16° LEZ. S. SCRITTURA III- DEL 11/03/09- LETTERA AI ROMANI Nei cap. 9-11 inizia la terza parte dove si parla di :Dio, le genti e la salvezza di Israele. Da una lettura continua che passa dal cap. 8 al cap. 9 possiamo notare un passaggio brusco, i cap.9-11 infatti sembrano un corpo estraneo rispetto al racconto precedente : assistiamo a un cambiamento di tema, in realtà è un espediente della retorica per iniziare un nuovo discorso con un elemento di sorpresa. Questa sessione che parla di Israele in realtà ha collegamenti sia con la 1° PARTE(cap.1-4), che con la 2°(cap.5-8).Il collegamento con la 1° parte dove Paolo aveva minimizzato le differenze tra Giudeo e non ,se Dio è giusto deve retribuire gli uomini con imparzialità secondo l’atteggiamento del loro cuore, lo dimostra anche Abramo,(Gen .15) la giustificazione in lui non fu motivata dalla legge e la figliolanza abramitica è data a motivo della fede, non per discendenza carnale, essa non dipende dall’osservanza della legge o dalla circoncisione ( anche i giudei per essere giustificati devono credere come Abramo, con la fede ). La legge non da la figliolanza abramitica e divina , ma serve a far scattare l’ira divina che deve punire le trasgressioni ( questo è il collegamento con la 1° parte), Paolo dice c’è un solo Dio che giustificherà per la fede sia i circoncisi sia i non circoncisi. Il collegamento con cap.5-8 ( Paolo ha attribuito ai cristiani titoli e privilegi di cui i Giudei erano convinti di detenere il monopolio, come la figliolanza,l’elezione, la promessa, la giustificazione, la gloria , l’incarico di portare al mondo la Torah. Paolo esprime concretamente che i cristiani hanno ricevuto lo Spirito che li rendi degni del Figlio, attribuendo ad essi un’identità che Israele ha sempre rivendicato per sé. Allora qual è il ruolo della storia di Israele, si pone una serie di domande sulla sorte e l’identità di Israele, le risposte le abbiamo in questa 3° parte. Paolo risponde nei cap. 9-11 con 3 successivi sviluppi secondo uno schema del tipo: - A (1°ARGOMENTAZIONE), - B( 2°ARGOMENTAZIONE), -A’( RIPRESA DELLA 1°ARGOM. CON ULTERIORE APPROFONDIMENTO. Nella 1° argom. cap. 9,6-19 Paolo affronta il problema di Israele e lo colloca nel piano di Dio: Israele ha rifiutato il vangelo ma questo non mette in discussione il piano di Dio, che produce i suoi effetti. La 2° argom. Cap.9,30-10,21 Paolo si sofferma a riflettere sulle responsabilità di Israele, attribuisce ad esso la responsabilità della sua disavventura. Nella 3° argom. Cap.11,1-32, torna a parlare di Israele nel piano di Dio concludendo che Dio salverà Israele nonostante la sua infedeltà .Nei cap. 9-11 abbiamo una progressione argomentativa , non si deve leggere come un’ argomentazione antisemitica come spesso è stato fatto. Paradossalmente la parzialità che aveva visto Israele come il popolo eletto, sembra qui capovolgersi, invece Dio è imparziale e la sua salvezza è universale. L’ESORDIO ( cap. 9,1-6) sembra che Paolo cada in contraddizione con il cap. 8 perché attribuisce agli Israeliti i privilegi riconosciuti ai Cristiani, l’esordio ha proprio la funzione di stimolare l’attenzione, mettendo in evidenza la difficoltà dell’argomento che Paolo vuole trattare. Questi 5 vv. sono l’esordio più forte di tutto l’epistolario paolino. I privilegi sono: il titolo onorifico di israelita, l’adozione, il culto, la gloria, le alleanze ( con Abramo, Giacobbe, Mosè, Giosuè) , la legislazione mosaica, le promesse fatte ai Padri, e il privilegio più grande di Israele per Paolo è quello di avere dato all’umanità il Cristo secondo la carne, qui egli esprime tutto il suo dolore per il contrasto tra i privilegi che Dio ha dato al suo popolo e la sua incredulità, dopo aver dichiarato tutto il suo dolore, nello stile della