archiviare, confrontare e ricercare tutte le informazioni
tecniche e investigative sui bossoli e sui proiettili raccolti sulla scena del crimine, oppure
ottenuti sperimentalmente.
26
http://www.tsnlecce.it/doc/balistica_forense.pdf
30
Un ulteriore test che può effettuare il balistico, è quello dello stub; con stub si intende uno
speciale tampone dotato di una particolare sostanza adesiva che, premuto sulla pelle o sui
tessuti, asporta tutte le particelle presenti. Viene utilizzato nella ricerca di residui di sparo.
Chimica e tossicologia forense
27
Questo ramo della scienza forense è quello che ha subito maggiori evoluzioni negli ultimi
anni e che ancora adesso è in corso di sviluppo.
La chimica forense si occupa di analizzare qualsiasi sostanza, traccia o fibra presente su
una scena del crimine; particolare attenzione però deve essere posta
all’analisi del DNA.
28
Il primo test di identificazione chimica, che creava una reazione
di riconoscimento, venne effettuato nel 1875 su un campione di
sangue.
Il test era veramente semplice: una goccia di sangue, un litro
d’acqua, alcuni cristalli bianchi ed una goccia di liquido trasparente
che creavano un colore mogano scuro.
Il sangue umano, inizialmente veniva identificato visivamente, l’investigatore guardava
semplicemente il colore, il riflesso del sangue seccato, la rigidità del tessuto sul quale il
sangue si era seccato, e altri fattori simili.
I primi test chimici, risalenti al 1875, erano di tipo congetturale, vale a dire che se il test
dava risultati positivi, l’investigatore doveva proseguire con test più specifici.
Per quello che riguarda il test sull’osservazione, si preparava una soluzione di acqua e del
campione sospettato; se la soluzione conteneva sangue, non cambiava il proprio colore,
aggiungendo ammoniaca diluita, diventava bruna aggiungendo invece ammoniaca
concentrata. Fu l’australiano John Day, l’inventore della reazione di guaiaco, che divenne
il test del sangue più importante nel 1875.
Le innovazioni tecnologiche dell’ultimo decennio hanno consentito agli accertamenti
tecnici biologici mediante analisi del DNA di assumere, nell’attività investigativa, un ruolo
spesso determinante. Nei reati quali omicidi, violenze sessuali, aggressioni, si può infatti
confrontare l’impronta genetica del sospettato con l’impronta genetica ottenuta da tracce di
27
28
http://www.laboratoriogenoma.it/prestazioni_sottocategoria.asp?IdCat=30&IdSubCat=716
R. Massari, “Criminalistica. Tecniche investigative applicate.”, Università Telematica Pegaso
31
materiale biologico (saliva, capelli, sperma, pelle, ecc.) rinvenuto nel luogo dov’è avvenuto
il reato.
Test del DNA e biochimici effettuati su
materiale proveniente dalla scena del reato
possono essere utilizzati come fonte di prova
per
incriminare
o
scagionare
persone
sospette.
Il profilo genetico è derivato dal DNA estratto dalle tracce biologiche può essere utilizzato
per l'identificazione di un individuo. Se il profilo del DNA ottenuto dalle tracce biologiche
identificate nella scena di un crimine è identico al profilo di una persona sospettata, questo
può fornire una prova inconfutabile per l’incriminazione dell’indiziato.
La comparazione tra due tipi di DNA sia ottiene utilizzando i cosiddetti marcatori, che
rappresentano piccoli tratti di DNA.
È importante inoltre sottolineare che tra due DNA
può esserci anche una compatibilità diversa da quella
assoluta, questi possono essere compatibili al 50%: in
questo caso si parla di legame di paternità.
Un secondo settore di analisi legato all’analisi
chimica è rappresentato dalla tossicologia forense che studia le sostanze che sviluppano
un’azione tossica sull’organismo, applicando metodi specifici di indagine sulla loro natura
a fini di documentazione della prova.
