SPR-ITALY AREA GROUP La ricerca in psicoterapia: Università, Scuole di formazione, Servizi pubblici Urbino, 30 - 31 ottobre 2015 ABSTRACT COMITATO SCIENTIFICO Il Comitato scientifico è costituito dal CONSIGLIO DIRETTIVO di SPR - Italy Area Group. COMITATO SCIENTIFICO LOCALE Antonello Colli Mario Rossi Monti COMITATO ORGANIZZATIVO Valeria Condino, Giulia Gagliardini, Daniela Gentile, Elena Montali Venerdì 30/10/2015 Registrazione dei partecipanti Apertura del lavori: F. Del Corno presidente SPR-ITALY Area Group, A. Colli, responsabile Comitato Scientifico Locale Sessione Parallela A Simposio: DALLA RICERCA ALLA CLINICA E VICEVERSA: LA SPERIMENTAZIONE NEI SERVIZI PUBBLICI Proponente: P. Porcelli Discussant: F. Del Corno − PSICOTERAPIA DI GRUPPO IN PAZIENTI CON DIABETE TIPO 2: UNO STUDIO LONGITUDINALE. DALLA RICERCA ALL’ORGANIZZAZIONE DI UN SERVIZIO. A. Tomasich, A. Romanazzi, S. Bruno, E. Brusadelli − ESITI DEGLI INTERVENTI PSICOLOGICI DEI SERVIZI ASL IN TOSCANA: IL SISTEMA CORE OM E IL QALY N. Artico − INTERVENTI DI COUNSELING IN PAZIENTI CON EPATITE C IN TRATTAMENTO CON INTERFERONE P. Porcelli Simposio: LE COMUNITÀ RESIDENZIALI COME PERCORSI DI CURA Proponente: M. Vigorelli Discussant: R. Popolo − I PROBLEMI DEGLI ADOLESCENTI ANTISOCIALI INSERITI IN COMUNITÀ SOCIOEDUCATIVE M. Di Lorenzo, B. Bacci, T. Casirati, A. Maggiolini − RAPPRESENTAZIONE DEL PERCORSO TERAPEUTICO E ALLEANZA TERAPEUTICA IN ADOLESCENTI INSERITI IN COMUNITÀ TERAPEUTICA F. Calorenne, G. Monga, P. Zuglian, M. Vigorelli − PROCESSO DI VALUTAZIONE E ACCREDITAMENTO ALLA PARI IN COMUNITÀ TERAPEUTICHE PSICHIATRICHE F. Gillino, M. De Crescente, A. Angelini, S. Bruschetta, M. Vigorelli − VALIDAZIONE DI UNO STRUMENTO PER LA VALUTAZIONE DI COMUNITÀ RESIDENZIALI PER MINORI F. Colombo, C. Guarnaccia, F. Giannone, S. Bruschetta, M. Vigorelli SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 2 Comunicazioni libere 1 Discussant: S. Salcuni − CARATTERISTICHE CLINICHE DEI SOTTOTIPI DI SKIN PICKING: LA VERSIONE ITALIANA DEL MILWAUKEE INVENTORY FOR THE DIMENSIONS OF ADULT SKIN PICKING (MIDAS) G.P. Mazzoni, A Pozza, I. Patassini, N. Giaquinta, C. La Mela, D. Dèttore − APP – AMENABILITY PSYCHOTHERAPY PROJECT. SVILUPPO E VALIDAZIONE DI UNA SCALA PER L’INDICAZIONE EMPIRICAMENTE FONDATA ALLA PSICOTERAPIA A. Ferrari, D. Taino, S.P. Papini, M. Tettamanti, C. Cairone, P. Zuglian, F. Cadeo, E. Fava − UNA TECNICA DI VALUTAZIONE INTERNA A UN GRUPPO DI PSICOTERAPIA C. Benini, A. Marastoni, M. Novali, E. Ollosu, A. Palena Lezione Magistrale di Howard Steele New School of Social Research di New York Discussant: Mario Rossi Monti, Università degli Studi di Urbino Topic of interest: “Lo sviluppo dello Psychotherapy Practice Research Network (PPRN) in Italia: per una ricerca basata sulla pratica clinica.” A. Compare, G. Lo Coco Sabato 31.10.2015 Sessione Parallela B Simposio: AFFRONTARE LE DIFFICOLTÀ SCOLASTICHE: UN APPROCCIO NARRATIVO Proponenti: F. Mittino, K. Provantini Discussant: M. Stangalino − RACCONTARE LE DIFFICOLTÀ D’APPRENDIMENTO. UN’ANALISI NARRATIVA DEI PROTOCOLLI TAT. F. Mittino, M. Malacrida, K. Provantini − DIARINPRATICA. IL DIARIO COME SNODO TRA APPRENDIMENTO FORMALE E APPRENDIMENTO INFORMALE M. Bernasconi Pedrolini, D. Croci Delorenzi, L. Bernasconi − STORIE DAL FRONTE: IL RUOLO DELLA NARRAZIONE CONDIVISA IN UN PROGETTO DI RICERCA-INTERVENTO CONTRO LA DISPERSIONE NELLA SCUOLA S. Parrello, C. Moreno Simposio: MODELLI CLINICI E RICERCA EMPIRICA IN CENTRI DI ATTIVITÀ PRIVATA Proponente: S. Sassaroli Discussant: G.M. Ruggiero − UN MODELLO DI CONCETTUALIZZAZIONE DEL CASO CLINICO: LIFE THEMES AND PLANS IMPLICATIONS OF BIASED BELIEFS: ELICITATION AND TREATMENT (LIBET) G. Caselli, S. Sassaroli, A. Bassanini, C. Redaelli, G.M. Ruggiero − LA FORMULAZIONE DEL CASO NELLA TERAPIA METACOGNITIVA INTERPERSONALE (TMI) DEI PAZIENTI CON DISTURBO DI PERSONALITÀ R. Popolo, G. Salvatore, V. Galasso, P. Ottavi, T. Passarella, G. Dimaggio SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 3 − PSICOTERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE AD ALTA INTENSITÀ PER PAZIENTI RICOVERATI CON DOC FARMACO-RESISTENTE: IL DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO DI PERSONALITÀ IN COMORBILITÀ È UN PREDITTORE DI MASSIMA RISPOSTA TERAPEUTICA. G.P. Mazzoni, A. Pozza, D. Coradeschi, C. La Mela, D. Dèttore − L’INTERAZIONE TRA ATTIVITÀ CLINICA E RICERCA EMPIRICA NEL CENTRO DI TERAPIA COGNITIVA “STUDI COGNITIVI” DI SAN BENEDETTO DEL TRONTO. C. Caruso, C. Mezzaluna Comunicazioni Libere 2 Discussant: F. Gazzillo − ASSESSMENT PSICODINAMICO DEI DISTURBI ALIMENTARI MEDIANTE IL SISTEMA OPD-2 (OPERATIONALIZED PSYCHODYNAMIC DIAGNOSIS-2) E CORRELAZIONI TRA SOTTOTIPI CLINICI ED ESITI DEL TRATTAMENTO: UNO STUDIO PROSPETTICO P. Zuglian, M. Magni, L. Zuccarino, S. Papini, M. Tajani, E. Fava − L'OBJECT RELATIONS INVENTORY (ORI) E LA DIFFERENTIATION RELATEDNESS SCALE (DR-S) SONO MARKER DELLA COMPROMISSIONE DEL FUNZIONAMENTO DELLA PERSONALITÀ? S. Borroni, A. Scalabrini, A. Fossati − STUDIO SULL’UTILITÀ CLINICA DELLA BINGE EATING SCALE ATTRAVERSO UN APPROCCIO MIXED-METHODS A. Tomasich, E. Brusadelli, A. Romanazzi, S. Bruno, S. Gullo, G. Lo Coco Comunicazioni Libere 3 Discussant: F. Del Corno − VALUTAZIONE DELL’ANDAMENTO DEI PROGRAMMI TERAPEUTICI E RIABILITATIVI NELLE STRUTTURE INTERMEDIE (AZIENDA ULSS 5 OVEST VICENTINO) M. Balbo − L’EVOLUZIONE DEI SERVIZI DI RIABILITAZIONE E CURA IN PSICHIATRIA E. Saita, F. Irtelli, M. Accordini, A. Panella, F. Piraino, M. Buratti, G. Savuto − LA VALUTAZIONE DELLA PSICOTERAPIA PER STUDENTI UNIVERSITARI: INTEGRAZIONE E CONCORDANZA FRA ETERO ED AUTO-VALUTAZIONE F. Monti, F. Vescovelli, P. Melani, P.E. Ricci Bitti Comunicazioni Libere 4 Discussant: G. Lo Coco − EMOTIONAL NEGLET, ALESSITIMIA E COMPORTAMENTI AGGRESSIVI IN SOGGETTI CON DISTURBO BORDERLINE DI PERSONALITÀ L. Epifani, M.C. Barnabei, V. Castellucci, M.P. Costantini, M. Ferri, M. Scarpantoni, S. Tripaldi, V. Spina − TRATTARE LA PSICOSI ALL’ESORDIO. CONFRONTO CATAMNESTICO FRA PERCORSI DI CURA STANDARD E PERCORSI DI CURA DEDICATI O. Oasi, S. Vecchi, A. Barlocco, M.M. Pozzi, R. Bezzi − DISREGOLAZIONE EMOZIONALE E ABILITÀ DI MINDFULNESS NEL CORSO DI 3 MESI DI SKILLS TRAINING DELLA DIALECTICAL BEHAVIOR THERAPY PER IL TRATTAMENTO DELL'ALCOL DIPENDENZA: GROWTH CURVE ANALYSIS M. Cavicchioli, M. Movalli, C. Maffei SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 4 − LA (META)COGNIZIONE SOCIALE NEL DISTURBO BIPOLARE: UNA REVIEW SULLE BASI NEURALI F. Turchi, S. Righini, E. Mellina Topic of interest: "Il trauma nello sviluppo: strumenti, criteri diagnostici e interventi evidence based" A. Simonelli, S. Salcuni Tavola Rotonda LA RICERCA IN PSICOTERAPIA: DIFFICOLTÀ E SOLUZIONI con E. Fava, G. Lo Verso, P. Porcelli, S. Sassaroli Chairman: G. Lo Coco Sessione Parallela C Simposio: LA TECNICA DEGLI INTERVENTI: IL SÉ E LA SUA ORGANIZZAZIONE IN UN CASO DI DISTURBO FOBICO OSSESSIVO Proponente: M. Lang Discussant: F. Del Corno − LA DIAGNOSI TESTOLOGICA ALL’INTERNO DELLA TECNICA DEGLI “INTERVENTI” L. Rivolta, E. Brusadelli − “LA RAGAZZA CON LA PAURA DEI COLTELLI”: UN CASO ESEMPLIFICATIVO M. Lang, A. Donati, S. La Viola − LA TEORIA ALLA BASE DELLA TECNICA DEGLI “INTERVENTI” D. Colson, E. Berselli, F. Menozzi Simposio: NUOVI MODELLI DI TRATTAMENTO PER I PAZIENTI GRAVI NEI SERVIZI PUBBLICI PER LA SALUTE MENTALE Proponente: R. Popolo Discussant: S. Gullo − METACOGNIZIONE E SCHIZOFRENIA. VALUTAZIONE D’EFFICACIA DEL TRATTAMENTO TMI NELLE PSICOSI F. Cavallo, L. Melchiorre, C. Santone, G. Dimaggio, R. Popolo, G.P. Salvatore − TMI DI GRUPPO IN UN CONTESTO PUBBLICO PER ADOLESCENTI E GIOVANI ADULTI C. Toselli, F. Canfora, C. Manfredi, G. Dimaggio, D. Rebecchi, R. Popolo − UN INTERVENTO RIABILITATIVO PER LA DISABILITÀ SOCIALE NEL PAZIENTE SCHIZOFRENICO: METACOGNITION-ORIENTED SOCIAL SKILLS TRAINING (MOSST). P. Ottavi, M. Pasinetti, D. Catania, G.P. Salvatore, R. Popolo, G. Dimaggio − PSICOEDUCAZIONE PER IL FUNZIONAMENTO SOCIALE NEL PAZIENTE GRAVE R. Popolo, T. Poliseno Comunicazioni libere 5 Discussant: A. Colli − L’ÉQUIPE DI SUPERVISIONE SU CASI DI DISSOCIAZIONE TRAUMATICA: UN’INDAGINE DI PROCESSO E. Saita, G. Bozzone, F. Facchin − QUALI CARATTERISTICHE DEL PROCESSO TERAPEUTICO SONO IN GRADO DI DISCRIMINARE LE SEDUTE CON ANDAMENTO CRESCENTE E DECRESCENTE SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 5 DELL’ALLEANZA TERAPEUTICA? E. Montali, D. Gentile, A. Colli − IL RUOLO DELLA SUPERVISIONE NELLA PREVENZIONE DEL BURN OUT TRA GLI PSICOTERAPEUTI C. Caruso, M. Costantini, C. Mezzaluna Relazione conclusiva: STATO ATTUALE E FUTURO DELLA PSICOTERAPIA di Francesco Gazzillo, Sapienza, Università di Roma SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 6 SIMPOSI 1. DALLA RICERCA ALLA CLINICA E VICEVERSA: LA SPERIMENTAZIONE NEI SERVIZI PUBBLICI Proponente: Piero Porcelli IRCCS De Bellis, Castellana Grotte, (BA) Il rapporto fra ricerca e assistenza in psicologia clinica è stato storicamente molto difficile, non solo in Italia. In questo simposio, questo problema verrà trattato in direzione bottom-up, ossia partendo dalla possibilità concreta di istituire un ponte fra ricerca e clinica nei servizi pubblici. I 3 interventi forniranno esempi di altrettanti interventi psicologici in diversi ambiti (psicologia e medicina), strutture (ospedale e servizi territoriali ASL), aree geografiche (nord, centro e sud Italia) e modalità operative (terapia di gruppo, psicoterapia, counseling) nei quali l'offerta assistenziale all'interno del SSN è accompagnata da un focus sulla raccolta dati, valutazione degli interventi e ricerca sugli esiti. Allo stesso tempo, gli esempi illustrati nel simposio sono anche un punto di partenza per valorizzare i risultati quantitativi poiché consentono agli operatori di utilizzare i dati di ricerca per migliorare e differenziare l'offerta assistenziale di psicologia. CONTRIBUTI 1. PSICOTERAPIA DI GRUPPO IN PAZIENTI CON DIABETE TIPO 2: UNO STUDIO LONGITUDINALE. DALLA RICERCA ALL’ORGANIZZAZIONE DI UN SERVIZIO. Autori: Alessandra Tomasich, Alessia Romanazzi, Samantha Bruno, Emanuela Brusadelli Servizio di Psicologia Clinica, AO Salvini, Garbagnate, MI La gestione del diabete di tipo 2 è problematica anche per le difficoltà di compliance e di rapporto con i curanti. In questo lavoro è stato valutato l’impatto di un intervento psicoterapeutico sugli esiti di malattia, compliance e qualità di vita dei pazienti afferenti all’ambulatorio di diabetologia. Sono stati arruolati 100 pazienti diabetici di tipo 2 in carico da circa 2 anni valutando funzioni psicosociali (SF-36), qualità di vita (DQOL), supporto sociale (MSPSS), alessitimia (TAS-20), compulsività alimentare (BES) e stati ansiosodepressivi (HADS). 44 pazienti sono stati trattati con psicoterapia di gruppo per 3 mesi e confrontati con 46 pazienti di controllo sottoposti a terapia medica standard. I risultati indicano una maggior compliance nei pazienti che hanno preso parte all’intervento, con una significativa diminuzione dello stato ansiosodepressivo e dei livelli di alessitimia rispetto ai soggetti di controllo. La ricerca ha evidenziato la positività di un intervento psicologico, anche a tempo definito, che offrisse ai pazienti uno spazio dove poter elaborare i cambiamenti necessariamente innescati dalla malattia e comprendere meglio i propri bisogni. Inoltre, la strutturazione dell’intervento secondo un paradigma di ricerca teso a conoscere gli esiti dei risultati della psicoterapia ha consentito agli operatori di indagare meglio le articolazioni specifiche dell’intervento clinico-assistenziale e di avere una maggiore consapevolezza dei risvolti pratici del proprio intervento. 2. ESITI DEGLI INTERVENTI PSICOLOGICI DEI SERVIZI ASL IN TOSCANA: IL SISTEMA CORE OM E IL QALY Autore: Nicola Artico UOC Psicologia, ASL 6, Livorno Nella moderna sanità attuale, anche le scienze psicologiche e le pratiche psicoterapeutiche, peraltro largamente utilizzate, hanno dovuto accettare la sfida di una “rendicontazione responsabile” del loro operato. Questa è apparsa un’urgenza insieme scientifica ed etica. In Toscana, nelle pratiche di routine dei dipartimenti di salute mentale, ma anche nei Sert e Consultori Familiare, le linee professionali della psicologia hanno fatto un largo uso del sistema Clinical Outcomes in Routine Evalutation (Core Om), un accreditato strumento di misura per gli esiti in psicoterapia costruito per il sistema sanitario inglese e validato in gran parte del mondo occidentale. Più di 1000 pazienti rappresentanti una vasta gamma di disturbi comuni, nei servizi di salute mentale, sono stati valutati, trattati da diversi psicoterapeuti, e sono stati rilevati gli esiti. In particolare, per un sottotipo di disturbo d’ansia generalizzata con attacchi di panico, sono stati confrontati due tipi di setting: la psicoterapia di gruppo CBT, e le psicoterapie individuali usuali nei servizi. Inoltre è stato calcolato un indice di salute definito Quality-Adjusted Life Years (Qaly) che ha SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 7 permesso di confrontare, in termini di salute guadagnata e di costi economici, la psicoterapia con altri tipi di interventi sanitari nelle specialistiche più varie. Verranno presentati gli effect size sia del campione generale, sia del sottogruppo di 263 pazienti con ansia e panico, di cui 104 gravi (Core Om > 19 punti). 