Una esperienza di sostegno psicologico per studenti universitari

Una esperienza di sostegno psicologico per studenti universitari:
una modalità di obiettivazione dei risultati
An experience of psychological support for university students:
a procedure to objectivate the outcome
LUIGI SILVANO FILIPPI, DANIELA VALDARNINI, FRANCO BURLA
Dipartimento di Scienze Psichiatriche e Medicina Psicologica dell’Università di Roma, La Sapienza
RIASSUNTO. Introduzione. Gli Autori riferiscono di un’esperienza di sostegno psicologico per studenti universitari, condotta in gruppo e orientata psicoanaliticamente. Dopo una breve rassegna della letteratura sull’aiuto psicologico a detti studenti, in Italia e nel mondo, e sulle cause del loro eventuale disagio psichico, gli Autori descrivono la tecnica impiegata (esame della realtà, con analisi delle dinamiche inconsce, individuali e gruppali, ogni volta che le condizioni del soggetto o del
gruppo lo consentano) ed i risultati conseguiti, che, dal punto di vista clinico, sono positivi per quasi tutti i partecipanti: maggiore accettazione di sé, migliore adattamento all’ambiente, ripresa o miglioramento dell’attività accademica. Materiali e metodo. Gli Autori hanno voluto verificare se fosse possibile obiettivare tali risultati dopo un triennio di trattamento, servendosi di strumenti psicologici. Sono stati impiegati prima dell’inizio e dopo un triennio i test MMPI (forma ridotta), ACL e la
Scala per la valutazione globale del funzionamento (VGF) del DSM-IV (applicata indipendentemente da due osservatori). I
risultati dei test ACL, MMPI e della Scala VGF sono stati sottoposti ad analisi statistica attraverso l’applicazione del test non
parametrico per campioni appaiati di Wilcoxon. Risultati. Non si sono rilevate differenze statisticamente significative prima
e dopo il trattamento, ad eccezione di una lieve diminuzione nella scala dell’autonomia (AUT) del test ACL, che viene interpretata positivamente, in quanto verosimilmente legata allo sviluppo della coesività del gruppo e della esperienza positiva
dell’“appartenenza”. Conclusioni. Gli Autori concludono auspicando che si giunga alla individuazione di più sensibili strumenti valutativi dei risultati delle psicoterapie.
PAROLE CHIAVE: studenti universitari, disagio psichico studenti, psicoterapia, obiettivazione dei risultati.
SUMMARY. Introduction. The Authors report on an experience of psychological support for university students, conducted
as a psychoanalytically-oriented group therapy. After a brief review of the literature on psychological help to such students
in Italy and other countries and on the causes of their possible psychic unease, the Authors describe the technique employed
(reality examination, with analysis of inconscious dynamics, every time subject and group condicions permit this) and the results obtained, which, from the clinical point of view, are positive for almost all the participants: greater self-acceptance, better adaptation to the environment, resumption or improvement of academic activity. Material and methods: The Authors
wished to verify whether it was possible to objectivate the results after three years of treatment by using psychological instruments. At the beginning and at the end of the three years, the MMPI test (reduced form), ACL test and for the Global
Assessment of Functioning (GAF) Scale of the DSM IV (applied independently by two observers) have been employed. The
results of the ACL and MMPI tests and of the GAF Scale were subjected to statistical analysis through the application of Wilcoxon’s non-parametric test for paired samples. Results. No statistically significant differences were noted before and after
the treatment, with the exception of a slight decrease in the scale of autonomy (AUT) of the ACL test. This was interpreted
positively because it was presumably linked to the development of group togetherness and of the positive experience of belongingness. Conclusion. The authors conclude with the hope that more sensitive instruments will be individuated for evaluating the results of psychotherapies.
KEY WORDS: university students, psychic students unease, psychotherapy, outcome objectivation.
E-mail: [email protected]
Rivista di psichiatria, 2001, 36, 3
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Una esperienza di sostegno psicologico per studenti universitari
INTRODUZIONE
Al Servizio Speciale di Psicologia Clinica del nostro
Dipartimento spesso si presentano, per consultazione,
studenti universitari di diverse facoltà.
È facile constatare che la sintomatologia circoscritta
che presentano al primo colloquio (in genere difficoltà
nello studio e negli esami) è sostenuta per lo più da nuclei conflittuali arcaici (inconsci), rispetto ai quali il
problema contingente ha funzione di copertura.
Ciò ci ha portato ad offrire agli studenti un sostegno
psicologico, attraverso una terapia di gruppo, “psicoanaliticamente orientata”.
Abbiamo voluto obiettivare i risultati ottenuti dai
partecipanti al gruppo dopo circa tre anni di trattamento.
