“romantici in erba” progetto didattico al palazzetto bru zane

“ROMANTICI IN ERBA”
PROGETTO DIDATTICO
AL PALAZZETTO
BRU ZANE
Racconto-concerto
Lunedì 13,
martedì 14,
lunedì 20 e martedì 21 gennaio 2014
ore 10.00
I racconti di nonno Albéric
Mediatore Remo Peronato
Ensemble Musagète
Fabio Pupillo flauto
Remo Peronato oboe
Luigi Marasca clarinetto
Laura Costa fagotto
Gabriele Del Santo pianoforte
INDICE
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I racconti di nonno Albéric
9 biografia del compositore
13 guida all’ascolto
16 giochi e attività
21glossario
Caspar David Friedrich, Il mattino
I RACCONTI DI NONNO ALBÉRIC
Progetto didattico dell’Ensemble Musagète per il Palazzetto Bru Zane. Musica di
Albéric Magnard (1865-1914) dal Quintetto op. 8 per pianoforte e fiati
Fiabe di Hans Ch. Andersen e Jacob e Wilhelm Grimm
Presentazione
Premessa metodologica
Il discorso sulla musica, quando si rivolge a un pubblico che non possiede specifiche
conoscenze e competenze musicologiche (sia esso formato da adulti o da bambini),
deve avvalersi di strumenti comunicativi che permettano di evitare l’utilizzo di
termini tecnici e specialistici. Si tratta quindi di sfruttare al meglio strumenti
retorici antichi quanto potenti, quali la similitudine, l’analogia e la metafora.
Si dovranno perciò sostituire i termini tecnici degli elementi e dei processi della
composizione musicale con termini tratti dall’esperienza comune del pubblico – per
esempio per visualizzare melodia e armonia: il loro rapporto si potrebbe parlare di
trama e ordito che nel loro intreccio formano il tessuto musicale.
La specificità del pubblico
Per garantire una comunicazione efficace bisogna però prelevare i nuovi termini
da esperienze effettivamente note al pubblico cui ci rivolgiamo. Nel nostro caso,
trattandosi di bambini di età compresa tra i 6 e gli 11 anni, dovremmo assicurarci
un “repertorio” di elementi (oggetti, situazioni, emozioni) alla loro portata. Questo
sarà il bagaglio da cui attingeremo per raccontare e descrivere la musica.
Cosa mettere in valigia
Una delle fasi fondamentali del progetto è quindi la preparazione del bagaglio/
repertorio cui attingere durante il nostro “racconto-concerto”. Per comunicare
alcuni elementi del linguaggio musicale si è pensato di far riferimento a personaggi
(caratteri), situazioni ed emozioni tratte da alcune tra le più celebri fiabe raccolte
da Hans Christian Andersen (La sirenetta e L’usignolo) e dai fratelli Grimm
(L’ondina dello stagno). Inoltre si farà riferimento ad alcune esperienze pratiche di
rappresentazione grafica. Questo fondamentale lavoro preparatorio sarà condotto
in classe da ciascun docente nelle settimane precedenti all’incontro presso il
Palazzetto Bru Zane sulla base del materiale fornito in allegato.
Fiaba. Definizione e libertà
La scelta di utilizzare le fiabe per la creazione del nostro repertorio metaforico è
legata alla considerazione che esse, pur offrendo elementi ben definiti (caratteri,
situazioni, emozioni), lasciano ampio spazio alla libera immaginazione di ciascun
bambino. Offrono cioè elementi semplici e chiari, ma le cui forme possono essere
liberamente elaborate dalla fantasia individuale. Inoltre il concorso dei docenti
nella proposizione delle fiabe alle rispettive classi assicura l’individuazione dei
modi più efficaci per modularne il racconto e le opportune rielaborazioni (a seconda
delle caratteristiche della classe e del percorso formativo in atto).
