costruttori di modernità Strina-Copertina:Layout 1 22/11/11 15:18 Pagina 1 € 80,00 costruttori di modernità Strina-aie-001-304:Layout 1 21/11/11 17:41 Pagina 5 costruttori di modernità Assimpredil Ance 1945_2011 a cura di Raffaella Poletti Associazione imprese edili e complementari delle province di Milano, Lodi, Monza e Brianza Strina-aie-001-304:Layout 1 22/11/11 08:28 Pagina 7 Claudio De Albertis Presentazione 9 Raffaella Poletti Foto di gruppo con cantiere 13 Carlo Ferroni Il contributo lombardo alla presidenza Ance 1987-2006 17 Enrico Berbenni L’ evoluzione della rappresentanza edile a Milano 33 Giulio Ernesti Costruire la modernità urbana Milano nel secondo dopoguerra 71 Luca Mocarelli Assimpredil e il comparto edilizio immobiliare a Milano 147 Giulio Barazzetta Progetto e cantiere, idea e costruzione 185 Tiziano Treu Contrattazione collettiva e bilateralità nell’edilizia milanese 231 Cronologia 271 Organi di rappresentanza 305 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:09 Pagina 184 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:09 Pagina 185 Progetto e cantiere, idea e costruzione Giulio Barazzetta Politecnico di Milano Dipartimento Progettazione dell’Architettura Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:09 Pagina 187 Progetto e cantiere, idea e costruzione “… affinché alla tecnica dell’industria si congiunga la fortuna dell’arte…” 1 1. In queste pagine si cercherà di delineare un profilo generale della tecnica della costruzione nella città regionale lombarda negli ultimi sessanta anni. Il testo, che si limita all’illustrazione di casi esemplari, non pretende di essere esaustivo della complessità e della ricchezza della “costruzione”, un campo in cui è possibile discernere periodi differenti, difficilmente definitivi se non a costo di schematizzazioni banali. Si tratta di casi non privi di tensioni di soglia temporale che precipitano in alcune realizzazioni, come altresì di casi che dimostrano piuttosto una certa continuità, favorita dai tempi lunghi dell’edilizia rispetto a quelli brevi dell’innovazione industriale. In questa chiave, dai sondaggi parziali frammisti a possibili indagini o interrogativi, cui eventualmente rispondere, scaturisce un’idea della costruzione che mostra il carattere della produzione e dell’arte di edificare del nostro tempo a Milano. La raccolta è indagata dalle pubblicazioni e da alcune fonti archivistiche, non tutte disponibili, in cui hanno peso le testimonianze individuali2. Dall’analisi sono esclusi per necessità, di spazio e trattazione, due importanti capitoli: le reti ferroviarie metropolitane3 con le opere di scavo4 e le grandi infrastrutturazioni del territorio con l’importante contributo dei costruttori italiani all’estero5. Ne resta escluso per lo stesso motivo il capitolo del restauro e delle modificazioni che ha particolare rilevanza nel nostro Paese, sia per la conservazione dei monumenti e la trasformazione degli edifici esistenti, che per le metamorfosi post-industriali dei quartieri della città storica dagli anni ottanta a oggi. Nella lettura dei casi si misura l’organizzazione del cantiere come luogo dell’industrializzazione assieme alla pianificazione del progetto per la produ- 187 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:09 Pagina 188 Giulio Barazzetta zione edilizia6. Due aspetti strettamente correlati di cui non si è abituati a dar conto quotidianamente nella progettazione integrata come di due facce della stessa medaglia. Esaminare e discutere le tecniche vuol anche dire sondare i rapporti reciproci non necessariamente biunivoci che intercorrono fra vari aspetti. Significa legare coppie problematiche come quella di progetto e costruzione con quelle di cantiere e produzione senza dimenticare gli aspetti contrattuali: considerare il nesso tra regole e strumenti concettuali e di messa in opera, attivati dai dispositivi normativi. Infine vi si misurano la rilevanza dei brevetti di materiali, attrezzature e di elementi costruttivi, procedimenti di costruzione e di rappresentazione di utilizzo sempre più diffusi per l’edilizia non solo speciale. La separazione fra metodi costruttivi e processi di progettazione, di previsione dei procedimenti edificatori e di efficienza d’esercizio, si manifesta in ibridazioni che sommano saperi in estinzione a normative e certificazioni. Procedimenti sperimentali, tipici di un mestiere tradizionale in evoluzione, stanno ora ponendo materiali e tecniche nuovi all’attenzione dei costruttori, indirizzando alcuni settori verso l’innovazione profonda dei processi, dalla progettazione direttamente alla produzione edilizia. All’opposto si continuano ad affinare gli strati interposti fra scheletro e rivestimento, si lavora nella differenza fra rustico e finito, con l’isolamento e con modi diversi di fornitura energetica, in cui alternative fra montaggio a secco, tecniche di carpenteria e muratura tradizionali non sono ancora pienamente risolte. La soglia del nuovo millennio implica la considerazione dei problemi che hanno attraversato la costruzione nella rottura continua di equilibri e certezze imposta da circostanze economico-sociali e dal necessario adeguamento ai processi produttivi e d’innovazione tecnologica. Una crisi che ha generato una certa confusione, amplificata dal ruolo assegnato all’architettura nell’attuale fase economica che vede il progetto impiegato come tecnica di mercato e acquisizione del consenso. 2. L’edificio del Palazzo dell’Arte al Parco, realizzato in poco tempo per ospitare la V Triennale fra il progetto del 1931 e l’apertura nel 1933, è costruito in cemento armato rivestito di clinker; progettato da Giovanni Muzio, è fabbricato dall’impresa Ragazzi con la struttura dell’ing. Hoffmann, capo dell’ufficio tecnico dell’impresa7. La costruzione ha i caratteri imposti dai compiti che deve svolgere per le esposizioni delle arti decorative, come la presenza simultanea di spazi per usi diversi in un unico fabbricato con teatro al piano terreno, come un interpiano di sette metri e un sovraccarico dei solai di 600 kg/mq, luci libere delle campate più ampie possibile, con coperture a shed per garantire la migliore illuminazione naturale delle gallerie d’esposizione. L’edificio ha soluzioni innovative per il suo tempo, come la scala elicoidale a 188 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:09 Pagina 189 Progetto e cantiere, idea e costruzione Il cantiere del Palazzo dell’Arte, 1931. In alto, la campata superiore del Palazzo. conclusione della galleria sud (la scala dello stadio Berta di P.L. Nervi a Firenze è del 1932, la vasca dei pinguini allo zoo di Londra di Lubetkin e Arup è del 1934) e una campata strutturale di una certa complessità per consentire