BREVE RASSEGNA DELLA LETTERATURA
L’assistenza psicologica agli studenti universitari che
presentano sintomi di disagio psichico o, comunque, di
disadattamento alla vita universitaria ha ormai assunto una grande rilevanza (1) ed i servizi che erogano loro un aiuto psicologico sono una realtà consolidata in
tutto il mondo (2).
La condizione psicosociale dello studente universitario è da tempo oggetto di ricerche in Italia (2-7): il disagio psichico degli studenti è riconosciuto ormai come una componente per così dire endemica dell’istituzione universitaria, se non addirittura come una loro
malattia professionale (8, 9).
Le conoscenze sul disagio psichico degli studenti
universitari italiani provengono prevalentemente da
due fonti (1): da un lato, rilievi clinici che derivano da
strutture di counselling e di aiuto psicologico che operano in alcuni atenei (citando solo i principali, a noi
noti: Università di Milano, Padova, Venezia, Bologna,
Pavia, Siena, L’Aquila, Roma “La Sapienza”, Napoli
“Federico II”, Salerno, Bari, Palermo); dall’altro, indagini svolte su studenti universitari attraverso questionari (2).
Le statistiche riportate in letteratura non possono
essere generalizzate, in quanto riguardano singole università, dalle caratteristiche socio-culturali e organizzative diverse; tuttavia indicano che dal 10 al 20% degli studenti, nel corso degli studi, domandano una consultazione psicologica o presentano vari tipi di problemi emotivi (9, 10).
Gli anni che coincidono con l’inizio degli studi universitari rappresentano per i giovani un momento critico, poiché segnano il passaggio dall’adolescenza all’età adulta ed impongono il confronto con aspetti evo-
lutivi complessi. Si tratta di affrontare trasformazioni
profonde della propria identità, che implicano una vera e propria “ristrutturazione” del senso di sé (del Sé).
Tali trasformazioni sono collegate sia a fattori evolutivi fisici e psichici che al cambiamento di molte situazioni esterne nella vita del giovane.
Fattori organizzativi universitari che contribuiscono
a causare il disagio psichico dello studente possono essere l’eccessivo numero di esami, la scarsa comunicazione tra docenti e discenti, l’assenza di figure a tipo di
tutor, la scarsa o assente vita di gruppo.
Nel caso specifico degli studenti di Medicina, ulteriori elementi di ansia sembrano connessi alla particolare durata degli studi, che prolunga la dipendenza
dai genitori (11) ed al confronto, più intenso che in
altre discipline, con le pulsioni aggressive e sessuali
(12): oltre al fatto che è inevitabile incontrare, nell’esperienza clinica di base, situazioni di sofferenza
spesso stressanti.
Né va sottovalutato, tra le cause del disagio, il fatto
che possano iscriversi a facoltà come Medicina o Psicologia soggetti dall’Io fragile, per un’oscura motivazione a “curare se stessi”(13). Ciò non significa che tali soggetti vadano esclusi a priori da detti corsi di laurea: così facendo, avremmo perduto personalità notevoli, dal punto di vista scientifico e clinico. Infatti tali
soggetti, opportunamente seguiti, possono maturare e
produrre frutti cospicui, sul piano professionale e su
quello umano. Non bisogna dimenticare che avere dei
professionisti indenni da problemi emotivi, di cui soffre oggi gran parte dell’umanità (14), non sarebbe né
possibile né auspicabile, poiché detti soggetti non sarebbero capaci di comprendere “da dentro” la sofferenza altrui. Anche per questo in alcune università ci si
è posti, appunto, il problema degli studenti “disabili”
all’apprendimento (15) o sono stati creati dei sussidi
per prevenire, negli studenti di Medicina, i disturbi psichici occasionati da un contatto non guidato con le
grandi patologie e per aiutare psicologicamente gli studenti più “deboli” o affetti da patologie conclamate
(16-18).
LE MODALITÀ D’INTERVENTO PSICODINAMICO
CON STUDENTI UNIVERSITARI
Secondo un approccio un pò schematico, le modalità
d’intervento psicodinamico più frequenti sono:
1) le psicoterapie-incontro a durata brevissima (non
superiore alle quattro sedute);
2) le psicoterapie brevi e/o focali, con durata in genere non inferiore a dieci - dodici sedute;
3) le psicoterapie analitiche che, pur facendo riferi-
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mento ad una durata ottimale non superiore a qualche
mese, con una seduta per settimana, possono anche
prolungarsi oltre l’anno, non prevedendo in genere
un’indicazione preliminare di limite (2).