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Disegno e rappresentazione della realtà
Un altro bacino d’esperienza da cui si attingerà per il nostro repertorio sarà, come
detto, quello del disegno (rappresentazione grafica). Un secondo ramo dell’attività da
svolgere preliminarmente in classe avrà infatti come oggetto la rappresentazione
grafica di una (o più) delle fiabe proposte. Si proporranno, secondo modalità
concordate con gli insegnati delle classi, alcune esperienze quali il disegno in
bianco e nero e a colori, la rappresentazione “sincronica” (un’unica immagine che
rappresenti l’intera storia) e “diacronica” (il racconto suddiviso per scene – come per
esempio nel fumetto).
Strumenti antichi, nuove prospettive
Nel definire ciò che i bambini verranno ad ascoltare presso il Palazzetto Bru Zane
abbiamo coscientemente evitato alcune possibili definizioni correnti – “concerto”,
“lezione-concerto”, “spettacolo”. La scelta è infine caduta su “racconto-concerto” in
quanto, da una parte, si differenzia da ciò che solitamente si può incontrare nelle
proposte didattiche legate alla musica e, dall’altra, unisce gli elementi fondamentali
del nostro progetto, il racconto (delle fiabe e non solo) e il concerto (cioè l’esecuzione
di alcuni brani musicali nella loro essenzialità). La volontà è quella di utilizzare
le fiabe, il racconto orale, il disegno, ma anche i nostri stessi strumenti musicali,
in quanto mezzi semplici e antichi, riportando la comunicazione al suo nocciolo.
L’esperienza dell’ascolto dal vivo della musica, senza mediazioni digitali, offrirà
inoltre al giovane pubblico un’esperienza sempre più rara, la possibilità di osservare
direttamente la fisicità di flauto, oboe, clarinetto, fagotto e pianoforte – il fiato che
esce dai polmoni, la percussione delle dita –, così come la muta intesa tra i musicisti
impegnati nel concertare la musica.
I racconti di nonno Albéric. Tracce di vita vissuta, liberamente reinventate
Il filo del racconto prende spunto da alcuni dati reali della vita del compositore
Albéric Magnard (1865-1914), il cui Quintetto op. 8 per flauto, oboe, clarinetto,
fagotto e pianoforte sarà la partitura musicale del concerto. Abbiamo infatti
immaginato un bambino che ricorda le estati trascorse nella campagna presso
il nonno. Albéric, questo il nome del nonno, nonostante un carattere piuttosto
burbero e scontroso – anche per questo si è ritirato a vivere in un isolato maniero
di campagna – ha una forte simpatia per il nipote, al quale ama raccontare fiabe.
Il nonno è un compositore e talvolta, raccontando le fiabe, ama improvvisare al
pianoforte alcune melodie. Un giorno scoppia una terribile guerra che coinvolge
tutti i paesi del mondo. Nonno Albéric spedisce al sicuro tutta la famiglia e rimane
solo a difendere il maniero. Morirà tentando di opporsi da solo a una truppa nemica
entrata nella sua proprietà. I soldati nemici daranno fuoco al maniero cosicché
andranno in fumo i tanti libri (tra i quali quelli di fiabe che amava raccontare
al nipote) e le tante pagine di musica scritte da nonno Albéric. Molti anni dopo,
ritornando sulle rovine del maniero, il nipote trova, dissepolta dal suo cane, una
scatola contenente alcune pagine di musica manoscritte. In alto, una dedica: “al
mio caro nipotino Albéric”. Dall’apertura di questa scatola parte il nostro “raccontoconcerto”.
I contenuti
Attraverso il racconto-concerto, grazie all’attività preliminare in classe, sarà
possibile far comprendere al giovane pubblico alcuni elementi fondamentali del
linguaggio e dell’esperienza musicale occidentale quali:
● l’articolazione della forma sonata (tema 1, tema 2, sviluppo)
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il timbro strumentale e armonico
● il ritmo
● le peculiarità organologiche dei diversi strumenti.