l’uso del solaio di copertura del teatro, sorretta da quattro pilastri d’angolo con luce libera di 14,50 x 22,70 m. L’aspetto più degno di attenzione di questa costruzione è la sua generale natura di “contenitore” che ne deter- 189 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:09 Pagina 190 Giulio Barazzetta mina il carattere di asciutto edificio industriale, corrispondente alla necessità di costruire un ambiente che non si imponga alle diverse rassegne che ospita. Un’opportunità che Muzio persegue nell’assenza totale di decorazione degli spazi espositivi a differenza degli spazi celebrativi del Palazzo, come il salone al primo piano, l’impluvium e più tardi lo scalone. Il telaio di cemento armato che vediamo reggere l’edificio in composizione dialettica con il rivestimento in muratura e vetro è divenuto, all’inizio degli anni trenta, forma rappresentativa dell’architettura moderna. Una figura che dichiara la natura tettonica dell’architettura, rivelata dallo scheletro della struttura mostrato nell’opera finita come resto permanente dell’edificazione nella decorazione, una configurazione portata a perfezione linguistica nelle opere di Giuseppe Terragni: oltre che casa del Fascio (1932-36) a Como, la coeva casa Rustici a Milano, in corso Sempione, realizzata come altre tre abitazioni d’affitto milanesi8 in piazzale Lagosta, piazza Morbegno e via Pepe assieme a Pietro Lingeri. In questi edifici è rappresentata l’emancipazione del portante dal portato permessa dalle strutture a telaio in cemento armato9, svolta nello spessore delle murature e affermata nella separazione tra struttura e rivestimento, ma non necessariamente conclusa nell’emancipazione dalla natura essenzialmente muraria della costruzione italiana10. Le esposizioni della Triennale si susseguono per tutti gli anni trenta sul tema delle tecniche: dalla “casa elettrica” presentata a Monza nel 1930, alle esposizioni dedicate all’espressione costruttiva della nuova architettura nella prima edizione a Milano del 1933 come in quella successiva del 1936. Poi, dopo la guerra, la mostra sulla casa e la costruzione della VIII Triennale (1947) con la realizzazione del QT8 negli anni successivi, le mostre degli elementi costruttivi e dell’industrializzazione edilizia, con i padiglioni delle case prefabbricate nel Parco della X Triennale (1954) e infine la mostra sulla struttura della XI Triennale del 1957. In tutto questo periodo il clima della Triennale gioca un ruolo di stimolo all’innovazione sotteso allo scenario di ricostruzione del dopoguerra, amplificato negli anni del miracolo economico con le esposizioni della produzione industriale alla Fiera Campionaria. In particolare, in questa descrizione, vanno citati i padiglioni Breda alla Fiera di Milano del 1951 e 1952 “… puri fatti plastici… senza alcun rapporto, fuor della tecnica, con l’edilizia…”11, un giudizio da rivedere, alla luce dell’architettura più recente. La nuova tecnica della costruzione si è già dispiegata, accanto alle esposizioni e ai padiglioni nel Parco della Triennale, nei cantieri della seconda metà degli anni trenta. Basti menzionare qui l’ampliamento della sede Montecatini di Gio Ponti, terminata nel 193912, come la sede dell’Università Commerciale Luigi Bocconi di Giuseppe Pagano al Parco Ravizza terminata nel 194113, che svolgono il tema dell’opera architettonica moderna e delle nuove 190 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:09 Pagina 191 Progetto e cantiere, idea e costruzione tecniche dai versanti “novecento” e “razionalista”, utilizzando materiali e procedimenti moderni integrati con sistemi tradizionali, dovendo fare i conti con committenti e autarchia14. In questo stesso clima si era affermata un’idea di città moderna, grazie anche alle proposte dei quartieri di “edilizia popolare”, che si traduce nella costruzione del quartiere Fabio Filzi e nei progetti di quattro quartieri autonomi periferici del gruppo di architetti razionalisti milanesi. Con la proposta infine di una “Milano Verde” accanto all’asse di corso Sempione, si vede forse il primo quartiere d’abitazione razionalista in cui la nuova costruzione e l’urbanistica moderna volgono verso un pensiero immobiliarista che proprio qui si era d’altronde già espresso nelle edificazioni attorno al Castello e al Parco tra XIX e XX secolo15. 3. L’edilizia milanese della Ricostruzione, sollecitata dalla situazione della città bombardata e dal riavvio delle attività produttive, si trova a confrontare le nuove tecniche con le ferite lasciate dalla guerra nella città. Uno dei cantieri di riferimento del periodo è quello del palazzo de “la Rinascente” in piazza Duomo tra il 1948 e il 1950. Il vecchio edificio, danneggiato gravemente dal bombardamento del 13 agosto 1943, fu abbattuto per lasciare il posto a uno interamente nuovo con struttura metallica, fornita dalle Officine Bossi, azienda di costruzioni metalliche del Gruppo Edison, e con un partito architettonico di finestroni d’ordine gigante dai tratti di modernità novecentista rivestito dal marmo di Candoglia fornito attraverso l’opera del Duomo. Ultimato nel 195116, su progetto di Aldo Molteni e di Ferdinando Reggiori, questo è un cantiere in cui le esigenze di uno spazio aperto commerciale, allestibile liberamente, per necessità statiche e impiantistiche danno luogo alla realizzazione di una forte integrazione fra struttura e installazioni meccaniche ed elettriche. Questa necessità comporta la scelta di una struttura in acciaio in cui la differenza fra travi e soletta consenta l’alloggiamento dei canali e delle condutture17. Le travi secondarie si traducono in travi reticolari composte in profili a “I” da 36 cm, uguali in altezza a quelle principali ortogonali in modo da ottenere l’orditura complanare del solaio. La realizzazione dell’edificio sul lotto del suo stesso sedime, nel fitto tessuto delle vie centrali, impone anche una soluzione di cantiere senza magazzino, in cui le parti di struttura sono fornite al momento del loro montaggio e trasportate in quota con derrick integrati alla struttura metallica completata piano per piano. Altro cantiere milanese tipico della Ricostruzione è quello di via Broletto 3718 realizzato tra il 1947 e il 1949 su progetto di Luigi Figini e Gino Pollini, anch’esso su un lotto bombardato. Si tratta di un complesso di due edifici, uffici e abitazioni, intervallati con spazi aperti di passaggi, corti e giardino interno. Un complesso edilizio di dispositivo planimetrico e volumetrico che 191 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:09 Pagina 192 Giulio Barazzetta formula la tradizione d’intervento nel centro storico per “innesto” piuttosto che per totale sostituzione. Nel corpo di fabbrica a uffici su strada il prospetto del fronte, largo 12 metri, è retto da un’unica trave, sagomata a “C” in modo da contenere i ventil-convettori, che corre sotto le aperture delle finestre. Nel fabbricato d’abitazione a torre, interno, la facciata è arretrata rispetto alla struttura a telaio in cemento armato in modo da formare un loggiato continuo per tutta l’altezza dell’edificio, sui due lati prospicienti il cortile e il giardino, in cui il tema strutturale dell’edificazione acquista l’autonomia del partito decorativo19. 