Esperienza n 4: DIODO
Esperienza n 4: DIODO
Il diodo è il bipolo non lineare costituito da una giunzione di due cristalli
semiconduttori.
La fig.1 rappresenta una giunzione e lo schema elettrico relativo.
p
n
anodo
catodo
DIODO
Fig. 1 Rappresentazione del Diodo
Il materiale base dei diodi è Silicio, Germanio ed Arseniuro di Gallio. Questi atomi
hanno 4 elettroni nell’orbita più esterna e cristallizzando si dispongono in una struttura
tetraedrica. Questa struttura è tale che ogni atomo componente il cristallo “ vede” altri
quattro atomi e ciascuno di questi condividendo un elettrone si comportano come se
avessero nell’ultima orbita un ottetto di elettroni. Il cristallo si dice allora intrinseco ed è
un materiale isolante, cioè anche per tensioni applicate al cristallo elevate, non si ha
passaggio di corrente apprezzabile. Per esempio se si dispone di un cristallo lungo 4
mm con base quadrata di 0.1 mm2 per avere una corrente di 1A è necessario applicare
una tensione di un migliaio di volt e questa corrente è dovuta alla rottura dei legami
covalenti per agitazione termica. L’energia necessaria per rompere un legame covalente,
cioè per avere un elettrone libero, è di 1.1 eV per il silicio.
Inserendo nel cristallo piccole quantità di atomi aventi 5 elettroni nell’ultima orbita (una
parte per milione), è disponibile un elettrone in più per chiudere l’ottetto e questo con
l’energia termica sarà quasi libero muoversi nel cristallo. Una piccola tensione (decine
di mV ) o un’energia di 0.05 eV sono sufficienti per avere un passaggio di corrente
elettrica. Il materiale è diventato un semiconduttore.
Analogamente se il cristallo è drogato con atomi aventi 3 elettroni nell’ultima orbita si
avrà una mancanza di un elettrone per completare l’ottetto cioè si avrà una lacuna o
buco di carica che si sposta nel cristallo. Un cristallo di silicio e germanio drogato con
atomi pentavalenti è chiamato semiconduttore di tipo n, mentre se drogato con atomi
trivalenti è di tipo p.
Un diodo è “idealmente “ costituito da un cristallo di tipo p ed uno di tipo n uniti
assieme a formare una giunzione. Da ricordare che il processo costruttivo di una
giunzione non è quello di unire due cristalli già drogati. I due cristalli n e p sono
elettricamente neutri, ma formando la giunzione gli elettroni in eccesso dovuto agli
atomi pentavalenti diffondono nel cristallo p e le lacune o buchi diffondono da p ad n.
Questo processo rapidissimo si ferma quando si crea fra due cristalli un campo elettrico
da opporsi ad un ulteriore diffusione. Si è stabilita cioè una differenza di potenziale fra i
due cristalli. Questa tensione però non deve trarre in inganno: la giunzione non è
diventata un generatore, andrebbe contro alle leggi della termodinamica. Infatti se fosse
possibile utilizzare un diodo come generatore, sarebbe necessario collegare fili elettrici
ai cristalli n e p, costruendo quindi altre due giunzioni: metallo – cristallo p e metallo
– cristallo n che generano altre differenze di potenziale che annullano gli effetti della
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giunzione n - p. Invece non va contro i principi termodinamici se i due cristalli, tipo n e
p si trovano a temperature diverse. In questo caso il diodo funziona da generatore
(effetto Seebek) e il fenomeno è reversibile: facendo passare corrente nella giunzione
una parte si riscalda e l’altra di raffredda (effetto Peltier).
Si è detto che a causa della diffusione delle cariche si genera un campo elettrico che si
oppone ad una ulteriore diffusione, ma se dall’esterno si cerca con un generatore di
tensione di annullare o ridurre questo campo, allora si ha un passaggio di corrente nel
diodo. Invertendo la polarità del generatore si aumenta il campo elettrico e non si ha
passaggio di corrente. Il diodo è quindi un bipolo che ha un comportamento diverso per
polarità delle tensioni applicate. La fig. 2a rappresenta un diodo in conduzione diretta,
mentre in fig. 2b un diodo polarizzato inversamente. La corrente Id può essere di molti
ordini di grandezza più grande di Is.
p
Id
n
p
+
n
Is
+
Vd
giunzione polarizzata
Vd
giunzione polarizzata
direttamente
inversamente
Fig. 2a
Fig. 2b
Caratteristica del diodo
Per ricavare la caratteristica di un diodo Id = f( Vd ) si può usare lo schema elettrico di
fig. 3 dove la resistenza R limita la corrente che può passare nel diodo, che nel caso di
diodi usati in elettronica (non di potenza, ma di segnale) è di alcune decine di mA per
cui, disponendo di un generatore di tensione continua di 20 V, la resistenza può essere
compresa fra 0.5 e 5 k
1k
I
Iv
Id
D1
20 V
100 mA
mA
Vin
DIODE
V
R
Vd
Fig. 3 Circuito usato per ricavare le caratteristiche del diodo
Per ricavare la caratteristica del diodo è necessario variare la tensione Vin e costruire il
grafico Id = f( Vd ). E’ consigliabile usare un voltmetro digitale la cui resistenza interna
è 10 M per non commettere un errore sistematico grande, infatti la corrente letta dal
milliamperometro passa, oltre che nel diodo anche nel voltmetro:
I = Id + Iv
Se Iv è trascurabile allora
I = Id
Si chiede di valutare se questa ipotesi è vera considerando l’errore degli strumenti e
l’errore sistematico commesso.