Come ci si può ben rendere conto anche da questo sommario elenco, si tratta
di elementi tanto fondamentali quanto di difficile comprensione anche per un
pubblico adulto. La scommessa del progetto è dunque quella di rendere accessibili
argomenti complessi e specialistici attraverso la costruzione di similitudini,
analogie e metafore capaci di creare un ponte tra esperienze note e ignote.
●
Materiale di supporto al lavoro preparatorio in classe
La Sirenetta di H. Ch. Andersen
In allegato si fornisce il testo integrale della fiaba. Rimane a discrezione
dell’insegnante la scelta se proporne la lettura integrale o una sintesi personale. In
questo secondo caso, si ponga attenzione al fatto che gli elementi di questa fiaba
utilizzati nel racconto-concerto saranno:
a) la figura del principe, in particolare nella situazione della tempesta;
b) la figura della Sirenetta e dell’elemento acqueo.
L’ondina dello stagno dei fratelli Grimm
In allegato si fornisce il testo integrale della fiaba. Anche qui è a discrezione
dell’insegnante la scelta se proporne la lettura integrale o una sintesi personale. Si
ponga comunque attenzione al fatto che gli elementi di questa fiaba utilizzati nel
racconto-concerto saranno:
a) la figura dell’ondina e della pericolosità dello stagno: acqua apparentemente
calma ma di cui non si vede il fondo;
b) la disperazione del padre e della moglie.
L’usignolo di H. Ch. Andersen
In allegato si fornisce il testo integrale della fiaba. Nel caso si opti per una versione
ridotta, si ponga attenzione al fatto che gli elementi di questa fiaba utilizzati nel
racconto-concerto saranno:
a) l’usignolo “naturale”
b) l’usignolo meccanico
Per quanto riguarda le elaborazioni grafiche, il lavoro si incentrerà su due temi:
a) Il rapporto tra il disegno in b/n e a colori. Si prenda una situazione tratta da
una delle fiabe (per es. “l’ondina che esce dallo stagno”) e si proponga ai bambini
di disegnarla, prima, con l’utilizzo della sola matita e, poi, con tutti i colori (si
può anche dividere la classe un due gruppi ed assegnare a ciascuno uno dei due
compiti). Si proceda a una discussione sulle differenze tra le due modalità.
b) Il racconto attraverso le immagini.
Sempre partendo da una delle fiabe si propongano le due seguenti esperienze:
1) riassumere in un unico disegno la fiaba. A corredo di questa esperienza, prima
o dopo, si possono mostrare ai bambini alcune realizzazioni di questo genere:
l’immagine di copertina di un libro, il manifesto di un film d’animazione, un
quadro a tema mitologico, ecc.
2) realizzare un racconto grafico della fiaba secondo la modalità del fumetto,
suddividendo il foglio in 4/6 sezioni. A corredo di questa esperienza si possono
analizzare le immagini che illustrano un libro di fiabe, la striscia di un fumetto,
oppure le stazioni di una via crucis che si possono vedere una chiesa.
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George Goodwin Kilburne, pratica al piano
biografia del compositore
Albéric Magnard
Se si volesse descrivere la personalità del compositore francese Albéric Magnard con
un singolo aggettivo, questo dovrebbe essere “orgoglioso”. Ma non si trattava di un
orgoglio senza fondamenti, o peggio, di presunzione: era invece un sentimento che
nasceva dalla consapevolezza di aver lavorato onestamente, facendo conto unicamente sulle proprie forze, con una pazienza e una costanza che meritano ammirazione particolare, considerando le molte circostanze sfortunate che tormentarono il
suo cammino artistico.