4. La mostra sull’abitazione e sulla costruzione della VIII Triennale e la costruzione del quartiere sperimentale QT8 dal 1948 mettono in campo le tecniche della prefabbricazione applicata alla residenza in un gruppo di edifici di quattro piani in via Diomede finanziati dal Ministero dei lavori pubblici. Abitazioni che condensano gli studi e le proposte del gruppo di architetti e tecnici legati alle esperienze della Triennale, aperta in quest’occasione al tema dell’industrializzazione edilizia. I sistemi compendiati20 sono di struttura a telaio con travi e pilastri in cemento armato o ferro, uno di questi montato a secco, un solo sistema di muratura portante a pannelli e infine uno a cassero montante Breda-Fiorenzi. Per questo motivo le case prefabbricate del QT8 sono realizzate da un’unica pianta tipica di progetto, adattata ai diversi sistemi da sperimentare nella costruzione, controllati secondo una raccolta-dati sul cantiere per tempi, metodi e costi, quantità e qualità dei materiali, impiego di mano d’opera e infine verifica delle finiture e qualità dell’isolamento termico e acustico. La casa che esemplifichiamo è realizzata, su progetto di Gabriele Mucchi, con il sistema della Società costruzioni edili prefabbricate brevetti Gaburri di Milano21 in elementi di pilastri e travi, prefabbricati fuori opera e resi solidali colando calcestruzzo nella cavità corrispondente all’incastro trave-pilastro, e con solai prefabbricati con cappa sovrapposta gettata e infine pannelli di tamponamento prefabbricati. Il montaggio e la costruzione sono effettuati senza ponteggio. A opera finita la struttura, semi-incassata all’esterno del tamponamento, è verniciata di rosso per farne risaltare il ruolo ordinatore. Agli esordi della Ricostruzione le case prefabbricate al QT8 aprono con successo22 il fronte dell’edilizia residenziale prefabbricata, concludendone anche il primo momento istituzionale, cominciato con il Convegno nazionale per la Ricostruzione a Roma nel 194523, seguito nel 1946 dalla nascita dell’Associazione nazionale costruttori edili e, allo stesso tempo, del Centro industriale lombardo di coordinamento per l’edilizia. Dopo la mostra del Centro studi per la ricostruzione del 1946, la VIII Triennale s’inserisce in questa situazione tra il 1947 e il 1948, con le mostre su alloggio e costruzione, e con il QT8, con il convegno sulla 192 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:09 Pagina 193 Progetto e cantiere, idea e costruzione A sinistra, edificio in via Broletto 37 di Figini e Pollini in costruzione, 1947. A destra, la struttura di copertura della nuova Rinascente, 1950. tecnica e infine con la creazione del Centro studi sull’abitazione. L’anno successivo il Ciam Bergamo riflette per un’ultima volta sull’urbanistica nuova accanto all’industrializzazione della costruzione, quasi a fissare fra Triennale e Ciam i termini della discussione nel dopoguerra e una sua conclusione, aprendo il dibattito sul cuore delle città e sullo spazio delle relazioni dei successivi congressi. Analogamente si può fissare nei due eventi dell’assemblea generale della Federazione internazionale costruttori a Parigi e della fondazione della Cidb (Conseil international de documentation du bâtiment a Ginevra), un organismo di coordinamento di una commissione europea ancora inesistente, che a partire dal 1953 diverrà Cib (Conseil international du bâtiment) lo stabilirsi di un sistema di relazioni internazionali per normare le questioni tecniche della costruzione. 193 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:09 Pagina 194 Giulio Barazzetta Il quartiere QT8 in costruzione, 1948. 5. L’esperienza maturata nell’abitazione porta, nel 1955, alla formazione di un comitato di esperti per lo Iacpm (Istituto autonomo case popolari di Milano) presieduto da G. Ciribini e composto, fra gli altri, da E. Gentili Tedeschi, C. Rusconi Clerici, S. Zorzi, E. Ratti, M. Villa allo scopo di rendere possibile la normalizzazione degli elementi costruttivi, cioè a dire di “ordinare sistematicamente e a un fine determinato di convenienza formale, tecnica ed economica… di utilità il nostro operare”. A questi segue, sempre per iniziativa dello Iacpm, la fondazione del Craper (Centro per la ricerca applicata sui 194 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:09 Pagina 195 Progetto e cantiere, idea e costruzione problemi dell’edilizia residenziale)24 con il concorso di enti pubblici, industrie e costruttori, e l’Istituto di edilizia del Politecnico di Milano. Il Centro promuove un primo progetto di sperimentazione che, denominato “progetto reattivo” perché “concepito per il controllo delle possibilità d’uso di metodologie industriali nell’edilizia”, è tra gli edifici di maggior pregio del quartiere Comasina, pionieristico esempio di grande edificio realizzato con parti prefabbricate. Particolarmente interessante dal punto di vista tecnico l’impianto centralizzato per la produzione di acqua calda ed energia elettrica, il primo realizzato in Italia25. A iniziativa del Craper è anche il “progetto edilizio sperimentale”, elaborato per l’Istituto nazionale case impiegati dello stato (Incis), presentato nel 1961 per l’Italia all’Agence européenne de productivité (Ape) per l’Organizzazione per la cooperazione economica europea (Oece). Il progetto, non realizzato, studia la possibilità di normalizzazione di un tipo edilizio di dimensioni 20x20x32 m che distribuisce quattro alloggi quadrilocale per piano su nove piani. È il contributo italiano al progetto Ape, che in termini d’indagine sui problemi di organizzazione produttiva edilizia si misura con il salto qualitativo nella normazione del “modulo”, come elemento unificante della produzione edilizia europea26. Negli anni immediatamente precedenti era uscito un numero monografico della rivista «La Casa» dell’Incis dedicato all’industrializzazione edilizia (1957). Fra i contributi di tecnici-operatori e intellettuali spiccavano l’articolo di Argan “Modulo-misura e modulo-oggetto” e l’articolo di Paci “L’applicazione del metodo industriale all’edilizia e il problema estetico”. Il numero raccoglieva interventi di Albini, Rogers, Labò, Libera, Ponti ecc. e anche il punto di vista di Emilio