Bentornato Marx

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Bentornato Marx
Enrico Lobina*
Bentornato Karl Marx. Il barbuto dell’ottocento è tornato di moda. L’Internazionale, e riviste di
tutto il mondo, gli dedicano copertine. La crisi economica distrugge lo stato sociale e, quindi, anche
una prospettiva social-democratica. Cioè una prospettiva che contemperi diritti del lavoratori
inalienabili ed economia di mercato. Di fronte a questo, l’analisi marxiana del sistema di
produzione viene di nuovo evocata. Da taluni addirittura studiata.
Cosa ci insegna l’amico del cuore di Friedrich Engels? Che la crisi finanziaria ha origine
nell’economia reale. In economia, quando i capitali non rendono più quanto si desidera, si investe o
nella rendita (case, terreni etc.) o nella finanza. È il nostro caso. L’economica reale non garantisce
profitti adeguati, ed allora ci si butta nella rendita e nella finanza. La politica, ancella
dell’economia, lo permette senza aprir bocca.
Nell’economia reale cosa succede? Succede che le innovazioni tecnologiche permettono di produrre
molto più di quanto si ha bisogno, o di quanto si può acquistare, e con meno lavoro rispetto al
passato. Si chiamano crisi di sovrapproduzione.
Il globo oggi ha conoscenze tali che potrebbe garantire benessere per tutti i suoi abitanti. Ma non
conviene produrre perché i profitti sono troppo bassi. Più aumenta il capitale fisso investito, più il
tasso di profitto diminuisce, sino a non convenire più, per il privato, investire. Se poi non vi sono
consumatori, ancora peggio. Nessuno compra. E perché dovrei produrre? È il circolo vizioso della
recessione, che la Sardegna e l’Italia conoscerà nel 2012. Ed il segreto sta in una formuletta
marxiana che fa inorridire gli economisti che insegnano nelle università, tutti ligi al credo
neoliberista: caduta tendenziale del saggio di profitto.
Ma, mi si obietterà, non è mai successa una cosa del genere! Sino a qualche tempo fa il capitalismo
andava a gonfie vele! Io aggiungo che non è detto che non rimanga in piedi ancora per molti anni,
decenni, forse secoli.
Mi viene in soccorso, però, sia una signora marxista, di nome Rosa Luxemburg, sia alcuni
accadimenti storici.
Partiamo dalla signora marxista. Questa tedesca del secolo scorso, detto alla grossa, sosteneva che il
capitalismo conosce ciclicamente crisi da sovrapproduzione. Risponde a questa crisi in diversi
modi.
Uno è l’apertura di mercati diversi e sconosciuti. Questi mercati possono essere geografici o
produttivi. Si pensi all’apertura al capitalismo dell’est Europa, e a quanto ne ha guadagnato la
Germania. Che ha addirittura fomentato la guerra in Yugoslavia per conquistare un moderno
Lebensraum (spazio vitale). O a cosa ha significato l’apertura al mercato della Russia, o della Cina.
O, ancora, si pensi a quanto mercato si è aperto con la nascita e lo sviluppo delle nuove tecnologie,
soprattutto a partire dagli anni novanta.
Nuovi spazi, quindi, si potrebbero aprire. Dal punto di vista geografico, l’Africa e altre aree più
piccole ancora devono essere completamente assoggettate all’economia di mercato. Dal punto di
vista produttivo, le nano-tecnologie e le bio-tecnologie potrebbero essere un settore che permette un
qualche sviluppo.
Sugli accadimenti storici, vi sono le controtendenze. Cioè azioni politiche che tendono ad impedire
la caduta tendenziale del saggio di profitto. Eccole: guerre imperialiste per l’apertura dei mercati
esteri; il controllo delle materie prime e delle reti infrastrutturali; l’abbassamento dei salari e
l’indebitamento dei lavoratori; lo spostamento dei capitali verso i settori commerciali, finanziari e
speculativi.
Non è esattamente ciò che abbiamo vissuto e continueremo a vivere?
In altri termini, nonostante uno sviluppo senza precedenti delle forze produttive, vi è un
impoverimento crescente della popolazione. I rapporti sociali peggiorano, si abbruttiscono.
Si può invertire la tendenza? Si. Innanzitutto ci vorrebbe, al governo, qualcuno con la volontà di
farlo. Successivamente, ci vorrebbero i mezzi. Il mezzo principale è la sovranità.
Cos’è la sovranità? Spada, moneta e leggi. La spada rappresenta la capacità di esercitare in modo
legittimo e unico, da parte di chi detiene il potere, la violenza. La moneta rappresenta la possibilità,
appunto, di battere moneta e di decidere come e quando indebitarsi. Le leggi, che non esisterebbero
senza la spada e la moneta, rappresentano la possibilità di imporre regole che devono essere seguite
da tutti.
Cosa abbiamo in Sardegna e in Italia?
La spada la Sardegna non ce l’ha, l’Italia la potrebbe avere ma l’ha appaltata agli Stati Uniti, che
fanno quello che vogliono, e noi obbediamo tacendo. Vedi Libia.
La moneta la Sardegna non ce l’ha, ma non ce l’ha neanche l’Italia. Ce l’ha la Banca Centrale
Europea, che non risponde ad un Parlamento Europeo, bensì ai cosiddetti “mercati”. In Italia, per
essere ancora più schiavi rispetto a chi la crisi l’ha creata, si decide, a stragrande maggioranza, di
imporre il pareggio di bilancio. Insomma, l’Italia diventa un ente pubblico che deve rispettare i
conti. E basta.
Per quanto riguarda le leggi, la verità è semplice anche se fuori moda: i poveracci vanno in galera e
pagano, i ricchi no. Ci sono le eccezioni, tipo Callisto Tanzi e Lele Mora, ma sono appunto
eccezioni. In Sardegna eccezioni non me ne vengono in mente.
La politica non riesce a fare pensieri lunghi. Al massimo si arriva a discutere di come sarà la
Sardegna e l’Italia nel 2012, magari nel 2013. Noi, però, dovremmo ragionare di come sarà la
Sardegna, l’Europa ed il mondo nel 2022 e nel 2032. Su questo basare la nostra azione del 2012 e
del 2013. Chiediamo troppo? L’Assemblea Costituente Sarda non dovrebbe fare questo?
* Consigliere comunale, Cagliari – Federazione della Sinistra
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