La bellezza made in Italy misurata dal Politecnico di Bari

La bellezza made in Italy misurata dal Politecnico di Bari
Dal Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Gestionale del Politecnico di Bari giunge sul palco di
Miss Italia un sistema di misurazione tridimensionale del volto che promette di definire il canone
di bellezza contemporaneo. Abbiamo intervistato per voi Luigi Maria Galantucci, professore
ordinario presso la Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Bari e presidente di Polishape 3D.
Intervista di Francesca Tondi
Prof. Galantucci, lei è il responsabile nazionale di uno studio sulla definizione del canone di
bellezza del volto umano, commissionato dalla Società Italiana di Ortodonzia (SIDO). Nello
specifico, in cosa consiste e come è stato condotto questo studio?
Lo studio è finalizzato a misurare gli attuali parametri antropometrici facciali della bellezza
femminile ed è stato commissionato dalla presidente della Società Italiana di Ortodonzia, la
dottoressa Carmela Savastano, ad un gruppo di ricerca composto dal sottoscritto, del Politecnico di
Bari, dal prof. Roberto Deli, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e dal prof. Alberto
Laino, dell'Università Federico II di Napoli.
La SIDO ha avvertito tale esigenza per disporre di parametri antropometrici di riferimento
provenienti da un campione di donne europee (in sostituzione dei riferimenti americani
attualmente in uso), da utilizzare in diagnosi e terapie nell’ambito dell’ortodonzia, per risolvere
disturbi funzionali e problemi estetici.
Come si coniugano il Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Gestionale del Politecnico di Bari
ed il concorso di Miss Italia?
Per misurare i parametri che caratterizzano i canoni di bellezza attuali, lo studio citato si è basato
sul rilevamento delle superfici dei volti delle 64 concorrenti finaliste del concorso di Miss Italia
2010. Effettuare delle misurazioni sui volti è un’operazione molto complessa, poiché si rilevano le
superfici di tessuti molli appartenenti a soggetti viventi che, in quanto tali, respirano e si muovono.
Tale operazione, dunque, deve essere effettuata in un tempo brevissimo. O, meglio, deve essere
istantanea: per rendere possibile ciò, ci si è avvalsi della misurazione dei volti in tre dimensioni,
attraverso la tecnica non invasiva della fotogrammetria digitale in campo stretto.
Lo studio di questa tecnica è stato oggetto di due progetti PRIN (Programmi di ricerca di Rilevante
Interesse Nazionale), da me diretti, che hanno coinvolto il laboratorio di prototipazione rapida e
reverse engineering del Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Gestionale del Politecnico di Bari,
che, in collaborazione con l’Università degli Studi di Bari prima, e poi dell’Università Cattolica del
Sacro Cuore di Roma, ha definito il metodo e le attrezzature hardware e software di acquisizione per
i rilievi facciali.
In cosa consiste, dunque, la tecnica della fotogrammetria digitale?
La fotogrammetria digitale risulta particolarmente efficace per effettuare le rilevazioni sui volti,
poiché si serve di più coppie di immagini realizzate da fotocamere digitali sincronizzate,
controllate da un computer, che riprendono il soggetto simultaneamente da più punti di vista.
Le immagini acquisite vengono elaborate, tramite software, attraverso un algoritmo che esegue una
triangolazione per ricavare le coordinate (x, y, z) di moltissimi punti delle tre dimensioni; da questi
punti si ottiene poi la ricostruzione tridimensionale della superficie facciale, con un’apertura di
ripresa di circa 150°.
Maggiore è il numero di coppie di immagini che si possono acquisire, maggiore sarà la copertura
angolare della ripresa e la complessità dell’immagine ottenuta: per ottenere la ricostruzione
virtuale di un volto occorrono almeno due coppie di immagini; per l’intera testa, almeno quattro
coppie; per il corpo dalle quattro alle otto coppie.
A partire da tale misurazione si possono effettuare confronti con i canoni estetici neoclassici, ad
esempio, oppure misurare punti, superfici, volumi, eseguire sezioni su piani diversi, effettuare
mappe di colore per evidenziare simmetrie, realizzare confronti tra espressione naturale e sorriso.
Qual è il risultato dello studio effettuato sulle pretendenti al trono di Miss Italia?
I dati dello studio sono in corso di elaborazione, anche se appare evidente che i volti misurati sono
tutti caratterizzati da notevole bellezza.
Definire un canone di attrattività non è semplice, poiché intervengono diversi fattori che
determinano una variazione della percezione della bellezza, tra i quali assumono un ruolo
rilevante quelli psicologici.
Alcuni di questi fattori sono ben riconosciuti e catalogati: il primo è il parametro dell’averageness,
composto dai valori medi (o dall’idealità) delle caratteristiche facciali di una popolazione, ritenuti
espressione delle buone condizioni di salute di tale popolo.
Esiste, inoltre, il parametro della simmetria, che rappresenterebbe un importante indicatore di
assenza di malattie: tale fattore, tuttavia, assume un ruolo importante per le donne, ma non è
ritenuto altrettanto fondamentale dagli uomini.
Infine, esistono caratteristiche specifiche che riguardano quasi esclusivamente la percezione della
bellezza femminile, fortemente legate ai significati psicologici che esprimono: baby-like o neonatali,
caratterizzate da fronte ampia, occhi grandi e larghi, naso e mento piccoli, labbra piene, che
ispirano l’istinto alla cura; mature o dominanti, caratterizzate da zigomi prominenti; espressive o
responsabili, caratterizzate da sorriso largo e sopracciglia alte ed arcuate.