3. INTERVENTI DI COUNSELING IN PAZIENTI CON EPATITE C IN TRATTAMENTO CON INTERFERONE Autore: Piero Porcelli UO Psicologia Clinica, Ospedale IRCCS De Bellis, Castellana Grotte, Bari Il virus dell’epatite cronica C ha una prevalenza mondiale di oltre 180 milioni di persone e conduce a mortalità per l’evoluzione in cirrosi e carcinoma. Il trattamento più diffuso (e standard fino a poco tempo fa) consiste in una duplice terapia con interferone-alpha (IFN- ) e ribavirina, a cui si aggiunge un antivirale di nuova generazione in determinati casi, con una risposta sostenuta del 45-80%. Il trattamento, a causa dell’IFN, peggiora nettamente la qualità di vita dei pazienti per i numerosi effetti collaterali di tipo biologico (ematologico, immunitario, ecc), somatico (astenia, insonnia, dolori diffusi, ecc) e psichiatrico (particolarmente, depressione fino al 70% di prevalenza). In collaborazione con il Dipartimento di Gastroenterologia, abbiamo seguito 130 pazienti HCV per la durata del trattamento (18-24 mesi) più un follow-up di 6 mesi con interventi programmati individuali di counseling psicologico (psico-educazione, strategie di coping, supporto familiare, interventi mirati di gestione dei sintomi depressivi). Verranno presentati i risultati per quanto riguarda: a) esito sui sintomi depressivi e sulla qualità di vita; b) trattamento della depressione indotta da IFN con e senza farmaci antidepressivi; c) valutazione dei fattori di predisposizione alla sintomatologia depressiva di tipo genetico (esame dei polimorfismi genetici associati al circuito serotoninergico) e di personalità (valutazione dell’alexithymia come fattore di rischio per qualità di vita ed effetti collaterali). SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 8 2. AFFRONTARE LE DIFFICOLTÀ SCOLASTICHE. UN APPROCCIO NARRATIVO Proponenti: Filippo Mittino, Katia Provantini Fondazione Minotauro In ambito clinico ci si imbatte sempre più frequentemente in casi di adolescenti che manifestano attraverso il disagio scolastico quadri psicopatologici più complessi. È quindi necessario definire i quadri di funzionamento mentale di questi adolescenti e pensare a degli strumenti utili a prevenire e a fronteggiare questo tipo di disagio. Nel simposio verranno presentatati tre contributi accomunati dalla matrice narrativa. CONTRIBUTI 1. RACCONTARE LE DIFFICOLTÀ D’APPRENDIMENTO. UN’ANALISI NARRATIVA DEI TAT Autori: Filippo Mittino, Marta Malacrida, Katia Provantini Équipe apprendimento e orientamento - Fondazione Minotauro Introduzione. Le difficoltà di apprendimento sono fra i fattori più frequenti dell’insuccesso scolastico, nella pratica clinica si osserva che gli adolescenti esprimono con esse una sintomatologia precisa che necessita di essere sistematizzata. Attraverso i dati di una ricerca svolta su un campione di 50 casi di adolescenti con difficoltà scolastiche, verrà tratteggiato il loro profilo di funzionamento evidenziando i fattori presenti nella relazione di apprendimento. La cornice teorica è quella dei compiti evolutivi e dei ruoli affettivi inseriti nel quadro della semiotica narrativa. Metodo. Si è scelto di analizzare le produzioni narrative del TAT per individuare indicatori utili a illustrare la dinamiche interne tipiche degli adolescenti con difficoltà scolastiche. Strumenti: • Social Cognition and Object Relation Scale (SCORS, Westen et al. 1991): valutazione multidimensionale delle social cognition e delle relazioni oggettuali. • Scheda di lettura analisi semiotica (Mittino, Maggiolini, 2013): descrivere il cambiamento psicologico all'interno di testi narrativi evidenziando trama, protagonisti (a livello tematico vengono privilegiati i ruoli affettivi), elementi centrali nella trasformazione del racconto (cambiamento). Risultati. Le difficoltà di apprendimento non risultano connesse ad un basso livello cognitivo ma a problematiche di tipo evolutivo. È emersa una differenza significativa tra maschi e femmine rispetto al modo di raccontare le proprie difficoltà. Le tematiche ricorrenti sono state: dipendenza, autonomia, fallimento. Conclusioni. In futuro dovranno essere approfondire le dinamiche interne che portano alla risoluzione degli scacchi evolutivi. 2. IL DIARIO COME SNODO TRA APPRENDIMENTO FORMALE E APPRENDIMENTO INFORMALE Autori: Marina Bernasconi Pedrolini, Daria Croci Delorenzi, Luca Bernasconi Scuola universitaria professionale della Svizzera Italiana. La ricerca ha indagato le potenzialità formative insite nel processo di scrittura del diario di pratica professionale e ha dimostrato che la pratica riflessiva (Schön, 1993) che ha luogo coltivando la scrittura del diario diventa un’opportunità per trovare il tempo di dare forma ai pensieri che attraversano l’agire professionale (Zabalza Beraza, 2001), per dare senso alle deliberazioni pratiche (Mortari, 2003) agite e/o osservate, per progettare il proprio modo di assumere un ruolo professionale nei tre aspetti del saper essere, del saper fare e del sapere. Il progetto si è svolto in tre fasi (2011-2013) e ha coinvolto due istituti: il Dipartimento Formazione e Apprendimento (DFA) e il Dipartimento della Sanità (DSAN) della SUPSI. L’analisi dei diari, realizzata secondo l’approccio fenomenologico e la Grounded Theory, ha permesso di identificare quattro teorie emergenti: ogni diario ha la sua unicità, i diari evidenziano i bisogni formativi degli studenti, la scrittura genera percorsi di pratica riflessiva significativa e i diari sono luoghi formativi significativi. La ricerca ha consentito inoltre di rilevare l’importanza del diario come snodo tra SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 9 apprendimento formale e informale. Un primo intreccio tra queste due forme di apprendimento può avvenire nei momenti dedicati alla co-analisi dei diari. Scambiarsi idee e modi di analisi può ampliare le competenze relative alla pratica riflessiva. Un secondo intreccio può compiersi nei momenti di coformazione, quando lo studente e il docente ricercatore si trovano a elaborare insieme un percorso di formazione che consideri entrambi i punti di vista per produrre deliberazioni pratiche e dare vita a progetti formativi sensati e individualizzati. 3. STORIE DAL FRONTE: IL RUOLO DELLA NARRAZIONE CONDIVISA IN UN PROGETTO DI RICERCA-INTERVENTO CONTRO LA DISPERSIONE NELLA SCUOLA Autori: Santa Parrello (1), Cesare Moreno (2) (1) Dipartimento di Studi Umanistici – Sezione di Psicologia e Scienze dell’Educazione, Università degli Studi di Napoli Federico II (2) Associazione Maestri di Strada onlus Da cinque anni l’Associazione Maestri di Strada e l’Università Federico II realizzano nella periferia est di Napoli il Progetto E-vai per fronteggiare disagio e dispersione, sperimentando strategie educative e di cura delle relazioni dentro l’istituzione scolastica. L’ipotesi è che la promozione di un funzionamento istituzionale accogliente possa contribuire a contrastare la perdita di motivazione ad apprendere e a progettare la propria vita da parte degli adolescenti e il senso di solitudine e di malessere di molti insegnanti, fenomeni ritenuti legati a trasformazioni epocali – crisi della trasmissione intergenerazionale, dei garanti metasociali, della rappresentazione del futuro (Kaës, 2012) – prima ancora che a contesti locali. Nell’anno scolastico 2014-15 il Progetto E-vai ha coinvolto 8 scuole medie e superiori (24 classi, 458 allievi), offrendo il supporto di educatori (2980 h) ed esperti di laboratori per l’apprendimento e l’inclusione sociale (1750 h). Fulcro della metodologia sono gli incontri multivisione settimanali (Balint, 1958). In essi, a partire dalle esperienze evocate dagli operatori, si sviluppa un processo gruppale di narrazione e riflessione – guidato da uno psicologo alla presenza di un osservatore - che consente ai partecipanti di condividere difficoltà, fallimenti, successi, dando senso al loro difficile lavoro. Questo processo induce a riprogettare di continuo per costruire una comunità educante laddove esisteva una realtà densa di conflitti tra ed entro le generazioni. Ne deriva un repertorio di “storie dal fronte”, nelle quali i cambiamenti ottenuti sono a volte quasi impercettibili, ma significativi quanto basta da divenire riferimento, seppur provvisorio e parziale, per migliorare progressivamente il lavoro nella Scuola. SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 10 3. LE COMUNITA’ RESIDENZIALI COME PERCORSI DI CURA Proponente: Marta Vigorelli Discussant: Raffaele Popolo Autori: Marta Vigorelli Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi Milano Bicocca; Mito&Realtà, Associazione per le comunità terapeutiche e residenziali La complessità dei fattori e dei livelli di intervento che caratterizzano le comunità residenziali – molto diffuse in Italia dopo la chiusura degli Ospedali psichiatrici e degli Istituti per l’infanzia- le rendono contesti particolarmente indicati per affrontare la cura e la riabilitazione di pazienti con gravi disturbi psicotici e di personalità e adolescenti con psicopatologie complesse. L’ambiente terapeutico e psicoeducativo inteso come “base sicura” per sperimentare nuovi pattern relazionali, e i ritmi regolati della quotidianità condivisa consentono di delineare percorsi, definiti nello spazio e nel tempo, finalizzati ad accogliere gli aspetti deficitari dei pazienti, ma anche a far emergere risorse evolutive in un processo orientato al cambiamento e al reinserimento sociale. Secondo i recenti studi la “qualità delle relazioni” e l’alleanza terapeutica con il paziente-ospite, la famiglia e i servizi è associata ad esiti favorevoli, così come il fattore clima nel contesto della salute mentale sta assumendo una rilevanza sempre più significativa (Ferruta, Foresti, Vigorelli, 2012). Finalità di questo simposio è quella di avviare con ricercatori e clinici una discussione sull’importanza della valutazione del funzionamento comunitario residenziale con studi quantitativi e qualitativi che considerino i fattori specifici strutturali e a-specifici della Comunità come “ambiente” di cura. Il primo contributo prende in considerazione i fattori di efficacia del trattamento in comunità psicoeducative di adolescenti antisociali (Di Lorenzo, Bacci, Casirati, Maggiolini) il secondo progetto con CT per adolescenti, (Calorenne, Monga, Zuglian,Vigorelli) tutt’ora in corso, esplora il cambiamento nei primi sei mesi indagando possibili correlazioni tra l’alleanza terapeutica, gli stili di attaccamento, le aspettative di successo del trattamento e la sintomatologia. Gli ultimi due studi riguardano il processo di valutazione peer to peer del Visiting tra CT recentemente importato dal modello inglese finalizzato a creare un network di comunità che rispondano a standard condivisi e di miglioramento continuo della qualità (Colombo, Gillino, Guarnaccia, Giannone et al.). CONTRIBUTI 1) I PROBLEMI DEGLI ADOLESCENTI ANTISOCIALI INSERITI IN COMUNITA’ SOCIO-EDUCATIVE Autori: Mauro Di Lorenzo, Beatrice Bacci, Tiziana Casirati, Alfio Maggiolini Centro Ricerche Minotauro In Italia l’inserimento in comunità, in particolare nelle comunità socioeducative, è una risorsa spesso utilizzata in ambito civile e penale e nei Servizi della Giustizia Minorile è in aumento negli ultimi anni. Il dibattito si concentra sulla crescente problematicità sul piano psicopatologico degli adolescenti inseriti e sull’efficacia di questi interventi, la cui valutazione è complessa: i campioni sono di medie dimensioni e le equipe di lavoro non utilizzano misure standardizzate per rilevare i livelli di problematicità o l’outcome. Abbiamo condotto una ricerca presso 21 comunità, in collaborazione con il Centro per la Giustizia Minorile della Lombardia, con l’approvazione del Ministero della giustizia e dell’ASL di Milano. Campione: 120 adolescenti (14 - 20 anni). Strumenti: Youth Self Report (YSR); Questionario sulle Credenze Patogene (CQP); la Brief-Affective Neuroscience Personality Scale (BANPS); la Childhood Experience of Care and Abuse (CECA-Q); Community Oriented Programs Environment Scale (COPES), Helpful Aspects of Therapy (HAT). Gli adolescenti hanno completato la batteria di strumenti, gli educatori di riferimento una versione parallela e in aggiunta la Scheda di Valutazione del Rischio. Sono state effettuati confronti fra medie, analisi di associazione e modelli di regressione multipla. I risultati hanno consentito di confrontare i livelli di problematicità di questi adolescenti con quelli riportati in generale dalla letteratura, indagare le problematiche, le credenze patogene relative a sé e agli altri ed infine i sistemi motivazionali maggiormente associati alla commissione di particolari gesti trasgressivi o antisociali o ad elevati livelli di rischio di recidiva. La percezione dell’efficacia dell’intervento è fortemente influenzata dalla percezione di un clima positivo all’interno della comunità, più che dal livello di problematicità. Questo dato sembra confermare la possibilità di impostare progetti di trattamento efficaci anche nei casi più difficili tra SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 11 gli adolescenti con problematiche di comportamento trasgressivo ed antisociale (Salekin, 2010; Maggiolini, 2014). 