Pur tenendo conto dei limiti temporali dell’intervento offerto, che si ripropone in tutta la letteratura sui
servizi per studenti universitari (19), non deve essere
perso di vista il dato fondamentale, che è quello di venire incontro alle esigenze psichiche proprie di ciascuno, aiutandolo a trovare uno spazio adeguato per l’ascolto qualificato e per l’elaborazione del proprio disagio.
Da qui l’esigenza di una terapia che non sia solo sintomatica, ma che permetta una certa ristrutturazione
della personalità, perciò basata su una chiarificazione
interiore che gradualmente porti ad una maggiore accettazione di sé e ad un migliore adattamento all’ambiente circostante.
Sappiamo che la necessità di appoggio psicologico,
pur emergendo in alcuni casi fin dai primi mesi di università, si mantiene elevata negli anni centrali, aumentando poi nella situazione frustante di fuori-corso (20).
MATERIALI E METODO
Tecnica di trattamento
La necessità di fare una terapia di gruppo è nata dalla
richiesta di un crescente numero di studenti, che domandavano spesso esplicitamente una psicoterapia: il gruppo
consentiva un ampliamento delle disponibilità terapeutiche e rispondeva anche ad esigenze di ricerca.
Pur riconoscendo il grande valore della gruppoanalisi alla Foulkes o dell’analisi di gruppo alla Bion, abbiamo ritenuto di praticare un esame della realtà, con analisi delle dinamiche inconsce, individuali e gruppali,
ogni volta che le condizioni del soggetto o del gruppo lo
consentivano. Si tratta in definitiva di una psicoterapia
individuale fatta in gruppo, con analisi delle dinamiche
gruppali, man mano che si presentano: ciò soprattutto
per offrire ad ogni partecipante il sostegno derivante
dall’essere preso in considerazione individualmente,
con il carico di problemi che egli presenta. La tecnica
dunque costituisce un particolare adattamento di quella psicoanalitica e, come questa, privilegia l’ascolto da
parte dei terapeuti di quanto il soggetto va esponendo
spontaneamente. Tale modalità permette inoltre ai singoli, che spesso hanno problemi di socializzazione, la
possibilità di fare amicizia fra loro e di imparare ad interessarsi ai problemi altrui.
La selezione è fatta sulla base di un colloquio preliminare e di una batteria di test, tenendo conto dei dati
anamnestici e clinici, considerando però non il solo inquadramento diagnostico-nosografico classico, ma soprattutto la struttura psicodinamica della personalità e in
particolare i rapporti sociali instaurati.
Importanza rilevante è data alla motivazione del soggetto ed alla sua capacità di insight.
L’indicazione preferenziale è per quadri nevrotici
strutturati, includendo però nel gruppo anche casi con
aspetti “borderline” oppure con struttura dell’Io comunque più fragile.
È effettuata una seduta settimanale della durata di 2
ore: la frequenza di una seduta per settimana sembra costituire la giusta misura temporale perchè il soggetto non
si senta abbandonato, possa confrontarsi con la realtà ed
anche riflettere su quanto è emerso nella seduta precedente.
La conduzione è fatta dal terapeuta, coadiuvato da un
coterapeuta. I conduttori del gruppo cercano di aiutare i
partecipanti a prendere coscienza, al momento opportuno,
che l’intellettualizzazione relativa ad esami, a rapporti
conflittuali tra docenti e studenti ecc. rappresenta per il
soggetto uno “spostamento” su tali problemi di dinamiche
infantili (inconsce) non risolte: per esempio, sulla figura
del docente – a parte gli eventuali difetti di questo –, dei
conflitti arcaici nei confronti delle persone rivestite di autorità (amore-odio, dipendenza-indipendenza ecc.).
Alla base degli interventi vi è il tentativo di creare
un’alleanza con le parti adulte della persona e consentire al giovane di fare esperienza di una situazione relazionale in cui tali difficoltà non vengono negate o razionalizzate, ma affrontate e riconosciute nella loro conflittualità, imparando a tollerare la sofferenza psichica che
comportano, cercando di dare loro un possibile senso ed
un collegamento con situazioni di vita passata o con
schemi ripetitivi inconsci: analisi che, a detta degli stessi
membri, giova non solo a quelli che espongono tali tematiche ma anche agli altri membri del gruppo che si ritrovano nelle stesse condizioni psichiche.
Sono presenti nella sala del gruppo 2 osservatori, in
genere specializzandi della Scuola di Specializzazione
in Psicologia Clinica del nostro Dipartimento, a cui
spetta il compito di redigere la relazione della seduta
(ad essi è data la possibilità di intervenire quando credono, ma ciò accade raramente, prevalendo appunto la
funzione di osservatori). Dopo la seduta viene discusso
con loro quanto in essa è emerso, anche allo scopo di
consentire loro di elaborare gli innumerevoli input ricevuti in seduta e che certamente influenzano le loro dinamiche personali.
