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PRESENTAZIONE DEL PROGRAMMA SPERIMENTALE FRANCESE CONDOTTO
NELLE ALPI MARITTIME SULLA PREVENZIONE DEI RISCHI PSICOLOGICI NEI
VIGILI DEL FUOCO
Autori: Bernard BORELLI
Paule CHASPOUL
Jean-Marc GELOT
Jacques BARBERIS
Relatore: Sig. Bernard BORELLI psicologo a capo dell’ESP.
Indirizzo dello SDIS 06:
140 Av. Mla de Lattre de Tassigny
B.P. 99
06271 VILLENEUVE- LOUBET Cedex
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PRESENTAZIONE DEL PROGRAMMA SPERIMENTALE FRANCESE CONDOTTO
NELLE ALPI MARITTIME SULLA PREVENZIONE DEI RISCHI PSICOLOGICI NEI
VIGILI DEL FUOCO
Bernard BORELLI, Paule CHASPOUL, Jean-Marc GELOT , Jacques BARBERIS
Servizio Dipartimentale degli Incendi e dei Soccorsi delle Alpi Marittime.
SDIS 06: 140 Av. Mla de Lattre de Tassigny B.P. 99
06271 VILLENEUVE- LOUBET Cedex
PREMESSA
Dagli anni 90, molte unità dei vigili del fuoco e molti servizi regionali stanno prestando
attenzione agli aspetti psicologici implicati dalla loro professione.
Nelle Alpi Marittime questa nuova consapevolezza ha portato, nel 1996, alla creazione a
Nizza dell’E.S.P. (Equipe de Soutien Psychologique – Squadra di Sostegno Psicologico), che, in
seguito, venne integrato nel servizio sanitario regionale.
Varie strutture sono state create in tutta la Francia.
Dal 1998 l’addestramento di base dei vigili, fondato su un programma nazionale predefinito,
si occupa della gestione dello stress.
Il decreto sull’abilitazione sanitaria pubblicato nel 2000 rende obbligatoria una più strutturata
considerazione del punto di vista psicologico nella nostra professione. Sono state assunte diverse
misure:
Un colloquio con i sommozzatori ogni 4 anni
Una valutazione sistematica durante l’addestramento di base per le squadre di intervento e
di ricerca che operano in situazioni di pericolo.
PRESENTAZIONE
Lo stress professionale dei vigili è caratterizzato da:
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Il tipo di rischio implicato
La capacità e la condizione fisica
L’equilibrio mentale ed emozionale
Il carico di lavoro e la frequenza delle missioni
Le condizioni ambientali
La considerazione di tali fattori comporta l’implementazione di svariate azioni nel campo
della prevenzione, dell’assistenza e dalla cura.
Composizione, missioni e procedure collegate alla creazione dell’E.S.P. nelle Alpi Marittime:
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COMPOSIZIONE
A tutt’oggi la squadra è composta da:
3 medici
2 psicologi
1 infermiere
MISSIONI
Il capo dell’E.S.P. è l’esperto psicologo assegnato al Centro Sanitario Regionale
(dipartimento) e riferisce al Centro sanitario.
Procedure di supporto e cura:
L’E.S.P. può operare in ogni tipo di missione, al fine di gestire ogni genere di squilibrio
psicologico delle unità.
Il lavoro inizia con l’aggiornamento psicologico della truppa di ritorno da una missione, e
può comprendere la discussione di gruppo o il colloquio individuale.
Se necessario viene richiesta consulenza psichiatrica.
Può essere richiesto l’intervento dell’E.S.P. dai servizi S.A.M.U. nel caso in cui si debba
trattare con popolazioni che abbiano subito eventi particolarmente traumatici.
L’E.S.P., inoltre si cura della preparazione e dell’assistenza ai collaboratori dopo missioni
particolarmente delicate (indagini, etc.).
Approccio preventivo:
Avviene attraverso il training. In Francia tale approccio è stato impostato come parte del
programma iniziale e di addestramento del capo squadra e comprende la gestione dello stress delle
vittime e quella dello specifico stress professionale. I membri dell’E.S.P. tengono lezioni sulle
seguenti materie obbligatorie:
Gestione comando operativo (I e II livello)
Comunicazione
Gestione
Trasmissioni (livelli I, II e II)
I membri dell’E.S.P. organizzano colloqui orientativi su richiesta dei collaboratori stessi o su
richiesta gerarchica. Se necessario, a richiesta prestano assistenza alle famiglie dei vigili.