2. RAPPRESENTAZIONE DEL PERCORSO TERAPEUTICO E ALLEANZA TERAPEUTICA IN ADOLESCENTI INSERITI IN COMUNITA’ TERAPEUTICA Autori: Francesca Calorenne (1) Giulia Monga (1) Pablo Zuglian (2-3) Marta Vigorelli (1) (1) Dipartimento di Psicologia Università Milano-Bicocca; Mito&Realtà (2) Dipartimento di Medicina e Chirurgia Traslazionale – Università Milano-Bicocca (3) Fondazione Rosa dei Venti ONLUS Introduzione. La comunità residenziale, specialmente in adolescenza, rappresenta un passaggio, una fase transitoria in cui si delinea un percorso che ha come obiettivo lo strutturarsi di una crescita somatopsichica, sostenuta da interventi che permettono un maggior ventaglio di esperienze interpersonali e un iniziale insight sul proprio mondo interno. Obiettivi. Esplorare la dimensione del cambiamento, nei suoi vari ambiti possibili, che si verifica durante 6 mesi di intervento residenziale, analizzando in particolar modo le variazioni nella relazione terapeutica e dell'alleanza instaurate tra operatore di riferimento e ospite. L’analisi terrà conto anche dello stile di attaccamento, sintomatologia di base, problemi interpersonali e aspettative di successo del trattamento per l'ospite e le credenze esplicite dell'operatore rispetto all'importanza del fattore relazionale. Sarà inoltre valutato il carico oggettivo e soggettivo dei nuclei familiari delle CT. Metodi. Valutazione in 2 tempi a distanza di 6 mesi di un campione di 250 diadi operatore-ospite e famiglie utilizzando i seguenti strumenti di misurazione: Working Alliance Inventory Short form, Symptoms CheckList-90R , Inventory of Interpersonal Problem, Experiences in Close Relationships – Relationship Structures questionnaires e Dimensions of Change Instrument- Adolescent. Gli operatori di riferimento dovranno rispondere ad alcuni item dello SCIA (Standard di servizio per comunità terapeutiche per l'infanzia e l'adolescenza, C&C) e compilare il WAI-T e le famiglie al QPF Questionario sui problemi familiari. Ipotesi attese. Ci aspettiamo di replicare la struttura fattoriale del Dimensions of Change Instrument- Adolescent e di misurarne la struttura degli item con la Item Response Theory. Presenza di una correlazione tra le dimensioni del DCI-A e il miglioramento sintomatologico e interpersonale con un effetto di mediazione dell’alleanza terapeutica e di moderazione del carico familiare e dei pattern di attaccamento. Valutazione di eventuali differenze tra le comunità terapeutiche e le comunità socio-educative nelle scale misurate. 3. PROCESSO DI VALUTAZIONE E ACCREDITAMENTO ALLA PARI IN COMUNITÀ TERAPEUTICHE PSICHIATRICHE Autori: Fiorella Gillino (1), Marino De Crescente (2), Antonello Angelini (2), Simone Bruschetta (3), Marta Vigorelli (1) (1) Dipartimento di Psicologia Università Milano-Bicocca; Mito&Realtà; (2) Comunità Passaggi – Oricola (Aq); (3) Laboratorio di gruppo analisi – Catania Introduzione: Il progetto Visiting ha l’obiettivo di creare un processo di valutazione e una rete di comunità terapeutiche italiane che, collaborando, permetta la definizione di standard di lavoro condivisi, la continua riflessione sui propri punti di forza e di debolezza e lo scambio circolare di buone pratiche, procedure, materiali ed esperienze tra pari. Per raggiungere questi obiettivi è strutturato in modo tale che ricercatori e stakeholder collaborino in maniera attiva e democratica per giungere ad una maggiore consapevolezza di risorse e criticità. Si configura quindi come una forma di “ricerca-azione” (Lewin, 1946), ispirandosi alla positiva esperienza inglese “Community of Communities” (2002). Metodo: L’Associazione “Mito&Realtà” ha adattato alla realtà italiana il progetto, che si attua con visite incrociate tra terne di comunità, che si confrontano utilizzando uno strumento di auto ed eterovalutazione: il VIVACOM ( VIsiting per la VAlutazione delle COMunità terapeutiche, Vigorelli et al. 2012) composto da 10 aree: organizzazione generale, clima terapeutico e confort ambientale, caratteristiche generali della cura, attività rivolta alle famiglie, sicurezza dei pazienti e degli operatori, gestione del personale e formazione, documentazione clinica, Sistema Informativo, valutazione della qualità e ricerca. Campione: 33 comunità terapeutiche psichiatriche distribuite nel Nord, Centro, Sud Italia. Risultati: hanno mostrato significative capacità di autosservazione di utenti ed operatori e di apertura verso i contributi esterni. Questo ha permesso lo scambio di strumenti, la definizione di obiettivi realistici di miglioramento annuale e la condivisione di best SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 12 practice. Analisi quantitative: calcolo dei percentili e dei benchmark delle aree, delle frequenze di risposta per identificare item di forza e di criticità, e infine, per mezzo del t-test, valutazione delle differenze significative tra il VIVACOM degli operatori interni e quello degli esterni. Conclusioni: Il Visiting come processo in progress, risulta una procedura utile ad attivare la culture of inquiry e il cambiamento, verso la creazione di un network di CT con elevati standard di qualità . 4. VALIDAZIONE DI UNO STRUMENTO PER LA VALUTAZIONE DI COMUNITA’ RESIDENZIALI PER MINORI Autori: Francesca Colombo (1), Cinzia Guarnaccia (2), Francesca Giannone (2), Simone Bruschetta (4), Marta Vigorelli (3) (1) Università degli studi di Milano-Bicocca (2) Universita’ degli studi di Palermo (3) Mito&Realtà (4) Laboratorio di Gruppoanalisi Introduzione: per monitorare la qualità delle strutture residenziali per minori l’Associazione Mito&Realtà, il Nodo Group e l’Università degli Studi di Palermo hanno applicato sul territorio italiano il Visiting, frutto dell’adattamento del modello inglese del network Community of Communities (2002), che si avvale del questionario SCIA (Standard Comunità Infanzia e Adolescenza). Metodo: vengono coinvolte tre CT i cui membri sono tenuti ad auto valutarsi e a valutare le altre due, in un’ottica di self e peer review. Lo SCIA viene somministrato ai partecipanti nelle sue due versioni, operatori (144 item) e ospiti (71 item), per ottenere un self report sia individuale che di gruppo, e ai pari delle altre comunità in visita, in modo da integrare il punto di vista interno con l’eterovalutazione. È suddiviso in tre aree: Valori centrali, ovvero i principi etici che guidano la clinica, Standard Centrali, che rilevano le priorità relazionali e organizzative e i five outcomes che descrivono i contesti e le strutture necessarie affinché i valori e gli standard diventino operativi; tali aree a loro volta suddivise in 32 sotto aree non esplicite che approfondiscono aspetti relazionali, organizzativi e di network. Ogni item descrive uno standard di buona qualità e i soggetti sono tenuti a definire l’aderenza della CT allo stesso, attraverso una scala likert 1-4. Risultati: un database con percentili e benchmarks per ogni CT, la rilevazione degli item migliori e critici, con le relative frequenze di risposta che definiscono i punti di forza e di criticità, e il calcolo mediante t-test delle differenze significative tra lo SCIA dei membri interni e quello degli esterni, al fine di rilevare percezioni differenti. Conclusioni: lo SCIA, in via di validazione e riduzione, si sta rivelano strumento utile per promuovere ed integrare processi di auto ed eterovalutazione nelle comunità per minori terapeutiche ed educative. SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 13 4. MODELLI CLINICI E RICERCA EMPIRICA IN CENTRI DI ATTIVITÀ PRIVATA Proponente: Sandra Sassaroli “Studi cognitivi”, scuola di specializzazione post -laurea in psicoterapia cognitiva e centro di ricerca, Foro Buonaparte 57, Milano, Modena, San Benedetto del Tronto, Italia “Psicoterapia Cognitiva e Ricerca”, scuola di specializzazione post -laurea in psicoterapia cognitiva e centro di ricerca, Foro Buonaparte 57, Milano, Bolzano, Italia Fare ricerca nei centri di attività psicoterapeutica privata ha i suoi pro e contro. I vantaggi sono in contatto diretto con l’attività terapeutica come è fatta sul campo e non nelle condizioni artificiali di un dipartimento di ricerca. Gli svantaggi sono l’altra faccia della stessa medaglia: la naturalezza della situazione può generare difficoltà a gestire le variabili e a isolare quelle decisive, scadendo nel descrittivismo e in una falsa complessità. In questo simposio alcuni gruppi di ricerca annessi a centri di attività privata discutono in che modo essi hanno cercato di sfruttare i vantaggi ed evitare gli svantaggi di questa particolare condizione. Il contatto diretto con la pratica clinica ha permesso a questi gruppi di ricerca di individuare, formalizzare e misurare le variabili decisive con maggiore concretezza e verità clinica, mentre l’esperienza metodologica ha suggerito di non moltiplicare inutilmente i parametri da misurare. CONTRIBUTI 1. UN MODELLO DI CONCETTUALIZZAZIONE DEL CASO CLINICO: LIFE THEMES AND PLANS IMPLICATIONS OF BIASED BELIEFS: ELICITATION AND TREATMENT (LIBET) Autori: Gabriele Caselli, Sandra Sassaroli, Andrea Bassanini, Carolina Redaelli, Giovanni Maria Ruggiero “Studi cognitivi”, scuola di specializzazione post -laurea in psicoterapia cognitiva e centro di ricerca, Foro Buonaparte 57, Milano, Modena, San Benedetto del Tronto, Italia “Psicoterapia Cognitiva e Ricerca”, scuola di specializzazione post -laurea in psicoterapia cognitiva e centro di ricerca, Foro Buonaparte 57, Milano, Bolzano, Italia Proponiamo un modello integrato di concettualizzazione dei disturbi emotivi chiamato Life themes and plans Implications of biased Beliefs: Elicitation and Treatment (LIBET). Nel modello LIBET, il disturbo psicologico è concettualizzato su due coordinate: 1) una focalizzazione attenzionale sugli stati mentali negativi e sulle valutazioni negative di avvenimenti e modelli relazionali, i cosiddetti "temi di vita" , appresi in esperienze relazionali significative valutate come intollerabilmente dolorose (Wells, 2008; Panksepp, 1998); 2) una gestione rigida e unidimensionale dei "temi di vita" effettuata usando strategie inflessibili di evitamento, controllo e/ compensative anche a costo di rinunciare ad aree significative di sviluppo personale (Williams e Garland , 2002). Queste strategie possono essere parzialmente funzionali in determinati periodi della vita, ma possono anche ostacolare lo sviluppo personale e possono portare a un esordio psicopatologico conseguente a una rottura finale del piano rigido in cui il costo emotivo diventa troppo elevato. Il modello può aiutare lo sviluppo e l'attuazione di un piano terapeutico . Infatti, durante il trattamento il cliente è invitato a rinunciare ai suoi o di suoi piani disfunzionali, ad accettare di essere più in contatto con i suoi temi di vita e rinunciare alle convinzioni sulla loro intollerabilità. Bibliografia Ruggiero, G.M., Caselli, G., & Sassaroli, S. (2014). Life themes and plans Implications of biased Beliefs: Elicitation and Treatment (LIBET). Studi Cognitivi, Milan. Panksepp, J. (1998) Affective neuroscience. Oxford University Press. Wells, A. (2008). Metacognitive therapy for Anxiety and Depression. London, UK: Guilford Press. Williams, C. J. & Garland, A. ( 2002). Identifying and challenging unhelpful thinking. Advances in Psychiatric Treatment, 8, 377–386. SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 14 2. LA FORMULAZIONE DEL CASO NELLA TERAPIA METACOGNITIVA INTERPERSONALE (TMI) DEI PAZIENTI CON DISTURBO DI PERSONALITÀ Autori: Raffaele Popolo, Giampaolo Salvatore, Vittoria Galasso, Paolo Ottavi, Tiziana Passarella, Giancarlo Dimaggio Centro di Terapia Metacognitiva Interpersonale Il trattamento di pazienti con Disturbo di Personalità (DP) richiede una dettagliata formulazione del caso che permetta di pianificare un intervento adeguato al funzionamento mentale del paziente; questo, in persone che spesso chiedono aiuto lamentando sintomi gravi che sono radicati nel funzionamento del DP osservato. La Terapia Metacognitiva Interpersonale (TMI) pone al centro della concettualizzazione quattro tre dimensioni principali: a) gli schemi interpersonali maladattivi prevalenti che sorreggono i problemi relazionali e la sofferenza; gli schemi vengono rintracciati all’interno delle narrazioni autobiografiche; b) la capacità narrativa che è spesso alterata. Questi pazienti faticano a raccontare episodi narrativi chiari e dettagliati, il clinico quindi lavora per promuovere tale capacità al fine di ricostruire gli schemi; c) le abilità metacognitive del paziente, che consentono alla persona di ragionare in termini di stati mentali; d) la tendenza ad adottare sia forme disfunzionali di regolazione