Pifferi, allora vicedirettore della Società generale immobiliare: “…è inevitabile che l’architettura debba decidersi a considerare i metodi e i procedimenti giacché essi ed essi soltanto possono portarla a esprimere i valori dello spirito moderno e a risolvere gli infiniti problemi che angustiano l’edilizia moderna…”. Ma lo stesso scriveva a proposito27: “non bisogna dimenticare che le categorie imprenditoriali vedono nell’industrializzazione solo un mezzo per produrre di più a costi più bassi e possibilmente anche meglio… [e dunque che] … l’iniziativa potrebbe partire da qualcuna di quelle organizzazioni imprenditoriali che hanno allargato il loro campo d’azione a tutto il ciclo produttivo, dall’ideazione di programmi urbanistici sino alla vendita degli appartamenti finiti”. Sono i temi della mostra e del congresso sulla prefabbricazione organizzati nel 1958 a Napoli dall’Associazione italiana per lo studio e lo sviluppo di materiali e sistemi di prefabbricazione (Aip), dal Centro studi per l’edilizia di Napoli affiancati dal Comitato nazionale per la produttività. È questo il primo atto “pubblico” dell’Associazione Aip, fondata a Milano l’anno prima, cui sono stati chiamati a far parte “… i principali fabbricanti italiani di pannelli 195 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:09 Pagina 196 Giulio Barazzetta mobili per l’edilizia, i costruttori di materiali isolanti, gli ingegneri e gli architetti interessati all’impiego dei nuovi materiali e le imprese edili che intendono avvalersene…”. 6. Pragmaticamente, a seguito di questo interesse e delle esperienze intraprese, per iniziativa della stessa Aip nel 1961, si organizzano viaggi in Francia per gli operatori italiani al Salone della costruzione 3° Expomat, che si estendono in visite ai principali produttori di sistemi di prefabbricazione. Lo scopo è ottenere licenze per l’Italia di brevetti francesi. “… Quando circa un anno fa la presidenza dell’istituto di Milano decise di inviare una commissione qualificata… anche il Collegio dei costruttori edili della Provincia di Milano fu invitato a inviare un proprio rappresentante in Francia… Il predetto collegio inviò a Parigi il proprio vicepresidente”28. Questi avvenimenti affiancano la decisione dello Iacp di Milano di costruire nuovi quartieri periferici anche nei comuni limitrofi al capoluogo. I sistemi francesi sono preferiti per motivi tecnici ed economici d’esecuzione oltre che per la qualità finale ritenuta superiore alla produzione italiana. Si tratta in genere di sistemi a setti e solai portanti realizzati in pannelli delle dimensioni di un vano per un piano di altezza con tamponamento esterno di un pannello rivestito di mattoni o ceramica. Nel 196229 è stipulata una convenzione tra Iacp e imprese appaltatrici, tra cui Mbm Meregaglia, Sicop, Fintech, Sepi, Romagnoli, concessionarie delle licenze francesi dei sistemi di prefabbricazione integrale a pannelli in calcestruzzo e misti come Balency, Coignet, Barets, Camus, Fiorio, in cui l’Istituto e i costruttori s’impegnano per lotti di circa 1000 alloggi per anno, per cinque anni30 31. In base alla convenzione con queste imprese e sistemi tra il 1962 e il 1974 sono in produzione e terminati gli interventi per più di 21500 alloggi: a Milano nei quartieri Gallaratese, Gratosoglio, Bovisasca, Fulvio Testi, Olmi, Quarto Oggiaro, nei comuni limitrofi a Rozzano, Corsico, Cesano Boscone. Tra il 1967 e il 1974 altri interventi sono realizzati direttamente dal Comune di Milano: 2450 al quartiere Sant’Ambrogio e 265 in via La Spezia dall’impresa Astaldi, 900 alloggi in via San Leonardo con l’impresa Bertani & Baselli, procedimento Estiot. La stagione comprende anche l’intervento dello Iacp di Brescia che appalta 520 alloggi, di cui il primo lotto 370 all’impresa Cogefar con sistema di prefabbricazione integrale in pannelli, e il secondo di 150 al Consorzio di Produzione e Lavoro di Bologna. 7. La vicenda dell’edilizia residenziale prefabbricata conclude le sperimentazioni degli anni sessanta e settanta con la proposta dell’istituzione di un repertorio di tipologie d’abitazione. Esito di un concorso per produttori 196 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:09 Pagina 197 Progetto e cantiere, idea e costruzione Ludovico Magistretti, ufficio tecnico Mbm, case torri nel quartiere Gallaratese, 1969-1972. 197 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:09 Pagina 198 Giulio Barazzetta M. Scheichenbauer, assonometria costruttiva della casa in via Cernaia a Sesto San Giovanni, 1971. e progettisti consorziati, organizzato nel 1978 dalla Regione Lombardia, ha l’inaspettato risultato, non opinabile nel clima sociale di quegli anni molto critico riguardo alle esperienze intraprese, di cristallizzarsi nella sua attuazione come manuale tipologico degli alloggi per i piani consortili degli anni ottanta riattuazione della legge 167. Tra gli episodi degli anni di sperimentazione merita una citazione la “casa di plastica”, un edificio di tre piani, quattro corpi e scala, 24 appartamenti, oggi in demolizione, realizzato in sei mesi nel 1972 dallo Iacpm, su progetto dell’arch. Mario Scheichenbauer, in via Catania a Sesto San Giovanni. Studiato negli ultimi anni sessanta come prototipo di facile trasporto e montaggio, 198 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:09 Pagina 199 Progetto e cantiere, idea e costruzione per la struttura utilizza il sistema Gaburri, ancora efficiente e concorrenziale per costruire telai di cemento armato, prodotto da Alcos a vent’anni dal QT8, mentre i pannelli di rivestimento, completi di serramenti, sono prefabbricati in fibra di vetro e resina poliestere gialla, così come le porte e il rivestimento delle scale in resina traslucida. 