Come parte della verifica annuale sullo staff da parte del medico di Medicina del lavoro,
lo psicologo può essere richiesto in qualità di esperto per dare la sua consulenza sulla
stabilità psicologica del vigile che debba fronteggiare situazioni a rischio
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I decreti pubblicati nel 2000 riguardo l’attitudine fisica dei vigili, prevedono per alcune
specifiche professioni (sommozzatori appartenenti al Gruppo di Intervento Navale) ogni 4
anni colloqui con uno psicologo, nonché una valutazione preliminare per le squadre del
GRIMP (recupero e intervento in situazioni pericolose) durante il loro addestramento
iniziale.
La valutazione psicologica da parte di un esperto può essere richiesta anche durante le
visite attitudinali se il medico individua sintomi di problemi psicologici.
Nella nostra regione stiamo per estendere questo tipo di approccio al DICA (squadre di
intervento estero) e incendi su imbarcazioni.
MEZZI
I membri dell’E.S.P. hanno base sulla costa e nell’entroterra di Mentone. Utilizzano come
ufficio uno spazio a Medicina del Lavoro del SSSM. In caso di missioni in emergenza, sono grado
di operare nelle postazioni dei vigili del fuoco.
Sul posto indossiamo una particolare maglia per essere facilmente identificati.
INTERVENTO
Chiamata dell’Ufficiale Esecutivo incaricato delle operazioni relative ad una missione
attraverso l’Ufficiale Medico in servizio. Una volta sulla scena delle operazioni, l’E.S.P. è
alle dipendenze del Capo dell’Assistenza Sanitaria.
Richiesta da parte delle truppe alle dipendenze del Direttore del Centro, il quale contatta
l’Ufficiale Medico in servizio o direttamente il Servizio Sanitario.
Richiesta dello stesso vigile che contatta il Servizio Sanitario.
Richiesta del medico dei vigili e chiamata del Servizio di Medicina Professionale.
Altre regioni francesi, tenendo presenti le realtà locali, al momento stanno sviluppando
procedure molto simili a questa.
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SITUAZIONI CRITICHE
Morte di un compagno durante una missione.
Responsabilità personale in un incidente occorso durante una missione.
Compagno gravemente ferito.
Fallito tentativo di salvataggio di una vittima.
Incidente o morte di un parente.
Morte di un bambino.
Grave ferita subita durante una missione.
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OPERAZIONI BASILARI DURANTE UN INCENDIO
Mentre parecchie comunità statunitensi non definiscono chiaramente e in modo specifico quali
siano le loro aspettative nei riguardi dei vigili del fuoco, in generale si ritiene che i vigili del fuoco
debbano estendere le operazioni SAR (search and rescue) in ogni area di un edificio in fiamme,
anche se non interessata dall’incendio, al fine di localizzare e portare in salvo persone che
potrebbero essere intrappolate o minacciate dal fuoco. Per poter eseguire tali operazioni SAR in
sicurezza, i vigili debbono anche avanzare il fronte degli idranti in posizione che consenta di
proteggere le aperture interne verticali ed orizzontali, gli ingressi, i corridoi, i ballatoi e frapporre
l’acqua tra il fuoco e le vittime o tra il fuoco e le vie di fuga.
Si ritiene, anche, che i vigili del fuoco debbano estendere le operazioni aggressive interne di
spegnimento al fine di contenere al massimo l’area interessata dall’incendio, per preservare dalla
distruzione quanto più possibile dell’edificio e di ciò che contiene. Le operazioni di contenimento
del fuoco si conducono dall’interno della struttura e dalla parte non interessata dal fuoco. Tali
operazioni respingono il fuoco nell’area già bruciata, minimizzando l’espansione del fuoco e dei
prodotti della combustione nell’edificio e riducendo i danni prodotti dall’acqua nelle porzioni non
coinvolte. Si debbono aprire percorsi orizzontali e verticali per l’espansione del fuoco, che vanno
controllati e messi in sicurezza. Tutte le operazioni aggressive vanno condotte all’interno
dell’edificio, poiché un attacco esterno non otterrebbe risultati.
Se al momento dell’arrivo dei vigili del fuoco gli edifici sono attaccati dal fuoco in modo
esteso e non è possibile entrare o il rischio comportato dall’entrare eccede i benefici potenziali, si
useranno operazioni difensive esterne di spegnimento per evitare che l’incendio si estenda ad altri
edifici o aree minacciate dal fuoco. Queste operazioni difensive si conducono generalmente da
postazioni esterne relativamente sicure e minimizzano l’esposizione dei vigili ad alti livelli di
calore, di collasso strutturale e altri rischi termici e fisici.