diatriba, discute come Israele nonostante tutto rientra nel piano salvifico di Dio. Dal v. 6,13, c’è la 1° obiezione la risposta che Paolo da è questa Israele non si identifica con la discendenza carnale di Abramo, ma solo con i figli della promessa o dell’ elezione. Ecco perché l’elezione non è messa nell’elenco dei privilegi di Israele storico, perché non tutti i suoi singoli membri sono eletti. La 2° obiez. v.14-18, Dio scegliendo chi vuole è forse ingiusto? La risposta ribadisce che tutto rientra nella volontà di Dio, la sua misericordia, non è l’uomo che può agire per diventare suo figlio. Nei vv.19-29 un’ altra obiez. “perché rimprovera me se poi dipende tutto da Lui?” La risposta: l’uomo non può farsi giudice di Dio, da Lui dipende come la creta dal vasaio: non può dire nulla, Dio rispetta le sue vocazioni, da sempre ha eletto un solo progetto, il progetto salvifico di Dio.C’è un certo dinamismo, Dio sceglie , poi c’è l’infedeltà e le vicissitudini di Israele, pensate all’esilio, a Babilonia, molti dimenticano il loro Dio, rimane il cosiddetto “resto di Israele”,qui si inserisce il riferimento alla metafora dell’agricoltura ( “i rami saranno tagliati, nascerà il nuovo popolo…”) del racconto di Isaia. La 2° argom. 9,30-10,21, dove i Padri ricordano la responsabilità di Israele, Paolo non si scaglia contro Israele perché adesso è diventato cristiano, ma rilegge nel “secondo me” la nuova realtà che è nata con Gesù Cristo con il dono della giustificazione in Lui , nell’ottica della storia così come era riletta ricollegandosi al progetto di salvezza di Dio. Nella sua assoluta libertà Dio ha chiamato alla salvezza pochi giudei e molti gentili, proprio mentre i gentili non erano alla ricerca Dio si è manifestato nonostante che i Giudei lo possedessero Paolo muove loro una pesante accusa di essersi sottratti all’opera salvifica di Cristo per cercare la giustizia nella legge(rifer. Anche alla lett. Ai Galati. I Giudei hanno cercato una propria giustizia., mentre per i gentili la giustizia è la salvezza. In 10 v.4-13 Paolo compara le due giustizie, la Torah e il Vangelo , e mostra come la giustizia che si dovrebbe ottenere dalla legge è una giustificazione difficile, anzi impossibile senza l’aiuto di Dio( vedi Deut. 13,14: si deve confessare che Gesù è il Signore, Kyrios). In 15,14-21 i Giudei sono contenti, c’è una lunga serie di domande, qui incolpa i Giudei che non potranno dire di non aver udito, perché Gesù Cristo si è concretamente manifestato a loro, Israele continua a rifiutare la via di salvezza proposta da Dio . Al cap. 11 si ha la riflessione di Paolo sull’incredulità di Israele in rapporto al piano salvifico di Dio e la salvezza finale di Israele. In rom.11 Paolo da la risposta a tutte le domande poste in Rom.9, Paolo inserisce tra i credenti anche i gentili: qui mostra nelle 3 argomentazione il maturare del progetto di salvezza per tutta l’umanità, tutte le nazioni ma anche per Israele indurito. Nell’ottica del piano di Dio l’elezione non dipende dalla risposta umana, bensì è già implicita in Dio a prescindere dalla risposta umana, essa precede la colpa, la assolve in anticipo. Nei vv.1-10 Paolo dice che esiste un “resto di Israele “che ha creduto,(…“ Dio non ha ripudiato il suo popolo”..) citando l’A.T. anche nel testo della Torah c’è stata sempre questa ambivalenza tra quelli che sono rimasti fedeli ( la parte eletti) e quelli che non lo sono stati (la parte esclusa). Nei vv.11-14 spiega cosa potrà accadere all’Israele “indurito” quello che non ha creduto, paragonandolo ai rami tagliati dell’ulivo buono, che possono essere vitali,Paolo dice che la separazione di gran parte di Israele dalla fede e dal vangelo non è definitiva. In 11,11 abbiamo la domanda diatribica, la risposta è che la caduta di Israele