UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PAVIA FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA Corso di Laurea Specialistica in Scienze delle Professioni Sanitarie Tecniche Diagnostiche A.A. 2006/2007 – Università degli Studi di Pavia Progetto Corso di Formazione per Tutor e Assistenti di tirocinio TSRM Tutor Dott.ssa FT Marita Mariotti TSRM Agostino Tonarelli matr. 350663/18 I° anno Corso di Laurea Specialistica in Scienze delle Professioni Sanitarie Tecniche Diagnostiche A.A. 2006/2007 – Università degli Studi di Pavia 1 Premessa Il Progetto nasce dall’esigenza di una accurata formazione dei professionisti che svolgono funzioni di tutor/assistente di tirocinio nel Corso di Laurea in Tecniche di Radiologia Medica per Immagini e Radioterapia. Attraverso lo sviluppo della competenza didattica con l’acquisizione di conoscenze sulle teorie della formazione, di supporti psicologici, pedagogici e delle nuove teorie della comunicazione e valutazione intendo effettuare una riflessione sul possibile ruolo del Tutor come colui che si occupa dell’insegnamento/apprendimento delle abilità pratiche nel tirocinio professionalizzante del TSRM, per giungere a conclusioni direttamente applicabili nel nostro contesto. Obiettivi specifici Acquisire conoscenze sulle teorie della formazione, avvalendosi di supporti pedagogici, psicologici, sociologici e delle nuove teorie sulla comunicazione. Sviluppare l’appropriatezza didattica per trasferire agli studenti conoscenze, abilità, competenze ed atteggiamenti. Utilizzare tecniche e strumenti della realtà lavorativa per formulare il contenuto degli obiettivi di tirocinio. Conoscere ed applicare i sistemi di valutazione sulle competenze degli studenti. Contenuti Modelli e strategie educative e comunicative. Comunicazione fra colleghi, all’interno del gruppo di lavoro, con gli studenti: nodi critici e strategie di fronteggiamento. “ leggere “ i bisogni: dalle richieste esplicite alle domande implicite. I processi comunicativi: dalla comprensione al cambiamento La dimensione dell’ascolto La gestione dei conflitti Approfondimento e analisi degli strumenti di valutazione. 2 Metodologia di lavoro Si prevede una metodologia attiva che parta dall’assimilazione di modelli pedagogici da trasferire nell’esperienza professionale quotidiana, valorizzi le risorse personali e professionali dei partecipanti e sviluppi il senso di appartenenza al gruppo di lavoro ed all’Azienda. Permette di integrare le conoscenze e le competenze teoriche con l’esperienza professionale, personale e di gruppo, perché l’apprendimento si realizzi a livello cognitivo ed emozionale. Tende a favorire all’interno del gruppo di partecipanti un clima di fiducia valorizzante e facilitante l’espressione di ognuno. Si fonda sulla problematizzazione, sulla ricerca collettiva, sull’apprendimento dato dall’esperienza, sulla creatività nello stabilire relazioni. Destinatari Il percorso si rivolge al personale del comparto ( Assistenti/Tutor di tirocinio C.d.L. TRMIR ) dell’Azienda Istituti Ospitalieri di Cremona. Si ipotizzano almeno due gruppi di formazione costituiti da almeno 12 e non oltre 20 partecipanti per gruppo ( A e B ) Struttura Il percorso è strutturato in sei incontri realizzati ( alternando i gruppi A e B ) il Sabato ore 8,00/ 12,00 — 14,00/16,00. Suppori didattici PC + videoproiettore Lavagna a fogli Lavagna luminosa TV+ videoregistratore 3 Sede di svolgimento delle Attività Aule del Servizio Formazione e Sviluppo risorse Umane Azienda “Istituti Ospitalieri di Cremona” Sede organizzativa del corso Università degli Studi di Brescia - Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di Laurea in Tecniche di Radiologia Medica per Immagini e Radioterapia Sede di Cremona tel. 0372 405184 - fax 0372 405543 E-mail: [email protected] Preventivo Aule Formazione ( n. 2 per ogni gruppo ) - gratuite Docenti interni ed esterni ( Pedagogia - Psicologia - Comunicazione ) euro 50,00/h Fotocopie, cancelleria e varie - euro 200 Tot. A+B+C = euro 2.000,00 Informazioni Segreteria - Servizio Formazione e Sviluppo Risorse Umane Azienda “Istituti Ospitalieri di Cremona” Viale concordia, 1 - 26100 Cremona tel. 0372 405186 - 0372 405184 - fax. 0372 405543 E-mail: [email protected] 4 INDICE ……………………………………………..pag. 6 CAPITOLO 1: INTRODUZIONE CAPITOLO 2 : I PROTAGONISTI DEL TITOCINIO………………………………pag. 9 Il coordinatore dell’attività tecnico pratiche………… pag...10 Il Tutor…………………………………………………….pag...10 I TSRM……………………………………………………pag...12 CAPITOLO 3 : PEDAGOGIA DIDATTICA ……………………………………..pag. 14 L’insegnamento…………………………………………. .pag. 14 Caratteristiche dell’insegnamento………………………pag. 15 L’insegnante……………………………………………….pag. 16 La teoria dell’assimilazione………………………………pag. 18 Ausili didattici (mappe concettuali)…………………….. pag. 19 CAPITOLO 4 : L’ ANDRAGOGIA …………………………………………….pag. 23 CAPITOLO 5 : PSICOLOGIA E COMUNICAZIONE……………………………...pag. 25 CAPITOLO 6 : IL RUOLO DELLA VALUTAZIONE NELLA FORMAZIONE…………….pag. 49 Obiettivi di tirocinio ( tavole)…………………………… pag. 54 ALLEGATO 1: EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA DELLE PROFESSIONI SANITARIE……….pag. 61 ALLEGATO 2 : RIFERIMENTI NORMATIVI CONTRATTUALI………………………………………..pag. 64 ALLEGATO 3 : LA RIFORMA DELLE PROFESSIONI SANITARIE…………………………………..pag. 66 ALLEGATO 4 : RUOLO DEL COORDINATORE SITRA NEL TIROCINIO…………………………..pag. 68 ALLEGATO 5 : IL TIROCINIO E LE DISPOSIZIONI NORMATIVE DI RIFERIMENTO…………….pag. 74 ALLEGATO 6 : RIFERIMENTI NORMATIVI SPECIFICI……………………………………………….pag. 78 ALLEGATO 7 : I REGOLAMENTI DEL CORSO DI LAUREA…………………………………………pag. 81 BIBLIOGRAFIA……………………………………………………………………………………………….pag. 89 5 1. INTRODUZIONE Le professioni sanitarie hanno vissuto negli ultimi anni un grande cambiamento dello scenario formativo e professionale. ( Allegati 1 – 2 ) La rapidità dei progressi tecnologici e scientifici, l’acquisizione di una nuova consapevolezza dei cittadini circa i loro diritti di salute, esigono competenze adeguate alla complessità emergente e la formazione professionale è determinante per affrontare con successo i problemi e le opportunità che emergono. L’entrata nelle realtà professionali fin da “studenti” costituisce un’occasione per proiettarsi nel futuro ruolo prof essionale, per sperimentarsi in un contesto ancora protetto, per integrare i modelli teorici appresi con i modelli di azione richiesti nell’incontro con l’altro, con le culture professionali e con l’organizzazione del lavoro nel suo complesso. L’esperienza del tirocinio di un Corso di laurea delle professioni sanitarie può diventare un sistema di opportunità per lo sviluppo professionale e può costituire uno spazio operativo nel quale realizzare forme concrete di collaborazione tra sedi formative e sedi l avorative. I grossi mutamenti in atto sia nel mondo sanitario che in quello della formazione richiedono “sinergie” fra diverse istituzioni nell’elaborare nuove metodologie e tecniche formative idonee a preparare gli studenti, i futuri professionisti, ad affrontare la sfida insita nell’operare in organizzazioni sempre più complesse. Nella convinzione che l’impegno rivolto alla formazione delle risorse umane, comprese quelle future, sia un requisito imprescindibile per la qualità dei servizi, mi sono chiesto come “attrezzarci” per affrontare al meglio l’esperienza dei tirocini, individuando percorsi e strumenti per facilitare l’organizzazione al fine di declinare al meglio le conoscenze in un “fare professionale” . A tal fine ho voluto concentrare la mia attenzione sul ruolo del Tutor/Assistente di Tirocinio ( che da ora in poi, per necessità identificherò solo con il termine di Tutor), e sulla sua formazione. Un altro aspetto innovativo è la riflessione sul ruolo del Coordinatore assistenziale (Capo-area della diagnostica – alte tecnologie ) nella gestione e organizzazione del tirocinio del Corso di laurea in Tecniche di Radiologia Medica per Immagini e Radioterapia, per individuare attraverso quali aree di possibile intervento raggiungere l’obiettivo di facilitare il percorso del tirocinio degli studenti, in un’ottica di collaborazione con la sede didattica che favorisca la professione e l’organizzazione. ( Allegati 3 – 4 ) Il Sistema Sanitario della Lombardia, riconosce nella formazione una delle sue funzioni principali, assieme all’assistenza e alla ricerca. Questo riconoscimento implica la necessità di valorizzare e integrare competenze, servizi e programmi e di valutare con maggiore attenzione la collaborazione con l’Università, per valorizzare il contributo che il Servizio Sanitario Regionale offre alla formazione delle professioni sanitarie. Grazie all’evoluzione normativa della formazione dei professionisti sanitari che oggi si formano nell’Università, la capacità teorica di erogare prestazioni d i qualità è più elevata rispetto al passato, ma conseguentemente le aspettative sono più elevate. Il D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 502 prevede forme di integrazione fra Università e Servizio Sanitario Nazionale, nelle sue articolazioni regionali, con la stipulazione di specifici protocolli d’intesa per disciplinare le modalità di 6 reciproca collaborazione, in rapporto alla qualità della formazione e al fabbisogno di personale da formare, aspetti che richiamano la forte integrazione che deve esserci fra il con tenuto della formazione e il personale sanitario che lavora nelle strutture del Servizio Sanitario Nazionale. E’ infatti il personale stesso che è chiamato ad essere impegnato nella formazione universitaria dei professionisti sanitari, offrendo un sapere professionale che è il risultato dell’innovazione tecnologica e strutturale della sede nella quale lavora. Sul tema della formazione universitaria il punto cruciale è la corrispondenza fra il livello formativo e gli attuali modelli organizzativi del lavo ro, poiché è all’interno di questi che si concretizza il sapere professionale raggiunto nella formazione universitaria, nella misura in cui viaggiano in modo integrato e sincronizzato e sono in linea con l’evoluzione tecnologica, organizzativa e strutturale del servizio in una realtà in continuo movimento. Se immaginiamo questo contesto come un puzzle, non tutti i pezzi che lo compongono si sono mossi con la stessa velocità. La tecnologia è quella che si è evoluta più velocemente, la formazione universitaria stessa ha avuto una grande accelerazione, così come l’organizzazione del Servizio Sanitario Regionale; è stato forse l’ambito delle relazioni quello mediamente a più lenta evoluzione, quindi l’ambito delle competenze di tipo gestionale, comportamentali e di comunicazione. Per questo vorrei con questo lavoro contribuire “dal basso” ad una sincronizzazione delle velocità di cambiamento che, partendo dal singolo, il Tutor, passando all’equipe e da qui espandendosi al livello più alto, porti a relazioni e interconnessioni dettate non solo dalla necessità, ma da una più concreta integrazione professionale, costruita fin dalla formazione di base. Il tirocinio tuttavia consente un apprendimento significativo solo se e’programmato e attuato in un contesto operativo adeguatamente strutturato, con funzioni organizzative e obiettivi definiti, e per questo le figure chiave nelle sedi di tirocinio nella nostra ipotesi sono: il Coordinatore del Corso di Laurea della Sede, il Tutor di tirocinio in collaborazione con la nuova figura del Capo area. L’Azienda “Istituti Ospedalieri di Cremona” eroga e sviluppa, integrandole, assistenza polispecialistica, ricerca e formazione, promuove l’innovazione, persegue la centralità del Paziente/Utente e dello Studente e favorisce la valorizzazione dei professionisti mediante la condivisione degli obiettivi e la responsabilizzazione sui risultati. L’integrazione Ospedale- Università ( assistenza, ricerca e formazione) è una delle aree di intervento su cui si basa la vision aziendale e lo stesso SITRA (Servizio Infermieristico, Tecnico -Sanitario e Riabilitativo) afferma nella propria vision l’attenzione da parte dei professionisti alla formazione delle professioni sanitarie . In questo contesto e’ possibile ripensare l’organizzazione p er delinearne i confini che attualmente non sono ben definiti: questo lavoro si propone quindi come contributo per riempire alcuni spazi di incertezza organizzativa, convinto che i problemi gestionali possono trovare soluzioni estendibili anche se si opera entro confini diversi, avvicinando i ruoli senza confonderli, se l’elemento 7 guida è la ricerca di un’organizzazione centrata sui bisogni e sulla domanda dell’utenza e dello studente. L’ampliamento degli spazi di apprendimento dall’aula alle sedi di lavor o ove si esercita la professione non è certo un’innovazione per le professioni sanitarie, ma lo è la consapevolezza che l’apprendimento necessita di pianificazione, contrattazione, negoziazione, supervisione, riflessione e valutazione. Tali momenti hanno bisogno di tutti gli attori del processo, di chi organizza e gestisce le risorse, di chi realizza le attività, di chi pianifica l’apprendimento, di chi affianca e supervisiona lo studente. L’esclusione anche di uno solo degli attori comporta un deficit nel processo che può determinare casualità nei risultati. E’ inoltre necessario promuovere la consapevolezza della responsabilità che emerge, per ogni operatore sanitario, dall’avere accanto uno studente cui trasmettere un modello e un’identità professionale e riflettere sulla centralità della leadership come strumento di governo del capitale intellettuale e umano costituito dalle persone che lavorano in un contesto in cui il fabbisogno di innovazione, qualità, partecipazione e responsabilità è più elevato. Alla base della didattica, della comunicazione del sapere e dell’innovazione c’è la ricerca, ma il sistema di ricerca deve essere orientato verso gli sbocchi più utili, i campi più richiesti. Per fare ricerca occorrono formazione e capacità critica, che si possono formare nel percorso universitario, ma cosa è rilevante per la pratica lo sa il professionista. I quesiti di ricerca nascono dalla realtà per applicarsi ad essa. Gli studenti sono una risorsa, di tempo e di opportunità di sviluppo per la crescita professionale, di opportunità di diffusione e applicazione della ricerca, propria dell’ Università, nelle Unità Operative, per creare reti collaborative la cui ampiezza dipende solo dalla nostra capacità di immaginarle e progettarle. L’innovazione cammina con le gambe delle nuove generazioni, ma anche su quelle di un contesto che sappia costruirsi un volto più accettante e accogliente. I professionisti possono trasmettere agli studenti entusiasmo, sensibilità sulla pratica professionale, togliendosi dalla mera routine possono rimettersi in gioco, acquisendo nuovi metodi di insegnamento e tramite gli studenti percepire i problemi, interrogarsi e pensarli. La pratica professionale ha oggi la necessità di orientarsi verso la risoluzione di problemi in modo unitario e sinergico e non frammentato per esigenze 8 organizzative o professionali, soddisfacendo i bisogni complessi e la domanda di salute degli utenti in modo coerente. Bisogni e domanda sono infiniti , ma verso quali e con quale peso i professionisti si orienteranno sono le risposte future, per le quali occorreranno conoscenze, capacità e abilità sempre migliori e più integrate, pur sulla base delle specificità. 2. I protagonisti del tirocinio Il tirocinio è attualmente svolto sotto la supervi sione del Coordinatore delle attività tecnico pratiche e di tirocinio, dai Tutor professionali dei tirocini delle strutture formative coinvolte e dai professionisti, che condividono la responsabilita’ di accompagnare per un tratto del percorso lo studente fino all’identificazione di un modello e di un ruolo professionale. I vincoli sono costituiti dalle convenzioni fra Università e strutture sedi di tirocinio e il Regolamento di corso . ( Allegato 5 ) 9 Il Coordinatore dell’Attività Tecnico -Pratiche e di Tirocinio E’ responsabile degli insegnamenti tecnico -pratici, delle attività di tirocinio e della loro interazione con gli altri insegnamenti. Organizza le attività, assegna gli studenti ai Tutor, supervisionandone le attività. Regola l’accesso degli studenti alle strutture sede degli insegnamenti tecnico pratici e di tirocinio. Concorre alla identificazione dei servizi sede di attività tecnico -pratiche e di tirocinio. Mantiene uno stretto contatto con i docenti di tutti i settori, in particolare con quelli incaricati dell’insegnamento delle materie tecnico -pratiche, concorrendo alla definizione della quota tecnico -pratica della didattica, nel rispetto degli obiettivi definiti dal Consiglio del Corso di Laurea e di quanto previsto per lo specifico ruolo. Viene nominato annualmente dal Consiglio di Corso fra i docenti dello specifico profilo professionale di appartenenza. Formula armonicamente il calendario delle lezioni e dei tirocini, regola l’accesso degli studenti alle strutture del corso, segue person almente il percorso formativo degli studenti e li orienta negli insegnamenti professionalizzanti; mantiene uno stretto contatto con i docenti di tutte le discipline. Pianifica e programma le relative attività tecnico -pratiche nel rispetto del piano approvato dal competente Consiglio di Corso di Laurea. L’Azienda Ospedaliera di Cremona mette a disposizione, nel rispetto delle direttive regionali e della convenzione Università -Azienda, un Coordinatore , distaccato a tempo pieno. Il Tutor Il Tutor è sempre esistito nelle organizzazioni sanitarie, ma vi entra con pieno riconoscimento con l’istituzione dei Diplomi Universitari; infatti la funzione tutoriale viene istituita in Italia con la Legge n. 341 del 19 novembre 1990, all’art.13, ”Riforma degli Ordinamenti didattici universitari”, con i fini di 10 orientare e assistere gli studenti lungo tutto il corso degli studi, renderli partecipi del processo formativo, rimuovere gli ostacoli a una proficuo rendimento . Il termine Tutor si presta a molte interpreta zioni, in ogni realtà si definiscono infatti come Tutor figure con attribuzione di responsabilità completamente diverse. Il Tutor, oltre a svolgere l’attività che gli compete per ruolo e professione, segue lo studente nel periodo del tirocinio, pianificand one l’apprendimento attraverso la formulazione del Piano di tirocinio, facilitandone la formazione, coinvolgendo i colleghi di lavoro nel progetto di accoglimento/ inserimento/ formazione degli studenti e partecipando alla verifica del grado di raggiungim ento degli obiettivi previsti dal Piano di tirocinio. Al tal fine ha effettuato un apposito percorso di formazione, previa selezione, e la funzione è riconosciuta e incentivata ( crediti ECM ). Durante il tirocinio il Tutor collabora con il Coordinatore d ella sede didattica e i colleghi professionisti. Un Tutor deve possedere: conoscenze approfondite del proprio ambito professionale e della propria organizzazione, una conoscenza delle strutture universitarie e delle normative in materia di didattica del tirocinio e regolamentazione dei corsi, oltre ad una conoscenza delle metodologie didattiche in ambito tutoriale. capacità organizzative individuali e in relazione con le strutture, progettuali, di negoziazione e attuazione pratica di progetti e capacità di analisi e valutazione per l’implementazione e il miglioramento degli stessi; capacità relazionali con studenti, colleghi, responsabili delle strutture privilegiando l’ascolto, la comprensione, la condivisione e la riduzione della conflittualità nel lavoro di gruppo; capacità critiche di autovalutazione e di valutazione delle organizzazioni e dei processi correlate all’attività tutoriale, comprensione delle potenzialità e delle difficoltà dei singoli studenti e del gruppo; capacità di assumersi responsabilità nei processi decisionali, nella progettazione, nell’attuazione e nella valutazione delle attività relative al suo mandato. 11 E’ evidente che un simile bagaglio di capacità e competenze professionali, organizzative, relazionali, cognitive, comunicative e psicopedagogiche dovrà essere supportato da una formazione specifica che dia al Tutor gli strumenti per poter operare in maniera adeguata, traendo dal proprio agire quelle soddisfazioni che, grazie al circolo virtuoso che si crea fra impegno e gratificazione personale, lo spingano al continuo miglioramento delle proprie azioni. Nella conduzione e gestione del tirocinio il Tutor più precisamente : pianifica l’apprendimento attraverso la formulazione del Piano di tirocinio; accoglie ed inserisce il tirocinante nell’organizzazione; coinvolge i colleghi di lavoro nel progetto di formazione/inserimento degli studenti o dei neo assunti; guida all’osservazione progressivamente di ciò situazioni che avviene concrete in cui nel fare servizio e crea s perimentare al tirocinante le proprie abilità; verifica in itinere gli apprendimenti proponendo integrazioni o correzioni del percorso progettato; concorre al processo di valutazione del raggiungimento degli obiettivi previsti dal Piano di tirocinio con il Coordinatore delle attività tecnico pratiche di tirocinio. Questo ruolo importante e attivo nel processo formativo ha sull’attività dell’Unità organizzativa positive potenzialità in termini di competenze acquisite, motivazione e di apertura all’appren dimento continuo, all’innovazione e al cambiamento. ( Allegati 6 – 7 ) I Collaboratori professionali sanitari –Tecnici Sanitari di Radiologia Medica E’ con il D.P.R. n. 821/1984 e il Codice Deontologico del 2004 che vengono riconosciute e attribuite funzioni di didattica, nonché attività finalizzata alla propria formazione, con margini di autonomia differenziati, ai tre livelli di inquadramento: operatore professionale dirigente, coordinatore e collaboratore. Il professionista collaboratore deve collab orare all’attività didattica nell’ambito della Unità organizzativa e, secondo il Contratto Collettivo Nazionale del 1999, il collaboratore professionale può essere assegnato, previa verifica dei requisiti, a funzioni dirette di Tutor in piani formativi. 12 E’ da osservare che l’importante aspetto della socializzazione, intesa come acquisizione dei comportamenti vigenti nell’organizzazione dove viene effettuato il tirocinio, evidenzia la responsabilità di ogni professionista nei confronti dello studente, in termini di contributo personale ad un ambiente formativo culturalmente, professionalmente e relazionalmente adeguato. Tale consapevolezza e la condivisione degli obiettivi formativi induce a riflettere sul proprio ruolo e sulla qualità del proprio lavor o. Gli allievi portano conoscenze aggiornate, stimoli e sollecitazioni nuove, con il loro bisogno di capire pongono il problema di chiedersi il perchè del proprio operato, quindi possibilità di verifica e autocritica. Un corretto rapporto con gli allievi favorisce anche, all’interno dell’organizzazione, l’attivarsi di positive relazioni interpersonali che sono alla base del lavoro di gruppo e di una rete di relazioni che, seppur finalizzate alla formazione, tenderanno a influenzare tutte le relazioni azi endali con risultati positivi per l’organizzazione. I contributi richiesti ai professionisti “non ufficialmente Tutor” non sono ricompresi nel sistema dei attivare riconoscimenti economici, tuttavia è possibile la procedura per il riconoscimento, ai fi ni della certificazione ECM, ( Educazione Continua in Medicina) delle attività tutoriali effettuate, come riconoscimento dell’attività svolta dai collaboratori. A tale scopo si utilizzano i riscontri ricavati dai libretti di tirocinio e dalle schede di valutazione. 