I vigili del fuoco debbono definire in modo appropriato, sia per la comunità che per se stessi,
quali livelli di organizzazione, supervisione, addestramento, strutturazione del personale e risorse
siano necessari per svolgere con efficacia e sicurezza le operazioni di raggiungimento degli
obiettivi. Parte di tale processo riguarderà l’identificazione dei rischi comportati dalle varie
operazioni e quale debba essere il kit protettivo adeguato.
ALTRI PUNTI DI VISTA
Protezione eccessiva
Un’opinione piuttosto diffusa sui kit di protezione dei vigili del fuoco è che consentano loro di
“sopravvalutare” se stessi, ponendoli in una condizione nella quale aumentano le probabilità di
provocarsi danni. Condizione nella quale i vigili non si troverebbero se non indossassero un
abbigliamento così “sofisticato”. Alcuni ritengono che i kit di protezione avanzata non permettano
ai vigili di “sentire il calore” e giudicano adeguatamente il contesto.
Io avanzo l’ipotesi che i vigili del fuoco che si “sopravvalutano” non operino sotto una
supervisione ravvicinata ed adeguata o in un sistema di comando dell’evento che controlli la
posizione, la funzione e la sicurezza di tutte le squadre operative. Il kit di protezione avanzata
consente ai vigili, che operano in sicurezza nell’ambito di un sistema di comando dell’evento, di
operare in modo più efficace.
Alcuni invocano livelli di protezione differenti per le varie parti del medesimo kit di
protezione, il tutto tendente a consentire ai vigili di “sentire il fuoco” in parti del corpo sensibili al
calore ma, presumibilmente, non esposte troppo seriamente al fuoco.
Io sostengo che ogni parte del corpo del vigile è sensibile al calore ed ugualmente esposta
durante le operazioni più movimentate, in particolar modo quando le condizioni all’interno si
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modificano inaspettatamente. La filosofia dell’NFPA 1971 è stata quella di fornire protezione
contro le condizioni ambientali previste durante operazioni adeguate e sotto supervisione e, se le
condizioni ambientali si deteriorano rapidamente, di garantire ai vigili un margine di tempo per
fuggire incolumi o con danni non mortali. Al vigile deve essere offerta la medesima protezione in
ogni parte del kit, al fine di ridurre la possibilità di danni fisici o di limitarne la portata.
Non tenendo in considerazione il livello di protezione offerto da un qualsiasi kit protettivo,
ogni cosa, che non sia la nuda pelle, può mettere il vigile in grado di “sopravvalutarsi”, e ciò
rafforza la convinzione che tutte le operazioni debbano essere gestite dal sistema di comando
dell’evento e che i vigili del fuoco debbano solo operare sotto stretta supervisione nell’ambito di
detto sistema. Il singolo vigile del fuoco che operi da solo, e non come componente di una
compagnia o di una squadra, che operi senza una supervisione diretta o che operi al di fuori del
sistema di comando dell’evento (situazione che negli USA viene spesso definita “free-lancing”)
non può essere accettato là dove si debba perseguire la sicurezza.
La capacità di valutare l’espansione dell’incendio può differire secondo il tipo di tessuto
indossato dal vigile. Il livello o l’intensità del calore che possono essere avvertiti con un certo
abbigliamento possono risultare totalmente diversi con un altro tipo di abbigliamento predisposto
utilizzando tessuti o strati di componenti diversi. Non esiste una “misurazione di espansione
dell’incendio” unica che possa essere applicata ad ogni indumento protettivo. Allo stesso modo,
risulta impraticabile basarsi sulle parti del corpo umano esposte per determinare l’esposizione al
calore, poiché la pelle comincia a scottarsi a temperature relativamente basse [circa 57° C (135° F)]
dopo breve esposizione. Per il vigile del fuoco è un problema culturale e di addestramento acquisire
familiarità con il modo in cui un particolare kit trasmetta calore.
Stress da calore
Un altro punto di vista piuttosto diffuso è che l’isolamento termico dell’abbigliamento
protettivo provoca più danni fisici, a causa dello stress da calore, di un abbigliamento meno pesante
ma meno protettivo. Secondo me, sono state tratte delle conclusioni poco corrette, basate su
resoconti di ferite e morti collegate allo stress, soprattutto negli Stati Uniti. Secondo alcuni
orientamenti, tali lesioni sono il risultato delle tute protettive.
Lo stress termico non può essere attribuito soltanto ai materiali di cui è composto
l’abbigliamento, ma va affrontato considerando svariati fattori altrettanto determinanti. Il problema,
per porlo in termini semplici, consiste nel proteggere i vigili del fuoco da un ambiente
estremamente ostile, nel quale è indispensabile l’isolamento termico, e nel tentare di ridurre lo
stress da calore al livello più basso possibile.