non è definitiva, paolo ricava del bene anche da questa situazione. Più avanti dirà che la fede dei pagani susciterà la gelosia dei Giudei, anche Israele si convertirà. Malgrado la sua incredulità Israele rimarrà un popolo santo. Mentre prima erano gli Israeliti a vantarsi adesso saranno i pagani a sentirsi privilegiati , nei vv. 9-11 tutto Israele sarà salvato, la sua salvezza passa attraverso la disobbedienza, Dio è grande nella sua misericordia. I vv. 33-36, sono da un punto di vista retorico una PERORATIO riprendono vv. precedenti con un maggior calore, per sostenere le sue tesi, poi conclude con la DOSSOLOGIA finale dove si mette in evidenza la saggezza di Dio . Nei cap. 12-15 Paolo affronta i problemi della comunità, dà indicazioni su come vivere la propria esistenza nell’attesa del Signore, tenta di fare in modo che la vita di ogni credente sia un culto spirituale a Dio, il linguaggio dei sacrifici vuol dire che quando si entra nel tempio si deve esplicitare l‘adesione del credente a Dio, la fede deve essere vissuta concretamente. Paolo sottolinea quale elemento della vita cristiana la carità (cap. 12,9) , deve essere praticata con sincerità, quale gesto di amore, Paolo promuove una gara caritativa, in questa paraclesi, indicazione di vita, c’è molto della tradizione evangelica (…”amatevi gli uni gli altri, benedite coloro che vi perseguitano, rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto….”) si ha un’ eco di quello che è l’insegnamento di Gesù. Paolo conosce bene l’animo umano, finisce col promuove un vivere pacifico. Nel cap.13 affronta il problema con le autorità, nel v. 8 sottolinea la preminenza dell’amore nell’ambito dell’agire, in questo versetto c’è il collegamento con l’amore e la legge ( collegamento anche con la lettera di Giacomo, spesso invece messa in contrapposizione con quella di Paolo). Alla fine del cap. 15 invece Paolo fa delle riflessioni, parla dei suoi progetti futuri. Nel cap. 16 passa ai saluti e alla dossologia finale nei vv.25-27.Fine. Ci sono poi tutta un insieme di lettere chiamate deutero-paoline: tra cui la lettera ai Colossesi, ai Filippesi. Nella lettera agli Efesini c’è tutta una trattazione ecclesiologica (leggere l’introduzione di Paolo , per sapere di che si parla). Passiamo a un piccolo brano della lettera ai Colossesi, comunità che non ha fondato, si dibatte sullo scrittore che pare sia in parte Paolo, in parte da un suo discepolo; scrive perché la comunità di Colossi viveva un disagio dovuto ad idee erronee che gettavano ombra sul primato di Cristo, cercando di riportare chiarezza. In questo inno cristologico( Col. 1,15-20) a differenza di quello ai Filippesi che mette in evidenza la kenosi, qui viene fuori una figura di Cristo che non si trova nelle altre lettere di Paolo se non nella lettera agli Efesini, questo inno sintetizza il pensiero teologico di paolo sul primato di Cristo nella creazione e redenzione. Sui primi vv. i biblisti sono discordi alcuni dicono che l‘inno cominci al v. 12, secondo altri invece al v.13, altri ancora al v.14, altri al v. 15 , tutti sono concordi sulla fine al v. 20 . Anche sull’origine ci sono pareri discordi, c’è chi lo definisce un inno pre-paolino formatosi nelle comunità ellenistiche, chi lo considera la conclusione di una lunga stratificazione : prima proto cristiana, poi sarebbe pre-paolina, poi una relazione paolina, poi aggiunto materiale cristiano. Alcuni addirittura mettono in dubbio la paternità paolina dicendo che paolo l’ha copiato (metodo storico-critico). Queste molteplici ipotesi sono prova della loro fragilità teorica, tali infatti restano. Possiamo accogliere invece la tesi sulla preesistenza di questo inno , probabilmente già utilizzato nella liturgia cristiana con cui si celebrava la totale superiorità