13 3. PEDAGOGIA DIDATTICA 3.1 L'INSEGNAMENTO Un'esperienza didattica è un evento complesso che coinvolge: - insegnanti; - studenti; - curriculum; - ambiente. Gli insegnanti devono sapere perché e quali cambiamenti produrre e come verificarli. Gli studenti devono scegliere di voler imparare. Il curriculum inteso come programmazione didattica o pianificazione degli interventi didattici. L'ambiente è il contesto e l'insieme di fattori che regolano e controllano il significato dell'esperien za didattica. A questi elementi vanno aggiunti il pensiero, le azioni, le emozioni, che necessariamente intervengono in ogni evento formativo. L'azione di insegnamento, pur essendo un'azione comunicativa, non si esaurisce in essa, proprio perché mira a far raggiungere un apprendimento il cui significato non può essere ridotto solo a quello cognitivo, costruito dalle conoscenze concettuali (concetti, principi, teorie) e dalle conoscenze procedurali (abilità intellettuali e operative), ma comprende anche l'apprendimento di atteggiamenti e comportamenti significativi (disponibilità positive verso persone, cose, situazioni ed azioni) Apprendimento significa dunque aumentare le proprie competenze, le proprie abilità operative ed i valori di riferimento: quindi sa pere, saper fare e saper essere. Chi insegna, più che esporre, deve "stuzzicare" la curiosità ponendo domande, coinvolgendo le facoltà mentali, provocando l'ansia della ricerca. L'insegnante deve impegnarsi a tutto campo: - costruire tutte le possibili condizioni favorevoli per agevolare l'apprendimento; 14 - favorire un clima di dialogo costruttivo e produttivo. Solo le esperienze scolastiche significative lasciano nella personalità un'impronta che può durare per tutta la vita. Le menti brillanti, le intuizi oni creative non nascono dal nulla ma da adeguate impostazioni didattiche. Non conta, dunque, il "cosa insegno" ma anche il "come insegno". Non è solo il "prodotto" che arricchisce, ma è anche il "processo" che rende fertile la mente. Se gli studenti raggiungono l'obiettivo primario dell'insegnamento, l'esperienza del loro insegnante sarà sicuramente positiva, costruttiva e gratificante. Insegnare è un lavoro molto complesso e per ottenere buoni risultati si richiedono alti livelli culturali generali (teori co-pratici) ed una preparazione professionale specifica. 3. 2 - CARATTERISTICHE DELL'INSEGNAMENTO Per garantire un insegnamento efficace, si deve rimanere costantemente coscienti del fatto che solo l'apprendimento significativo può portare ad una progressiva differenziazione ed integrazione della struttura cognitiva e uno sviluppo parallelo dell'Io di un individuo. L'apprendimento significativo si verifica quando chi apprende decide di mettere in relazione delle nuove informazioni con le conoscenze che g ià possiede. Esso quindi richiede: - conoscenze precedenti: lo studente deve possedere già delle informazioni da mettere in relazione a quelle nuove, perché possano essere apprese in maniera approfondita; - materiale significativo: le conoscenze (per conoscenza si intende un insieme ben organizzato di concetti e proposizioni) da apprendere devono essere rilevanti in rapporto ad altre e devono contenere concetti e proposizioni significativi; - che lo studente scelga di apprendere in modo significativo , ovvero deve decidere consapevolmente di mettere in relazione, in modo non superficiale, le nuove conoscenze con quelle già in suo possesso. L'apprendimento meccanico avviene invece quando chi apprende memorizza le nuove informazioni senza collegarle alle conoscenze precedenti, o quando il materiale da studiare non ha alcuna relazione con tali conoscenze. L'apprendimento puramente meccanico e quello rappresentano i due estremi di un processo continuo. 15 altamente significativo Con il procedere dell'apprendimento significativo si verificano necessariamente lo sviluppo e l'elaborazione dei concetti assimilati. Il processo di perfezionamento dei concetti significativi all'interno della struttura cognitiva, che fornisce loro maggiore precisione e specificità, é chiamato differenziazione progressiva. L'apprendimento diventa allora, tramite la guida strategica dell'insegnante, un processo interattivo di costruzione di conoscenze sulla base di concezioni già esistenti, in cui lo studente viene progressivamente cond otto da una regolazione esterna delle sue attività cognitive ad una personale autoregolazione cognitiva. Questo significa che il soggetto che apprende non è tabula rasa, ma possiede una serie di conoscenze, di idee, di aspettative, dunque una struttura cog nitiva capace di elaborare, nella sua interazione con l'ambiente esterno, le informazioni che dall'ambiente riceve. 3. 3- L'INSEGNANTE La figura dell'insegnante, quale soggetto principale della comunicazione didattico-formativa. Innanzitutto l'insegnante deve possedere CONOSCENZE: ma di che cosa? a) Contenuti d'apprendere (argomento); b) Contesti di apprendimento ovvero di situazioni che devono possedere delle particolari caratteristiche: 1) fisiche: spazi intesi come classe, laboratorio, ambiente es terno. Il contesto fisico dipende da ciò che si vuole insegnare e dalle strategie che scegliamo di utilizzare. Ad esempio per l'insegnamento di una lingua straniera, il contesto ideale potrebbe essere un approccio guidato in un ambiente in cui si parli la lingua che si sta studiando. In quel luogo lo studente potrebbe vedere ed ascoltare tutto ciò che è associato a quel linguaggio. 2) organizzative (attrezzature e risorse sia interne che esterne); 3) culturali (razza, sesso e cultura). E' importante che l'insegnante sia anche in grado di fornire contesti di apprendimento alternativi, che pur avendo talvolta limiti, possano apportare nell'esperienza dello studente eventi di alta qualità educativa (ad esempio l'insegnante, con un semplice filo di nylon ed una pallina posta ad un suo estremo può proporre alla classe il FENOMENO PENDOLO nel caso in cui la scuola sia priva di LABORATORIO DI FISICA). c) Apprendimento umano, ovvero la 16 conoscenza di come gli allievi apprendono; d) Strategie educative, ovvero quelle strategie che possono facilitare l'apprendimento, prendendo atto delle eventuali limitazioni che gli studenti ed il contesto di apprendimento possono avere. L'insegnamento richiede anche sensibilità emotiva da parte dell'insegnante, riguardo allo stato emotivo ed i bisogni dell'Io di chi apprende. La sensibilità emotiva dell'insegnante dipende comunque, dal suo stato e dai suoi bisogni; solo colui che ha piena stima di sé può relazionarsi positivamente con la classe. Nel suo libro " i'm ok, you are ok " Ha rris fa notare come tutti noi, in una certa misura, possiamo sentirci non OK, poiché questo sentimento deriva in parte dalle prime esperienze infantili e fa parte del normale corso della crescita. Nelle situazioni più gravi, i essere così profondamente comportamenti antisociali o esempio, l'abuso di sostanze sentimenti del tipo "Io non s ono OK" possono radicati da spingere ad un'esistenza fatta di di azioni distruttive per la persona, come, ad stupefacenti. Poiché gli uomini vivono in società che non sono p articolarmente adatte a generare sentimenti del tipo "Io sono OK", in cui i pregiudizi etnici, razziali o sessuali possono aggravare i sentimenti negativi, la sfida per l'insegnante consiste nell'affrontare in modo costruttivo, sia per lo studente che per se stesso i molteplici bisogni dell'Io di colui che apprende. La figura dell'insegnante deve in ogni momento trasmettere alla classe affidabilità e credibilità; ciò richiede padronanza dei contenuti e abilità operative. A questo punto si possono analizzare in linee generali i 4 diversi elementi dell'esperienza didattica definiti "luoghi comuni" e che sono: - L'INSEGNANTE; - L'ALLIEVO; - LE MATERIE DI STUDIO; - IL CONTESTO. Gli studi fatti da Joseph Novak nelle scuole, hanno dimostrato che gran parte di ciò che si verifica nell'insegnamento/apprendimento dipende dai metodi di valutazione utilizzati, e così aggiunge la valutazione, come quinto elemento dell'esperienza didattica. In effetti nel bene o nel male, le continue valutazioni di cui siamo oggetto ci dicono se possiamo o no ad esempio guidare un'automobile, laurearci con lode, fare carriera in un'azienda. 17 Purtroppo però molti di quei metodi di valutazione utilizzati, non sono adatti a valutare correttamente le competenze di una persona. I componenti della valutazione, che si rifanno poi alla dell'insegnante, chiamato poi ad esprimere un giudizio sono: responsabilità SOGGETTIVA: espressa dal solo giudizio cognitivo, comportamento); dell'insegnante (stile OGGETTIVA: espressa da ciò che l'allievo ha prodo tto (test, prove) per rendere la valutazione quanto più precisa possibile. Quindi la valutazione soggettiva ed oggettiva, per esprimere un giudizio completo ed attendibile si devono intrecciare. 3. 4 - LA TEORIA DELL'ASSIMILAZIONE La teoria dell'apprendimento per assimilazione di David AUSUBEL, noto studioso americano contemporaneo dei processi cognitivi, si sviluppò principalmente negli Stati Uniti e successivamente in tutto il mondo agl'inizi degli anni '60 con concetti particolarmente importanti sull 'apprendimento nel campo dell'educazione. AUSUBEL presentò per la prima volta la sua teoria dell'apprendimento significativo nel 1962. Comunque i suoi studi iniziarono dalla fine degli anni trenta sino alla fine degli anni 60, periodo in cui in America si sviluppavano sempre più le teorie della psicologia comportamentista, rappresentando la tendenza dominante e dove venivano abbandonate tutte le teorie ritenute inutili riguardo la coscienza, a fronte delle studio del vero e proprio comportamento umano. Il predominio comportamentista, non ostacolò soltanto molte delle idee di AUSUBEL, ma contribuì anche ad ostacolare la diffusione della teoria piagetiana, sviluppatasi a Ginevra a partire dagli anni Venti. Difatti Piaget fu scoperto negli Stati Uniti solo a partire della metà degli anni Sessanta. Non meraviglia quindi che le idee di AUSUBEL sull'apprendimento compissero pochi progressi anche se l'importanza delle sue teorie vennero riconosciute molto presto in alcuni circoli e ottennero un'apprezzabile accoglienza a livello mondiale al di fuori degli stessi Stati Uniti, come in Europa e nei Paesi Asiatici. Joseph Novak, assieme ad un gruppo di lavoro, si avvicinò per la prima volta al lavoro di D. Ausubel nel 1964, analizzando attentamente il suo libro "The psychology of meaningful verbal learning" (1963). Questo libro aiutò considerevolmente a risolvere molte difficoltà incontrate dall'autore nell'interpretazione di alcuni dati relativi al "Problem solving" (Risoluzione di problemi). Utilizzando un modello di apprendimento basato 18 sulla elaborazione delle informazione, il gruppo di lavoro scoprì che il problem solving è una funzione di due indipendenti fattori principali che sono rispettivamente: le conoscenze immagazzinate nella mente e la capacità di elaborare le informazioni. Questi due elementi, sostiene Ausubel, vengono mescolati tra loro durante la fase di acquisizione di nuove conoscenze e l'integrazione fra le vecchie e nuove informazioni dipende sia quantitativamente che qualitativamente dalla struttura cognitiva dell'individuo. Comunque la teoria di Ausubel interessa non solo l'apprendimento cognitivo, cioè all'acquisizione e all'uso delle conoscenze, ma anche dell'apprendimento emotivo, cioè quelle informazioni che vengono immagazzinate nella parte inferiore del nostro cervello che interagiscono con la nostra stessa struttura cognitiva. Non a caso quest'ultima interagisce con pensiero (cognizione) sentimenti (emozioni) ed infine azioni (psicomotorie) in relazione al fatto che Ausubel suggerisce importa nti applicazioni dell'apprendimento nel campo emotivo e psicomotorio. La teoria dell'assimilazione rappresenta una fonte d'informazione essenziale per la ricostruzione di tutte le fasi dell'apprendimento umano, presentando molte difficoltà nella loro comprensione ed interpretazione, dove l'elemento principale è la coerenza; ogni sua parte ha un significato ben specifico relazionato con le restanti parti. Per tale motivo importanza primaria è devoluta alla mappa concettuale, che rappresenta gli elementi chi ave e principi fondamentali contenuti nella sua teoria dell'assimilazione. 3. 5 - AUSILI DIDATTICI ( Mappe concettuali ) In precedenza ho fatto accenno alle mappe concettuali. Ma cos'è una mappa concettuale? Costruire mappe concettuali è un espedi ente per schematizzare un insieme di significati nascosti dentro una rete di proposizioni; la funzione di mettere a fuoco le idee chiave sulle quali ci si deve concentrare per ricostruire il significato dell'oggetto di studio e per dare una configurazione ordinata alla nostra conoscenza. Una volta elaborata la mappa questa ha il vantaggio di visualizzare una serie di percorsi possibili per ricostruire il "paesaggio concettuale". Le mappe concettuali sono strategie utili per organizzare meglio l'intervento didattico; sono, altresì, importanti strumenti di apprendimento per gli allievi. Per costruire una mappa concettuale è necessario individuare il concetto chiave ed organizzarla in modo da snodarsi in un reticolo capace di visualizzare i concetti primari e quelli secondari con i relativi legami. La mappa concettuale è una struttura a rete costituita da concetti racchiusi 19 negli ovali, da linee, da frecce direzionali. * Il concetto chiave è scritto nella parte alta della mappa; * le parole che etichettano i concetti, parole oggetto e parole evento, sono inserite negli ovali; * in un ovale va inserito un solo concetto (non necessariamente una sola parola); * i concetti vanno scritti in un ordine tale da riportare in alto i concetti più generali, in basso quelli più specifici; * gli esempi ed i nomi propri non vanno inseriti negli ovali; * gli ovali sono legati da linee di connessione che indicano le relazioni tra i in concetti; * le linee di connessione vanno sempre etichettate da parole legame o da ve rbi e precisano le relazioni tra i concetti; * i legami trasversali sono orientati mediante frecce per favorire una corretta lettura della mappa; * la mappa va letta dall'alto verso il basso e da sinistra verso destra. Esempio di mappe concettuali: 1° Esempio: Innovazione scientifiche e modernità Storia Il boom tecnologico d'inizio secolo e le crisi del 1921 e 1929 St. dell'Arte L'architettura moderna come conseguenza dello sviluppo tecnologico Italiano Verga e il verismo Inglese Thomas Hardy Francese Zola e il naturalismo Filosofia Il positivismo di Comte Greco L'atomismo di Democrito: un modello scientifico Latino L'atomismo nel De Rerum natura di Lucrezio Fisica L'elettromagnetismo e elettrosmog Geogr. astr. Alcuni metodi di ricerca astrofisica 20 2° Esempio Il lavoro e la rivoluzione industriale Italiano Tre operai Marcovaldo Il futurismo di di Bernari Calvino Storia La rivoluzione industriale Filosofia L’alienazione economica e il valore lavoro (Ricardo e Marx) Inglese Hard Times di Dickens Francese Germinal di Zola Tedesco Die Weber di Hauptmann Storia dell’arte L’Art Nouveau: l’uso dei nuovi materiali in architettura e nelle arti applicate Matematica Le ricerche di Cantor e Dedekind sugli infiniti Fisica Guglielmo Marconi e la nascita della radiotelegrafia: nozioni teoriche sull’induzione elettromagnetica Chimica Il petrolio e le sue proprietà La trasformazione del carbone in gas: le prime illuminazioni pubbliche a metano Geografia astronomica L’industrializzazione e la trasformazione del paesaggio rurale 21 Geografia economica Il cambiamento dei sistemi economico produttivi in seguito ai processi di industrializzazione Diritto Le leggi a tutela della sicurezza dei lavoratori edili Economia e sociologia Nascita e diffusione dei sistemi socialista e liberista Scienza delle finanze Da Adam Smith al neoliberismo Ragioneria La rilevazione contabile delle scritture relative al personale dipendente Tecnica bancaria Il calcolo contributivo applicato ai dipendenti Costruzioni Le deformazioni nel ferro e nel cemento armato Tecnologia delle costruzioni Nuovi materiali cemento armato Geometria descrittiva Commento su un disegno in prospettiva, eseguito con il metodo delle proiezioni centrali, di un monumento dell’Art Nouveau Educazione visiva Analisi linguistico-visiva di un’opera discussa in storia dell’arte Prospettiva e architettura Pianta, sezione e/o prospetto, prospettiva e analisi critica di un monumento Art Nouveau Ornato disegnato e modellato Composizione grafica o modellata sul tema 22 costruttivi: ferro, vetro, 4 . - L'Andragogia L'Andragogia è l'arte antica di far apprendere gli adulti. L'Andragogia è una teoria unitaria dell'apprendiment o e di educazione degli adulti. Il termine Andragogia, dal greco andros, uomo, e ago, condurre, è stato coniato in contrapposizione a quello di pedagogia, che deriva dal greco pais, bambino, e ago, condurre. Si tratta di un modello incentrato sulla comprensione della diversità di bisogni e interessi di apprendimento degli adulti rispetto ai bambini, che ha trovato in Malcom Knowles il suo massimo esponente. Il termine Andragogia venne ufficialmente coniato nel 1833 in Germania, ad opera di Alexander Kapp, e quindi riconsiderata in Germania, Olan da, Gran Bretagna e negli Stati Uniti solo un secolo dopo. Mentre la pedagogia attribuisce all'insegnante la piena responsabilità delle decisioni riguardo ai contenuti, alle modalità e alla valutazione di tutto quello che verrà appreso, lasciando al discen te il ruolo subordinato, l'educazione degli adulti è la primissima forma di educazione sistematica che vede al centro l'individuo. Tutti i grandi maestri dei tempi antichi insegnavano ad adulti. Grazie alle loro esperienze con gli adulti questi maestri con sideravano l'apprendimento come un processo di ricerca attiva, non come una ricezione passiva di contenuti, ed inventarono di conseguenza tecniche per coinvolgere attivamente i discenti. Concetti fondamentali L'Andragogia ha come assioma che gli adulti, ne lla fase di apprendimento, sentono il bisogno di diventare autonomi, ossia di utilizzare l'esperienza formativa, di riconoscere la loro disponibilità ad apprendere e di organizzare le informazioni legate ai loro problemi reali. La teoria andragogica si basa sui seguenti presupposti fondamentali: 1. Il bisogno di conoscere: gli adulti sentono l'esigenza di sapere perché occorra apprendere qualcosa e in questo processo investono una considerevole energia. Esaminare sempre i vantaggi che trarranno dall'apprendimento. Il primo compito del consulente è aiutare gli individui in questo risveglio di consapevolezza per migliorare l'efficienza delle loro performance e della loro qualità di vita. 2. Il concetto di sé del discente: gli adulti hanno un concetto di sé di persone autonome e responsabili. Tuttavia nella formazione ritornano al 23 vecchio modello studente/dipendente, al condizionamento ricevuto nelle loro precedenti esperienze scolastiche e spesso incrociano le braccia dicendo: "Insegnatemi!". Il formatore ha il com pito di sollecitare l'attività di apprendimento. 3. Il ruolo dell'esperienza: la maggiore esperienza degli adulti assicura maggiore ricchezza e possibilità d'utilizzo di risorse interne. Qualsiasi gruppo di adulti sarà più eterogeneo - in termini di background, stile di apprendimento, motivazioni, bisogni, interessi e obiettivi - di quanto non accada in gruppi di giovani. Il consulente pone l'accento sulle 4. tecniche esperienziali piuttosto che trasmissive e sulle attività di aiuto tra pari. La maggiore esperienza può avere anche tratti negativi nel senso di una maggiore rigidezza negli abiti mentali, delle prevenzioni, delle presupposizioni e nella chiusura rispetto a idee nuove e diverse modalità di approccio. Un'altra ragione che sottolinea l'importanza dell 'esperienza è che, mentre per i bambini l'esperienza è qualcosa che capita loro, per gli adulti essa rappresenta chi sono. Essi, cioè, tendono a derivare la loro identità personale dalle loro esperienze. 5. La disponibilità ad apprendere: quanto viene insegnato deve migliorare le competenze e deve poter essere applicato in modo efficace nella vita quotidiana. 6. L'orientamento verso l'apprendimento: non deve essere centrato sulle materie ma sulla vita reale. 7. La motivazione: nel caso degli adulti le motivazioni interne sono in genere più forti delle pressioni esterne. Gli adulti sono motivati a continuare a crescere e ad evolversi, ma questa motivazione spesso viene inibita da barriere interne legate ad un concetto negativo di sé. In questo gioca anche un ruolo fondamentale la promozione dell'autodeterminazione, soddisfacendo i bisogni psicologici innati di competenza, di autonomia e di relazione. La competenza consiste nel sentirsi capaci di agire sull'ambiente sperimentando sensazioni di controllo personale. L'autonomia si riferisce alla possibilità di decidere personalmente cosa fare e come. Il bisogno di relazione riguarda la necessità di mantenere e costituire legami in ambito sociale. 