8. I progetti e gli interventi per le emergenze rappresentano una sorta di conclusione nella vicenda della prefabbricazione per l’edilizia residenziale. Questa soluzione è ritenuta necessaria e utile ancora oggi date le impellenti esigenze di ricostruzione, come si è visto per le realizzazioni del bando del progetto Case (Complessi antisismici sostenibili eco-compatibili)32 consegnate in genere a 8-10 mesi dall’evento sismico che ha interessato L’Aquila nel 2009, anche se in questo caso si è preferito sostituire, per la struttura, il telaio di calcestruzzo con il legno ignifugo per la leggerezza di trasporto e montaggio e facilità d’esecuzione, cui si aggiungono qualità ambientali ed energetiche. Il sistema di prefabbricazione “Spazio 3”33, vincitore del concorso per la ricostruzione del Friuli (1977), di Morassutti Associati (Bruno Morassutti, Maria Gabriella Benevento, Giovanna Gussoni e Mario Memoli) è rappresentato in copertina nel numero di «Domus» dedicato alla ricostruzione dopo il terremoto del 1976. Il progetto è un sistema di elementi prefabbricati in calcestruzzo leggero, efficace, di facile trasporto e immediato montaggio. La soluzione di tipo modulare è vincolata alla maglia spaziale di 3 metri di spigolo definito da un solaio a piastra e quattro pilastri in calcestruzzo. Dalla sua declinazione derivano gli alloggi da 45 a 95 mq, aggregati nei diversi tipi di edifici a schiera o collettivi come richiesto dal bando e dalla normativa stabilita dal Comitato per l’edilizia residenziale (Cer). Il progetto, affidato all’impresa Bortolaso, che ottenne anche vari riconoscimenti dall’Associazione italiana prefabbricazione (Aip), non fu mai realizzato. Il progetto tipo “333” di edifici residenziali per il repertorio di progetti-tipo per la Regione Lombardia del 1978 ne costituisce il perfezionamento. La parziale ricostruzione di Castelnuovo di Conza (SA) nel 1981, dopo il sisma dell’Irpinia del 1980, ha come precedente il sistema di prefabbricazione pesante “FacepCasa”, prodotto nel 1977 dall’impresa Facep di Mantova con gli stessi Morassutti Associati. L’elemento base del sistema è un setto verticale prefabbricato in cemento armato della profondità del corpo di fabbrica, che corrisponde alla dimensione trasportabile su di un bilico, 2,5x12 m, con due testate per le facciate contrapposte e con una mensola centrale per parte per gli sbalzi di logge e ballatoi. Il modulo del sistema si basa su una griglia di 120 centimetri di lato, che regola il dimensionamento dei vari elementi prefabbricati. Con questo sistema sono realizzati a Staranzano (GO) due edifici prefabbricati a tre piani, con 42 alloggi di superfici da 45 a 100 mq. “Il montaggio 199 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:09 Pagina 200 Giulio Barazzetta della struttura e dell’involucro del complesso ha richiesto 21 giorni lavorativi… che riferito al numero degli alloggi equivale alla fornitura del rustico di 2 alloggi al giorno.” L’esperienza di Castelnuovo di Conza è invece il risultato dell’aggiudicazione del concorso-appalto organizzato da «Il Giornale» di Indro Montanelli, che promosse una sottoscrizione dei lettori per finanziare l’iniziativa con quattro miliardi di lire. L’intervento interessa 54 alloggi di tre tipi, da 46 a 91 mq, in sette edifici di due piani su seminterrato. Realizzato con caratteristiche antisismiche in 14 mesi dalle imprese Marani e Facep, il quartiere è disposto su terrazzamenti del pendio che permettono a tutti i corpi di fabbrica la stessa esposizione e veduta. 9. Non si può non accennare agli scenari della costruzione della residenza nella città metropolitana e regionale lombarda, osservando che in genere proprio nel settore residenziale hanno trovato luogo le innovazioni della costruzione più lente, di “lungo periodo”, giacché la casa, il settore di maggiore resistenza della tradizione, è quello in cui più difficile risulta coniugare le novità costruttive con il mercato privato. La questione della costruzione della residenza dopo il 1978 va inquadrata nei diversi progetti definiti dagli strumenti legislativi di attuazione e finanziamento. Questa complessa articolazione d’intervento ha portato alla saturazione delle aree di espansione residenziale di Milano e dei comuni dell’area metropolitana, alla saldatura dei territori urbanizzati, estesa, in alcuni casi, alla regione che gravita sulla centralità milanese. Il progressivo emergere in questo quadro di soggetti privati, di cooperative di produzione e di abitazione e di imprese, comporta la sostanziale obsolescenza della programmazione edilizia sovvenzionata pubblica (Comune di Milano ed enti locali con Iacp/Aler), a fronte dell’azione di coordinamento degli interventi privati e pubblici su tutta l’area metropolitana del Cimep (Consorzio intercomunale milanese per edilizia popolare) che, per il primo piano consortile 1971-1991, dichiara di aver realizzato 46 milioni di metri cubi. L’ordine di grandezza della trasformazione nel ventennio 1980-1999 è stimabile in una quantità totale di costruzione della residenza di circa 60.000 alloggi sul territorio comunale di Milano. Se nel quadro metropolitano la produzione ha oscillato fra valori medi di 13.000/14.000 abitazioni per anno dei primi anni ottanta a quelli del 19891994 di 11.000/12.000, si può sintetizzare il risultato complessivo della modificazione continua del territorio in 250.000/300.000 abitazioni costruite fra il 1980 e il 2000 nella provincia di Milano. 10. La stagione attuale, inaugurata dall’urbanistica del documento d’inquadramento del Comune di Milano 1999 e la legislazione nazionale urbanistica che ne è derivata assieme a quella regionale, approda alla gestione del 200 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:09 Pagina 201 Progetto e cantiere, idea e costruzione In alto, Ruatti Studio, case prefabbricate per l’Abruzzo, 2010. A fianco, Morassutti Associati, modello del sistema di prefabbricazione Spazio 3, 1977, riportato anche sulla copertina della rivista «Domus». 201 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:09 Pagina 202 Giulio Barazzetta La copertura assemblata della chiesa di Baranzate, 1958 e il materiale a piè d’opera. 202 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:09 Pagina 203 Progetto e cantiere, idea e costruzione Pgt in corso di discussione oggi a Milano ed eredita la tradizione dei “grandi progetti” compresi fra la realizzazione di Pirelli-Bicocca e gli attuali cantieri di centro direzionale Isola Garibaldi − Repubblica e di Fiera CityLife. Una stagione in corso in cui i sistemi costruttivi integrano le opportunità di mercato, le necessità normative e i procedimenti, che utilizzano sempre più la differenza fra strutture efficienti e di veloce costruzione e montaggio, a volte miste acciaio/calcestruzzo, con sistemi di finitura compresi fra sistemi a secco e metodi tradizionali di muratura e isolamento, in cui sono il rivestimento e il sistema energetico quelli che fanno la differenza. 