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Una esperienza di sostegno psicologico per studenti universitari
METODO
D4 inefficienza mentale,
D5 rimuginazione;
- il test Adjective Check List (ACL) di Gough e
Heilbrun (1980);
- La Scala per la Valutazione Globale del Funzionamento (VGF) del DSM-IV applicata indipendentemente
dai 2 osservatori, la cui concordanza è stata stimata
mediante l’applicazione del coefficiente di correlazione di Spearman. Ai fini della ricerca sono stati utilizzati i valori medi delle 2 stime.
Dopo la terapia è stato richiesta allo psicoterapeuta
una valutazione degli esiti della psicoterapia in base alla
scala a 6 punteggi, secondo il modello di Simons, Morton,
Wade and McSharry (21).
Ci siamo serviti di questi test perché, come è noto, le
scale cliniche dell’MMPI sono lo strumento principalmente usato in psicologia clinica per la valutazione della entità dei disturbi riferibili alla classica
nosografia psicopatologica; l’ACL di Gough e Heilbrun (22) descrive attraverso le sue scale altrettanti atteggiamenti psichici, ampiamente rappresentativi della
personalità del soggetto (il reattivo può dare tra l’altro
indicazioni circa il grado di autostima, le capacità relazionali, il grado di controllo che viene esercitato sulle
forze istintuali, la capacità di realizzare le proprie possibilità ecc.); la Scala per la Valutazione Globale del
Funzionamento (VGF) rappresenta l’Asse V del DSMIV (23) e considera il funzionamento psicologico, sociale e lavorativo del soggetto.
In aggiunta a tale misura dei risultati ci siamo serviti di una valutazione globale effettuata dal terapeuta
usando una scala a 6 punteggi (1 = peggioramento considerevole; 3 = nessun cambiamento; 6 = miglioramento considerevole). Tale scala (sorta come supporto alla
Goal Attainment Scaling, GAS) è stata ripresa da un
modello sviluppato nel 1978 dai citati Simons, Morton,
Wade and McSharry (21). Numerosi Autori hanno infatti dimostrato che il criterio più frequentemente usato nella misura dei risultati è la valutazione dello psicoterapeuta, che sembra essere un criterio che mostra
consistenti correlazioni con le altre misure dei risultati (24).
Il gruppo è nato come semiaperto nel 1991 ed è composto mediamente da circa 12 componenti, con frequente ricambio dei membri. Abbiamo inteso obiettivare gli
eventuali cambiamenti psichici dei membri del gruppo
dopo circa 3 anni di trattamento (1996-1998), dal momento che, verso il termine della rilevazione, ci sembrava che la coesività del gruppo fosse buona, il livello di approfondimento soddisfacente e i soggetti mostrassero
una maggiore capacità di esprimere quanto sentivano
(anche, congruamente, la propria aggressività) e di accettare se stessi e gli altri, oltre ad aver ripreso, per lo più
con successo, l’attività accademica.
Il campione è formato dagli 11 soggetti che compongono il gruppo: 8 femmine (72.7%) e 3 maschi (27.2%),
con età media pari a 26.7 anni. I soggetti sono tutti studenti di vari corsi di laurea dell’Università “La Sapienza”
di Roma, che si sono rivolti a questo Servizio con richiesta di terapia.
Le facoltà rappresentate mostrano una prevalenza di
studenti di Medicina (N=3) e di Psicologia (N=3); 6 soggetti sono fuori-corso. La durata media della terapia è di
84 settimane, con una presenza media di 6-7 soggetti a seduta.
Sono state formulate le diagnosi sulla base del colloquio clinico, secondo i criteri del DSM-IV: esse riguardano, sull’Asse I, entità nosografiche all’interno dei Disturbi Depressivi senza manifestazioni psicotiche e dei
Disturbi d’Ansia; sull’Asse II, tratti del Disturbo Evitante e del Disturbo Borderline di Personalità.
Tutti i pazienti sono stati sottoposti all’intervento di
psicoterapia di gruppo analiticamente orientata su descritto.
Prima della terapia e dopo 3 anni i soggetti sono stati
esaminati utilizzando:
- il test Minnesota Multiphasic Personality Inventary
(MMPI) nella sua forma ridotta, valutato per le scale
di validità, le scale cliniche e le due serie seguenti di
sottoscale fattoriali della scala clinica D. La prima, come è noto, è stata sviluppata da Wiener e Harmon
(1946) e comprende:
Ds (subtle) costituita da item di significato psicopatologico latente;
Do (obvious) costituita da item di significato psicopatologico manifesto.