24 5. – PSICOLOGIA E COMUNICAZIONE Comunicazione Elementi della comunicazione: Tutto quello che facciamo nel corso dell'esistenza è determinato dal nostro modo di comunicare. Nel nostro mondo, la qualità della vita è tutt'uno con la qualità delle comunicazioni: da quel che pensiamo e diciamo di noi stessi, dal nostro modo di muoverci e di servirci del nostro corpo dipenderà fino a che punto saremo in grado di utilizzare quel che sappiamo. Tutti noi produciamo due forme di comunicazione: interne (sono le cose che immaginiamo, diciamo e sentiamo nel nostro intimo ) ed esterne (parole, tonalità della voce, espressioni del viso, comportamenti, ...). Ogni comunicazione è un'azione ed ha una conseguenza per noi e per gli altri. Dal livello di padronanza della comunicazione col mondo esterno dipendono le relazioni (affettive, professionali, sociali, ...) positive ed efficaci che instauriamo con gli altri. E ancor più importante , il livello di soddisfazione, di felicità, di "successo" che si prova nella vita è il diretto risultato del nostro modo di comunicare con noi stessi. Come ci sentiamo, non deriva da ciò che ci accade nella vita, ma dalla nostra interpretazione di ciò che accade, da quello che ci diciamo o ci chiediamo . Non comunicare è impossibile ELEMENTI DELLA COMUNICAZIONE MESSAGGIO CODICE -- -- - -- -- -- - -- -- -- - -- -- -- - - -- -- - -- Codifica Decodifica EMITTENTE DESTINATARIO CANALE FEEDBACK 25 CODICE MESSAGGIO quella struttura cognitiva (storia, spiegazione, se gnalazione, richiesta…) che è presente nella mente di chi da l’avvio alla comunicazione e che intende trasmettere al destinatario, rendere presente nella sua mente CODICE l’insieme degli elementi semantici e sintattici che costituiscono un certo linguaggio. [. es. una lingua ( italiano, inglese, dialetto) , linguaggio con altri elementi (matematici, grafici, musicali ecc.)] EMITTENTE colui che avvia la comunicazione, chi elabora un messaggio mentalmente , gli da un codice espressivo, lo affida ad un canale con l’obiettivo di farlo arrivare a destinazione CANALE tutto ciò che si trova tra emittente e ricevente. P. es. le vibrazioni nell’aria prodotte dalla voce, la linea telefonica, la posta tradizionale, quella elettronica, la registrazione e la registrazio ne radiofonica o televisiva DESTINATARIO colui cui è diretta la comunicazione . presente o assente ( p. es. de visu o telefonicamente) o presente virtualmente ( lettera , video) FEEDBACK letteralmente “alimentazione di ritorno” , segnali dal riceven te all’emittente; immediato e completo (de visu) , limitato (telefono), ridotto e differito (lettera). Il f. può comunicare molto: attenzione, distrazione, noia, stanchezza, saturazione psichica, comprensione, assenso, dissenso ecc. ecc. La mancanza di f. generalmente provoca disagio comunicativo nell’emittente del messaggio che non percepisce alcun “ritorno” DIFFICOLTA’ NELLA COMUNICAZIONE Possibili cause di incompletezza nella comunicazione ( parti mancanti nel messaggio) o distorsione e fraintendimen to ( parti interpretate con significato differente da emitt. e ricev.) MESSAGGIO assenza di struttura; mancanza di ordine logico (argomentazioni in ordine sparso, inversioni, ritorni improvvisi); ripetizioni superflue, passaggi non meditati, omissioni. I l messaggio risulta piatto, monotono, confuso o carente – E’ necessaria una maggior organizzazione e riflessione sugli elementi del messaggio stesso CODICE inadatto al messaggio (p. es. utilizzare un linguaggio comune x affrontare un tema specialistico co n addetti ai lavori); non condiviso (l’esempio opposto al precedente). CANALE i disturbi (scariche elettriche del telefono, grafia illeggibile di una lettera, pagine strappate di un libro, rumore di fondo nella comunicazione verbale o invisibilità dell’emittente p. es . il prof “nascosto” dietro alla cattedra) – Strategia della “leggera ridondanza” : ripetere presentando con termini leggermente diversi il contenuto del messaggio appena presentato. Utile in classe per dare la possibilità di ricevere il mes saggio a chi si è perso la prima esposizione e per “capire di aver capito” a chi invece lo ha già recepito. EMITTENTE/DESTINATARIO atteggiamento egocentrico. X l’em. egocentrismo cognitivo e valutativo, x il ricev. atteggiamento tipico dell’aver recepito tutto quanto c’era da recepire nel messaggio, senza significati incompresi o sfuggiti. Emittente: sviluppare la tendenza al “dubbio sistematico” Ricevente: chiedersi/chiedere chiarimenti 26 FEEDBACK l’emittente dovrebbe privilegiare f. completo e possibilment e immediato, provocandolo se non spontaneo. Necessario inoltre abituarsi a coglierlo, a leggerlo attribuendo significato anche ai minimi segnali Ogni comunicazione può avvenire su due piani: quello analogico, cioè della relazione, e quello digitale, del c ontenuto. Attraverso il contenuto si hanno delle informazioni, attraverso la relazione si hanno informazioni sulle informazioni. L’informazione è un processo in cui il messaggio passa da un emittente a un ricevente, è unidirezionale e non necessita di pa rtecipazione emotiva, né richiede la presenza si una relazione per compiersi. L’informazione non si identifica dunque con la comunicazione che è invece espressione dell’esistenza di una relazione interpersonale e dell’investimento affettivo in essa presente, se mai ne è uno degli elementi costitutivi. La comunicazione è un processo di scambio e di influenzamento reciproco che avviene in un determinato contesto (Watzlawick). La comunicazione infatti è un’esperienza usuale e continua di relazione con gli altr i, tende quindi ad influenzare reciprocamente le persone in relazione. Le variabili della comunicazione: La simmetria basata sull'uguaglianza delle posizioni delle persone in relazione (ad es. due amici o colleghi); questa interazione generalmente facilita l'efficacia comunicativa La complementarità prevede che i due partner in relazione siano in posizione diversa: supremazia e dipendenza (ad es. il rapporto medico -paziente) Punteggiatura il diverso modo di "mettere le pause" incide sulla comprensione del messaggio comunicazione non verbale L'aspetto esteriore, le scelte in fatto di abbigliamento, i gesti, la posizione assunta nello spazio, il tipo di vicinanza fisica, il tono della voce ecc. La teoria dei "primi cinque minuti 27 Elementi della comunicazione Principio della comunicazione di Warren G. Bennis Esiste un arco di distorsione tra ciò che si vuole trasmettere, sommato a quello che si comunica non intenzionalmente, e ciò che il ricevente accoglie. Questo avviene perché la comunicazione è costituita, oltre che dalla componente razionale, anche da quella emotiva ed è fortemente influenzata dalle personalità diverse che si mettono in relazione,dalla nostra storia, cultura, dalle aspettative e dalle motivazioni, ed anche dai meccanismi della percezione e di difesa. Finestra di Johary: descrive le dinamiche delle relazioni sociali Noto ad altri Ignoto ad altri Noto a me pubblico privato Ignoto a me cieco ignoto Area pubblica: quello che so di me e che gli altri sanno di me Area cieca: quello che non so di me ma che gli altri sanno di me 28 Area privata: quello che so di me ma che gli altri non sanno Area ignota: sconosciuta a me e agli altri Abitualmente tendiamo a fornire un’immagine di noi e ad accettare l’immagine che gli altri ci danno di sé: “la norma sociale impone di non dire ad altri la nostra impressione su di loro se diversa dall’immagine che presentano di loro stessi” Le interferenze Rappresentano tutti gli impedimenti, gli ostacoli che disturbano il canale usato per la comunicazione (il treno che passa mentre sto parlando, l’ascoltatore che non ascolta mentre parlo, le parole troppo piccole usate sui lucidi a lezione) Dato che le interferenze possono annullare o modificare sensibilmente il messaggio di partenza, bisogna fare attenzione che: - la fonte sia in grado di costruire il messaggio in modo chiaro e comprensibile i veicoli di trasmissione siano in grado di convoglia re il messaggio e tradurre fedelmente il senso dato al destinatario il canale sia libero da interferenze il destinatario sia in grado di ricevere il messaggio (deve potermi ascoltare, deve capire il mio linguaggio, la terminologia che uso) il messaggio arrivi nella “stessa” forma, calore e intensità di partenza. Prevenire le interferenze significa controllare ed osservare attentamente ogni passaggio del messaggio, dall’emittente al ricevente, questo controllo è possibile attraverso il feedback FEEDBACK Per una buona comunicazione è importante saper cogliere il feed -back (informazione di ritorno) che ci viene sempre veicolato dall'interlocutore sia verbalmente che non. Il feed-back può essere considerato un fattore di controllo della comunicazione, perché consente di verificare l'effetto che i nostri messaggi producono sull'altro. Abbiamo tre possibilità di risposta: il feed-back positivo: è un messaggio di conferma, nel quale si approva ciò che l'altro ha detto (ad es. la lode). Significa "Tu esisti, sono d'accordo con te". il feed-back negativo: è un messaggio di negazione di quanto è stato detto (ad es. la critica). Significa "Tu esisti, ma non sono d'accordo con te". la disconferma: è una comunicazione patologica perché non prende in considerazione ciò che l'altro ha detto. Spesso è veicolata attraverso una 29 comunicazione non verbale (ad es. voltare il viso dall'altra parte). Significa "Tu non esisti” Gli obiettivi del feedback sono: - - fare chiarezza- è necessario parlarsi reciprocamente ed evitare che ognuno comunichi per conto proprio, senza ascoltare evitare malintesi – è possibile che in una comunicazione ci possano essere cattive interpretazioni del messaggio. Il feedback permette di effettuare una verifica, rivedere il messaggio e spiegarlo in modo più chiaro. Costruire la relazione : far capire infatti all’altra persona che siamo interessati alla comprensione del suo messaggio, quindi alla sua persona, influenza positivamente la relazione che si sta costruendo. Tutto questo perché si presuppone che in una comunicazione: vero non è quello che ha detto l’emittente vero è sempre quello che ha udito il ricevente se non altro per il ricevente stesso Empatia e comprensione sono aspetti costruttivi comunicativa, in particolare di quella aiutant e: della relazione principi: ogni persona va considerata come dotata di valore e dignità propria - rispetto dell’individualità - rispetto delle capacità dell’individuo e del suo diritto di autodirezione - è l’individuo che deve distinguere e scegliere i propri valori - rispetto per la capacità di autodeterminazione della persona - convinzione che vi sia una tendenza e una possibilità di crescita Accettare: significa bandire ogni forma di valutazione dell’altro L’interlocutore empatico: - sperimenta con immediatezza e ricchezza di s fumature i sentimenti e le idee espresse dall’interlocutore. - Accetta il vissuto di tali sentimenti e idee nella loro evoluzione. - Esprime in maniera adeguata i propri sentimenti e vissuti. - Formula i propri costrutti personali in maniera flessibile nella for ma di ipotesi da confrontare continuamente con la dinamica delle esperienze. - Sa essere tempestivo nella comprensione che risulta tanto più efficace quanto più si manifesta immediatamente in seguito, e in relazione a, le verbalizzazioni dell’interlocutore. - Bisogna infatti ricordare che l'identità di una persona si costruisce "all'interno di relazioni emotivamente significative". La relazione è spazio di incontro e 30 dialogo, " luogo emotivo e cognitivo" nel quale si struttura il modo di vedere se stessi, gli altri e la realtà.La relazione significativa è rappresentata da un rapporto di comunicazione e riconoscimento, nutrito e garantito da "affettività, continuità e coerenza". Come fare a rendere più efficace la comunicazione col malato? l'uso di un codice comune con l'attenzione al contesto culturale dell'interlocutore l'ascolto di ogni feed-back anche non verbale la disponibilità a modificare il messaggio se comprendiamo di non essere stati chiari le riflessioni sui nostri atteggiamenti e le corrispondent i forme linguistiche che possono facilitare la comunicazione: far domande aperte, evitare affermazioni perentorie, usare frasi di comprensione piuttosto che di valutazione... la consapevolezza di essere mossi dai meccanismi di difesa e da quelli della percezione Riassumendo: I cinque assiomi della comunicazione costituiscono i famosi presupposti da cui si è sviluppata la "pragmatica della comunicazione", li riassumiamo in questo modo: 1) Il presupposto principale è che in una relazione tra persone non è m ai possibile non comunicare, dunque ogni atteggiamento, comportamento o silenzio costituisce per l'altro una precisa comunicazione. 2) Si può comunicare sia a livello verbale, che attraverso gesti, comportamenti nonché con l'uso del tono, del timbro e del ritmo della voce. 3) Ogni comunicazione ha due aspetti, uno di contenuto e uno di relazione tra le persone coinvolte. 4) Il senso della comunicazione, nonché il suo significato, dipendono dalla punteggiatura che viene fatta dagli interlocutori, o che vien e tracciata da un osservatore esterno. 5) Gli scambi comunicativi tra due o più persone possono essere simmetrici (qualora siano basati sull'uguaglianza) o complementari (nel momento in cui sono basati sulla differenza). La comunicazione è un contenuto in un contesto, cioè una notizia, un dato, un'informazione, un'opinione rispetto ad una precisa relazione, ad un particolare interlocutore, ad un rapporto tra chi comunica e chi ascolta. Tutto ciò che descrive il rapporto tra due persone costituisce una meta comunicazione, cioè a dire una comunicazione sulla comunicazione; la relazione il più delle volte viene descritta a livello non verbale, attraverso gesti, comportamenti, modi di parlare. 31 La comunicazione dunque non è fatta solo di parole, si usano sì simbo li che rappresentano ciò che si vuole comunicare, parole, nomi, numeri, ma la comunicazione è per lo più basata su rappresentazioni di ciò che si desidera comunicare come gesti, disegni toni vocali, inflessioni , movimenti, ritmi e volumi della voce, e così via. La comunicazione è poi un episodio in una storia, il significato di ciò che vien detto e di ciò che succede, dipende dalla storia dei fatti che dipende a sua volta da come sono stati punteggiati gli avvenimenti: chi ha iniziato a parlare, chi ha risposto a chi, chi ha reagito alla risposta e via dicendo; se si è in disaccordo sulla punteggiatura si creano conflitti, incomprensioni, equivoci. La comunicazione è ancora fatta di sintonie e di competizioni, ogni messaggio può essere letto come dichiarazione di superiorità o inferiorità dell'uno verso l'altro, dal momento che la posizione dell'altra persona è accettata si ha sintonia, altrimenti detta complementarietà, se invece ci si trova in una posizione competitiva ci si trova in simmetria. Infine, la comunicazione è inevitabile dal momento che ogni comportamento, linguistico o gestuale che sia, costituisce una comunicazione. Comunicare significa mettere in comune mappe del mondo differenti, uscire dalla ristrettezza della propria visione del mondo, agg iungendo in tal modo qualcosa a ciò che già si possiede. Per far ciò molto spesso è importante saper ascoltare, orientandosi in modo attivo alla comprensione degli altri prima di esprimere qualunque giudizio di sorta.E' fondamentale per un buon ascolto entrare in sintonia con l'altra persona, attivando un continuo feedback durante la comunicazione, com-prendendo l'interlocutore, senza fermarsi alle parole, dedicando attenzione ai comportamenti che esprimono emozioni, attraverso atteggiamenti quali il tono della voce, i silenzi-assensi, la gestualità, la postura, lo sguardo, le espressioni mimiche, ecc.. Ognuno è responsabile, per quanto lo riguarda, dello sviluppo della propria capacità comunicativa, divenendo consapevole delle proprie qualità, affinando i propri strumenti, risultando capace di attivarsi nell'ascolto. Nel momento che mi oriento in una buona sintonia verso gli altri ho bisogno di una grande chiarezza verso i miei obiettivi, per fare chiarezza sugli obiettivi devo essere in grado di decodificare la diversità dei punti di vista, le differenti mappe dell'organizzazione, e saper dunque punteggiare gli eventi. La sintonia con l'altro è il primo mezzo da raggiungere per qualunque obiettivo abbia scelto, per questa ragione va SISTEMI RAPPRESENTAZIONAL I O SENSORIALI Noi non percepiamo direttamente la realtà: noi vediamo (e sentiamo etc.) ciò che la nostra mente percepisce della realtà.Ciò che noi percepiamo della realtà lo traduciamo in rappresentazioni interne comportamento e lo condizionano. 32 che influiscono sul nostro Si creano delle strategie di comportamento in base alle informazioni che riceviamo dall’ambiente tramite i nostri canali sensoriali. Un modello di comportamento soggettivo è la “mappa del mondo che non è il mondo”. I sistemi rappresentazionali sono le modalità sensoriali attraverso le quali si dà significato all’esperienza individuale. Le informazioni vengono raccolte attraverso tutti i canali, ma sono elaborate attraverso alcuni canali sensoriali privilegiati seguendo una determinata strategia. Ogni essere umano si rappresenta il mondo privilegiando in ogni momento uno dei tre canali (visivo; uditivo; cenestesico;), il quale diverrà il suo sistema rappresentazionale della realtà primario. Gli altri due interverranno in misura minore, infatti vengono definiti sistemi rappresentazionali secondari. VISIVO (V) sono riconoscibili per la postura diritta, per l’orientamento degli occhi prevalentemente verso l’alto o frontale, per la respirazione alta, voce acuta, frasi brevi e periodi meno l etterari.; tenderà inoltre a dare molta importanza all’aspetto estetico. Mentre parla utilizzerà: vedo.....mi è chiaro........bello ecc. ecc. UDITIVO(A) durante una conversazione muove gli occhi lateralmente, ha una respirazione più toracica, impara ascol tando e rispetto al visivo ha maggiori capacità riflessive. La voce è melodica e racconta più lungamente. Gli avverbi che utilizzerà sono: “ Mi suona bene” CENESTESICO (k) ha una respirazione addominale, ama il contatto fisico e tutto ciò che ha a che vedere con tatto gusto e olfatto; ha una gestualità lenta, meno considerazione dell’aspetto esterno delle cose rispetto ai contenuti; memorizza facendo pratica. La voce è profonda e spesso parla poco. Si focalizza sull’altro! 33 Il rapport è il processo attraverso il quale si stabilisce e si mantiene un buon rapporto interpersonale di reciproca fiducia e accordo,cioè una relazione costruttiva In genere il rapport si stabilisce a livello inconscio. mpostano spontaneamente un buon rapporto con gli altri non sono, in genere, in grado di descrivere come si crea questo processo. Analizzando però i loro comportamenti, si scopre che rispondono sempre ad una strategia, anche se inconsciamente. il rapporto si può stabilire per mezzo di tecniche consapevoli e scientifiche. Dipende quindi dalla capacità del programmatore osservare le modifiche sensoriali delle persone e rispondere appropriatamente a queste modifiche. delle persone, dei segnali di accesso ed essere capaci di adeguare il proprio comportamento alle risposte delle persone sono, come abbiamo visto, requisiti essenziali per lo sviluppo del rapport. individuare le cose importanti per una persona ossia i suoi valori. rtare divergenze di opinioni prima di aver instaurato un buon rapport, altrimenti la rottura del rapport sarà inevitabile. verbale bisogna eliminare le negazioni, perché rischiamo di mandare il messaggio contrario a quello che si vorrebbe. Esempio:”non sei antipatico” Il nostro cervello decodificherà il messaggio come "sei antipatico”! Una volta stabilito il rapport con la CNV è necessario stare attenti al nostro linguaggio che normalmente è molto confusionale. "Le parole le porta via il tempo.Io ti guardo osservo il tuo comportamento ciò che fai chi sei non mi lascio traviare dalle tue parole" (A.Mini) guida. E' impressionante come possano essere abbattuti i "muri di freddezza" se si impara ad ascoltare, osservare e sentire l'altro!" Quando si stabilisce quella speciale in tesa tra due perone, l'uno sarà portato inconsciamente e più facilmente a rispondere in modo positivo agli stimoli dell'altro. Attraverso il rispecchiamento rimandiamo all'interlocutore, con il nostro atteggiamento, lo stesso comportamento che appartiene a l suo modello del mondo. Si diventa uno lo specchio dell'altro, ad esempio: le gambe accavallate durante 34 un discorso; le dita delle mani intrecciate tra loro, fino ad arrivare al tono di voce e alla respirazione che è uno dei rispecchiamenti più potenti, b asti pensare al neonato che si addormenta fra le braccia della madre perché il suo respiro lo rassicura. Tutto ciò verrà percepito dall'inconscio del nostro interlocutore come somiglianza, affinità. Rispecchiare vuol dire entrare in sintonia con rispetto e delicatezza senza cadere nell'invadenza o infastidire. EMOZIONE deriva dal latino "ex-moveo", che significa 'muovere -fuori, uscire, sgorgare': Le emozioni sono state definite come delle reazioni affettive, in genere brevi ma intense, che insorgono all’im provviso in risposta a degli stimoli ambientali che per un qualunque motivo ci colpiscono. La differenza che le contraddistingue dai sentimenti è che questi ultimi non dipendono da uno stimolo esterno ma dai nostri interessi, dai nostri valori, dalle influenze del nostro contesto culturale, persistono nel tempo, indipendentemente dalla presenza vicino a noi di ciò che ci attira Le emozioni primarie sono sette: la paura, la rabbia, la tristezza, l’accettazione, il disgusto, l’attesa e la sorpresa. Dalle com binazione di queste sette emozioni derivano tutte le altre. Il movimento emozionale, in cui si manifesta la profonda unità di psiche e corpo, coinvolge il nostro organismo nei vari aspetti della sua globalità e si esprime ad esempio con: - - il pensiero logico («mi piace questa cosa perché, mi arrabbio perché ....»), la fantasia (immaginare situazioni, ricordare, fantasticare, ...), l'espressione muscolare (pensiamo alla mimica facciale come forma privilegiata di espressione emotiva, l'atteggiamento del corpo c he varia a seconda dell'emozione provata, le tensioni muscolari quando alcune emozioni vengono controllate, ecc.), il sistema nervoso vegetativo (sudori, pallori, battito cardiaco, temperatura corporea, ritmo respiratorio, ecc.), il sistema endocrino, ecc.. Possiamo schematicamente illustrare il percorso dell'attivazione emozionale in questo modo: stimolo => ; reazione dell'organismo => emozione => espressione verbale e/o comportamento. Alcune emozioni ci permettono di affrontare le situazioni di pericolo (fisico od affettivo) e di far valere i nostri bisogni, quali ad es. aggressività, rabbia, paura, con i relativi comportamenti di attacco o di fuga, di 'andare verso' o di 'allontanarsi da'; 35 altre emozioni esprimono un movimento più distensivo, un abband onarsi, quali tenerezza, gioia, piacere, ecc. In quanto risposta dell'intero organismo all'interazione con l'esterno, non vi sono emozioni buone o cattive, ma emozioni congruenti con gli eventi oppure no, adeguate alla situazione oppure inadeguate e che p ossono pertanto avere conseguenze non gradevoli la espressione o non espressione delle emozioni è correlata al grado di stress cronico della persona e quindi alla condizione di benessere o malessere. Infatti è proprio l'emozione trattenuta ( ad es. attrav erso un respiro lieve e superficiale, attraverso la tensione muscolare cronica e l'inibizione del movimento, oppure non riconoscendola a livello cognitivo, ecc.) che comporta una condizione di continua tensione e allarme (stress) che causa malessere ed è fattore concausale di molti disturbi, sia psicoaffettivi che somatici. Ad es. nella cefalea si incontrano spesso situazioni di dolori muscolari al collo, nella zona cervicale, con forti mal di testa che coinvolgono anche gli occhi, le tempie, ecc.; quasi sempre ciò si accompagna ad una situazione di forte controllo razionale e difficoltà, a volte vera e propria incapacità, di esprimere la rabbia: la persona