11. Il repertorio delle tecniche edilizie della costruzione industriale si dispiega pienamente nella metà degli anni cinquanta nel settore della costruzione di impianti industriali e infrastrutture. Settori in cui grande importanza rivestono la programmazione della produzione e le economie di scala garantite dal controllo dei processi produttivi: qui, a differenza della costruzione della residenza e della trasformazione della città, la previsione tipica della progettazione avanzata, della prefabbricazione e della produzione dei componenti riesce finalmente ad affermarsi come tecnica propria dell’industrializzazione edilizia. Non a caso il capitolo dedicato all’industrializzazione edilizia di Costruire in Lombardia34 esordisce con un immagine delle struttura della chiesa di Baranzate costruita nel 1958 dalla piccola impresa Merone di Bollate, su progetto di Bruno Morassutti, Angelo Mangiarotti e Aldo Favini nel quadro del programma del cardinal Montini per le nuove chiese destinate alle periferie profondamente interessate dal fenomeno dell’immigrazione della nuova forza lavoro impiegata nella rinascita industriale della metropoli lombarda. Si tratta di un cantiere esemplare per l’esperienza delle tecniche consentite dal cemento armato precompresso, per la realizzazione con tecnica e cura artigianali di un modello di esecuzione interamente predisposto nella progettazione. Qui il montaggio dei conci prefabbricati della copertura, precompressi in opera, procede concettualmente assieme al rivestimento di ferro e vetro dell’aula liturgica e prelude alla produzione dello spazio modulare dell’impianto industriale, anche con le tecniche di montaggio a secco che completano la prefabbricazione industriale. Un’esperienza per così dire simmetrica al cantiere del Palazzetto dello Sport di Roma opera di Nervi di poco successiva35. Lo stesso Favini, a quel tempo direttore tecnico dell’impresa Tamburini di Milano che sta costruendo gli edifici di Muzio e Reggiori per l’Università Bocconi, proseguendo la propria attività d’ingegnere progettista dopo l’esperienza di Baranzate, procede nella sperimentazione per produrre un elemento di copertura per gli impianti industriali, precompresso prefabbricato, autoportante e appoggiato direttamente all’orditura primaria. Chiamato convenzionalmente “tegolo”, nel caso del brevetto di Favini si tratta di un elemento 203 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:09 Pagina 204 Giulio Barazzetta curvo chiamato “coppone ALFA”. È questo il capostipite di quei sistemi ancora in uso per la copertura di edifici industriali prefabbricati, che riassume le tecniche del cemento armato precompresso con quelle delle volte sottili, assolvendo assieme i compiti statici per luci di copertura sino a 30 metri con quelli di displuvio, e che può essere direttamente posato in opera e finito con la saldatura dell’impermeabilizzazione predisposta. Le tappe di questo percorso sono rintracciabili a partire dalla realizzazione del deposito Birra Poretti a Mestre del 196236: qui per la prima volta un elemento di copertura integra in un solo elemento l’orditura primaria e la secondaria con il piano della copertura, gettato a piè d’opera, sollevato e posto direttamente sui pilastri già pronti. Uno degli edifici più rappresentativi di questi sistemi di prefabbricazione pilastri-travi-copertura, in questo caso sistemi aperti al completamento del rivestimento con accennate finiture di muratura a vista, è lo stabilimento Max Market a Trezzano sul Naviglio (MI) del 196937. Caratteristica peculiare di questo “capannone” è l’appoggio, a “telai zoppi” nella dizione di Silvano Zorzi, delle travi di orditura primaria a sbalzo su un solo pilastro e con appoggio di tipo Gerber alla trave posta in opera in precedenza. Tale tecnica, che ottimizza l’annullamento del momento flettente con la curvatura dei cavi di precompressione, permette un buon risparmio nell’armatura ordinaria. Gli edifici industriali così composti sono il risultato di processi costruttivi ridotti all’essenziale, come nel magazzino nello stabilimento Alfa Romeo di Arese, realizzato nel 1973 dall’impresa Mbm Meregaglia38, su progetto dello studio Finzi, con luci di 24 m coperti da tegoli a sezione “pi greco” gettati a piè d’opera e posti su travi principali prefabbricate fuori opera di 16 m di luce. In altri casi possono essere ricondotti a un esemplare studio della decorazione architettonica del nodo trave-pilastro, come gli edifici dello stabilimento Elmag di Lissone progettati da Angelo Mangiarotti e dall’ing. Sbriscia realizzati nel 1963 dall’impresa Facep. 12. Nelle costruzioni per l’industria, che definiscono le proprie caratteristiche di campata per la maggiore luce fra gli appoggi e per la maggiore altezza, la necessità di maggior spazio libero indifferenziato per lo stoccaggio segna una certa divaricazione fra gli edifici di produzione e quelli destinati a magazzino. In questo modo sono state reinterpretate le forme delle capriate. È questo il caso dei magazzini portuali a Lagos Nigeria, costruiti dall’impresa Co.Ge.Far. nel 1963-1966 per conto dell’autorità di porto su progetto di Silvano Zorzi39: si tratta “di telai a padiglione incastrati con sbalzi laterali” con luce libera al centro fra gli opposti pilasti di 45,7 metri e campate ogni 7,5 metri, lo balzo laterale libero di 12 metri circa e l’altezza massima interna 16 metri circa. Una diversa interpretazione dello stesso problema arricchito in complessità dallo scambio merci ferro-gomma, dunque dalla sezione 204 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:09 Pagina 205 Progetto e cantiere, idea e costruzione richiesta dalle Ferrovie dello Stato, lo mostrano gli edifici dei magazzini Gondrand40 a Segrate, 45 metri d’interasse con campate ogni 7,2 metri, progettato da Aldo Favini e realizzato dall’impresa Bonomi & Vecchi, questa volta con archi a tre cerniere formate da due costole realizzate a piè d’opera, unite in chiave e poggianti sui cavalletti laterali, per garantire un’altezza interna massima di 17 metri. 13. Nella produzione serrata di stabilimenti e magazzini che trasformano le periferie nell’attuale città senza soluzione di continuità, i tipi delle coperture, dei sistemi di trave-pilastro, dei pannelli di rivestimento, dell’intera produzione di sistemi prefabbricati di questo tipo, sono frammisti a quelli realizzati per progetti specifici. Nei casi in cui la copertura a shed, icona dell’industria, permane come forma di riferimento per l’illuminazione zenitale, essa viene inclusa in diversi sistemi di costruzione per l’integrazione degli impianti. È il caso del reparto montaggio dello stabilimento Alfa Romeo ad Arese41, costruito dal 1962 al 1963, progettista Gian Carlo Giuliani, impresa Icis, in cui l’elemento di copertura è una volta sottile prefabbricata, inclinata a formare il lucernario, posata in opera su travi a cassone con interasse a 16 metri. Il vuoto della trave che viene gettata a piè d’opera è un plenum di sezione percorribile 2 x 1 m, destinato all’immissione dell’aria trattata. Una soluzione che aveva trovato espressione nello stabilimento di Rescaldina costruito dall’impresa Meregaglia nel 1961, in cui i progettisti Carlo Rusconi Clerici e Aldo Favini sorreggono una volta sottile per la copertura a shed, gettata in opera e precompressa di luce massima 31 metri, su una trave cava di 4 x 2,40 m con campate ogni 7 metri che sostengono gli shed con travi secondarie a “U”, ospitando anche