Tracce destinate ad un’analisi chimica e tossicologica, possono essere rilevate sotto
migliaia di forme: a partire dai capelli, ad arrivare alla saliva, allo pelle, alle unghie, alle
ossa, ecc.
Gli strumenti del chimico
I laboratori di analisi chimiche, sono esattamente come ce li immaginiamo: con uomini in
camice bianco con mascherina e guanti e pieni di macchine eccitanti (tra cui quella per
l’estrazione del DNA, quella per la comparazione del sangue…) che a prima vista
appaiono identiche l’una all’altra, con microscopi, provette e vasetti di vetro in ogni
tavolo; ma tutto questo è dovuto principalmente forse al fatto che la maggior parte delle
analisi in materia criminalistica, necessitano della chimica: basi considerare l’analisi delle
impronte digitali, dei bossoli, dei capelli, della saliva…
32
Accanto a tutte queste sofisticatissime macchine, troviamo però il kit che il chimico si
porta sempre con sé nella sua valigetta.
All’interno di questa troviamo sicuramente il combur test 29, utilizzato per la diagnosi
generica del sangue, che si basa sull’uso di piccoli tamponcini impregnati di una sostanza,
sotto forma di pratiche striscette utilizzate normalmente in diagnostica, per la ricerca di
sangue occulto nelle urine. La presenza di sangue è indicata dal passaggio da un giallo a un
blu-verde intenso.
Un’altra sostanza chimica, utilizzata in criminalistica, è il luminol30: questo viene utilizzato
per determinare e rilevare tracce di sangue, anche lavate o rimosse e ormai datate. Usando
la proprietà naturale della luminescenza, diventa luminescente reagendo con una
particolare sostanza, il perossido di idrogeno. Il colore del luminol che reagisce è blu e
dura circa 30 secondi e necessita, per essere rilevato, della quasi totale oscurità.
Informatica forense
La Computer Forensics, o informatica forense, è la disciplina
che si occupa dell’identificazione, della conservazione,
dell’analisi e della documentazione dei reperti informatici al
fine di presentare prove digitali valide in procedure civili e
penali.
Si tratta di una disciplina che ha origine negli ambienti giuridici degli Stati Uniti e della
Gran Bretagna in seguito alla crescente diffusione degli
strumenti
digitali
e
che
integra
le
competenze
informatiche e tecniche con quelle giuridiche.
31
Da un esame storiografico, la computer forensics,
intesa come analisi, recupero e
ricostruzione di
materiale informatico ai fini investigativi , ha origini più
lontane, risalenti alla Seconda Guerra Mondiale.
Il Terzo Reich infatti, durante il conflitto, aveva
intrecciato rapporti con la IBM, collaborazione basata
29
L. GAROFANO, “Delitti imperfetti ATTO I E ATTO II”, Milano 2006, p. 348; con particolare attenzione alla
definizione di Combur Test.
30
L. Garofano, op. cit., p. 350; con particolare attenzione alla definizione di Luminol Test.
31
R. G. Massa, “Le vere origini della computer forensics”, 2006
33
sulla fornitura di calcolatori meccanici e macchine tabulatrici, che elaborando e
processando delle informazioni memorizzate sotto forma di schede perforate, eseguivano
calcoli e operazioni di vario tipo stampando su carta. Inizialmente queste macchine erano
utilizzate per numerare confische, ghetti, deportazioni, fino ad essere poi impiegate per
stendere codici di numerazione dei prigionieri e degli ebrei.
In Germania la IBM veniva impiegata a favore del Fuhrer, prendendo il nome di Dehomag,
alla quale lavoravano dei veri ingegneri del “software” (in alcuni casi formatisi negli
USA), che progettavano e indirizzavano la IBM a costruire schede perforate ad hoc,
realizzando dei veri “backup” delle stesse tenuti scrupolosamente presso i vari quartieri
generali tedeschi insieme alla liste cartacee dell'olocausto.
