Corso di Formazione per Tutor e Assistenti di tirocinio TSRM

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PAVIA
FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di Laurea Specialistica in Scienze delle Professioni Sanitarie
Tecniche Diagnostiche
A.A. 2006/2007 – Università degli Studi di Pavia
Progetto
Corso di Formazione
per Tutor e Assistenti di tirocinio TSRM
Tutor Dott.ssa FT Marita Mariotti
TSRM Agostino Tonarelli matr. 350663/18
I° anno Corso di Laurea Specialistica in Scienze delle Professioni Sanitarie Tecniche Diagnostiche
A.A. 2006/2007 – Università degli Studi di Pavia
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Premessa
Il Progetto nasce dall’esigenza di una accurata formazione dei professionisti che svolgono
funzioni di tutor/assistente di tirocinio nel Corso di Laurea in Tecniche di Radiologia Medica per
Immagini e Radioterapia.
Attraverso lo sviluppo della competenza didattica con l’acquisizione di conoscenze sulle teorie
della formazione, di supporti psicologici, pedagogici e delle nuove teorie della comunicazione e
valutazione intendo effettuare una riflessione sul possibile ruolo del Tutor come colui che si
occupa dell’insegnamento/apprendimento delle abilità pratiche nel tirocinio professionalizzante
del TSRM, per giungere a conclusioni direttamente applicabili nel nostro contesto.
Obiettivi specifici
 Acquisire conoscenze sulle teorie della formazione, avvalendosi di supporti pedagogici,
psicologici, sociologici e delle nuove teorie sulla comunicazione.
 Sviluppare l’appropriatezza didattica per trasferire agli studenti conoscenze, abilità,
competenze ed atteggiamenti.
 Utilizzare tecniche e strumenti della realtà lavorativa per formulare il contenuto degli
obiettivi di tirocinio.
 Conoscere ed applicare i sistemi di valutazione sulle competenze degli studenti.
Contenuti
Modelli e strategie educative e comunicative.
Comunicazione fra colleghi, all’interno del gruppo di lavoro, con gli studenti: nodi critici e
strategie di fronteggiamento.
“ leggere “ i bisogni: dalle richieste esplicite alle domande implicite.
I processi comunicativi: dalla comprensione al cambiamento
La dimensione dell’ascolto
La gestione dei conflitti
Approfondimento e analisi degli strumenti di valutazione.
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Metodologia di lavoro
Si prevede una metodologia attiva che parta dall’assimilazione di modelli pedagogici da
trasferire nell’esperienza professionale quotidiana, valorizzi le risorse personali e
professionali dei partecipanti e sviluppi il senso di appartenenza al gruppo di lavoro ed
all’Azienda.
Permette di integrare le conoscenze e le competenze teoriche con l’esperienza
professionale, personale e di gruppo, perché l’apprendimento si realizzi a livello
cognitivo ed emozionale.
Tende a favorire all’interno del gruppo di partecipanti un clima di fiducia valorizzante e
facilitante l’espressione di ognuno.
Si fonda sulla problematizzazione, sulla ricerca collettiva, sull’apprendimento dato
dall’esperienza, sulla creatività nello stabilire relazioni.
Destinatari
Il percorso si rivolge al personale del comparto ( Assistenti/Tutor di tirocinio C.d.L.
TRMIR ) dell’Azienda Istituti Ospitalieri di Cremona.
Si ipotizzano almeno due gruppi di formazione costituiti da almeno 12 e non oltre 20
partecipanti per gruppo ( A e B )
Struttura
Il percorso è strutturato in sei incontri realizzati ( alternando i gruppi A e B )
il Sabato ore 8,00/ 12,00 — 14,00/16,00.
Suppori didattici
PC + videoproiettore
Lavagna a fogli
Lavagna luminosa
TV+ videoregistratore
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Sede di svolgimento delle Attività
Aule del Servizio Formazione e Sviluppo risorse Umane
Azienda “Istituti Ospitalieri di Cremona”
Sede organizzativa del corso
Università degli Studi di Brescia - Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di Laurea in Tecniche di Radiologia Medica per Immagini e Radioterapia
Sede di Cremona
tel. 0372 405184 - fax 0372 405543
E-mail: [email protected]
Preventivo
Aule Formazione ( n. 2 per ogni gruppo ) - gratuite
Docenti interni ed esterni ( Pedagogia - Psicologia - Comunicazione ) euro 50,00/h
Fotocopie, cancelleria e varie - euro 200
Tot. A+B+C = euro 2.000,00
Informazioni
Segreteria - Servizio Formazione e Sviluppo Risorse Umane Azienda “Istituti Ospitalieri di Cremona”
Viale concordia, 1 - 26100 Cremona tel. 0372 405186 - 0372 405184 - fax. 0372 405543
E-mail: [email protected]
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INDICE
……………………………………………..pag. 6
CAPITOLO 1:
INTRODUZIONE
CAPITOLO 2 :
I PROTAGONISTI DEL TITOCINIO………………………………pag.
9
Il coordinatore dell’attività tecnico pratiche………… pag...10
Il Tutor…………………………………………………….pag...10
I TSRM……………………………………………………pag...12
CAPITOLO 3 :
PEDAGOGIA DIDATTICA ……………………………………..pag.
14
L’insegnamento…………………………………………. .pag. 14
Caratteristiche dell’insegnamento………………………pag. 15
L’insegnante……………………………………………….pag. 16
La teoria dell’assimilazione………………………………pag. 18
Ausili didattici (mappe concettuali)…………………….. pag. 19
CAPITOLO 4 :
L’ ANDRAGOGIA …………………………………………….pag.
23
CAPITOLO 5 :
PSICOLOGIA E COMUNICAZIONE……………………………...pag.
25
CAPITOLO 6 :
IL RUOLO DELLA VALUTAZIONE NELLA FORMAZIONE…………….pag.
49
Obiettivi di tirocinio ( tavole)……………………………
pag. 54
ALLEGATO 1:
EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA DELLE PROFESSIONI SANITARIE……….pag. 61
ALLEGATO 2 :
RIFERIMENTI NORMATIVI CONTRATTUALI………………………………………..pag. 64
ALLEGATO 3 :
LA RIFORMA DELLE PROFESSIONI SANITARIE…………………………………..pag. 66
ALLEGATO 4 :
RUOLO DEL COORDINATORE SITRA NEL TIROCINIO…………………………..pag. 68
ALLEGATO 5 :
IL TIROCINIO E LE DISPOSIZIONI NORMATIVE DI RIFERIMENTO…………….pag. 74
ALLEGATO 6 :
RIFERIMENTI NORMATIVI SPECIFICI……………………………………………….pag. 78
ALLEGATO 7 :
I REGOLAMENTI DEL CORSO DI LAUREA…………………………………………pag. 81
BIBLIOGRAFIA……………………………………………………………………………………………….pag. 89
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1. INTRODUZIONE
Le professioni sanitarie hanno vissuto negli ultimi anni un grande cambiamento
dello scenario formativo e professionale. ( Allegati 1 – 2 )
La rapidità dei progressi tecnologici e scientifici, l’acquisizione di una nuova
consapevolezza dei cittadini circa i loro diritti di salute, esigono competenze
adeguate alla complessità emergente e la formazione professionale è
determinante per affrontare con successo i problemi e le opportunità che
emergono.
L’entrata nelle realtà professionali fin da “studenti” costituisce un’occasione per
proiettarsi nel futuro ruolo prof essionale, per sperimentarsi in un contesto
ancora protetto, per integrare i modelli teorici appresi con i modelli di azione
richiesti nell’incontro con l’altro, con le culture professionali e con
l’organizzazione del lavoro nel suo complesso.
L’esperienza del tirocinio di un Corso di laurea delle professioni sanitarie può
diventare un sistema di opportunità per lo sviluppo professionale e può
costituire uno spazio operativo nel quale realizzare forme concrete di
collaborazione tra sedi formative e sedi l avorative.
I grossi mutamenti in atto sia nel mondo sanitario che in quello della formazione
richiedono “sinergie” fra diverse istituzioni nell’elaborare nuove metodologie e
tecniche formative idonee a preparare gli studenti, i futuri professionisti, ad
affrontare la sfida insita nell’operare in organizzazioni sempre più complesse.
Nella convinzione che l’impegno rivolto alla formazione delle risorse umane,
comprese quelle future, sia un requisito imprescindibile per la qualità dei servizi,
mi sono chiesto come “attrezzarci” per affrontare al meglio l’esperienza dei
tirocini, individuando percorsi e strumenti per facilitare l’organizzazione al fine
di declinare al meglio le conoscenze in un “fare professionale” .
A tal fine ho voluto concentrare la mia attenzione sul ruolo del Tutor/Assistente
di Tirocinio ( che da ora in poi, per necessità identificherò solo con il termine di
Tutor), e sulla sua formazione.
Un altro aspetto innovativo è la riflessione sul ruolo del Coordinatore
assistenziale (Capo-area della diagnostica – alte tecnologie ) nella gestione e
organizzazione del tirocinio del Corso di laurea in Tecniche di Radiologia
Medica per Immagini e Radioterapia, per individuare attraverso quali aree di
possibile intervento raggiungere l’obiettivo di facilitare il percorso del tirocinio
degli studenti, in un’ottica di collaborazione con la sede didattica che favorisca
la professione e l’organizzazione. ( Allegati 3 – 4 )
Il Sistema Sanitario della Lombardia, riconosce nella formazione una delle sue
funzioni principali, assieme all’assistenza e alla ricerca.
Questo riconoscimento implica la necessità di valorizzare e integrare
competenze, servizi e programmi e di valutare con maggiore attenzione la
collaborazione con l’Università, per valorizzare il contributo che il Servizio
Sanitario Regionale offre alla formazione delle professioni sanitarie.
Grazie all’evoluzione normativa della formazione dei professionisti sanitari che
oggi si formano nell’Università, la capacità teorica di erogare prestazioni d i
qualità è più elevata rispetto al passato, ma conseguentemente le aspettative
sono più elevate.
Il D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 502 prevede forme di integrazione fra Università
e Servizio Sanitario Nazionale, nelle sue articolazioni regionali, con la
stipulazione di specifici protocolli d’intesa per disciplinare le modalità di
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reciproca collaborazione, in rapporto alla qualità della formazione e al
fabbisogno di personale da formare,
aspetti che richiamano la forte integrazione che deve esserci fra il con tenuto
della formazione e il personale sanitario che lavora nelle strutture del Servizio
Sanitario Nazionale.
E’ infatti il personale stesso che è chiamato ad essere impegnato nella
formazione universitaria dei professionisti sanitari, offrendo un sapere
professionale che è il risultato dell’innovazione tecnologica e strutturale della
sede nella quale lavora.
Sul tema della formazione universitaria il punto cruciale è la corrispondenza fra
il livello formativo e gli attuali modelli organizzativi del lavo ro, poiché è
all’interno di questi che si concretizza il sapere professionale raggiunto nella
formazione universitaria, nella misura in cui viaggiano in modo integrato e
sincronizzato e sono in linea con l’evoluzione tecnologica, organizzativa e
strutturale del servizio in una realtà in continuo movimento.
Se immaginiamo questo contesto come un puzzle, non tutti i pezzi che lo
compongono si sono mossi con la stessa velocità.
La tecnologia è quella che si è evoluta più velocemente, la formazione
universitaria stessa ha avuto una grande accelerazione, così come
l’organizzazione del Servizio Sanitario Regionale; è stato forse l’ambito delle
relazioni quello mediamente a più lenta evoluzione, quindi l’ambito delle
competenze di tipo gestionale, comportamentali e di comunicazione.
Per questo vorrei con questo lavoro contribuire “dal basso” ad una
sincronizzazione delle velocità di cambiamento che, partendo dal singolo, il
Tutor, passando all’equipe e da qui espandendosi al livello più alto, porti a
relazioni e interconnessioni dettate non solo dalla necessità, ma da una più
concreta integrazione professionale, costruita fin dalla formazione di base.
Il tirocinio tuttavia consente un apprendimento significativo solo se e’programmato e
attuato in un contesto operativo adeguatamente strutturato, con funzioni organizzative e
obiettivi definiti, e per questo le figure chiave nelle sedi di tirocinio nella nostra ipotesi
sono: il Coordinatore del Corso di Laurea della Sede, il Tutor di tirocinio in collaborazione
con la nuova figura del Capo area.
L’Azienda “Istituti Ospedalieri di Cremona” eroga e sviluppa, integrandole, assistenza
polispecialistica, ricerca e formazione, promuove l’innovazione, persegue la centralità del
Paziente/Utente e dello Studente e favorisce la valorizzazione dei professionisti mediante
la condivisione degli obiettivi e la responsabilizzazione sui risultati.
L’integrazione Ospedale- Università ( assistenza, ricerca e formazione) è una
delle aree di intervento su cui si basa la vision aziendale e lo stesso SITRA
(Servizio Infermieristico, Tecnico -Sanitario e Riabilitativo) afferma nella propria
vision l’attenzione da parte dei professionisti alla formazione delle professioni
sanitarie .
In questo contesto e’ possibile ripensare l’organizzazione p er delinearne i
confini che attualmente non sono ben definiti: questo lavoro si propone quindi
come contributo per riempire alcuni spazi di incertezza organizzativa, convinto
che i problemi gestionali possono trovare soluzioni estendibili anche se si
opera entro confini diversi, avvicinando i ruoli senza confonderli, se l’elemento
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guida è la ricerca di un’organizzazione centrata sui bisogni e sulla domanda
dell’utenza e dello studente.
L’ampliamento degli spazi di apprendimento dall’aula alle sedi di lavor o ove si
esercita la professione non è certo un’innovazione per le professioni sanitarie,
ma lo è la consapevolezza che l’apprendimento necessita di pianificazione,
contrattazione, negoziazione, supervisione, riflessione e valutazione.
Tali momenti hanno bisogno di tutti gli attori del processo, di chi organizza e
gestisce le risorse, di chi realizza le attività, di chi pianifica l’apprendimento, di
chi affianca e supervisiona lo studente.
L’esclusione anche di uno solo degli attori comporta un deficit nel processo che
può determinare casualità nei risultati.
E’ inoltre necessario promuovere la consapevolezza della responsabilità che
emerge, per ogni operatore sanitario, dall’avere accanto uno studente cui
trasmettere un
modello e un’identità professionale e riflettere sulla centralità
della leadership come strumento di governo del capitale intellettuale e umano
costituito dalle persone che lavorano in un contesto in cui il fabbisogno di
innovazione, qualità, partecipazione e responsabilità è più elevato.
Alla base della didattica, della comunicazione del sapere e dell’innovazione c’è
la ricerca, ma il sistema di ricerca deve essere orientato verso gli sbocchi più
utili, i campi più richiesti.
Per fare
ricerca occorrono
formazione e capacità critica, che si possono
formare nel percorso universitario, ma cosa è rilevante per la pratica lo sa il
professionista.
I quesiti di ricerca nascono dalla realtà per applicarsi ad essa.
Gli studenti sono una risorsa, di tempo e di opportunità di sviluppo per la
crescita professionale, di opportunità di diffusione e applicazione della ricerca,
propria dell’ Università, nelle Unità Operative, per creare reti collaborative la
cui ampiezza dipende solo dalla nostra capacità di immaginarle e progettarle.
L’innovazione cammina con le gambe delle nuove generazioni, ma anche su
quelle di un contesto che sappia costruirsi un volto più accettante e accogliente.
I professionisti possono trasmettere agli studenti entusiasmo, sensibilità sulla
pratica professionale, togliendosi dalla mera routine possono rimettersi in gioco,
acquisendo nuovi metodi di insegnamento e tramite gli studenti percepire i
problemi, interrogarsi e pensarli.
La pratica professionale ha oggi la necessità di orientarsi verso la risoluzione
di problemi in modo unitario e sinergico e non frammentato per esigenze
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organizzative o professionali, soddisfacendo i bisogni complessi e la domanda
di salute degli utenti in modo coerente.
Bisogni e domanda sono infiniti , ma verso quali e con quale peso
i
professionisti si orienteranno sono le risposte future, per le quali occorreranno
conoscenze, capacità e abilità sempre migliori e più integrate, pur sulla base
delle specificità.
2. I protagonisti del tirocinio
Il tirocinio è attualmente svolto sotto la supervi sione del Coordinatore delle
attività tecnico pratiche e di tirocinio, dai Tutor professionali dei tirocini delle
strutture formative coinvolte e dai professionisti, che condividono la
responsabilita’ di accompagnare per un tratto del percorso lo studente fino
all’identificazione di un modello e di un ruolo professionale.
I vincoli sono costituiti dalle convenzioni fra Università e strutture sedi di
tirocinio e il Regolamento di corso . ( Allegato 5 )
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Il Coordinatore dell’Attività Tecnico -Pratiche e di Tirocinio
E’ responsabile degli insegnamenti tecnico -pratici, delle attività di tirocinio e
della loro interazione con gli altri insegnamenti.
Organizza le attività, assegna gli studenti ai Tutor, supervisionandone le
attività.
Regola l’accesso degli studenti alle strutture sede degli insegnamenti tecnico pratici e di tirocinio.
Concorre alla identificazione dei servizi sede di attività tecnico -pratiche e di
tirocinio.
Mantiene uno stretto contatto con i docenti di tutti i settori, in particolare con
quelli incaricati dell’insegnamento delle materie tecnico -pratiche, concorrendo
alla definizione della quota tecnico -pratica della didattica, nel rispetto degli
obiettivi definiti dal Consiglio del Corso di Laurea e di quanto previsto per lo
specifico ruolo.
Viene nominato annualmente dal Consiglio di Corso fra i docenti dello specifico
profilo professionale di appartenenza.
Formula armonicamente il calendario delle lezioni e dei tirocini, regola
l’accesso degli studenti alle strutture del corso, segue person almente il
percorso formativo degli studenti e li orienta negli insegnamenti
professionalizzanti; mantiene uno stretto contatto con i docenti di tutte le
discipline.
Pianifica e programma le relative attività tecnico -pratiche nel rispetto del
piano approvato dal competente Consiglio di Corso di Laurea.
L’Azienda Ospedaliera di Cremona mette a disposizione, nel rispetto delle
direttive regionali e della convenzione Università -Azienda, un Coordinatore ,
distaccato a tempo pieno.
Il Tutor
Il Tutor è sempre esistito nelle organizzazioni sanitarie, ma vi entra con pieno
riconoscimento con l’istituzione dei Diplomi Universitari; infatti la funzione
tutoriale viene istituita in Italia con la Legge n. 341 del 19 novembre 1990,
all’art.13, ”Riforma degli Ordinamenti didattici universitari”, con i fini di
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orientare e assistere gli studenti lungo tutto il corso degli studi, renderli
partecipi del processo formativo, rimuovere gli ostacoli a una proficuo
rendimento .
Il termine Tutor si presta a molte interpreta zioni, in ogni realtà si definiscono
infatti come Tutor figure con attribuzione di responsabilità completamente
diverse.
Il Tutor, oltre a svolgere l’attività che gli compete per ruolo e professione,
segue lo studente nel periodo del tirocinio, pianificand one l’apprendimento
attraverso la
formulazione del Piano di tirocinio, facilitandone la formazione, coinvolgendo i
colleghi di lavoro nel progetto di accoglimento/ inserimento/ formazione degli
studenti e partecipando alla verifica del grado di raggiungim ento degli obiettivi
previsti dal Piano di tirocinio.
Al tal fine ha effettuato un apposito percorso di formazione, previa selezione, e
la funzione è riconosciuta e incentivata ( crediti ECM ).
Durante il tirocinio il Tutor collabora con il Coordinatore d ella sede didattica e i
colleghi professionisti.
Un Tutor deve possedere:

conoscenze approfondite del proprio ambito professionale e della propria
organizzazione, una conoscenza delle strutture universitarie e delle
normative in materia di didattica del tirocinio e regolamentazione dei
corsi, oltre ad una conoscenza delle metodologie didattiche in ambito
tutoriale.

capacità
organizzative
individuali
e
in
relazione
con
le
strutture,
progettuali, di negoziazione e attuazione pratica di progetti e capacità di
analisi e valutazione per l’implementazione e il miglioramento degli
stessi;

capacità relazionali con studenti, colleghi, responsabili delle strutture
privilegiando l’ascolto, la comprensione, la condivisione e la riduzione
della conflittualità nel lavoro di gruppo;

capacità critiche di autovalutazione e di valutazione delle organizzazioni
e
dei
processi
correlate
all’attività
tutoriale,
comprensione
delle
potenzialità e delle difficoltà dei singoli studenti e del gruppo;

capacità di assumersi responsabilità nei processi decisionali, nella
progettazione, nell’attuazione e nella valutazione delle attività relative al
suo mandato.
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E’ evidente che un simile bagaglio di capacità e competenze professionali,
organizzative, relazionali, cognitive, comunicative e psicopedagogiche
dovrà
essere supportato da una formazione specifica che dia al Tutor gli strumenti
per poter operare in maniera adeguata, traendo dal proprio agire quelle
soddisfazioni che, grazie al circolo virtuoso che si crea fra impegno e
gratificazione personale, lo spingano al
continuo miglioramento delle proprie
azioni.
Nella conduzione e gestione del tirocinio il Tutor più precisamente :

pianifica
l’apprendimento
attraverso
la
formulazione
del
Piano
di
tirocinio;


accoglie ed inserisce il tirocinante nell’organizzazione;
coinvolge i colleghi di lavoro nel progetto di formazione/inserimento degli
studenti o dei neo assunti;

guida
all’osservazione
progressivamente
di
ciò
situazioni
che
avviene
concrete
in
cui
nel
fare
servizio
e
crea
s perimentare
al
tirocinante le proprie abilità;

verifica in itinere gli apprendimenti proponendo integrazioni o correzioni
del percorso progettato;

