M. PEDRONI. COOLHUNTING. GENESI DI UNA PRATICA PROFESSIONALE ERETICA. FRANCO ANGELI, 2010. PP. 7-20. Introduzione Il sociologo è uno che scende in strada e interroga il primo venuto, lo ascolta e cerca di imparare da lui. (P. Bourdieu) S. ha cominciato a occuparsi di moda per caso. Dopo essersi laureata in Sociologia con una tesi su carceri e conventi quali forme di clausura dell’animo umano, chiede e ottiene dai genitori una somma di denaro per un viaggio all’estero. Si trova a Parigi quando, una sera, un cliente del ristorante dove lavora come cameriera rimane colpito dalle sue osservazioni e le chiede di scrivere un report di tendenze a titolo di prova. S., che ha bisogno di soldi per mantenersi e non ha alcuna intenzione di tornare a casa, accetta l’inattesa proposta e in qualche giorno redige il suo primo lavoro da cacciatrice di tendenze, segnalando ciò che colpisce la sua attenzione nelle effervescenti strade della capitale francese. Il report piace al suo committente, che gliene affida un altro, e poi un altro ancora, finché quello che era cominciato come un gioco si trasforma in un vero e proprio lavoro. «Io son finita a fare il coolhunter per i casi della vita, non sapevo neanche che esistesse questa figura», racconta S., che oggi coordina un pool di coolhunter per un ufficio stile internazionale e insegna presso scuole professionali di moda e design. Baysee Whigtman incontra DeeDee Gordon per la prima volta durante una caccia di tendenze. Baysee lavora per l’azienda di calzature Converse e la sua attività consiste nel frequentare ambienti metropolitani «quali i club di New York, Tokyo e Londra, i rock and roll bars di Seattle e Portland o le strade di Los Angeles», come scrive di lei il New York Times1. Mentre passeggia per Boston armata di macchina fotografica alla ricerca di scarpe hip, alla moda, la sua attenzione viene attirata dal negozio di DeeDee in Newbury Street, una boutique chiamata Placid Planet. Dalla comune propensione a cogliere i segnali più cool della moda di strada nasce tra le due giovani donne un’amicizia 1 Cfr. J. Steinhauer, Feet First Into The Clubs, in «The New York Times», 22 maggio 1994. 7 Copyright © 2010 FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sui diritti d’autore. M. PEDRONI. COOLHUNTING. GENESI DI UNA PRATICA PROFESSIONALE ERETICA. FRANCO ANGELI, 2010. PP. 7-20. prima e una collaborazione professionale poi all’interno di Converse, che Baysee lascerà per Reebok, mentre DeeDee fonderà con Sharon Lee l’agenzia di ricerca Look-Look, una tra le prime a utilizzare una rete globale di corrispondenti alla ricerca di trend emergenti. Cayce Pollard è una cacciatrice di tendenze del tutto particolare, con doti che la fanno somigliare a una «rabdomante» nel mondo del mercato globale: con un colpo d’occhio è capace di predire il successo di un logo. Il suo talento nell’osservare e scoprire i dettagli stilistici sconfina a volte in una fobia delle etichette e dei marchi aziendali, che Cayce rimuove accuratamente dai suoi vestiti per evitare incontrollate reazioni fisiche e psicologiche prossime al panico. Cayce viene ingaggiata dall’agenzia Blue Ant di Londra per scovare l’origine di alcuni filmati, le «sequenze», che compaiono a intervalli irregolari e senza un ordine decifrabile nel web, alimentando la curiosità e le aspettative di una sempre più numerosa comunità di appassionati. Il controllo della diffusione delle sequenze rappresenta una straordinaria occasione commerciale per chi riesca a impossessarsene. Una posta in gioco elevata, insomma, che solleva un problema centrale nel rapporto tra fruizione di nicchia e fruizione di massa: «Hai considerato che, se lo troviamo [l’autore delle sequenze], potremmo interrompere il processo?», chiede la coolhunter al suo committente. Nonostante qualche iniziale resistenza, Cayce accetta di partecipare alla «caccia», che si rivela tutt’altro che priva di rischi: intrusioni nel suo appartamento e attacchi hacker alla sua e-mail aprono una ricerca che oscilla tra i mondi virtuali dei forum online e quelli reali di Londra, Tokyo e Mosca, dove finalmente Cayce intercetta l’artefice delle sequenze. Le tre storie, che ruotano intorno alla figura del cacciatore di tendenze, hanno origini molto diverse. S. è una professionista italiana, protagonista di una delle oltre quaranta interviste che questo libro raccoglie, nel tentativo di indagare il fenomeno – per certi versi emergente e per altri consolidato – del coolhunting nel nostro paese. La sua avventura lavorativa, iniziata negli anni Ottanta del secolo scorso, è emblematica della prima generazione di coolhunter, coloro che hanno trasformato – non sempre consapevolmente – l’osservazione e lo studio delle tendenze stilistiche e di consumo in un mestiere oggi molto ambìto. L’incontro di Baysee Whigtman e DeeDee Gordon proviene invece dalle colonne di The New Yorker, dove Malcolm Gladwell pubblica nel 1997 un articolo intitolato The Coolhunt. É qui che appare per la prima volta il termine «coolhunter», per indicare un esperto di tendenze che perlustra i contesti metropolitani alla ricerca di nuovi segnali espressivi, individuati principalmente nelle forme di abbigliamento dei giovani e delle subculture urbane più effervescenti e innovative. Appartiene infine alla fiction il nome di Cayce Pollard, protagonista del romanzo L’accademia dei sogni di William Gibson, pubblicato nel 2003. Attraverso l’intrigante storia di una coolhunter