Magnard, nato a Parigi il 9 giugno 1865, venne al mondo in un ambiente che, a dire
il vero, gli avrebbe potuto consentire una vita facile e agiata. Suo padre, infatti,
era un giornalista famoso, legato a uno dei più importanti quotidiani francesi, Le
Figaro. François Magnard si occupò da solo di crescere suo figlio, poiché sua moglie
morì quando Albéric aveva solo quattro anni: una perdita che poi venne rievocata dal compositore nella prima delle Romanze op. 15, che parla con malinconia
di un’infanzia solitaria. Purtroppo, Albéric e suo padre non andavano d’accordo,
soprattutto perché, crescendo, il giovane capiva sempre di più come i suoi successi
fossero dovuti all’influenza del suo rispettato e potente genitore. Fece una carriera
scolastica brillante, ed ebbe numerose occasioni di viaggiare, senza alcuna preoccupazione economica; dopo il servizio militare, fu infine indirizzato agli studi di
legge, che portò a compimento nel 1887. Tutto, insomma, sembrava lasciar pensare
che Magnard sarebbe diventato un autorevole avvocato, oppure un giudice.
Ma il nomignolo di “il figlio del Figaro”, che Magnard si portava dietro sin da
bambino, finì per diventare un peso troppo grande. E, nel 1886, avvenne qualcosa
che diede al compositore il coraggio necessario a cercare, per il proprio futuro, una
nuova via.
Magnard aveva da sempre dimostrato una certa sensibilità musicale, sebbene non
avesse mai fatto studi specifici; e in più momenti era stato tentato di intraprendere
una carriera da musicista che fosse autenticamente sua, libera da ogni raccomandazione paterna. L’ispirazione finale arrivò quando Magnard assistette alla rappresentazione di una delle opere liriche più importanti del Romanticismo europeo, il
Tristano e Isotta di Richard Wagner.
Nell’arte complessa e imponente del compositore tedesco, Magnard trovò la forza per
prendere in mano il proprio destino, decidendo di iscriversi al Conservatorio di Parigi.
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Il diploma in contrappunto e composizione arrivò nel 1888, e con splendidi risultati: purtroppo, tuttavia, i primi grandi lavori di Magnard non suscitarono grandi
impressioni nel pubblico francese. Si trattava delle sue due prime sinfonie, scritte
con l’aiuto del suo maestro Vincent D’Indy, e dell’opera lirica Yolande; quest’ultima riuscì ad essere rappresentata anche al di fuori della Francia, a Bruxelles, solo
perché, ancora una volta, François Magnard si prese l’incarico di farsi “promotore”
del figlio. Il quale, ovviamente, non apprezzò; e fu con un profondo e contraddittorio
senso di sollievo, gratitudine e dispiacere che infine si distaccò da suo padre, quando quest’ultimo morì, nel 1894. Magnard lo salutò con una delle sue composizioni
più ispirate, il Chant funèbre.
Gli anni successivi furono difficili. Magnard si sposò nel 1896 e, nonostante la sapienza e l’originalità del suo stile musicale, rimase un incompreso. Riceveva dimostrazioni di stima da colleghi e amici importanti, come il violinista Eugène Ysaÿe e
il pianista Raoul Pugno, ma le sale da concerto applaudivano le sue opere con poca
convinzione. Magnard finì per dover finanziare personalmente, senza appoggiarsi a
nessuno, le esecuzioni e la stampa delle sue composizioni. Anche per questo, a volte,
si crearono circostanze decisamente poco favorevoli a far sì che la sua musica fosse
apprezzata nel migliore dei modi: per esempio, la sua quarta sinfonia venne eseguita in maniera pessima da un’orchestra che evidentemente aveva studiato quella
partitura in maniera disattenta.
Ma Magnard insistette, e poco per volta continuò a diffondere, con fatica e onestà, le
sue creazioni, mentre lavorava come insegnante alla Schola Cantorum, un istituto
fondato e gestito da alcuni dei migliori compositori allora attivi in Francia (tra cui
D’Indy, ma anche Fernand de La Tombelle e Charles Bordes). Con il tempo, forse per
via delle avversità, divenne una persona più chiusa, a volte cupa, a volte dall’ironia
sarcastica: bisogna ricordare che Magnard stava anche lentamente diventando
sordo, e che la sua malattia rendeva ancora più difficoltosi i rapporti con le persone
che gli erano vicine.