concorre al processo di valutazione del raggiungimento degli obiettivi
previsti dal Piano di tirocinio con il Coordinatore delle attività tecnico
pratiche di tirocinio.
Questo ruolo importante
e attivo nel processo
formativo ha sull’attività
dell’Unità organizzativa positive potenzialità in termini di competenze
acquisite,
motivazione
e
di
apertura
all’appren dimento
continuo,
all’innovazione e al cambiamento. ( Allegati 6 – 7 )
I Collaboratori professionali sanitari –Tecnici Sanitari di Radiologia Medica
E’ con il D.P.R. n. 821/1984 e il Codice Deontologico del 2004 che vengono
riconosciute e attribuite funzioni di didattica, nonché attività finalizzata alla
propria formazione, con margini di autonomia differenziati, ai tre livelli di
inquadramento: operatore professionale dirigente, coordinatore e collaboratore.
Il professionista collaboratore deve collab orare all’attività didattica nell’ambito
della Unità organizzativa e, secondo il Contratto Collettivo Nazionale del 1999,
il collaboratore professionale
può essere assegnato, previa verifica dei
requisiti, a funzioni dirette di Tutor in piani formativi.
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E’ da osservare che l’importante aspetto della socializzazione, intesa come
acquisizione
dei
comportamenti
vigenti
nell’organizzazione
dove
viene
effettuato il tirocinio, evidenzia la responsabilità di ogni professionista nei
confronti dello studente, in termini di contributo personale ad un ambiente
formativo culturalmente, professionalmente e relazionalmente adeguato.
Tale consapevolezza e la condivisione degli obiettivi formativi induce a
riflettere sul proprio ruolo e sulla qualità del proprio lavor o.
Gli allievi portano conoscenze aggiornate, stimoli e sollecitazioni nuove, con il
loro bisogno di capire pongono il problema di chiedersi il perchè del proprio
operato, quindi possibilità di verifica e autocritica.
Un
corretto
rapporto
con
gli
allievi
favorisce
anche,
all’interno
dell’organizzazione, l’attivarsi di positive relazioni interpersonali che sono alla
base del lavoro di gruppo e di una rete di relazioni che, seppur finalizzate alla
formazione, tenderanno a influenzare tutte le relazioni azi endali con risultati
positivi per l’organizzazione.
I contributi richiesti ai professionisti “non ufficialmente Tutor” non sono
ricompresi nel sistema dei
attivare
riconoscimenti
economici, tuttavia è possibile
la procedura per il riconoscimento, ai fi ni della certificazione ECM,
( Educazione Continua in Medicina) delle attività tutoriali effettuate, come
riconoscimento dell’attività svolta dai collaboratori.
A tale scopo si utilizzano
i riscontri ricavati dai libretti di tirocinio e dalle
schede di valutazione.
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3. PEDAGOGIA DIDATTICA
3.1 L'INSEGNAMENTO
Un'esperienza didattica è un evento complesso che coinvolge:
-
insegnanti;
-
studenti;
-
curriculum;
-
ambiente.
Gli insegnanti devono sapere perché e quali cambiamenti produrre e come
verificarli.
Gli studenti devono scegliere di voler imparare.
Il curriculum inteso come programmazione didattica o pianificazione degli
interventi didattici.
L'ambiente è il contesto e l'insieme di fattori che regolano e controllano il
significato dell'esperien za didattica.
A questi elementi vanno aggiunti il pensiero, le azioni, le emozioni, che
necessariamente intervengono in ogni evento formativo.
L'azione di insegnamento, pur essendo un'azione comunicativa, non si
esaurisce in essa, proprio perché mira a far raggiungere un apprendimento il
cui significato non può essere ridotto solo a quello cognitivo, costruito dalle
conoscenze concettuali (concetti, principi, teorie) e dalle conoscenze
procedurali (abilità intellettuali e operative), ma comprende anche
l'apprendimento di atteggiamenti e comportamenti significativi (disponibilità
positive verso persone, cose, situazioni ed azioni)
Apprendimento significa dunque aumentare le proprie competenze, le proprie
abilità operative ed i valori di riferimento: quindi sa pere, saper fare e saper
essere.
Chi insegna, più che esporre, deve "stuzzicare" la curiosità ponendo domande,
coinvolgendo le facoltà mentali, provocando l'ansia della ricerca.
L'insegnante deve impegnarsi a tutto campo:
- costruire tutte le possibili condizioni favorevoli per agevolare l'apprendimento;
14
- favorire un clima di dialogo costruttivo e produttivo.
Solo le esperienze scolastiche significative lasciano nella personalità
un'impronta che può durare per tutta la vita. Le menti brillanti, le intuizi oni
creative non nascono dal nulla ma da adeguate impostazioni didattiche.
Non conta, dunque, il "cosa insegno" ma anche il "come insegno". Non è solo
il "prodotto" che arricchisce, ma è anche il "processo" che rende fertile la
mente.
Se gli studenti raggiungono l'obiettivo primario dell'insegnamento,
l'esperienza del loro insegnante sarà sicuramente positiva, costruttiva e
gratificante.
Insegnare è un lavoro molto complesso e per ottenere buoni risultati si
richiedono alti livelli culturali generali (teori co-pratici) ed una preparazione
professionale specifica.
3. 2 -
CARATTERISTICHE DELL'INSEGNAMENTO
Per garantire un insegnamento efficace, si deve rimanere costantemente
coscienti del fatto che solo l'apprendimento significativo può portare ad una
progressiva differenziazione ed integrazione della struttura cognitiva e uno
sviluppo parallelo dell'Io di un individuo.
L'apprendimento significativo si verifica quando chi apprende decide di mettere
in relazione delle nuove informazioni con le conoscenze che g ià possiede.
Esso quindi richiede:
- conoscenze precedenti: lo studente deve possedere già delle informazioni
da mettere in relazione a quelle nuove, perché possano essere apprese in
maniera approfondita;
-
materiale significativo: le conoscenze (per conoscenza si intende un insieme
ben organizzato di concetti e proposizioni) da apprendere devono essere
rilevanti in rapporto ad altre e devono contenere concetti e proposizioni
significativi;
- che lo studente scelga di apprendere in modo significativo , ovvero deve
decidere consapevolmente di mettere in relazione, in modo non superficiale,
le nuove conoscenze con quelle già in suo possesso.
L'apprendimento meccanico avviene invece quando chi apprende memorizza le
nuove informazioni senza collegarle alle conoscenze precedenti, o quando il
materiale da studiare non ha alcuna relazione con tali conoscenze.
L'apprendimento puramente meccanico e quello
rappresentano i due estremi di un processo continuo.
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altamente
significativo
Con
il
procedere
dell'apprendimento
significativo
si
verificano
necessariamente lo sviluppo e l'elaborazione dei concetti assimilati. Il
processo di perfezionamento dei concetti significativi all'interno della struttura
cognitiva, che fornisce loro maggiore precisione e specificità, é chiamato
differenziazione progressiva.
L'apprendimento diventa allora, tramite la guida strategica dell'insegnante, un
processo interattivo di costruzione di conoscenze sulla base di concezioni già
esistenti, in cui lo studente viene progressivamente cond otto da una
regolazione esterna delle sue attività cognitive ad una personale
autoregolazione cognitiva.
Questo significa che il soggetto che apprende non è tabula rasa, ma possiede
una serie di conoscenze, di idee, di aspettative, dunque una struttura cog nitiva
capace di elaborare, nella sua interazione con l'ambiente esterno, le
informazioni che dall'ambiente riceve.
3. 3- L'INSEGNANTE
La figura dell'insegnante, quale soggetto principale della comunicazione
didattico-formativa.
Innanzitutto l'insegnante deve possedere CONOSCENZE: ma di che cosa?
a)
Contenuti d'apprendere (argomento);
b) Contesti di apprendimento ovvero di situazioni che devono possedere delle
particolari caratteristiche:
1)
fisiche: spazi intesi come classe, laboratorio, ambiente es terno. Il
contesto fisico dipende da ciò che si vuole insegnare e dalle strategie che
scegliamo di utilizzare. Ad esempio per l'insegnamento di una lingua straniera,
il contesto ideale potrebbe essere un approccio guidato in un ambiente in cui si
parli la lingua che si sta studiando. In quel luogo lo studente potrebbe vedere
ed ascoltare tutto ciò che è associato a quel linguaggio.
2)
organizzative (attrezzature e risorse sia interne che esterne);
3)
culturali (razza, sesso e cultura).
E' importante che l'insegnante sia anche in grado di fornire contesti di
apprendimento alternativi, che pur avendo talvolta limiti, possano
apportare nell'esperienza dello studente eventi di alta qualità educativa
(ad esempio l'insegnante, con un semplice filo di nylon ed una pallina
posta ad un suo estremo può proporre alla classe il FENOMENO
PENDOLO nel caso in cui la scuola sia priva di LABORATORIO DI
FISICA).
c)
Apprendimento
umano,
ovvero
la
16
conoscenza
di
come
gli
allievi
apprendono;
d)
Strategie educative, ovvero quelle strategie che possono facilitare
l'apprendimento, prendendo atto delle eventuali limitazioni che gli studenti ed il
contesto di apprendimento possono avere.
L'insegnamento richiede anche sensibilità emotiva da parte dell'insegnante,
riguardo allo stato emotivo ed i bisogni dell'Io di chi apprende.
La sensibilità emotiva dell'insegnante dipende comunque, dal suo stato e dai
suoi bisogni; solo colui che ha piena stima di sé può relazionarsi
positivamente con la classe.
Nel suo libro " i'm ok, you are ok " Ha rris fa notare come tutti noi, in una certa
misura, possiamo sentirci non OK, poiché questo sentimento deriva in parte
dalle prime esperienze infantili e fa parte del normale corso della crescita.
Nelle situazioni più gravi, i
essere così profondamente
comportamenti antisociali o
esempio, l'abuso di sostanze
sentimenti del tipo "Io non s ono OK" possono
radicati da spingere ad un'esistenza fatta di
di azioni distruttive per la persona, come, ad
stupefacenti.
Poiché gli uomini vivono in società che non sono p articolarmente adatte a
generare sentimenti del tipo "Io sono OK", in cui i pregiudizi etnici, razziali o
sessuali possono aggravare i sentimenti negativi, la sfida per l'insegnante
consiste nell'affrontare in modo costruttivo, sia per lo studente che per se
stesso i molteplici bisogni dell'Io di colui che apprende.
La figura dell'insegnante deve in ogni momento trasmettere alla classe
affidabilità e credibilità; ciò richiede padronanza dei contenuti e abilità
operative.
A questo punto si possono analizzare in linee generali i 4 diversi elementi
dell'esperienza didattica definiti "luoghi comuni" e che sono:
-
L'INSEGNANTE;
-
L'ALLIEVO;
-
LE MATERIE DI STUDIO;
-
IL CONTESTO.
Gli studi fatti da Joseph Novak nelle scuole, hanno dimostrato che gran parte
di ciò che si verifica nell'insegnamento/apprendimento dipende dai metodi di
valutazione utilizzati, e così aggiunge la valutazione, come quinto elemento
dell'esperienza didattica.
In effetti nel bene o nel male, le continue valutazioni di cui siamo oggetto ci
dicono se possiamo o no ad esempio guidare un'automobile, laurearci con lode,
fare carriera in un'azienda.
17
Purtroppo però molti di quei metodi di valutazione utilizzati, non sono adatti a
valutare correttamente le competenze di una persona.
I componenti della valutazione, che si rifanno poi alla
dell'insegnante, chiamato poi ad esprimere un giudizio sono:
responsabilità
SOGGETTIVA:
espressa dal solo giudizio
cognitivo, comportamento);
dell'insegnante
(stile
OGGETTIVA:
espressa da ciò che l'allievo ha prodo tto (test, prove)
per rendere la valutazione quanto più precisa possibile.
Quindi la valutazione soggettiva ed oggettiva, per esprimere un giudizio
completo ed attendibile si devono intrecciare.
3. 4
- LA TEORIA DELL'ASSIMILAZIONE
La teoria dell'apprendimento per assimilazione di David AUSUBEL, noto
studioso americano contemporaneo dei processi cognitivi, si sviluppò
principalmente negli Stati Uniti e successivamente in tutto il mondo agl'inizi
degli anni '60 con concetti particolarmente importanti sull 'apprendimento nel
campo dell'educazione. AUSUBEL presentò per la prima volta la sua teoria
dell'apprendimento significativo nel 1962. Comunque i suoi studi iniziarono
dalla fine degli anni trenta sino alla fine degli anni 60, periodo in cui in America
si sviluppavano sempre più le teorie della psicologia comportamentista,
rappresentando la tendenza dominante e dove venivano abbandonate tutte le
teorie ritenute inutili riguardo la coscienza, a fronte delle studio del vero e
proprio comportamento umano.
Il predominio comportamentista, non ostacolò soltanto molte delle idee di
AUSUBEL, ma contribuì anche ad ostacolare la diffusione della teoria
piagetiana, sviluppatasi a Ginevra a partire dagli anni Venti.
Difatti Piaget fu scoperto negli Stati Uniti solo a partire della metà degli anni
Sessanta. Non meraviglia quindi che le idee di AUSUBEL sull'apprendimento
compissero pochi progressi anche se l'importanza delle sue teorie vennero
riconosciute molto presto in alcuni circoli e ottennero un'apprezzabile
accoglienza a livello mondiale al di fuori degli stessi Stati Uniti, come in Europa
e nei Paesi Asiatici.
Joseph Novak, assieme ad un gruppo di lavoro, si avvicinò per la prima volta al
lavoro di D. Ausubel nel 1964, analizzando attentamente il suo libro "The
psychology of meaningful verbal learning" (1963).
Questo libro aiutò considerevolmente a risolvere molte difficoltà incontrate
dall'autore nell'interpretazione di alcuni dati relativi al "Problem solving"
(Risoluzione di problemi). Utilizzando un modello di apprendimento basato
18
sulla elaborazione delle informazione, il gruppo di lavoro scoprì che il problem
solving è una funzione di due indipendenti fattori principali che sono
rispettivamente: le conoscenze immagazzinate nella mente e la capacità di
elaborare le informazioni.
Questi due elementi, sostiene Ausubel, vengono mescolati tra loro durante la
fase di acquisizione di nuove conoscenze e l'integrazione fra le vecchie e
nuove informazioni dipende sia quantitativamente che qualitativamente dalla
struttura cognitiva dell'individuo. Comunque la teoria di Ausubel interessa non
solo l'apprendimento cognitivo, cioè all'acquisizione e all'uso delle conoscenze,
ma anche dell'apprendimento emotivo, cioè quelle informazioni che vengono
immagazzinate nella parte inferiore del nostro cervello che interagiscono con la
nostra stessa struttura cognitiva. Non a caso quest'ultima interagisce con
pensiero (cognizione) sentimenti (emozioni) ed infine azioni (psicomotorie) in
relazione
al fatto
che
Ausubel suggerisce
importa nti applicazioni
dell'apprendimento nel campo emotivo e psicomotorio.
La teoria dell'assimilazione rappresenta una fonte d'informazione essenziale
per la ricostruzione di tutte le fasi dell'apprendimento umano, presentando
molte difficoltà nella loro comprensione ed interpretazione, dove l'elemento
principale è la coerenza; ogni sua parte ha un significato ben specifico
relazionato con le restanti parti.
Per tale motivo importanza primaria è
devoluta alla mappa concettuale, che rappresenta gli elementi chi ave e principi
fondamentali contenuti nella sua teoria dell'assimilazione.
3. 5
-
AUSILI DIDATTICI
( Mappe concettuali )
In precedenza ho fatto accenno alle mappe concettuali. Ma cos'è una mappa
concettuale?
Costruire mappe concettuali è un espedi ente per schematizzare un insieme di
significati nascosti dentro una rete di proposizioni; la funzione di mettere a
fuoco le idee chiave sulle quali ci si deve concentrare per ricostruire il
significato dell'oggetto di studio e per dare una configurazione ordinata alla
nostra conoscenza.
Una volta elaborata la mappa questa ha il vantaggio di visualizzare una serie di
percorsi possibili per ricostruire il "paesaggio concettuale".
Le mappe concettuali sono strategie utili per organizzare meglio l'intervento
didattico; sono, altresì, importanti strumenti di apprendimento per gli allievi.
Per costruire una mappa concettuale è necessario individuare il concetto
chiave ed organizzarla in modo da snodarsi in un reticolo capace di
visualizzare i concetti primari e quelli secondari con i relativi legami.
La mappa concettuale è una struttura a rete costituita da concetti racchiusi
19
negli ovali, da linee, da frecce direzionali.
* Il concetto chiave è scritto nella parte alta della mappa;
* le parole che etichettano i concetti, parole oggetto e parole evento, sono
inserite negli ovali;
* in un ovale va inserito un solo concetto (non necessariamente una sola
parola);
* i concetti vanno scritti in un ordine tale da riportare in alto i concetti più
generali, in basso quelli più specifici;
* gli esempi ed i nomi propri non vanno inseriti negli ovali;
* gli ovali sono legati da linee di connessione che indicano le relazioni tra i in
concetti;
* le linee di connessione vanno sempre etichettate da parole legame o da ve rbi
e precisano le relazioni tra i concetti;
* i legami trasversali sono orientati mediante frecce per favorire una corretta
lettura della mappa;
* la mappa va letta dall'alto verso il basso e da sinistra verso destra.
Esempio di mappe concettuali:
1° Esempio:
Innovazione scientifiche e modernità
Storia
Il boom tecnologico d'inizio secolo e le crisi del
1921 e 1929
St. dell'Arte
L'architettura moderna come conseguenza dello
sviluppo tecnologico
Italiano
Verga e il verismo
Inglese
Thomas Hardy
Francese
Zola e il naturalismo
Filosofia
Il positivismo di Comte
Greco
L'atomismo di Democrito: un modello scientifico
Latino
L'atomismo nel De Rerum natura di Lucrezio
Fisica
L'elettromagnetismo e elettrosmog
Geogr. astr.
Alcuni metodi di ricerca astrofisica
20
2° Esempio
Il lavoro e la rivoluzione industriale
Italiano
Tre
operai
Marcovaldo
Il futurismo
di
di
Bernari
Calvino
Storia
La rivoluzione industriale
Filosofia
L’alienazione economica e il valore lavoro
(Ricardo e Marx)
Inglese
Hard Times di Dickens
Francese
Germinal di Zola
Tedesco
Die Weber di Hauptmann
Storia dell’arte
L’Art Nouveau: l’uso dei nuovi materiali in
architettura e nelle arti applicate
Matematica
Le ricerche di Cantor e Dedekind sugli infiniti
Fisica
Guglielmo Marconi e la nascita della
radiotelegrafia: nozioni teoriche sull’induzione
elettromagnetica
Chimica
Il petrolio e le sue proprietà
La trasformazione del carbone in gas: le prime
illuminazioni pubbliche a metano
Geografia astronomica
L’industrializzazione e la trasformazione del
paesaggio rurale
21
Geografia economica
Il cambiamento dei sistemi economico produttivi
in
seguito
ai
processi
di
industrializzazione
Diritto
Le leggi a tutela della sicurezza dei lavoratori
edili
Economia e sociologia
Nascita e diffusione dei sistemi socialista e
liberista
Scienza delle finanze
Da Adam Smith al neoliberismo
Ragioneria
La rilevazione contabile delle scritture relative
al personale dipendente
Tecnica bancaria
Il calcolo contributivo applicato ai dipendenti
Costruzioni
Le deformazioni nel ferro e nel cemento
armato
Tecnologia delle costruzioni
Nuovi materiali
cemento armato
Geometria descrittiva
Commento su un disegno in prospettiva,
eseguito con il metodo delle proiezioni
centrali, di un monumento dell’Art Nouveau
Educazione visiva
Analisi linguistico-visiva di un’opera discussa
in storia dell’arte
Prospettiva e architettura
Pianta, sezione e/o prospetto, prospettiva e
analisi critica di un monumento Art Nouveau
Ornato disegnato e modellato
Composizione grafica o modellata sul tema
22
costruttivi:
ferro,
vetro,
4 . - L'Andragogia
L'Andragogia è l'arte antica di far apprendere gli adulti.
L'Andragogia è una teoria unitaria dell'apprendiment o e di educazione degli
adulti.
Il termine Andragogia, dal greco andros, uomo, e ago, condurre, è stato coniato
in contrapposizione a quello di pedagogia, che deriva dal greco pais, bambino,
e ago, condurre. Si tratta di un modello incentrato sulla comprensione della
diversità di bisogni e interessi di apprendimento degli adulti rispetto ai bambini,
che ha trovato in Malcom Knowles il suo massimo esponente.
Il termine Andragogia venne ufficialmente coniato nel 1833 in Germania, ad
opera di Alexander Kapp, e quindi riconsiderata in Germania, Olan da, Gran
Bretagna e negli Stati Uniti solo un secolo dopo.
Mentre la pedagogia attribuisce all'insegnante la piena responsabilità delle
decisioni riguardo ai contenuti, alle modalità e alla valutazione di tutto quello
che verrà appreso, lasciando al discen te il ruolo subordinato, l'educazione degli
adulti è la primissima forma di educazione sistematica che vede al centro
l'individuo. Tutti i grandi maestri dei tempi antichi insegnavano ad adulti. Grazie
alle loro esperienze con gli adulti questi maestri con sideravano l'apprendimento
come un processo di ricerca attiva, non come una ricezione passiva di
contenuti, ed inventarono di conseguenza tecniche per coinvolgere attivamente
i discenti.
Concetti fondamentali
L'Andragogia ha come assioma che gli adulti, ne lla fase di apprendimento,
sentono il bisogno di diventare autonomi, ossia di utilizzare l'esperienza
formativa, di riconoscere la loro disponibilità ad apprendere e di organizzare le
informazioni legate ai loro problemi reali.
La teoria andragogica si basa sui seguenti presupposti fondamentali:
1. Il bisogno di conoscere: gli adulti sentono l'esigenza di sapere perché
occorra apprendere qualcosa e in questo processo investono una
considerevole energia. Esaminare sempre i vantaggi che trarranno
dall'apprendimento. Il primo compito del consulente è aiutare gli individui
in questo risveglio di consapevolezza per migliorare l'efficienza delle loro
performance e della loro qualità di vita.
2. Il concetto di sé del discente: gli adulti hanno un concetto di sé di
persone autonome e responsabili. Tuttavia nella formazione ritornano al
23
vecchio modello studente/dipendente, al condizionamento ricevuto nelle
loro precedenti esperienze scolastiche e spesso incrociano le braccia
dicendo: "Insegnatemi!". Il formatore ha il com pito di sollecitare l'attività
di apprendimento.
3. Il ruolo dell'esperienza: la maggiore esperienza degli adulti assicura
maggiore ricchezza e possibilità d'utilizzo di risorse interne. Qualsiasi
gruppo di adulti sarà più eterogeneo - in termini di background, stile di
apprendimento, motivazioni, bisogni, interessi e obiettivi - di quanto non
accada in gruppi di giovani. Il consulente pone l'accento sulle
4. tecniche esperienziali piuttosto che trasmissive e sulle attività di aiuto tra
pari. La maggiore esperienza può avere anche tratti negativi nel senso di
una maggiore rigidezza negli abiti mentali, delle prevenzioni, delle
presupposizioni e nella chiusura rispetto a idee nuove e diverse modalità
di approccio. Un'altra ragione che sottolinea l'importanza dell 'esperienza
è che, mentre per i bambini l'esperienza è qualcosa che capita loro, per
gli adulti essa rappresenta chi sono. Essi, cioè, tendono a derivare la loro
identità personale dalle loro esperienze.
5. La disponibilità ad apprendere: quanto viene insegnato deve migliorare le
competenze e deve poter essere applicato in modo efficace nella vita
quotidiana.
6. L'orientamento verso l'apprendimento: non deve essere centrato sulle
materie ma sulla vita reale.
7. La motivazione: nel caso degli adulti le motivazioni interne sono in
genere più forti delle pressioni esterne. Gli adulti sono motivati a
continuare a crescere e ad evolversi, ma questa motivazione spesso
viene inibita da barriere interne legate ad un concetto negativo di sé. In
questo
gioca
anche
un
ruolo
fondamentale
la
promozione
dell'autodeterminazione, soddisfacendo i bisogni psicologici innati di
competenza, di autonomia e di relazione. La competenza consiste nel
sentirsi capaci di agire sull'ambiente sperimentando sensazioni di
controllo personale. L'autonomia si riferisce alla possibilità di decidere
personalmente cosa fare e come. Il bisogno di relazione riguarda la
necessità di mantenere e costituire legami in ambito sociale.
24
5. – PSICOLOGIA E COMUNICAZIONE
Comunicazione
Elementi della comunicazione:
Tutto quello che facciamo nel corso dell'esistenza è determinato dal nostro
modo di comunicare. Nel nostro mondo, la qualità della vita è tutt'uno con la
qualità delle comunicazioni: da quel che pensiamo e diciamo di noi stessi, dal
nostro modo di muoverci e di servirci del nostro corpo dipenderà fino a che
punto saremo in grado di utilizzare quel che sappiamo.
Tutti noi produciamo due forme di comunicazione: interne (sono le cose che
immaginiamo, diciamo e sentiamo nel nostro intimo ) ed esterne (parole,
tonalità della voce, espressioni del viso, comportamenti, ...).
Ogni comunicazione è un'azione ed ha una conseguenza per noi e per gli altri.
Dal livello di padronanza della comunicazione col mondo esterno dipendono le
relazioni (affettive, professionali, sociali, ...) positive ed efficaci che
instauriamo con gli altri. E ancor più importante , il livello di soddisfazione, di
felicità, di "successo" che si prova nella vita è il diretto risultato del nostro
modo di comunicare con noi stessi. Come ci sentiamo, non deriva da ciò che ci
accade nella vita, ma dalla nostra interpretazione di ciò che accade, da quello
che ci diciamo o ci chiediamo .
Non comunicare è impossibile
ELEMENTI DELLA COMUNICAZIONE
MESSAGGIO
CODICE
-- -- - -- -- -- - -- -- -- - -- -- -- - - -- -- - --
Codifica
Decodifica
EMITTENTE
DESTINATARIO
CANALE
FEEDBACK
25
CODICE






MESSAGGIO quella struttura cognitiva (storia, spiegazione, se gnalazione,
richiesta…) che è presente nella mente di chi da l’avvio alla comunicazione
e che intende trasmettere al destinatario, rendere presente nella sua mente
CODICE l’insieme degli elementi semantici e sintattici che costituiscono un
certo linguaggio. [. es. una lingua ( italiano, inglese, dialetto) , linguaggio
con altri elementi (matematici, grafici, musicali ecc.)]
EMITTENTE colui che avvia la comunicazione, chi elabora un messaggio
mentalmente , gli da un codice espressivo, lo affida ad un canale con
l’obiettivo di farlo arrivare a destinazione
CANALE tutto ciò che si trova tra emittente e ricevente. P. es. le vibrazioni
nell’aria prodotte dalla voce, la linea telefonica, la posta tradizionale, quella
elettronica, la registrazione e la registrazio ne radiofonica o televisiva
DESTINATARIO colui cui è diretta la comunicazione . presente o assente
( p. es. de visu o telefonicamente) o presente virtualmente ( lettera ,
video)
FEEDBACK letteralmente “alimentazione di ritorno” , segnali dal riceven te
all’emittente; immediato e completo (de visu) , limitato (telefono), ridotto e
differito (lettera). Il f. può comunicare molto: attenzione, distrazione, noia,
stanchezza, saturazione psichica, comprensione, assenso, dissenso ecc.
ecc. La mancanza di f. generalmente provoca disagio comunicativo
nell’emittente del messaggio che non percepisce alcun “ritorno”
DIFFICOLTA’ NELLA COMUNICAZIONE
Possibili cause di incompletezza nella comunicazione ( parti mancanti nel
messaggio) o distorsione e fraintendimen to ( parti interpretate con significato
differente da emitt. e ricev.)