free-lance, l’autore cult del movimento cyberpunk consegna la figura del cacciatore di tendenze all’immaginario collettivo, affrontando con lucidità da saggista al8 Copyright © 2010 FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sui diritti d’autore. M. PEDRONI. COOLHUNTING. GENESI DI UNA PRATICA PROFESSIONALE ERETICA. FRANCO ANGELI, 2010. PP. 7-20. cuni nodi problematici sollevati dal coolhunting. Le sequenze di cui va in cerca Cayce, ad es., sono rappresentative della crescente importanza che, soprattutto grazie al web, sta assumendo la diffusione virale delle nuove tendenze e dei prodotti culturali2 . Oggetto di queste storie è il coolhunting, una modalità di ricerca che si fa strada nell’ultimo decennio del Novecento rompendo i tradizionali schemi del marketing e tentando una lettura più attenta del mondo del consumo, attraverso un’immersione nei contesti quotidiani di particolari fasce della popolazione con tecniche ispirate all’antropologia e alla sociologia non standard, in cui l’approccio quantitativo degli studi di mercato lascia il posto a (o viene affiancato da) un’osservazione etnografica diretta dall’intuito dei ricercatori. Questo fenomeno, che spesso è descritto sinteticamente come ricerca delle tendenze emergenti attraverso l’osservazione «in strada», è noto in Italia anche come «ricerca» o – con un termine più suggestivo e al tempo stesso fedele all’inglese hunting – come «caccia» di tendenze. Se esiste un mestiere, va da sé che dovrà esistere chi lo esercita. Ecco dunque apparire il coolhunter o cacciatore di tendenze, professionista dai contorni ambigui capace di suscitare facili entusiasmi o, al contrario, spropositati timori. Da una parte, infatti, il coolhunting trova spazio su periodici e pagine web che lo descrivono come l’arte di girare il mondo osservando le persone più cool per trarne preziose informazioni sulle tendenze in atto, costruendo lo stereotipo ludico di una professione effimera ma fondamentale per il mondo della moda, esercitata da giovani globetrotter equipaggiati con fotocamera digitale, taccuino degli appunti e incontenibile curiosità. Di contro, invece, diversi analisti e studiosi denunciano la capacità del coolhunting di deprivare i giovani e le subculture dei loro simboli identitari – un po’ come nella credenza di quelle tribù africane che rifiutano di farsi fotografare per paura che la loro anima rimanga intrappolata nell’immagine della foto – trasferendo tendenze e usi dell’abbigliamento dai contesti vitali in cui sono nati al mondo artificiale dei centri commerciali; in altre parole, dalla nicchia al mainstream. Emblematica in questo senso è l’espressione di Naomi Klein (2001: 100), che nei coolhunter vede dei «tampinatori legalizzati della cultura giovanile» dediti a un saccheggio simbolico che prende in prestito le identità dei teenager e le gonfia fino a farne fenomeni cool di portata globale. Tra queste due alternative manichee si apre uno spazio di riflessione e di indagine che finora è rimasto sostanzialmente vuoto: sul coolhunting non esiste, ad oggi, un corpus sistematico di studi e ricerche empiriche che mostrino, superando le prospettive celebrative o al contrario quelle allarmistiche, in che 2 Le cronache danno spesso notizia di casi reali simili, come quello della cantante francese Soko il cui brano, registrato su telefonino e caricato su MySpace nel novembre 2006, ha totalizzato in un anno oltre tre milioni di download ed è stato poi impiegato in una sfilata di Stella McCartney e diffuso in radio da un deejay di Copenhagen, avviando le autoproduzioni a costo zero dell’artista francese verso un successo inatteso. 9 Copyright © 2010 FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sui diritti d’autore. M. PEDRONI. COOLHUNTING. GENESI DI UNA PRATICA PROFESSIONALE ERETICA. FRANCO ANGELI, 2010. PP. 7-20. modo l’idealtipo del cacciatore di tendenze opera concretamente nel tessuto sociale, con quale ruolo e con quali conseguenze sui processi culturali dei mondi sociali in cui è attivo. Questo libro tenta di inserirsi in tale spazio ancora poco abitato, popolandolo con le storie di vita di 43 professionisti che a vario titolo appartengono al mondo del coolhunting. E per farlo parte da una serie di domande che ci guideranno nel tentativo di mappare e interpretare criticamente il fenomeno del coolhunting. Innanzitutto: quando prende corpo la figura del coolhunter? Può essere definita una professione, e in che termini? Inoltre: quali sono i suoi legami con il mondo della moda? Il coolhunting è un fenomeno rilevante anche al di fuori del fashion system? E ancora: quale grado di sviluppo ha raggiunto il coolhunting in Italia? Come viene svolta questa attività nel nostro paese, da quali attori, con quali obiettivi e con quali conseguenze sull’industria dei consumi? Per terminare, il quesito di fondo – e al tempo stesso quello cui è più impegnativo rispondere: che ruolo gioca il coolhunting nel rapporto tra mondo della produzione dei beni materiali e mondo del consumo? In che modo i coolhunter contribuiscono alla creazione degli immaginari sociali di cui si nutrono sempre più avidamente i consumatori contemporanei? Per rispondere si possono scegliere diverse strade: questo libro percorre il sentiero della sociologia. Differenziandosi da altri modelli disciplinari, l’approccio sociologico spinge il ricercatore a considerare l’oggetto di indagine quale componente di un campo di forze e relazioni i cui ipotetici confini vengono inghiottiti dal flusso del mondo sociale, in un circuito dialettico in cui il fenomeno indagato costruisce il suo ruolo e determina i suoi effetti avendo come orizzonte la società intera. Contemporaneamente, la sociologia implica uno sforzo empirico che vada a cercare sul campo le risposte ai quesiti nati dentro una biblioteca: attraverso il vaglio critico del ricercatore gli attori sociali possono così raccontare il proprio vissuto esperienziale, e la sociologia si fa «racconto di racconti» (Bovone 2000). Ricerca e teoria non possono che convivere, nell’analisi sociologica, perché la prima senza la seconda è miope, mentre la seconda senza la prima risulta vuota (Bourdieu 1992a). 