la distribuzione dell’aria dal cavidotto della trave principale su tutta le sezione dello stabilimento. Lo stesso tipo di struttura su maglia equivalente di circa 20 metri viene realizzato lo stesso anno dall’impresa Sogene per lo stabilimento Perugina a Perugia. Le opere che cercano di risolvere il problema della presenza degli impianti integrandola alla struttura hanno il precedente negli stabilimenti Olivetti a Buenos Aires e San Paolo progettati da Marco Zanuso tra il 1954 e il 1959, e la successiva interpretazione, in chiave di prefabbricazione, nei tre stabilimenti di Scarmagno, Crema e Marcianise, sempre di Marco Zanuso con Eduardo Vittoria, per le strutture Antonio Migliasso e per programmazione e direzione lavori Tekne42. Le imprese sono Bonomi & Vecchi e Precast di Milano. I cantieri sono condotti generalmente per tempi di sei mesi in stagioni successive, con posa in opera di circa 500 mq di copertura per giornata lavorativa: a Scarmagno per 143.000 mq di area coperta, a Crema 51.700, a Marcianise 59.000 dal maggio 1968 al maggio 1970. La struttura in cemento armato ordinario e precompresso di pilastri prefabbricati altezza 6,20 metri, a interasse 205 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:09 Pagina 207 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:09 Pagina 208 Giulio Barazzetta 12 x 18 m, regge travi in cemento armato, le principali con forma ad “Y”, le secondarie appoggiate a sezione triangolo rovesciato. Il sistema costruttivo garantisce l’ampliamento dei fabbricati grazie alla complanarità delle coperture e a un unico tipo di pilastro. Gli impianti di termoventilazione sono all’interno delle travi secondarie, le altre reti portate da staffe inserite nelle travi secondarie. L’esperienza Olivetti rappresenta la sperimentazione più attenta della produzione in serie della prefabbricazione edilizia per l’industria: la ripetibilità degli interventi permette lo studio del rapporto fra programmazione e progettazione integrata, costruzione e cantiere, con ottimizzazione economica e velocità di costruzione, obiettivi dell’industrializzazione edilizia, che per Zanuso anticipano la realizzazione della sede Ibm Italia di Segrate. 14. Nel panorama italiano per l’edilizia industrializzata nei primi anni duemila si è imposta all’attenzione la costruzione del polo esterno di Fiera Milano a Rho-Pero. Omettendo il nesso finanziario/immobiliare fra realizzazione del polo esterno e costruzione in corso del progetto CityLife sul vecchio sedime, non soffermandoci sul percorso del progetto, dal programma e dimensionamento predisposto dallo stesso committente, alla gara a inviti per la nuova Fiera e la sua ingegnerizzazione, si evidenzia in questo caso il ruolo dell’affidamento dei lavori a un soggetto unico che ha dimostrato in questa realizzazione la sua efficacia nell’intero procedimento progetto/costruzione dei grandi interventi. Il consorzio d’impresa Npf (Nuovo Polo Fieristico), vincitore della gara con le proposte di Fuksas, ha assunto così il controllo di tutti gli aspetti della produzione in fase di progettazione e in quella cantieristica, dovendo garantire con la sua strategia organizzativa tempi e costi di esecuzione con la qualità della realizzazione, richiesta dalla committente Fondazione Fiera Milano. Il lungo nastro di vetro e acciaio della nuova Fiera che copre l’asse centrale di distribuzione e il centro servizi mediano, anch’esso coperto in vetro e acciaio, hanno richiesto tecniche di progettazione parametriche e, per la copertura, test nel tunnel del vento del Politecnico di Milano. La struttura verificata da Schlaich Bergermann è stata prodotta a elementi singoli da montare sul posto in fabbriche tedesche e polacche. Gli otto padiglioni sono invece spazi allestibili sostanzialmente monopiano di 64 x 224 m, annessi a un edificio di accesso con sale conferenze e aree di servizio. Al tempo della sua costruzione l’andamento del cantiere si sintetizzava così “… lo scorso 30 ottobre, il primo dei due padiglioni del nuovo polo della Fiera a Rho-Pero è stato consegnato, cinque settimane in anticipo, alla Fondazione Fiera Milano dal consorzio di imprese Npf formato da Astaldi, Vianini Lavori e Impresa Pizzarotti & C. Il prossimo appuntamento sarà sabato 2 aprile, data di apertura del primo 208 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:09 Pagina 209 Progetto e cantiere, idea e costruzione Stabilimento a Rescaldina (MI), 1961. Sotto, la passerella della cementeria di Rezzato (BS), 1963. Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:10 Pagina 210 Il viadotto Certosa-Monte Ceneri, 1964. Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:10 Pagina 211 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:10 Pagina 212 Giulio Barazzetta evento 2005 “Progetto Città”. A quell’epoca saranno passati appena 30 mesi dalla data della firma del contratto due anni fa…”43 La struttura in acciaio degli edifici, così come il rivestimento e le finiture nei diversi materiali metallici con pochi elementi prefabbricati in calcestruzzo, si è imposta come necessità. Come qui si è dimostrato fra il 2002 e il 2005, la carpenteria in acciaio ha garantito flessibilità e versatilità per una grande opera con la semplicità dei nodi e di dettagli ripetibili e facilmente adattabili. Questa condizione ha incontrato sulla sua strada la difficoltà dell’aumento del costo della materia prima ma anche la liberazione concorrenziale sul mercato della carpenteria in ferro dei paesi dell’est europeo. È forse questa, oltre alla strategia organizzativa della sua realizzazione, la caratteristica precipua del polo esterno nel panorama della costruzione nel nostro Paese. Entrambe insistono sull’efficacia e sul controllo del nesso progetto/costruzione. 