MESSAGGIO
assenza
di
struttura;
mancanza
di
ordine
logico
(argomentazioni in ordine sparso, inversioni, ritorni improvvisi); ripetizioni
superflue, passaggi non meditati, omissioni. I l messaggio risulta piatto,
monotono, confuso o carente – E’ necessaria una maggior organizzazione e
riflessione sugli elementi del messaggio stesso
CODICE inadatto al messaggio (p. es. utilizzare un linguaggio comune x
affrontare un tema specialistico co n addetti ai lavori); non condiviso
(l’esempio opposto al precedente).
CANALE i disturbi (scariche elettriche del telefono, grafia illeggibile di una
lettera, pagine strappate di un libro, rumore di fondo nella comunicazione
verbale o invisibilità dell’emittente p. es . il prof “nascosto” dietro alla
cattedra) – Strategia della “leggera ridondanza” : ripetere presentando con
termini leggermente diversi il contenuto del messaggio appena presentato.
Utile in classe per dare la possibilità di ricevere il mes saggio a chi si è
perso la prima esposizione e per “capire di aver capito” a chi invece lo ha
già recepito.
EMITTENTE/DESTINATARIO
atteggiamento
egocentrico.
X
l’em.
egocentrismo cognitivo e valutativo, x il ricev. atteggiamento tipico dell’aver
recepito tutto quanto c’era da recepire nel messaggio, senza significati
incompresi o sfuggiti. Emittente: sviluppare la tendenza al “dubbio
sistematico” Ricevente: chiedersi/chiedere chiarimenti
26

FEEDBACK l’emittente dovrebbe privilegiare f. completo e possibilment e
immediato, provocandolo se non spontaneo. Necessario inoltre abituarsi a
coglierlo, a leggerlo attribuendo significato anche ai minimi segnali
Ogni comunicazione può avvenire su due piani:
quello analogico,
cioè della relazione, e quello digitale, del c ontenuto.
Attraverso il contenuto si hanno delle informazioni, attraverso la relazione si
hanno informazioni sulle informazioni.
L’informazione è un processo in cui il messaggio passa da un emittente a un
ricevente, è unidirezionale e non necessita di pa rtecipazione emotiva, né
richiede la presenza si una relazione per compiersi.
L’informazione non si identifica dunque con la comunicazione che è invece
espressione dell’esistenza di una relazione interpersonale e dell’investimento
affettivo in essa presente, se mai ne è uno degli elementi costitutivi.
La comunicazione è un processo di scambio e di influenzamento reciproco che
avviene in un determinato contesto (Watzlawick). La comunicazione infatti è
un’esperienza usuale e continua di relazione con gli altr i, tende quindi ad
influenzare reciprocamente le persone in relazione.
Le variabili della comunicazione:
La simmetria basata sull'uguaglianza delle posizioni delle persone in relazione
(ad es. due amici o colleghi); questa interazione generalmente facilita
l'efficacia comunicativa
La complementarità prevede che i due partner in relazione siano in posizione
diversa: supremazia e dipendenza (ad es. il rapporto medico -paziente)
Punteggiatura
il diverso modo di "mettere le pause" incide sulla comprensione del messaggio
comunicazione non verbale
L'aspetto esteriore, le scelte in fatto di abbigliamento, i gesti, la posizione
assunta nello spazio, il tipo di vicinanza fisica, il tono della voce ecc.
La teoria dei "primi cinque minuti
27
Elementi della comunicazione
Principio della comunicazione di Warren G. Bennis
Esiste un arco di distorsione tra ciò che si vuole trasmettere, sommato a quello
che si comunica non intenzionalmente, e ciò che il ricevente accoglie.
Questo
avviene
perché
la
comunicazione è costituita, oltre
che dalla componente razionale,
anche da quella emotiva ed è
fortemente
influenzata
dalle
personalità diverse che si mettono
in relazione,dalla nostra storia,
cultura, dalle aspettative e dalle
motivazioni,
ed anche dai
meccanismi della percezione e di
difesa.
Finestra di Johary: descrive le dinamiche delle relazioni sociali
Noto ad altri
Ignoto ad altri
Noto a me
pubblico
privato
Ignoto a me
cieco
ignoto
Area pubblica: quello che so di me e che gli altri sanno di me
Area cieca: quello che non so di me ma che gli altri sanno di me
28
Area privata: quello che so di me ma che gli altri non sanno
Area ignota: sconosciuta a me e agli altri
Abitualmente tendiamo a fornire un’immagine di noi e ad accettare l’immagine
che gli altri ci danno di sé: “la norma sociale impone di non dire ad altri la
nostra impressione su di loro se diversa dall’immagine che presentano di loro
stessi”
Le interferenze
Rappresentano tutti gli impedimenti, gli ostacoli che disturbano il canale usato
per la comunicazione (il treno che passa mentre sto parlando, l’ascoltatore che
non ascolta mentre parlo, le parole troppo piccole usate sui lucidi a lezione)
Dato che le interferenze possono annullare o modificare sensibilmente il
messaggio di partenza, bisogna fare attenzione che:
-
la fonte sia in grado di costruire il messaggio in modo chiaro e
comprensibile
i veicoli di trasmissione siano in grado di convoglia re il messaggio e
tradurre fedelmente il senso dato al destinatario
il canale sia libero da interferenze
il destinatario sia in grado di ricevere il messaggio (deve potermi
ascoltare, deve capire il mio linguaggio, la terminologia che uso)
il messaggio arrivi nella “stessa” forma, calore e intensità di partenza.
Prevenire le interferenze significa controllare ed osservare attentamente ogni
passaggio del messaggio, dall’emittente al ricevente, questo controllo è
possibile attraverso il feedback
FEEDBACK
Per una buona comunicazione è importante saper cogliere il feed -back
(informazione di ritorno) che ci viene sempre veicolato dall'interlocutore sia
verbalmente che non.
Il feed-back può essere considerato un fattore di controllo della comunicazione,
perché consente di verificare l'effetto che i nostri messaggi producono sull'altro.
Abbiamo tre possibilità di risposta:



il feed-back positivo: è un messaggio di conferma, nel quale si approva
ciò che l'altro ha detto (ad es. la lode). Significa "Tu esisti, sono
d'accordo con te".
il feed-back negativo: è un messaggio di negazione di quanto è stato
detto (ad es. la critica). Significa "Tu esisti, ma non sono d'accordo con
te".
la disconferma: è una comunicazione patologica perché non prende in
considerazione ciò che l'altro ha detto. Spesso è veicolata attraverso una
29
comunicazione non verbale (ad es. voltare il viso dall'altra parte).
Significa "Tu non esisti”
Gli obiettivi del feedback sono:
-
-
fare chiarezza- è necessario parlarsi reciprocamente ed evitare che
ognuno comunichi per conto proprio, senza ascoltare
evitare malintesi – è possibile che in una comunicazione ci possano
essere cattive interpretazioni del messaggio. Il feedback permette
di effettuare una verifica, rivedere il messaggio e spiegarlo in modo
più chiaro.
Costruire la relazione : far capire infatti all’altra persona che siamo
interessati alla comprensione del suo messaggio, quindi alla sua
persona, influenza
positivamente la relazione che si sta
costruendo.
Tutto questo perché si presuppone che in una comunicazione:
vero non è quello che ha detto l’emittente
vero è sempre quello che ha udito il ricevente
se non altro per il ricevente stesso

Empatia e comprensione sono aspetti costruttivi
comunicativa, in particolare di quella aiutant e:
della
relazione
principi:
ogni persona va considerata come dotata di valore e dignità
propria
- rispetto dell’individualità
- rispetto delle capacità dell’individuo e del suo diritto di
autodirezione
- è l’individuo che deve distinguere e scegliere i propri valori
- rispetto per la capacità di autodeterminazione della persona
- convinzione che vi sia una tendenza e una possibilità di crescita
Accettare: significa bandire ogni forma di valutazione dell’altro
L’interlocutore empatico:
- sperimenta con immediatezza e ricchezza di s fumature i sentimenti
e le idee espresse dall’interlocutore.
- Accetta il vissuto di tali sentimenti e idee nella loro evoluzione.
- Esprime in maniera adeguata i propri sentimenti e vissuti.
- Formula i propri costrutti personali in maniera flessibile nella for ma
di ipotesi da confrontare continuamente con la dinamica delle
esperienze.
- Sa essere tempestivo nella comprensione che risulta tanto più
efficace quanto più si manifesta immediatamente in seguito, e in
relazione a, le verbalizzazioni dell’interlocutore.
-
Bisogna infatti ricordare che l'identità di una persona si costruisce "all'interno
di relazioni emotivamente significative". La relazione è spazio di incontro e
30
dialogo, " luogo emotivo e cognitivo" nel quale si struttura il modo di vedere se
stessi, gli altri e la realtà.La relazione significativa è rappresentata da un
rapporto di comunicazione e riconoscimento, nutrito e garantito da "affettività,
continuità e coerenza".
Come fare a rendere più efficace la comunicazione col malato?





l'uso di un codice comune con l'attenzione al contesto culturale
dell'interlocutore
l'ascolto di ogni feed-back anche non verbale
la disponibilità a modificare il messaggio se comprendiamo di non essere
stati chiari
le riflessioni sui nostri atteggiamenti e le corrispondent i forme linguistiche
che possono facilitare la comunicazione: far domande aperte, evitare
affermazioni perentorie, usare frasi di comprensione piuttosto che di
valutazione...
la consapevolezza di essere mossi dai meccanismi di difesa e da quelli
della percezione
Riassumendo:
I cinque assiomi della comunicazione costituiscono i famosi presupposti da cui
si è sviluppata la "pragmatica della comunicazione", li riassumiamo in questo
modo:
1) Il presupposto principale è che in una relazione tra persone non è m ai
possibile non comunicare, dunque ogni atteggiamento, comportamento o
silenzio costituisce per l'altro una precisa comunicazione.
2) Si può comunicare sia a livello verbale, che attraverso gesti, comportamenti
nonché con l'uso del tono, del timbro e del ritmo della voce.
3) Ogni comunicazione ha due aspetti, uno di contenuto e uno di relazione tra
le persone coinvolte.
4) Il senso della comunicazione, nonché il suo significato, dipendono dalla
punteggiatura che viene fatta dagli interlocutori, o che vien e tracciata da un
osservatore esterno.
5) Gli scambi comunicativi tra due o più persone possono essere simmetrici
(qualora siano basati sull'uguaglianza) o complementari (nel momento in cui
sono basati sulla differenza).
La comunicazione è un contenuto in un contesto, cioè una notizia, un dato,
un'informazione, un'opinione rispetto ad una precisa relazione, ad un
particolare interlocutore, ad un rapporto tra chi comunica e chi ascolta. Tutto
ciò che descrive il rapporto tra due persone costituisce una meta comunicazione, cioè a dire una comunicazione sulla comunicazione; la
relazione il più delle volte viene descritta a livello non verbale, attraverso gesti,
comportamenti, modi di parlare.
31
La comunicazione dunque non è fatta solo di parole, si usano sì simbo li che
rappresentano ciò che si vuole comunicare, parole, nomi, numeri, ma la
comunicazione è per lo più basata su rappresentazioni di ciò che si desidera
comunicare come gesti, disegni toni vocali, inflessioni , movimenti, ritmi e
volumi della voce, e così via.
La comunicazione è poi un episodio in una storia, il significato di ciò che vien
detto e di ciò che succede, dipende dalla storia dei fatti che dipende a sua
volta da come sono stati punteggiati gli avvenimenti: chi ha iniziato a parlare,
chi ha risposto a chi, chi ha reagito alla risposta e via dicendo; se si è in
disaccordo sulla punteggiatura si creano conflitti, incomprensioni, equivoci.
La comunicazione è ancora fatta di sintonie e di competizioni, ogni messaggio
può essere letto come dichiarazione di superiorità o inferiorità dell'uno verso
l'altro, dal momento che la posizione dell'altra persona è accettata si ha
sintonia, altrimenti detta complementarietà, se invece ci si trova in una
posizione competitiva ci si trova in simmetria.
Infine, la comunicazione è inevitabile dal momento che ogni comportamento,
linguistico o gestuale che sia, costituisce una comunicazione.
Comunicare significa mettere in comune mappe del mondo differenti, uscire
dalla ristrettezza della propria visione del mondo, agg iungendo in tal modo
qualcosa a ciò che già si possiede. Per far ciò molto spesso è importante saper
ascoltare, orientandosi in modo attivo alla comprensione degli altri prima di
esprimere qualunque giudizio di sorta.E' fondamentale per un buon ascolto
entrare in sintonia con l'altra persona, attivando un continuo feedback durante
la comunicazione, com-prendendo l'interlocutore, senza fermarsi alle parole,
dedicando attenzione ai comportamenti che esprimono emozioni, attraverso
atteggiamenti quali il tono della voce, i silenzi-assensi, la gestualità, la postura,
lo sguardo, le espressioni mimiche, ecc..
Ognuno è responsabile, per quanto lo riguarda, dello sviluppo della propria
capacità comunicativa, divenendo consapevole delle proprie qualità, affinando i
propri strumenti, risultando capace di attivarsi nell'ascolto. Nel momento che mi
oriento in una buona sintonia verso gli altri ho bisogno di una grande chiarezza
verso i miei obiettivi, per fare chiarezza sugli obiettivi devo essere in grado di
decodificare la diversità dei punti di vista, le differenti mappe
dell'organizzazione, e saper dunque punteggiare gli eventi. La sintonia con
l'altro è il primo mezzo da raggiungere per qualunque obiettivo abbia scelto,
per questa ragione va SISTEMI RAPPRESENTAZIONAL I O SENSORIALI
Noi non percepiamo direttamente la realtà: noi vediamo (e sentiamo etc.) ciò
che la nostra mente percepisce della realtà.Ciò che noi percepiamo della realtà
lo
traduciamo
in
rappresentazioni
interne
comportamento e lo condizionano.
32
che
influiscono
sul
nostro
Si creano delle strategie di comportamento in base alle informazioni che
riceviamo dall’ambiente tramite i nostri canali sensoriali.
Un modello di comportamento soggettivo è la “mappa del mondo che non è il
mondo”.
I sistemi rappresentazionali sono le modalità sensoriali attraverso le quali si dà
significato all’esperienza individuale.
Le informazioni vengono raccolte attraverso tutti
i canali, ma sono elaborate
attraverso alcuni canali sensoriali privilegiati seguendo una determinata
strategia.
Ogni essere umano si rappresenta il mondo privilegiando in ogni momento uno
dei tre canali (visivo; uditivo; cenestesico;), il quale diverrà il suo sistema
rappresentazionale della realtà primario. Gli altri due interverranno in misura
minore, infatti vengono definiti sistemi rappresentazionali secondari.
 VISIVO (V) sono riconoscibili per la postura diritta, per l’orientamento
degli occhi prevalentemente verso l’alto o frontale, per la respirazione
alta, voce acuta, frasi brevi e periodi meno l etterari.; tenderà inoltre a
dare molta importanza all’aspetto estetico. Mentre parla utilizzerà:
vedo.....mi è chiaro........bello ecc. ecc.
 UDITIVO(A) durante una conversazione muove gli occhi lateralmente, ha
una respirazione più toracica, impara ascol tando e rispetto al visivo ha
maggiori capacità riflessive. La voce è melodica e racconta più
lungamente. Gli avverbi che utilizzerà sono: “ Mi suona bene”
 CENESTESICO (k) ha una respirazione addominale, ama il contatto fisico
e tutto ciò che ha a che vedere con tatto gusto e olfatto; ha una
gestualità lenta, meno considerazione dell’aspetto esterno delle cose
rispetto ai contenuti; memorizza facendo pratica. La voce è profonda e
spesso parla poco. Si focalizza sull’altro!
33
Il rapport è il processo attraverso il quale si stabilisce e si mantiene un buon
rapporto interpersonale di reciproca fiducia e accordo,cioè una relazione
costruttiva
In genere il rapport si stabilisce a livello inconscio.
mpostano spontaneamente un buon rapporto con gli altri
non sono, in genere, in grado di descrivere come si crea questo processo.
Analizzando però i loro comportamenti, si scopre che rispondono sempre ad
una strategia, anche se inconsciamente.
il rapporto si può stabilire per mezzo di tecniche consapevoli e
scientifiche.
Dipende quindi dalla capacità del programmatore osservare le modifiche
sensoriali delle persone e rispondere appropriatamente a queste modifiche.
delle persone, dei segnali di accesso ed essere capaci di adeguare il proprio
comportamento alle risposte delle persone sono, come abbiamo visto, requisiti
essenziali per lo sviluppo del rapport.
individuare
le cose importanti per una persona ossia i suoi valori.
rtare divergenze di opinioni
prima di aver instaurato un buon rapport, altrimenti la rottura del rapport sarà
inevitabile.
verbale bisogna eliminare le negazioni, perché rischiamo di mandare il
messaggio contrario a quello che si vorrebbe.
Esempio:”non sei antipatico” Il nostro cervello decodificherà il messaggio come
"sei antipatico”!
Una volta stabilito il rapport con la CNV è necessario stare attenti al nostro
linguaggio che normalmente è molto confusionale.
"Le parole le porta via il tempo.Io ti guardo osservo il tuo comportamento ciò
che fai chi sei non mi lascio traviare dalle tue parole" (A.Mini)
guida.
E' impressionante come possano essere abbattuti i "muri di freddezza" se si
impara ad ascoltare, osservare e sentire l'altro!"
Quando si stabilisce quella speciale in tesa tra due perone, l'uno sarà portato
inconsciamente e più facilmente a rispondere in modo positivo agli stimoli
dell'altro.
Attraverso il rispecchiamento rimandiamo all'interlocutore, con il nostro
atteggiamento, lo stesso comportamento che appartiene a l suo modello del
mondo.
Si diventa uno lo specchio dell'altro, ad esempio: le gambe accavallate durante
34
un discorso; le dita delle mani intrecciate tra loro, fino ad arrivare al tono di
voce e alla respirazione che è uno dei rispecchiamenti più potenti, b asti
pensare al neonato che si addormenta fra le braccia della madre perché il suo
respiro lo rassicura. Tutto ciò verrà percepito dall'inconscio del nostro
interlocutore
come
somiglianza,
affinità.
Rispecchiare vuol dire entrare in sintonia con rispetto e delicatezza senza
cadere nell'invadenza o infastidire.
EMOZIONE deriva dal latino "ex-moveo", che significa 'muovere -fuori, uscire,
sgorgare':
Le emozioni sono state definite come delle reazioni affettive, in genere brevi
ma intense, che insorgono all’im provviso in risposta a degli stimoli ambientali
che per un qualunque motivo ci colpiscono.
La differenza che le contraddistingue dai sentimenti è che questi ultimi non
dipendono da uno stimolo esterno ma dai nostri interessi, dai nostri valori, dalle
influenze
del
nostro
contesto
culturale,
persistono
nel
tempo,
indipendentemente dalla presenza vicino a noi di ciò che ci attira
Le emozioni primarie sono sette: la paura, la rabbia, la tristezza, l’accettazione,
il disgusto, l’attesa e la sorpresa. Dalle com binazione di queste sette emozioni
derivano tutte le altre.
Il movimento emozionale, in cui si manifesta la profonda unità di psiche e corpo,
coinvolge il nostro organismo nei vari aspetti della sua globalità e si esprime ad
esempio con:
-
-
il pensiero logico («mi piace questa cosa perché, mi arrabbio
perché ....»),
la fantasia (immaginare situazioni, ricordare, fantasticare, ...),
l'espressione muscolare (pensiamo alla mimica facciale come forma
privilegiata di espressione emotiva, l'atteggiamento del corpo c he varia a
seconda dell'emozione provata, le tensioni muscolari quando alcune
emozioni vengono controllate, ecc.),
il sistema nervoso vegetativo (sudori, pallori, battito cardiaco,
temperatura corporea, ritmo respiratorio, ecc.),
il sistema endocrino, ecc..
Possiamo schematicamente illustrare il percorso dell'attivazione emozionale in
questo modo:
stimolo => ; reazione dell'organismo => emozione => espressione verbale e/o
comportamento.
Alcune emozioni ci permettono di affrontare le situazioni di pericolo (fisico od
affettivo) e di far valere i nostri bisogni, quali ad es. aggressività, rabbia, paura,
con i relativi comportamenti di attacco o di fuga, di 'andare verso' o di
'allontanarsi da';
35
altre emozioni esprimono un movimento più distensivo, un abband onarsi, quali
tenerezza, gioia, piacere, ecc.
In quanto risposta dell'intero organismo all'interazione con l'esterno, non vi
sono emozioni buone o cattive, ma emozioni congruenti con gli eventi oppure
no, adeguate alla situazione oppure inadeguate e che p ossono pertanto avere
conseguenze non gradevoli
la espressione o non espressione delle emozioni è correlata al grado di stress
cronico della persona e quindi alla condizione di benessere o malessere.
Infatti è proprio l'emozione trattenuta ( ad es. attrav erso un respiro lieve e
superficiale, attraverso la tensione muscolare cronica e l'inibizione del
movimento, oppure non riconoscendola a livello cognitivo, ecc.) che comporta
una condizione di continua tensione e allarme (stress) che causa malessere ed
è fattore concausale di molti disturbi, sia psicoaffettivi che somatici.
Ad es. nella cefalea si incontrano spesso situazioni di dolori muscolari al collo,
nella zona cervicale, con forti mal di testa che coinvolgono anche gli occhi, le
tempie, ecc.; quasi sempre ciò si accompagna ad una situazione di forte
controllo razionale e difficoltà, a volte vera e propria incapacità, di esprimere la
rabbia: la persona prova forti sentimenti di rabbia nelle situazioni (ad es. di
lavoro, nel rapporto col partner o altro) , ma nel suo comportamento prevale la
disponibilità, il sorriso, l'arrendevolezza
Benessere non significa assenza di emozioni forti o dolorose, ma poter vivere
pienamente le emozioni congrue alle situazioni di vita, siano esse rabbia,
aggressività, tenerezza, paura, abbandono, ecc..
Glossario:
Capacità o abilità personali : l’empatia, la capacità di adattamento alle diverse
situazioni, l’autocontrollo, l’iniziativa e la fiducia in se stessi, la competenza
nella gestione del lavoro e la capacità nel costrui re relazioni in modo creativo
ed efficiente.
“intelligenza emotiva” (Goleman)è la capacità delle persone di affrontare in
modo efficace ed ottimale le difficoltà della vita. La possibilità di contattare
intimamente le proprie emozioni è data proprio da questa intelligenza emotiva e
consente all’individuo di sviluppare la propria personalità in modo flessibile e
creativo
le abilità che compongono l’intelligenza emotiva sono 5
- la consapevolezza :capacità di distinguere e dare nome alle proprie
emozioni, il riconoscimento dei segnali fisiologici che indicano il
sopraggiungere dell’emozione, capacità di comprendere le cause che
determinano l’emozione
- controllo: degli impulsi, dell’aggressività rivolta verso gli altri e verso se
stessi
- capacità di sapersi motivare: capacità di incanalare, energizzare,
armonizzare le emozioni dirigendole verso un obiettivo, tendenza a
reagire attivamente alle frustrazioni e alle delusioni
36
-
empatia: capacità di riconoscere gli indizi emozionali altrui, sensibilità
alla prospettiva dell’altro
gestione efficace: delle relazioni interpersonali, capacità di negoziare i
conflitti tendendo alla risoluzione delle situazioni problematiche, capacità
di comunicare efficacemente con gli altri.
LA RABBIA
È un’ emozione considerata fondame ntale da tutte le teorie psicologiche poiché
per essa è possibile identificare una specifica origine funzionale, degli
antecedenti caratteristici, delle manifestazioni espressive e delle modificazioni
fisiologiche costanti, e delle prevedibili tendenze all ’azione.
Per la maggior parte delle teorie la rabbia rappresenta la tipica reazione alla
frustrazione e alla costrizione, sia fisica che psicologica.
Ancor più che le circostanze concrete del danno, quello che più pesa
nell’attivare la rabbia sembra essere la volontà che si attribuisce all’altro di
ferire e l’eventuale possibilità di evitare l’evento frustrante.
Ci si arrabbia infatti quando qualcuno o qualcosa si oppone alla realizzazione
di un nostro bisogno, e soprattutto quando viene percepita l’intenzi onalità di
ostacolare l’appagamento.
Fondamentalmente sono 3 i possibili destinatari finali della nostra rabbia:
- l’oggetto che provoca la frustrazione
- un oggetto diverso rispetto a quello che provoca la frustrazione
(spostamento)
- se stessi
come il corpo manifesta la rabbia?
Esiste una tipica espressione facciale, riconoscibile in tutte le culture studiate
(per es: aggrottare sopracciglia e fronte) irrigidimento muscolatura.
Le sensazioni soggettive più frequenti: paura di perdere il controllo,
irrigidimento, irrequietezza, calore. La voce si fa più intensa, tono minaccioso e
stridulo.
L’organismo si prepara all’azione
Le variazioni psicofisiologiche sono quelle tipiche di una forte attivazione del
sistema nervoso autonomo: accelerazione battito cardiaco, aumento pressione
arteriosa e irrorazione dei vada sanguigni periferici, aumento tensione
muscolare e sudorazione.
Gli studi effettuati sull’inibizione delle manifestazioni aggressive sembrano
indicare che chi non esprime in alcun modo i propri sentiment i di rabbia tende a
viverli per un tempo più lungo.
I motivi alla base di un attacco di rabbia riguardano maggiormente, negli uomini,
alla frustrazione di attività connesse con l’immagine e la realizzazione di sé.
Arrabbiarsi, motivando chiaramente le moti vazioni dello scontento, sembra
essere una procedura per ottenere un utile cambiamento.
37
STRESS
Lo stress rappresenta un cambiamento di tendenza della linea del nostro vivere
quotidiano, può essere causato da eventi clamorosi o da piccoli e significat ivi
mutamenti di rotta.
Hans Seyle sostiene che lo stress non necessariamente va sempre inteso come
negativo. Anzi la rottura di un preesistente stato di equilibrio e la conseguente
reazione fisiologica innescata sono l’indispensabile premessa per consenti re
l’azione di processi adattivi all’ambiente.
Possiamo allora distinguere tra
Uno stress “buono” (eustress) funzionale all’incremento delle capacità di
adattamento del singolo a fornite dei mutamenti del suo ambiente, ed uno
Stress “ cattivo”(distress), che provoca l’annientamento dell’individuo che
soccombe al mutamento. Possiamo inoltre distinguere tra uno stress
fisiologico:
che attiva una risposta facilmente reversibile e non
quantitativamente eccessiva, e uno stress patologico, che induce una rispost a
irreversibile, in quanto proporzionata e troppo prolungata nel tempo rispetto
alle effettive risorse dell’organismo.
Da quanto esposto sino ad ora è già possibile intuire che non tutte le persone
reagiranno al medesimo evento sentendosi “stressati”
Infatti tra la comparsa dell’evento potenzialmente stressante e l’attivazione
neuroendocrina, si inserisce la soggettiva valutazione, filtraggio, e attribuzione
di significato dell’evento stesso (e delle risorse presenti a far fronte)
Il cognitivista Singer arrivò a definire lo “stressor” come un vero e proprio
costrutto mentale, prescindendo quindi dalle sue caratteristiche fisiche.
Ciò che differenzia ciascuno nella reazione al medesimo stressor è lo stile di
coping (far fronte a ), nel quale convergono:
- il significato attribuito all’evento
- le aspettative generate da esso
- la valutazione delle proprie risorse a fronte di esso
- le tracce lasciate da esperienze simili in passato
- le disposizioni all’azione nei confronti di esso
Psicologicamente uno stile di coping risulta efficace, in senso lato, se la
persona riesce a ricostruire il proprio equilibrio emotivo
La personalità tipo C
- LA PERSONALITA’ DA CANCRO
La legittima domanda che ci si pone da secoli è se esista una configurazione di
tratti psicologici che predisponga al tumore più di altre.
Negli anni ’80 un gruppo di ricercatori europei (Morris, Greer, Grossarth Maticek, Temoshok) ha identificato una particolare cancer -prone personalità
definita
"Tipo C".
38
Il tipo C sta all’estremo di un ipotetico continuu m occupato dall’altra parte da
quello che alla fine degli anni ’50 altri ricercatori, in contesto non -oncologico,
avevano denominato"tipo A" o Coronary -prone personalità.
Il tipo A, predisposto alle malattie cardio -circolatorie, è caratterizzato da tratti
marcati e costanti di aggressività manifesta, competitività, ambizione, scarsa
competenza nel riconoscimento e nella gestione delle emozioni che vengono
bruscamente scaricate all’esterno e scarsa attitudine all’introspezione.
Il tipo C, che avrebbe maggior i probabilità di andare incontro al cancro , è
conformista, aderente alle norme in modo acritico, ricercante l’approvazione
sociale e con un locus of control esterno, è sempre in cerca di approvazione,
sottomesso, poco reattivo e defilato.Tende a reprimere costantemente
l’espressione delle sue emozioni , in particolare rabbia e aggressività che al
contempo non scarica su oggetti o persone del suo ambiente. Questa
repressione si tradurrebbe in una iperattivazione ripetuta del suo sistema
neurovegetativo che a lungo andare porterebbe alla compromissione
dell’efficienza della risposta immunitaria.
Probabilmente alla base dell’instaurarsi di una personalità di tipo C si possono
attribuire delle responsabilità alle figure genitoriali reali o alle loro
rappresentazioni interiorizzate: dalle storie di vita di molti pazienti Tipi C
emergono profili di genitori freddi, indifferenti, conformisti e fortemente inibitori
nei confronti della spontanea espressione emozionale dei figli.
Certo ci sembra semplicistico affermare l’esistenza in oncologia di un paziente
"tipo" dal punto di vista della personalità
Piuttosto che un’associazione diretta tra certi modi di essere e il cancro, ci
sembrano più interessanti i rapporti indiretti, che associano certe
caratteristiche di personalità a certi comportamenti ritenuti a rischio: entro le
categorie dei grandi fumatori e dei grandi bevitori.
Ecco allora che, per questi soggetti, il fatto di riuscire ad elaborare uno stile di
coping alternativo, che permetta, ad esempio, di fronteggia re responsabilmente
un problema senza più doverlo eludere annegandolo nell’alcool , per esempio,
o il riuscire a esprimere le proprie emozioni liberamente, imparando a
riconoscerle e a contare sul sostegno che la rete delle relazioni familiari e
sociali offre, potrebbe divenire un efficace strumento per poter tradurre nel
concreto il concetto di prevenzione anti -cancro di cui spesso si parla.
IL PAZIENTE
Le reazioni psicologiche alla diagnosi di cancro hanno conseguenze
sull’adattamento psicosociale alla malattia, sulle complicanze psicopatologiche,
sull’aderenza ai regimi terapeutici e sul decorso della malattia.
La malattia è una minaccia esistenziale, avrà conseguenze sul ruolo lavorativo,
sociale e familiare e potrà provocare trasformazioni fisiche.
La reazione potrà costituire una crisi per il paziente costituita da quattro fasi:
la fase di shock: immediatamente successiva alla diagnosi, vissuta in
generale come una catastrofe. Il paziente mette in atto meccanismi di
difesa quali la negazione che lo portano a dilazionare il confronto diretto
con una realtà che non è pronto ad affrontare.
E’ importante in questa fase rispettare i tempi del paziente e non forzarlo
ad affrontare la situazione e i suoi stati d’animo
39