Dal 1904, Magnard visse con la sua famiglia in una tenuta detta Maison des Fontaines, nella località di Baron. E, nel 1914, arrivò la Prima Guerra Mondiale: la Francia
era minacciata dall’invasione dei soldati tedeschi. Magnard lasciò che sua moglie e
le sue figlie andassero a rifugiarsi lontano, e scelse di rimanere, da solo, a difendere
la sua casa dall’attacco del nemico. Aveva persino fatto domanda per arruolarsi
volontario nell’esercito, ma per via della sua età (aveva 49 anni) venne respinto.
I nemici, infine, giunsero veramente. Due soldati si fecero avanti nel giardino della
casa, ma uno di loro cadde quasi subito: venne colpito da un proiettile sparato sicuramente da Magnard, con mira perfetta. La reazione dei tedeschi fu feroce. L’abitazione di Magnard fu consumata da un grande incendio. Così terminò la sfortunata
e coraggiosa esistenza di questo maestro del tardo Romanticismo francese, portata
via dalle stesse fiamme che ridussero in cenere anche molte sue opere manoscritte
che attendevano di essere pubblicate. Ma, a distanza di anni, si è infine capito il
valore di quello che ci è rimasto: e così, grazie al lavoro paziente di istituzioni e
ricercatori, ancora oggi si può ricordare chi era Magnard e ascoltare in concerto la
sua musica.
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Jacques-Joseph Tissot, lettura di una storia
GUIDA ALL’ ASCOLTO
Albéric Magnard Quintetto op. 8
Il significato fondamentale della parola “quintetto”, in musica, è intuitivo: si sta
parlando di una composizione per cinque strumenti musicali. Però questo termine,
in realtà, non ci dice niente su quali siano tali strumenti. Questo è un punto
importante, perché esiste un altro tipo di “insieme” di strumenti il cui nome ci
comunica subito di che tipo di gruppo si tratta, e persino quale struttura avrà la
musica che ascolteremo. Si tratta del quartetto: nell’ambito della musica “classica”,
ossia della musica “colta”, se non si specifica altro si sottintende che il riferimento
è a un quartetto di strumenti ad arco, comprendente due violini, una viola e un
violoncello. Tale composizione è generalmente in quattro movimenti.
Anche di una composizione chiamata “quintetto” possiamo presumere una
divisione in più parti, ma niente più. Per questo, è bene iniziare a raccogliere altre
informazioni utili in proposito! Il Quintetto Op. 8 di Magnard è un “quintetto con
pianoforte”. Quest’ultimo strumento suona assieme a quattro strumenti, tutti a
fiato: flauto, oboe, clarinetto e fagotto. Sono tutti parte della famiglia dei legni.
Si tratta dei quattro strumenti a fiato presenti in maniera stabile nell’orchestra
classica, ossia nel più importante insieme strumentale costituitosi in Europa ai
tempi di Mozart e Beethoven, tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo. Poi, si può
dire che il quintetto di Magnard è effettivamente in quattro movimenti, proprio
come la maggior parte delle sinfonie e delle composizioni da camera realizzate in
quel periodo.
In base a questi dati, si potrebbe immaginare allora che il Quintetto che stiamo
descrivendo sia una composizione in stile “tradizionale”, con una sonorità e una
struttura che guardano a grandi maestri del passato. Infatti, l’opera di Magnard
è posteriore di ben cento anni all’epoca “classica” della musica: venne scritta nel
1894, quindi al termine dell’età del Romanticismo.
In realtà, in questa musica passato e innovazione si bilanciano perfettamente.