emotiva sia comportamenti maladattivi di coping. La TMI punta a ricostruire una visione delle alterazioni del funzionamento cognitivo/affettivo, interpersonale, metacognitivo e di cosa tipicamente i pazienti pensano e provano, in modo da ottenere una formulazione del caso paziente-specifica. In questo lavoro presenteremo il modello di formulazione del caso proposto dalla TMI. Descriveremo i problemi nelle aree sopra indicati. Bibliografia Dimaggio G., Montano A., Popolo R. & Salvatore G. (2013). Terapia Metacognitiva Interpersonale dei disturbi di personalità. Raffaello Cortina, Milano 3. PSICOTERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE A ALTA INTENSITÀ PER PAZIENTI RICOVERATI CON DOC FARMACO-RESISTENTE: IL DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO DI PERSONALITÀ IN COMORBILITÀ È UN PREDITTORE DI MASSIMA RISPOSTA TERAPEUTICA. Autori: Gian-Paolo Mazzoni (3,4), Andrea Pozza (1,2), Davide Coradeschi (2), Carmelo La Mela (3), Davide Dèttore (2,4) (1) Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università di Firenze (2) Istituto Miller di Psicologia e Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale, Genova (3) Scuola Cognitiva di Firenze, Firenze (4) Casa di Cura Poggio Sereno, Firenze Introduzione: Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità (DOC-P) è il Disturbo di Personalità con maggior prevalenza nel DOC, e la compresenza di DOC-P è associata a maggior gravità sintomatologica e compromissione funzionale. Attualmente manca un’analisi sul ruolo del DOC-P in comorbilità come predittore di risposta alla Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale per il DOC resistente. L’obiettivo dello studio è stato indagare se un programma di Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale a alta Intensità (PCC-I) sia una strategia terapeutica efficace per pazienti ricoverati con DOC resistente e DOC-P in comorbilità. Metodo: 56 pazienti (57.10% maschi; età media= 35.93, DS=9.94) con DOC resistente hanno seguito un programma di PCC-I di 5 settimane con sedute giornaliere di ERP prolungata (due ore mattina e due pomeriggio). Il 35% e l’11% del campione avevano rispettivamente diagnosi di uno e due disturbi di personalità in comorbilità, dei quali il 20% DOC-P. L’intervista SCID-II è stata somministrata in pre-test, i test Yale-Brown Obsessive-Compulsive Scale (Y-BOCS) e Beck Depression Inventory-II (BDI-II) in pre- e post-test. Risultati: Il programma è risultato efficace (Hedges' g= 1.11) e il 26.40% del campione ha raggiunto la remissione sintomatologica. È emerso un effetto di interazione sugli indicatori di risposta tra la gravità sintomatologica alla Y-BOCS e la compresenza di DOC-P. Pazienti con più alti punteggi alla Y-BOCS e DOC-P in comorbilità hanno mostrato maggiori cambiamenti ai punteggi Y-BOCS in post-test ma non al BDI-II (B= 1.05, p<.01). Conclusioni: Il programma con PCC-I sembra una strategia efficace per pazienti DOC resistenti con DOCP. Tuttavia, il trattamento non sembra intaccare i sintomi depressivi secondari. Vengono discusse implicazioni per la pratica clinica. Si suggeriscono studi randomizzati-controllati che indaghino i mediatori SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 15 di risposta e l’introduzione di moduli per i sintomi depressivi secondari. 4. L’INTERAZIONE TRA ATTIVITÀ CLINICA E RICERCA EMPIRICA NEL CENTRO DI TERAPIA COGNITIVA “STUDI COGNITIVI” DI SAN BENEDETTO DEL TRONTO. Autori: Chiara Caruso, Clarice Mezzaluna “Studi cognitivi”, scuola di specializzazione post-laurea in psicoterapia cognitiva e centro di ricerca Il contatto diretto con i pazienti permette di incentrare l’attività di ricerca sui reali bisogni professionali del clinico. Per fare degli esempi pratici descriviamo alcuni dei filoni di ricerca del nostro centro. Lavorando principalmente con pazienti che presentano disturbi di personalità, abbiamo attivato un filone di ricerca sul ruolo della disregolazione emotiva. L’accertamento della disregolazione produce sia dati di ricerca che una restituzione iniziale all’inizio del trattamento che stabilisce un obiettivo terapeutico e influisce sul lavoro clinico. Un secondo gruppo di terapeuti svolge attività di ricerca sui disturbi dell’apprendimento, e anche in questo caso la raccolta dei dati di ricerca influisce sul contratto terapeutico singolo. Inoltre il lavoro sul paziente grave ha suggerito spunti di ricerca sui processi cognitivi deficitari nella psicopatologia, come ad esempio i processi decisionali alla base dei disturbi alimentari. Infine stiamo studiando l’importanza del ruolo della supervisione per i terapeuti stessi, concentrandoci quindi sui fattori che influenzano il benessere del terapeuta e che di rimando concorrono a garantire il buon esito delle terapie. SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 16 5. LA TECNICA DEGLI INTERVENTI: IL SÉ E LA SUA ORGANIZZAZIONE IN UN CASO DI DISTURBO FOBICO OSSESSIVO Proponente: Margherita Lang Discussant: Franco Del Corno Il simposio si prefigge l’obiettivo di illustrare, attraverso la presentazione di un single case, una metodologia di trattamento psicologico - la tecnica degli “Interventi” – e il modello di funzionamento della mente a cui essa fa riferimento. Verrà presentata l’evoluzione di un Intervento su un caso clinico a partire dal confronto fra il momento di presa in carico - diagnosi iniziale, risultati dei reattivi psicodiagnostici e spezzoni di videoregistrazioni dei primi incontri - e termine dell’intervento, con video dei colloqui di follow-up, situazione sintomatologica e risultati del re-test. A partire da questo materiale si cercherà di evidenziare l’efficacia della tecnica di trattamento e la solidità dell’impianto teorico di riferimento, soprattutto per quanto concerne la tematica dei fattori terapeutici specifici. CONTRIBUTI 1. LA DIAGNOSI TESTOLOGICA ALL’INTERNO DELLA TECNICA DEGLI “INTERVENTI” Autori: Laura Rivolta, Emanuela Brusadelli A.R.P. Milano (Associazione per la Ricerca in Psicologia Clinica) L'importanza della diagnosi testologica come strumento per formulare un'indicazione o una controindicazione al trattamento è questione riconosciuta ormai da anni in ambito psicologico, trasversalmente ai diversi orientamenti teorici. I reattivi psicodiagnostici e la raccolta dei dati bio-psicosociali rappresentano lo specifico metodologico della consultazione diagnostica, che permette di arrivare a definire il funzionamento globale del paziente a partire da segni e sintomi, consentendo collegamenti etiopatologici e la ricostruzione delle dinamiche soggettive attuali per comprendere esiti futuri. Diagnosi e predizione, in questo modo, risultano correlate. Il caso clinico presentato permetterà di illustrare l’utilizzo dei reattivi psicodiagnostici all’interno della tecnica degli “interventi”. Saranno dapprima illustrati i risultati dei test (WAIS-IV, Rorschach) somministrati alla paziente al momento della presa in carica, con l'obiettivo di identificare e descrivere gli indicatori clinici e psicopatologici utilizzati nell’indicazione al trattamento; verrà successivamente operato un confronto con i dati del re-test, somministrati in situazione di follow-up, allo scopo di esemplificare l’utilizzo della valutazione psicodiagnostica per la valutazione delle modificazioni cliniche alla luce dell'intervento terapeutico. Si cercherà dunque di mettere in luce le variabili della diagnosi funzionale che hanno permesso l’individuazione, la valutazione, e la successiva modificazione, dei fattori organizzanti della psicopatologia della paziente. 2. “LA RAGAZZA CON LA PAURA DEI COLTELLI”: UN CASO ESEMPLIFICATIVO Autori: Margherita Lang (1), Agnese Donati (2), Salvatore La Viola (2) (1) Università degli Studi di Milano-Bicocca (2) A.R.P. Milano (Associazione per la Ricerca in Psicologia Clinica) Come illustrato nelle altre sessioni del simposio, la tecnica degli “Interventi” basa la sua metodologia sull’obiettivo clinico di individuare il vissuto emotivo che organizza la personalità del paziente e il suo disagio psicologico, con l’intento di esplicitarlo direttamente in seduta, al fine di produrre una modificazione della struttura psicopatologica in atto in tempi relativamente rapidi. Per meglio illustrare tale procedimento, verrà presentato un caso clinico esemplificativo, come occasione per entrare nel dettaglio dei vari passaggi e degli strumenti che compongono la metodologia clinica e la teoria a cui essa fa riferimento. Attraverso l’ausilio di spezzoni videoregistrati di sedute terapeutiche, verrà proposta una sintesi dei 18 incontri di Intervento con una paziente di 37 anni, con diagnosi DSM-IV TR di disturbo da attacchi di SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 17 panico e di fobia specifica [dei coltelli], e dei 5 incontri di ripresa di contatto, avvenuti 3 anni dopo il termine dell’Intervento, su richiesta della paziente (in questa fase è stata sottoposta a re-test) . La disamina del caso singolo permetterà di mettere in luce la metodolologia clinica adottata nelle sue diverse componenti: stile del terapeuta, modalità di rilevazione e condivisione dell’organizzatore psicopatologico, utilizzo degli strumenti testistici e della raccolta anamnestica, messa in luce dei fattori terapeutici emersi. 3. LA TEORIA ALLA BASE DELLA TECNICA DEGLI “INTERVENTI” Autori: Deborah Colson, Elena Berselli, Francesca Menozzi A.R.P. Milano (Associazione per la Ricerca in Psicologia Clinica) Come ogni tipo di metodologia di trattamento psicologico, la tecnica degli “Interventi” fa riferimento a uno specifico modello di funzionamento della mente. Tra gli elementi costitutivi di tale modello vi è il ruolo centrale, e per questo definibile come “organizzatore”, del costrutto del Sé nel produrre il disagio psicopatologico (Orefice, 2014). In altre parole, il modello ipotizza la presenza di un sentimento del Sé, sperimentato originariamente nelle relazioni precoci e successivamente strutturato nel vissuto, persistente, pervasivo e organizzante, del proprio essere al mondo di ogni essere umano. La tecnica proposta si basa sull’intento deliberato di concentrare l’attenzione clinica sull’esplicitazione del sentimento del Sé, che fungendo da funzionamento organizzatore di base produce la struttura di personalità ma anche la psicopatologia, accedendovi in tempi relativamente rapidi. La possibilità di conseguire risultati clinicamente significativi è dunque connessa, in quest’ottica, alla capacità del clinico di individuare ed esplicitare – quando possibile fin dall’inizio della consultazione – l’organizzatore psicopatologico primario, ovvero la struttura affettiva elementare in grado di organizzare il funzionamento psichico del paziente, intendendo con ciò sia la sua capacità di adattamento funzionale al mondo, sia la sua costellazione psicopatologica. SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 18 6. NUOVI MODELLI DI TRATTAMENTO PER I PAZIENTI GRAVI NEI SERVIZI PUBBLICI PER LA SALUTE MENTALE Proponente: Raffaele Popolo Centro di Terapia Metacognitiva Interpersonale I Servizi Pubblici per la salute mentale sono oggi chiamati a rispondere ad una sfida complessa che impone una revisione della prospettiva e delle strategie di intervento: favorire la riacquisizione da parte del paziente grave, del controllo della propria vita malgrado il disturbo di cui sono affetti; non solo cercare il miglioramento sintomatologico, ma incrementare il funzionamento quotidiano migliorando quindi la qualità di vita. Questo obiettivo richiede specifiche competenze e l’introduzione di nuovi approcci operativi e protocolli di intervento originali ed efficaci, alla luce anche dei contestuali cambiamenti sociali ed economici. In questo simposio vengono presentati nuovi protocolli di intervento pensati per i pazienti gravi (disturbi psicotici, bipolari, di personalità) e definiti all’interno del paradigma teorico che caratterizza la Terapia Metacognitiva Interpersonale. Lo scopo è quello di mostrare come queste procedure di intervento possano essere portate nella pratica clinica di un Servizio Pubblico, rivelandosi efficaci clinicamente ed economicamente vantaggiose. CONTRIBUTI 1. METACOGNIZIONE E SCHIZOFRENIA. VALUTAZIONE D’EFFICACIA DEL TRATTAMENTO TMI NELLE PSICOSI Autori: Francesca Cavallo (1), Luisa Melchiorre (1), Cristina Santone (1), Giancarlo Dimaggio (2), Raffaele Popolo (2), Giampaolo Salvatore (2) (1) Il Negozio di Psicologia, Pescara (2) Centro di Terapia Metacognitiva Interpersonale, Roma Numerosi studi hanno dimostrato l’efficacia della CBT nel trattamento delle psicosi, in particolare nella gestione dei sintomi positivi e nel mantenimento dell’adesione al trattamento da parte del paziente; frequenti, però, sembrano essere le ricadute a lungo termine. Il trattamento dovrebbe, allora, puntare al mantenimento della remissione e questo è possibile solo se l’intervento ha come focus i meccanismi alla base della ricaduta stessa. Ipotizziamo che il malfunzionamento metacognitivo possa rappresentare un ostacolo importante al raggiungimento e mantenimento della remissione; i pazienti schizofrenici hanno difficoltà nel distinguere l’origine della propria esperienza interiore, a percepirsi in grado di influenzare attivamente ciò che accade intorno a loro, a riconoscere l’intenzione e le emozioni degli altri a partire da segnali verbali e visivi, a costruire idee complesse su sé stessi. In questo lavoro presenteremo uno studio condotto presso i centri diurni della ASL di Teramo, che ha il fine di valutare l’efficacia della Terapia Metacognitiva Interpersonale (TMI) in un campione di pazienti schizofrenici ambulatoriali. Inizialmente saranno descritte le caratteristiche principali del trattamento psicoterapeutico; sarà quindi illustrato il protocollo di ricerca nelle sue singole fasi. Verranno presentati i dati preliminari del reclutamento/assessment, con la descrizione delle caratteristiche socio-demografiche e sintomatologiche/di funzionamento. I risultati attesi, a fronte di un miglioramento sintomatologico, sono una maggiore consapevolezza dei propri stati emotivi e comportamentali, della capacità di riconoscere come propri i pensieri e le emozioni e un miglioramento della qualità della vita sociale e familiare. 