Al termine della seconda guerra mondiale molto materiale fu scrupolosamente distrutto dai
nazisti, moltissime schede perforate distrutte, il
materiale cartaceo bruciato e gli stessi accordi con
la IBM tenuti segreti fino ai giorni nostri. Il
recupero e l’analisi delle schede perforate, permise
però agli investigatori dell’FBI, di risalire in parte
ai rapporti tra la Germania e l’azienda statunitense.
In quel periodo, per ricostruire dati o analizzare schede perforate i metodi principalmente
utilizzati dalla fine dell'800 erano basati sull'uso di microscopi e di appositi macchinari di
analisi e comparazione di schede perforate. Ma durante il conflitto un ruolo di primo piano
nello scoprire i segreti del terzo Reich l'avevano già avuto i crittografi americani e europei
grazie al matematico Alan Turing, intercettando e decifrando comunicazioni militari tra il
Fuhrer e i suoi generali.
Atra tecnica utilizzata dai tedeschi, era la steganografia, che consiste nel nascondere
informazioni digitali. Il sistema era denominato “microdots” e permetteva, mediante un
particolare processo fotografico, di ridurre intere pagine a millimetrici puntini, che
venivano inglobati in singoli caratteri ed inseriti in comuni giornali o riviste. Tecnica che
venne scoperta dall’FBI solo nel 1941.
Il vero e proprio utilizzo della computer forensics, iniziò nel 1984 nei laboratori dell'FBI
unitamente alle altre autorità di polizia americane, che iniziarono a sviluppare programmi
finalizzati ad analizzare e recuperare dati presenti sui computer di allora, al fine di
soddisfare le crescenti richieste di investigatori e giudici. Da lì nacque il CART (Computer
Analysis and Response Team), centro esclusivo per l'FBI ma che presto trovò modelli
34
organizzativi simili anche per le altre forze di polizia, prima nei vari Stati d'America e
successivamente nel resto del mondo.
32
Attualmente, la Computer Forensics è una scienza
che studia l'individuazione, la conservazione, la
protezione, l'estrazione, la documentazione e ogni
altra forma di trattamento del dato informatico per
essere valutato in un processo giuridico e studia, ai fini
probatori, le tecniche e gli strumenti per l'esame
metodologico dei sistemi informatici.
Analizziamo nel dettaglio questi termini:

Individuazione: il primo e più importante passo che un digital forenser deve compiere
prima di iniziare la sua investigazione, è quello di identificare la prova informatica e
la sua possibile posizione. Una prova digitale può essere infatti contenuta in diverse
tipologie di supporti, come hard disks, media rimuovibili oppure un log file su un
server.
Trovare il dato informatico è una condizione necessaria per il digital forenser.

Conservazione: il digital forenser deve garantire il massimo impegno per conservare
l'integrità della prova informatica. Il dato originale non deve essere modificato e
danneggiato e quindi si procede realizzandone una copia (bit-a-bit), su cui il digital
forenser compie l'analisi. Dopo aver effettuato la copia è necessario verificarne la
consistenza rispetto al dato originale: per questo motivo si firmano digitalmente il dato
originale e la copia, che devono coincidere.

Protezione: il dato originale deve essere protetto nella maniera più idonea a seconda del
supporto su cui si trova. Le cause di alterazione di un supporto magnetico e di un
supporto ottico, ad esempio, sono ben differenti. Si deve inoltre garantire una catena di
custodia, ovvero un documento che dica quello che è stato fatto e quali persone fisiche
hanno avuto accesso al dato originale e alle copie effettuate.
32
Digital forensics and Cybercrime investigation, Training course (11 e 12 Dicembre 2010) a cura di
Massimino Boccardi presidente dell’Accademia Internazionale di Scienze Forense, Roma, Polo Didattico
piazza Oderico da Pordenone 3
35

Estrazione: è il processo attraverso il quale il digital forenser, servendosi di diverse
tecniche e della sua esperienza, trova la posizione del dato informatico ricercato e lo
estrae.