1. Tre tesi Questo libro sviluppa tre tesi principali sul coolhunting muovendo da alcune illuminanti categorie concettuali coniate dal sociologo francese Pierre Bourdieu, ed in particolare le nozioni di «campo» e «intermediari di cultura». Un campo rappresenta «una rete o una configurazione di relazioni oggettive tra posizioni» (Bourdieu 1992a: 67) che, come un gioco, prevede dei partecipanti (agenti sociali portatori di interessi specifici), una posta in gioco (l’obiettivo perseguito dai giocatori) e un investimento nella logica del campo (illusio), di cui gli agenti coinvolti conoscono e riconoscono le logiche di fun10 Copyright © 2010 FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sui diritti d’autore. M. PEDRONI. COOLHUNTING. GENESI DI UNA PRATICA PROFESSIONALE ERETICA. FRANCO ANGELI, 2010. PP. 7-20. zionamento. Il campo è una realtà fluida, definita su base relazionale: la sua conformazione dipende dalla posizione reciproca dei giocatori, che vi stabiliscono alleanze o scontri, rapporti di omologia o subordinazione, in virtù delle risorse che gli agenti sociali possiedono e vi investono – risorse cui Bourdieu dà il nome di capitale, e che si differenziano per quantità (l’ammontare del capitale) e tipologia (capitale economico, culturale e sociale, quest’ultimo consistente nel grado di controllo e integrazione degli agenti all’interno delle reti sociali). La teoria dei campi, esplicitata nella sua versione più esauriente in Les règles de l’art (Bourdieu 1992b), permette di spiegare come differenti sfere dell’attività umana e mondi sociali si articolino e organizzino come ambiti autonomi, con regole proprie talvolta incomprensibili a chi non appartiene al campo. Il campo può essere conosciuto solo empiricamente, poiché è una realtà in continuo movimento (Boschetti 2003), ma la sua struttura presenta una costante articolazione nelle opposizioni autonomia/eteronomia e ortodossia/eresia. Un campo può infatti strutturarsi solo quando raggiunge una certa autonomia (ricordando tuttavia che l’autonomia dei campi culturali da quello politico ed economico può essere soltanto relativa). La seconda tensione dinamica che muove il campo e ne determina la trasformazione nel tempo è quella tra la logica ortodossa di chi occupa posizioni legittime (cioè riconosciute come dominanti) e la logica eretica o eterodossa di chi vi si oppone, tentando di sovvertire le regole del campo. Bourdieu applica questo modello di analisi, ad es., al campo della moda parigino degli anni Settanta (Bourdieu e Delsaut 1975; Bourdieu 2001a: 244-247), nel quale individua una contrapposizione tra couturiers affermati (collocati sulla rive gauche della Senna) e i nuovi entranti nel mondo della moda (rive droite), caratterizzati da un modo differente di creare e concepire l’abbigliamento, ma accomunati dalla lotta per una medesima posta in gioco: «la legittimazione quale creatori di moda riconosciuti» (Volonté 2003: 55). Quel che è in palio, in ogni campo, è un potere simbolico che consiste nell’autorità, status legittimo che permette di agire legittimamente in questo campo, campo nel quale i rapporti di forza tra agenti non si presentano che nella forma trasfigurata ed eufemizzata dei rapporti di senso (Pinto 1998: 97). La prima tesi qui sostenuta è che il coolhunting nasce, nella forma del fashion forecasting, all’interno del campo produttivo della moda, che tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso elabora un modello previsionale delle tendenze all’interno di un mercato che ha ormai consumato il passaggio dalla haute couture al prêt-à-porter. Acquisendo autonomia dal campo della moda, attraverso un distacco progressivo dall’ortodossia (rappresentata dalla ricerca di tendenze endogene al sistema moda) e la messa in opera di pratiche eretiche mutuate dalle scienze sociali e dalla ricerca di mercato (che sposta il focus sull’osservazione di trend socio-culturali), il coolhunting dà vita a un campo 11 Copyright © 2010 FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sui diritti d’autore. M. PEDRONI. COOLHUNTING. GENESI DI UNA PRATICA PROFESSIONALE ERETICA. FRANCO ANGELI, 2010. PP. 7-20. dotato di una logica autonoma e fuoriesce dai confini del campo della moda, al quale è ancora legato, ma mediante una tensione che lo spinge verso il panorama a 360 gradi dei campi di produzione di beni di consumo. I 43 professionisti intervistati nel corso della ricerca presentata in questo testo appartengono in parte al fashion system, in parte ne sono estranei, e in alcuni casi cavalcano con agilità il confine tra questi due mondi non impermeabili. É dalle loro biografie professionali che discende la seconda tesi che il libro tenta di dimostrare: il coolhunting non è un professione, ma