prova forti sentimenti di rabbia nelle situazioni (ad es. di lavoro, nel rapporto col partner o altro) , ma nel suo comportamento prevale la disponibilità, il sorriso, l'arrendevolezza Benessere non significa assenza di emozioni forti o dolorose, ma poter vivere pienamente le emozioni congrue alle situazioni di vita, siano esse rabbia, aggressività, tenerezza, paura, abbandono, ecc.. Glossario: Capacità o abilità personali : l’empatia, la capacità di adattamento alle diverse situazioni, l’autocontrollo, l’iniziativa e la fiducia in se stessi, la competenza nella gestione del lavoro e la capacità nel costrui re relazioni in modo creativo ed efficiente. “intelligenza emotiva” (Goleman)è la capacità delle persone di affrontare in modo efficace ed ottimale le difficoltà della vita. La possibilità di contattare intimamente le proprie emozioni è data proprio da questa intelligenza emotiva e consente all’individuo di sviluppare la propria personalità in modo flessibile e creativo le abilità che compongono l’intelligenza emotiva sono 5 - la consapevolezza :capacità di distinguere e dare nome alle proprie emozioni, il riconoscimento dei segnali fisiologici che indicano il sopraggiungere dell’emozione, capacità di comprendere le cause che determinano l’emozione - controllo: degli impulsi, dell’aggressività rivolta verso gli altri e verso se stessi - capacità di sapersi motivare: capacità di incanalare, energizzare, armonizzare le emozioni dirigendole verso un obiettivo, tendenza a reagire attivamente alle frustrazioni e alle delusioni 36 - empatia: capacità di riconoscere gli indizi emozionali altrui, sensibilità alla prospettiva dell’altro gestione efficace: delle relazioni interpersonali, capacità di negoziare i conflitti tendendo alla risoluzione delle situazioni problematiche, capacità di comunicare efficacemente con gli altri. LA RABBIA È un’ emozione considerata fondame ntale da tutte le teorie psicologiche poiché per essa è possibile identificare una specifica origine funzionale, degli antecedenti caratteristici, delle manifestazioni espressive e delle modificazioni fisiologiche costanti, e delle prevedibili tendenze all ’azione. Per la maggior parte delle teorie la rabbia rappresenta la tipica reazione alla frustrazione e alla costrizione, sia fisica che psicologica. Ancor più che le circostanze concrete del danno, quello che più pesa nell’attivare la rabbia sembra essere la volontà che si attribuisce all’altro di ferire e l’eventuale possibilità di evitare l’evento frustrante. Ci si arrabbia infatti quando qualcuno o qualcosa si oppone alla realizzazione di un nostro bisogno, e soprattutto quando viene percepita l’intenzi onalità di ostacolare l’appagamento. Fondamentalmente sono 3 i possibili destinatari finali della nostra rabbia: - l’oggetto che provoca la frustrazione - un oggetto diverso rispetto a quello che provoca la frustrazione (spostamento) - se stessi come il corpo manifesta la rabbia? Esiste una tipica espressione facciale, riconoscibile in tutte le culture studiate (per es: aggrottare sopracciglia e fronte) irrigidimento muscolatura. Le sensazioni soggettive più frequenti: paura di perdere il controllo, irrigidimento, irrequietezza, calore. La voce si fa più intensa, tono minaccioso e stridulo. L’organismo si prepara all’azione Le variazioni psicofisiologiche sono quelle tipiche di una forte attivazione del sistema nervoso autonomo: accelerazione battito cardiaco, aumento pressione arteriosa e irrorazione dei vada sanguigni periferici, aumento tensione muscolare e sudorazione. Gli studi effettuati sull’inibizione delle manifestazioni aggressive sembrano indicare che chi non esprime in alcun modo i propri sentiment i di rabbia tende a viverli per un tempo più lungo. I motivi alla base di un attacco di rabbia riguardano maggiormente, negli uomini, alla frustrazione di attività connesse con l’immagine e la realizzazione di sé. Arrabbiarsi, motivando chiaramente le moti vazioni dello scontento, sembra essere una procedura per ottenere un utile cambiamento. 37 STRESS Lo stress rappresenta un cambiamento di tendenza della linea del nostro vivere quotidiano, può essere causato da eventi clamorosi o da piccoli e significat ivi mutamenti di rotta. Hans Seyle sostiene che lo stress non necessariamente va sempre inteso come negativo. Anzi la rottura di un preesistente stato di equilibrio e la conseguente reazione fisiologica innescata sono l’indispensabile premessa per consenti re l’azione di processi adattivi all’ambiente. Possiamo allora distinguere tra Uno stress “buono” (eustress) funzionale all’incremento delle capacità di adattamento del singolo a fornite dei mutamenti del suo ambiente, ed uno Stress “ cattivo”(distress), che provoca l’annientamento dell’individuo che soccombe al mutamento. Possiamo inoltre distinguere tra uno stress fisiologico: che attiva una risposta facilmente reversibile e non quantitativamente eccessiva, e uno stress patologico, che induce una rispost a irreversibile, in quanto proporzionata e troppo prolungata nel tempo rispetto alle effettive risorse dell’organismo. Da quanto esposto sino ad ora è già possibile intuire che non tutte le persone reagiranno al medesimo evento sentendosi “stressati” Infatti tra la comparsa dell’evento potenzialmente stressante e l’attivazione neuroendocrina, si inserisce la soggettiva valutazione, filtraggio, e attribuzione di significato dell’evento stesso (e delle risorse presenti a far fronte) Il cognitivista Singer arrivò a definire lo “stressor” come un vero e proprio costrutto mentale, prescindendo quindi dalle sue caratteristiche fisiche. Ciò che differenzia ciascuno nella reazione al medesimo stressor è lo stile di coping (far fronte a ), nel quale convergono: - il significato attribuito all’evento - le aspettative generate da esso - la valutazione delle proprie risorse a fronte di esso - le tracce lasciate da esperienze simili in passato - le disposizioni all’azione nei confronti di esso Psicologicamente uno stile di coping risulta efficace, in senso lato, se la persona riesce a ricostruire il proprio equilibrio emotivo La personalità tipo C - LA PERSONALITA’ DA CANCRO La legittima domanda che ci si pone da secoli è se esista una configurazione di tratti psicologici che predisponga al tumore più di altre. Negli anni ’80 un gruppo di ricercatori europei (Morris, Greer, Grossarth Maticek, Temoshok) ha identificato una particolare cancer -prone personalità definita "Tipo C". 38 Il tipo C sta all’estremo di un ipotetico continuu m occupato dall’altra parte da quello che alla fine degli anni ’50 altri ricercatori, in contesto non -oncologico, avevano denominato"tipo A" o Coronary -prone personalità. Il tipo A, predisposto alle malattie cardio -circolatorie, è caratterizzato da tratti marcati e costanti di aggressività manifesta, competitività, ambizione, scarsa competenza nel riconoscimento e nella gestione delle emozioni che vengono bruscamente scaricate all’esterno e scarsa attitudine all’introspezione. Il tipo C, che avrebbe maggior i probabilità di andare incontro al cancro , è conformista, aderente alle norme in modo acritico, ricercante l’approvazione sociale e con un locus of control esterno, è sempre in cerca di approvazione, sottomesso, poco reattivo e defilato.Tende a reprimere costantemente l’espressione delle sue emozioni , in particolare rabbia e aggressività che al contempo non scarica su oggetti o persone del suo ambiente. Questa repressione si tradurrebbe in una iperattivazione ripetuta del suo sistema neurovegetativo che a lungo andare porterebbe alla compromissione dell’efficienza della risposta immunitaria. Probabilmente alla base dell’instaurarsi di una personalità di tipo C si possono attribuire delle responsabilità alle figure genitoriali reali o alle loro rappresentazioni interiorizzate: dalle storie di vita di molti pazienti Tipi C emergono profili di genitori freddi, indifferenti, conformisti e fortemente inibitori nei confronti della spontanea espressione emozionale dei figli. Certo ci sembra semplicistico affermare l’esistenza in oncologia di un paziente "tipo" dal punto di vista della personalità Piuttosto che un’associazione diretta tra certi modi di essere e il cancro, ci sembrano più interessanti i rapporti indiretti, che associano certe caratteristiche di personalità a certi comportamenti ritenuti a rischio: entro le categorie dei grandi fumatori e dei grandi bevitori. Ecco allora che, per questi soggetti, il fatto di riuscire ad elaborare uno stile di coping alternativo, che permetta, ad esempio, di fronteggia re responsabilmente un problema senza più doverlo eludere annegandolo nell’alcool , per esempio, o il riuscire a esprimere le proprie emozioni liberamente, imparando a riconoscerle e a contare sul sostegno che la rete delle relazioni familiari e sociali offre, potrebbe divenire un efficace strumento per poter tradurre nel concreto il concetto di prevenzione anti -cancro di cui spesso si parla. IL PAZIENTE Le reazioni psicologiche alla diagnosi di cancro hanno conseguenze sull’adattamento psicosociale alla malattia, sulle complicanze psicopatologiche, sull’aderenza ai regimi terapeutici e sul decorso della malattia. La malattia è una minaccia esistenziale, avrà conseguenze sul ruolo lavorativo, sociale e familiare e potrà provocare trasformazioni fisiche. La reazione potrà costituire una crisi per il paziente costituita da quattro fasi: la fase di shock: immediatamente successiva alla diagnosi, vissuta in generale come una catastrofe. Il paziente mette in atto meccanismi di difesa quali la negazione che lo portano a dilazionare il confronto diretto con una realtà che non è pronto ad affrontare. E’ importante in questa fase rispettare i tempi del paziente e non forzarlo ad affrontare la situazione e i suoi stati d’animo 39 la fase di reazione:la realtà s’impone a ttraverso le procedure mediche, i trattamenti chemioterapici o radianti. L’impatto con la realtà suscita angoscia, rabbia, disperazione, amarezza. Il paziente potrebbe mettere in atto meccanismi difensivi quali la difesa maniacale (non sono mai stato così bene), la regressione a comportamenti infantili, la proiezione (aggressività verso i medici e i propri cari a cui attribuisce la causa della malattia) isolamento delle emozioni dai fatti (parla della diagnosi con indifferenza). Sono questi meccanismi che, in altri contesti, farebbero pensare ad una struttura nevrotica o psicotica di personalità. la fase di elaborazione: inizia al termine del periodo attivo dei trattamenti. La situazione di vita del paziente è effettivamente mutata. la fase del riorientamento: è successiva ad ogni check -up di controllo e ripropone le problematiche esistenziali precedentemente esposte. La reazione del paziente dipende da diversi fattori: dal grado di aggressività della malattia stessa dal livello precedente di adattamento dal significato di minaccia che il cancro rappresenta nei confronti degli obiettivi evolutivi da fattori culturali e religiosi che possono costituire una fonte di supporto dal grado di supporto sociale disponibile dalle potenzialità del paziente per un a riabilitazione psicologica determinate dall’età, dalla motivazione, dalle capacità introspettive, dal livello di istruzione,dall’assenza di gravi disturbi psichiatrici. dalle caratteristiche di personalità dallo stile di coping: esso è risultato determ inante nel modulare le differenze individuali di reazione psicologia alla malattia e la qualità della vita dopo la diagnosi, nell’influenzare la risposta e la compliance ai trattamenti antineoplastici e il decorso biologico della malattia. Il coping è un processo che avviene in due fasi: la prima fase consiste nella valutazione e attribuzione di significato alla situazione stimolo; la fase esecutiva è centrata su comportamenti operativi adottati e manifestati dal soggetto I livelli di ansia, rabbia e depre ssione sono indici della reazione normale o, viceversa patologica del paziente alla malattia. Quando tali livelli sono elevati o non proporzionali agli stimoli, con manifestazioni ripetute o croniche e associati ad un funzionamento psicosociale , a relazio ni interpersonali disturbate e ad una sofferenza soggettiva evidente è lecito diagnosticare l’emergere di una reazione patologica. 40 Tabella 2 - I BISOGNI DEI PAZIENTI 1) Fase della diagnosi e dell’inizio del trattamento Ricevere informazioni sulla diagnosi ed il trattamento adeguate per l’età ed il livello di maturità Ricevere un supporto emotivo Fronteggiare i problemi fisici della malattia Esprimere le risposte emotive alla malattia ed alle terapie Mantenere le relazioni all’interno della famiglia ed all’esterno di essa Fronteggiare l’incertezza e la perdita di controllo Mantenere una continuità delle attività quotidiane dentro e fuori dall’ospedale. 2) Fase del trattamento con remissione Fronteggiare il trattamento prolungato e gli effet ti collaterali Avere aggiornamenti sulle condizioni cliniche ed i programmi di terapia Mantenere una continuità delle attività quotidiane dentro e fuori dall’ospedale. 3) Fase della recidiva di malattia Manifestare le risposte emotive legate alla recid iva di malattia Comprendere le nuove necessità di cura e collaborare con le terapie 4) Malattia progressiva e morte Fronteggiare le emozioni e i sintomi legati alla progressione della malattia Possibilità di "essere vivo fino a quando non sopraggiunge la morte" 5) Fine del trattamento e guarigione Reinserirsi nell’ambiente sociale e scolastico Adattarsi al programma di controlli sanitari. Convivere con gli effetti collaterali a lungo termine delle terapie Avvicinarsi alla persona che soffre..avvi cinarsi alla persona morente…. “non esiste un termometro per il dolore: è un fenomeno individuale, personale, privato. Come la tristezza, la paura, o qualunque sentimento. Il dolore è innanzitutto ciò che la persona ne può dire” Il dolore ha sempre componenti fisiche e psichiche, coinvolge aspetti emozionali, cognitivi, relazionali anche quando è riferito come solo dolore organico. 41 Il presupposto da cui partire è che ogni persona attraverso gesti, parole e silenzi comunica volontariamente o involontariam ente il proprio peculiare modo di viversi e di vivere in un contesto specifico e in un tempo definito. In questo modo da un’interpretazione personale di sé e del mondo relazionale in cui vive, ciò come immagina se stesso e gli altri. Descrive inoltre quello che ritiene importante far sapere e omette volontariamente o meno delle informazioni. Da quello che si è detto ne consegue la necessità per chi si avvicina di un ascolto attento alle parole, una osservazione dei gesti e delle espressioni, dei comportamenti, compiendo delicatamente un’analisi di ciò che “il dire” del paziente comunica e di ciò che non comunica. Particolare attenzione costante e puntuale va posta nei confronti di ciò che noi, osservatori partecipi, proviamo. Quando interagiamo infatti con una persona, e in particolare con chi soffre, si crea una sorta di “cassa di risonanza intima”. E' fondamentale ripensare alle emozioni e alle sensazioni emerse in noi durante l’incontro con l’altro, perché è solo il nostro sentire che possiamo sperare di riuscire a comprendere il vissuto dell’altro. Il dolore psichico nel paziente, oncologico, si associa a paure spesso esperite come inesprimibili per non sentire le “non risposte” degli altri, per non confrontarsi con il dolore che la malattia comporta per c hi si ama, per mantenere una illusione che spesso, nei pazienti terminali, si chiama speranza. Anche nel bambino il dolore si può celare in un silenzio o avvalersi del linguaggio simbolico. “L’essere esposti alla paura senza poterne parlare è lo strazio p iù terribile che i nostri bambini si trovano ad affrontare. Esprimersi ha sempre una valenza risanatrice, anche se dobbiamo astenerci dal disturbare i nostri piccoli pazienti con spiegazioni premature, perché dobbiamo lasciarli liberi di scegliere quello che vogliono esprimere” (Marielene Leist) Comprendere una persona morente implica il confrontarsi con il “proprio morire”. L’angoscia di morte riguarda sentimenti primordiali di abbandono e impotenza. La morte è un mistero ► paura ►dell’annientamento dell’ Io, dell’identità, dell’essere È di difficile elaborazione il pensiero della nostra “non esistenza,”, nella nostra cultura rifiutiamo la morte, spesso o evitando i morenti o con timore di essi. Lavorare , parlare, capire chi morirà provoca intensi sentime nti , spesso la repressione delle nostre angosce è appropriata. “ciò comporta la capacità di cogliere nella nostra coscienza la consapevolezza dell’angoscia di morte e la capacità di sentirci accettabilmente a nostro agio al pensiero della mortalità” Per aiutare chi muore dobbiamo prima affrontare la nostra morte per evitare sia il rifiuto spaventato del morente sia il meccanismo opposto fobico, di fusione e identificazione con il morente. 42 I nostri atteggiamenti saranno sia positivi che negativi. Non è di aiuto aspettarci sono sentimenti positivi sia da noi stessi che dagli altri. Spesso di può provare rabbia, frustrazione, la morte non rende tutti simpatici o piacevoli. Il rapporto con alcune persone è difficile, alcune sentiremo di poterle aiutare, altre no. È importante riconoscere che queste sensazioni sono parte dell’essere esseri umani, e riconoscere la possibilità di integrare questi sentimenti apparentemente opposti, filtrandoli attraverso la nostra parte conscia, comprendendo ciò che proviamo. La professionalità ci permette di mantenere una distanza emotiva che ci permette di provare compassione pur rimanendo distaccati, senza raggiungere una lontananza relazionale. Il rischio infatti è sia della compassione esagerata= fusione psicologica, in cui si perdono i confini e le individualità e si disperdono le possibilità di aiuto per il paziente. L’identificazione è spesso frutto di tentativi di cancellare colpe passate, rielaborare esperienze precedenti di morte, anticipare le proprie angosce. Bisogna accettare la propria ambivalenza nei confronti della morte, ogni volta che muore una persona noi non viviamo solo sentimenti di amore e tenerezza ma anche disperazione, rabbia frustrazione delusione e odio. Se riconosciamo e integriamo questi sentimenti ci concediamo la possibilità di elaborare il nostro lutto. Per chi ritiene l'emozione espressione di debolezza e la razionalità invece una forza ,parlare di morte significa dare voce alla paura di abbandonare e di essere abbandonatoNel processo del lutto si spegne "l'immagine di noi negli altri" mentre prende vita dentro di noi , nella forma della rappresentazione," la presenza dei nostri cari morti". L'elaborazione del lutto rappresenta la capacità della nostra mente di vivificare la presenza di qualcuno fisicamente morto. Il rito funerario indiano ,in caso di morte di un'infante, obbligava la madre a seguirlo ed a bruciare col cadavere del bambino nella stessa catasta di legno. In qualche modo è mantenuta nel processo del lutto una simile analogia: noi partecipiamo " nelle fantasie inconsce " di quell'ardere e consumarci simbolico: soffriamo come se nella persona che muore morisse una parte di noi. La sofferenza nella quale ci sentiamo imprigionati esprime un riparare simbolico al dolore dell'altro dal nostro interno. Ci fa risentire il legame (e nel legame) e la fatica a rinunciarvi per la forma intangibile che ne dà il ricordo. La rabbia che si prova denuncia l'aggressione da parte di un nemico cattivo ed onnipotente , artefice vituperato della scomp arsa di qualcuno a noi caro ,perché ci ha strappato qualcosa di nostro. Contro quel nemico , consapevolmente e non, indirizziamo sentimenti di odio e disperazione: in qualche modo sentiamo di affrontare un duello che sappiamo impossibile. 