2. TMI DI GRUPPO IN UN CONTESTO PUBBLICO PER ADOLESCENTI E GIOVANI ADULTI Autori: Cecilia Toselli (1), Flaviano Canfora (1), Chiara Manfredi (1), Giancarlo Dimaggio (2), Daniela Rebecchi (1), Raffaele Popolo (2) (1) Studi Cognitivi, Modena (2) Centro di Terapia Metacognitiva Interpersonale, Roma Introduzione. Nel corso degli ultimi anni, all’interno dei presidi di psicologia clinica del servizio pubblico, si registra la presenza sempre maggiore di pazienti giovani. Molti riportano disturbi che hanno in comune la presenza di deficit metacognitivi, ad esempio i disturbi di personalità in formazione e disturbi alimentari, così come riportato in letteratura. SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 19 Obiettivi. Ipotizziamo che un intervento tempestivo su pazienti giovani, che non hanno ancora subito l'effetto “tossico” di una lunga storia di malattia, possa permettere un più facile recupero delle abilità metacognitive e quindi del funzionamento sociale correlato. Si è pensato quindi di progettare un trattamento gruppale, mirato al miglioramento delle funzioni metacognitive, sfruttando le potenzialità del gruppo e garantendo una buona sostenibilità anche in un contesto di risorse limitate come può essere un servizio di psicologia clinica pubblico. Materiali e metodi. All’interno del Servizio di Psicologia Clinica dell’Asl di Modena è stato introdotto un nuovo modello di intervento gruppale, la Terapia Metacognitiva Interpersonale Gruppale, rivolto al trattamento di pazienti adolescenti e giovani adulti che mostrano la presenza di deficit metacognitivi. In questo lavoro, oltre al background teorico, verrà presentato il razionale dell'intervento, la struttura del trattamento proposto, oltre che le fase di assessment per il reclutamento dei pazienti. 3. UN INTERVENTO RIABILITATIVO PER LA DISABILITÀ SOCIALE NEL SCHIZOFRENICO: METACOGNITION-ORIENTED SOCIAL SKILLS TRAINING (MOSST). PAZIENTE Autori: Paolo Ottavi, Manuela Pasinetti, Dario Catania, Giampaolo Salvatore, Raffaele Popolo, Giancarlo Dimaggio Centro di Terapia Metacognitiva Interpersonale, Roma. I servizi di salute mentale orientati al recovery hanno come obiettivo, oltre la remissione sintomatologico, il miglioramento della competenza sociale dei pazienti. La competenza sociale si fonda in gran parte sul possesso di abilità mentalistiche, come comprendere le intenzioni proprie e altrui implicate nelle transazioni interpersonali. Tale capacità è ormai dimostrato essere deficitaria nelle persone affette da schizofrenia, già a partire dalle fasi prodromiche della malattia. Per migliorare tali deficit nei pazienti con schizofrenia, è stato sviluppato un intervento gruppale manualizzato, il Metacognition-Oriented Social Skills Training (MOSST), incentrato sull’apprendimento delle abilità mentalistiche necessarie a muoversi nell'arena sociale. Il MOSST stimola sia le capacità di mindreading in prima e terza persona, sia l'azione sociale vera e propria, essendo incentrato sull'esercizio di role-play. Il MOSST è un intervento ecologico fortemente intersoggettivo, poiché prevede l'utilizzo da parte dei conduttori, di tecniche metacomunicative al fine di mostrare in vivo al paziente l'emergere e il modificarsi degli stati mentali in connessione con il fluire del contesto interpersonale. Verranno illustrati i principi e le modalità pratiche di svolgimento del MOSST, gli strumenti di assessment e i risultati dei primi trials nei contesti istituzionali (Centri di Salute Mentale e Strutture Intermedie) con pazienti cronici e agli esordi di malattia. 4. PSICOEDUCAZIONE PER IL FUNZIONAMENTO SOCIALE NEL PAZIENTE GRAVE Autori: Raffaele Popolo (1,2), Tommaso Poliseno (2) (1) Centro di Terapia Metacognitiva Interpersonale, Roma (2) DSM ASL RM/E Numerosi studi hanno messo in evidenza la presenza di un malfunzionamento sociale nei pazienti gravi. Con funzionamento sociale intendiamo quella capacità della persona di esprimere il proprio funzionamento nei diversi contesti nei quali si trova ad agire quotidianamente, da quello lavorativo a quello ricreativo/del tempo libero. Riteniamo che l’obiettivo dell’intervento nei pazienti gravi, non debba essere quello di puntare esclusivamente ad un miglioramento sintomatologico, ma favorire l’incremento di abilità necessarie ad un miglior funzionamento sociale, nell’ottica del conseguimento di una migliore qualità di vita. Tra le procedure introdotte nel trattamento integrato dei disturbi gravi, la Psicoeducazione si è dimostrata una modalità efficace, rivolta a gruppi di pazienti così come ai familiari. La Psicoeducazione si propone di mettere il paziente nelle condizioni migliori per incrementare e valorizzare le proprie risorse, attraverso l’acquisizione di maggiori informazioni su di sé, sul contesto e sul proprio funzionamento. In questa relazione sarà presentato un protocollo psicoeducativo gruppale rivolto a pazienti affetti da disturbi dell’area psicotica o da disturbi gravi della personalità, che ha lo scopo di fornire una maggiore conoscenza circa le aree che sottendono il funzionamento sociale (quella del trattamento farmacologico con riferimento agli aspetti sintomatologici; del funzionamento mentale; delle abilità di gestione delle situazioni problematiche; della regolazione emotiva). Saranno descritte le caratteristiche del setting del modello di psicoeducazione proposto, dello svolgimento e dei contenuti discussi; il protocollo sarà illustrato con esemplificazioni tratte da incontri svolti all’interno di una struttura residenziale comunitaria. SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 20 COMUNICAZIONI LIBERE 1. PSYCHODYNAMIC ASSESSMENT OF EATING DISORDERS USING OPD-2 (OPERATIONALIZED PSYCHODYNAMIC DIAGNOSIS-2) SYSTEM AND CORRELATIONS BETWEEN CLINICAL SUBTYPES AND TREATMENT OUTCOME: A PROSPECTIVE STUDY Proponente: Emilio Fava Autori: P. Zuglian, M. Magni, L. Zuccarino, S. Papini, M. Tajani, E. Fava Goals. In a previous study (Ferrari et al., 2007) we have already found, using OPD, different recurrent psychodynamic configurations, but in a sample heterogeneous for DSM-IV diagnosis. In this study want to investigate the existence of recurrent diagnostic configurations (“clinical subtypes”) within a sample homogeneous for diagnosis (Eating Disorders using DSM-IV). We considered Anorexia Nervosa, Bulimia Nervosa and their atypical variants. Our interest for this disorder is due to the extremely variability of mental and social functioning and of treatment outcomes. The analysis is performed using the OPD-2 (Operationalized Psychodynamic Diagnosis-2) approach/system. Aims of this study are: 1) the assessment of clinical subtypes observed in a sample homogeneous for diagnosis; 2) the exploration of possible relations among clinical subtypes, patient’s history (developmental features, quality of early object relationships, traumatic experiences) and biological and functional indexes; 3) the investigation of correlations between different treatment outcomes (psychodynamic, CBT, somatic treatment, integrative treatment) and clinical subtypes, found at starting time (T0). Methods. The sample should be composed of 300 consecutive non selected women coming for a nutritional day hospital to the Department of Clinical Nutrition, directed by Prof. M.G. Gentile of the H. Niguarda Cà Granda. Interviews are conducted and audiotape-recorded by an OPD-II trained interviewer of the Psychiatry and Psychotherapy Unit - Department of Clinical Sciences L. Sacco, University of Milan H. Niguarda Cà Granda directed by Prof. S. Freni. We submit three self-report instruments: Symptoms Check List-90 (SCL-90R), Eating Disorder Inventory-2 (EDI-2), Body Uneasiness Test (BUT), and assess Hormonal indexes, as FSH, LH, PRL, 17-β-Estradiol, Progesterone. We also conduct a SCID-I interview to evaluate the comorbidity in Axis-I of DSM-IV. The ratification process is structured in two phases. The first one consist of verbatim transcription of the interview. The second one is the real ratification, in which two different groups ratify the cases using OPD-2. In a preparatory step we have found a good reliability for axis I, III and IV and a not-so-bad reliability for Axis II. Three different assessments are expected: starting time (T0), at the enlistment; after therapy (T1), at 18 months from the enlistment (at the normalization of the DSM-IV criteria), and at T2, 18 months after T1. At all times (T0, T1, T2) we administered all the instruments quoted before. Analysis. We evaluate the first aim (“clinical subtypes”) after the starting time (T0) using a Factor analysis with Varimax rotation, articulated in three factor analysis. The first one within OPD-2 Axis I variables; the second one between the results of the first one and the others OPD-2 axes variables (Axis III and IV); the last one among the second one and the other variables (SCL-90, EDI-2, BUT, hormonal indexes). In the second aim we search the correlation between the “clinical subtypes” and the patient’s history and biological indexes. In the third aim we use the ANOVA method for measure the differences between clinical subtypes and outcome. Bibliografia OPD Task Force (2006). OPD-2 Diagnosi Psicodinamica Operazionalizzata. Manuale per la diagnosi e la pianificazione del trattamento. Edizione italiana a cura di M. Conte, E. Fava, A. Ferrari, S.P. Papini, P. Zuglian, Franco Angeli Milano, 2009. Magni, M., Zuglian, P. Preliminary research on the recurrent diagnostic configurations in patients affected by anorexia nervosa, using OPD 2. Italian sample. 4th International OPD-Congress. Heidelberg, 2009 Magni, M., Zuglian, P., et al. (2009). Preliminary research on the recurrent diagnostic configurations in patients affected by eating disorders. Paper presented to 7th European SPR Conference, Bolzano, Italia. Ferrari A., Papini S.P., Zuglian P., Conte M., Fava E., Tajani M., Fiorina L., Magni M., Maramieri L., Primerano L., Freni S. (2007). Il progetto OPD-Milano (Diagnosi Psicodinamica Operazionalizzata): Nuove configurazioni diagnostiche clinicamente significative. Ricerca in Psicoterapia, Vol.10, n.1, 2746. SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 21 2. APP – AMENABILITY PSYCHOTHERAPY PROJECT. SVILUPPO E VALIDAZIONE DI UNA SCALA PER L’INDICAZIONE EMPIRICAMENTE FONDATA ALLA PSICOTERPIA Proponente: Emilio Fava Autori: Alessandro Ferrari, Daria Taino, Silvia Paola Papini, Marco Tettamanti, Cristina Cairone, Pablo Zuglian, Francesca Cadeo, Emilio Domenico Fava La scelta di quale trattamento indicare è attualmente basata su valutazioni soggettive, opportunità organizzative e pressioni economiche. In Italia la psicoterapia in ambito pubblico è quindi fornita in maniera inadeguata sia rispetto alla quantità insufficiente di terapie, sia rispetto alla razionale selezione dei pazienti cui offrirla. Lo scopo dell’Amenability Psychotherapy Project (APP) è creare uno strumento facilmente introducibile nella routine clinica dei Servizi ed in grado di identificare in modo empiricamente fondato quei pazienti per cui la psicoterapia risulta il trattamento d’elezione indipendentemente dalla gravità clinica iniziale e dalla diagnosi categoriale. Il progetto prevede 5 fasi: 1) costruzione di una prima versione dello strumento; 2) valutazione dell’affidabilità; 3) verifica dell’attendibilità dello strumento su un campione preliminare di pazienti con valutazione dell’esito della psicoterapia; 4) eliminazione delle variabili ridondanti, inaffidabili o inattendibili e costituzione di un nuovo strumento (APP-Scale2); 5) valutazione dell’attendibilità e affidabilità dell’APP-Scale2 su un campione sufficientemente ampio e multicentrico. Per costruire lo strumento abbiamo condotto una ricerca bibliografica in Medline, Pubmed, Embase e Psychinfo usando come parole di ricerca “psychotherapy outcome”, “psychotherapy predictive factors”, “patient-related factors”, raccogliendo meta-analisi, review e studi di outcome. Abbiamo selezionato quei fattori sostenuti da una maggiore evidenza scientifica e trovato una possibile operazionalizzazione in alcuni item di OPD-2. Il risultato di questo lavoro è stata una scala (APP-Scale) composta da 22 item ratificabile dal clinico in una scala da 0 a 4. L’affidabilità è stata calcolata su un campione di 30 colloqui audioregistrati di pazienti rivoltisi all’Unità di Psichiatria e Psicoterapia – A.O. Niguarda Ca’ Granda, Milano; ciascun colloquio è stato valutato da una coppia randomizzata tra 8 giudici indipendenti precedentemente addestrati all’uso dell’APP-Scale. I valori dell’Alpha di Cronbach sono risultati accettabili (7 ≥ .