di Cristo nell’opera della redenzione, questa ipotesi è suffragata dal fatto che tutte le argomentazioni come si presentano dal punto di vista stilistico sono nuove, non le troviamo in Paolo, solo frasi analoghe si trovano nella lettera agli Efesini e la 1° lett. di Pietro, il linguaggio è strettamente liturgico.A Colossi c’erano problemi di natura dottrinale, era una città con una cultura di tipo ellenistico: con sistemi culturali di tipo filosofico- religioso, siamo in presenza di pre- gnosi ( chiamata poi gnosi da Ireneo). Paolo dice che tra il cielo (Dio) e la terra (l’uomo), è come se vi fosse una stratigrafia di divinità o potenze, per cui prima di arrivare a Cristo bisognava passare dalle varie potenze, dando ad esse un peso salvifico: Paolo celebra il primato di Cristo su tutto. Si combatte principalmente questo errore. L’inno si compone di 2 strofe: la 1° vv. 15-18a, dove si mette in evidenza che Cristo è il primogenito di tutta la creazione. Nei vv.18b-20, Cristo è il primogenito dei morti, quindi alla cristologia cosmica della 1° strofa, corrisponde la soteriologia cosmica della 2°: creazione e redenzione sono rapportate principalmente a Cristo che è al di sopra di tutto e di tutti. L’inno è un canto di lode a Cristo trionfatore che ha fatto della sua resurrezione una nuova creazione, più completa della prima. L’inno inizia con riferimento a Cristo immagine del Dio invisibile, molti fanno il collegamento con il brano di Gen. 1.26 (..“creato ad immagine e somiglianza di Dio”). I primi Padri della Chiesa come Origene, Atanasio, Gregorio di Nissa non erano favorevoli a questa tesi, perchè dicevano che il primo uomo è detto “ad immagine” cioè secondo l’immagine di Dio e non è l’immagine, qui si dice che Cristo è l’immagine, Adamo ad es. è secondo l’ immagine di Dio. Per immagine non si intende la creazione, ma la riproposizione della natura stessa, un modello può essere ripreso in Sap. 7,26 dove si dice ”è un riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia dell’attività di Dio, è un’immagine della sua bontà“, l’immagine è la concretizzazione storica di ciò che non si può vedere. L’A.T. era cresciuto con l’idea di vedere Dio, idea espressa molto bene in Es. 33,20, quando Mosè di fronte al desiderio di vedere Dio si era sentito rispondere che non poteva vederlo perché chi vede Dio muore. La teologia del vedere Dio qui trova piena realizzazione in Gesù, chiamato “immagine” di Dio(eikon=icona), idea già presente nella 2° lett. Ai Corinti cap. 4,v.4 ; qui si sottolinea maggiormente la perfetta somiglianza del Figlio con il Padre, dal punto di vista letterale abbiamo”primogenito di ogni creatura” indicando più una preminenza che non una precedenza di tipo temporale. Nel diritto familiare palestinese il primogenito godeva di alcune prerogative, durante la vita del padre aveva una precedenza sugli altri fratelli, alla morte del padre riceveva il doppio dell’eredità diventando il capofamiglia, come primizia del matrimonio, il primogenito apparteneva a Dio perciò era necessario il riscatto . Si comprende meglio il titolo dato a Cristo, “primogenito” in senso di eccellente, una volta affermata la preminenza si dà la motivazione : poiché” per mezzo di Lui“, si indica tutta la creazione, Cristo è presentato come il principio vitale nascosto in tutte le cose, indica la totalità delle realtà create che ricevono una triplice specificazione: la 1°è una definizione parziale”quelle del cielo e quelle della terra”, due estremi che nel linguaggio semitico indicano la totalità (chiamata merismo,cielo e terra, mare e fiume); Poi “quelle visibili e quelle invisibili”, sottolinea il contrasto tra due realtà, infine c’è il riferimento alle potenze intermedie per poter raggiungere Cristo, tutte sono preordinate a Cristo.