Avendo ricavato sperimentalmente la caratteristica del diodo al silicio e quella di un
diodo led (diodo che polarizzato in conduzione diretta emette luce) confrontarla con la
curva teorica:
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Vd
VT
3
kT
 26mV (per T = 300 Kelvin)
e
e = carica dell’elettrone
k = costante di Boltzmann
T = temperatura assoluta
Dai dati sperimentali si può ricavare  che per diodi al silicio vale circa 2, per poi
diminuire ad alte correnti di conduzione del diodo.
Dalla caratteristica del diodo si può osservare che esso comincia a condurre per tensioni
Vd maggiori di 0.5 V (per diodi al silicio) ed essendo un andamento esponenziale la
corrente sale molto velocemente con la tensione applicata, raggiungendo 0.8 V per la
massima corrente di conduzione ammessa per quel tipo di diodo.
Con questa osservazione per semplificare i calcoli del circuito elettrico in cui il diodo è
inserito, si può sostituirlo con dei modelli in modo da poter applicare la legge di Ohm.
Diodo ideale:
Se il diodo conduce, sostituire il diodo con un cortocircuito
Se il diodo non conduce sostituirlo con un circuito aperto
Le fig.4a e b rappresentano questa sostituzione.
Id  I s (e
 1)
dove: VT 
reale
DIODE
1k
Vin
1k
Vout
Vin
Vout = Vin
modello
diodo in conduzione
Fig. 4a Sostituzione del diodo in conduzione con modello ideale
reale
DIODE
1k
Vin
1k
Vout
Vin
Vout = 0
modello
diodo non in conduzione
Fig. 4 b Sostituzione del diodo non in conduzione con modello ideale
Dalla figura 4a si evidenzia che la tensione di uscita Vout è uguale a Vin se il diodo
conduce, mentre la tensione Vout è uguale a zero se il diodo non conduce (fig. 4b).
Un altro modello molto usato è quello di sostituire il diodo in conduzione con una
resistenza rf ed un generatore V collegati fra loro in serie come in figura 5.
rf
V
.
reale
10
DIODE
1k
Vin
Vout
1k
Vin
Vout
modello
diodo in conduzione
Fig. 5 Sostituzione del diodo reale in conduzione con il modello
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Il valore di rf è generalmente compreso fra pochi ohm ad alcune decine, mentre il valore
di V per diodi al silicio è 0,5 V. La tensione di uscita diventa:
Vout = Vin - V - I*rf
In molti casi si considera, per semplificare, la rf nulla, e sostituire V con V = 0,7 V
quindi
Vout = Vin – 0,7
Se il diodo è polarizzato inversamente esso può essere sostituito semplicemente da una
resistenza rr di valore molto elevato e dell’ordine di decine di M, come in Fig. 6.
rr
10 M
reale
DIODE
1k
Vin
1k
Vout
Vin
Vout
modello
diodo non in conduzione
Fig. 6 Sostituzione del diodo reale con il suo modello
La tensione Vout diventa praticamente la zero.
Si intende che i valori riportati non sono validi per qualunque diodo, ma sono valori
indicativi utili alla comprensione del comportamento reale di un diodo.
1
Raddrizzamento ad una semionda
Applicando all’ingresso del circuito di fig. 5 una tensione sinusoidale fornita da un
generatore di funzioni si può osservare con l’oscilloscopio che la tensione di uscita
contiene solo la semionda positiva. Questa tensione è detta “pulsata” e non sarebbe
adatta ad alimentare un circuito elettronico. Per renderla costante nel tempo è necessario
mettere un filtro RC in modo da lasciare passare solo le frequenze molto basse rispetto
alla frequenza del generatore di ingresso, come presentato in fig. 7 dove la resistenza è
da considerare come elemento utilizzatore o carico.
Vin
Diodo
10uf
C R
Vout
2
1k
Fig.7 Raddrizzamento di una tensione alternata con filtro RC
Verificare con l’oscilloscopio digitale impostato con la “Fast Fourier Transformer” il
valore dell’ampiezza delle varie frequenze con e senza il condensatore di filtro.
Osservare il comportamento della regola empirica: è necessario mettere un
condensatore di 1f per ogni mA di corrente che passa nel carico R per avere una
tensione ai capi del carico quasi costante.
Per carichi che richiedono correnti dell’ordine di alcuni amper è necessario mettere
condensatori di migliaia di microfarad ed è perciò necessario far uso di condensatori
elettrolitici polarizzati.