α ≥ 9). L’APP-Scale è stata quindi introdotta nella routine clinica del Servizio durante la fase di consultazione di 100 pazienti ambulatoriali, consecutivi, non selezionati. Uno psichiatra esperto ha formulato una diagnosi secondo i criteri del DSM-IV-TR e ha ratificato l’APP-Scale; terminata la consultazione ai pazienti è stato proposto un percorso di psicoterapia psicodinamica. Per valutare l’outcome sono state usate SCL-90, una scala Lickert a 5 punti compilata dai pazienti e HoNOS applicate a 6 mesi e ad 1 anno di terapia. Raccolti i dati è stata condotta una Principal Component Analysis (PCA); utilizzando una MonteCarlo simulation system si sono riscontrati 3 diversi fattori: il fattore Forza dell’Io – costituito da aspetti collegati alla struttura di personalità del paziente, alle risorse personali e all’assenza di un vantaggio secondario concreto – il fattore Espressività Psichica – che correla la presentazione psichica del problema e della soluzione con una buona capacità mentale psicologica e un buon sostegno sociale – e il fattore Sofferenza – costituito dalla gravità sintomatologia e il grado di sofferenza soggettiva. Per valutare la capacità di discriminare tra dropout e pazienti che rimangono in terapia è stato condotto un t-test per campioni indipendenti con riscontro di una differenza globale, e rispetto ai singoli item, dei valori dell’APP-scale e una relazione inversa tra la somma dell’APP-Scale e il GSI con una riduzione dei valori dell’R2-lineare daT0 a T2 segnalando la presenza di un possibile trend in questa direzione. In particolare si è individuato un cutoff di 51 con una sensibilità pari a 0.894 e una specificità di 0.63. I risultati di queste prime tre fasi di APP indicano che l’APP-Scale è uno strumento sufficientemente semplice, veloce e accettabile sia per il paziente che per il clinico nell’ambito di un Servizio pubblico. Ha dimostrato di avere una buona validità interna e mostra una tendenza rispetto alla capacità di discriminare tra dropout e pazienti che rimangono in trattamento. Il limite maggiore di questo studio pilota risiede indubbiamente nella bassa numerosità campionaria, è pertanto nostra intenzione proseguire, come da progetto, aumentando la numerosità campionaria coinvolgendo altri Servizi. SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 22 3. ARE OBJECT RELATIONS INVENTORY & DIFFERENTIATION-RELATEDNESS SCALE A MARKER OF PERSONALITY FUNCTIONING? Proponente: Andrea Scalabrini Autori: Serena Borroni (1,4), Andrea Scalabrini (2,4), Andrea Fossati (3,4) (1) Vita-Salute San Raffaele Università, Milano (2) Università G. D’Annunzio – Chieti (3) Università LUMSA, Roma (4) IRCCS San Raffale Turro, Milano The Alternative DSM-5 Model for Personality Disorders listed in Section III emphasized the centrality of mental representations in understanding and classifying personality disorders. It proposes that different levels of impairments in levels of self-definition and interpersonal functioning are central to defining personality disorders. A number of assessment methods have been developed to measure general personality pathology as distinct from personality disorder style. One promising instrument in this context is the DifferentiationRelatedness Scale (DR-S; Diamond et al., 1991) as scored on Object Relations Inventory (ORI; Blatt et al., 1979). DR-S is a 10 point scale, which addresses the degree to which a person possesses an individuated sense of self and maturity of interpersonal relatedness, based on descriptions of self and significant others. Our aim is to investigate the role of mental representations, as evaluated with DR-S, as marker of personality functioning in a sample of consecutively admitted participants to a psychotherapy unit, who were looked for a treatment for interpersonal difficulties and personality disorders. Specifically, we aim to evaluate: a. the association among DR-S, the presence of a PD, the number of PDs and the number of PD traits assessed with a semi-structured interview. b. the association between DR-S and Personality Inventory for DSM-5 (PID-5, Krueger at al., 2011; Fossati et al., 2013) The results of this presentation suggest that a lack of a consolidated and integrated and individuated sense of self and significant others represent a marker of a maladaptive personality functioning and with specific personality features. 4. UNA TECNICA DI VALUTAZIONE INTERNA A UN GRUPPO DI PSICOTERAPIA Autori: Camilla Benini, Anna Marastoni, Marco Novali, Elena Ollosu, Anna Palena Dipartimento di Salute Mentale, 1° Servizio Psichiatrico - ULSS 16 Padova L'introduzione di tecniche a mediazione visiva, lungo l'arco del percorso annuale di una psicoterapia di gruppo ambulatoriale di un CSM, è da diversi anni da noi utilizzata come acceleratore del processo di soggettualizzazione. L'ulteriore messa a punto strumentale quì proposta, coniuga alcune caratteristiche della tecnica della VCF-S (video confrontazione con inserzione di sfondo), di cui abbiamo già trattato in precedenti lavori (SPR 2010 e 2011), con alcuni principi mutuati dalla musicoterapia passiva. Lo strumento applicato a inizio, metà e fine gruppo, prevede, nel tempo consueto della seduta, ma in un ambiente appositamente attrezzato, la presentazione in sequenza di tre brani audiovisivi, tratti da film, cui segue la somministrazione di un'intervista semi-strutturata individuale sull'esperienza. La scelta dei brani è sintonizzata sulla percezione dello stato mentale del gruppo, condiviso dallo staff di conduzione, ma la sequenza segue criteri affini a quelli della musicoterapia relativi all'elicitazione di aspetti sensoriali e emotivi. La nostra ricerca si basa su dati relativi a tre cicli annuali di psicoterapia di gruppo, composti da 6-8 membri ognuno. I risultati, parziali, suggeriscono l'individuazione di alcune variabili di processo coinvolte nel più ampio processo della psicoterapia di gruppo ad indirizzo gruppoanalitico ma che evidenziano la qualità e le modificazioni dell'apporto soggettivo del paziente nelle diversenfasi individuate: misura della compliance alla terapia, miglioramento della capacità dinautovalutazione del proprio stato mentale, miglioramento e adeguatezza nella capacità espressiva/descrittiva dello stesso, limitazione di aspetti proiettivi pervasivi o ricorrenti, riduzione dell'angoscia di de-individualizzazione. SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 23 5. L’ÉQUIPE DI SUPEVISIONE SU CASI DI DISSOCIAZIONE TRAUMATICA: UN’INDAGINE DI PROCESSO. Proponente: Emanuela Saita Autori: Emanuela Saita, Giulia Bozzone, Federica Facchin Dipartimento di Psicologia, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano Il presente studio, che si situa in una fase preliminare di una ricerca più ampia, ha come cornice teorica la “Teoria della dissociazione strutturale” di van der Hart, Nijenhuis e Steele (2011). I principi di tale Teoria— fondata su un approccio sistemico nella valutazione del funzionamento individuale—sono stati declinati in strumenti di lettura della struttura e del funzionamento di un’équipe terapeutica impegnata nella supervisione del lavoro clinico con casi di dissociazione traumatica. Sette riunioni del team, in cui sono stati discussi in totale 10 casi clinici, sono state registrate e trascritte; i verbatim sono stati analizzati integrando la prospettiva diacronica (le fasi di ciascuna riunione) e quella sincronica (i ruoli ricoperti di volta in volta dai membri del team). Le analisi hanno evidenziato le dinamiche e le azioni che i terapeuti mettono in atto durante gli incontri, individuando una tensione dialettica tra stabilità e modificazione dei ruoli. Sono stati inoltre identificati momenti in cui il team ha corso il rischio di “dissociazione strutturale”, cioè momenti caratterizzati da una mancanza di coerenza e coordinamento in cui i componenti, irrigiditi su pareri diversi, non hanno saputo dialogare in modo costruttivo. Questa situazione di possibile dissociazione di équipe è stata scongiurata grazie al ricorso ad alcune azioni (ad esempio rifarsi all’autorità dei test) e dal potere esercitato da alcuni ruoli (quello del “Leader” e quello della “Pacificatrice”). A partire dai risultati di questo studio, la ricerca procederà con l’obiettivo di operazionalizzare lo strumento di lavoro e le sue possibili applicazioni. 6. L’ EVOLUZIONE DEI SERVIZI DI RIABILITAZIONE E CURA IN PSICHIATRIA Propontente: Emanuela Saita Autori: Emanuela Saita (1), Floriana Irtelli (1), Monica Accordini (1), Alfonso Panella (2), Flippo Piraino (2), Massimo Buratti (2), Giampietro Savuto (2) (1) Dipartimento di Psicologia, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano (2) Fondazione Lighea Onlus, Milano La riforma psichiatrica (legge n.180 del 1978) ha attivato la trasformazione dei processi di cura e riabilitazione del paziente psichiatrico, non più ricoverato in strutture separate dalla società, inoltre ha prodotto cambiamenti culturali e organizzativi nelle istituzioni preposte alla cura e alla riabilitazione. Tale svolta ha progressivamente facilitato l'integrazione relazionale, il recupero e lo sviluppo di competenze dei soggetti con disturbo psichiatrico. Il presente studio si focalizza sui cambiamenti delle strategie riabilitative nel tempo, in consonanza con la modificazione dei bisogni dei propri ospiti. Nello specifico, sono stati considerati i diari di una comunità milanese compilati dagli operatori continuativamente negli anni, giorno per giorno. Sono stati selezionati tre bienni (B1=1990-1991; B2=2000-2011; B3=2010-2011) che coprono un periodo di 20 anni. Per ogni anno sono stati considerati due mesi considerati “critici” (C1) e due mesi routinari (C0) e diversi momenti della giornata mattino (M1), pomeriggio (M2), notte (M3). I risultati evidenziano i cambiamenti nelle rappresentazioni e percezioni dei professionisti sul paziente e circa il proprio ruolo attraverso gli anni (B1 vs. B2 vs. B3), in particolare i cambiamenti relativi alle criticità e alla loro gestione da parte degli operatori (C0 vs. C1; M1 vs. M2 vs. M3). Importanti le implicazioni per ulteriori evoluzioni dei servizi di riabilitazione e cura psichiatrica. Parole chiave: riabilitazione psichiatrica, servizi territoriali, strategie riabilitative, cambiamento. SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 24 7. STUDIO SULL’UTILITA’ CLINICA DELLA BINGE EATING SCALE ATTRAVERSO UN APPROCCIO MIXED-METHODS Proponente: Emanuela Brusadelli Autori: Alessandra Tomasich (1), Emanuela Brusadelli (1,2), Alessia Romanazzi (1), Samantha Bruno (1), Salvatore Gullo (3), Gianluca Lo Coco (4) (1) Servizio di Psicologia Clinica, A.O. G. Salvini, Garbagnate Milanese (MI) (2) Università degli Studi Milano-Bicocca (3) UniCusano Roma (4) Università di Palermo Il Disturbo da Binge-eating (BED) appare per la prima volta come diagnosi indipendente nella 5° edizione del DSM. Data il ridotto costo e la rapidità di somministrazione rispetto ad altre modalità di indagine, per valutare sintomi e i relativi comportamenti associati a tale disturbo, spesso si impiegano unicamente dei questionari, il più diffuso dei quali è la Binge Eating Scale (BES; Gormally, 1982), strumento di elezione per fare una diagnosi di questo tipo. Oggetto del presente studio è indagare la validità della Binge Eating Scale nella rilevazione del comportamento di binge eating. Il campione è costituito da pazienti obesi reclutati presso due centri nazionali, rispettivamente Milano con 200 soggetti (177F, 21M, età media=50,27 sd=11,45) e Palermo con 530 pazienti (414F, 117M, età media=45,7 sd=13,6) I dati indicano una discrepanza fra la presenza di una diagnosi DSM e i punteggi ottenuti alla BES nel circa il 30% dei casi, a indicare la possibilità di individuare sottotipi diversi di pazienti. In particolare, l’attenzione è stata rivolta al 15% di pazienti binge eaters secondo il DSM che hanno ottenuto punteggi sottosoglia al questionario BES, attraverso una lettura qualitativa delle risposte fornite. I risultati mostrano una generale tendenza di questi soggetti a minimizzare la loro condizione, attribuendo le cause a reazioni legate a eventi esterni sporadici e occasionali, in una visione di sé che deve affrontare e si deve tutelare da avversità provenienti dall’esterno. Questa modalità se da un lato permette loro di tutelare la propria immagine di sé, dall’altra appare come un fattore prognostico negativo che deve essere attentamente considerato nella presa in carico di questo sottotipo di pazienti. 