la fase di reazione:la realtà s’impone a ttraverso le procedure mediche, i
trattamenti chemioterapici o radianti. L’impatto con la realtà suscita
angoscia, rabbia, disperazione, amarezza. Il paziente potrebbe mettere in
atto meccanismi difensivi quali la difesa maniacale (non sono mai stato
così bene), la regressione a comportamenti infantili, la proiezione
(aggressività verso i medici e i propri cari a cui attribuisce la causa della
malattia)
isolamento delle emozioni dai fatti (parla della diagnosi con indifferenza).
Sono questi meccanismi che, in altri contesti, farebbero pensare ad una
struttura nevrotica o psicotica di personalità.
la fase di elaborazione: inizia al termine del periodo attivo dei trattamenti.
La situazione di vita del paziente è effettivamente mutata.
la fase del riorientamento: è successiva ad ogni check -up di controllo e
ripropone le problematiche esistenziali precedentemente esposte.
La reazione del paziente dipende da diversi fattori:








dal grado di aggressività della malattia stessa
dal livello precedente di adattamento
dal significato di minaccia che il cancro rappresenta nei confronti degli
obiettivi evolutivi
da fattori culturali e religiosi che possono costituire una fonte di supporto
dal grado di supporto sociale disponibile
dalle potenzialità del paziente per un a riabilitazione psicologica
determinate dall’età, dalla motivazione, dalle capacità introspettive, dal
livello di istruzione,dall’assenza di gravi disturbi psichiatrici.
dalle caratteristiche di personalità
dallo stile di coping: esso è risultato determ inante nel modulare le
differenze individuali di reazione psicologia alla malattia e la qualità della
vita dopo la diagnosi, nell’influenzare la risposta e la compliance ai
trattamenti antineoplastici e il decorso biologico della malattia.
Il coping è un processo che avviene in due fasi: la prima fase consiste nella
valutazione e attribuzione di significato alla situazione stimolo; la fase
esecutiva è centrata su comportamenti operativi adottati e manifestati dal
soggetto
I livelli di ansia, rabbia e depre ssione sono indici della reazione normale o,
viceversa patologica del paziente alla malattia. Quando tali livelli sono elevati o
non proporzionali agli stimoli, con manifestazioni ripetute o croniche e associati
ad un funzionamento psicosociale , a relazio ni interpersonali disturbate e ad
una sofferenza soggettiva evidente è lecito diagnosticare l’emergere di una
reazione patologica.
40
Tabella 2 - I BISOGNI DEI PAZIENTI
1) Fase della diagnosi e dell’inizio del trattamento







Ricevere informazioni sulla diagnosi ed il trattamento adeguate per l’età
ed il livello di maturità
Ricevere un supporto emotivo
Fronteggiare i problemi fisici della malattia
Esprimere le risposte emotive alla malattia ed alle terapie
Mantenere le relazioni all’interno della famiglia ed all’esterno di essa
Fronteggiare l’incertezza e la perdita di controllo
Mantenere una continuità delle attività quotidiane dentro e fuori
dall’ospedale.
2) Fase del trattamento con remissione



Fronteggiare il trattamento prolungato e gli effet ti collaterali
Avere aggiornamenti sulle condizioni cliniche ed i programmi di terapia
Mantenere una continuità delle attività quotidiane dentro e fuori
dall’ospedale.
3) Fase della recidiva di malattia


Manifestare le risposte emotive legate alla recid iva di malattia
Comprendere le nuove necessità di cura e collaborare con le terapie
4) Malattia progressiva e morte


Fronteggiare le emozioni e i sintomi legati alla progressione della
malattia
Possibilità di "essere vivo fino a quando non sopraggiunge la morte"
5) Fine del trattamento e guarigione



Reinserirsi nell’ambiente sociale e scolastico
Adattarsi al programma di controlli sanitari.
Convivere con gli effetti collaterali a lungo termine delle terapie
Avvicinarsi alla persona che soffre..avvi cinarsi alla persona morente….
“non esiste un termometro per il dolore: è un fenomeno individuale, personale,
privato. Come la tristezza, la paura, o qualunque sentimento. Il dolore è
innanzitutto ciò che la persona ne può dire”
Il dolore ha sempre componenti fisiche e psichiche, coinvolge aspetti
emozionali, cognitivi, relazionali anche quando è riferito come solo dolore
organico.
41
Il presupposto da cui partire è che ogni persona attraverso gesti, parole e
silenzi comunica volontariamente o involontariam ente il proprio peculiare modo
di viversi e di vivere in un contesto specifico e in un tempo definito.
In questo modo da un’interpretazione personale di sé e del mondo relazionale
in cui vive, ciò come immagina se stesso e gli altri.
Descrive inoltre quello che ritiene importante far sapere e omette
volontariamente o meno delle informazioni.
Da quello che si è detto ne consegue la necessità per chi si avvicina di un
ascolto attento alle parole, una osservazione dei gesti e delle espressioni, dei
comportamenti, compiendo delicatamente un’analisi di ciò che “il dire” del
paziente comunica e di ciò che non comunica.
Particolare attenzione costante e puntuale va posta nei confronti di ciò che noi,
osservatori partecipi, proviamo.
Quando interagiamo infatti con una persona, e in particolare con chi soffre, si
crea una sorta di “cassa di risonanza intima”.
E' fondamentale ripensare alle emozioni e alle sensazioni emerse in noi
durante l’incontro con l’altro, perché è solo il nostro sentire che possiamo
sperare di riuscire a comprendere il vissuto dell’altro.
Il dolore psichico nel paziente, oncologico, si associa a paure spesso esperite
come inesprimibili per non sentire le “non risposte” degli altri, per non
confrontarsi con il dolore che la malattia comporta per c hi si ama, per
mantenere una illusione che spesso, nei pazienti terminali, si chiama speranza.
Anche nel bambino il dolore si può celare in un silenzio o avvalersi del
linguaggio
simbolico.
“L’essere esposti alla paura senza poterne parlare è lo strazio p iù terribile che i
nostri bambini si trovano ad affrontare. Esprimersi ha sempre una valenza
risanatrice, anche se dobbiamo astenerci dal disturbare i nostri piccoli pazienti
con spiegazioni premature, perché dobbiamo lasciarli liberi di scegliere quello
che vogliono esprimere” (Marielene Leist)
Comprendere una persona morente implica il confrontarsi con il “proprio
morire”. L’angoscia di morte riguarda sentimenti primordiali di abbandono e
impotenza.
La morte è un mistero ► paura ►dell’annientamento dell’ Io, dell’identità,
dell’essere
È di difficile elaborazione il pensiero della nostra “non esistenza,”, nella nostra
cultura rifiutiamo la morte, spesso o evitando i morenti o con timore di essi.
Lavorare , parlare, capire chi morirà provoca intensi sentime nti , spesso la
repressione delle nostre angosce è appropriata.
“ciò comporta la capacità di cogliere nella nostra coscienza la consapevolezza
dell’angoscia di morte e la capacità di sentirci accettabilmente a nostro agio al
pensiero della mortalità”
Per aiutare chi muore dobbiamo prima affrontare la nostra morte per evitare sia
il rifiuto spaventato del morente sia il meccanismo opposto fobico, di fusione e
identificazione con il morente.
42
I nostri atteggiamenti saranno sia positivi che negativi. Non è di aiuto
aspettarci sono sentimenti positivi sia da noi stessi che dagli altri. Spesso di
può provare rabbia, frustrazione, la morte non rende tutti simpatici o piacevoli.
Il rapporto con alcune persone è difficile, alcune sentiremo di poterle aiutare,
altre no.
È importante riconoscere che queste sensazioni sono parte dell’essere esseri
umani, e riconoscere la possibilità di integrare questi sentimenti
apparentemente opposti, filtrandoli attraverso la nostra parte conscia,
comprendendo ciò che proviamo.
La professionalità ci permette di mantenere una distanza emotiva che ci
permette di provare compassione pur rimanendo distaccati, senza raggiungere
una lontananza relazionale.
Il rischio infatti è sia della compassione esagerata= fusione psicologica, in cui
si perdono i confini e le individualità e si disperdono le possibilità di aiuto per il
paziente.
L’identificazione è spesso frutto di tentativi di cancellare colpe passate,
rielaborare esperienze precedenti di morte, anticipare le proprie angosce.
Bisogna accettare la propria ambivalenza nei confronti della morte, ogni volta
che muore una persona noi non viviamo solo sentimenti di amore e tenerezza
ma anche disperazione, rabbia frustrazione delusione e odio.
Se riconosciamo e integriamo questi sentimenti ci concediamo la possibilità di
elaborare il nostro lutto.
Per chi ritiene l'emozione espressione di debolezza e la razionalità invece una
forza ,parlare di morte significa dare voce alla paura di abbandonare e di
essere abbandonatoNel processo del lutto si spegne "l'immagine di noi negli
altri" mentre prende vita dentro di noi , nella forma della rappresentazione," la
presenza dei nostri cari morti".
L'elaborazione del lutto rappresenta la capacità della nostra mente di vivificare
la presenza di qualcuno fisicamente morto. Il rito funerario indiano ,in caso di
morte di un'infante, obbligava la madre a seguirlo ed a bruciare col cadavere
del bambino nella stessa catasta di legno. In qualche modo è mantenuta nel
processo del lutto una simile analogia: noi partecipiamo " nelle fantasie
inconsce " di quell'ardere e consumarci simbolico: soffriamo come se nella
persona che muore morisse una parte di noi.
La sofferenza nella quale ci sentiamo imprigionati esprime un riparare
simbolico al dolore dell'altro dal nostro interno. Ci fa risentire il legame (e nel
legame) e la fatica a rinunciarvi per la forma intangibile che ne dà il ricordo.
La rabbia che si prova denuncia l'aggressione da parte di un nemico cattivo ed
onnipotente , artefice vituperato della scomp arsa di qualcuno a noi
caro ,perché ci ha strappato qualcosa di nostro. Contro quel nemico ,
consapevolmente e non, indirizziamo sentimenti di odio e disperazione: in
qualche modo sentiamo di affrontare un duello che sappiamo impossibile.
43
Pensare ed immaginare la morte mette dunque continuamente in discussione il
nostro potere di vivi: è questo potere di vivi che vogliamo far coincidere con un
potere sulla vita, di cui poter disporre, non costretti ad abdicare al bisogno di
conservare senso al fluire dell'e sistenza , senza risarcimenti e scorciatoie in
grado di coltivare l'illusione in un qualche diritto da rivendicare.
Comprendiamo meglio il processo del morire se comprendiamo la natura
umana.:
 "l'immagine della morte che domina nella coscienza di un uomo è
strettamente legata all'immagine di sé e di uomo che prevale nella
società in cui egli vive" (Elias)
 La morte, o meglio la sua rappresentazione collettiva ed individuale,
appare dunque un evento essenzialmente culturale allo stesso modo
delle malattie che sono influenzate, a loro volta, dagli stimoli sociali e
culturali all'interno dei quali si sviluppano (Shorter 1993).
"Presso i primitivi che conoscevano il corpo e non l'organismo, la malattia
aveva un significato sociale ,e come tale, era qualcosa c he si poteva
scambiare nel gruppo
 In realtà il lavoro del medico diceva Balint non è dire al paziente che
può morire, ma permettergli di esprimere ciò che sente a proposito del
suo destino.
"Ivan Il'ic vedeva che stava morendo ed era in preda a una c ontinua
disperazione. In fondo all'anima sapeva che stava morendo (..) Il
principale tormento di Ivan Il'ic era la menzogna - la menzogna chissà
perché adottata da tutti - che lui fosse soltanto malato, non già sulla
via di morire... (...).
Era questa menzogna a tormentarlo, era il fatto che non volessero
riconoscere quello che tutti sapevano e che anche lui sapeva, ma
mentissero invece sulla sua orribile condizione e costringessero anche
lui ad aver parte nella menzogna. (...) parecchie volte quando loro
venivano a contargli le loro storielle, era stato ad un pelo dal gridare:
smettetela di mentire, voi sapete benissimo, come lo so io, che sto
morendo, perciò smettetela almeno di mentire. Ma non aveva mai
avuto il coraggio di farlo." (Tolstoj, 1886 p. 65 -74).
Il processo del morire è una parte importante della vita, e dura un tempo, giorni,
settimane, mesi, anni.
Scoprire di avere una malattia con esito mortale significa vivere una crisi
L’intervallo tra il vivere e il morire è quello che sta tra la crisi della presa di
coscienza della morte e il momento della morte.
Elisabeth Kubler Ross ha descritto le fasi che necessariamente si
attraversano :
- shock stupore
- rifiuto
- rabbia
44
-
patteggiamento
depressione
Per Weisman vi è un continuo mescolarsi di risposte emo tive durante il
percorso che conduce alla morte, un fluire e rifluire di emozioni simili a quelle
che nella vita adottiamo per far fronte a crisi e conflitti:
- fase crisi acuta
- fase cronica del vivere morire
- fase terminale
Morte certa in data conosciuta:pa ssaggio rapido fase acuta fase cronica –
periodo di tempo in cui dare ordine alle proprie emozioni(incidenti leucemie)
Morte certa in data sconosciuta: tipico nelle malattie croniche fatali - stress
emotivo prolungato- necessità di fare chiarezza su ciò che è certo
Morte incerta ma data conosciuta: continuo periodo di fase acuta - ansia
prolungata
Morte incerta in data incerta: (sclerosi multipla e malattie genetiche) alto grado
di ansia che non può essere risolta, genera disfunzioni nelle difese e fissazion i
ipocondriache
FASE ACUTA
La presa di coscienza della morte genera ansia acuta fino al punto di tolleranza,
ci si aggrappa a qualunque meccanismo psicologico pur di ridurla
- si acutizza l’attenzione verso problemi non risolti
- emergono problemi di dipendenza, passività, identità
- spesso può presentarsi una risposta di immobilismo, o di
depersonalizzazione: si osserva in uno stato alterato di coscienza
- spesso sono presenti molte difese “patologiche” (diniego, negazione etc)
- può essere utile per il paziente sp ostare l’attenzione su problemi “reali”,
pratici.
FASE CRONICA
- paure dell’ignoto, della solitudine (depressione anaclitica dovuta alla
separazione)
- angoscia
- perdita del corpo (vergogna, inadeguatezza, perdita autostima)
- difficoltà di controllo di sé
- dolore sofferenza
- importante permettere la regressione e precisare quali problemi è
possibile affrontare
FASE TERMINALE
- inizia in genere quando il malato si ritira in sé assecondando i segnali del
suo fisico che conserva le energie
- spesso sono presenti segnali di disorganizzazione emotiva
- vi è una diminuzione dell’ansia e un aumento dell’involuzione depressiva
- le speranze non sono più attendibili
- passaggio dalla speranza dell’attesa a quella del desiderio
Morte sociale= ritiro e separazione del paziente dagli altri
Morte psichica= accettazione della propria morte e ritiro in se stesso
45
Morte biologica= come nel coma irreversibile, non c’è più consapevolezza
Morte fisiologica: organi vitali non funzionano più
Nell’età prescolare non vi è senso di identità indi pendente dall’io corporeo e
dall’essere parte dei genitori (di chi si prende cura)
A questa età non c’è la percezione delle nozioni intellettuali di morte e del
morire.
Tra i 3 e i 6 anni si delinea un senso di sé più definito, con la capacità di
pensare, riflettere e indagare si acquisisce un senso di autocontrollo maggiore.
Questa è l’età della fantasia, dei sogni ad occhi aperti, degli incubi. Ed è qui
che appare una primitiva nozione intellettuale di morte.
La morte è ancora= seprazione=non essere qui mai più
Malattia o l’invalidità= può essere vissuta come punizione per fatti reali o
immaginari
L’ospedalizzazione come un rifiuto o un abbandono.
È importante quindi la presenza (emotiva) costante dei genitori, per evitare la
perdita di sicurezza o l’annientamento.
Spesso il dolore, il dispiacere, la tristezza dei genitori possono essere vissuti
dal piccolo come rabbia e insoddisfazione verso di lui.
Si rivela quindi necessaria una spiegazione chiara delle cause della malattia e
delle cure.
I bambini sentono la necessità di comprendere le reazioni emotive dei genitori.
Il bambino delle elementari è una persona che agisce, che inizia a vedere il
futuro, pre-vedere, la fantasia del passato può assumere i connotati della realtà.
A questa età il bambino affronta gli ostacoli che si oppongono alla sua capacità
di essere, di esistere, di agire.
Il bambino può rendersi conto della morte, ma l’esperienza è radicata nell’oggi,
il domani è solo sognabile.
Nell’adolescenza il fare è subordinato all’essere “ciò ch e faccio mi rende
importante” e “l’essere quello che sono rende importante quello che faccio”
L’adolescente possiede il senso dell’essere, il senso della personalità, dell’Io.
Non ha però il senso della longevità.
Spesso l’adolescente ha visioni romantich e della morte (“che importa quando si
muore, purché viva e muoia realmente come me stesso”)
Il giovane teme la perdita di quel senso dell’essere appena conquistato.
Aiutarlo significa sostenerlo nel suo tentativo di affermarsi, rafforzarsi e
rivelarsi nella sua unicità.
Il giovane adulto è all’inizio della realizzazione dei suoi progetti di vita. Spesso
c’è fervore per i progetti, impazienza:” il mondo mi attende”
La consapevolezza della propria morte causa frustrazione e delusione, rabbia
verso se stessi e verso il mondo.
Spesso il giovane adulto combatte tenacemente e si aggrappa all’esistenza.
Ogni decade della vita porta nuove sfide e nuove prospettive.
46
È probabile che nell’età media la morte assuma un tono interpersonale,
diventando l’interruzione del coinvolgimento con gli altri, della rottura dei
legami affettivi. Lottare con la morte diviene lottare con il coinvolgimento degli
altri.