43 Pensare ed immaginare la morte mette dunque continuamente in discussione il nostro potere di vivi: è questo potere di vivi che vogliamo far coincidere con un potere sulla vita, di cui poter disporre, non costretti ad abdicare al bisogno di conservare senso al fluire dell'e sistenza , senza risarcimenti e scorciatoie in grado di coltivare l'illusione in un qualche diritto da rivendicare. Comprendiamo meglio il processo del morire se comprendiamo la natura umana.: "l'immagine della morte che domina nella coscienza di un uomo è strettamente legata all'immagine di sé e di uomo che prevale nella società in cui egli vive" (Elias) La morte, o meglio la sua rappresentazione collettiva ed individuale, appare dunque un evento essenzialmente culturale allo stesso modo delle malattie che sono influenzate, a loro volta, dagli stimoli sociali e culturali all'interno dei quali si sviluppano (Shorter 1993). "Presso i primitivi che conoscevano il corpo e non l'organismo, la malattia aveva un significato sociale ,e come tale, era qualcosa c he si poteva scambiare nel gruppo In realtà il lavoro del medico diceva Balint non è dire al paziente che può morire, ma permettergli di esprimere ciò che sente a proposito del suo destino. "Ivan Il'ic vedeva che stava morendo ed era in preda a una c ontinua disperazione. In fondo all'anima sapeva che stava morendo (..) Il principale tormento di Ivan Il'ic era la menzogna - la menzogna chissà perché adottata da tutti - che lui fosse soltanto malato, non già sulla via di morire... (...). Era questa menzogna a tormentarlo, era il fatto che non volessero riconoscere quello che tutti sapevano e che anche lui sapeva, ma mentissero invece sulla sua orribile condizione e costringessero anche lui ad aver parte nella menzogna. (...) parecchie volte quando loro venivano a contargli le loro storielle, era stato ad un pelo dal gridare: smettetela di mentire, voi sapete benissimo, come lo so io, che sto morendo, perciò smettetela almeno di mentire. Ma non aveva mai avuto il coraggio di farlo." (Tolstoj, 1886 p. 65 -74). Il processo del morire è una parte importante della vita, e dura un tempo, giorni, settimane, mesi, anni. Scoprire di avere una malattia con esito mortale significa vivere una crisi L’intervallo tra il vivere e il morire è quello che sta tra la crisi della presa di coscienza della morte e il momento della morte. Elisabeth Kubler Ross ha descritto le fasi che necessariamente si attraversano : - shock stupore - rifiuto - rabbia 44 - patteggiamento depressione Per Weisman vi è un continuo mescolarsi di risposte emo tive durante il percorso che conduce alla morte, un fluire e rifluire di emozioni simili a quelle che nella vita adottiamo per far fronte a crisi e conflitti: - fase crisi acuta - fase cronica del vivere morire - fase terminale Morte certa in data conosciuta:pa ssaggio rapido fase acuta fase cronica – periodo di tempo in cui dare ordine alle proprie emozioni(incidenti leucemie) Morte certa in data sconosciuta: tipico nelle malattie croniche fatali - stress emotivo prolungato- necessità di fare chiarezza su ciò che è certo Morte incerta ma data conosciuta: continuo periodo di fase acuta - ansia prolungata Morte incerta in data incerta: (sclerosi multipla e malattie genetiche) alto grado di ansia che non può essere risolta, genera disfunzioni nelle difese e fissazion i ipocondriache FASE ACUTA La presa di coscienza della morte genera ansia acuta fino al punto di tolleranza, ci si aggrappa a qualunque meccanismo psicologico pur di ridurla - si acutizza l’attenzione verso problemi non risolti - emergono problemi di dipendenza, passività, identità - spesso può presentarsi una risposta di immobilismo, o di depersonalizzazione: si osserva in uno stato alterato di coscienza - spesso sono presenti molte difese “patologiche” (diniego, negazione etc) - può essere utile per il paziente sp ostare l’attenzione su problemi “reali”, pratici. FASE CRONICA - paure dell’ignoto, della solitudine (depressione anaclitica dovuta alla separazione) - angoscia - perdita del corpo (vergogna, inadeguatezza, perdita autostima) - difficoltà di controllo di sé - dolore sofferenza - importante permettere la regressione e precisare quali problemi è possibile affrontare FASE TERMINALE - inizia in genere quando il malato si ritira in sé assecondando i segnali del suo fisico che conserva le energie - spesso sono presenti segnali di disorganizzazione emotiva - vi è una diminuzione dell’ansia e un aumento dell’involuzione depressiva - le speranze non sono più attendibili - passaggio dalla speranza dell’attesa a quella del desiderio Morte sociale= ritiro e separazione del paziente dagli altri Morte psichica= accettazione della propria morte e ritiro in se stesso 45 Morte biologica= come nel coma irreversibile, non c’è più consapevolezza Morte fisiologica: organi vitali non funzionano più Nell’età prescolare non vi è senso di identità indi pendente dall’io corporeo e dall’essere parte dei genitori (di chi si prende cura) A questa età non c’è la percezione delle nozioni intellettuali di morte e del morire. Tra i 3 e i 6 anni si delinea un senso di sé più definito, con la capacità di pensare, riflettere e indagare si acquisisce un senso di autocontrollo maggiore. Questa è l’età della fantasia, dei sogni ad occhi aperti, degli incubi. Ed è qui che appare una primitiva nozione intellettuale di morte. La morte è ancora= seprazione=non essere qui mai più Malattia o l’invalidità= può essere vissuta come punizione per fatti reali o immaginari L’ospedalizzazione come un rifiuto o un abbandono. È importante quindi la presenza (emotiva) costante dei genitori, per evitare la perdita di sicurezza o l’annientamento. Spesso il dolore, il dispiacere, la tristezza dei genitori possono essere vissuti dal piccolo come rabbia e insoddisfazione verso di lui. Si rivela quindi necessaria una spiegazione chiara delle cause della malattia e delle cure. I bambini sentono la necessità di comprendere le reazioni emotive dei genitori. Il bambino delle elementari è una persona che agisce, che inizia a vedere il futuro, pre-vedere, la fantasia del passato può assumere i connotati della realtà. A questa età il bambino affronta gli ostacoli che si oppongono alla sua capacità di essere, di esistere, di agire. Il bambino può rendersi conto della morte, ma l’esperienza è radicata nell’oggi, il domani è solo sognabile. Nell’adolescenza il fare è subordinato all’essere “ciò ch e faccio mi rende importante” e “l’essere quello che sono rende importante quello che faccio” L’adolescente possiede il senso dell’essere, il senso della personalità, dell’Io. Non ha però il senso della longevità. Spesso l’adolescente ha visioni romantich e della morte (“che importa quando si muore, purché viva e muoia realmente come me stesso”) Il giovane teme la perdita di quel senso dell’essere appena conquistato. Aiutarlo significa sostenerlo nel suo tentativo di affermarsi, rafforzarsi e rivelarsi nella sua unicità. Il giovane adulto è all’inizio della realizzazione dei suoi progetti di vita. Spesso c’è fervore per i progetti, impazienza:” il mondo mi attende” La consapevolezza della propria morte causa frustrazione e delusione, rabbia verso se stessi e verso il mondo. Spesso il giovane adulto combatte tenacemente e si aggrappa all’esistenza. Ogni decade della vita porta nuove sfide e nuove prospettive. 46 È probabile che nell’età media la morte assuma un tono interpersonale, diventando l’interruzione del coinvolgimento con gli altri, della rottura dei legami affettivi. Lottare con la morte diviene lottare con il coinvolgimento degli altri. BURN OUT è una sindrome caratterizzata da esaurimento emozionale, depersonalizzazione e riduzione delle capacità personali”. L’esaurimento emotivo consiste nel sentimento di essere emotivamente svuotato e annullato dal proprio lavoro, per effetto di un inaridimento emotivo nel rapporto con gli altri. La depersonalizzazione si manifesta come un atteggiamento di allontanamento e di rifiuto (risposte comportamentali negative e sgarbate) nei confronti di coloro che richiedono o ricevono la prestazione professionale, il servizio o la cura. La ridotta realizzazione personale riguarda la percezione della propria inadeguatezza al lavoro, la caduta dell’autostima e la sensazione di insuccesso nel proprio lavoro I sintomi aspecifici sono l’irrequietezza, il senso di stanchezza ed esaurimento, l’apatia, il nervosismo e l’insonnia. sintomi psicologici depressione bassa stima di sé senso di colpa sensazione di fallimento rabbia, risentimento, irritabilità, aggressività alta resistenza ad andare al lavoro ogni giorno indifferenza negativismo isolamento sensazione di immobilismo sospetto e paranoia rigidità di pensiero e resistenza al cambiamento difficoltà nelle relazioni con gli utenti cinismo atteggiamento colpevolizzante nei confronti degli utenti e critico nei confronti dei colleghi. Tale situazione di disagio può indurre psicofarmaci o fumo. il soggetto ad abuso di alcool, di L’insorgenza della sindrome negli operatori sanitari segue generalmente quattro fasi: la prima fase (entusiasmo idealistico) è caratterizzata da motivazioni consapevoli (migliorare il mondo e se stessi, sicurezza di impiego, svolgere un lavoro di maggior prestigio) e motivazioni inconsce 47 (desiderio di approfondire la conoscenza di sé e di esercitare una forma di potere o di controllo sugli altri); spesso sono presenti ASPETTATIVE di “onnipotenza”, di soluzioni semplici, di successo generalizzato e immed iato, di apprezzamento, di miglioramento del proprio status e altre ancora. C’è indubbiamente una difficoltà a leggere in modo adeguato il dato di “realtà Nella seconda fase (stagnazione) l’operatore continua a lavorare ma si accorge che il lavoro non soddisfa del tutto i suoi bisogni. Si passa così da un superinvestimento iniziale a un graduale disimpegno dove il sentimento di profonda delusione avanza determinando nell’operatore una chiusura verso l’ambiente di lavoro ed i colleghi. - La fase più critica del burn-out è la terza (frustrazione). Il pensiero dominante è di non essere più in grado di aiutare nessuno, con profonda sensazione di inutilità e di non rispondenza del servizio ai reali bisogni dell’utenza. Il vissuto è di perdita, di svuotame nto, di crisi di emozioni creative e di valori considerati fondamentali fino a quel momento. Come fattori di frustrazione aggiuntivi intervengono lo scarso apprezzamento sia da parte dei superiori sia da parte degli utenti, nonché la convinzione di una inadeguata formazione per il tipo di lavoro svolto. Il soggetto frustrato può assumere atteggiamenti aggressivi (verso se stesso o verso gli altri) e spesso mette in atto comportamenti di fuga (quali allontanamenti ingiustificati dal reparto, pause prolunga te, frequenti assenze per malattia). Il graduale disimpegno emozionale conseguente alla frustrazione, con passaggio dalla empatia all’apatia, costituisce la quarta fase, durante la quale spesso si assiste a una vera e propria morte professionale. Le conseguenze di tutto ciò sono, come precedentemente detto, molto gravi e si possono schematizzare in tre livelli: e si possono schematizzare in tre livelli: il livello degli operatori che pagano il burn -out in termini personali, anche attraverso gravi somati zzazioni, ma soprattutto attraverso dispersione di risorse, frustrazioni e sottoutilizzazioni di potenziali; 48 il livello degli utenti, per i quali un contatto con gli operatori in burn-out risulta frustrante, inefficace e dannoso; il livello della comunità in generale che vede svanire forti investimenti nei servizi . Alcune strategie per la Prevenzione del Burn -Out Ridurre le richieste imposte agli operatori da loro stessi attraverso l’incoraggiamento ad adottare obiettivi più realistici. Incoraggiare gli operatori ad adottare nuovi obiettivi che possano fornire alternative di gratificazione. Aiutare gli operatori a sviluppare ed utilizzare meccanismi di controllo e di feed-back sensibili a vantaggi a breve termine. Fornire frequenti possibilità di training per incrementare l’efficienza del ruolo. Insegnare allo staff a difendersi mediante strategie quali lo studio del tempo e le tecniche di strutturazione del tempo. Orientare il nuovo staff fornendo un libretto che descriva realisticamente le frustrazioni e difficoltà tipiche che insorgono sul lavoro. Fornire periodici “controlli del burn -out” a tutto lo staff. Fornire consulenza centrata sul lavoro o incontri per lo staff che sta sperimentando elevati livelli di stress nel proprio lavoro. Incoraggiare lo sviluppo di gruppi di sostegno e/o sistemi di scambio di risorse. 6. - Il ruolo della valutazione nella formazione Ho preso a prestito alcune considerazioni da Ronald Epstein autore di un articolo apparso sul New England Journal of Medicine dove è stata pubblicata una panoramica degli studi riguardanti il complesso tema della valutazione nell’ambito del processo formativo, fornendo una visione di insieme utile su una problematica che interessa il medico in ogni fase del suo percorso professionale, e coinvolge a vario titolo i colleghi e i formatori che devono accompagnarlo e periodicamente valutarne l’operato, perché può essere d’esempio per addentrarci sui problemi più complessi che riguardano la valutazione degli studenti delle professioni sanit arie durante il periodo di tirocinio e offrire un aiuto alla comprensione da parte di coloro che sono chiamati a valutare. Il sistema anglosassone di formazione medica prevede che il tirocinante in medicina sia affiancato da un medico che dovrà poi valut are le sue prestazioni in base a una serie di parametri, e in Italia si sta intraprendendo un percorso per certi versi analogo, attraverso le esperienze di tutoring in ambito di tirocinio universitario: un’area che può trarre beneficio dalle sperimentazion i in atto 49 negli altri Paesi, consentendo lo sviluppo di strumenti valutativi adeguati alle esigenze del nostro sistema e dei nostri programmi di formazione continua. E proprio nella fase valutativa occorre mettere a fuoco diverse criticità, che sono rilevanti per l’efficacia del processo formativo: non solo l’efficacia degli strumenti di valutazione (validità, attendibilità, capacità di proiezione nel tempo, copertura delle aree di competenza professionale), ma anche i loro scopi e i loro effetti di ritorno sul processo formativo stesso. Anche nel campo della standardizzazione degli approcci c’è del lavoro da compiere: anche se le varie organizzazioni accreditanti concordano abbastanza sulle aree di competenza da valutare, non esiste uniformità sugli standa rd di valutazione, che variano da una scuola all’altra, e occorre dunque sviluppare metodi che offrano risultati confrontabili e uniformità di giudizio. Che cosa significa "competenza"? Ronald Epstein, autore dell’articolo, definisce la competenza “l’uso abituale e giudizioso di comunicazione, conoscenza, abilità tecniche, pensiero clinico, emozioni, valori e riflessioni sulla pratica quotidiana, a beneficio degli individui e delle comunità cui viene erogato il servizio”. Negli Stati Uniti, uno dei metodi di valutazione più utilizzati è stato elaborato dall’Accreditation Council for Graduate Medical Education, e analizza sei aree di competenza: 1. 2. 3. 4. 5. 6. conoscenze mediche, cura del paziente, professionalità, abilità interpersonali e di comunicazione, apprendimento e miglioramento basato sulla pratica, pratica system-based, ovvero che risponda alle esigenze del sistema sanitario e offra cure di qualità basate su principi di costo/efficacia. In questo ambito, la valutazione diviene lo strumento sia per identifi care i bisogni formativi di studenti e medici praticanti, sia per orientarne la crescita professionale. La competenza inoltre è contestuale: “molti aspetti della competenza”, osserva Epstein, “sono anche specifici al contesto e non necessariamente generalizzabili ad altre situazioni”. Importante proprietà della competenza diviene allora la sua capacità di evolversi attraverso l’esperienza della pratica quotidiana, divenendo nel tempo più flessibile e maggiormente basata sul contesto, come anche sulla crescente consapevolezza delle proprie dinamiche personali, e divenendo meno vulnerabile allo stress. La valutazione può essere uno strumento di guida in questo percorso. Perché valutare? Le tipologie valutative possono e dovrebbero venire selezionate in base agli scopi per i quali vengono effettuati. Infatti la valutazione può essere utilizzata per ottimizzare la ricettività dei futuri medici, stimolando le loro motivazioni ed aiutandoli a mettere a fuoco i propri obiettivi professionali; per avere una base 50 di selezione dei tirocinanti in modo da identificare coloro che vanno avviati a un livello di formazione più avanzata; infine, per proteggere l’utenza identificando i casi di incompetenza professionale. In base a questi scopi, si può suddividere la valutazione in “sommativa” (utile a quantificare la conoscenza con precisione psicometrica) e “formativa” (meno strutturata, con funzione di guida e riflessione). La prima è più adatta ad approcciare corpi di conoscenza strutturati, ai fini di un avanzamento a livelli superiori di responsabilità; la seconda guida gli studi futuri, rassicura, modella valori. La motivazione del discente può essere più fortemente stimolata da quest’ultima, mentre la valutazione sommativa può a volte agire come barriera sia nell’inib ire difensivamente la propria performance, sia nell’indurre lo studente a concentrare i propri studi unicamente su quelle conoscenze strettamente necessarie per superare i test. Come scegliere la giusta metodologia? Esistono molti metodi di valutazione , coerentemente con la varietà di bisogni e di scopi per i quali vengono usate. Qualunque sia il metodo valutativo, esso dovrebbe risultare conforme a cinque criteri di utilità: dovrebbe cioè essere, 1. 2. 3. 4. 5. preciso, valido, accettabile sia per il discente che per il formatore, essere economicamente sostenibile avere un impatto positivo sull’apprendimento e sulla futura pratica. Uno dei metodi scritti più utilizzati è quello del test strutturato con domande a scelta multipla, in quanto offre in tempi relativ amente brevi un’elevata mole di dati facili da gestire ed elaborare. Oltre al formato classico, che offre una sola risposta esatta in una scelta più o meno ampia di possibili risposte, esistono anche altre forme interessanti, come le domande che richiedono di individuare le caratteristiche chiave per una decisione clinica nell’ambito di un caso che presenta una moltitudine di dati, oppure quelle che procedono per dati concordanti, cioè offrono un quadro e richiedono di formulare un’ipotesi che poi dovrà es sere o meno confermata dai dati offerti negli item successivi. Le domande a scelta multipla ricche di contesto sono difficili da elaborare ma, insieme alle domande a risposta aperta, sono in grado di misurare in modo più realistico la performance del medic o e minimizzare l’effetto di cueing, ovvero le risposte fornite sulla base di “indizi” impliciti nella domanda, un effetto “particolarmente grave”, osserva Epstein, “quando si sta valutando la capacità di effettuare ragionamenti diagnostici che non siano affrettati”. Come valutare la pratica? Tra i metodi basati sulla pratica vanno enumerati gli approcci basati sull’osservazione diretta di un supervisore, che segue lo studente mentre si relaziona ai pazienti. Si tratta di una modalità preziosa per la racco lta di 51 informazioni e per la valenza formativa, seppure gravata dai grossi limiti della soggettività del supervisore e dal tempo limitato che generalmente questi può dedicare a tali osservazioni. Per ovviare a quest’ultimo problema si effettuano a volte osservazioni dirette di una breve pratica clinica, che includa una raccolta anamnestica e un breve progetto di intervento, con valutazione e feedback finale del supervisore. Un’alternativa alla pratica sul paziente è l’utilizzo di “attori” che simulano pazienti con quadri standardizzati; il valutatore utilizzerà poi una check -list per verificare l’accuratezza dell’anamnesi effettuata dallo studente rispetto ad item predefiniti, e la qualità del suo approccio comunicativo. Altri strumenti che rientrano in questo tipo di valutazione sono l’utilizzo di manichini per le valutazioni di abilità chirurgiche e l’uso di simulazioni virtuali. A completamento di un esperienza di questo tipo, valutativa e formativa insieme, allo studente può essere richiesto di effettuare una breve presentazione orale del caso, esercizi scritti di esame del pensiero clinico e ricerche bibliografiche. La valutazione dei pari è affidabile? Un contributo valutativo prezioso può essere offerto dai colleghi del medico, che siano professionisti del suo stesso campo o altri operatori di diverse professionalità che operano nella stessa équipe. Vi sono a questo proposito vasti programmi sviluppati nel Regno Unito, ed altri applicati negli Stati Uniti per i medici che devono conseguire la ricertifi cazione. Queste valutazioni a 360 gradi hanno una loro utilità specialmente se accompagnate da dati narrativi e da statistiche e se seguite da un buon follow-up, purché provengano da fonti attendibili, in modo da offrire un feedback costruttivo. Affinché t ali riscontri possano avere un effetto incentivante e potenziante debbono essere effettuati in modo riservato e tempestivo, ed essere accompagnati da un atteggiamento di sostegno e di aiuto; in caso contrario rischiano di essere percepiti come giudicanti e produrre effetti svalutativi, distruttivi e conflittuali. Infine, un ultimo feedback può provenire dai pazienti stessi: si tratta di una misura importante dell’efficacia della performance del medico e, a livello di follow-up, anche dell’efficacia dell’intervento formativo stesso, ma occorre tenere conto dei precisi limiti che questo metodo offre. Per essere affidabili, infatti, i dati relativi all’impatto della pratica medica sul paziente devono essere basati su grandi numeri, per ovviare ai molti fattori che potrebbero altrimenti alterare i risultati. Fra questi, le stesse condizioni fisiche del paziente e la gravità della patologia, e i fattori che potrebbero selezionare la tipologia di pazienti disponibili a compilare la valutazione e influenzarne forte mente le caratteristiche di soggettività. Quali sfide per il futuro? Mentre per alcune aree di competenza abbiamo strumenti consolidati, coerenti e universalmente condivisi per effettuare valutazioni, per altre i metodi sono controversi o devono ancora essere sviluppati. Per molti aspetti, la pratica della medicina è più vicina a un’arte che a una tecnica, e la prima è molto più sfuggente da definire e da valutare. È il caso ad esempio dell’abilità a comunicare con il paziente, per valutare la quale esisto no dozzine di scale non 52 sempre affidabili. Un altro campo che sarebbe importante valutare sarebbe la capacità di lavorare in gruppo, abilità per la quale non esistono strumenti attualmente validi; uguali problematiche si pongono nel misurare la “professionalità”, termine per il quale non esiste una definizione condivisa. Un metodo per ovviare a queste limitazioni è operare sempre utilizzando metodi multipli di valutazione, in modo che i punti deboli di un metodo siano compensati da quelli di un altro; oppur e utilizzare lo stesso metodo più volte nel tempo (valutazione longitudinale). Questi metodi “misti” sono altamente validi per avere un quadro generale della persona esaminata, ma tale vantaggio va bilanciato con l’onere di dover far fronte a un’enorme mol e di dati da elaborare. Un altro campo difficile da misurare è quello dell’esperienza. Come valutarla? Esperti e affermati professionisti che danno eclatanti prove di valore sul campo possono fornire risultati scarsi in risposta a test artificiosi. “L’esp erienza è caratterizzata da un corpo di conoscenze unico, elaborato e ben organizzato che spesso si rivela solo quando viene attivato da situazioni cliniche caratteristiche”, nota Epstein. Questo corpo di conoscenze, prosegue l’autore, include “saper gestire problemi ambigui e non strutturati, soppesando spiegazioni alternative, evitando conclusioni affrettate, cogliendo le eccezioni a regole e principi e, anche se si è sotto stress, scegliendo una fra tante strade di intervento che sono accettabili ma impe rfette”. In conclusione Ronald Epstein, a conclusione della sua analisi, offre una tabella riepilogativa per i princìpi che a suo parere dovrebbero informare le corrette pratiche di valutazione. In essa si parte dalla definizione degli obiettivi della v alutazione, ovvero orientare il futuro apprendimento; proteggere l’utenza attraverso la promozione di standard elevati e l’identificazione dei casi di incompetenza medica; e promuovere i candidati idonei a ruoli di maggiori responsabilità. Si specifica poi l’oggetto della valutazione (atteggiamenti e comportamenti, acquisizione e applicazione di conoscenze e tecniche, professionalità, comunicatività, riflessione clinica e capacità decisionali, capacità di lavorare in gruppo e apprendere dall’esperienza, pra tica system-based) e le modalità (metodi multipli, longitudinali, contestualizzati; osservazioni dirette; valutazioni dei pari; offerta di un feedback formativo). Epstein mette infine in guardia nei confronti degli effetti collaterali della pratica di valutazione, che non deve essere penalizzante, ricordando che i dati quantitativi non sono di per sé più affidabili di quelli qualitativi. Gli studenti modellano i loro studi sul tipo di prova valutativa che dovranno affrontare, quindi la valutazione ha grandi responsabilità sull’orientare il futuro medico, o il professionista già praticante, verso la direzione che gli consenta l’espressione massima del suo potenziale. Come metodo di lavoro propongo alcune schede di valutazione ad uso del tutor : 53 Le figure che seguono rappresentano l'elenco degli obiettivi di tirocinio Obiettivi di tirocinio Funzione assistenza Appropriata relazione con il paziente Criteri di corretto accertamento e primo accoglimento del paziente: identità, accettazione, programmazione. Obiettivi intermedi Obiettivi specifici Livello tassonomico rich iesto Attività Identificare le 1. Accogliere l'utente ed i Campo della necessità assistenziali suoi familiari o comunicazione accompagnatori interpersonale: 2. Fornire informazioni Capacità di fornire una all'utente ed ai risposta alla richiesta familiari o relazionale dell'utente ed accompagnatori ai 3. Comunicare con l'utente suoi familiari. e la famiglia Strumento di valutazione: utilizzando modalità comunicative Check list: Accoglienza interpersonali adeguate 4. Raccogliere informazioni relative allo stato di salute Utilizzare il sistema informativo 1. Verifica ed immissione Campo della competenza nel sistema informativo intellettuale: dei dati dell'utente e Capacità di interpretare i delle dati prestazioni richieste Campo dei gesti: Capacità di controllare i gesti con una certa efficacia. Strumento di valutazione: Check list: Accettazione utente 54 Funzione gestione Rispetto degli orari e frequenza, osservanza ordine personale, comportamento nei confronti del personale Obiettivi intermedi Gestire il proprio tempo nell'ambito del servizio in cui si opera Gestire il proprio ordine personale Gestire i rapporti con i professionisti del servizio Obiettivi specifici Strumento di valutazione Attività 1. Pianificare la gestione degli orari di frequentazione del servizio 2. Utilizzare la propria Check list: Rispetto degli divisa e gli strumenti di orari, frequenza, ordine riconoscimento personale. 