un’attività professionale, vale a dire un mestiere multidimensionale e ancora troppo poco codificato, sia in termini di percorsi formativi sia in termini di sbocchi occupazionali, perché lo si possa collocare con precisione nel panorama delle professioni; è tuttavia in corso un suo lento processo di istituzionalizzazione e legittimazione sociale, attraverso la creazione di scuole e corsi di formazione ad hoc, la definizione di un apparato metodologico più preciso e un intenso legame con il mondo accademico, che da qualche anno vive un vivace rapporto dialettico con alcuni attori del coolhunting. Soffermiamoci ora sulla categoria di «intermediari di cultura», che Bourdieu conia all’interno del suo testo più noto (La Distinzione, 2001a) per indicare categorie professionali nuove (o riadattamenti di professioni esistenti) e poco codificate, che trovano collocazione nei settori più nuovi della produzione culturale e artistica, come le grandi aziende pubbliche o private di produzione culturale (radio, televisione, marketing, pubblicità, ricerca di scienze sociali ecc.), in cui i posti e le carriere non hanno ancora raggiunto la rigidità delle vecchie professioni burocratiche, e in cui il reclutamento si fa ancora, per lo più, per cooptazione, cioè in base alle «relazioni» e alle affinità di habitus, piuttosto che in base ai titoli di studio (Bourdieu 2001a: 154). Gli agenti coinvolti a vario titolo nel coolhunting, collocati in una posizione cruciale tra i campi di produzione culturale e il campo del consumo, rappresentano – secondo la mia ipotesi – una categoria emergente di intermediari culturali, i quali convertono forme di capitale culturale non-scolastico (come quello trasmesso dalla famiglia nella forma del buon gusto e delle maniere) e scolastico (titoli di studio nel campo del design, della moda, dell’architettura, delle scienze sociali ecc., che hanno a che fare con la capacità di osservare) dando vita a una nuova attività professionale: il coolhunting. Il ruolo di «cerniera» tra produzione e consumo colloca gli intermediari culturali in una posizione ambivalente (Bovone 1994) in cui possono svolgere il ruolo di «cinghia di trasmissione» del gusto delle classi dominanti, secondo la tesi sostenuta da Bourdieu, oppure di ponti tra le stesse, in una visione più possibilista ispirata all’idea che i beni di consumo siano di per sé neutri, e che acquisiscano un significato sociale di ponte o di barriera a seconda dei loro usi sociali (Douglas e Isherwood 1984). 12 Copyright © 2010 FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sui diritti d’autore. M. PEDRONI. COOLHUNTING. GENESI DI UNA PRATICA PROFESSIONALE ERETICA. FRANCO ANGELI, 2010. PP. 7-20. L’azione di «intermediazione culturale» dei coolhunter si svolge all’interno di campi produttivi soggetti a un andamento ciclico delle tendenze; campi che hanno il loro emblema nella moda (caratterizzata da collezioni semestrali e, da qualche anno, dai ritmi ancora più serrati della fast fashion), ma che oggi si estendono ben oltre i confini dell’abbigliamento, andando a includere il design, il cibo, i viaggi, le automobili, solo per citare alcune delle tessere che formano il mosaico degli stili di vita di consumatori sempre più competenti. É questa la terza tesi sostenuta nel libro: il coolhunting è un’attività di intermediazione culturale che consiste nell’intercettare la distinzione, vale a dire osservare le pratiche esperienziali dei consumatori e i loro immaginari per coglierne gli aspetti distintivi e innovativi. Nel fare questo, si differenziano tanto dai produttori di beni di consumo – impegnati a creare distinzione – quanto dai consumatori – intenti a vivere la distinzione –, ma al tempo stesso uniscono questi due poli in una relazione sociale circolare fatta di interazioni e scambi continui. 2. Questioni di metodo Ho detto cosa questo libro è: una ricerca sociologica. Giova forse dire anche cosa non è: non un testo di marketing che intenda spiegare come utilizzare il coolhunting per costruire attività di business3; non un reportage giornalistico che utilizza le storie raccontate per dipingere i mille volti del coolhunting4 ; non un manuale professionale che insegna come esercitare questo mestiere5, attraverso quali tappe formative e professionali. Ma per qualificare il libro quale ricerca sociologica è utile spendere qualche parola sul metodo, vincendo l’abitudine dei sociologi a relegare tale argomento in lunghe appendici dove si avventurano solo scrupolosi metodologi. Il volume espone i risultati di una ricerca condotta tra il 2000 e il 2009 6 con impianto metodologico non standard, attraverso lo strumento delle storie 3 È questo, ad es., l’approccio di Gloor e Cooper (2007). Così fa Gladwell (1997), che dalla vicenda di Whigtman e Gordon prende spunto per analizzare l’inversione delle regole di circolazione della moda da una dinamica top-down a una logica bottom-up. 5 Questo tipo di manualistica è ad oggi limitata alle pagine conclusive di Future Concept Lab (2007). 6 Delle 43 interviste, 12 sono state realizzate tra il 2000 e il 2001 da un’équipe del Centro per lo studio della moda e della produzione culturale dell’Università Cattolica di Milano, nell’ambito della ricerca Cofin99 - Le professioni della moda (i cui risultati sono stati in parte pubblicati in De Benedittis 2002 e Mora 2003); le altre 31 sono state invece realizzate tra il 2007 e il 2009 nell’ambito del progetto di ricerca Coolhunting: la circolarità della distinzione, tesi di dottorato in Sociologia e metodologia della ricerca sociale che l’autore di questo libro ha discusso presso l’Università Cattolica di Milano. 