BURN OUT è una sindrome caratterizzata da esaurimento
emozionale, depersonalizzazione e riduzione delle capacità
personali”.
L’esaurimento emotivo consiste nel sentimento di essere
emotivamente svuotato e annullato dal proprio lavoro, per
effetto di un inaridimento emotivo nel rapporto con gli altri.
La depersonalizzazione si manifesta come un atteggiamento
di allontanamento e di rifiuto (risposte comportamentali
negative e sgarbate) nei confronti di coloro che richiedono o
ricevono la prestazione professionale, il servizio o la cura.
La ridotta realizzazione personale riguarda la percezione
della
propria
inadeguatezza
al
lavoro,
la
caduta
dell’autostima e la sensazione di insuccesso nel proprio
lavoro
I sintomi aspecifici sono l’irrequietezza, il senso di stanchezza ed esaurimento,
l’apatia, il nervosismo e l’insonnia.
sintomi psicologici
 depressione
 bassa stima di sé
 senso di colpa
 sensazione di fallimento
 rabbia, risentimento, irritabilità, aggressività
 alta resistenza ad andare al lavoro ogni giorno
 indifferenza
 negativismo
 isolamento
 sensazione di immobilismo
 sospetto e paranoia
 rigidità di pensiero e resistenza al cambiamento
 difficoltà nelle relazioni con gli utenti
 cinismo
 atteggiamento colpevolizzante nei confronti degli utenti e critico nei
confronti dei colleghi.
Tale situazione di disagio può indurre
psicofarmaci o fumo.
il soggetto ad abuso di alcool,
di
L’insorgenza della sindrome negli operatori sanitari segue generalmente
quattro fasi:

la prima fase (entusiasmo idealistico) è caratterizzata da motivazioni
consapevoli (migliorare il mondo e se stessi, sicurezza di impiego,
svolgere un lavoro di maggior prestigio) e motivazioni inconsce
47
(desiderio di approfondire la conoscenza di sé e di esercitare una
forma di potere o di controllo sugli altri);
spesso sono presenti ASPETTATIVE
di “onnipotenza”, di soluzioni
semplici, di successo generalizzato e immed iato, di apprezzamento, di
miglioramento del proprio status e altre ancora.
C’è indubbiamente una difficoltà a leggere in modo adeguato il dato di
“realtà
Nella seconda fase (stagnazione) l’operatore continua a lavorare
ma si accorge che il lavoro non soddisfa del tutto i suoi bisogni.
Si passa così da un superinvestimento iniziale a un graduale disimpegno
dove il sentimento di profonda delusione avanza determinando
nell’operatore una chiusura verso l’ambiente di lavoro ed i colleghi.
-
La fase più critica del burn-out è la terza (frustrazione).
Il pensiero dominante è di non essere più in grado di aiutare nessuno,
con profonda sensazione di inutilità e di non rispondenza del servizio ai
reali bisogni dell’utenza.
Il vissuto è di perdita, di svuotame nto, di crisi di emozioni creative e di
valori considerati fondamentali fino a quel momento.
Come fattori di frustrazione aggiuntivi intervengono lo scarso
apprezzamento sia da parte dei superiori sia da parte degli utenti,
nonché la convinzione di una inadeguata formazione per il tipo di lavoro
svolto.
Il soggetto frustrato può assumere atteggiamenti aggressivi (verso se
stesso o verso gli altri) e spesso mette in atto comportamenti di fuga
(quali allontanamenti ingiustificati dal reparto, pause prolunga te,
frequenti assenze per malattia).
Il graduale disimpegno emozionale conseguente alla frustrazione,
con passaggio dalla empatia all’apatia, costituisce la quarta fase, durante
la quale spesso si assiste a una vera e propria morte professionale.
Le conseguenze di tutto ciò sono, come precedentemente detto, molto gravi e
si possono schematizzare in tre livelli:
e si possono schematizzare in tre livelli:

il livello degli operatori che pagano il burn -out in termini
personali, anche attraverso gravi somati zzazioni, ma
soprattutto attraverso dispersione di risorse, frustrazioni e
sottoutilizzazioni di potenziali;
48


il livello degli utenti, per i quali un contatto con gli operatori
in burn-out risulta frustrante, inefficace e dannoso;
il livello della comunità in generale che vede svanire forti
investimenti nei servizi .
Alcune strategie per la Prevenzione del Burn -Out