Prendiamo, per esempio, le varie parti in cui si suddivide. Il compositore, invece
di mettere all’inizio di ogni movimento le tipiche indicazioni di tempo con cui
suggerire ai musicisti la velocità d’esecuzione (come “Allegro”, “Moderato”, “Adagio”)
ha scelto delle parole francesi che indicano emozioni o qualità, e non quanto
rapidamente deve essere suonato il brano.
Il primo movimento si presenta dunque con la parola sombre, “scuro”. Magnard
in realtà propone all’interno di questa cornice una musica piena di energia, il cui
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carattere vuole però essere cupo. L’intero Quintetto, con questa premessa, diventa
un viaggio dall’ombra alla luce, raccontato anche dalle indicazioni che Magnard
ha attribuito alle altre parti: tendre, ovvero “tenero”, poi léger, “leggero”, e infine
joyeux, “gioioso”.
È interessante notare come nel primo movimento compaiano due temi contrastanti,
il primo ritmico e deciso, il secondo più quieto e misterioso, introdotto dal solo
pianoforte dopo che il “tumulto” del primo tema si è andato placando poco a
poco. La presenza di due temi contrastanti è tipica dei primi movimenti delle
composizioni “classiche”: si tratta dunque, in questo caso, di un nuovo riferimento
al passato. Se ne può scoprire anche un altro, molto elegante: poco dopo
l’esposizione dei due temi inizia un episodio in cui uno strumento per volta entra
facendo sentire lo stesso tema. Si comincia dal fagotto, a cui poi si sovrappone
il clarinetto, poi l’oboe… Questo tipo di modo di comporre si chiama “fugato”,
e precede addirittura l’epoca classica: ne era maestro Johann Sebastian Bach
nell’epoca barocca, durante la prima metà del diciottesimo secolo!
Il secondo movimento inizia con lunghi accordi del pianoforte, dalla solennità
d’altri tempi: a questa idea introduttiva segue un dialogo melodico del clarinetto
col pianoforte. Il tutto crea un’atmosfera sospesa, un po’ “enigmatica”. La “tensione”
viene spezzata da un evento musicale speciale: il pianoforte, da solo, suona un
passaggio che ricorda certi momenti delle opere liriche, in cui il canto melodico
delle arie lascia spazio ad un momento più “declamato”. Questo tipo di canto si
chiama “recitativo”, proprio perché, non richiedendo lo sviluppo di una melodia
ampia, lascia maggiore libertà alla pronuncia del testo. Nel Quintetto di Magnard
ovviamente nessuno canta, ma il pianoforte imita proprio lo stile del recitativo.
Quando questo si conclude, finalmente entrano anche tutti gli altri strumenti a
fiato, rivelando di nuovo il tema principale del movimento in una versione più
“morbida” e melodica.
Il movimento indicato da suonarsi “leggero” è attraversato da un moto perpetuo
di note rapide del pianoforte, su cui “galleggia” leggiadra la voce del flauto. A un
certo punto, il flusso scorrevole si interrompe per far spazio ad un nuovo spunto,
dal ritmo di marcia: è molto suggestiva l’improvvisa apparizione di note gravi,
martellanti e aggressive suonate dal pianoforte! Ma la parentesi marziale dura
poco, per far spazio poi al ritorno della fluente prima idea. C’è tempo, tuttavia, per
una ripresa della marcia proprio poco prima dell’improvviso e un po’ spiritoso
interrompersi della musica.
Con il finale, l’umore si fa “gioioso”: eppure, la musica inizia in maniera dignitosa,
ricordando nuovamente l’andamento cadenzato di una marcia. A tratti la
determinazione del primo tema viene meno, lasciando spazio a un episodio
di elegante gentilezza melodica. L’alternanza di questi due spunti ben distinti
costituisce la trama dell’intero finale, nel cui cuore però si nasconde una sorpresa
inaspettata. Ad un tratto, il recitativo del secondo movimento riappare, ma stavolta
chi “canta” è il fagotto, accompagnato dal pianoforte.