4 13 Copyright © 2010 FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sui diritti d’autore. M. PEDRONI. COOLHUNTING. GENESI DI UNA PRATICA PROFESSIONALE ERETICA. FRANCO ANGELI, 2010. PP. 7-20. di vita (Bertaux 1999), una modalità di intervista biografica 7 in cui l’intervistato è invitato a parlare della sua esperienza a partire da una consegna iniziale molto generica e il ricercatore non pone una serie di domande prestabilite, ma cerca di stimolare il racconto in modo non direttivo, seguendo una traccia d’intervista organizzata per temi (Bichi 2002). Lo strumento delle storie di vita ben si presta a indagare fenomeni relativamente nuovi e poco esplorati, permettendo di cogliere sfumature sconosciute al ricercatore; consente inoltre di esplorare i mondi di senso degli intervistati, le loro produzioni discorsive, partendo dal presupposto che attraverso il racconto sia possibile ricostruire l’esperienza individuale degli agenti sociali. Come sostiene Znaniecki (1987: 35), non è l’ambiente «di per sé» che interessa il sociologo; non si tratta di ricostruirlo fedelmente e obiettivamente da un ideale punto di vista imparziale, ma al contrario riconoscerlo così come si presenta all’individuo che in esso vive e lavora, per comprendere che cosa rappresenti per lui e in che modo e misura gli oggetti che lo compongono entrino nel gioco della sua personalità cosciente. La situazione d’intervista non è mai completamente naturale né neutrale per diversi motivi: innanzitutto, il racconto è stimolato ad hoc dal ricercatore; inoltre, l’incontro tra intervistatore e intervistato genera un’interazione sociale sulla quale influiscono le aspettative e le pre-nozioni (ciò che l’intervistato sa dell’intervista e della ricerca, ciò che l’intervistatore si aspetta), le differenze di status tra i due, le variabili ambientali (lo svolgersi dell’interazione in una situazione protetta piuttosto che in un luogo di lavoro, in un bar ecc.). La relazione sociale che si crea è asimmetrica per definizione, perché è il ricercatore che dà inizio al gioco e ne stabilisce le regole […] Questa dissimmetria viene raddoppiata da una dissimmetria sociale ogni volta che il ricercatore occupa una posizione superiore all’intervistato nella gerarchia delle diverse specie di capitale, e del capitale culturale in particolare (Bourdieu 1993: 1393). La soluzione proposta da Bourdieu nel suo saggio Comprendre consiste nel riconoscere e tentare di controllare le distorsioni della situazione d’intervista attraverso «una relazione d’ascolto attivo e metodico, lontana tanto dal puro laissez-faire dell’intervista non direttiva quanto dal dirigismo del questionario» (ibid.) e una «disposizione ad accogliere, che porti a fare propri i problemi dell’inchiesta» (ibid.: 1406). Il campione della ricerca si compone di 43 persone appositamente selezionate per il loro coinvolgimento in attività di coolhunting, a livello professionale e/o formativo (cfr. la tabella seguente). 7 L’intervista biografica, precisa Bertaux, conosce due modalità: il racconto di vita, nel quale l’intervistato è invitato a parlare della sua intera esistenza, e la storia di vita, dove la narrazione è circoscritta a un aspetto limitato di essa. 14 Copyright © 2010 FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sui diritti d’autore. M. PEDRONI. COOLHUNTING. GENESI DI UNA PRATICA PROFESSIONALE ERETICA. FRANCO ANGELI, 2010. PP. 7-20. Campione della ricerca 1 2 3 4 5 Intervistato Uomo prodotto, M 34 Stilista, M 35b Stilista, F 32 Stilista, F 25 Stilista, M 35 Professione Uomo prodotto Stilista Stilista Stilista Stilista Società Multinazionale moda Propria azienda di moda Azienda moda Bureau de style Multinazionale moda Agenzia ricerca, F 31 Agenzia ricerca, F 29 Titolo di studio Scuola moda Scuola moda Scuola moda Scuola moda Diploma artistico, scuola moda Stilista Propria azienda di moda Scuola moda Assistente stilista Azienda moda Diploma grafico pubblicitario Consulente moda, cool- Propria società di consu- Scuola moda hunter lenza Stilista Azienda moda Scuola moda Stylist Azienda moda Scuola moda Responsabile show room Azienda moda Scuola moda Coordinatrice pool cool- Bureau de style Laurea sociologia hunter Responsabile vendite Bureau de style Scuola moda quaderni di tendenza Buyer Boutique di moda Laurea chimica Docente Scuola professionale Laurea sociologia moda Architetto, coordinatrice Scuola professionale Laurea architettura corsi moda moda Giornalista di moda Rivista moda Laurea giurisprudenza Direttore agenzia PR Propria agenzia PR Laurea economia, master business administration PR e organizzaz. eventi Agenzia PR Laurea giurisprudenza Direttore agenzia di Propria agenzia di ricer- Laurea architettura, ricerca ca Master marketing e comunicazione Consulente pianificazio- Propria agenzia di ricer- Laurea filosofia ne strategica ca Direttrice agenzia di Propria agenzia di ricer- Laurea semiotica, PhD ricerca ca scienze del linguaggio Ricercatrice Agenzia di ricerca Laurea filosofia Ricercatrice Agenzia di ricerca Laurea sociologia 6 7 Stilista, M 32 Assistente stilista, M 24 8 Consulente moda, M 40 9 10 11 12 Stilista, F 33 Stylist, M 37 Show room, F 28 Coolhunter, F 44 13 Resp. vendite qdt, F 41 14 15 Buyer, M 60 Docente moda, M 50 16 Architetto, F 35 