3. Rapportarsi con le figure professionali presenti nel servizio _.L _ __ _: Funzione assistenza Criteri di responsabilità del Tsrm: l'analisi elo la formazione dell'anamnesi; la responsabilità della firma dell'operatore. Obiettivi intermedi Obiettivi specifici Livello tassonomico richiesto Attività Documentare, nella 1. Raccogliere le Campo dei gesti: scheda di anamnesi, le Capacità di controllare i informazioni relative al motivazioni gesti suo stato di salute che hanno portato alla con una certa efficacia attuale 2. Informarsi sulle richiesta di prestazione Strumento di valutazione: eventuali patologie pregresse Check list Anamnesi 3. Trasferire i dati raccolti sulla scheda di anamnesi 55 CHECK LIST: ACCOGLIENZA Competenze relazionali e comunicative Valutazione 1 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 1.7 1.8 1.9 ATTI Chiama l'utente identificandolo per nome e cognome in modo corretto Primo contatto con l'utente in fase di chiamata Fa accomodare 2 3 Rimanda ad altri Chiama l'utente Chiama l'utente il compito in modo corretto identificandolo in Grado di importanza + modo incompleto Non approccia con l'utente Non dà l'utente nello indicazioni spogliatoio o nella sala diagnostica dandogli le informazioni iniziali Si informa sul Non si informa presunto stato di gravidanza (nelle donne in età fertile) Si informa sullo Non si informa stato generale di salute Rispetta la Non la rispetta privacy sulle notizie personali dell'utente Dimostra Non dimostra sensibili.tà nei sensibilità confronti del bisogno di relazione dell'utente durante l'esame Congeda l'utente Non lo congeda in modo educato e cordiale Dimostra Non dimostra disponibilità a disponibilità dare ulteriori informazioni TOTALE si Si approccia con Si approccia con l'utente in modo distaccato l'utente dimostrando disponibilità e cordialità Dà indicazioni ma Dà le prime in modo incompleto indicazioni in maniera Vedi allegato esauriente Preparazione dell'utente Si informa occasionai mente Si informa sempre Si informa occasionai mente Si informa sempre La rispetta La rispetta occasionai mente sempre La dimostra solo in alcuni casi La dimostra con tutti Lo congeda Lo congeda occasionai mente sempre Dimostra Dimostra sempre disponibilità solo disponibilità parzialmente 56 +++ - +++ ++ CHECK LIST: APPARECCHIATURE 1.1 ATTO Riconosce quale apparecchiature 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 deve utilizzare per l'esame da eseguire tenendo conto anche delle condizioni dell'utente Sceglie correttamente il formato di cassetta radiografica da utilizzare Dimostra di saper dove posizionare 1 Non sa riconoscere Valutazione 2 3 La riconosce solo La riconosce per tutte le per alcuni tipologie di esame tipologie l'apparecchiatura di esame Sbaglia sempre la scelta del formato di cassetta radiografica A volte sbagl ia la Non sbaglia la scelta del scelta del formato formato di cassetta di cassetta radiografica radiografica Non sa dove posizionare la Sa posizionare la Sa sempre posizionare cassetta correttamente la cassetta correttamente radiografica solo per alcune tipologia di esame la cassetta cassetta radiografica nella apparecchiatura Dimostra di orientare radiografica Non sa orientare Sa orientare Sa sempre orientare correttamente il correttamente il correttamente il verso della verso della correttamente il verso della cassetta radiografica verso della cassetta radiog rafica cassetta radiografica cassetta radiografica solo Qualora necessario identifica correttamente il lato dell'utente Riconosce gli accessori idonei al corretto svolgiment o dell'esame TOTALE Non lo identifica correttamente per alcune tipologia di esame Solo in alcune In tutte le occasioni lo occasioni lo identifica correttamente identifica correttamente Non sa quali Talvolta sa In tutte le occasioni sa accessori utilizzare gli utilizzare gli accessori utilizzare accessori 57 CHECK LIST: STUDIO PICCOLE ARTICOLAZIONI ATTO 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 1 Non eseguito Valutazione 2 Eseguito in modo errato Posiziona correttamente il paziente sul tavolo radiologico Posiziona correttamente la zona in esame Direziona correttamente il raggio centrale Centra correttamente con il centratore luminoso la zona in esame Identifica sempre correttamente la pellicola utilizzata Riconosce, nel risultato radiografico, di aver ottenuto i giusti criteri di correttezza TOTALE 58 3 Eseguito in modo corretto Valutazione conclusiva di tirocinio. Entrambe le fasi vengono effettuate assieme allo studente ed al tutor che lo ha affiancato. VALUTAZIONE CONCLUSIVA DI TIROCINIO Funzione assistenza Identificare le necessità assistenziali Utilizzare sistema informativo il Non idoneo Sufficiente Buono Ottimo Non raggiunti. Il percorso deve Raggiunti con rinforzo. Raggiunti con parziale rinforzo. Raggiunti senza rinforzo. essere riproposto. Definire i punti: Definire i punti: Non raggiunti. Il Raggiunti con Raggiunti con Raggiunti senza percorso deve rinforzo. parziale rinforzo. rinforzo. essere riproposto. Definire i punti: Funzione Non idoneo gestione Gestire il proprio Non raggiunti. Il tempo nell'ambito percorso deve del servizio in cui essere riproposto. si Definire i punti: Sufficiente Buono Otti mo Raggiunti con rinforzo. Raggiunti con parziale rinforzo. Raggiunti senza rinforzo. Definire i punti: Definire i punti: Raggiunti con rinforzo. Raggiunti con parziale rinforzo. opera Gestire il proprio Non raggiunti. Il ordine personale percorso deve essere riproposto. Definire i punti: Gestire i rapporti Non raggiunti. Il con i percorso deve professionisti del servizio Raggiunti senza rinforzo. Definire i punti: Raggiunti con Raggiunti con Raggiunti senza rinforzo. parziale rinforzo. rinforzo. essere riproposto. Definire i punti: Definire i punti: Funzione Non idoneo Sufficiente Buono Ottimo assistenza Documentare, nella scheda di anamnesi, le Non raggiunti. Il Raggiunti con Raggiunti con Raggiunti senza motivazioni che percorso deve rinforzo. parziale rinforzo. rinforzo hanno portato alla essere riproposto Definire i punti: Definire i punti: richiesta di prestazione 59 Funzione tecnica Non idoneo Riconoscere le Non raggiunti. Il idonee percorso deve apparecchiature e essere riproposto. gli accessori necessari alla esecuzione della prestazione Funzione tecnica Non idoneo Individuare Non raggiunti. Il correttamente i percorso deve dispositivi di essere riproposto. protezione e le tecniche finalizzate alla protezione dell'utente e dell'operatore Funzione tecnica Non idoneo Identificare le Non raggiunti. Il tipologie ed il percorso deve funzionamento delle essere riproposto. apparecchiature per lo sviluppo e la stampa presenti nella U.O. Funzione Non idoneo assistenza Riconoscere quale Non raggiunti. Il tipo di preparazione percorso deve all'indagine è essere riproposto. necessaria a seconda del quesito diaqnostico Funzione tecnica Non idoneo Individuare le Non raggiunti. Il corrette tecniche di studio a percorso deve seconda del quesito essere riproposto. diagnostico e della Sufficiente Raggiunti con rinforzo. Buono Raggiunti con parziale rinforzo. Ottimo Raggiunti senza rinforzo. Definire i punti: Definire i punti: Sufficiente Raggiunti con rinforzo. Definire i punti: Buono Raggiunti con parziale rinforzo. Definire i punti: Ottimo Raggiunti senza rinforzo. Sufficiente Raggiunti con rinforzo. Definire i punti: Buono Raggiunti con parziale rinforzo. Definire i punti: Ottimo Raggiunti senza rinforzo. Sufficiente Buono Ottimo Raggiunti con rinforzo. Definire i punti: Raggiunti con parziale rinforzo. Definire i punti: Raggiunti senza rinforzo. Sufficiente Buono atti mo Raggiunti con Raggiunti con Raggiunti senza rinforzo. Definire i punti: parziale rinforzo. Definire i punti: rinforzo. Sufficiente Buono atti mo Raggiunti con Raggiunti con Raggiunti senza rinforzo. parziale rinforzo. rinforzo. anamnesi effettuata Funzione gestione Non idoneo Gestione e Non raggiunti. Il continuità del tirocinio percorso deve essere riproposto. Definire i punti: 60 Definire i punti: Allegato 1 Evoluzione della normativa delle professioni sanitarie La materia è in continua evoluzione, ma la stagione riformista si è aperta con la Legge n. 421 del 1992 che all’art. 1 ha delegato il governo a “prevedere nuove modalità di rapporto fra Servizio Sanitario Nazi onale ed Università”, delega spesa dal Governo con l’art. 6 del D.Lgs. n. 502/517 del 1992/93. In tale articolo il comma 3 è riferito alla formazione del “Personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione”, con il mandato al Ministro del la Sanità di individuare le figure professionali da formare e i relativi profili, ed attribuzione al Ministro dell’Università della Ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministro della Sanità, del mandato di definire i relativi Ordinamenti didattici. L’individuazione da parte del D.Lgs. n. 502/92 di nuove figure professionali relativamente alle aree del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione, è la premessa all’istituzione dei profili professionali, che giunge nel 1994 con l’individuazione di 22 figure, con relativi profili che ne definiscono il campo delle attività e di responsabilità. I laureati sono, ai sensi della legge 10 agosto 2000, n. 251, articolo 3, comma 1, operatori delle professioni sanitarie dell'ar ea tecnico-diagnostica che svolgono, con autonomia professionale, le procedure tecniche necessarie alla esecuzione di metodiche diagnostiche su materiali biologici o sulla persona, e a cui competono le attribuzioni previste dal D.M Ministero della sanità 2 6 settembre 1994, n. 746 e successive modificazioni ed integrazioni; ovvero sono responsabili degli atti di loro competenza e sono autorizzati ad espletare indagini e prestazioni radiologiche, nel rispetto delle norme di radioprotezione previste dall'Unione Europea. La Legge n. 42 del 26/2/1999 “Disposizioni in materia di professioni sanitarie” rappresenta il punto piu’ alto di definizione delle professioni sanitarie. La sua grande portata innovativa fa considerare tale legge una grande conquista, sia per le professioni coinvolte che per l’efficienza del sistema 61 Sanità, nonché per la chiarificazione delle competenze, degli spazi di autonomia e delle responsabilità. E’ certamente una conquista, ma fortemente responsabilizzante. La Legge n. 42 decreta il definitivo superamento del concetto di “professione sanitaria ausiliaria”, sostituendolo con “professione sanitaria”, il cui campo di attività e responsabilità è determinato dai contenuti dei Decreti Ministeriali istitutivi dei relativi profili professionali e degli orientamenti didattici dei rispettivi corsi di Diploma Universitario e di formazione post -base, nonché degli specifici Codici deontologici: in sintesi, si tratta del definitivo superamento dei vecchi mansionari e l’acquisizione di fatto del concetto più evoluto di “professione”, con un preciso ambito autonomo di competenza. Ciò che ci rende “professionisti”, abilitandoci a svolgere funzioni normate dal relativo profilo ed implicitamente dai contenuti etici del Codice deontologico, è quindi il percorso formativo universitario specifico. Il Decreto del Ministero della Sanità del 27/07/2000, “Equipollenza di diplomi e attestati al Diploma Universitario di Tecnico sanitario di Radiologia Medica per Immagini e Radioterapia ai fini dell’esercizio professiona le e dell’accesso alla formazione post-base”, risolve l’ambiguità in ambito concorsuale. La Legge n. 251/2000 apre la strada alla dirigenza per valorizzare gli operatori delle professioni sanitarie, ribadendo all’art. 3 l’autonomia professionale, e definendo all' art. 7 che “le aziende sanitarie possono conferire incarichi di dirigente, con modalità analoghe a quelle previste al comma 1, per le professioni sanitarie di cui alla Legge 26 febbraio 1999, n. 42. La volontà espressa dal legislatore, nonostante la facoltatività espressa dal verbo “possono”, afferma l’intenzione di valorizzare le professioni sanitarie anche attraverso la creazione di posizioni di dirigenza, per far fronte all’esigenza urgente di migliorare l’organizzazione ed il funzionamento d ei servizi sanitari, per renderli atti a perseguire al meglio la tutela della salute dei cittadini, il diritto alla salute, il processo di aziendalizzazione, il raccordo con l’Europa. L’applicazione della Legge richiede nel rapporto fra tutte le Istituzion i interessate un alto livello di condivisione delle finalità e di concertazione sugli strumenti necessari per perseguirle. Successivamente il Decreto Interministeriale del 02/04/2001 “Determinazione delle classi delle lauree universitarie delle professioni sanitarie” definisce il percorso universitario per la laurea di base e il Decreto Ministeriale del 02/04/2001 “Determinazione delle classi delle lauree specialistiche universitarie delle professioni sanitarie” definisce il percorso didattico per la laurea specialistica post-base. Inoltre in questi Decreti vengono definite le 62 classi dei Corsi di laurea per le professioni sanitarie, intendendo per classi il raggruppamento dei corsi di studio dello stesso livello aventi gli stessi obiettivi formativi qualificanti e le conseguenti attività formative indispensabili. Numerazione e denominazione delle Classi delle lauree: N° classe Denominazione 1 Classe delle lauree in professioni sanitarie infermieristiche e professione sanitaria ostetrica 2 Classe delle lauree in professioni sanitarie della riabilitazione 3 Classe delle lauree in professioni sanitarie tecniche 4 Classe delle lauree in professioni sanitarie della prevenzione La Legge n. 1 del 08/01/2002 stabilisce che i diplomi appartenenti alle professioni sanitarie riferite alla Legge n. 42/99 e alla Legge n. 251/00 sono validi per l’accesso ai corsi di laurea specialistica, ai master e ad altri corsi di formazione post-base. Il D.M. del 09/07/2004 attiva le lauree specialistiche dei profili san itari. La Legge n. 43/2006 all’art. 6 istituisce la funzione di coordinamento disponendo che può essere espletato da coloro che siano in possesso dei seguenti requisiti: master di primo livello in management o per le funzioni di coordinamento nell’area di appartenenza; esperienza almeno triennale nel profilo di appartenenza. 63 Allegato 2. Riferimenti normativi contrattuali Il percorso legislativo di riforma delle professioni ha come obiettivo sostanziale la piena autonomia delle professio ni sanitarie non mediche, che in pochi anni hanno visto rivoluzionare la loro formazione, autonomia e responsabilità professionale, con conseguente ridimensionamento organizzativo della dirigenza medica nelle Aziende Sanitarie e pieno riconoscimento delle funzioni organizzative alle professioni interessate. La normativa ha costituito la premessa all’innovativo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro firmato il 7/4/1999, relativo al quadriennio normativo 1998/2001, che ha introdotto un nuovo sistema di clas sificazione del personale e riconosce ai professionisti un ruolo attivo nelle organizzazioni sanitarie, ruolo che deve essere valorizzato e diversificato a seconda del grado di competenze e conoscenze acquisite, nell’ottica della motivazione e incentivazio ne del personale ottenuta e riconosciuta anche attraverso la creazione di specifiche posizioni organizzative. E’ in questa logica che si inseriscono la possibilità di una progressione di carriera orizzontale e verticale. L’applicazione del contratto ha pre visto il reinquadramento del personale in quattro categorie denominate A, B, C, D, con il trascinamento di tutte le figure professionali del comparto dalla categoria C alla D, ex VII livello. Il contratto ridisegna le competenze per ciascuna categoria attr averso atti allegati al contratto stesso e denominati “declaratorie” che superano l’inquadramento dato dal D.P.R. n. 821/1984. L’applicazione delle declaratorie prevede il riconoscimento e l’attribuzione di attività didattiche riferite specificatamente anc he al tirocinio. Se al risultato finale della formazione partecipano soggetti diversi è giusto per noi pensare a quale livello si accomunano e vanno riconosciuti in modo equivalente grazie agli strumenti contrattuali. Declaratorie Categoria “D”: “Appartengono a questa categoria i lavoratori che ricoprono posizioni di lavoro che richiedono, oltre a conoscenze teoriche specialistiche e/o gestionali in relazione ai titoli di studio e professionali conseguiti, autonomia e responsabilità proprie, capacità organ izzative, di coordinamento e gestionali caratterizzate da discrezionalità operativa nell’ambito di strutture semplici previste dal modello organizzativo aziendale”. Profilo professionale: collaboratore professionale sanitario: “…collabora all’attività didattica nell’ambito dell’unità operativa e inoltre può essere assegnato, previa verifica dei requisiti, a funzioni dirette di Tutor, nei piani formativi…”. 64 Declaratorie Categoria “D”- Livello economico DS: “Appartengono altresì a questa categoria – nel livello economico D super (DS) – i lavoratori che ricoprono posizioni di lavoro che, oltre alle conoscenze teoriche specialistiche e/o gestionali in relazione ai titoli di studio e professionali conseguiti, richiedono a titolo esemplificativo e anche disgiuntamente autonomia e responsabilità dei risultati conseguiti; ampia discrezionalità operativa nell’ambito delle strutture operative di assegnazione; funzioni di direzione e coordinamento, gestione e controllo di risorse umane; coordinamento di attività didattica; iniziative di programmazione e proposta.” Profilo professionale: collaboratore professionale sanitario esperto: “… coordina le attività didattiche teorico -pratiche di tirocinio, di formazione (quali ad esempio Diploma Universitario, formazione compl ementare e formazione continua) del personale appartenente ai profili sanitari a lui assegnati…” Collaboratori professionali sanitari – Tecnico di Radiologia Medica per Immagini e Radioterapia (D.M Ministero della sanità 26 settembre 1994, n. 746) Il Contratto Integrativo CCNL 7 -4-1999 del personale del comparto definisce: …”tali profili svolgono, oltre alle attività attinenti alla professionalità specifica relativa al titolo abilitante, anche funzioni di carattere strumentale nell’ambito delle U.O. semplici…..; collaborano all’attività didattica nell’ambito della U.O. e, inoltre, possono essere assegnati, previa verifica dei requisiti, a funzioni dirette di Tutor in piani formativi….” Si sono aperte quindi opportunità di sviluppo sulla base delle compe tenze e del bisogno organizzativo a progredire con mobilità orizzontale e verticale, nonché ad assumere la responsabilità di posizioni organizzative: Art. 20 –comma 2 –- CCNL/99: “Posizioni organizzative e graduazione delle funzioni” “Le posizioni organizzative, a titolo esemplificativo, possono riguardare settori che richiedono lo svolgimento di funzioni di direzioni di servizi, dipartimenti, uffici o unità organizzative di particolare complessità, caratterizzate da un elevato grado di esperienza e auton omia gestionale ed organizzativa o lo svolgimento di attività con contenuti di alta professionalità e specializzazione, quali ad esempio i processi assistenziali, oppure lo svolgimento di attività di staff e/o studio; di ricerca; ispettive di vigilanza e c ontrollo; di coordinamento di attività didattica.” L’eventuale valorizzazione economica per lo svolgimento di questa funzione viene demandata alla contrattazione decentrata nelle singole Aziende. Possono quindi esistere situazioni diverse in funzione dei p rotocolli d’intesa Regione-Università e a scelte aziendali di riconoscere, incentivando, il valore aggiunto della funzione tutoriale o meno, in quanto assimilata allo svolgimento della funzione professionale. 