Documentazione: l'intero lavoro del digital forenser deve essere costantemente
documentato, a partire dall'inizio dell'investigazione fino al termine del processo. La
documentazione prodotta comprende, oltre alla catena di custodia, un'analisi dei dati
rinvenuti e del processo seguito. Un'accurata documentazione è di fondamentale
importanza per minimizzare le obiezioni e spiegare come ripetere l'estrazione con un
analogo processo sulla copia.
La catena di custodia, si può quindi descrivere come un il documento che contiene le
informazioni di ciò che è stato fatto con la prova originale e con le copie forensi realizzate,
a partire dall'acquisizione fino ad arrivare al giorno del processo; rappresenta la vita della
prova una volta prelevata dalla scena del crimine.
Gli strumenti dell’informatico
Inutile dire che tra gli strumenti per eccellenza dell’informatico, c’è sicuramente il
computer. Gli strumenti di cui si serve l’informatico però si suddividono in due grandi
categorie: hardware, che descrivono le apparecchiature fisiche; e software, che
rappresentano i programmi installati sul computer.
All’interno della categoria hardware, rientrano i Write Blocker33: si tratta di dispositivi
fisici che vengono interposti tra l’hard disk e la macchina di acquisizione forense per
evitare un eventuale scrittura sui dispositivi di massa e garantire l’integrità dei dati.
Tra gli strumenti software, i più conosciuti sono invece quelli relativi al data recovery, che
permettono di recuperare file ancora presenti sul disco fisso, anche se “etichettati” come
eliminati; quelli relativi alla decrittografia, utilizzati per decifrare messaggi resi
incomprensibili da determinati codici o simboli oppure per trovare password sconosciute…
33
G. Faggioli, A. Ghirardini, Computer Forensics, APOGEO srl, 2007
36
Camici bianchi e investigatori sulla scena del crimine
Dalla fine dell’ottocento, dai tempi della scoperta delle impronte digitali, l’investigazione criminale
ha percorso un lungo cammino. Oggi, ad esempio, come abbiamo già detto, l’analisi del DNA
fornisce un nuovo tipo di impronta, che consente di risalire con straordinari livelli di precisione,
all’individuazione dell’autore di alcuni reati. Diventa sempre più rilevante il contributo della
scienza e delle nuove tecnologie, alle investigazioni giudiziarie.
La cronaca mostra che, sempre con maggiore frequenza, i casi delittuosi, vengono affrontati
attraverso sofisticate metodologie di indagine, che fanno appello alla criminalistica e alle scienze
forensi (le cosiddette “scienze della natura”, separate e distinte dalle “scienze dell’uomo”), che si
occupano dell’esame dei reperti e tracce rinvenute sulla scena di un reato.
Nel processo, queste discipline sono risultate sempre più rilevanti, spesso fondamentali, per
incastrare un omicida o per scagionare un innocente.
È necessario fare però chiarezza sui termini criminologia, criminalistica, investigazione e
investigazione criminale, che spesso vengono utilizzati con il medesimo significato, ma
appartengono a settori totalmente diversi.
Concettualmente l’investigazione è un settore distinto dalla criminalistica, e la stessa criminalistica
dovrebbe essere chiaramente distinta dall’investigazione criminale propriamente detta: mentre la
criminalistica risponde alla domanda sul “come”, o sul “dove” è stato commesso un delitto,
l’investigazione criminale risponde alla domanda sul “chi” ha commesso un delitto.
«L’investigazione viene svolta da un soggetto naturalmente ignorante, fallibile, spesso fazioso e
superstizioso, sempre sovrastato da un’eccedenza di percezione, in un contesto storico
caratterizzato da una sovrabbondanza incomparabile di stimoli, di informazioni, di delitti. […]
Nella scienza, come nell’investigazione e nel processo penale, il metodo dovrebbe essere rivolto
principalmente, prima che a scoprire la verità, a scoprire l’errore.» 34
Accanto al termine verità, viene sempre accostato quello della scienza; Sidoti, nel suo libro,
definisce l’importanza dell’indagine investigativa, volta a “scoprire l’errore”, prima dell’intervento
scientifico, che potrebbe portare a risultanze non sempre corrette.