17 18 Giornalista moda, F 55 PR, M 31 19 20 PR, F 30 Agenzia ricerca, M 45 21 Consulente strat., M 60 22 Agenzia ricerca, F 49 23 24 25 26 Agenzia ricerca, M 34 Agenzia ricerca, F 24 Ricercatore Ricercatrice Agenzia di ricerca Agenzia di ricerca 27 28 Agenzia ricerca, F 30 Coolhunter, F 27 29 Coolhunter, F 27 Ricercatrice Agenzia di ricerca Coolhunter, mac specia- Agenzia di ricerca list Coolhunter Agenzia di ricerca 30 Agenzia ricerca, F 30b Ricercatrice Agenzia di ricerca 31 Coolhunter, F 36 Ricercatrice tendenze moda Free lance 32 Industrial designer, F 28 Industrial designer Free lance Laurea Dams Scuola moda, Master coolhunting Laurea comunicazione Laurea comunicazione, Master gender studies Laurea lingue, Scuola moda, Master coolhunting Laurea disegno industriale Laurea filosofia, Master economia, PhD arti plastiche Master industrial design, Corsi coolhunting 15 Copyright © 2010 FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sui diritti d’autore. M. PEDRONI. COOLHUNTING. GENESI DI UNA PRATICA PROFESSIONALE ERETICA. FRANCO ANGELI, 2010. PP. 7-20. 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 Intervistato Professione Società Giornalista-fotografo, M Giornalista e fotografo Free lance 45 Coolhunter, M 30 Antropologo visuale, Free lance coolhunter Photoblogger, F 29 Photoblogger, coolhunterFree lance Titolo di studio Diploma scenografo Laurea psicologia Laurea cinema, Master pedagogia Architetto, M 30 Architetto, blogger Free lance Laurea architettura Coolhunter, F 34 Coolhunter, scrittrice, Free lance Laurea lingue, Master traduttrice comunicazione Coolhunter, F 38 Coolhunter, art director Free lance Diploma artistico, scuola di trendbooks moda (stilista) Designer, M 36 Designer Free lance Laurea architettura Stilista-consulente moda, Stilista e consulente Free lance Scuola moda, Master F 35 moda coolhunting Stylist, F 30 Stylist Free lance Scuola moda Fotografo, M 38 Fotografo Free lance Scuola fotografia Economista, M 40 Economista, autore libri Unione industriale di una Laurea economia moda prov. italiana Si tratta di uno snowball sample non probabilistico 8 in cui, per garantire un grado di rappresentatività che possa dirsi «sostanziale» o «sociale» (Bertaux 1981), la costruzione «a valanga» è stata integrata da una scelta ragionata del campione, vale a dire dall’individuazione di soggetti capaci di rappresentare la varietà dei protagonisti del coolhunting. In questa scelta sono stati seguiti alcuni criteri: (a) quello della differenziazione, attraverso l’individuazione di soggetti molto diversi tra di loro; (b) quello della suddivisione rispetto ad alcune variabili significative: «genere», «appartenenza-non appartenenza al mondo della moda», «posizione occupata nel sistema del coolhunting (freelance, azienda, agenzia di ricerca, altra posizione)», «esercizio-non esercizio di attività di docenza»; (c) quello dell’intensità, scegliendo soggetti che vivono in modo intenso le dinamiche oggetto di studio; (d) infine quello della criticità, ovvero la scelta di persone particolarmente ricche di informazioni in ragione di una pozione o ruolo che permette loro di osservare da vicino il fenomeno del coolhunting, pur senza esercitare questa attività. La raccolta delle storie di vita si ferma quando il ricercatore constata in modo evidente il fatto che con l’aggiunta di altri soggetti non cresce più il piano di contenuti e la sua articolazione, ovvero si aggiungono pochissimi nuovi elementi mentre aumentano notevolmente le sovrapposizioni tematiche e informative rispetto ai contenuti già rilevati (Frudà 2007: 138). 8 I coolhunter non compaiono nella classificazione Istat delle attività economiche (Ateco 2007), né sono reperibili attraverso elenchi professionali quali le Pagine Gialle; la non esistenza di una lista completa di questa popolazione rende pertanto impossibile un campionamento di tipo probabilistico. 16 Copyright © 2010 FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sui diritti d’autore. M. PEDRONI. COOLHUNTING. GENESI DI UNA PRATICA PROFESSIONALE ERETICA. FRANCO ANGELI, 2010. PP. 7-20. Superata la quarantina d’interviste, la configurazione del campo del coolhunting in Italia è risultata sufficientemente chiara per poter concludere la fase di rilevazione empirica. Attraverso la rassegna di una letteratura sul coolhunting in larga misura non scientifica, composta da articoli di giornale, saggi divulgativi, romanzi, siti web, è stato definito un corpus di immagini del «cacciatore di tendenze», spesso stereotipate e semplificatorie, da sottoporre a verifica empirica. Questi spunti sono confluiti in una traccia d’intervista composta da quattro macro-aree: (a) la formazione, ovvero come l’intervistato è giunto alla sua attuale professione, attraverso quali canali, contatti, circostanze, viaggi, esperienze formative; (b) le pratiche professionali, ciò in cui consiste praticamente l’attività dell’intervistato, con particolare attenzione ai metodi di raccolta del materiale empirico su cui si basa il coolhunting; (c) il rapporto tra sfera lavorativa e sfera privata; (d) la sfera della riflessività, focalizzata sull’autopercezione dell’intervistato e la sua valutazione del lavoro e del percorso professionale. Le interviste, trascritte integralmente, sono state analizzate attraverso un lavoro preliminare e ripetuto di lettura, cui è seguita una loro scomposizione in segmenti tematici; all’interno dei testi sono state individuate, attraverso