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George Goodwin Kilburne, lezioni di piano
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GIOCHI E ATTIVITÀ
Chi, dove e quando
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Panorami dal passato
Berthe Morisot, Vue de Paris Trocadéro, olio su tela, 1872.
Una veduta di Parigi ai tempi della giovinezza di Albéric Magnard.
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Giochi e attività
Il Quintetto di Magnard, oltre al pianoforte, prevede l’intervento di soli strumenti
a fiato.
Avete mai pensato che la durata massima dei suoni che un compositore può
scrivere per uno strumento a fiato dipende proprio dalla capacità del respiro del suo
interprete?
Esistono delle tecniche speciali (come la cosiddetta “respirazione circolare”) per
prolungare la durata di un suono oltre le capacità dei polmoni dell’esecutore…
Ma in genere, è meglio non farvi ricorso.
Fate questo esperimento: prendete un cronometro. Inspirate tanta aria quanta
ne possono contenere i vostri polmoni. Poi fate partire il cronometro quando
cominciate a espirare lentamente dalla bocca, fingendo di soffiare in un tubo,
e controllando il flusso d’aria in modo che sia sempre regolare…
Quanto tempo passa prima che la “vostra” aria finisca?
Ecco, quella sarebbe la durata massima del suono che voi riuscireste ad emettere se
foste degli strumentisti a fiato!
Leggere la musica
Anche chi non sa leggere la musica, guardando uno spartito, si rende conto del
fatto che le note si dispongono sulla pagina in tante maniere diverse. A ogni idea
musicale, qualunque sia la sua durata, corrisponde un preciso “effetto” grafico.
I musicisti stessi, per riferirsi a ciò, parlano di “figure”.
Proviamo ad osservare un elenco di “figure” estratte da una pagina del primo
movimento del Quintetto di Magnard:
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4
2
5
3
6
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Riuscite a trovarle in questa pagina? Ogni “figura” si ripete?
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George Goodwin Kilburne, la sala della musica
Glossario
Accordo – un insieme organizzato e simultaneo di due o più note musicali.
Applauso – una dimostrazione di stima nei confronti degli artisti da parte del
pubblico, che “batte le mani” al termine dell’esecuzione di un brano musicale.
Tuttavia, alcuni brani (come le sonate, i trii o i quartetti) sono composti da più
parti: ma l’applauso dovrebbe giungere solo al termine dell’intera composizione, e
non alla fine di ogni movimento, poiché anche quei momenti di pausa e di silenzio
fanno parte dell’architettura del pezzo.
Archi – una famiglia di strumenti che producono suono grazie allo sfregamento
di corde in acciaio (o di budello animale rivestito in acciaio) mediante un archetto
su cui viene teso un fascio di crini di cavallo. L’intera famiglia, ai giorni nostri,
è composta da quattro strumenti principali. Dal più grave al più acuto, sono il
contrabbasso, il violoncello, la viola e il violino.
Armonia – il risultato dell’incontro tra note musicali.
Coda – la sezione conclusiva (che trasmette anche un senso di conclusione) di un
brano o di una sua sezione rilevante.
Concerto – uno spettacolo dedicato interamente all’esecuzione di musica, ma
anche il nome di una particolare architettura musicale in cui uno o più strumenti
solisti dialogano con un’orchestra. Per questo ha senso dire, per esempio: «Durante
il concerto hanno eseguito un Concerto per violino e orchestra».
Forma – lo schema con cui viene progettato e organizzato un discorso musicale.
Legni – una famiglia di strumenti a fiato, il cui nome deriva dal materiale in cui
sono generalmente costruiti (anche se alcuni di essi, in tempi moderni, vengono
realizzati in parte o totalmente in metallo). Tra i principali oggi usati in orchestra,
dal più grave al più acuto, vi sono il fagotto, il clarinetto, l’oboe e il flauto traverso.
Movimento – una delle parti distinte in cui un compositore ha organizzato un
certo brano musicale.