Ridurre le richieste imposte agli operatori da loro stessi
attraverso l’incoraggiamento ad adottare obiettivi più
realistici.
Incoraggiare gli operatori ad adottare nuovi obiettivi che
possano fornire alternative di gratificazione.
Aiutare gli operatori a sviluppare ed utilizzare meccanismi
di controllo e di feed-back sensibili a vantaggi a breve
termine.
Fornire frequenti possibilità di training per incrementare
l’efficienza del ruolo.
Insegnare allo staff a difendersi mediante strategie quali
lo studio del tempo e le tecniche di strutturazione del
tempo.
Orientare il nuovo staff fornendo un libretto che descriva
realisticamente le frustrazioni e difficoltà tipiche che
insorgono sul lavoro.
Fornire periodici “controlli del burn -out” a tutto lo staff.
Fornire consulenza centrata sul lavoro o incontri per lo
staff che sta sperimentando elevati livelli di stress nel
proprio lavoro.
Incoraggiare lo sviluppo di gruppi di sostegno e/o sistemi di
scambio di risorse.
6. - Il ruolo della valutazione nella formazione
Ho preso a prestito alcune considerazioni da Ronald Epstein autore di un
articolo apparso sul New England Journal of Medicine dove è stata pubblicata
una panoramica degli studi riguardanti il complesso tema della valutazione
nell’ambito del processo formativo, fornendo una visione di insieme utile su una
problematica che interessa il medico in ogni fase del suo percorso
professionale, e coinvolge a vario titolo i colleghi e i formatori che devono
accompagnarlo e periodicamente valutarne l’operato, perché può essere
d’esempio per addentrarci sui problemi più complessi che riguardano la
valutazione degli studenti delle professioni sanit arie durante il periodo di
tirocinio e offrire un aiuto alla comprensione da parte di coloro che sono
chiamati a valutare.
Il sistema anglosassone di formazione medica prevede che il tirocinante in
medicina sia affiancato da un medico che dovrà poi valut are le sue prestazioni
in base a una serie di parametri, e in Italia si sta intraprendendo un percorso
per certi versi analogo, attraverso le esperienze di tutoring in ambito di tirocinio
universitario: un’area che può trarre beneficio dalle sperimentazion i in atto
49
negli altri Paesi, consentendo lo sviluppo di strumenti valutativi adeguati alle
esigenze del nostro sistema e dei nostri programmi di formazione continua.
E proprio nella fase valutativa occorre mettere a fuoco diverse criticità, che
sono rilevanti per l’efficacia del processo formativo: non solo l’efficacia degli
strumenti di valutazione (validità, attendibilità, capacità di proiezione nel tempo,
copertura delle aree di competenza professionale), ma anche i loro scopi e i
loro effetti di ritorno sul processo formativo stesso. Anche nel campo della
standardizzazione degli approcci c’è del lavoro da compiere: anche se le varie
organizzazioni accreditanti concordano abbastanza sulle aree di competenza
da valutare, non esiste uniformità sugli standa rd di valutazione, che variano da
una scuola all’altra, e occorre dunque sviluppare metodi che offrano risultati
confrontabili e uniformità di giudizio.
Che cosa significa "competenza"?
Ronald Epstein, autore dell’articolo, definisce la competenza “l’uso abituale e
giudizioso di comunicazione, conoscenza, abilità tecniche, pensiero clinico,
emozioni, valori e riflessioni sulla pratica quotidiana, a beneficio degli individui
e delle comunità cui viene erogato il servizio”.
Negli Stati Uniti, uno dei metodi di valutazione più utilizzati è stato elaborato
dall’Accreditation Council for Graduate Medical Education, e analizza sei aree
di competenza:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
conoscenze mediche,
cura del paziente,
professionalità,
abilità interpersonali e di comunicazione,
apprendimento e miglioramento basato sulla pratica,
pratica system-based, ovvero che risponda alle esigenze del sistema
sanitario e offra cure di qualità basate su principi di costo/efficacia.
In questo ambito, la valutazione diviene lo strumento sia per identifi care i
bisogni formativi di studenti e medici praticanti, sia per orientarne la crescita
professionale.
La competenza inoltre è contestuale: “molti aspetti della competenza”, osserva
Epstein, “sono anche specifici al contesto e non necessariamente
generalizzabili ad altre situazioni”. Importante proprietà della competenza
diviene allora la sua capacità di evolversi attraverso l’esperienza della pratica
quotidiana, divenendo nel tempo più flessibile e maggiormente basata sul
contesto, come anche sulla crescente consapevolezza delle proprie dinamiche
personali, e divenendo meno vulnerabile allo stress. La valutazione può essere
uno strumento di guida in questo percorso.
Perché valutare?
Le tipologie valutative possono e dovrebbero venire selezionate in base agli
scopi per i quali vengono effettuati. Infatti la valutazione può essere utilizzata
per ottimizzare la ricettività dei futuri medici, stimolando le loro motivazioni ed
aiutandoli a mettere a fuoco i propri obiettivi professionali; per avere una base
50
di selezione dei tirocinanti in modo da identificare coloro che vanno avviati a un
livello di formazione più avanzata; infine, per proteggere l’utenza identificando i
casi di incompetenza professionale. In base a questi scopi, si può suddividere
la valutazione in “sommativa” (utile a quantificare la conoscenza con precisione
psicometrica) e “formativa” (meno strutturata, con funzione di guida e
riflessione).
La prima è più adatta ad approcciare corpi di conoscenza strutturati, ai fini di
un avanzamento a livelli superiori di responsabilità; la seconda guida gli studi
futuri, rassicura, modella valori. La motivazione del discente può essere più
fortemente stimolata da quest’ultima, mentre la valutazione sommativa può a
volte agire come barriera sia nell’inib ire difensivamente la propria performance,
sia nell’indurre lo studente a concentrare i propri studi unicamente su quelle
conoscenze strettamente necessarie per superare i test.
Come scegliere la giusta metodologia?
Esistono molti metodi di valutazione , coerentemente con la varietà di bisogni e
di scopi per i quali vengono usate. Qualunque sia il metodo valutativo, esso
dovrebbe risultare conforme a cinque criteri di utilità: dovrebbe cioè essere,
1.
2.
3.
4.
5.
preciso,
valido,
accettabile sia per il discente che per il formatore,
essere economicamente sostenibile
avere un impatto positivo sull’apprendimento e sulla futura pratica.
Uno dei metodi scritti più utilizzati è quello del test strutturato con domande a
scelta multipla, in quanto offre in tempi relativ amente brevi un’elevata mole di
dati facili da gestire ed elaborare.
Oltre al formato classico, che offre una sola risposta esatta in una scelta più o
meno ampia di possibili risposte, esistono anche altre forme interessanti, come
le domande che richiedono di individuare le caratteristiche chiave per una
decisione clinica nell’ambito di un caso che presenta una moltitudine di dati,
oppure quelle che procedono per dati concordanti, cioè offrono un quadro e
richiedono di formulare un’ipotesi che poi dovrà es sere o meno confermata dai
dati offerti negli item successivi. Le domande a scelta multipla ricche di
contesto sono difficili da elaborare ma, insieme alle domande a risposta aperta,
sono in grado di misurare in modo più realistico la performance del medic o e
minimizzare l’effetto di cueing, ovvero le risposte fornite sulla base di “indizi”
impliciti nella domanda, un effetto “particolarmente grave”, osserva Epstein,
“quando si sta valutando la capacità di effettuare ragionamenti diagnostici che
non siano affrettati”.
Come valutare la pratica?
Tra i metodi basati sulla pratica vanno enumerati gli approcci basati
sull’osservazione diretta di un supervisore, che segue lo studente mentre si
relaziona ai pazienti. Si tratta di una modalità preziosa per la racco lta di
51
informazioni e per la valenza formativa, seppure gravata dai grossi limiti della
soggettività del supervisore e dal tempo limitato che generalmente questi può
dedicare a tali osservazioni. Per ovviare a quest’ultimo problema si effettuano
a volte osservazioni dirette di una breve pratica clinica, che includa una
raccolta anamnestica e un breve progetto di intervento, con valutazione e
feedback finale del supervisore.
Un’alternativa alla pratica sul paziente è l’utilizzo di “attori” che simulano
pazienti con quadri standardizzati; il valutatore utilizzerà poi una check -list per
verificare l’accuratezza dell’anamnesi effettuata dallo studente rispetto ad item
predefiniti, e la qualità del suo approccio comunicativo. Altri strumenti che
rientrano in questo tipo di valutazione sono l’utilizzo di manichini per le
valutazioni di abilità chirurgiche e l’uso di simulazioni virtuali. A completamento
di un esperienza di questo tipo, valutativa e formativa insieme, allo studente
può essere richiesto di effettuare una breve presentazione orale del caso,
esercizi scritti di esame del pensiero clinico e ricerche bibliografiche.
La valutazione dei pari è affidabile?
Un contributo valutativo prezioso può essere offerto dai colleghi del medico,
che siano professionisti del suo stesso campo o altri operatori di diverse
professionalità che operano nella stessa équipe. Vi sono a questo proposito
vasti programmi sviluppati nel Regno Unito, ed altri applicati negli Stati Uniti
per i medici che devono conseguire la ricertifi cazione. Queste valutazioni a 360
gradi hanno una loro utilità specialmente se accompagnate da dati narrativi e
da statistiche e se seguite da un buon follow-up, purché provengano da fonti
attendibili, in modo da offrire un feedback costruttivo. Affinché t ali riscontri
possano avere un effetto incentivante e potenziante debbono essere effettuati
in modo riservato e tempestivo, ed essere accompagnati da un atteggiamento
di sostegno e di aiuto; in caso contrario rischiano di essere percepiti come
giudicanti e produrre effetti svalutativi, distruttivi e conflittuali.
Infine, un ultimo feedback può provenire dai pazienti stessi: si tratta di una
misura importante dell’efficacia della performance del medico e, a livello di
follow-up, anche dell’efficacia dell’intervento formativo stesso, ma occorre
tenere conto dei precisi limiti che questo metodo offre. Per essere affidabili,
infatti, i dati relativi all’impatto della pratica medica sul paziente devono essere
basati su grandi numeri, per ovviare ai molti fattori che potrebbero altrimenti
alterare i risultati. Fra questi, le stesse condizioni fisiche del paziente e la
gravità della patologia, e i fattori che potrebbero selezionare la tipologia di
pazienti disponibili a compilare la valutazione e influenzarne forte mente le
caratteristiche di soggettività.
Quali sfide per il futuro?
Mentre per alcune aree di competenza abbiamo strumenti consolidati, coerenti
e universalmente condivisi per effettuare valutazioni, per altre i metodi sono
controversi o devono ancora essere sviluppati. Per molti aspetti, la pratica
della medicina è più vicina a un’arte che a una tecnica, e la prima è molto più
sfuggente da definire e da valutare. È il caso ad esempio dell’abilità a
comunicare con il paziente, per valutare la quale esisto no dozzine di scale non
52
sempre affidabili. Un altro campo che sarebbe importante valutare sarebbe la
capacità di lavorare in gruppo, abilità per la quale non esistono strumenti
attualmente validi; uguali problematiche si pongono nel misurare la
“professionalità”, termine per il quale non esiste una definizione condivisa. Un
metodo per ovviare a queste limitazioni è operare sempre utilizzando metodi
multipli di valutazione, in modo che i punti deboli di un metodo siano
compensati da quelli di un altro; oppur e utilizzare lo stesso metodo più volte
nel tempo (valutazione longitudinale). Questi metodi “misti” sono altamente
validi per avere un quadro generale della persona esaminata, ma tale
vantaggio va bilanciato con l’onere di dover far fronte a un’enorme mol e di dati
da elaborare.
Un altro campo difficile da misurare è quello dell’esperienza. Come valutarla?
Esperti e affermati professionisti che danno eclatanti prove di valore sul campo
possono fornire risultati scarsi in risposta a test artificiosi. “L’esp erienza è
caratterizzata da un corpo di conoscenze unico, elaborato e ben organizzato
che spesso si rivela solo quando viene attivato da situazioni cliniche
caratteristiche”, nota Epstein. Questo corpo di conoscenze, prosegue l’autore,
include “saper gestire problemi ambigui e non strutturati, soppesando
spiegazioni alternative, evitando conclusioni affrettate, cogliendo le eccezioni a
regole e principi e, anche se si è sotto stress, scegliendo una fra tante strade
di intervento che sono accettabili ma impe rfette”.
In conclusione
Ronald Epstein, a conclusione della sua analisi, offre una tabella riepilogativa
per i princìpi che a suo parere dovrebbero informare le corrette pratiche di
valutazione. In essa si parte dalla definizione degli obiettivi della v alutazione,
ovvero orientare il futuro apprendimento; proteggere l’utenza attraverso la
promozione di standard elevati e l’identificazione dei casi di incompetenza
medica; e promuovere i candidati idonei a ruoli di maggiori responsabilità. Si
specifica poi l’oggetto della valutazione (atteggiamenti e comportamenti,
acquisizione e applicazione di conoscenze e tecniche, professionalità,
comunicatività, riflessione clinica e capacità decisionali, capacità di lavorare in
gruppo e apprendere dall’esperienza, pra tica system-based) e le modalità
(metodi multipli, longitudinali, contestualizzati; osservazioni dirette; valutazioni
dei pari; offerta di un feedback formativo).
Epstein mette infine in guardia nei confronti degli effetti collaterali della pratica
di valutazione, che non deve essere penalizzante, ricordando che i dati
quantitativi non sono di per sé più affidabili di quelli qualitativi. Gli studenti
modellano i loro studi sul tipo di prova valutativa che dovranno affrontare,
quindi la valutazione ha grandi responsabilità sull’orientare il futuro medico, o il
professionista già praticante, verso la direzione che gli consenta l’espressione
massima del suo potenziale.
Come metodo di lavoro propongo alcune schede di valutazione ad uso del
tutor :
53
Le figure che seguono rappresentano l'elenco degli obiettivi
di tirocinio
Obiettivi di tirocinio
Funzione assistenza
Appropriata relazione con il paziente
Criteri di corretto accertamento e primo accoglimento del paziente: identità,
accettazione,
programmazione.
Obiettivi intermedi
Obiettivi specifici
Livello tassonomico
rich iesto
Attività
Identificare
le
1. Accogliere l'utente ed i
Campo della
necessità
assistenziali
suoi familiari o
comunicazione
accompagnatori
interpersonale:
2. Fornire informazioni
Capacità di fornire una
all'utente
ed
ai
risposta alla richiesta
familiari o
relazionale dell'utente ed
accompagnatori
ai
3. Comunicare con l'utente
suoi familiari.
e
la
famiglia
Strumento di valutazione:
utilizzando
modalità comunicative Check list: Accoglienza
interpersonali
adeguate
4. Raccogliere informazioni
relative allo stato di
salute
Utilizzare il sistema
informativo
1. Verifica ed immissione
Campo della competenza
nel sistema informativo intellettuale:
dei dati dell'utente e Capacità di interpretare i
delle
dati
prestazioni richieste
Campo dei gesti:
Capacità di controllare i
gesti
con una certa efficacia.
Strumento di valutazione:
Check list: Accettazione
utente
54
Funzione gestione
Rispetto degli orari e frequenza, osservanza ordine personale, comportamento
nei
confronti del personale
Obiettivi intermedi
Gestire il proprio tempo
nell'ambito del servizio in
cui
si opera
Gestire il proprio ordine
personale
Gestire i rapporti con i
professionisti del servizio
Obiettivi specifici
Strumento di valutazione
Attività
1. Pianificare la gestione
degli orari di
frequentazione del
servizio
2. Utilizzare la propria
Check list: Rispetto degli
divisa
e gli strumenti di
orari, frequenza, ordine
riconoscimento
personale.
3. Rapportarsi con le
figure
professionali presenti nel
servizio
_.L
_
__
_:
Funzione assistenza
Criteri di responsabilità del Tsrm: l'analisi elo la formazione dell'anamnesi; la
responsabilità della firma dell'operatore.
Obiettivi intermedi
Obiettivi specifici
Livello tassonomico
richiesto
Attività
Documentare,
nella
1. Raccogliere le
Campo dei gesti:
scheda
di
anamnesi,
le
Capacità di controllare i
informazioni relative al
motivazioni
gesti
suo stato di salute
che hanno portato alla
con una certa efficacia
attuale
2.
Informarsi
sulle
richiesta di prestazione
Strumento di valutazione:
eventuali
patologie pregresse
Check list Anamnesi
3. Trasferire i dati raccolti
sulla scheda di anamnesi
55
CHECK LIST: ACCOGLIENZA
Competenze relazionali e
comunicative
Valutazione
1
1.1
1.2
1.3
1.4
1.5
1.6
1.7
1.8
1.9
ATTI
Chiama l'utente
identificandolo
per
nome e cognome
in modo corretto
Primo
contatto
con
l'utente in fase di
chiamata
Fa accomodare
2
3
Rimanda ad altri Chiama l'utente
Chiama l'utente
il compito
in modo corretto
identificandolo in
Grado di
importanza
+
modo incompleto
Non
approccia
con l'utente
Non dà
l'utente nello
indicazioni
spogliatoio
o
nella
sala diagnostica
dandogli le
informazioni
iniziali
Si informa sul
Non si informa
presunto stato di
gravidanza (nelle
donne in età
fertile)
Si informa sullo
Non si informa
stato generale di
salute
Rispetta
la
Non la rispetta
privacy
sulle notizie
personali
dell'utente
Dimostra
Non dimostra
sensibili.tà nei
sensibilità
confronti del
bisogno di
relazione
dell'utente
durante
l'esame
Congeda l'utente Non lo congeda
in modo educato
e
cordiale
Dimostra
Non dimostra
disponibilità
a
disponibilità
dare
ulteriori
informazioni
TOTALE
si
Si approccia con
Si approccia con
l'utente in modo
distaccato
l'utente
dimostrando
disponibilità e
cordialità
Dà indicazioni ma
Dà le prime
in
modo incompleto
indicazioni in
maniera
Vedi allegato
esauriente
Preparazione
dell'utente
Si informa
occasionai mente
Si informa
sempre
Si informa
occasionai mente
Si informa
sempre
La rispetta
La rispetta
occasionai mente
sempre
La dimostra solo in
alcuni casi
La dimostra con
tutti
Lo congeda
Lo congeda
occasionai mente
sempre
Dimostra
Dimostra sempre
disponibilità solo
disponibilità
parzialmente
56
+++
-
+++
++
CHECK LIST: APPARECCHIATURE
1.1
ATTO
Riconosce quale
apparecchiature
1.2
1.3
1.4
1.5
1.6
deve
utilizzare
per
l'esame da
eseguire tenendo
conto anche delle
condizioni
dell'utente
Sceglie
correttamente il
formato di
cassetta
radiografica da
utilizzare
Dimostra di saper
dove posizionare
1
Non sa
riconoscere
Valutazione
2
3
La riconosce solo La riconosce per tutte le
per
alcuni
tipologie di esame
tipologie
l'apparecchiatura
di esame
Sbaglia sempre la
scelta del formato
di cassetta
radiografica
A volte sbagl ia la Non sbaglia la scelta del
scelta del formato formato di cassetta
di cassetta
radiografica
radiografica
Non sa dove
posizionare la
Sa posizionare la Sa sempre posizionare
cassetta
correttamente la cassetta
correttamente
radiografica
solo
per alcune
tipologia di esame
la cassetta
cassetta
radiografica nella
apparecchiatura
Dimostra
di
orientare
radiografica
Non sa orientare
Sa orientare
Sa sempre orientare
correttamente il
correttamente il
correttamente il
verso della
verso della
correttamente il verso
della
cassetta
radiografica
verso della
cassetta
radiog
rafica
cassetta
radiografica
cassetta
radiografica solo
Qualora
necessario
identifica
correttamente il
lato dell'utente
Riconosce gli
accessori idonei
al
corretto
svolgiment
o
dell'esame
TOTALE
Non lo identifica
correttamente
per alcune
tipologia di esame
Solo in alcune
In tutte le occasioni lo
occasioni lo
identifica correttamente
identifica
correttamente
Non sa quali
Talvolta sa
In tutte le occasioni sa
accessori
utilizzare gli
utilizzare gli accessori
utilizzare
accessori
57
CHECK LIST: STUDIO PICCOLE ARTICOLAZIONI
ATTO
1.1
1.2
1.3
1.4
1.5
1.6
1
Non eseguito
Valutazione
2
Eseguito in
modo errato
Posiziona
correttamente
il
paziente sul
tavolo
radiologico
Posiziona
correttamente
la
zona in esame
Direziona
correttamente
il
raggio centrale
Centra
correttamente
con
il
centratore
luminoso
la
zona
in esame
Identifica
sempre
correttamente
la
pellicola
utilizzata
Riconosce, nel
risultato
radiografico, di
aver ottenuto i
giusti criteri di
correttezza
TOTALE
58
3
Eseguito in modo
corretto
Valutazione conclusiva di tirocinio.
Entrambe le fasi vengono effettuate assieme allo studente ed al tutor che lo
ha affiancato.
VALUTAZIONE CONCLUSIVA DI TIROCINIO
Funzione
assistenza
Identificare le
necessità
assistenziali
Utilizzare
sistema
informativo
il
Non idoneo
Sufficiente
Buono
Ottimo
Non raggiunti. Il
percorso deve
Raggiunti con
rinforzo.
Raggiunti con
parziale rinforzo.
Raggiunti senza
rinforzo.
essere riproposto. Definire i punti:
Definire i punti:
Non raggiunti. Il
Raggiunti con
Raggiunti con
Raggiunti senza
percorso deve
rinforzo.
parziale rinforzo.
rinforzo.
essere riproposto. Definire i punti:
Funzione
Non idoneo
gestione
Gestire il proprio Non raggiunti. Il
tempo nell'ambito percorso deve
del servizio in cui
essere riproposto.
si
Definire i punti:
Sufficiente
Buono
Otti mo
Raggiunti con
rinforzo.
Raggiunti con
parziale rinforzo.
Raggiunti senza
rinforzo.
Definire i punti:
Definire i punti:
Raggiunti con
rinforzo.
Raggiunti con
parziale rinforzo.
opera
Gestire il proprio Non raggiunti. Il
ordine personale percorso deve
essere riproposto. Definire i punti:
Gestire i rapporti Non raggiunti. Il
con
i
percorso deve
professionisti
del servizio
Raggiunti senza
rinforzo.
Definire i punti:
Raggiunti con
Raggiunti con
Raggiunti senza
rinforzo.
parziale rinforzo.
rinforzo.
essere riproposto. Definire i punti:
Definire i punti:
Funzione
Non idoneo
Sufficiente
Buono
Ottimo
assistenza
Documentare,
nella scheda di
anamnesi,
le Non raggiunti. Il Raggiunti
con Raggiunti
con
Raggiunti senza
motivazioni
che percorso
deve rinforzo.
parziale rinforzo.
rinforzo
hanno portato alla essere riproposto Definire i punti:
Definire i punti:
richiesta
di
prestazione
59
Funzione tecnica
Non idoneo
Riconoscere le
Non raggiunti. Il
idonee
percorso deve
apparecchiature
e
essere riproposto.
gli
accessori necessari
alla
esecuzione
della
prestazione
Funzione tecnica
Non idoneo
Individuare
Non raggiunti. Il
correttamente i
percorso deve
dispositivi di
essere riproposto.
protezione e le
tecniche finalizzate
alla protezione
dell'utente e
dell'operatore
Funzione tecnica
Non idoneo
Identificare le
Non raggiunti. Il
tipologie ed il
percorso deve
funzionamento delle essere riproposto.
apparecchiature per
lo sviluppo e la
stampa
presenti
nella
U.O.
Funzione
Non idoneo
assistenza
Riconoscere quale Non raggiunti. Il
tipo di preparazione percorso deve
all'indagine è
essere riproposto.
necessaria a
seconda del quesito
diaqnostico
Funzione tecnica
Non idoneo
Individuare
le
Non raggiunti. Il
corrette
tecniche di studio a percorso deve
seconda del quesito essere riproposto.
diagnostico e della
Sufficiente
Raggiunti con
rinforzo.
Buono
Raggiunti con
parziale rinforzo.
Ottimo
Raggiunti senza
rinforzo.
Definire i punti:
Definire i punti:
Sufficiente
Raggiunti con
rinforzo.
Definire i punti:
Buono
Raggiunti con
parziale rinforzo.
Definire i punti:
Ottimo
Raggiunti senza
rinforzo.
Sufficiente
Raggiunti con
rinforzo.
Definire i punti:
Buono
Raggiunti con
parziale rinforzo.
Definire i punti:
Ottimo
Raggiunti senza
rinforzo.
Sufficiente
Buono
Ottimo
Raggiunti con
rinforzo.
Definire i punti:
Raggiunti con
parziale rinforzo.
Definire i punti:
Raggiunti senza
rinforzo.
Sufficiente
Buono
atti mo
Raggiunti con
Raggiunti con
Raggiunti senza
rinforzo.
Definire i punti:
parziale rinforzo.
Definire i punti:
rinforzo.
Sufficiente
Buono
atti mo
Raggiunti con
Raggiunti con
Raggiunti senza
rinforzo.
parziale rinforzo.
rinforzo.
anamnesi effettuata
Funzione gestione Non idoneo
Gestione
e
Non raggiunti. Il
continuità
del tirocinio
percorso deve
essere riproposto. Definire i punti:
60
Definire i punti:
Allegato 1
Evoluzione della normativa delle professioni sanitarie
La materia è in continua evoluzione, ma la stagione riformista si è aperta con la
Legge n. 421 del 1992 che all’art. 1 ha delegato il governo a “prevedere nuove
modalità di rapporto fra Servizio Sanitario Nazi onale
ed Università”, delega
spesa dal Governo con l’art. 6 del D.Lgs. n. 502/517 del 1992/93.
In tale articolo il comma 3 è riferito alla formazione del “Personale sanitario
infermieristico, tecnico e della riabilitazione”, con il mandato al Ministro del la
Sanità di individuare le figure professionali da formare e i relativi profili, ed
attribuzione al Ministro dell’Università della Ricerca scientifica e tecnologica, di
concerto con il Ministro della Sanità, del mandato di definire i relativi
Ordinamenti didattici.
L’individuazione da parte del D.Lgs. n. 502/92 di nuove figure professionali
relativamente alle aree del personale sanitario infermieristico, tecnico e della
riabilitazione, è la premessa all’istituzione dei profili professionali, che giunge
nel 1994 con l’individuazione di 22 figure, con relativi profili che ne definiscono
il campo delle attività e di responsabilità.
I laureati sono, ai sensi della legge 10 agosto 2000, n. 251, articolo 3, comma
1, operatori delle
professioni sanitarie dell'ar ea tecnico-diagnostica che
svolgono, con autonomia professionale, le procedure tecniche necessarie alla
esecuzione di metodiche diagnostiche su materiali biologici o sulla persona, e
a cui competono le attribuzioni previste dal D.M Ministero della sanità 2 6
settembre 1994, n. 746 e successive modificazioni ed integrazioni; ovvero sono
responsabili degli atti di loro competenza e sono autorizzati ad espletare
indagini e prestazioni radiologiche, nel rispetto delle norme di radioprotezione
previste dall'Unione Europea.
La Legge n. 42 del 26/2/1999 “Disposizioni in materia di professioni sanitarie”
rappresenta il punto piu’ alto di definizione delle professioni sanitarie.
La sua grande portata innovativa fa considerare tale legge una grande
conquista, sia per le professioni coinvolte che per l’efficienza del sistema
61
Sanità, nonché per la chiarificazione delle competenze, degli spazi di
autonomia e delle responsabilità.
E’ certamente una conquista, ma fortemente responsabilizzante.
La Legge n. 42 decreta il definitivo superamento del concetto di “professione
sanitaria ausiliaria”, sostituendolo con “professione sanitaria”, il cui campo di
attività e responsabilità è determinato dai contenuti dei Decreti Ministeriali
istitutivi dei relativi profili professionali e degli orientamenti didattici dei
rispettivi corsi di Diploma Universitario e di formazione post -base, nonché degli
specifici Codici deontologici: in sintesi, si tratta del definitivo superamento dei
vecchi mansionari e l’acquisizione di fatto del concetto più evoluto di
“professione”, con un preciso ambito autonomo di competenza.
Ciò che ci rende “professionisti”, abilitandoci a svolgere funzioni normate dal
relativo profilo ed implicitamente dai contenuti etici del Codice deontologico, è
quindi il percorso formativo universitario specifico.
Il Decreto del Ministero della Sanità del 27/07/2000, “Equipollenza di diplomi e
attestati al Diploma Universitario di Tecnico sanitario di Radiologia Medica per
Immagini e Radioterapia ai fini dell’esercizio professiona le e dell’accesso alla
formazione post-base”, risolve l’ambiguità in ambito concorsuale.
La Legge n. 251/2000 apre la strada alla dirigenza per valorizzare gli operatori
delle professioni sanitarie, ribadendo all’art. 3 l’autonomia professionale, e
definendo all' art. 7 che “le aziende sanitarie possono conferire incarichi di
dirigente, con modalità analoghe a quelle previste al comma 1, per le
professioni sanitarie di cui alla Legge 26 febbraio 1999, n. 42.
La volontà
espressa dal legislatore, nonostante la facoltatività espressa dal
verbo “possono”, afferma l’intenzione
di valorizzare le professioni sanitarie
anche attraverso la creazione di posizioni di dirigenza, per far
fronte
all’esigenza urgente di migliorare l’organizzazione ed il funzionamento d ei
servizi sanitari, per renderli atti a perseguire al meglio la tutela della salute dei
cittadini, il diritto alla salute, il processo di aziendalizzazione, il raccordo con
l’Europa.
L’applicazione della Legge richiede nel rapporto fra tutte le Istituzion i
interessate un alto livello di condivisione delle finalità e di concertazione sugli
strumenti necessari per perseguirle.
Successivamente il Decreto Interministeriale del 02/04/2001 “Determinazione
delle classi delle lauree universitarie delle professioni sanitarie” definisce il
percorso universitario per la laurea di base e il Decreto Ministeriale del
02/04/2001
“Determinazione
delle
classi
delle
lauree
specialistiche
universitarie delle professioni sanitarie” definisce il percorso didattico per la
laurea specialistica post-base. Inoltre in questi Decreti vengono definite le
62
classi dei Corsi di laurea per le professioni sanitarie, intendendo per classi il
raggruppamento dei corsi di studio dello stesso livello aventi gli stessi obiettivi
formativi qualificanti e le conseguenti attività formative indispensabili.
Numerazione e denominazione delle Classi delle lauree:
N°
classe
Denominazione
1
Classe delle lauree in professioni
sanitarie
infermieristiche
e
professione sanitaria ostetrica
2
Classe delle lauree in professioni
sanitarie della riabilitazione
3
Classe delle lauree in professioni
sanitarie tecniche
4
Classe delle lauree in professioni
sanitarie della prevenzione
La Legge n. 1 del 08/01/2002 stabilisce che i diplomi appartenenti alle professioni
sanitarie riferite alla Legge n. 42/99 e alla Legge n. 251/00 sono validi per l’accesso ai
corsi di laurea specialistica, ai master e ad altri corsi di formazione post-base.
Il D.M. del 09/07/2004 attiva le lauree specialistiche dei profili san itari.
La
Legge n. 43/2006 all’art. 6 istituisce la funzione di coordinamento
disponendo che può essere espletato da coloro che siano in possesso dei
seguenti requisiti:
 master di primo livello in management o per le funzioni di coordinamento
nell’area di appartenenza;

esperienza almeno triennale nel profilo di appartenenza.
63
Allegato 2.
Riferimenti normativi contrattuali
Il percorso legislativo di riforma delle professioni ha come obiettivo sostanziale
la piena autonomia delle professio ni sanitarie non mediche, che in pochi anni
hanno visto rivoluzionare la loro formazione, autonomia e responsabilità
professionale, con conseguente ridimensionamento organizzativo della
dirigenza medica nelle Aziende Sanitarie e pieno riconoscimento delle funzioni
organizzative alle professioni interessate.
La normativa ha costituito la premessa all’innovativo Contratto Collettivo
Nazionale di Lavoro firmato il 7/4/1999, relativo al quadriennio normativo
1998/2001, che ha introdotto un nuovo sistema di clas sificazione del personale
e riconosce ai professionisti un ruolo attivo nelle organizzazioni sanitarie, ruolo
che deve essere valorizzato e diversificato a seconda del grado di competenze
e conoscenze acquisite, nell’ottica della motivazione e incentivazio ne del
personale ottenuta e riconosciuta anche attraverso la creazione di specifiche
posizioni organizzative.
E’ in questa logica che si inseriscono la possibilità di una progressione di
carriera orizzontale e verticale.
L’applicazione del contratto ha pre visto il reinquadramento del personale in
quattro categorie denominate A, B, C, D, con il trascinamento di tutte le figure
professionali del comparto dalla categoria C alla D, ex VII livello.
Il contratto ridisegna le competenze per ciascuna categoria attr averso atti
allegati al contratto stesso e denominati “declaratorie” che superano
l’inquadramento dato dal D.P.R. n. 821/1984.
L’applicazione delle declaratorie prevede il riconoscimento e l’attribuzione di
attività didattiche riferite specificatamente anc he al tirocinio.
Se al risultato finale della formazione partecipano soggetti diversi è giusto per
noi pensare a quale livello si accomunano e vanno riconosciuti in modo
equivalente grazie agli strumenti contrattuali.
 Declaratorie Categoria “D”:
“Appartengono a questa categoria i lavoratori che ricoprono posizioni di lavoro
che richiedono, oltre a conoscenze teoriche specialistiche e/o gestionali in
relazione
ai
titoli
di
studio
e
professionali
conseguiti,
autonomia
e
responsabilità proprie, capacità organ izzative, di coordinamento e gestionali
caratterizzate da discrezionalità operativa nell’ambito di strutture semplici
previste dal modello organizzativo aziendale”.
Profilo professionale: collaboratore professionale sanitario:
“…collabora all’attività didattica nell’ambito dell’unità operativa e inoltre può
essere assegnato, previa verifica dei requisiti, a funzioni dirette di Tutor, nei
piani formativi…”.
64

Declaratorie Categoria “D”- Livello economico DS:
“Appartengono altresì a questa categoria – nel livello economico D super (DS)
– i lavoratori che ricoprono posizioni di lavoro che, oltre alle conoscenze
teoriche specialistiche e/o gestionali in relazione ai titoli di studio e
professionali conseguiti, richiedono a titolo esemplificativo e anche
disgiuntamente autonomia e responsabilità dei risultati conseguiti; ampia
discrezionalità operativa nell’ambito delle strutture operative di assegnazione;
funzioni di direzione e coordinamento, gestione e controllo di risorse umane;
coordinamento di attività didattica; iniziative di programmazione e proposta.”
Profilo professionale: collaboratore professionale sanitario esperto:
“… coordina le attività didattiche teorico -pratiche di tirocinio, di formazione
(quali ad esempio Diploma Universitario, formazione compl ementare e
formazione continua) del personale appartenente ai profili sanitari a lui
assegnati…”
 Collaboratori professionali sanitari – Tecnico di Radiologia Medica per
Immagini e Radioterapia (D.M Ministero della sanità 26 settembre 1994,
n. 746)
Il Contratto Integrativo CCNL 7 -4-1999 del personale del comparto definisce:
…”tali profili svolgono, oltre alle attività attinenti alla professionalità specifica
relativa al titolo abilitante, anche funzioni di carattere strumentale nell’ambito
delle U.O. semplici…..; collaborano all’attività didattica nell’ambito della U.O. e,
inoltre, possono essere assegnati, previa verifica dei requisiti, a funzioni dirette
di Tutor in piani formativi….”
Si sono aperte quindi opportunità di sviluppo sulla base delle compe tenze e del
bisogno organizzativo a progredire con mobilità orizzontale e verticale, nonché
ad assumere la responsabilità di posizioni organizzative:
 Art. 20 –comma 2 –- CCNL/99:
“Posizioni organizzative e graduazione delle funzioni”
“Le posizioni organizzative, a titolo esemplificativo, possono riguardare settori
che richiedono lo svolgimento di funzioni di direzioni di servizi, dipartimenti,
uffici o unità organizzative di particolare complessità, caratterizzate da un
elevato grado di esperienza e auton omia gestionale ed organizzativa o lo
svolgimento di attività con contenuti di alta professionalità e specializzazione,
quali ad esempio i processi assistenziali, oppure lo svolgimento di attività di
staff e/o studio; di ricerca; ispettive di vigilanza e c ontrollo; di coordinamento di
attività didattica.”
L’eventuale valorizzazione economica per lo svolgimento di questa funzione
viene demandata alla contrattazione decentrata nelle singole Aziende.
Possono quindi esistere situazioni diverse in funzione dei p rotocolli d’intesa
Regione-Università e a scelte aziendali di riconoscere, incentivando, il valore
aggiunto della funzione tutoriale o meno, in quanto assimilata allo svolgimento
della funzione professionale.
65
Allegato 3.
La riforma delle professioni sanitarie
“Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche,
riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica”
Legge 251/00
Approvato il 19 luglio 2000
della
La nuova legge sulle professioni sanitarie, completa un perc orso teso a
restituire autonomia, responsabilità e adeguato riconoscimento all’insieme delle
professioni sanitarie .
Il provvedimento fa seguito ad una prima legge, la n° 42 del 26 febbraio del
1999 che per prima affermava l’autonomia delle professioni san itarie,
completando e riqualificando il percorso formativo e aprendo di fatto le porte di
accesso alla dirigenza.
Si tratta di una riforma attesa da oltre vent’anni, che interessa una platea di
almeno 800.000 addetti, che riqualifica e rilancia queste figu re, ponendo allo
stesso tempo le basi per un significativo miglioramento dei servizi di cura e di
assistenza forniti al paziente, nonché i servizi di prevenzione.
Una professionalità autonoma
Il primo intervento normativo dedicato a queste categorie (l. n° 42 del 26
febbraio 1999), ha permesso di superare l’antiquata visione ancillare del ruolo
di questi professionisti, di abbandonare il vecchio mansionario per profili
professionali moderni, di restituire piena autonomia e responsabilità nello
svolgimento del loro lavoro. Ad infermieri, ostetrici, terapisti, riabilitatori, tecnici,
operatori della prevenzione, nel pieno rispetto delle competenze mediche, è
stata riconosciuta una professionalità specifica e distinta con il risultato, tra
l’altro, di potenziare e sviluppare i servizi di cura e di assistenza al paziente e i
servizi di prevenzione.
La legge ha eliminato dal vocabolario normativo, come da quello quotidiano, il
termine di “ausiliario” per sostituirlo con la nuova denominazione di
“professione sanitaria”. Ha abolito un mansionario obsoleto e inadeguato per
fare posto a distinti profili professionali in linea con l’evoluzione della
professione, determinati con appositi decreti ministeriali, mentre il titolo
abilitante all’esercizio della profess ione è stato innalzato al livello di diploma
universitario prima e corso di Laurea poi.
La riqualificazione del percorso formativo e l’accesso alla dirigenza
La legge approvata ora costituisce l’ultimo e conclusivo tassello di un quadro di
riforma armonico di cui la 42/99 aveva già posto le basi. La Disciplina delle
professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della
prevenzione, nonché della professione ostetrica (AS 251 -431-744-1619-16482019-B) ribadisce le caratteristiche di autonomia e di responsabilità degli
operatori sanitari . Gli infermieri e gli ostetrici, “svolgono con autonomia
professionale le attività dirette alla prevenzione, alla cura e alla salvaguardia
della salute individuale e collettiva”, precisa il testo, es pletando le mansioni e
le funzioni previste dai corrispondenti profili professionali e dai codici
66
deontologici. Allo stesso modo, e con uguale riconoscimento di autonomia
professionale, i riabilitatori si occupano di prevenzione, cura, riabilitazione e
attività tese alla valutazione funzionale, i tecnici sanitari delle aree tecnico diagnostica e tecnico-assistenziale svolgono le procedure necessarie per
l’esecuzione di metodiche diagnostiche. I professionisti della prevenzione,
infine, esercitano attività di prevenzione, verifica e controllo in per assicurare il
rispetto dell’igiene e della sicurezza negli ambienti familiari, nei luoghi di lavoro,
nella produzione e commercializzazione di alimenti e bevande, nonchè di
vigilanza per la tutela della igiene pub blica e veterinaria.
Definite queste quattro aree professionali, spetterà poi al ministero della Sanità,
di concerto con il ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e
Tecnologica, includere in questi gruppi le diverse figure professionali. I n questi
comparti potranno essere inserite in futuro anche figure che fino ad ora non
avevano trovato adeguata definizione, come i tecnici di anestesia, di
rianimazione, di terapia intensiva e di dialisi.
La legge interviene anche, riqualificandolo, sul p ercorso formativo, con
l’introduzione di corsi di laurea e di specializzazione.
Infine, viene istituita la qualifica di dirigente del ruolo sanitario, cui potranno
accedere con concorso i laureati.
67
Allegato 4
Ruolo del Coordinatore del Servizio Infermieristico, Tecnico
Unità
di
organizzativa ( o assistenziale) nel tirocinio.
Il ruolo e la formazione del personale sanitario sono gestiti da due attori
principali: – il Coordinatore delle attività tecnico pratiche e di tirocinio con il
suo staff di “Tutor
“ e – la
sede di apprendimento con il Servizio
Infermieristico, Tecnico e Riabilitativo, i Coordinatori assistenziali, i Referenti
di struttura, i professionisti esperti e tutto il personale.
Il ruolo del Coordinatore assistenziale nell’ambito della formazione dello
studente, secondo la mia ipotesi può assumere di diritto quello di mediatore
tra le esigenze organizzative del contesto e quelle degli studenti da accogliere.
Tale ruolo si e’ evoluto nel tempo, sull a base dei cambiamenti normativi e
dell’esercizio professionale, e dei cambiamenti nei bisogni dei cittadini che
richiedono professionisti sempre più preparati e competenti.
Se analizziamo le determinanti di ruolo del Coordinatore assistenziale, nella
scheda aziendale di descrizione delle responsabilità troviamo descritte:
Finalità del ruolo:
“Il Coordinatore ha il ruolo e la funzione di management intermedio e di
responsabilità delle risorse preventivamente negoziate e assegnate, finalizzate
al raggiungimento degli obiettivi/risultati dell’Unità organizzativa in un’ottica di
governo clinico - assistenziale. Persegue, congiuntamente all’equipe
infermieristica, ostetrica, riabilitativa, tecnica e di supporto, gli obiettivi di
politica aziendale in termini di qualità tecnico-professionale, organizzativa ed
umana, offerta e percepita dalla persona assistita/utente, tutto ciò in un ottica
integrata con l’equipe medica, nell’ambito di tutti i processi aziendali e delle
finalità del Servizio Infermieristico e Tecn ico. “
Funzioni:

Concorre alla definizione degli obiettivi quali -quantitativi del Servizio
Infermieristico e Tecnico;

concorre alla definizione degli obiettivi generali quali -quantitativi della
Unità organizzativa di appartenenza;

garantisce un livello di assistenza erogato in modo efficace ed efficiente
per
rispondere
ai
bisogni
dei
pazienti
che
afferiscono
all’Unità
organizzativa;

garantisce l’integrazione con gli altri professionisti sanitari nell’ambito di
tutti i processi aziendali;
68

collabora con i Direttori di Unità Operativa per il perseguimento e la
valutazione degli obiettivi di budget in cui l’Unità organizzativa è
coinvolta;

programma, gestisce e controlla le risorse materiali e professionali
nell’ambito di quanto assegnato e di competenza;

organizza,
coordina
e
valuta
l’assistenza
infermieristica,
ostetrica,
riabilitativa, tecnica e di supporto;

persegue gli obiettivi di governo clinico - assistenziale

garantisce la tenuta e la verifica di certificazioni, registrazioni e
documentazione di carattere infermieristico e clinico, per quanto di
competenza;

assicura il perseguimento dei livelli assistenziali concordati con gli altri
organi aziendali competenti in coerenza con il budget assegnato;

assicura lo sviluppo professionale e la valorizzazione del la risorsa
umana;

vigila sulla sicurezza e sull’eticità dei comportamenti;

collabora
alla
tenuta
e
gestione
dei
presidi,
dei
farmaci,
delle
attrezzature e degli arredi;

assicura lo svolgimento del processo di inserimento e valutazione del
personale;

promuove e supervisiona le attività formative tecnico -pratiche rivolte al
personale
in
formazione
e
identifica
e
verifica
il
fabbisogno
di
aggiornamento avvalendosi del contributo dell’animatore di formazione
delle professionalità gestite.
Dalle quali si evince che il Coordinatore assistenziale :

è un mediatore fra le esigenze espresse dalle figure che agiscono nella
struttura, e quelle delle Unità Operative con cui la struttura interagisce,
prevenendo i conflitti e gestendoli;

deve mantenere equilibrio, collaborazione e disponibilità nei rapporti
interni al gruppo professionale di riferimento e tra questo e gli altri
professionisti, tra il personale e l’utenza;

deve
controllare
e
valutare
processi
operativi,
comportamenti
professionali e relazionali del persona le, l’utilizzo delle risorse, le
69
condizioni igieniche e ambientali e la funzionalità della strumentazione in
dotazione;

deve programmare l’acquisizione delle risorse umane e strumentali,
anche in termini di applicazione dei sistemi incentivanti a disposizi one
per il raggiungimento degli obiettivi definiti;

deve negoziare obiettivi e risultati con diversi livelli organizzativi
aziendali e col personale coordinato, in ottica di miglioramento delle
prestazioni;

deve coordinare le attività per raggiungere gli obiettivi determinati;

deve essere buon comunicatore, motivatore, leader.
Nella maggior parte delle realtà il Coordinatore non è coinvolto in prima
persona nell’attività’ formativa pratica e di tirocinio, che è invece svolta con la
supervisione e la guida di Tutor professionali appositamente assegnati ed è,
come già espresso in precedenza, secondo il CCNL 1998 -2001, attività
attribuita a tutti i professionisti.
Tuttavia, poiché ha la funzione di gestire e controllare le risorse materiali e
professionali nell’ambito di quanto assegnato e di competenza, deve essere
colui che
crea le condizioni affinché l’attività formativa si svolga
coerentemente:
 accogliendo lo studente unitamente al Referente di struttura e ai Tutor,
delegati
al
corretto
inserimento
nella
realtà
lavorativa,
come
analogamente avviene per il neoassunto o il neoinserito;

informando e coinvolgendo tutte le figure presenti nel team;

partecipando alla progettazione del tirocinio, supportando i Tutor nella
definizione e nel rispetto degli obiettivi del tirocinio e nella risoluzione dei
problemi, non ultimi quelli connessi alla redistribuzione del carico di
lavoro fra i membri dell’equipe, per renderlo compatibile col ruolo di
facilitatori
dell’apprendimento
e
nella
valutazione
del
livello
di
apprendimento raggiunto.
La delega, quando necessario per la complessità organizzativa, ad un
Referente di struttura non esclude quanto sopra, anzi, fornisce a quest’ultimo
legittimazione, supporto, rilevanza e ne valorizza il ruolo nei confronti di t utta
l’equipe, per il rispetto degli spazi e dei tempi dedicati al tutoring .
Il Coordinatore deve partecipare all’ individuazione dei Tutor, portando come
contributo una conoscenza più approfondita delle attitudini e capacità
comunicativa , motivazione ed esperienza.
Investire nella formazione di base e continua dei Tutor è importante al fine di
facilitare il processo formativo di “accompagnamento” nei percorsi di
formazione, così come investire nella formazione degli studenti garantisce un
futuro professionista più conforme alle esigenze delle organizzazioni e della
professione.
70
Presidiare l’organizzazione, prevenendo la riduzione del tempo da dedicare agli
studenti a causa di carichi di lavoro elevati, turnistica o demotivazione significa
investire sul futuro.
La formazione può avere, attraverso l’azione del Coordinatore assistenziale,
spazi e tempi adeguati, pianificandola nell’orario di servizio: infatti la struttura
tende a sopravvalutare le risorse disponibili, dequalificando il tempo -lavoro
dedicato alla formazione rispetto a quello dedicato alla professione.
Con l’evoluzione tecnologica e l’avvento di Internet, il lavoro e la gestione
delle risorse umane sono molto cambiati: formazione, mutamenti organizzativi,
analisi di clima e di soddisfazio ne dell’utente e del personale, tecnologia,
valutazione delle competenze sono le attività in cui si sta innovando di più. Ciò
ha richiesto e richiede a chi gestisce risorse umane un grande sforzo e la
necessità di chiedere a meno persone di fare di più. L o sviluppo delle
tecnologie della comunicazione (notebook con accesso alla rete e telefoni
cellulari ) se da un lato facilita la gestione del lavoro a distanza e permette
riproducibilità dei percorsi e accessibilità da parte di molti, dall’altro impedisce
ai responsabili di staccare la spina, con conseguente sovraccarico di stress.
Se si va verso la crescente informatizzazione e automatizzazione dei processi
ci si dovrà occupare sempre più della formazione per supportare
i continui cambiamenti organizzativi, perché le persone siano rese partecipi di
questi
cambiamenti senza che ne siano vittime o viaggiatori
inconsapevolmente diretti verso mete sconosciute su percorsi convenzionali e
senza soste.
Il carico di lavoro sul Coordinatore assistenziale è ecce ssivo se la
riorganizzazione non toglie competenze non proprie ( e non sono certo quelle
riguardanti la formazione di base) per focalizzarsi sulle attività proprie,
coniugandole alle risorse disponibili: unificando cioè le attività per valutare e
razionalizzare le risorse impiegate perché non viaggino su doppi percorsi
paralleli, ma unici e integrati.
Integrare vuol dire elaborare insieme progetti e modelli per ricercare tutte le
possibili modalità di efficienza operativa, rivedendo i percorsi, utilizzando
meglio le risorse professionali grazie alle sinergie, recuperando energie per
fare di più e meglio. La collaborazione fra coordinamento assistenziale e
coordinamento universitario è prospetticamente una delle più produttive.
Un esempio pratico è la progettazione congiunta, fra sede di tirocinio e sede
didattica, di una scheda di inserimento e valutazione del personale integrata,
strutturata come check list e realizzata attraverso il lavoro di gruppo.
La check list:

mette a disposizione l’elenco delle at tività peculiari di ogni settore
oggetto di addestramento e di valutazione, con notevole semplificazione
dal punto di vista della gestione dei documenti;

permette di tenere allineati gli obiettivi di formazione dello studente nei
vari settori di attività con le attività proprie del settore stesso, nella loro
evoluzione e innovazione continua;

permettere di ottimizzare il tempo e semplificare la documentazione con
risultati qualitativamente moltiplicati dal frutto del lavoro di gruppo.
71
Dal ragionare insieme possono così nascere momenti di collaborazione mirati
alla soluzione di
problematiche
particolari emerse durante la riflessione su
come migliorare l’attività.
L’atteggiamento culturale e professionale deve quindi essere flessibile, aperto
e pronto a revisionare costantemente la propria cultura operativa sotto la spinta
del miglioramento continuo della capacità di risposta ai bisogni assistenziali e
di formazione, pur con risorse limitate, con un’azione di gestione e
coordinamento che risponda alle n ecessità di programmare , gestire e valutare
percorsi , identificando le responsabilità in modo strutturato, noto, condiviso da
figure costanti e riconosciute.
Il coordinamento delle attività di formazione e di assistenza può incidere in
modo sostanziale sulla qualità del risultato formativo dello studente prima e
alla fine sulla qualità delle risposte sanitarie e incide sui risultati, evitando la
dispersione di responsabilità e azioni, consentendo la razionalizzazione delle
strutture, permettendo la valutazione dei risultati finali e una ricerca congiunta
delle risposte ai bisogni formativi e assistenziali.
Così come il professionista sanitario prende in carico il paziente/utente, il
Coordinatore delle attività tecnico pratiche e di tirocinio del Corso di laurea e i
suoi Referenti prendono in carico lo studente; in realtà entrambi lavorano per
l’obiettivo finale comune di rispondere ai bisogni di salute. Prendere in carico
uno studente è come prendere in carico un paziente in un percorso di cura,
perché interviene un’ equipe che in prima fase analizza e accoglie una
domanda, elabora un obiettivo ed elabora un ” percorso di cura”, con una
relazione e interventi individuali e di equipe, seguendo il progetto con
continuità del “trattamento” integrato nelle di verse articolazioni del servizio.
Anche in questo caso è necessario andare oltre un atteggiamento di protezione,
salvaguardia e difesa dello studente o del paziente per favorire lo sviluppo di
una soggettività matura e responsabile. E’ la metodologia della partecipazione
e accrescimento del potere (empowerment) applicata in ambito formativo .
I soggetti/gruppi che condividono questa missione devono riunirsi
periodicamente, perché sostenuti dal bisogno di accrescere la propria
competenza con risposte adeguate ai problemi, con il confronto in un contesto
solidale, che ha esigenza di integrazione e relazione.
I bisogni degli studenti, così come quelli dei
pazienti, si emancipano,
acquistano potere di partecipazione attiva ai processi decisionali in cui sono
coinvolti sia a livello individuale che come utilizzatori attivi di un servizio
fornito di risorse e strutture.
Dall’analisi di cosa fa quotidianamente un Tecnico Sanitario di Radiologia
Medica e quindi di quelle che sono le sue esigenze professionali, di q uali
capacità relazionali gli sono necessarie per svolgere le attività in rapporto agli
obiettivi del suo lavoro e dell’ Università nascono gli elementi da tenere
presenti per progettare e organizzare un’attività formativa per la figura
professionale.
Fra i problemi più complessi che è chiamato a risolvere un Coordinatore
assistenziale, oltre a quelli organizzativi e tecnici, ci sono quelli di interazione
con i collaboratori: è frequente che molti di questi, soprattutto in una U.O di
Radiologia dove il contatto diretto con il paziente ( eccetto che per la
Radioterapia) è sporadico e si risolve in un breve lasso di tempo, ripieghino su
posizioni meramente esecutive, venendo meno alle funzioni relazionali. Il
72
problema di aggregare come parte costitutiva del l avoro al fare concreto il fare
relazionale può essere affrontato già nella fase di formazione.
Un altro aspetto critico che il Coordinatore assistenziale può contribuire a
risolvere è l’ assenza di uno spazio riservato allo studente, allestendo lo
“studio dei tecnici”, che nella realtà professionale attuale deve avere uguale
dignità dello studio dei dirigenti, come luogo di lavoro attrezzato
“informaticamente”, con accesso controllato alla rete e sede di briefing e
debriefing.
Per la criticità relativa alla comunicazione è opportuno allestire , uno spazio
web nel quale il ruolo dei professionisti, collaboratori e coordinatori, può essere
fondamentale: uno spazio in cui aspiranti studenti, studenti in corso, ex
studenti, professionisti e chiunque lo voless e, possano trovare informazioni,
momenti di confronto e discussione, messa in comune di esperienze e
conoscenze professionali. Lo spazio per il sito, acquisito con l’autotassazione,
potrebbe essere gestito con il contributo volontario di studenti e profess ionisti.
Agendo sul piano organizzativo si possono anche prevenire conflitti fra le
componenti, a salvaguardia delle relazioni e del raggiungimento degli obiettivi,
attraverso la ricerca della massima utilità da parte di tutti i soggetti
partecipanti; inoltre può essere prevenuto il rischio di burn out, inteso come
risultato dello squilibrio fra la domanda al professionista e la sua capacità di
rispondere. Prevenire il burn out vuol dire agire sia sul piano della persona sia
sul piano organizzativo e professionale.
Sui fattori individuali si può lavorare dapprima sulla selezione del personale e
quindi sul piano organizzativo, evitando il sovraccarico, vigilando sul conflitto,
sulle ambiguità di ruolo, strutturando e variando le attività, con feed back sui
risultati raggiunti e percepiti della maggiore partecipazione di tutti gli attori ai
processi visti fin’ora.
Uno strumento efficace a disposizione del Coordinatore assistenziale e del
Coordinatore del Corso di laurea per misurare e quindi valutare la qua lità del
tirocinio nella struttura di competenza, potrebbe essere offerto dalla scheda di
soddisfazione compilata ogni anno dagli studenti per valutare il tirocinio
effettuato, come già avviene perla didattica frontale.
Attraverso la elaborazione statistica delle schede, effettuata annualmente dal
Coordinatore delle attività tecnico pratiche di tirocinio, il Coordinatore
assistenziale e tutto il personale impegnato nelle attività di tirocinio potrebbero
valutare nel tempo gli aspetti legati al buon andam ento del processo e
individuare le relative aree di miglioramento professionale in termini di
competenze, conoscenze, abilità, capacità comunicative e di ascolto, ma anche
degli aspetti organizzativi della struttura sede di tirocinio.
L’esperienza di concorrere alla formazione del personale che si andrà a gestire
costituisce un’occasione unica e importante per il Coordinatore assistenziale,
se sarà in grado di promuovere il confronto ed elaborare il patrimonio costituito
dall’incontro fra il mondo form ativo e il mondo del lavoro, rappresentato dal
tirocinio.
73
Allegato 5.
Il tirocinio e le disposizioni normative di riferimento
Il tirocinio degli studenti dei Corsi di laurea triennale è una componente
fondamentale del curriculum formativo in qua nto, al di là della “validazione”
abilitante alla professione, consente allo studente di coniugare le diverse
abilità richieste: cognitiva, attitudinale e comportamentale.
Si tratta di una modalità di apprendimento dall’esperienza, di eseguire attività
realistiche in un contesto lavorativo reale, pur se in situazioni “protette”, di
anticipare
la
futura
attività
professionale
anche
nelle
sue
implicazioni
emozionali.
Lo scopo principale di ogni tirocinio è quello di far conseguire allo studente
abilità e competenze tecnico pratiche che gli consentano di entrare
rapidamente nella professione, immediatamente dopo il conseguimento del
titolo che è abilitante .
Il raggiungimento delle competenze professionali si attua attraverso una
formazione teorica e pratica che includa anche l’acquisizione di competenze
comportamentali e che venga conseguita nel contesto lavorativo specifico di
ogni profilo, così da garantire, al termine del percorso formativo, la piena
padronanza di tutte le necessarie competenze e la loro im mediata spendibilità
nell’ambiente di lavoro.
Il tirocinio, come previsto dal D.M. n. 509/99 e dall’Ordinamento didattico del
Corso di laurea, può essere svolto presso strutture interne all'Ateneo o extra universitarie.
Esso consiste nella partecipazione dello studente all'attività della struttura
ospitante in rapporto al programma del tirocinio stesso e con la guida di un
Tutor, in un ambiente atto ad accogliere una risorsa in formazione.
Il tipo e le modalità di partecipazione sono concordati tra il Coo rdinatore delle
attività tecnico pratiche e di tirocinio ed i “Referenti” della struttura ospitante.
L’attività di tirocinio non ha carattere di rapporto di lavoro, né può essere
comunque sostitutivo di attività aziendale o di prestazione professionale, ne
sono espliciti impedimenti la natura stessa del rapporto studente/docente oltre
74
alle esigenze in materia assicurativa, alle normative sul lavoro e sulle
responsabilità per eventuali danni personali e/o a terzi.
I rapporti con le strutture extra -universitarie (Aziende, Enti pubblici o privati)
sono regolati da apposite convenzioni.
I rapporti con le strutture interne all'Ateneo sono regolati da accordi con il
Direttore della struttura.
Le convenzioni e gli accordi sono stipulati in conformità al Regolame nto
generale per lo svolgimento delle attività didattiche integrative e allo schema tipo di convenzione approvati dagli Organi Accademici.
Il tirocinio deve essere svolto presso le strutture convenzionate, nei periodi
stabiliti dal piano di tirocinio trie nnale approvato dal Consiglio di corso di studio
e per il numero di crediti formativi indicati dal Regolamento didattico.
Il tirocinio è svolto sotto la supervisione del Coordinatore del Corso di Laurea
della Sede con il concorso dei Referenti/ Tutor profe ssionali dei tirocini delle
strutture coinvolte.
Il Coordinatore del C.d.L. della Sede garantisce il percorso dello studente,
concordando, curando e accertando che il tirocinio sia svolto in modo
appropriato, sotto la guida dei Tutor professionali.
All’inizio
di
ogni
anno
accademico
viene
illustrata
agli
studenti
la
programmazione di tirocinio.
L’ammissione al tirocinio dell’anno di corso successivo è subordinata al
raggiungimento del 75% del monte ore programmato per il primo e secondo
anno e dalla valutazione positiva dei Tutor.
Al terzo anno lo studente deve concludere entro settembre tutti i debiti di
tirocinio pregressi, completare quelli dell’anno in corso e, sottointeso, riportare
una valutazione positiva dei Tutor.
Il
Presidente
del
Consiglio
di
Corso
di
Studi
fornisce
alla
Segreteria
competente l'elenco aggiornato delle strutture convenzionate o convenzionabili,
entro il 30 settembre di ogni anno, per la pubblicazione nell'apposito albo.
Il Coordinatore del C.d.L. della Sede in accordo con Il Coo rdinatore delle
attività tecnico pratiche e di tirocinio della Sede centrale dell’Università, svolge
le seguenti funzioni:
a. identifica per ogni anno accademico le sedi di tirocinio;
75
b. definisce i piani di tirocinio indicando i tempi di svolgimento, le sedi e gli
obiettivi di tirocinio;
c. si avvale della collaborazione dei professionisti del corrispondente profilo
professionale identificati nella struttura;
d. valuta e certifica, a settembre di ogni anno, l’apprendimento dello
studente, tenendo conto delle valutazioni in itinere, delle sue capacità di
integrare i principi teorici alla pratica e viste le attestazioni di frequenza
riportate sul libretto di tirocinio;
e.
definisce
tempi
e
modalità
per
l’eventuale
recupero
dei
tirocini
insufficienti, per mancata frequenza o valutazione negativa. Tali recuperi
saranno programmati in un’unica sessione straordinaria, durante i periodi
di sospensione delle attività didattiche e di tirocinio, compatibilmente con
la ricettività delle strutture;
f. convoca lo studente per una valutazione complessiva, sia nel caso di
pareri dubbi e/o contrastanti dei Tutor che per confermarne i giudizi.
Il Coordinatore del C.d.L. della Sede in accordo con Il Coordinatore delle
attività tecnico pratiche e di tirocinio della Sede centrale dell’Università,
propone al Consiglio del Corso di Studi la stipula di convenzioni con "nuove
strutture" (enti, imprese, ecc.) e la risoluzione di quelle esistenti, con motivata
relazione, qualora, nel corso del rapporto convenzionale, venga risco ntrata la
inidoneità della struttura al proseguimento della collaborazione.
Durante il tirocinio gli studenti sono tenuti a seguire le attività concordate. La
frequenza è obbligatoria.
Lo studente compila quotidianamente il libretto -diario delle attività di tirocinio.
Il
libretto-diario
è
controfirmato
dal
Tutor
professionale,
al
fine
della
certificazione delle presenze e dell'attività svolta.
Al termine del tirocinio i Tutor esprimono la propria valutazione complessiva su
ogni studente compilando un’apposita scheda di valutazione dettagliata degli
aspetti qualificanti il tirocinio nella struttura. La valutazione è illustrata
privatamente allo studente interessato.
Il libretto-diario e la scheda di valutazione di ogni struttura, unitamente ad una
scheda/relazione
compilata
organizzativi
tirocinio,
del
dallo
sono
studente
sui
contenuti
trasmessi
da
parte
Coordinatore del C.d.L. della Sede per la valutazione finale.
76
e
dello
gli
aspetti
studente
al
Il Coordinatore del C.d.L. della Sede perviene al giudizio f inale sull'attività di
tirocinio considerando il libretto -diario e le schede di valutazione formulate da
ogni struttura frequentata, tenendo conto del peso specifico delle attività
svolte.
Il tirocinio è disciplinato dai seguenti decreti:
1. D.Lgs. n. 502/92 modificato e integrato dal D.Lgs. n.517/93:
“la
formazione
del
personale
sanitario
infermieristico,
tecnico
e
della
riabilitazione avviene in sede ospedaliera, ovvero presso altre strutture del
SSN e istituzioni private accreditate”.
I requisiti di idoneità e l’accreditamento delle strutture sono disciplinati con
Decreto del Ministro dell’Università d’intesa col Ministro della Sanità:
2. D.M.
n. 229/97:”… il tirocinio deve essere svolto presso strutture
accreditate, cioè rispondenti a requisiti minimi di idon eità generali e
specifici…”;
3. D.M. n. 509/99: …”il tirocinio può essere svolto presso strutture interne
all’Ateneo o extrauniversitarie…”;
4. D.M.
n. 136/01: “…l’attività formativa pratica e di tirocinio clinico
costituisce parte integrante e qualificante de lla formazione professionale
ed è svolta con la supervisione e la guida dei Tutor professionali…”
Essa è normata dai Regolamenti didattici di Ateneo e dalla Programmazione
didattica, dai Regolamenti dei tirocini pratici e dai Codici deontologici
professionali.
77
Allegato 6.
Riferimenti normativi specifici
Decreto del Ministero dell’ Università e della ricerca scientifica
e
tecnologica 24 luglio 1996
1.7 – I docenti universitari, a ciò destinati dal Consiglio di Facoltà, sono titolari
di insegnamento nel Corso di Diploma Universitario. I docenti non universitari
del S.S.N. sono nominati annualmente dal Rettore, senza oneri per l’Università,
su proposta del Consiglio di Corso di Diploma e delibera del Consiglio di
Facoltà e nulla osta del Direttore Generale della struttura di appartenenza.
All’avvio dei Corsi i docenti ospedalieri sono proposti dal legale rappresentante
dell’Azienda.
1.8 – Sono organi del Corso di Diploma:
…..omissis……
Il Coordinatore dell’insegnamento tecnico -pratico e di tirocinio è nominato
dal Consiglio di Corso di Diploma Universitario tra coloro che sono in
servizio presso la struttura sede del Corso, sulla base del curriculum che
tiene conto del livello formativo nell’ambito dello specifico profilo
professionale, cui corrisponde il Corso.
Il Coordinatore degli insegnamenti tecnico -pratici dura in carica per tre
anni, è responsabile degli insegnamenti tecnico -pratici e del loro
coordinamento con gli insegnamenti teorico -scientifici, organizza le attività
complementari, assegna i Tutor e ne supervisiona l’attività, garantisce
l’accesso degli studenti alle strutture qualificate come sede di insegnamenti
tecnico-pratici.
Art. 4 – Organizzazione didattica:
“Le funzioni di coordinamento delle attività didattiche tecnico -pratiche e di
tirocinio sono conferite annualmente, con possibilità di rinnovo, dal Consiglio
di Facoltà, su proposta del Consiglio di Corso di Diploma, ai docenti delle
discipline professionali specifiche, in possesso delle competenze
professionali
e
dei
titoli
richiesti…..omissis……,
e
considerando
prioritariamente il personale, universitario e del Servizio Sanitario Nazionale,
in servizio presso le sedi operative in cui si svolgeranno le suddette attività.”
3.5.3. Protocollo d’intesa Regione-Università:
I protocolli d’intesa fra la Regione Lombardia e le Università degli Studi della
Regione hanno l’obiettivo di disciplinare l’espletamento degli interi cicli
formativi dei corsi universitari del personale sanitario, infermieristico, tecnico e
della riabilitazione (art.1).
Definiscono inoltre (art.2):
78
a. i corsi da attivare in relazione alle specifiche figure professionali;
b. il numero di operatori da formare annualmente in relazione al fabbisogno
del S.S.N. e delle strutture private del territorio regionale;
c. le sedi formative;
d. le risorse a disposizione;
e. gli accordi attuativi fra le singole Università e le Aziende Ospedaliere, le
Aziende USL, le istituzioni pubbliche e private accreditate, gli Istituti di
Ricovero e Cura a carattere scientifico, per regolamentare le modalità di
reciproca collaborazione e la programmazione delle risorse finanziarie.
Gli accordi stipulati tra l’Università degli studi di Brescia e l’Azienda
Ospedaliera di Cremona prevedono quanto segue:
l’organizzazione didattica è costituita dal Consiglio del c orso
che
conferisce le funzioni di coordinamento delle attività tecnico pratiche e di
tirocinio ai docenti delle discipline professionali specifiche, considerando
prioritariamente il personale universitario e del Servizio Sanitario,
individuato tra gli operatori in possesso della massima formazione e
qualificazione
professionale
nell’ambito
dello
specifico
profilo
professionale nella stessa sede formativa;
 le strutture di supporto e i servizi generali sono alle stesse condizioni
previste per il personale dipendente, i servizi di tirocinio sono strutturati
secondo le esigenze formative degli studenti, la divisa necessaria per il
tirocinio viene consegnata gratuitamente agli studenti;