un software per l’analisi testuale9, sia le categorie interessanti dal punto di vista del ricercatore, sulla base della sua conoscenza preliminare del fenomeno, sia quelle rilevanti dal punto di vista degli intervistati10. L’analisi del materiale empirico segue una logica complementare, procedendo sia in senso verticale 9 L’analisi è stata condotta attraverso il software Tams Analyzer, che appartiene alla famiglia di applicativi per l’analisi testuale non standard. L’analisi computer-assistita è spesso intesa come sinonimo di maggiore scientificità e controllo sui dati; contro questa rappresentazione, pur avendo io stesso utilizzato un software, occorre prendere posizione, ricordando che l’operazione di categorizzazione, svolta con tradizionali tecniche «a mano» o con più avanzati strumenti informatici, rimane essenzialmente un’operazione governata dal ricercatore. Il software si rivela utile a fronte di un materiale molto vasto in cui la tecnica «carta e penna» rischia di creare confusione e far perdere elementi utili. Funzione principale del software rimane quella di «etichettare» brani d’intervista, ordinando il materiale empirico sulla base di una richiesta del ricercatore. 10 Questa duplice attenzione ha lo scopo di valorizzare sia l’aspetto emic sia quello etic dei concetti utilizzati (Lett 1990; Bichi 2006): il primo riguarda i costrutti espressi attraverso il linguaggio e gli schemi concettuali della popolazione che è oggetto di studio, il secondo è relativo alle analisi formulate mediante gli schemi espressivi dell’osservatore scientifico. L’inconciliabilità dei costrutti emic ed etic può trovare una mediazione all’interno di uno sforzo interpretativo in cui il ricercatore si metta in ascolto degli universi di senso degli intervistati, evitando da una parte di sedimentarsi sulle proprie pre-conoscenze del fenomeno studiato, e dall’altra di accettare senza problematizzazione né filtro teorico il punto di vista degli intervistati. Nel corso del libro verranno spesso utilizzati brani d’intervista, corredati dal codice che identifica professione, genere ed età dell’intervistato, al fine di illustrare i risultati dell’analisi; queste citazioni non presuppongono in alcun modo un prevalere delle categorie del ricercatore su quelle del suo campione (o viceversa), né un uso di comodo della citazione come strumento di conferma delle ipotesi di ricerca, errore che Demazière e Dubar (2000) attribuiscono a un atteggiamento di ricerca etichettato come «illustrativo». 17 Copyright © 2010 FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sui diritti d’autore. M. PEDRONI. COOLHUNTING. GENESI DI UNA PRATICA PROFESSIONALE ERETICA. FRANCO ANGELI, 2010. PP. 7-20. (l’indagine all’interno della singola intervista, letta nel suo svolgersi biografico) sia in senso orizzontale (lo sguardo comparativo attraverso le interviste, al fine di coglierne ricorrenze e differenze). 3. Come è fatto questo libro La scrittura di un testo di sociologia nega per certi versi l’affermazione del nobel bulgaro Elias Canetti, secondo cui «i veri scrittori incontrano i loro personaggi solo dopo averli creati». In questo libro, i personaggi preesistono rispetto al testo e l’autore li ha incontrati e intervistati. Ciò che ne risulta, tuttavia, non è un patchwork di biografie individuali, bensì un percorso teorico che da queste storie nasce e se ne alimenta per sostenere delle tesi. L’unico personaggio che il sociologo può creare è, semmai, un idealtipo, o una serie di idealtipi, che senza coincidere con una figura reale riesce tuttavia a rappresentare i tratti salienti di una categoria di agenti sociali – i coolhunter, nel nostro caso. L’incontro tra le domande e le ipotesi di ricerca, da un lato, e le storie dei coolhunter intervistati, dall’altro, ha generato un percorso argomentativo articolato in due stadi. Nella prima parte del libro (capp. 1-3) mi occuperò del funzionamento dei campi della moda e del coolhunting. Ogni campo possiede alcune regole di funzionamento proprie e un vocabolario specifico, oltre a una posta in gioco che rappresenta l’obiettivo dei partecipanti alla competizione. Nel cap. 1 individuo questa posta in gioco nel concetto di coolness, impalpabile proprietà verso la quale sono diretti gli sforzi tanto dei produttori quanto dei consumatori di moda, oltre che dei coolhunter. Vero motore del campo, la coolness differisce da altre categorie, come moda, stile, tendenza e stili di vita, con le quali ha tuttavia un certo grado di parentela. Una volta fatta chiarezza in questo mercato linguistico delle categorie, nel cap. 2 analizzerò la moda come campo di forze abitato da agenti sociali portatori di interessi differenti. Nella vastità delle questioni sociologiche messe in luce dalla lunga tradizione dei fashion studies, concentrerò l’attenzione sul problema della circolazione degli stili che, oltre a rappresentare una delle regole fondamentali di funzionamento del campo, riprende l’interrogativo posto da Malcolm Gladwell nel suo articolo fondativo sul coolhunting: la caccia di tendenze inverte realmente i meccanismi di diffusione delle mode, sostituendo le élite sociali con le subculture e i margini quali fonti di innovazione ed elaborazione delle nuove tendenze? All’interno di questo quadro assume particolare rilevanza l’avvento del prêt-à-porter che, dagli anni Sessanta, eleva la ricerca tendenze a problema centrale del mondo della moda, dove il fashion forecasting getta le