Esiste, secondo lei, una “sezione aurea” che regola i parametri universali dell’attrattività di un
volto oppure ritiene che l’ideale di bellezza fisica dipenda dall’epoca e dalla situazione sociale
di un popolo?
Da secoli la sezione aurea, ovvero il rapporto tra alcune lunghezze disuguali, affascina la mente
umana, poiché tale rapporto sembra regolare le proporzioni del corpo e del volto umano, nonché
alcuni elementi naturali, quali ad esempio la disposizione geometrica delle foglie e delle
infiorescenze di alcune piante.
Di conseguenza, da Fidia (che avrebbe utilizzato il rapporto aureo nel definire le sculture del
Partenone) in poi, l’essere umano ha cercato di replicare nelle arti figurative, nell’architettura e,
nell’età contemporanea, nel design tale proporzione nelle lunghezze.
Anche nell’ambito della chirurgia estetica tale relazione tra le lunghezze degli elementi del volto
viene spesso utilizzata come modello ideale di viso armonico e simmetrico.
La fotogrammetria digitale consente numerose applicazioni, oltre quella della ricostruzione
virtuale di volti. In cosa consiste questa tecnica e quali sono le possibili implicazioni
diagnostiche e terapeutiche?
Ovviamente la tecnologia che sottende la fotogrammetria non è stata realizzata per definire
l’odierno canone della bellezza femminile: la misurazione facciale apre nuove prospettive e
fornisce spunti per numerose possibili implicazioni diagnostiche e terapeutiche.
La principale caratteristica della fotogrammetria digitale è quella di presentarsi come uno
strumento diagnostico non invasivo, che può essere utilizzato innumerevoli volte senza
comportare alcun rischio per il paziente. Per questa ragione può essere impiegata in ambiti, quali
l’ortodonzia o la chirurgia estetica, nei quali (in alcuni casi) è improprio parlare di vere e proprie
patologie; può costituire, inoltre, un valido ausilio per l’indagine dei tessuti molli affetti, ad
esempio, da malformazioni genetiche o dovute a trauma.
La fotogrammetria può essere anche adoperata nell’ambito della medicina legale per consentire il
riconoscimento facciale o per documentare corpi, volti o intere scene del crimine in 3D, nonché per
il rilievo e la misura di oggetti, manufatti e costruzioni.
Dalla ricerca condotta nel laboratorio di prototipazione rapida e reverse engineering del
Politecnico di Bari è nata anche una spin off, Polishape 3D. Come nasce e a quale mercato si
rivolge quest’impresa?
L’idea della spin off nasce dai dieci anni di esperienza del Dipartimento di Ingegneria Meccanica e
Gestionale del Politecnico di Bari in questo settore e dalle competenze acquisite nel campo della
prototipazione rapida e del reverse engineering.
Partendo dalla ricerca siamo approdati al mercato, poiché abbiamo intuito che i sistemi sviluppati
all’interno del laboratorio avrebbero potuto rivolgersi ad un target molto ampio (aziende, chirurghi
estetici, ortodontisti, chirurghi veterinari), sia per il carattere innovativo del prodotto (che consente
un'analisi tridimensionale basata non solo su singoli punti, ma sulle superfici dell'intero volto
umano), sia in virtù della semplicità d’utilizzo del sistema.
Parliamo del “team” di Polishape 3D: da chi è composto e qual è la provenienza e l’età media
dei suoi collaboratori?
Il team è composto dal Politecnico di Bari, dal sottoscritto (nel ruolo di presidente), da Gianluca
Percoco (ricercatore confermato), Fulvio Lavecchia (dottore di ricerca), Eliana Di Gioia
(ortodontista), Roberto Deli (professore ordinario presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma), Francesco Introna (professore ordinario di
medicina legale presso l’Università di Bari), Ezio Costa (medico specialista, esperto in medicina
estetica).
La maggior parte dei componenti risiede a Bari, ma ci sono dei collegamenti con Roma e con il
Veneto. Il team è composto prevalentemente da professionisti affermati nel settore, per cui l’età
media non è bassa.
Il pubblico del Festival dell’Innovazione 2010 è stato molto incuriosito dall’esposizione di
Polishape 3D. Ritiene che manifestazioni come queste contribuiscano ad avvicinare i giovani al
mondo della ricerca?
Ritengo di sì, poiché tali eventi, di grande appeal, raggiungono l’obiettivo di avvicinare i giovani
alle
materie
scientifiche.
Manifestazioni
complesse,
come
il
Festival
dell’Innovazione,
contribuiscono a far comprendere ad un pubblico eterogeneo come si compie il processo della
conoscenza e rendono più tangibili le applicazioni della scienza.
A suo avviso, qual è la situazione della ricerca e del trasferimento tecnologico in Puglia?
La situazione della ricerca e del trasferimento tecnologico in Puglia è molto positiva, poiché c’è una
forte spinta propulsiva che si traduce in una molteplicità di strumenti a disposizione della ricerca.
Non posso evitare, mio malgrado, di ravvisare alcuni limiti nell’impostazione burocratica, che
rischia di rallentare le attività.
In estrema sintesi, dunque, posso affermare che le iniziative e le misure a supporto della ricerca
sono adeguate, ma per rendere più efficaci gli interventi, occorre semplificarne la gestione.