La seconda serie consiste di cinque aree di contenuto,
identificate da Harris e Lingoes (1955):
D1 depressione soggettiva,
D2 rallentamento psicomotorio,
D3 disfunzioni fisiche,
ANALISI
DEI DATI
I risultati dei test ACL, MMPI e della Scala di VGF
(Valutazione Globale del Funzionamento) sono stati
sottoposti ad analisi statistica attraverso l’applicazione
del test non parametrico per campioni appaiati di
Wilcoxon.
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RISULTATI
Il DSM-IV individuava nei valori fra 56 e 74 sulla
Scala per la Valutazione Globale del Funzionamento,
livelli diversi di adattamento sociale, quali la presenza
di sintomi moderati o moderate difficoltà nel funzionamento sociale, lavorativo e scolastico. La variazione
dei valori medi da 63 a 68 rappresenta un miglioramento del livello di adattamento che si colloca all’interno della Scala per la Valutazione Globale del Funzionamento con la presenza di sintomi lievi o alcune
difficoltà nel funzionamento sociale, lavorativo e scolastico, in un soggetto che in genere funziona abbastanza bene ed ha alcune relazioni interpersonali significative (Tabella 3).
Dopo la terapia il terapeuta ha stimato, in base a una
scala a 6 punteggi secondo il modello di Simons, Morton, Wade and McSharry, per tutti i soggetti livelli di
miglioramento, che oscillano da un grado lieve a un
grado considerevole. Lo psicoterapeuta non ha rilevato alcun peggioramento né situazioni invariate dopo la
terapia (Tabella 4).
Successivamente alla descrizione dei risultati è stato
effettuato un confronto tra i dati, prima e dopo la terapia, dei test MMPI, ACL e della Scala VGF.
Al test MMPI non sono state rilevate differenze statisticamente significative (Tabella 5).
Al test ACL è stata osservata un’unica differenza
statisticamente significativa per la Scala dell’autonomia (AUT) (Tabella 6).
I valori medi ottenuti dal gruppo al test MMPI raggiungono la soglia di psicopatologia solo nella Scala D.
Valori superiori a 65 sono riportati nelle Scale HY e
PT. I punteggi in queste 3 scale si riducono leggermente nella ripetizione del test dopo la terapia.
Tra le scale derivate della Scala D, la D0 e la D1 superano la soglia di psicopatologia, mentre le Scale D4 e
D5 superano il punteggio di 65. Anche i punteggi in
queste scale si riducono lievemente dopo la terapia
(Tabella 1).
I valori medi ottenuti dal gruppo al test ACL raggiungono il limite massimo di 60 nella Scala UNFAV e
il limite minimo di 40 nella Scala PADJ. Entrambi risultano ricondotti nell’ambito del range di normalità
dopo la terapia (Tabella 2).
Le stime dei 2 valutatori sono state confrontate attraverso il test di correlazione per ranghi di Spearman ed hanno ottenuto un coefficiente di correlazione pari a rs = 0.366 prima della terapia, e pari a rs =
0.431 dopo la terapia, non statisticamente significativi.
I valori medi ottenuti dai 2 valutatori, hanno stimato
una condizione di partenza dei pazienti che oscillava
da un minimo di 56 ad un massimo di 74 con un valore
medio di 63 (DS = 6). Dopo la terapia questo punteggio medio è salito a 68 (DS = 6).