Questo non significa non utilizzare quanto offerto dal progresso scientifico e tecnologico per quello
che riguarda la fase investigativa.
È opportuno però, non utilizzare la scienza come facile scappatoia per sottrarsi ad un’attività di
indagine che prima di essere condotta nei laboratori scientifici deve essere effettuata "sul campo".
Inoltre, è necessario sottolineare che non sempre è utile ricorrere alla scienza come verità assoluta.
34
F. SIDOTI, Criminologia e investigazione, Giuffrè, Milano 2006, p. 203
37
La scienza, infatti, è in continua evoluzione e ciò evidenzia l’inattendibilità scientifica; per sua
natura, la verità scientifica vale fino a quando non viene "falsificata" da nuove intuizioni e nuove
verità.
È importante quindi, non dimenticare l’importanza delle risultanze di indagini frutto della
ricostruzione di fatti appaiono molto più oggettivi di quanto possano essere le affermazioni
scientifiche in continua evoluzione e contraddizione.
Ulteriore elemento di limite relativo alle investigazioni scientifiche, è certamente offerto dalla sua
caratteristica dell’asetticità.
La criminologia, dal latino, crimen e dal greco, λόγος: “discorso sul reato”, è una scienza
multidisciplinare e interdisciplinare, il cui campo d’indagine si concentra sullo studio del crimine,
del reo e delle cause dell’atto delittuoso. Comprende, inoltre, gli studi sulla vittima, sulla reazione
sociale al crimine e sulle forme di devianza.
Proprio in base a questa definizione, è chiara l’importanza che assume il reo nello studio
del crimine. Per poter studiare il cosiddetto fattore umano, è necessaria la componente
personale ed empatica, che può essere presente solo nel caso in cui lo studio del fatto
delittuoso sia effettuato in maniera soggettiva.
L’indagine scientifica non gode di questa caratteristica essenziale, in quanto viene
effettuata con l’utilizzo di strumenti tecnologici, in cui è assente la costituente personale.
In seguito a queste affermazioni, non si può comunque discernere dal grande contributo
che la scienza ha apportato all’investigazione che ha reso possibile l’identificazione delle
impronte digitali, del DNA, dell’analisi del territorio grazie alla geologia, lo studio dei
computer, ecc.
Il dibattito, oggi molto acceso, riguarda il fatto che non si riesce a far collaborare
distintamente scienza e investigazione insieme. Da questo derivano poi i contrasti
sull’eccesso dell’una o dell’altra sfera, che non porta alla soluzione del caso, arrivando
dopo anni e anni alla situazione in cui non si hanno sufficienti elementi per poter
colpevolizzare un soggetto piuttosto che un altro: argomenti di cui il telegiornale è pieno
ogni giorno.
Finchè non si riesce a far collaborare queste 2 “scienze”, non è possibile svolgere la
cosiddetta “indagine perfetta”. Ne deriva però, che l’investigatore può fare a meno della
scienza ma non della sua intelligenza.
38
Bibliografia
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FAGGIOLI, A., GHIRARDINI, A., Computer Forensics, Milano, 2007
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LUCARELLI, C., PICOZZI, M., Scena del crimine, storie di delitti efferati e di investigazioni
scientifiche, Milano, 2009
LUCARELLI, C., PICOZZI, M., Tracce criminali, storie di omicidi imperfetti, Milano, 2009
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PONTI G., MERZAGORA BETSOS I., Compendio di criminologia, Milano, 2008
RAPEZZI C., Presentazione dell’edizione italiana. Da Sherlock Holmes al Dr. House.
Analogie fra pensiero medico e metodo investigativo.
SETTIMO, M., Lo scienziato forense. Origine, storia e presupposti teorici di una
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http://www.psicodetective.it/storia_grafologia.htm
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