8. QUALI CARATTERISTICHE DEL PROCESSO TERAPEUTICO SONO IN GRADO DI DISCRIMINARE LE SEDUTE CON ANDAMENTO CRESCENTE E DECRESCENTE DELL’ALLEANZA TERAPEUTICA? Proponente: Elena Montali Autori: Elena Montali (1), Daniela Gentile (1, 2), Colli Antonello (1) (1) Dipartimento di Scienze dell’Uomo, Università “Carlo Bo”, Urbino; (2) Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica, Università “Sapienza”, Roma. L’alleanza terapeutica (AT) è uno dei più importanti fattori aspecifici in psicoterapia (Bordin, 1979; Colli & Lingiardi, 2009; Horvarth, 1994; Horvath, Del Re, Flückiger, Symmonds, 2011). Nonostante molti studi abbiano indagato le caratteristiche del processo terapeutico associate all'andamento dell'AT nel corso del trattamento (Hilsenroth, Cromer, Ackerman, 2012), poche ricerche hanno studiato la relazione tra le caratteristiche del processo terapeutico e le fluttuazioni dell’AT in seduta. Il presente studio ha come obiettivo principale l’individuazione delle caratteristiche del processo terapeutico che contraddistinguono le sedute con andamento crescente e decrescente dell’AT. Il campione è formato da 130 sedute audio-registrate e trascritte (N=130) e appartenenti a diversi approcci terapeutici. Le sedute sono state selezionate in modo random dal nostro campione generale. Le valutazioni sono state compiute da due gruppi composti ciascuno da tre giudici indipendenti, attraverso l’applicazione dei seguenti strumenti: Collaborative Interactions Scale (Colli & Lingiardi, 2009); Psychotherapy Process Q-set (Jones, 1985, 2000). Un’analisi discriminante (Garson, 2008; Barbaranelli, 2006) ha identificato le caratteristiche distintive delle sedute con andamento crescente (a) e decrescente (b) dell’alleanza. I risultati hanno suggerito che le sedute con un andamento crescente dell’AT erano caratterizzate da una maggiore frequenza di interventi del terapeuta focalizzati sul qui ed ora della relazione terapeutica e da una maggiore esplorazione della SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 25 sfera affettiva del paziente. Le sedute con un andamento decrescente dell’AT erano caratterizzate da un atteggiamento più rigido del terapeuta e da una minore attenzione all’esperienza concreta del paziente. I risultati saranno discussi con particolare riferimento alla pratica clinica quotidiana. 9. IL RUOLO DELLA SUPERVISIONE NELLA PREVENZIONE DEL BURN OUT TRA GLI PSICOTERAPEUTI Proponente: Chiara Caruso Autori: Chiara Caruso, Mariapaola Costantini, Clarice Mezzaluna “Studi cognitivi”, scuola di specializzazione post-laurea in psicoterapia cognitiva e centro di ricerca, sede di San Benedetto del Tronto. Introduzione. Circa il 2-6% degli Psicoterapeuti presenta sintomi del burn out. Principalmente esposti al rischio di burn out risultano i terapeuti inesperti e quelli che lavorano in strutture pubbliche (Farber, 1990). La principale fonte di stress tra gli psicoterapeuti è l’esito negativo delle terapie, ma il fattore maggiormente predisponente al burn out è legato alle difficoltà nella relazione terapeutica. Altri fattori includono l’elevato carico di lavoro e l’isolamento, mentre un sistema di supporto appare essenziale per combattere il burn out (Farber, 1982). Vi è una carenza di studi attuali sul tema del burnout negli psicoterapeuti, mentre vi sono diversi studi sul burnout nelle altre professioni d’aiuto. Scopo del presente lavoro è colmare questo gap, valutando il ruolo della supervisione nella prevenzione del burn out negli psicoterapeuti. Metodo. Il gruppo sperimentale è composto da Psicoterapeuti che operano sia nel settore pubblico che privato e che fanno parte di gruppi di supervisione/intervisione. È previsto un gruppo di controllo bilanciato rispetto al campione sperimentale. Strumenti: - Maslach Burnout Inventory - Perceived Stress Scale - Stress Burn out Inventory Risultati attesi. Ci aspettiamo, in linea con Farber (1982), che la supervisione e l’intervisione fungano da fattori di protezione dal burn out negli Psicoterapeuti. Bibliografia Farber, B. A. (1990). Burnout in psychotherapists: Incidence, types, and trends. Psychotherapy in Private Practice, 8(1), 35-44. Farber, B. A., & Heifetz, L. J. (1982). The process and dimensions of burnout in psychotherapists. Professional psychology, 13(2), 293. Grosch, W. N., & Olsen, D. C. (1994). When helping starts to hurt: A new look at burnout among psychotherapists. WW Norton & Co. Raquepaw, J. M., & Miller, R. S. (1989). Psychotherapist burnout: A componential analysis. Professional Psychology: Research and Practice, 20(1), 32. 10. CARATTERISTICHE CLINICHE DEI SOTTOTIPI DI SKIN PIKING: LA VERSIONE ITALIANA DEL MILWAUKEE INVENTORY FOR THE DIMENSIONS OF ADULT SKIN PICKING (MIDAS) Proponente: Gian Paolo Mazzoni Autori: Gian-Paolo Mazzoni (3,4), Andrea Pozza (1,2), Irene Patassini (5), Nicoletta Giaquinta (2), Carmelo La Mela (3), Davide Dèttore (2,5) (1) Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università di Firenze. (2) Istituto Miller di Psicologia e Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale, Genova. (3) Scuola Cognitiva di Firenze, Firenze. (4) Casa di Cura Poggio Sereno, Firenze. (5) Dipartimento di Scienze della Salute, Università di Firenze. SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 26 Introduzione: Il disturbo da escoriazione compulsiva, o Skin Picking (SP), incluso nel DSM-5 tra le condizioni cliniche dello spettro ossessivo-compulsivo, è un tema trascurato in Italia. Il Milwaukee Inventory for the Dimensions of Adult Skin Picking (MIDAS) è uno strumento che misura due distinti sottotipi di SP: il sottotipo focused e quello automatic. Metodo: Il presente studio ha indagato la struttura fattoriale e i correlati clinici della versione italiana del MIDAS. Ottocentotrentasei partecipanti appartenenti alla popolazione generale hanno completato il questionario. Un sottogruppo di 528 ha compilato anche misure di ansia, depressione, sintomi ossessivocompulsivi, alessitimia, impulsività. Per analizzare la validità di criterio, sono stati, inoltre, reclutati 25 partecipanti con diagnosi di Disturbo Borderline di Personalità (DBP). Risultati: Analisi fattoriali esplorative e confermative hanno evidenziato una soluzione a tre fattori. Il primo, denominato “Automatico”, misura un sottotipo di SP attuato in assenza di consapevolezza. Il secondo fattore, denominato “Focalizzato”, misura un sottotipo che ha come antecedenti emozioni negative. Il terzo, “Misto”, comprende caratteristiche sia automatiche che focalizzate. Le tre sottoscale hanno mostrato buona consistenza interna e affidabilità test-retest. SP Focalizzato è risultato associato in misura maggiore a ansia e depressione rispetto agli altri due sottotipi. I tre i sottotipi sono risultati associati maggiormente a sintomi di accaparramento compulsivo, ossessioni pure e rituali di controllo rispetto a altri sintomi ossessivi. Il sottotipo Misto è risultato quello maggiormente associato a impulsività. Il gruppo di pazienti con DBP ha riportato punteggi totali al MIDAS e alla sottoscala “Focalizzato” significativamente più elevati rispetto ai soggetti non-clinici, suggerendo che il comportamento di SP sia una strategia di regolazione delle emozioni negative. Conclusioni: Si discutono risultati e implicazioni cliniche. 11. EMOTIONAL NEGLET, ALESSITIMIA E COMPORTAMENTI AGGRESSIVI IN SOGGETTI CON DISTURBO BORDERLINE DI PERSONALITA’ Proponente: Valentina Spina Autori: L. Epifani, M.C. Barnabei, V. Castellucci, M.P. Costantini, M. Ferri, M. Scarpantoni, S. Tripaldi, V. Spina (1) Studi Cognitivi – San Benedetto del Tronto (AP) (2) Associazione Cognitivismo Clinico – San Benedetto del Tronto (AP) Introduzione. Diversi studi hanno mostrato consistenti associazioni tra la disregolazione emotiva e il Disturbo Borderline di Personalità (BPD) (Gratz, et al., 2009). La letteratura recente ha dimostrato che le persone, che hanno subito nell’infanzia abuso o trascuratezza emotiva documentata, hanno una probabilità maggiore di avere una diagnosi di questo disturbo (Johnson, JG; Cohen, P; Brown, J et al., 1999). Dalla letteratura recente, l’alessitimia può far aumentare angoscia e innescare una serie di comportamenti disfunzionali (es. comportamenti aggressivi) volti a ridurre gli stati affettivi negativi (Teten et al 2008). L'alessitimia è stata, inoltre, esaminata anche come possibile predittore di tendenze dissociative utilizzate come meccanismo protettivo da sensazioni negative (Craparo, Ardino, Gori e Caretti, 2014). Lo studio indaga il ruolo di traumi infantili (emotional neglect) sull’alessitimia e sull’aggressività in soggetti con Disturbo di Personalità Borderline. Inoltre, intende indagare la relazione tra le componenti sopraindicate e la dissociazione. Metodo. Un totale di 40 soggetti con diagnosi di Disturbo Borderline di Personalità. La valutazione prevede la somministrazione della seguente batteria di test: Toronto Alexythimia Scale-20 item, Aggression Questionnaire, TEC e DES II. Le analisi saranno effettuate attraverso il software SPSS-21. Risultati attesi. Alla luce di quanto emerso dalla letteratura recente, ci si aspetta una correlazione positiva tra trascuratezza emotiva e alessitimia. Inoltre, ci si attende una correlazione positiva tra alessitimia e aggressività e tra alessitimia e dissociazione. SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 27 12. TRATTARE LA PSICOSI ALL’ESORDIO. CONFRONTO CATAMNESTICO FRA PERCORSI DI CURA STANDARD E PERCORSI DI CURA DEDICATI Proponente: Osmano Oasi Autori: Osmano Oasi (1), Sara Vecchi (1), Antonella Barlocco (2), Marco Mario Pozzi (2), Roberto Bezzi (2) (1) Dipartimento di Psicologia, Università Cattolica di Milano (2) Centro Psicosociale di Cuggiono, Dipartimento di Salute Mentale, Azienda Ospedaliera “Ospedale Civile di Legnano” Introduzione. Nell’ambito dei Dipartimenti di Salute Mentale sono stati avviati da alcuni anni programmi innovativi di intervento riguardanti la prevenzione – nei casi a rischio – e l’intervento precoce – nei casi in esordio – su giovani pazienti appartenenti all’area schizofrenica e psicotica in generale. Molta letteratura sottolinea, infatti, quanto importante sia per la psicopatologia grave un intervento tempestivo, in grado soprattutto di ridurre la cosiddetta DUP. Il dibattito tra gli specialisti del settore è tuttavia molto acceso, poiché non c’è effettivo accordo sull’efficacia di un intervento di questo tipo. Obiettivo della presente ricerca è confrontare percorsi di cura standard e percorsi di cura dedicati all’interno di un Dipartimento di Salute Mentale della Lombardia. Metodo. Studio catamnestico su 15 pazienti che hanno seguito un percorso di cura standard e 15 pazienti che hanno seguito un percorso di cura dedicato. I dati sono stati raccolti consultando le cartelle cliniche e i medici referenti di ciascun paziente. Le analisi sono state perlopiù di tipo qualitativo. Risultati. Il confronto tra i due gruppi di pazienti non ha mostrato significative differenze tra suddetti gruppi. In particolare, tutti e trenta i pazienti hanno avuto un miglioramento nel loro funzionamento complessivo e nelle loro condizioni generali di vita. Sembra dunque che la possibilità di offrire un percorso dedicato non sia discriminante rispetto al buon esito della cura. Conclusioni. La presente ricerca è in linea con quella parte della letteratura che ritiene non attribuibile a interventi dedicati il buon andamento del trattamento di pazienti gravi. 