basi dell’avvento del coolhunting. Proprio nel campo del coolhunting si addentra il cap. 3, ricostruendo la biografia sociale del cacciatore di tendenze dai suoi primi passi all’interno del fashion system fino alla conquista di una sfera di autonomia dal campo della 18 Copyright © 2010 FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sui diritti d’autore. M. PEDRONI. COOLHUNTING. GENESI DI UNA PRATICA PROFESSIONALE ERETICA. FRANCO ANGELI, 2010. PP. 7-20. moda. L’eresia dei coolhunter consiste nel rivolgere lo sforzo di ricerca non in direzione delle sole tendenze stilistiche endogene al sistema moda, ma verso l’intero spettro dei trend di consumo che nell’abbigliamento hanno una manifestazione paradigmatica ma non esclusiva. Con il coolhunting le tendenze diventano un problema dell’intera industria dei beni di consumo. Nella seconda parte del libro (capp. 4-6), dedicata alle «pratiche» del coolhunting, il campo si presenta attraverso le tre principali categorie di agenti sociali che gli danno vita e le loro attività professionali: operatori del fashion system, agenzie di ricerca di mercato e free-lance. Le storie di vita di designer, buyer, stylist e altre figure che lavorano nel mondo della moda mostreranno, nel cap. 4, come il coolhunting sia percepito e praticato in ambito fashion in maniera dicotomica: da una parte, le aziende di alta gamma e leader di mercato, attraverso gli occhi dei loro stilisti indissolubilmente legati all’immagine del couturier-creatore, vedono nel coolhunting un cancro del sistema moda, consistente in una mera attività imitativa di idee e linee già presenti sul mercato; dall’altra, imprese sia grandi sia piccole lo adottano come necessario completamento della ricerca ispirazionale in un contesto sempre più traboccante di segnali espressivi emessi dai consumatori. Sono le agenzie di ricerca di mercato, oggetto del cap. 5, a demolire questo argine, portando a pieno compimento l’eresia di un coolhunting che, sempre più lontano dal mero fashion forecasting, si pone in ambizioso dialogo con gli immaginari sociali, nello sforzo di leggere i nuovi lifestyles dei consumatori. Rielaborando la pratica consulenziale dei bureaux de style e ampliando la vocazione degli istituti di ricerca all’indagine qualitativa, le agenzie connettono i produttori di beni di consumo al mercato, studiandone movimenti ancora parzialmente inespressi attraverso reti globali di corrispondenti locali. É proprio la struttura organizzativa delle agenzie a restituirci l’immagine di un coolhunting quale attività tutt’altro che uniforme e ludica: nel processo che separa il brief di ricerca dal report finale intervengono non soltanto gli osservatori di strada, ma anche professionisti con competenze analitiche e interpretative ai quali è richiesto di trasformare il «materiale grezzo» dei coolhunter in visioni, mappe, scenari. Tuttavia, fashion system e agenzie di ricerca non riescono a esaurire e contenere lo spettro di professionisti dediti al coolhunting: architetti, giornalisti, fotografi, antropologi, scrittori ecc. vanno a formare un esercito di free-lance che, collaborando ora con la moda ora con il marketing, sviluppano modi peculiari di svolgere la «caccia», sottraendo al coolhunting la possibilità di acquisire una fisionomia definitiva e, anzi, sottoponendo l’intero campo a una condizione di «rivoluzione permanente». Il cap. 6 pone invece alcune questioni cruciali per l’identità dei coolhunter. La più urgente riguarda il metodo: quale identità metodologica può possedere un approccio di ricerca praticato da professionisti tanto eterogenei? Pur in assenza di regole univoche e condivise è possibile rilevare alcuni punti fermi: il coolhunting è una modalità di ricerca di matrice osservativa, continuata nel 19 Copyright © 2010 FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sui diritti d’autore. M. PEDRONI. COOLHUNTING. GENESI DI UNA PRATICA PROFESSIONALE ERETICA. FRANCO ANGELI, 2010. PP. 7-20. tempo, con tratti mutuati dalla ricerca sociale e da quella di mercato, e un orientamento etnografico e qualitativo, cui mancano però diversi requisiti per potersi dire «scientifica». Un secondo interrogativo può essere formulato in questi termini: ciò che nasce come pratica eretica e dunque marginale, può dirsi oggi pienamente affermata? Sosterrò che il proliferare di corsi sul coolhunting e il suo legame – ancorché debole – con il mondo accademico sono segnali di una progressiva istituzionalizzazione di un’attività che, tuttavia, rimane ancora poco codificata. Infine: quale filo unisce coolhunting e giovani, spesso additati come soggetto e oggetto delle cacce di tendenze? Il coolhunting mette in pratica un modello di sfruttamento delle idee e dei lifestyles di teenager e subculture? Il materiale empirico e i temi discussi nel testo mi consentiranno, nel capitolo conclusivo, di dare una definizione articolata di coolhunting, identificando sette profili idealtipici di «cacciatore di tendenze». Sarà così possibile tracciare un profilo del coolhunting quale campo di forze autonomo dal fashion system, esercitato come attività professionale (e non come professione, cosa che richiederebbe un maggior grado di codifica e istituzionalizzazione) da una particolare categoria di «intermediari di cultura» il cui compito è intercettare la distinzione nei comportamenti dei consumatori. 20 Copyright © 2010 FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sui diritti d’autore.