Parecchi scienziati hanno affrontato il problema dello stress da calore per quanto riguarda
l’abbigliamento protettivo. Questi scienziati, della Comfort Technology, Inc., W.L. Gore &
Associates Inc., Kansas State University e North Carolina State University hanno stabilito che:
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È in condizioni ambientali miti e moderati e a livelli di lavoro bassi e moderati che è più
probabile che le differenze nei materiali dell’abbigliamento protettivo abbiano risultati
apprezzabili sullo stress da calore.
In situazioni rese più stressanti dall’alta temperatura o da un pesante carico di lavoro, è
improbabile che cambiando materiale si ottenga un qualsiasi miglioramento significativo
dei tempi di tolleranza.
Si dovrebbe affrontare lo stress da calore con altri mezzi oltre alla determinazione dei
materiali.
I vigili del fuoco trascorrono parecchio tempo in condizioni diverse dall’alta temperatura
ambientale e dal lavoro pesante. Si potrebbe alleviare il disagio attraverso l’uso di indumenti con
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protezione interna dal calore da utilizzare in ambienti con temperatura moderata e in condizioni di
lavoro non pesanti, e l’NFPA 1971 dà indicazioni sullo stress da calore dovuto agli indumenti e ai
tessuti.
NFPA 1971 richiede la traspirabilità degli indumenti, misurata attraverso un Test di Perdita
Totale di Calore. Tale requisito si può ottenere attraverso membrane “traspiranti” che non
compromettano le altre qualità di protezione richieste. Ciò, si spera, porterà ad una più intensa
ricerca da parte dell’industria al fine di ottenere migliori membrane traspiranti, tessuti e
composizioni di tessuti più leggere, in modo da diminuire l’aumento di calore all’interno degli
indumenti e diminuire il peso complessivo degli indumenti pur senza ridurre la protezione termica.
Perché gli indumenti proteggano da un ambiente ostile dal punto di vista termico è necessario
l’isolamento termico. I soli indumenti non sono in grado di mantenere il vigile del fuoco sicuro e,
contemporaneamente, fornirgli un adeguato isolamento termico, necessario per le operazioni interne
strutturali di spegnimento dell’incendio. Vanno valutati tutti i fattori che concorrono allo stress e
allo stress da calore, compresa l’età del vigile, le sue condizioni fisiche, il metabolismo individuale,
non meno del modo in cui i vigili vengono gestiti durante le operazioni dell’evento.
Ci si deve prender cura dei vigili del fuoco che operano in aree con alta temperatura o con alti
ritmi di lavoro. Queste squadre debbono esser fatte ruotare periodicamente per consentire il riposo,
il raffreddamento, la reidratazione, il monitoraggio delle condizioni fisiche e altre misure che si
rendano necessarie. La semplice riduzione dell’isolamento o del peso degli indumenti protettivi non
costituirebbe beneficio per i vigili del fuoco e non avrebbe nessun effetto significativo sullo stress
da calore. Il dipartimento dei vigili del fuoco deve interessarsi all’intero spettro dei problemi
correlati allo stress da calore e allo stress.
Conclusioni
Operazioni di spegnimento efficaci sono il presupposto di base per i servizi antincendio.
Queste sono le operazioni in cui “la gomma incontra la strada”, in termini di intervento di
frapposizione tra il cittadino e il pericolo, il danno fisico, la morte e la distruzione economica. I
servizi antincendio sono a protezione della comunità, la sua forza di difesa.
Servizi antincendio ben gestiti, altamente addestrati, sotto stretta supervisione, con personale
appropriato e progressisti, questi sono tutti elementi altrettanto essenziali per l’efficacia e la
sicurezza delle operazioni. Gli interventi standard che un dipartimento dei vigili pianifica e sui quali
basa l’addestramento, per perseguire la soppressione degli incendi nell’ambito della propria
giurisdizione, debbono essere realistici e solidi in termini di obiettivi, qualificazione degli ufficiali e
dei vigili del fuoco, coesione dei gruppi operativi, del personale e delle squadre; capacità di operare
in modo efficace in un sistema di comando in emergenza, risorse disponibili e personale che
consentano di fornire alla comunità il servizio richiesto e, soprattutto, garantire la sicurezza
operativa ed il benessere delle forze dei vigili del fuoco.
In ogni caso, le comunità debbono avere chiare le aspettative nei riguardi dei vigili del fuoco
per quanto riguarda le missioni, gli obiettivi da raggiungere ed i servizi da fornire. Quindi la
comunità deve offrire ai vigili del fuoco risorse adeguate in modo da assicurarsi che tali obiettivi
vengano raggiunti con sicurezza ed efficacia.
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