l’Azienda mette a disposizione i dipendenti aspiranti docenti in possesso
della massima formazione prevista e che rispondono ai criteri concordati
nei protocolli d’intesa, i docenti non universitari del S.S.N. sono nominati
annualmente dal Rettore;

l’Azienda si impegna ad attivare la funzione di Tutor,
garantendone le
necessarie disponibilità e competenze, scelti fra il personale con
professionalità specifica dello stesso profilo oggetto di formazione, iscritti
ai ruoli del S.S.N., in possesso di comprovata competenza e capacità
didattica, con almeno 5 anni di esperienza di serv izio;

gli studenti iscritti sono coperti a cura dell’Università con assicurazione
contro gli infortuni che dovessero capitare durante lo svolgimento delle
attività tecnico pratiche svolte in qualunque sede di sezione formativa,
nonché con assicurazione per la responsabilità civile per i danni che
dovessero involontariamente causare a terzi;
79

l’Azienda assicura la sorveglianza sanitaria agli studenti iscritti al Corso
di laurea durante l’attività di tirocinio presso le proprie strutture.
3.5.5.
Convenzione Università – Struttura sede di tirocinio
I punti salienti sviluppati nell’ambito della convenzione fra una struttura sede di
tirocinio extra universitaria (ad esempio Azienda Istituti Ospitalieri di Cremona)
e l’ Università sono gli stessi definiti dal l’accordo attuativo Azienda-Università.
Per ogni anno accademico la Facoltà di Medicina e Chirurgia, di cui fanno
parte i corsi di Laurea di I°
livello, nell’ambito del coordinamento dei propri
programmi, concorderà con la struttura sede di tirocinio, te nuto conto della
disponibilità di risorse, competenze, e mezzi della struttura
medesima, gli
interventi d’attuare ai fini di realizzare le finalità previste dalla convenzione.
80
Allegato 7.
I Regolamenti del Corso di laurea
I documenti principali che sottendono al governo delle attività formative in un
Corso di laurea universitario sono:
-
l’Ordinamento didattico o Ordine degli studi
- il Regolamento didattico o piano degli studi, che discende dall’Ordinamento e
dalla Programmazione didattica.
3.6.1. Ordinamento didattico di Corso di laurea:
Contiene l’insieme delle norme che regolano le attività formative universitarie
ed extrauniversitarie, specificate a loro volta
nel Regolamento didattico del
Corso di laurea.
L’Ordinamento didattico definisce :

la denominazione del Corso di studio;

l’indicazione della classe di appartenenza;

gli obiettivi formativi specifici;

i requisiti di ammissione e le modalità di conferimento e di recupero degli
eventuali debiti formativi;

il quadro generale delle attività formative con il numero dei crediti ad
esse associati e i settori scientifico -disciplinari di riferimento;

le eventuali obbligatorietà di frequenza;

le modalità di conseguimento dei crediti e le modalità di svolgi mento
della prova finale;

gli ambiti occupazionali previsti per i laureati del corso di studio.
Obiettivi formativi specifici:
La filosofia di costruzione di un piano didattico:
Occorre
dare
una
struttura
al
piano
didattico
tale
da
permettere
il
raggiungimento di una omogeneità del gruppo su ciò che è necessario sapere
rispetto all’obiettivo stabilito per la singola professione.
Il primo anno di studi prevede
materie di tipo generale, il secondo anno
materie più specifiche e il terzo anno materie speciali stiche.
81
A quelle che possono essere definite “materie tecnico professionali” occorre
affiancare
materie
che
complementano
la
formazione
culturale
del
professionista quali la psicologia, l’organizzazione delle strutture sanitarie, il
diritto del lavoro e la bioetica, oltre che la deontologia della professione,
l’informatica, la statistica e la lingua straniera.
Per
quanto
riguarda
la
programmazione didattica,
componente
tirocinio,
come
si
evince
dalla
un terzo (in termini di CFU) o circa la metà (in
termini di ore) dell’attività didattica del Corso di laurea è di tipo tecnico pratico.
È questo che consente ai laureati di questi corsi di esercitare la professione
immediatamente dopo la laurea, una volta superata la prova pratica che
precede la discussione della tesi.
Modalità di integrazione di didattica e tirocinio:
La scelta è tra due” filosofie”:
la prima modalità prevede che la didattica occupi tutto l’arco della giornata,
mattino e pomeriggio, fino alla conclusione del programma del semestre. Al
termine del modulo “didattico teorico”, inizia il modulo tecnico pratico del
tirocinio, svolto anch’esso durante tutto l’arco della giornata.
In sostanza un’alternanza di periodi di lezioni e di tirocinio ben strutturati nel
tempo e indipendenti.
Questa modalità è realizzabile laddove l’attività assistenziale si esplica fino al
pomeriggio inoltrato o in presenza di sedi di tirocinio distaccate distanti dalla
sede in cui si effettua la didattica teorica.
Nella seconda modalità il tirocinio viene svolto il mattino e le lezioni
di
pomeriggio, nell’ambito dei semestri. I motivi che spingono a questa scelta
sono sia di ordine pratico che di ordine psicobiologico.
Il motivo psicobiologico tiene conto del fatto che alternare le due attività è più
gradevole per lo studente e non richiede lo stesso tipo di concentrazione per
nove/ dieci ore di impegno giornaliere richieste.
Regolamento didattico o piano degli studi
Discende dall’Ordinamento ed è uno strumento di lavoro più agile.
82
Il Regolamento riporta le materie per anno, per semestre, la composizione dei
corsi integrati e il numero dei CFU corrispondenti.
Tecniche di Radiologia Medica, per Immagini e Radioterapia (Abilitante alla
Professione Sanitaria di Tecnico di Radiologia Medica)
Obiettivi formativi specifici
I laureati sono, ai sensi della legge 10 agosto 2000, n. 251, articolo 3, comma
1, operatori delle professioni sanitarie dell'area tecnico -diagnostica che
svolgono, con autonomia professionale, le procedure tecniche necessarie alla
esecuzione di metodiche diagnostiche su materiali biologici o sulla persona, e
a cui competono le attribuzioni previste dal D.M Ministero della sanità 26
settembre 1994, n. 746 e successive modificazioni ed integrazioni; ovvero sono
responsabili degli atti di loro competenza e sono autorizzati ad espletare
indagini e prestazioni radiologiche, nel rispetto delle norme di radioprotezione
previste dall'Unione Europea.
Nell'ambito della formazione della predetta figura professionale, le università
assicurano un'adeguata formazione in m ateria di protezione dalle radiazioni
ionizzanti.I laureati nella classe sono dotati di un'adeguata preparazione nelle
discipline di base, tale da consentire loro la migliore comprensione dei più
rilevanti elementi che sono alla base dei processi patologic i che si sviluppano
in età evolutiva, adulta e geriatrica, sui quali si focalizza il loro intervento
diagnostico. Devono inoltre saper utilizzare almeno una lingua dell'Unione
Europea, oltre l'italiano, nell'ambito specifico di competenza e per lo scambio
di informazioni generali.
Conoscenze richieste per l'accesso (art.6 D.M. 509/99)
Possesso di diploma di scuola secondaria superiore o di altro titolo conseguito
all'estero e riconosciuto idoneo.
L'ammissione al corso di laurea è subordinato al superamento di apposite
prove, ai sensi dell'art. 4 della Legge 264/99.
Caratteristiche della prova finale
La prova finale:
a) consiste nella redazione e discussione di un elaborato e nella dimostrazione
di abilità pratiche;
b) è organizzata nei tempi e con le modal ità prescritte da apposito decreto del
Ministro dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica di concerto con
il Ministro della Sanità;
c) la Commissione per la prova finale è composta da non meno di 7 e non più
di 11 membri, nominati dal Rettore su proposta delle strutture didattiche
83
competenti, secondo le procedure previste dal Regolamento didattico di
Facoltà, e comprende almeno 2 membri designati dalle Associazioni
professionali individuate con apposito decreto del Ministro della sanità sul la
base della rappresentatività a livello nazionale.
Ambiti occupazionali previsti per i laureati
I laureati in tecniche diagnostiche radiologiche sono abilitati a svolgere, in
conformità a quanto disposto dalla legge 31 gennaio 1983, n. 25, in via
autonoma, o in collaborazione con altre figure sanitarie, su prescrizione medica
tutti gli interventi che richiedono l'uso di sorgenti di radiazioni ionizzanti, sia
artificiali che naturali, di energie termiche, ultrasoniche, di risonanza magnetica
nucleare nonchè gli interventi per la protezionistica fisica o dosimetrica;
partecipano alla programmazione e organizzazione del lavoro nell'ambito della
struttura in cui operano nel rispetto delle loro competenze; programmano e
gestiscono l'erogazione di prestazioni p olivalenti di loro competenza in
collaborazione diretta con il medico radiodiagnosta, con il medico nucleare, con
il medico radioterapista e con il fisico sanitario, secondo protocolli diagnostici e
terapeutici preventivamente definiti dal responsabile del la struttura; sono
responsabili degli atti di loro competenza, in particolare controllando il corretto
funzionamento delle apparecchiature loro affidate, provvedendo alla
eliminazione di inconvenienti di modesta entità e attuando programmi di
verifica e controllo a garanzia della qualità secondo indicatori e standard
predefiniti; svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie pubbliche o private,
in rapporto di dipendenza o libero professionale; contribuiscono alla formazione
del personale di supporto e concorrono direttamente all'aggiornamento relativo
al loro profilo professionale e alla ricerca.
Attività di Base
Scienze biomediche (CFU 10)













BIO/09: FISIOLOGIA
FISIOLOGIA UMANA
BIO/10: BIOCHIMICA
BIOCHIMICA
CHIMICA ORGANICA E INORGANICA
BIO/13: BIOLOGIA APPLICATA
BIOLOGIA APPLICATA
BIO/16: ANATOMIA UMANA
ANATOMIA UMANA
BIO/17: ISTOLOGIA
ISTOLOGIA
MED/04: PATOLOGIA GENERALE
PATOLOGIA GENERALE
Scienze propedeutiche (CFU 8)


FIS/07: FISICA APPLICATA
BIOLOGIA E MEDICINA)
INF/01: INFORMATICA
(A
84
BENI
CULTURALI,
AMBIENTALI,






INFORMATICA
ING-INF/07: MISURE ELETTRICHE ED ELETTRONICHE
APPARECCHIATURE DI RADIOLOGIA TRADIZIONALE
ELEM DI ELETTROTEC ED ELETTRON GEN
MAT/05: ANALISI MATEMATICA
ELEMENTI DI MATEMATICA E STATISTICA
Totale CFU Attività di Base 18
Attività Caratterizzanti
Diagnostica per immagini e radioterapia (CFU 40)












FIS/07: FISICA APPLICATA (A BENI CULTURALI, AMBIENTALI,
BIOLOGIA E MEDICINA)
FISICA DELLE RADIAZIONI
FISICA GENERALE
ING-INF/07: MISURE ELETTRICHE ED ELETTRONICHE
MED/36: DIAGNOSTICA PER IMMAGINI E RADIOTERAPIA
RADIOLOGIA OSTEO-ARTICOLARE
MED/37: NEURORADIOLOGIA
MED/50: SCIENZE TECNICHE MEDICHE APPLICATE
ORGANIZZAZIONE DELLA PROFESSIONE
TECNICHE IN NEURORADIOLOGIA
TECNICHE RADIOGRAFICHE
TECNICHE RADIOGRAFICHE IN TRAUMATOLOGIA OSSEA
Primo soccorso (CFU 6)





BIO/14: FARMACOLOGIA
MED/09: MEDICINA INTERNA
MED/18: CHIRURGIA GENERALE
MED/41: ANESTESIOLOGIA
MED/45: SCIENZE INFERMIERISTICHE
PEDIATRICHE
GENERALI,
CLINICHE
E
Scienze della prevenzione e dei servizi sanitari (CFU 3)









MED/36: DIAGNOSTICA PER IMMAGINI E RADIOTERAPIA
MED/37: NEURORADIOLOGIA
MED/42: IGIENE GENERALE E APPLICATA
IGIENE GENERALE E APPLICATA
MED/43: MEDICINA LEGALE
MED/44: MEDICINA DEL LAVORO
MEDICINA DEL LAVORO
MED/45: SCIENZE INFERMIERISTICHE GENERALI, CLINICHE
PEDIATRICHE
MED/50: SCIENZE TECNICHE MEDICHE APPLICATE
85
E
Scienze medico-chirurgiche (CFU 4)






BIO/14: FARMACOLOGIA
MED/09: MEDICINA INTERNA
MED/18: CHIRURGIA GENERALE
MED/33: MALATTIE APPARATO LOCOMOTORE
MALATTIE DELL'APPARATO LOCOMOTORE
MED/40: GINECOLOGIA E OSTETRICIA
Totale CFU Attività Caratterizzanti 53
Attività Affini o integrative
Scienze del management sanitario (CFU 4)



IUS/07: DIRITTO DEL LAVORO
SECS-P/07: ECONOMIA AZIENDALE
SECS-P/10: ORGANIZZAZIONE AZIENDALE
Scienze interdisciplinari (CFU 4)

ING-INF/05: SISTEMI DI ELABORAZIONE DELLE INFORMAZIONI
Scienze interdisciplinari c liniche (CFU 7)










MED/10:
MED/11:
MED/12:
MED/24:
MED/26:
MED/27:
MED/28:
MED/31:
MED/32:
MED/41:
MALATTIE DELL'APPARATO RESPIRATORIO
MALATTIE DELL'APPARATO CARDIOVASCOLARE
GASTROENTEROLOGIA
UROLOGIA
NEUROLOGIA
NEUROCHIRURGIA
MALATTIE ODONTOSTOMATOLOGICHE
OTORINOLARINGOIATRIA
AUDIOLOGIA
ANESTESIOLOGIA
Scienze umane e psicopedagogiche (CFU 3)

SPS/07: SOCIOLOGIA GENERALE
86
Totale CFU Attività Affini o integrative 18
Altre attività formative
A scelta dello studente (CFU 9)
Per la prova finale (CFU 8)
Prova finale CFU 8
Lingua straniera CFU 3

INGLESE SCIENTIFICO 1° ANNO
Altre (art. 10, comma 1, lettera f )
Tirocini CFU 62

TIROCINIO 1° ANNO TRM
Altro CFU 9

IGIENE AMBIENTALE
Totale CFU Altre attività formative 91
Totale Crediti CFU Tecniche di Radiologia Medica, per Immagini e Radioterapia
(Abilitante alla Professione Sanitaria di Tecnico di Radiologia Medica) 180
3.6.3. Programmazione didattica
E’ lo strumento d’uso quotidiano sul quale si costruiscono gli orari delle lezioni
e tutte le attività didattiche ad esso correlate.
Riporta i nominativi dei docenti e le caratteristiche normative dell’affidamento
dell’insegnamento loro attribuito.
La programmazione didattica viene aggiornata ogni anno.
Il personale docente del Sistema Sanitar io Regionale riceve l’affidamento
diretto sulla base di quanto stabilito dalla Convezione Azienda -Università,
prevalentemente in relazione alle materie tecnico - professionali.
87
4. VALUTAZIONE DELL’ESISTENTE IN TERMINI DI ATTORI E FUNZIONI
Facoltà di Medicina e Chirurgia
Presidente
Consiglio di Corso
Di Laurea
Consiglio di Corso
Coordinatore attività tecnico pratiche e di tirocinio
Tutor/Assistente di tirocinio
88
BIBLIOGRAFIA
Bellomo
Psicologia medica e abilità relazionali
Torino, Minerva Medica, 2004
Benci
Le professioni sanitarie non mediche.
Aspetti giuridici, deontologici e medico legali
Milano, McGraw-Hill, 2002
Calamandrei-Orlandi
La dirigenza infermieristica
Milano, McGraw-Hill, 2002, 2°ed.
Calvani A.
Manuale di tecnologie dell’educazione
Pisa, ETS, 1995
Castellucci A., Spiani L., Sarchielli G., Marletta L. (a cura di)
“Viaggi guidati” , Il tirocinio e il processo tutoriale nelle professioni sanitarie
Angeli, 1997
Hilgard’s
Introduzione alla psicologia
Padova, Piccin, 1999
Imbasciati-Margiotta
Compendio di Psicologia per gli operatori sociosanitari
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Logorio B.
Community of Learners, Strumenti e metodi per imparare collaborando
in “TD”, n°4 - Autunno 1994, pp. 22-35, 1994
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Costruire conoscenze: contesti di insegnamento -apprendimento e processi
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Maturana H.L., Varala F.J.
L’albero della conoscenza
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Monasta A.
Proposte per il sistema formativo italiano
in “Progettazione Formativa e Valutazione”, Bramanti D. (a cura di),
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Sasso, Lotti, Gamberoni
Il tutor per le professioni sanitarie
Roma, Carocci Faber, 2003
Scandella O.
Tutorship e apprendimento: nuove competenze dei docenti nella scuola che
cambia
Firenze, La Nuova Italia, 1995
Urbanowky M., Dwyer M.
L’apprendimento nel tirocinio: una guida per supervisori e studenti
Milano, Vita e Pensiero, , 1995
Ronald Epstein
New England Journal of Medicine
Chiara Pasini
Psicologia e Comunicazione
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