13. VALUTAZIONE DELL’ANDAMENTO DEI PROGRAMMI TERAPEUTICI E RIABILITATIVI NELLE STRUTTURE INTERMEDIE (AZIENDA ULSS 5 OVEST VICENTINO) Proponente: Mirko Balbo Autore: Mirko Balbo, DSM ULSS 5 Ovest Vicentino Dal 2009 nel Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda ULSS 5 Ovest Vicentino si è cominciato un Progetto di valutazione dell’andamento dei Programmi terapeutici e riabilitativi per gli ospiti delle strutture intermedie. In particolare ci si è focalizzati sulla valutazione degli esiti nelle Comunità Terapeutiche del territorio. Si tratta di due strutture residenziali per un totale di 22 posti letto. Si sono adottate scale di valutazione standardizzate SCL-90, HONOS somministrate ogni 6 mesi e a 1 anno dalle dimissioni del paziente. Sono stati raccolti dati su un campione di 50 pazienti con diagnosi per il 75% di psicosi e 25% di grave disturbo di personalità. I risultati confermano quelli precedentemente raccolti fino al 2012 su un campione più limitato: 70% di netto miglioramento dei sintomi, 20% stabilizzazione, 10% peggioramento. Dal 2013 abbiamo impostato anche un programma di osservazione dell’andamento dopo le dimissioni dalle Comunità Terapeutiche basandoci sui ricoveri ospedalieri. Ciò che emerge è che i pazienti dopo il Programma svolto in Comunità Terapeutica abbattono a 0 i ricoveri nel Reparto Psichiatrico nel 95% dei casi. Abbiamo anche riflettuto sul 10% dei peggioramenti e abbiamo trovato che si tratta di gravi schizofrenici destrutturati e ormai cronici e di gravi disturbi di personalità. Abbiamo potenziato supervisioni e strutturato programmi specifici ambulatoriali per i disturbi di personalità che stiamo valutando con SCL-90 e SCID-II mentre per i pazienti schizofrenici cronici deteriorati si sta lavorando per l’inserimento in strutture di lungo assistenza che mirino alla stabilizzazione e al mantenimento delle abilità residue. SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 28 14. DISREGOLAZIONE EMOZIONALE E ABILITA' DI MINDFULNESS NEL CORSO DI 3 MESI DI SKILLS TRAINING DELLA DIALECTICAL BEHAVIOR THERAPY PER IL TRATTAMENTO DELL'ALCOL DIPENDENZA: GROWTH CURVE ANALYSIS Autori: Marco Cavicchioli (1), Mariagrazia Movalli (1,2), Cesare Maffei (1,2) (1) Università Vita-Salute San Raffaele, Milano, (2) Ospedale San Raffaele, Milano Introduzione: lo studio si propone di utilizzare i modelli lineari misti all'analisi dell'andamento della disregolazione emozionale (DE) e delle abilità di mindfulness (AM) nel corso di 3 mesi di Skills Training della Dialectical Behavior Therapy (ST-DBT) applicato al trattamento dell'alcol-dipendenza. Tale scelta è stata dettata dalla volontà di evidenziare possibili trend di miglioramento nelle variabili precedentemente citate tenendo conto della variabilità tra i soggetti che hanno partecipato allo studio. Metodo: la DE (DERS) e le AM (MAAS, FFMQ) sono state valutate: all'inizio del trattamento, dopo un mese e alla conclusione del programma. E' stata utilizzata la tecnica della growth curve analysis con 2 livelli. Sono stati testati 2 trend (lineare; quadratico) con 2 strutture di covarianza dei dati (autoregressiva di primo ordine; non strutturata), basandosi sul metodo della massima verosomiglianza per la stima dei parametri. Risultati: 166 pazienti hanno iniziato il programma. Il 62 % dei clienti ha concluso l'intervento. Solo il trend lineare con una struttura di covarianza non-strutturata si è dimostrato avere un buon adattamento ai dati. L'analisi della struttura di covarianza ha evidenziato una variabilità significativa dell'intercetta, ma non del coefficiente di regressione. La covarianza tra questi due parametri non è risultata significativa. Tali risultati sono stati replicati per tutte le misure di outcome. Conclusione: la DE e le AM migliorano durante tutto il corso del trattamento. Tale miglioramento è indipendente dai livelli iniziali, e il medesimo per tutti i soggetti. Questi risultati incoraggiano studi randomizzati e controllati volti alla valutazione dell'efficacia dello ST-DBT nel trattamento dell'alcol-dipendenza. 15. LA VALUTAZIONE DELLA PSICOTERAPIA PER STUDENTI UNIVERSITARI: INTEGRAZIONE E CONCORDANZA FRA ETERO ED AUTO-VALUTAZIONE Autori: Fiorella Monti, Francesca Vescovelli, Paolo Melani, Pio Enrico Ricci Bitti Dipartimento di Psicologia, Università di Bologna Introduzione: i centri di ascolto e di supporto universitari rappresentano il luogo ideale per valutare tempestivamente l’insorgenza delle problematiche psicologiche degli studenti universitari. Qualora questo disagio non fosse identificato e trattato potrebbe comportare conseguenze negative sia a livello del funzionamento psicologico e sociale degli studenti sia a livello dei costi a carico del sistema sanitario nazionale (Monti et al., 2013, 2014; Kim et al., 2015). Tuttavia, attualmente, soprattutto nel contesto nazionale sono ancora poche le ricerche che abbiano valutato l’efficacia a breve e a lungo termine dei trattamenti psicologici erogati dai servizi universitari per la riduzione del malessere e la promozione del benessere degli studenti (Monti et al., 2013, 2014). Di questi studi, la maggior parte, ha valutato gli esiti degli interventi avvalendosi di strumenti self-report sviluppati su specifiche teorie e tralasciando, inoltre, la somministrazione di strumenti etero-valutativi. Questo studio si è proposto di esplorare l’efficacia dei trattamenti psicologici forniti dal Servizio di Aiuto Psicologico (SAP) dell’Università di Bologna (UniBo) somministrando sia un questionario standardizzato self-report sia un’intervista clinica etero-valutativa. Metodo: 149 studenti (F=47, M=102; Età media=24.55, DS=3.35) afferenti al SAP (UniBo) hanno intrapreso un percorso di psicoterapia individuale (ad orientamento psicodinamico o cognitivocomportamentale) della durata di massimo 1 anno con sedute a frequenza settimanale. Gli studenti hanno compilato il Clinical Outcomes in Routine Evaluation (Core-OM; Evans et al., 2002; Barkham et al., 2005) e sono stati intervistati da psicologi clinici non coinvolti nel trattamento, prima e al termine della psicoterapia. Risultati: al termine della psicoterapia si è osservata una riduzione dei sintomi e un miglioramento del benessere statisticamente significativi, indipendentemente dal tipo di terapia effettuata. Tali risultati sono stati osservati sia a livello dei questionari auto-valutativi sia a livello delle valutazioni cliniche. Conclusioni: questa ricerca, seppur preliminare, ha messo in luce l’utilità della psicoterapia che ha determinato una riduzione dei sintomi e un incremento del benessere degli studenti. La rilevazione del miglioramento dei pazienti, evidenziata dai questionari self-report, è stata ulteriormente confermata dal giudizio dei clinici che hanno valutato l’esito del percorso psicoterapeutico. SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 29 Bibliografia Barkham, M., Gilbert, N., Connell, J., Marshall, C., & Twigg, E. (2005). Suitability and utility of the COREOM and CORE-A for assessing severity of presenting problems in psychological therapy services based in primary and secondary care settings. British Journal of Psychiatry, 186, 239-246. Evans, C., Connell, J., Barkham, M., Margison, F., McGrath, G., Mellor-Clark, J., Audin, K. (2002). Towars a standardized brief outcome measure: psychometric properties and utility of the CORE-OM. The British Journal of Psychiatry, 180, 51-60. Kim, S., Lee, H., Kim, H., Noh, D., & Lee, H. (2015). Effects of integrated Stress Management Program (ISMP) for psychologically distressed students: A randomized controlled trial. Perspectives in Psychiatric Care. doi: 10.1111/ppc.12114. Monti, F., Tonetti, L., & Ricci Bitti, P. E. (2013). Effectiveness of psychological treatments delivered at a counseling service for students. Psychological Reports, 113, 955-968. Monti, F., Tonetti, L., & Ricci Bitti, P. E. (2014). Comparison of cognitive-behavioral therapy and psychodynamic therapy in the treatment of anxiety among university students: An effectiveness study. British Journal of Guidance & Counselling, 42, 233-244. 16. LA (META)COGNIZIONE SOCIALE NEL DISTURBO BIPOLARE: UNA REVIEW SULLE BASI NEURALI Autori: Filippo Turchi, Stefania Righini, Eugenia Mellina, Carmelo La Mela Scuola Cognitiva di Firenze Introduzione: non esiste al momento un modello esaustivo che riesca a descrivere il complesso meccanismo psicopatologico alla base del disturbo bipolare, tuttavia, recentemente, sono state avanzate osservazioni che presuppongono un ruolo rilevante delle disfunzioni metacognitive. Recenti studi di neuroimmagine hanno esaminato i processi di cognizione sociale in pazienti con disturbo bipolare (DB) e depressione unipolare. Obiettivo: review degli studi riguardanti le basi neurobiologiche sottostanti la comprensione delle emozioni e la ToM nel DB. Metodo: ricerca effettuata su PubMed/PsycINFO abbinando i termini: “fMRI”, “emotion comprehension”, “emotion perception”, “affect comprehension”, “affect perception”, “facial expression”, “prosody”, “theory of mind”, “mentalizing”, “attributional style”, “social perception”, “empathy” con “unipolar depression”, “bipolar disorder”. Risultati: emerge un complessivo deficit di controllo delle strutture corticali su quelle limbiche iperresponsive durante l’interazione sociale, che comporterebbe deficit di riconoscimento emotivo stato dipendente (depressione-mania), ma anche in fasi eutimiche (tratto-dipendenza). Anche i deficit nella ToM appaiono sia stato che tratto-dipendenti e si associano a ridotta risposta neurale in diverse regioni implicate nel sistema dei neuroni specchio. Limiti: le ricerche incluse esplorano solo alcune componenti della cognizione sociale; non tutte includono campioni di controllo. Conclusioni: i seguenti dati neurobiologici supportano l’idea che le disfunzioni metacognitive possano essere considerate come un elemento clinico rilevante nel complesso modello di malattia del DB, che fino ad oggi ha ricevuto una limitata attenzione, offrendo spunti per la ricerca e per la terapia. SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 30 Topic of interest Il trauma nello sviluppo: strumenti, criteri diagnostici e interventi evidence based Alessandra Simonelli, Silvia Salcuni Università degli Studi di Padova Le ricerche su campioni comunitari di adulti e bambini (in prima infanzia come in età prescolare e scolare) mostrano che quote variabili dal 40% al 68% degli individui hanno sperimentato almeno un evento potenzialmente traumatico e circa il 37% ne ha sperimentati più di uno. Questi dati sottolineano alcuni aspetti da prendere in considerazione nello studio del trauma, delle patologie ad esso correlate nel ciclo di vita e degli interventi su di esso. In particolare l’attenzione andrebbe posta su questioni relative a un “effetto domino” i cui costi –in termini anche sanitari, oltre che sociali e di adattamento individuale- risultano molto importanti: (a) i bambini, anche precocemente, sono esposti ad un alto numero di esperienze traumatiche o potenzialmente tali; (b) tali situazioni traumatiche elicitano sintomi, anche di natura post-traumatica, che non sempre hanno una remissione spontanea durante lo sviluppo e che -anzi- spesso si stabilizzano in disturbi di personalità adulti specifici; (c) tali sintomi e tali disturbi di personalità necessitano di una diagnosi effettuata con adeguati strumenti e con criteri fondati su un approccio evolutivamente orientato; infine (d) l’impatto delle esperienze traumatiche infantili necessitano di trattamenti specifici e mirati con tecniche e modelli evidence based che consentano verifiche dei processi e degli esiti a breve (età infantile) e lungo termine (età adulta) sull’individuo e sul suo adattamento nel ciclo della vita, tanto più se i soggetti diventano genitori (poiché saranno genitori traumatizzati/traumatizzanti). Il presente topic of interest si propone quindi di presentare dati nazionali e internazionali su questi temi e di discutere alcune criticità in merito, relativamente a: (1) strumenti specifici utilizzabili per la rilevazione del trauma e dei sintomi post-traumatici nello sviluppo; (2) criteri diagnostici presenti negli attuali sistemi di classificazione (0-3, ICD 11, DSM V) e considerazione delle revisioni proposte in ambito internazionale da alcuni gruppi di lavoro sul tema; (3) modelli e tecniche di intervento, possibilità di formazione nel nostro Paese, studi di efficacia. In particolare, rispetto a quest’ultimo punto l’attenzione sarà posta sull’intervento in età infantile, nella diade (madre/bambino) e nella triade (madre/padre/bambino) laddove le interazioni perpetrino aspetti traumatici. Il topic si propone come primo momento di scambio tra colleghi finalizzato alla creazione di un gruppo clinico scientifico focalizzato sul trauma e sulla creazione di buone prassi diagnostiche ed intervento, ancorché di prevenzione, sul welfare minori. SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 31 Lo sviluppo di un Network Italiano di Ricerca sulla Pratica Psicoterapeutica (PPRN) Angelo Compare (1), Gianluca Lo Coco (2) (1) Università di Bergamo (2) Università di Palermo Progetto di creazione di un Network Italiano di Ricerca sulla Pratica Psicoterapeutica. Tale network deve essere costituito da clinici psicoterapeuti e ricercatori che condividano la voglia di crescere e imparare dal dialogo tra clinica e ricerca. Gli obiettivi che il network si dà sono in sintesi: ♦ Creare un network (inteso come gruppo di lavoro allargato) di clinici professionisti di diverso orientamento teorico e tecnico, che insieme ai ricercatori possa provare a: - analizzare quali barriere esistono in Italia alla conoscenza e utilizzo dei risultati della ricerca nella pratica clinica. - elaborare strategie per superare questi ostacoli. ♦ Costituire un network di lavoro che i clinici possano modellare e sviluppare a partire dalle proprie esigenze professionali. ♦ Sviluppare pratiche professionali e di ricerca realmente spendibili nella pratica clinica. Il network si costituirà formalmente nei prossimi mesi ed è aperto a tutti I clinici e ricercatori che vogliano lavorare a un progetto di sviluppo e di crescita della realtà psicoterapeutica in Italia. SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 32 SPR - Italy Area Group Sezione italiana della SOCIETY FOR PSYCHOTHERAPY RESEARCH ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------Via Liguria 19, Palermo CF 11661830155 - P.IVA 06491871007 http://www.psychotherapyresearch.org/page/13/? SPR-­‐‑ITALY Area Group Abstract 33