Tabella 1. Medie, DS delle Scale del Test MMPI. Nella Tabella sono messi in evidenza i punteggi > 65 prima della terapia ed
i loro corrispettivi dopo la terapia
SCALE
MMPI
L
K
F
HS
D
HY
PD
MF
PA
PT
SC
MA
SI
DO
DS
D1
D2
D3
D4
D5
PRE-TERAPIA
POST-TERAPIA
MEDIA
DS
MEDIA
DS
41
56
51
60
70
67
62
39
53
68
63
51
59
71
51
73
58
62
68
67
7
13
9
14
13
13
12
15
11
11
6
12
7
11
13
11
9
13
10
10
42
51
51
57
68
65
57
40
47
61
60
49
59
69
51
70
61
57
67
65
6
8
8
10
16
11
12
14
8
12
11
13
6
14
8
13
10
9
13
10
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Tabella 2. Medie e DS delle Scale del Test ACL. Nella tabella sono messi in evidenza i punteggi > 60 e < 40 prima della terapia ed i loro corrispettivi dopo la terapia
SCALE
ACL
PRE-TERAPIA
NCKD
FAV
UNFAV
COM
ACH
DOM
END
ORD
INT
NUR
AFF
HET
EXH
AUT
AGG
CHA
SUC
ABA
DEF
CRS
SNC
SCFD
PADJ
ISS
MLS
POST-TERAPIA
MEDIA
DS
MEDIA
DS
55
43
60
44
45
44
43
44
46
45
43
44
48
55
52
51
56
56
47
57
45
42
39
43
49
12
15
17
16
13
11
14
15
10
13
11
16
10
9
11
11
13
13
11
15
13
11
11
11
16
56
46
56
48
46
43
45
48
50
48
47
44
45
49
50
48
59
55
49
57
51
43
44
45
55
12
14
7
10
12
13
9
12
11
7
13
15
14
7
8
13
15
12
9
13
10
11
12
11
13
DISCUSSIONE
Tabella 3. Valutazione Globale del Funzionamento (VGF)
in base all’asse V del DSM-IV eseguita dagli osservatori
prima e dopo la terapia
SOGGETTO
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
VALUTAZIONE GLOBALE DEL
FUNZIONAMENTO
PRE-TERAPIA
POST-TERAPIA
AA
AE
AF
AN
BI
CA
MS
MR
NL
PG
TL
63
74
61
60
62
67
70
57
60
60
56
67
81
63
71
62
72
73
63
65
66
65
X
63 (ds 6)
68 (ds 6)
Alla Scala per la Valutazione Globale del Funzionamento (VGF), nella valutazione prima e dopo la terapia, il miglioramento è risultato statisticamente significativo (Tabella 7).
Dai risultati ottenuti si può osservare come il campione mostri un livello moderato di disturbo depressivo al test MMPI, con tendenza allo sviluppo di componenti ansiose in parte libere ed in parte somatizzate.
Sul piano della personalità è possibile la presenza di
tratti distimici e di modalità pervasive di emotività eccessiva e bisogno di attenzione.
Sul piano della valutazione psichiatrica i miglioramenti ottenuti non raggiungono la significatività statistica.
Le stime degli osservatori, pur non essendo sufficientemente concordanti fra loro per ciò che riguarda
i singoli soggetti, registrano un miglioramento in 10 degli 11 soggetti, attestato da una maggior capacità di
controllo emotivo e da un migliore adattamento sociale e lavorativo.
Tale rilievo coincide con la stima effettuata dallo psicoterapeuta, che registra miglioramenti clinici di vario
grado in tutti i soggetti.
Il test ACL ha rilevato anch’esso leggere variazioni
migliorative, statisticamente non significative, tranne
che nella scala AUT dove si registra un leggero aumento del tratto di dipendenza. La scala AUT valuta il bi-
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cettazione e di sostegno da parte dei conduttori e del
gruppo stesso.
Ciò spiega perchè una delle caratteristiche della psicoterapia individuale e di gruppo è che i pazienti tendono a sviluppare una certa dipendenza nei confronti
del terapeuta per quanto riguarda la forma individuale, e verso il conduttore e gli altri partecipanti nell’ambito della psicoterapia di gruppo: dipendenza che in
genere, come già detto, si risolve al termine del trattamento.
La regressione alla dipendenza è vista da numerosi
Autori come strumento e segno dell’efficacia del trattamento, se il terapeuta sa utilizzarla correttamente.
Infatti essa consente alla persona di sperimentare una
situazione di affidabilità, che l’aiuta a realizzare o a ripristinare la fiducia in se stessa e nella vita (26, 27). Essa infatti rafforza quella che vari Autori hanno definito alleanza terapeutica e che Zetzel (28) chiamò alleanza di lavoro.
Fondamentale pertanto, nel terapeuta, un comportamento affidabile, autentico ed adattabile (29), che permetta lo svilupparsi di una relazione di fiducia e stimoli nel soggetto una comunicazione aperta e sincera,
che lo porterà ad una crescente comprensione ed integrazione degli aspetti non conosciuti di sé. D’altra parte l’importanza del rapporto terapeuta-individuo è
Tabella 4. Valutazione globale dello psicoterapeuta secondo il modello di Simons, Morton, Wade and Mc Sharry
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
SOGGETTO
PUNTEGGIO
AA
AE
AF
AN
BI
CA
MS
MR
NL
PG
TL
5
5
4
5
4
6
5
4
5
5
6
Scala a 6 punteggi (1 - 6): 1 = peggioramento considerevole; 2
= peggioramento; 3 = nessun cambiamento; 4 = miglioramento lieve; 5 = miglioramento; 6 = miglioramento considerevole.