Musica da camera – musica scritta per piccoli gruppi di strumenti (da due in su),
che dunque può essere eseguita anche in spazi relativamente piccoli (salotti).
Opera – spettacolo di teatro musicale, in cui gli interpreti cantano accompagnati
da un’orchestra. Nell’opera classica, la storia è suddivisa in atti; all’interno di
ciascuno di essi si alternano momenti di canto vero e proprio (arie), che esprimono
un’emozione e in cui la narrazione non procede, e momenti di canto declamato
(recitativi), utili a far proseguire l’azione scenica. I recitativi possono essere
guidati da un solo strumento, ad esempio un clavicembalo (recitativi secchi),
oppure possono essere arricchiti da interventi dell’intera orchestra (recitativi
accompagnati). Nell’opera romantica la distinzione tra recitativi e arie comincia
a farsi meno evidente, lasciando il passo a un canto continuo e in perpetua
trasformazione: quello che, nel teatro musicale di Richard Wagner, verrà detto
“melodia infinita”.
Ottoni – una famiglia di strumenti a fiato, il cui nome deriva dal materiale in cui
sono generalmente costruiti. Tra i principali oggi usati in orchestra, dal più grave
al più acuto, vi sono la tuba, il trombone, il corno francese e la tromba.
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Partitura – organizzazione verticale di molte righe di musica sulle quali stanno
scritte le parti di ciascuno strumento impegnato nell’esecuzione di un brano per
orchestra. La partitura serve al compositore per scrivere, o al direttore d’orchestra
per guidare l’esecuzione tenendo sott’occhio in simultanea tutto ciò che accade in
un determinato istante.
Quartetto – una composizione per quattro strumenti. In realtà, il termine ha
due significati principali. Il primo è quello generico di cui si è già detto; il secondo
si riferisce alla più “nobile” e autorevole forma di quartetto, il quartetto d’archi,
composto da due violini, viola e violoncello. In questo secondo significato, non si
indica soltanto il numero degli strumenti ma anche una ben precisa architettura
musicale, i cui modelli principali risiedono nei quartetti d’archi composti nell’epoca
classica da Wolfgang Amadeus Mozart, Franz Joseph Haydn e Ludwig Van
Beethoven.
Sinfonia – composizione per orchestra, solitamente divisa in più movimenti.
Sonata – una composizione per strumento solista, o accompagnato dal pianoforte,
suddivisa in più movimenti. Si tratta di una forma musicale che ha raggiunto la
maturità nel periodo classico, ma che ha avuto un’importante influenza anche su
tutta la musica romantica. Il primo (talvolta anche l’ultimo) dei suoi movimenti è
solitamente scritto nella cosiddetta forma sonata: una struttura di organizzazione
del pensiero musicale che prevede la presentazione di due temi contrastanti, un
loro sviluppo e infine la ripresa degli stessi.
Spartito – musica messa per scritto e destinata a un solo esecutore; oppure,
riduzione di una partitura per uno o più strumenti.
Tema – è un’espressione musicale completa che rappresenta uno degli elementi
dominanti all’interno di una composizione. Per questo motivo, un tema è costruito
in modo da catturare immediatamente l’attenzione dell’ascoltatore, e da rimanere
facilmente nella sua memoria.
Trio – semplicemente, una composizione per tre strumenti musicali. Attenzione:
le sezioni centrali di brani ispirati a danze recano spesso questo nome, perché
nell’epoca Barocca (1600 - inizio 1700) si usava far suonare solo tre strumenti in quei
momenti. Poi la pratica si è persa, ma il nome di quelle sezioni centrali è rimasto,
anche se poi gli strumenti coinvolti furono ben più di tre.
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Redazione dei testi a cura di Remo Peronato
(stesura del progetto I racconti di Nonno Albéric)
e di Marco Bellano (biografie e attività)
Palazzetto Bru Zane
Centre de musique romantique française
San Polo 2368
30125 - Venezia
+39 041 52 11 005
BRU-ZANE.COM