65 Allegato 3. La riforma delle professioni sanitarie “Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica” Legge 251/00 Approvato il 19 luglio 2000 della La nuova legge sulle professioni sanitarie, completa un perc orso teso a restituire autonomia, responsabilità e adeguato riconoscimento all’insieme delle professioni sanitarie . Il provvedimento fa seguito ad una prima legge, la n° 42 del 26 febbraio del 1999 che per prima affermava l’autonomia delle professioni san itarie, completando e riqualificando il percorso formativo e aprendo di fatto le porte di accesso alla dirigenza. Si tratta di una riforma attesa da oltre vent’anni, che interessa una platea di almeno 800.000 addetti, che riqualifica e rilancia queste figu re, ponendo allo stesso tempo le basi per un significativo miglioramento dei servizi di cura e di assistenza forniti al paziente, nonché i servizi di prevenzione. Una professionalità autonoma Il primo intervento normativo dedicato a queste categorie (l. n° 42 del 26 febbraio 1999), ha permesso di superare l’antiquata visione ancillare del ruolo di questi professionisti, di abbandonare il vecchio mansionario per profili professionali moderni, di restituire piena autonomia e responsabilità nello svolgimento del loro lavoro. Ad infermieri, ostetrici, terapisti, riabilitatori, tecnici, operatori della prevenzione, nel pieno rispetto delle competenze mediche, è stata riconosciuta una professionalità specifica e distinta con il risultato, tra l’altro, di potenziare e sviluppare i servizi di cura e di assistenza al paziente e i servizi di prevenzione. La legge ha eliminato dal vocabolario normativo, come da quello quotidiano, il termine di “ausiliario” per sostituirlo con la nuova denominazione di “professione sanitaria”. Ha abolito un mansionario obsoleto e inadeguato per fare posto a distinti profili professionali in linea con l’evoluzione della professione, determinati con appositi decreti ministeriali, mentre il titolo abilitante all’esercizio della profess ione è stato innalzato al livello di diploma universitario prima e corso di Laurea poi. La riqualificazione del percorso formativo e l’accesso alla dirigenza La legge approvata ora costituisce l’ultimo e conclusivo tassello di un quadro di riforma armonico di cui la 42/99 aveva già posto le basi. La Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica (AS 251 -431-744-1619-16482019-B) ribadisce le caratteristiche di autonomia e di responsabilità degli operatori sanitari . Gli infermieri e gli ostetrici, “svolgono con autonomia professionale le attività dirette alla prevenzione, alla cura e alla salvaguardia della salute individuale e collettiva”, precisa il testo, es pletando le mansioni e le funzioni previste dai corrispondenti profili professionali e dai codici 66 deontologici. Allo stesso modo, e con uguale riconoscimento di autonomia professionale, i riabilitatori si occupano di prevenzione, cura, riabilitazione e attività tese alla valutazione funzionale, i tecnici sanitari delle aree tecnico diagnostica e tecnico-assistenziale svolgono le procedure necessarie per l’esecuzione di metodiche diagnostiche. I professionisti della prevenzione, infine, esercitano attività di prevenzione, verifica e controllo in per assicurare il rispetto dell’igiene e della sicurezza negli ambienti familiari, nei luoghi di lavoro, nella produzione e commercializzazione di alimenti e bevande, nonchè di vigilanza per la tutela della igiene pub blica e veterinaria. Definite queste quattro aree professionali, spetterà poi al ministero della Sanità, di concerto con il ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, includere in questi gruppi le diverse figure professionali. I n questi comparti potranno essere inserite in futuro anche figure che fino ad ora non avevano trovato adeguata definizione, come i tecnici di anestesia, di rianimazione, di terapia intensiva e di dialisi. La legge interviene anche, riqualificandolo, sul p ercorso formativo, con l’introduzione di corsi di laurea e di specializzazione. Infine, viene istituita la qualifica di dirigente del ruolo sanitario, cui potranno accedere con concorso i laureati. 67 Allegato 4 Ruolo del Coordinatore del Servizio Infermieristico, Tecnico Unità di organizzativa ( o assistenziale) nel tirocinio. Il ruolo e la formazione del personale sanitario sono gestiti da due attori principali: – il Coordinatore delle attività tecnico pratiche e di tirocinio con il suo staff di “Tutor “ e – la sede di apprendimento con il Servizio Infermieristico, Tecnico e Riabilitativo, i Coordinatori assistenziali, i Referenti di struttura, i professionisti esperti e tutto il personale. Il ruolo del Coordinatore assistenziale nell’ambito della formazione dello studente, secondo la mia ipotesi può assumere di diritto quello di mediatore tra le esigenze organizzative del contesto e quelle degli studenti da accogliere. Tale ruolo si e’ evoluto nel tempo, sull a base dei cambiamenti normativi e dell’esercizio professionale, e dei cambiamenti nei bisogni dei cittadini che richiedono professionisti sempre più preparati e competenti. Se analizziamo le determinanti di ruolo del Coordinatore assistenziale, nella scheda aziendale di descrizione delle responsabilità troviamo descritte: Finalità del ruolo: “Il Coordinatore ha il ruolo e la funzione di management intermedio e di responsabilità delle risorse preventivamente negoziate e assegnate, finalizzate al raggiungimento degli obiettivi/risultati dell’Unità organizzativa in un’ottica di governo clinico - assistenziale. Persegue, congiuntamente all’equipe infermieristica, ostetrica, riabilitativa, tecnica e di supporto, gli obiettivi di politica aziendale in termini di qualità tecnico-professionale, organizzativa ed umana, offerta e percepita dalla persona assistita/utente, tutto ciò in un ottica integrata con l’equipe medica, nell’ambito di tutti i processi aziendali e delle finalità del Servizio Infermieristico e Tecn ico. “ Funzioni: Concorre alla definizione degli obiettivi quali -quantitativi del Servizio Infermieristico e Tecnico; concorre alla definizione degli obiettivi generali quali -quantitativi della Unità organizzativa di appartenenza; garantisce un livello di assistenza erogato in modo efficace ed efficiente per rispondere ai bisogni dei pazienti che afferiscono all’Unità organizzativa; garantisce l’integrazione con gli altri professionisti sanitari nell’ambito di tutti i processi aziendali; 68 collabora con i Direttori di Unità Operativa per il perseguimento e la valutazione degli obiettivi di budget in cui l’Unità organizzativa è coinvolta; programma, gestisce e controlla le risorse materiali e professionali nell’ambito di quanto assegnato e di competenza; organizza, coordina e valuta l’assistenza infermieristica, ostetrica, riabilitativa, tecnica e di supporto; persegue gli obiettivi di governo clinico - assistenziale garantisce la tenuta e la verifica di certificazioni, registrazioni e documentazione di carattere infermieristico e clinico, per quanto di competenza; assicura il perseguimento dei livelli assistenziali concordati con gli altri organi aziendali competenti in coerenza con il budget assegnato; assicura lo sviluppo professionale e la valorizzazione del la risorsa umana; vigila sulla sicurezza e sull’eticità dei comportamenti; collabora alla tenuta e gestione dei presidi, dei farmaci, delle attrezzature e degli arredi; assicura lo svolgimento del processo di inserimento e valutazione del personale; promuove e supervisiona le attività formative tecnico -pratiche rivolte al personale in formazione e identifica e verifica il fabbisogno di aggiornamento avvalendosi del contributo dell’animatore di formazione delle professionalità gestite. Dalle quali si evince che il Coordinatore assistenziale : è un mediatore fra le esigenze espresse dalle figure che agiscono nella struttura, e quelle delle Unità Operative con cui la struttura interagisce, prevenendo i conflitti e gestendoli; deve mantenere equilibrio, collaborazione e disponibilità nei rapporti interni al gruppo professionale di riferimento e tra questo e gli altri professionisti, tra il personale e l’utenza; deve controllare e valutare processi operativi, comportamenti professionali e relazionali del persona le, l’utilizzo delle risorse, le 69 condizioni igieniche e ambientali e la funzionalità della strumentazione in dotazione; deve programmare l’acquisizione delle risorse umane e strumentali, anche in termini di applicazione dei sistemi incentivanti a disposizi one per il raggiungimento degli obiettivi definiti; deve negoziare obiettivi e risultati con diversi livelli organizzativi aziendali e col personale coordinato, in ottica di miglioramento delle prestazioni; deve coordinare le attività per raggiungere gli obiettivi determinati; deve essere buon comunicatore, motivatore, leader. Nella maggior parte delle realtà il Coordinatore non è coinvolto in prima persona nell’attività’ formativa pratica e di tirocinio, che è invece svolta con la supervisione e la guida di Tutor professionali appositamente assegnati ed è, come già espresso in precedenza, secondo il CCNL 1998 -2001, attività attribuita a tutti i professionisti. Tuttavia, poiché ha la funzione di gestire e controllare le risorse materiali e professionali nell’ambito di quanto assegnato e di competenza, deve essere colui che crea le condizioni affinché l’attività formativa si svolga coerentemente: accogliendo lo studente unitamente al Referente di struttura e ai Tutor, delegati al corretto inserimento nella realtà lavorativa, come analogamente avviene per il neoassunto o il neoinserito; informando e coinvolgendo tutte le figure presenti nel team; partecipando alla progettazione del tirocinio, supportando i Tutor nella definizione e nel rispetto degli obiettivi del tirocinio e nella risoluzione dei problemi, non ultimi quelli connessi alla redistribuzione del carico di lavoro fra i membri dell’equipe, per renderlo compatibile col ruolo di facilitatori dell’apprendimento e nella valutazione del livello di apprendimento raggiunto. La delega, quando necessario per la complessità organizzativa, ad un Referente di struttura non esclude quanto sopra, anzi, fornisce a quest’ultimo legittimazione, supporto, rilevanza e ne valorizza il ruolo nei confronti di t utta l’equipe, per il rispetto degli spazi e dei tempi dedicati al tutoring . Il Coordinatore deve partecipare all’ individuazione dei Tutor, portando come contributo una conoscenza più approfondita delle attitudini e capacità comunicativa , motivazione ed esperienza. Investire nella formazione di base e continua dei Tutor è importante al fine di facilitare il processo formativo di “accompagnamento” nei percorsi di formazione, così come investire nella formazione degli studenti garantisce un futuro professionista più conforme alle esigenze delle organizzazioni e della professione. 70 Presidiare l’organizzazione, prevenendo la riduzione del tempo da dedicare agli studenti a causa di carichi di lavoro elevati, turnistica o demotivazione significa investire sul futuro. La formazione può avere, attraverso l’azione del Coordinatore assistenziale, spazi e tempi adeguati, pianificandola nell’orario di servizio: infatti la struttura tende a sopravvalutare le risorse disponibili, dequalificando il tempo -lavoro dedicato alla formazione rispetto a quello dedicato alla professione. Con l’evoluzione tecnologica e l’avvento di Internet, il lavoro e la gestione delle risorse umane sono molto cambiati: formazione, mutamenti organizzativi, analisi di clima e di soddisfazio ne dell’utente e del personale, tecnologia, valutazione delle competenze sono le attività in cui si sta innovando di più. Ciò ha richiesto e richiede a chi gestisce risorse umane un grande sforzo e la necessità di chiedere a meno persone di fare di più. L o sviluppo delle tecnologie della comunicazione (notebook con accesso alla rete e telefoni cellulari ) se da un lato facilita la gestione del lavoro a distanza e permette riproducibilità dei percorsi e accessibilità da parte di molti, dall’altro impedisce ai responsabili di staccare la spina, con conseguente sovraccarico di stress. Se si va verso la crescente informatizzazione e automatizzazione dei processi ci si dovrà occupare sempre più della formazione per supportare i continui cambiamenti organizzativi, perché le persone siano rese partecipi di questi cambiamenti senza che ne siano vittime o viaggiatori inconsapevolmente diretti verso mete sconosciute su percorsi convenzionali e senza soste. Il carico di lavoro sul Coordinatore assistenziale è ecce ssivo se la riorganizzazione non toglie competenze non proprie ( e non sono certo quelle riguardanti la formazione di base) per focalizzarsi sulle attività proprie, coniugandole alle risorse disponibili: unificando cioè le attività per valutare e razionalizzare le risorse impiegate perché non viaggino su doppi percorsi paralleli, ma unici e integrati. Integrare vuol dire elaborare insieme progetti e modelli per ricercare tutte le possibili modalità di efficienza operativa, rivedendo i percorsi, utilizzando meglio le risorse professionali grazie alle sinergie, recuperando energie per fare di più e meglio. La collaborazione fra coordinamento assistenziale e coordinamento universitario è prospetticamente una delle più produttive. Un esempio pratico è la progettazione congiunta, fra sede di tirocinio e sede didattica, di una scheda di inserimento e valutazione del personale integrata, strutturata come check list e realizzata attraverso il lavoro di gruppo. La check list: mette a disposizione l’elenco delle at tività peculiari di ogni settore oggetto di addestramento e di valutazione, con notevole semplificazione dal punto di vista della gestione dei documenti; permette di tenere allineati gli obiettivi di formazione dello studente nei vari settori di attività con le attività proprie del settore stesso, nella loro evoluzione e innovazione continua; permettere di ottimizzare il tempo e semplificare la documentazione con risultati qualitativamente moltiplicati dal frutto del lavoro di gruppo. 71 Dal ragionare insieme possono così nascere momenti di collaborazione mirati alla soluzione di problematiche particolari emerse durante la riflessione su come migliorare l’attività. L’atteggiamento culturale e professionale deve quindi essere flessibile, aperto e pronto a revisionare costantemente la propria cultura operativa sotto la spinta del miglioramento continuo della capacità di risposta ai bisogni assistenziali e di formazione, pur con risorse limitate, con un’azione di gestione e coordinamento che risponda alle n ecessità di programmare , gestire e valutare percorsi , identificando le responsabilità in modo strutturato, noto, condiviso da figure costanti e riconosciute. Il coordinamento delle attività di formazione e di assistenza può incidere in modo sostanziale sulla qualità del risultato formativo dello studente prima e alla fine sulla qualità delle risposte sanitarie e incide sui risultati, evitando la dispersione di responsabilità e azioni, consentendo la razionalizzazione delle strutture, permettendo la valutazione dei risultati finali e una ricerca congiunta delle risposte ai bisogni formativi e assistenziali. Così come il professionista sanitario prende in carico il paziente/utente, il Coordinatore delle attività tecnico pratiche e di tirocinio del Corso di laurea e i suoi Referenti prendono in carico lo studente; in realtà entrambi lavorano per l’obiettivo finale comune di rispondere ai bisogni di salute. Prendere in carico uno studente è come prendere in carico un paziente in un percorso di cura, perché interviene un’ equipe che in prima fase analizza e accoglie una domanda, elabora un obiettivo ed elabora un ” percorso di cura”, con una relazione e interventi individuali e di equipe, seguendo il progetto con continuità del “trattamento” integrato nelle di verse articolazioni del servizio. Anche in questo caso è necessario andare oltre un atteggiamento di protezione, salvaguardia e difesa dello studente o del paziente per favorire lo sviluppo di una soggettività matura e responsabile. E’ la metodologia della partecipazione e accrescimento del potere (empowerment) applicata in ambito formativo . I soggetti/gruppi che condividono questa missione devono riunirsi periodicamente, perché sostenuti dal bisogno di accrescere la propria competenza con risposte adeguate ai problemi, con il confronto in un contesto solidale, che ha esigenza di integrazione e relazione. I bisogni degli studenti, così come quelli dei pazienti, si emancipano, acquistano potere di partecipazione attiva ai processi decisionali in cui sono coinvolti sia a livello individuale che come utilizzatori attivi di un servizio fornito di risorse e strutture. Dall’analisi di cosa fa quotidianamente un Tecnico Sanitario di Radiologia Medica e quindi di quelle che sono le sue esigenze professionali, di q uali capacità relazionali gli sono necessarie per svolgere le attività in rapporto agli obiettivi del suo lavoro e dell’ Università nascono gli elementi da tenere presenti per progettare e organizzare un’attività formativa per la figura professionale. Fra i problemi più complessi che è chiamato a risolvere un Coordinatore assistenziale, oltre a quelli organizzativi e tecnici, ci sono quelli di interazione con i collaboratori: è frequente che molti di questi, soprattutto in una U.O di Radiologia dove il contatto diretto con il paziente ( eccetto che per la Radioterapia) è sporadico e si risolve in un breve lasso di tempo, ripieghino su posizioni meramente esecutive, venendo meno alle funzioni relazionali. Il 72 problema di aggregare come parte costitutiva del l avoro al fare concreto il fare relazionale può essere affrontato già nella fase di formazione. Un altro aspetto critico che il Coordinatore assistenziale può contribuire a risolvere è l’ assenza di uno spazio riservato allo studente, allestendo lo “studio dei tecnici”, che nella realtà professionale attuale deve avere uguale dignità dello studio dei dirigenti, come luogo di lavoro attrezzato “informaticamente”, con accesso controllato alla rete e sede di briefing e debriefing. Per la criticità relativa alla comunicazione è opportuno allestire , uno spazio web nel quale il ruolo dei professionisti, collaboratori e coordinatori, può essere fondamentale: uno spazio in cui aspiranti studenti, studenti in corso, ex studenti, professionisti e chiunque lo voless e, possano trovare informazioni, momenti di confronto e discussione, messa in comune di esperienze e conoscenze professionali. Lo spazio per il sito, acquisito con l’autotassazione, potrebbe essere gestito con il contributo volontario di studenti e profess ionisti. Agendo sul piano organizzativo si possono anche prevenire conflitti fra le componenti, a salvaguardia delle relazioni e del raggiungimento degli obiettivi, attraverso la ricerca della massima utilità da parte di tutti i soggetti partecipanti; inoltre può essere prevenuto il rischio di burn out, inteso come risultato dello squilibrio fra la domanda al professionista e la sua capacità di rispondere. Prevenire il burn out vuol dire agire sia sul piano della persona sia sul piano organizzativo e professionale. Sui fattori individuali si può lavorare dapprima sulla selezione del personale e quindi sul piano organizzativo, evitando il sovraccarico, vigilando sul conflitto, sulle ambiguità di ruolo, strutturando e variando le attività, con feed back sui risultati raggiunti e percepiti della maggiore partecipazione di tutti gli attori ai processi visti fin’ora. Uno strumento efficace a disposizione del Coordinatore assistenziale e del Coordinatore del Corso di laurea per misurare e quindi valutare la qua lità del tirocinio nella struttura di competenza, potrebbe essere offerto dalla scheda di soddisfazione compilata ogni anno dagli studenti per valutare il tirocinio effettuato, come già avviene perla didattica frontale. Attraverso la elaborazione statistica delle schede, effettuata annualmente dal Coordinatore delle attività tecnico pratiche di tirocinio, il Coordinatore assistenziale e tutto il personale impegnato nelle attività di tirocinio potrebbero valutare nel tempo gli aspetti legati al buon andam ento del processo e individuare le relative aree di miglioramento professionale in termini di competenze, conoscenze, abilità, capacità comunicative e di ascolto, ma anche degli aspetti organizzativi della struttura sede di tirocinio. L’esperienza di concorrere alla formazione del personale che si andrà a gestire costituisce un’occasione unica e importante per il Coordinatore assistenziale, se sarà in grado di promuovere il confronto ed elaborare il patrimonio costituito dall’incontro fra il mondo form ativo e il mondo del lavoro, rappresentato dal tirocinio. 73 Allegato 5. Il tirocinio e le disposizioni normative di riferimento Il tirocinio degli studenti dei Corsi di laurea triennale è una componente fondamentale del curriculum formativo in qua nto, al di là della “validazione” abilitante alla professione, consente allo studente di coniugare le diverse abilità richieste: cognitiva, attitudinale e comportamentale. Si tratta di una modalità di apprendimento dall’esperienza, di eseguire attività realistiche in un contesto lavorativo reale, pur se in situazioni “protette”, di anticipare la futura attività professionale anche nelle sue implicazioni emozionali. Lo scopo principale di ogni tirocinio è quello di far conseguire allo studente abilità e competenze tecnico pratiche che gli consentano di entrare rapidamente nella professione, immediatamente dopo il conseguimento del titolo che è abilitante . Il raggiungimento delle competenze professionali si attua attraverso una formazione teorica e pratica che includa anche l’acquisizione di competenze comportamentali e che venga conseguita nel contesto lavorativo specifico di ogni profilo, così da garantire, al termine del percorso formativo, la piena padronanza di tutte le necessarie competenze e la loro im mediata spendibilità nell’ambiente di lavoro. Il tirocinio, come previsto dal D.M. n. 509/99 e dall’Ordinamento didattico del Corso di laurea, può essere svolto presso strutture interne all'Ateneo o extra universitarie. Esso consiste nella partecipazione dello studente all'attività della struttura ospitante in rapporto al programma del tirocinio stesso e con la guida di un Tutor, in un ambiente atto ad accogliere una risorsa in formazione. Il tipo e le modalità di partecipazione sono concordati tra il Coo rdinatore delle attività tecnico pratiche e di tirocinio ed i “Referenti” della struttura ospitante. L’attività di tirocinio non ha carattere di rapporto di lavoro, né può essere comunque sostitutivo di attività aziendale o di prestazione professionale, ne sono espliciti impedimenti la natura stessa del rapporto studente/docente oltre 74 alle esigenze in materia assicurativa, alle normative sul lavoro e sulle responsabilità per eventuali danni personali e/o a terzi. I rapporti con le strutture extra -universitarie (Aziende, Enti pubblici o privati) sono regolati da apposite convenzioni. I rapporti con le strutture interne all'Ateneo sono regolati da accordi con il Direttore della struttura. Le convenzioni e gli accordi sono stipulati in conformità al Regolame nto generale per lo svolgimento delle attività didattiche integrative e allo schema tipo di convenzione approvati dagli Organi Accademici. Il tirocinio deve essere svolto presso le strutture convenzionate, nei periodi stabiliti dal piano di tirocinio trie nnale approvato dal Consiglio di corso di studio e per il numero di crediti formativi indicati dal Regolamento didattico. Il tirocinio è svolto sotto la supervisione del Coordinatore del Corso di Laurea della Sede con il concorso dei Referenti/ Tutor profe ssionali dei tirocini delle strutture coinvolte. Il Coordinatore del C.d.L. della Sede garantisce il percorso dello studente, concordando, curando e accertando che il tirocinio sia svolto in modo appropriato, sotto la guida dei Tutor professionali. All’inizio di ogni anno accademico viene illustrata agli studenti la programmazione di tirocinio. L’ammissione al tirocinio dell’anno di corso successivo è subordinata al raggiungimento del 75% del monte ore programmato per il primo e secondo anno e dalla valutazione positiva dei Tutor. Al terzo anno lo studente deve concludere entro settembre tutti i debiti di tirocinio pregressi, completare quelli dell’anno in corso e, sottointeso, riportare una valutazione positiva dei Tutor. Il Presidente del Consiglio di Corso di Studi fornisce alla Segreteria competente l'elenco aggiornato delle strutture convenzionate o convenzionabili, entro il 30 settembre di ogni anno, per la pubblicazione nell'apposito albo. Il Coordinatore del C.d.L. della Sede in accordo con Il Coo rdinatore delle attività tecnico pratiche e di tirocinio della Sede centrale dell’Università, svolge le seguenti funzioni: a. identifica per ogni anno accademico le sedi di tirocinio; 75 b. definisce i piani di tirocinio indicando i tempi di svolgimento, le sedi e gli obiettivi di tirocinio; c. si avvale della collaborazione dei professionisti del corrispondente profilo professionale identificati nella struttura; d. valuta e certifica, a settembre di ogni anno, l’apprendimento dello studente, tenendo conto delle valutazioni in itinere, delle sue capacità di integrare i principi teorici alla pratica e viste le attestazioni di frequenza riportate sul libretto di tirocinio; e. definisce tempi e modalità per l’eventuale recupero dei tirocini insufficienti, per mancata frequenza o valutazione negativa. Tali recuperi saranno programmati in un’unica sessione straordinaria, durante i periodi di sospensione delle attività didattiche e di tirocinio, compatibilmente con la ricettività delle strutture; f. convoca lo studente per una valutazione complessiva, sia nel caso di pareri dubbi e/o contrastanti dei Tutor che per confermarne i giudizi. Il Coordinatore del C.d.L. della Sede in accordo con Il Coordinatore delle attività tecnico pratiche e di tirocinio della Sede centrale dell’Università, propone al Consiglio del Corso di Studi la stipula di convenzioni con "nuove strutture" (enti, imprese, ecc.) e la risoluzione di quelle esistenti, con motivata relazione, qualora, nel corso del rapporto convenzionale, venga risco ntrata la inidoneità della struttura al proseguimento della collaborazione. Durante il tirocinio gli studenti sono tenuti a seguire le attività concordate. La frequenza è obbligatoria. Lo studente compila quotidianamente il libretto -diario delle attività di tirocinio. Il libretto-diario è controfirmato dal Tutor professionale, al fine della certificazione delle presenze e dell'attività svolta. Al termine del tirocinio i Tutor esprimono la propria valutazione complessiva su ogni studente compilando un’apposita scheda di valutazione dettagliata degli aspetti qualificanti il tirocinio nella struttura. La valutazione è illustrata privatamente allo studente interessato. Il libretto-diario e la scheda di valutazione di ogni struttura, unitamente ad una scheda/relazione compilata organizzativi tirocinio, del dallo sono studente sui contenuti trasmessi da parte Coordinatore del C.d.L. della Sede per la valutazione finale. 