sogno di autonomia (agire in modo indipendente dagli
altri o dai valori sociali e dalle aspettative altrui). Si
tratta di un fenomeno abbastanza comune nel percorso
terapeutico generale, che in genere si risolve, al termine del trattamento, e che si collega all’esperienza positiva dell’“appartenenza” (25), all’esigenza di vivere, in
alleanza terapeutica, una esperienza maturativa di ac-
Tabella 5. Differenza fra le medie di rango al test MMPI prima e dopo la terapia e valutazione della significatività statistica
con il metodo non parametrico di Wilcoxon
SCALE
MMPI
L
K
F
HS
D
HY
PD
MF
PA
PT
SC
MA
SI
DO
DS
D1
D2
D3
D4
D5
PRETERAPIA
POSTTERAPIA
CASES
MEAN
RANK
MEAN
RANK
RANKS
+
RANKS
TIES
5,5
6,9
6,8
6,2
5,2
7,4
6,8
5,7
6,6
6,4
8,0
6,4
5,0
5,7
4,2
5,7
5,1
4,0
4,7
3,6
3,9
4,1
5,3
4,5
4,7
4,8
3,5
6,2
4,3
3,5
3,6
4,6
5,0
5,1
5,0
5,1
4,9
8,0
5,4
3,2
3
5
5
6
5
5
6
5
8
7
6
5
5
6
5
6
3
7
5
4
5
5
6
4
4
6
4
6
3
3
5
5
4
4
3
4
6
1
4
2
3
1
0
1
2
0
1
0
0
1
0
1
2
1
3
1
2
3
2
5
Rivista di psichiatria, 2001, 36, 3
152
TEST
DI
WILCOXON
- 0,21
- 0,71
- 0,09
- 0,97
- 0,41
- 0,36
- 1,38
- 0,40
- 1,78
- 1,73
- 1,33
- 0,46
- 0,71
- 0,48
- 0,42
- 0,71
- 0,83
- 1,40
- 0,12
- 0,84
Una esperienza di sostegno psicologico per studenti universitari
Tabella 6. Differenza fra le medie di rango al test ACL prima e dopo la terapia e valutazione della significatività statistica con
il metodo non parametrico di Wilcoxon
SCALE
ACL
NCKD
FAV
UNFAV
COM
ACH
DOM
END
ORD
INT
NUR
AFF
HET
EXH
AUT
AGG
CHA
SUC
ABA
DEF
CRS
SNC
SCFD
PADJ
ISS
MLS
PRETERAPIA
POSTTERAPIA
CASES
TEST
DI
WILCOXON
MEAN
RANK
MEAN
RANK
RANKS
+
RANKS
TIES
5,5
4,7
6,6
4,3
4,5
5,1
5,3
5,3
5,2
4,8
4,1
5,9
5,5
4,8
4,3
7,1
7,3
5,4
5,1
4,8
7,2
4,8
4,4
4,6
4,4
5,5
8,2
4,4
7,2
7,8
6,3
6,8
4,8
5,7
7,0
6,9
6,0
4,0
2,5
7,5
4,7
5,5
5,6
5,7
5,2
5,1
6,2
6,9
7,2
6,2
3
7
5
6
6
7
5
3
4
5
5
5
6
7
7
6
3
6
4
5
2
5
4
5
4
7
4
5
4
5
3
5
6
6
6
5
6
3
1
2
5
8
4
6
4
8
5
7
6
6
1
0
1
1
0
1
0
2
1
0
1
0
2
3
2
0
0
1
1
2
1
1
0
0
1
- 1,12
0,00
- 0,56
- 0,15
- 0,53
- 0,87
- 0,10
- 0,78
- 0,67
- 0,80
- 0,71
- 0,31
- 1,24
- 2,17*
- 0,89
- 0,84
- 0,98
- 0,51
- 0,71
- 0,18
- 1,32
- 0,36
- 1,38
- 0,89
- 1,02
* Valore statisticamente significativo Test di Wilcoxon (p< 0,05)
ampiamente riconosciuta: i dati della ricerca sulla psicoterapia hanno identificato questo fattore – la relazione – come, probabilmente, quello di maggior importanza accanto alla tecnica terapeutica (24).
Comunque, non è possibile applicare in modo rigoroso il metodo scientifico sperimentale ad una realtà in
cui le variabili che intervengono sono numerose, correlate in modo complesso e spesso poco isolabili l’una
dall’altra (30).
La difficoltà principale è data soprattutto dalla mancanza di un criterio assoluto e convalidato che misuri
efficacemente il cambiamento, fatto questo che porta
inevitabilmente ad una eterogeneità delle misure usate dai vari ricercatori. La psicoterapia rappresenta una
situazione di interazione profondamente complessa, in
cui interagiscono un gran numero di fattori, ognuno
dei quali potrebbe influenzare in modo significativo il
risultato. Inoltre, i pazienti sono diversi per vari aspetti, quali condizioni socio-economiche, fase e comparsa
della sintomatologia e funzionamento psicologico pre-
morboso. Anche gli psicoterapeuti differiscono per la
loro personalità, capacità empatica di comprendere i
pazienti e competenza professionale. Da qui la conclusione che ogni psicoterapia, individuale o di gruppo, è
un’esperienza unica ed irripetibile tra quel terapeuta e
quel soggetto o gruppo.
Il problema della valutazione dei risultati in psicoterapia resta dunque un punto importante da considerare e che può essere affrontato solo se si elaborano dei
metodi capaci di adattarsi alla complessità e alla finezza degli esseri umani e dei loro problemi e alle numerose variabili relative al soggetto, al terapeuta e alla
tecnica psicoterapeutica.
Nel corso di un trattamento di gruppo la situazione è
ancor più complessa, poiché le già molteplici variabili
in gioco diventano ancor più numerose.Vari sono i lavori che hanno descritto e misurato i fattori terapeutici che intervengono nella psicoterapia di gruppo (31,
32). Le misure di cambiamento più utilizzate si basano
principalmente su autovalutazioni del soggetto e valu-
Rivista di psichiatria, 2001, 36, 3
153
Filippi LS., et al
Tabella 7. Differenza fra le medie di rango alla scala per la Valutazione Globale del Funzionamento (VGF) prima e dopo la terapia e valutazione della significatività statistica in base al test non parametrico di Wilcoxon
VGF
PRETERAPIA
POSTTERAPIA
CASES
TEST
DI
WILCOXON
MEAN
RANK
MEAN
RANK
RANKS
+
RANKS
TIES
0,0
5,5
0
10
1
2,80 **
** Valore statisticamente significativo Test di Wilcoxon ( p< 0,01)
tazioni del terapeuta e di osservatori. La scomparsa del
sintomo, molto importante per il soggetto, è per il terapeuta un po’ meno indicativo rispetto ad alcune modificazioni della struttura della personalità, quali una
migliore strutturazione dei meccanismi di difesa (più
produttiva e meno rigida), una maggiore capacità di
porre le tendenze istintuali al servizio dell’Io, un aumento della realizzazione delle proprie possibilità
(33).
CONCLUSIONI
L’intervento di psicoterapia di gruppo da noi configurato sembra dunque risultare utile, in soggetti con
disturbo psicologico di grado lieve o moderato, nel
migliorare l’autoaccettazione e la capacità di adattamento, con la possibilità di scambi migliori con l’ambiente.
Al di là delle valutazioni testologiche, il gruppo ed i
suoi membri possono essere considerati attraverso
quello che potremo definire il “test di realtà”, valutando cioè la capacità del soggetto di affrontare i compiti
evolutivi che la realtà continuamente gli propone. Il
fatto, ad esempio, che la maggior parte dei soggetti abbia ripreso regolarmente gli studi, con una maggior
frequenza ed un più felice risultato negli esami, è un
segnale concreto di miglioramento. Per esempio, due
membri del nostro campione si sono laureati in Medicina, dopo un lungo periodo di difficoltà nell’ambito
universitario, riportando delle brillanti votazioni.
Si può ritenere che in gran parte l’andamento positivo del gruppo vada messo in rapporto alla gradevole
esperienza della “appartenenza” che “ripete a livello
profondo l’esperienza di una famiglia psicologicamente buona” (29).
In conclusione, la valutazione dei risultati ottenuti
da questa nostra esperienza ripropone il problema
della valutazione della psicoterapia. Non si deve di-
menticare che la Commissione sulla psicoterapia dell’American Psychiatric Association nel suo studio
del 1982 (34, pag. 228) riconosce che la psicoterapia
è un complesso processo interattivo, a tipo di feedback, nel quale intervengono numerosissimi fattori e
che è ben diverso dai processi lineari di causa-effetto esplorati nella maggior parte delle ricerche di laboratorio.
Forse occorrerà indagare anche attraverso adeguati
strumenti testologici, oltre che per mezzo dell’osservazione clinica, processi più fini relativi ai fattori di guarigione che intervengono nell’ambito del gruppo (35),
quali appartenenza, altruismo, acquisizione della fiducia, comprensione ed accettazione di sé ecc.
Tutto ciò conferma che i risultati nella psicoterapia
vanno al di là di quanto per ora è quantificabile con
strumenti testologici. Vanno dunque incoraggiate le ricerche in tal senso (36) e ciò costituisce uno stimolo a
continuare e ad approfondire la nostra ricerca.
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