76 e dello gli aspetti studente al Il Coordinatore del C.d.L. della Sede perviene al giudizio f inale sull'attività di tirocinio considerando il libretto -diario e le schede di valutazione formulate da ogni struttura frequentata, tenendo conto del peso specifico delle attività svolte. Il tirocinio è disciplinato dai seguenti decreti: 1. D.Lgs. n. 502/92 modificato e integrato dal D.Lgs. n.517/93: “la formazione del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione avviene in sede ospedaliera, ovvero presso altre strutture del SSN e istituzioni private accreditate”. I requisiti di idoneità e l’accreditamento delle strutture sono disciplinati con Decreto del Ministro dell’Università d’intesa col Ministro della Sanità: 2. D.M. n. 229/97:”… il tirocinio deve essere svolto presso strutture accreditate, cioè rispondenti a requisiti minimi di idon eità generali e specifici…”; 3. D.M. n. 509/99: …”il tirocinio può essere svolto presso strutture interne all’Ateneo o extrauniversitarie…”; 4. D.M. n. 136/01: “…l’attività formativa pratica e di tirocinio clinico costituisce parte integrante e qualificante de lla formazione professionale ed è svolta con la supervisione e la guida dei Tutor professionali…” Essa è normata dai Regolamenti didattici di Ateneo e dalla Programmazione didattica, dai Regolamenti dei tirocini pratici e dai Codici deontologici professionali. 77 Allegato 6. Riferimenti normativi specifici Decreto del Ministero dell’ Università e della ricerca scientifica e tecnologica 24 luglio 1996 1.7 – I docenti universitari, a ciò destinati dal Consiglio di Facoltà, sono titolari di insegnamento nel Corso di Diploma Universitario. I docenti non universitari del S.S.N. sono nominati annualmente dal Rettore, senza oneri per l’Università, su proposta del Consiglio di Corso di Diploma e delibera del Consiglio di Facoltà e nulla osta del Direttore Generale della struttura di appartenenza. All’avvio dei Corsi i docenti ospedalieri sono proposti dal legale rappresentante dell’Azienda. 1.8 – Sono organi del Corso di Diploma: …..omissis…… Il Coordinatore dell’insegnamento tecnico -pratico e di tirocinio è nominato dal Consiglio di Corso di Diploma Universitario tra coloro che sono in servizio presso la struttura sede del Corso, sulla base del curriculum che tiene conto del livello formativo nell’ambito dello specifico profilo professionale, cui corrisponde il Corso. Il Coordinatore degli insegnamenti tecnico -pratici dura in carica per tre anni, è responsabile degli insegnamenti tecnico -pratici e del loro coordinamento con gli insegnamenti teorico -scientifici, organizza le attività complementari, assegna i Tutor e ne supervisiona l’attività, garantisce l’accesso degli studenti alle strutture qualificate come sede di insegnamenti tecnico-pratici. Art. 4 – Organizzazione didattica: “Le funzioni di coordinamento delle attività didattiche tecnico -pratiche e di tirocinio sono conferite annualmente, con possibilità di rinnovo, dal Consiglio di Facoltà, su proposta del Consiglio di Corso di Diploma, ai docenti delle discipline professionali specifiche, in possesso delle competenze professionali e dei titoli richiesti…..omissis……, e considerando prioritariamente il personale, universitario e del Servizio Sanitario Nazionale, in servizio presso le sedi operative in cui si svolgeranno le suddette attività.” 3.5.3. Protocollo d’intesa Regione-Università: I protocolli d’intesa fra la Regione Lombardia e le Università degli Studi della Regione hanno l’obiettivo di disciplinare l’espletamento degli interi cicli formativi dei corsi universitari del personale sanitario, infermieristico, tecnico e della riabilitazione (art.1). Definiscono inoltre (art.2): 78 a. i corsi da attivare in relazione alle specifiche figure professionali; b. il numero di operatori da formare annualmente in relazione al fabbisogno del S.S.N. e delle strutture private del territorio regionale; c. le sedi formative; d. le risorse a disposizione; e. gli accordi attuativi fra le singole Università e le Aziende Ospedaliere, le Aziende USL, le istituzioni pubbliche e private accreditate, gli Istituti di Ricovero e Cura a carattere scientifico, per regolamentare le modalità di reciproca collaborazione e la programmazione delle risorse finanziarie. Gli accordi stipulati tra l’Università degli studi di Brescia e l’Azienda Ospedaliera di Cremona prevedono quanto segue: l’organizzazione didattica è costituita dal Consiglio del c orso che conferisce le funzioni di coordinamento delle attività tecnico pratiche e di tirocinio ai docenti delle discipline professionali specifiche, considerando prioritariamente il personale universitario e del Servizio Sanitario, individuato tra gli operatori in possesso della massima formazione e qualificazione professionale nell’ambito dello specifico profilo professionale nella stessa sede formativa; le strutture di supporto e i servizi generali sono alle stesse condizioni previste per il personale dipendente, i servizi di tirocinio sono strutturati secondo le esigenze formative degli studenti, la divisa necessaria per il tirocinio viene consegnata gratuitamente agli studenti; l’Azienda mette a disposizione i dipendenti aspiranti docenti in possesso della massima formazione prevista e che rispondono ai criteri concordati nei protocolli d’intesa, i docenti non universitari del S.S.N. sono nominati annualmente dal Rettore; l’Azienda si impegna ad attivare la funzione di Tutor, garantendone le necessarie disponibilità e competenze, scelti fra il personale con professionalità specifica dello stesso profilo oggetto di formazione, iscritti ai ruoli del S.S.N., in possesso di comprovata competenza e capacità didattica, con almeno 5 anni di esperienza di serv izio; gli studenti iscritti sono coperti a cura dell’Università con assicurazione contro gli infortuni che dovessero capitare durante lo svolgimento delle attività tecnico pratiche svolte in qualunque sede di sezione formativa, nonché con assicurazione per la responsabilità civile per i danni che dovessero involontariamente causare a terzi; 79 l’Azienda assicura la sorveglianza sanitaria agli studenti iscritti al Corso di laurea durante l’attività di tirocinio presso le proprie strutture. 3.5.5. Convenzione Università – Struttura sede di tirocinio I punti salienti sviluppati nell’ambito della convenzione fra una struttura sede di tirocinio extra universitaria (ad esempio Azienda Istituti Ospitalieri di Cremona) e l’ Università sono gli stessi definiti dal l’accordo attuativo Azienda-Università. Per ogni anno accademico la Facoltà di Medicina e Chirurgia, di cui fanno parte i corsi di Laurea di I° livello, nell’ambito del coordinamento dei propri programmi, concorderà con la struttura sede di tirocinio, te nuto conto della disponibilità di risorse, competenze, e mezzi della struttura medesima, gli interventi d’attuare ai fini di realizzare le finalità previste dalla convenzione. 80 Allegato 7. I Regolamenti del Corso di laurea I documenti principali che sottendono al governo delle attività formative in un Corso di laurea universitario sono: - l’Ordinamento didattico o Ordine degli studi - il Regolamento didattico o piano degli studi, che discende dall’Ordinamento e dalla Programmazione didattica. 3.6.1. Ordinamento didattico di Corso di laurea: Contiene l’insieme delle norme che regolano le attività formative universitarie ed extrauniversitarie, specificate a loro volta nel Regolamento didattico del Corso di laurea. L’Ordinamento didattico definisce : la denominazione del Corso di studio; l’indicazione della classe di appartenenza; gli obiettivi formativi specifici; i requisiti di ammissione e le modalità di conferimento e di recupero degli eventuali debiti formativi; il quadro generale delle attività formative con il numero dei crediti ad esse associati e i settori scientifico -disciplinari di riferimento; le eventuali obbligatorietà di frequenza; le modalità di conseguimento dei crediti e le modalità di svolgi mento della prova finale; gli ambiti occupazionali previsti per i laureati del corso di studio. Obiettivi formativi specifici: La filosofia di costruzione di un piano didattico: Occorre dare una struttura al piano didattico tale da permettere il raggiungimento di una omogeneità del gruppo su ciò che è necessario sapere rispetto all’obiettivo stabilito per la singola professione. Il primo anno di studi prevede materie di tipo generale, il secondo anno materie più specifiche e il terzo anno materie speciali stiche. 81 A quelle che possono essere definite “materie tecnico professionali” occorre affiancare materie che complementano la formazione culturale del professionista quali la psicologia, l’organizzazione delle strutture sanitarie, il diritto del lavoro e la bioetica, oltre che la deontologia della professione, l’informatica, la statistica e la lingua straniera. Per quanto riguarda la programmazione didattica, componente tirocinio, come si evince dalla un terzo (in termini di CFU) o circa la metà (in termini di ore) dell’attività didattica del Corso di laurea è di tipo tecnico pratico. È questo che consente ai laureati di questi corsi di esercitare la professione immediatamente dopo la laurea, una volta superata la prova pratica che precede la discussione della tesi. Modalità di integrazione di didattica e tirocinio: La scelta è tra due” filosofie”: la prima modalità prevede che la didattica occupi tutto l’arco della giornata, mattino e pomeriggio, fino alla conclusione del programma del semestre. Al termine del modulo “didattico teorico”, inizia il modulo tecnico pratico del tirocinio, svolto anch’esso durante tutto l’arco della giornata. In sostanza un’alternanza di periodi di lezioni e di tirocinio ben strutturati nel tempo e indipendenti. Questa modalità è realizzabile laddove l’attività assistenziale si esplica fino al pomeriggio inoltrato o in presenza di sedi di tirocinio distaccate distanti dalla sede in cui si effettua la didattica teorica. Nella seconda modalità il tirocinio viene svolto il mattino e le lezioni di pomeriggio, nell’ambito dei semestri. I motivi che spingono a questa scelta sono sia di ordine pratico che di ordine psicobiologico. Il motivo psicobiologico tiene conto del fatto che alternare le due attività è più gradevole per lo studente e non richiede lo stesso tipo di concentrazione per nove/ dieci ore di impegno giornaliere richieste. Regolamento didattico o piano degli studi Discende dall’Ordinamento ed è uno strumento di lavoro più agile. 82 Il Regolamento riporta le materie per anno, per semestre, la composizione dei corsi integrati e il numero dei CFU corrispondenti. Tecniche di Radiologia Medica, per Immagini e Radioterapia (Abilitante alla Professione Sanitaria di Tecnico di Radiologia Medica) Obiettivi formativi specifici I laureati sono, ai sensi della legge 10 agosto 2000, n. 251, articolo 3, comma 1, operatori delle professioni sanitarie dell'area tecnico -diagnostica che svolgono, con autonomia professionale, le procedure tecniche necessarie alla esecuzione di metodiche diagnostiche su materiali biologici o sulla persona, e a cui competono le attribuzioni previste dal D.M Ministero della sanità 26 settembre 1994, n. 746 e successive modificazioni ed integrazioni; ovvero sono responsabili degli atti di loro competenza e sono autorizzati ad espletare indagini e prestazioni radiologiche, nel rispetto delle norme di radioprotezione previste dall'Unione Europea. Nell'ambito della formazione della predetta figura professionale, le università assicurano un'adeguata formazione in m ateria di protezione dalle radiazioni ionizzanti.I laureati nella classe sono dotati di un'adeguata preparazione nelle discipline di base, tale da consentire loro la migliore comprensione dei più rilevanti elementi che sono alla base dei processi patologic i che si sviluppano in età evolutiva, adulta e geriatrica, sui quali si focalizza il loro intervento diagnostico. Devono inoltre saper utilizzare almeno una lingua dell'Unione Europea, oltre l'italiano, nell'ambito specifico di competenza e per lo scambio di informazioni generali. Conoscenze richieste per l'accesso (art.6 D.M. 509/99) Possesso di diploma di scuola secondaria superiore o di altro titolo conseguito all'estero e riconosciuto idoneo. L'ammissione al corso di laurea è subordinato al superamento di apposite prove, ai sensi dell'art. 4 della Legge 264/99. Caratteristiche della prova finale La prova finale: a) consiste nella redazione e discussione di un elaborato e nella dimostrazione di abilità pratiche; b) è organizzata nei tempi e con le modal ità prescritte da apposito decreto del Ministro dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica di concerto con il Ministro della Sanità; c) la Commissione per la prova finale è composta da non meno di 7 e non più di 11 membri, nominati dal Rettore su proposta delle strutture didattiche 83 competenti, secondo le procedure previste dal Regolamento didattico di Facoltà, e comprende almeno 2 membri designati dalle Associazioni professionali individuate con apposito decreto del Ministro della sanità sul la base della rappresentatività a livello nazionale. Ambiti occupazionali previsti per i laureati I laureati in tecniche diagnostiche radiologiche sono abilitati a svolgere, in conformità a quanto disposto dalla legge 31 gennaio 1983, n. 25, in via autonoma, o in collaborazione con altre figure sanitarie, su prescrizione medica tutti gli interventi che richiedono l'uso di sorgenti di radiazioni ionizzanti, sia artificiali che naturali, di energie termiche, ultrasoniche, di risonanza magnetica nucleare nonchè gli interventi per la protezionistica fisica o dosimetrica; partecipano alla programmazione e organizzazione del lavoro nell'ambito della struttura in cui operano nel rispetto delle loro competenze; programmano e gestiscono l'erogazione di prestazioni p olivalenti di loro competenza in collaborazione diretta con il medico radiodiagnosta, con il medico nucleare, con il medico radioterapista e con il fisico sanitario, secondo protocolli diagnostici e terapeutici preventivamente definiti dal responsabile del la struttura; sono responsabili degli atti di loro competenza, in particolare controllando il corretto funzionamento delle apparecchiature loro affidate, provvedendo alla eliminazione di inconvenienti di modesta entità e attuando programmi di verifica e controllo a garanzia della qualità secondo indicatori e standard predefiniti; svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie pubbliche o private, in rapporto di dipendenza o libero professionale; contribuiscono alla formazione del personale di supporto e concorrono direttamente all'aggiornamento relativo al loro profilo professionale e alla ricerca. Attività di Base Scienze biomediche (CFU 10) BIO/09: FISIOLOGIA FISIOLOGIA UMANA BIO/10: BIOCHIMICA BIOCHIMICA CHIMICA ORGANICA E INORGANICA BIO/13: BIOLOGIA APPLICATA BIOLOGIA APPLICATA BIO/16: ANATOMIA UMANA ANATOMIA UMANA BIO/17: ISTOLOGIA ISTOLOGIA MED/04: PATOLOGIA GENERALE PATOLOGIA GENERALE Scienze propedeutiche (CFU 8) FIS/07: FISICA APPLICATA BIOLOGIA E MEDICINA) INF/01: INFORMATICA (A 84 BENI CULTURALI, AMBIENTALI, INFORMATICA ING-INF/07: MISURE ELETTRICHE ED ELETTRONICHE APPARECCHIATURE DI RADIOLOGIA TRADIZIONALE ELEM DI ELETTROTEC ED ELETTRON GEN MAT/05: ANALISI MATEMATICA ELEMENTI DI MATEMATICA E STATISTICA Totale CFU Attività di Base 18 Attività Caratterizzanti Diagnostica per immagini e radioterapia (CFU 40) FIS/07: FISICA APPLICATA (A BENI CULTURALI, AMBIENTALI, BIOLOGIA E MEDICINA) FISICA DELLE RADIAZIONI FISICA GENERALE ING-INF/07: MISURE ELETTRICHE ED ELETTRONICHE MED/36: DIAGNOSTICA PER IMMAGINI E RADIOTERAPIA RADIOLOGIA OSTEO-ARTICOLARE MED/37: NEURORADIOLOGIA MED/50: SCIENZE TECNICHE MEDICHE APPLICATE ORGANIZZAZIONE DELLA PROFESSIONE TECNICHE IN NEURORADIOLOGIA TECNICHE RADIOGRAFICHE TECNICHE RADIOGRAFICHE IN TRAUMATOLOGIA OSSEA Primo soccorso (CFU 6) BIO/14: FARMACOLOGIA MED/09: MEDICINA INTERNA MED/18: CHIRURGIA GENERALE MED/41: ANESTESIOLOGIA MED/45: SCIENZE INFERMIERISTICHE PEDIATRICHE GENERALI, CLINICHE E Scienze della prevenzione e dei servizi sanitari (CFU 3) MED/36: DIAGNOSTICA PER IMMAGINI E RADIOTERAPIA MED/37: NEURORADIOLOGIA MED/42: IGIENE GENERALE E APPLICATA IGIENE GENERALE E APPLICATA MED/43: MEDICINA LEGALE MED/44: MEDICINA DEL LAVORO MEDICINA DEL LAVORO MED/45: SCIENZE INFERMIERISTICHE GENERALI, CLINICHE PEDIATRICHE MED/50: SCIENZE TECNICHE MEDICHE APPLICATE 85 E Scienze medico-chirurgiche (CFU 4) BIO/14: FARMACOLOGIA MED/09: MEDICINA INTERNA MED/18: CHIRURGIA GENERALE MED/33: MALATTIE APPARATO LOCOMOTORE MALATTIE DELL'APPARATO LOCOMOTORE MED/40: GINECOLOGIA E OSTETRICIA Totale CFU Attività Caratterizzanti 53 Attività Affini o integrative Scienze del management sanitario (CFU 4) IUS/07: DIRITTO DEL LAVORO SECS-P/07: ECONOMIA AZIENDALE SECS-P/10: ORGANIZZAZIONE AZIENDALE Scienze interdisciplinari (CFU 4) ING-INF/05: SISTEMI DI ELABORAZIONE DELLE INFORMAZIONI Scienze interdisciplinari c liniche (CFU 7) MED/10: MED/11: MED/12: MED/24: MED/26: MED/27: MED/28: MED/31: MED/32: MED/41: MALATTIE DELL'APPARATO RESPIRATORIO MALATTIE DELL'APPARATO CARDIOVASCOLARE GASTROENTEROLOGIA UROLOGIA NEUROLOGIA NEUROCHIRURGIA MALATTIE ODONTOSTOMATOLOGICHE OTORINOLARINGOIATRIA AUDIOLOGIA ANESTESIOLOGIA Scienze umane e psicopedagogiche (CFU 3) SPS/07: SOCIOLOGIA GENERALE 86 Totale CFU Attività Affini o integrative 18 Altre attività formative A scelta dello studente (CFU 9) Per la prova finale (CFU 8) Prova finale CFU 8 Lingua straniera CFU 3 INGLESE SCIENTIFICO 1° ANNO Altre (art. 10, comma 1, lettera f ) Tirocini CFU 62 TIROCINIO 1° ANNO TRM Altro CFU 9 IGIENE AMBIENTALE Totale CFU Altre attività formative 91 Totale Crediti CFU Tecniche di Radiologia Medica, per Immagini e Radioterapia (Abilitante alla Professione Sanitaria di Tecnico di Radiologia Medica) 180 3.6.3. Programmazione didattica E’ lo strumento d’uso quotidiano sul quale si costruiscono gli orari delle lezioni e tutte le attività didattiche ad esso correlate. Riporta i nominativi dei docenti e le caratteristiche normative dell’affidamento dell’insegnamento loro attribuito. La programmazione didattica viene aggiornata ogni anno. Il personale docente del Sistema Sanitar io Regionale riceve l’affidamento diretto sulla base di quanto stabilito dalla Convezione Azienda -Università, prevalentemente in relazione alle materie tecnico - professionali. 87 4. VALUTAZIONE DELL’ESISTENTE IN TERMINI DI ATTORI E FUNZIONI Facoltà di Medicina e Chirurgia Presidente Consiglio di Corso Di Laurea Consiglio di Corso Coordinatore attività tecnico pratiche e di tirocinio Tutor/Assistente di tirocinio 88 BIBLIOGRAFIA Bellomo Psicologia medica e abilità relazionali Torino, Minerva Medica, 2004 Benci Le professioni sanitarie non mediche. Aspetti giuridici, deontologici e medico legali Milano, McGraw-Hill, 2002 Calamandrei-Orlandi La dirigenza infermieristica Milano, McGraw-Hill, 2002, 2°ed. Calvani A. Manuale di tecnologie dell’educazione Pisa, ETS, 1995 Castellucci A., Spiani L., Sarchielli G., Marletta L. (a cura di) “Viaggi guidati” , Il tirocinio e il processo tutoriale nelle professioni sanitarie Angeli, 1997 Hilgard’s Introduzione alla psicologia Padova, Piccin, 1999 Imbasciati-Margiotta Compendio di Psicologia per gli operatori sociosanitari Padova, Piccin, 2005 Logorio B. Community of Learners, Strumenti e metodi per imparare collaborando in “TD”, n°4 - Autunno 1994, pp. 22-35, 1994 89 Mason L. Costruire conoscenze: contesti di insegnamento -apprendimento e processi formativi a scuola - in Orefice P. (a cura di), Formazione e Processo, Milano, Angeli, pp. 73-91, 1997 Maturana H.L., Varala F.J. L’albero della conoscenza Milano, Garzanti (ed orig. 1984), 1987 Monasta A. Proposte per il sistema formativo italiano in “Progettazione Formativa e Valutazione”, Bramanti D. (a cura di), Roma, Carrocci Editore, pp. 59-95, 1998 Sasso, Lotti, Gamberoni Il tutor per le professioni sanitarie Roma, Carocci Faber, 2003 Scandella O. Tutorship e apprendimento: nuove competenze dei docenti nella scuola che cambia Firenze, La Nuova Italia, 1995 Urbanowky M., Dwyer M. L’apprendimento nel tirocinio: una guida per supervisori e studenti Milano, Vita e Pensiero, , 1995 Ronald Epstein New England Journal of Medicine Chiara Pasini Psicologia e Comunicazione 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99