15. Le sperimentazioni costruttive delle infrastrutture affiancano quelle dell’edilizia per l’industria a cui abbiamo accennato. Entrambe raccontano l’essenza delle realizzazioni dell’ingegneria italiana e meriterebbero un’esposizione generale, qui impossibile44, limitando la trattazione a esempi particolarmente significativi degli esordi di un lungo itinerario − ancora in corso, seppure con notevoli differenze − che ha visto i costruttori lombardi protagonisti di questa straordinaria stagione. La passerella della cementeria di Rezzato (BS), realizzata nel 1963 dall’impresa Farsura di Milano, con il progetto di Silvano Zorzi45 per Italcementi di Bergamo, è una semplice trave scatolare bianca destinata a contenere il nastro trasportatore del materiale scavato e il passaggio pedonale, appoggiata ogni 32 metri fra eleganti pilastri rastremati alti 26 metri, che si dividono a forcella in sommità per ospitare la passerella. La trave è precompressa dopo la maturazione del getto in opera realizzato in situ all’altezza del finito. La stessa misurata eleganza diversamente applicata è il lascito dei due viadotti progettati per il Comune di Milano e costruiti sempre dall’impresa Farsura nel 1964. Si tratta di uno dei primi esempi d’impalcato a piastra continua in cemento armato precompresso semplicemente appoggiata alle pile in cemento armato ordinario. Notevole il disegno rastremato della sezione di 15 metri che snellisce ad ala l’impalcato delle carreggiate, così come l’appoggio alle pile allargate per raccogliere la sezione centrale della trave che si abbassa estendendosi sull’appoggio. Tipica l’attenzione, nell’esecuzione specifica, alle caratteristiche d’esercizio e a quelle di realizzazione che ottimizza il risultato ai tempi d’esecuzione. Qui per esempio “i manufatti in cemento armato precompresso sono stati eseguiti con precedenza rispetto agli impalcati contigui in cemento armato allo scopo di consentire agevolmente le operazioni di tiro e d’iniezione dei 212 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:10 Pagina 213 Progetto e cantiere, idea e costruzione Le centine autovaranti della tangenziale Est di Milano e dell’autostrada Palermo-Catania, 1970-71. cavi… ognuno dei due attraversamenti è stato realizzato in un tempo molto breve: solo tre mesi”46. Il viadotto Certosa - Monte Ceneri è l’archetipo di viadotti e ponti che sviluppano secondo varianti il medesimo tema costruttivo, così come il disegno architettonico della struttura anticipa il ponte realizzato a Roma sul Tevere nel 1972. Il viadotto Docciola a San Casciano della superstrada Firenze-Siena realizzato dall’impresa Girola nel 1965, che utilizza lo stesso schema statico di trave appoggiata, realizza l’opera con tre travi precompresse contigue autoportanti per ogni campata su cui viene gettato l’impalcato ordinario solidarizzato con le sottostanti travi: qui la tipizzazione della campata e delle luci permette di riutilizzare centine e casseforme per l’intera superstrada. Piastra a sezione rastremata e appoggio semplice alle pile conducono alle realizzazioni di viadotti costruiti con centina auto-varante mobile. Il dispositivo consente di attrezzare un cantiere mobile a sbalzo tra le pile “… che rappresenta la soluzione ideale per ponti e viadotti di grande lunghezza e luci ripetute di moderata ampiezza…” e che verrà adottata per l’autostrada Palermo-Catania e per il viadotto dei parchi della tangenziale di Milano nel biennio 1970-1972. Lo schema statico dell’autostrada siciliana è sempre a piastra continua in appoggio sulle pile distanti circa 25 metri, nel viadotto della tangenziale milanese l’impalcato solidarizza con i piedritti distanti 24 metri. La centina mobile del cantiere siciliano è a sbalzo, lunga quanto una campata, si appoggia sul solaio 213 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:10 Pagina 214 Giulio Barazzetta realizzato alle spalle per gettare il seguente “quasi una macchina trafilatrice in movimento anziché fissa”47. La centina del cantiere milanese è appoggiata alle pile sottostanti mediante una trave reticolare in acciaio lunga quanto due campate, che permette la casseratura, il getto in appoggio, la successiva scasseratura e l’avanzamento delle centine. Entrambi i viadotti sono realizzati “come una serie indefinita di telai zoppi… con appoggi scorrevoli di tipo Gerber nel punto del momento ideale nullo sotto i carichi permanenti” che, si è visto, comporta notevoli economie di materiali48. 16. Il cantiere del 1951 de “la Rinascente” di Milano è il caso d’esordio, nella Ricostruzione milanese, della naturale integrazione degli elementi costruttivi in acciaio e calcestruzzo. Vedere questo tipo di ibridazione di tecniche all’opera nei cantieri contemporanei evidentemente testimonia la perdurante efficacia dei suoi vantaggi, soprattutto se abbinati ad appalti affidati a un soggetto unico. Proprio per questo la costruzione mista acciaio e calcestruzzo è stata caratteristica delle realizzazioni di grandi edifici di sedi istituzionali o di gruppi societari. Il recente restauro del grattacielo Pirelli ha posto in luce quanto efficace, in termini di efficienza e durata, sia stato l’abbinamento della struttura in cemento armato progettata da Nervi e verificata da Danusso con la facciata continua in alluminio prodotta da Feal per l’edificio di Ponti e Rosselli: questa virtù ne ha permesso il recupero integrale. 17. All’epoca della costruzione dei tre edifici gemelli realizzati a Segrate nel 1975 per la sede dell’Ibm Italia49 si notava che il progetto aveva garantito la massima razionalizzazione del processo in termini di utilizzo/gestione e di progetto/costruzione. L’edificio tipo progettato da Marco Zanuso rappresentò il modello italiano di landscaped office, il più aderente al modello flessibile di lavoro a gruppi interrelati. “È quanto mai interessante, inoltre, notare come il progetto sia nato dalla integrazione delle tre fasi di esecuzione (architettonica, strutturale, impiantistica) e come in realtà … [esso] non considera più queste discipline, la strutturale e l’impiantistica, come di servizio alla progettazione stessa, ma come partecipi alle scelte creative in un piano coordinato”.50 Le altre scelte derivano dall’impostazione della struttura e dal metodo del montaggio a solai montanti di 14 x 14 m con martinetti idraulici sulle campate dei pilastri. Questo sistema ha consentito, anche nell’organizzazione di cantiere, una forte industrializzazione… Tutto ciò ha permesso di montare fino a 1.200 mq di solaio in un giorno. Le caratteristiche dei pilastroni, completamente cavi e alleggeriti da grandi fori, e delle travi principali hanno consentito di canalizzare gli impianti all’interno del traliccio strutturale, distribuendo in modo omogeneo, su tutto l’edificio e con la più ampia disponibilità, la strumentazione tecnica51. 214 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:10 Pagina 215 Progetto e cantiere, idea e costruzione Sempre a Segrate, proprio di fronte all’Ibm di Zanuso, negli stessi anni tra il 1968 e il 1975, Arnoldo Mondadori Editore realizza la propria sede milanese secondo il progetto di Oscar Niemeyer52, con l’impresa Ragno di Verona e la carpenteria Bonfiglio di Milano. Tralascio anche qui le vicende del progetto53 affidato a Niemeyer da Giorgio Mondadori dopo la visita a Brasilia, i preliminari e l’esecutivo con le sue varianti richieste dal committente e l’intervento delle Assicurazioni Generali che rilevano la proprietà del complesso. Il cantiere si avvia nell’autunno del 1971 e s’impone per l’applicazione non convenzionale di tecniche in uso ma eseguite con notevole perizia artigianale. Ci si riferisce ai casseri delle grandi campate dell’ordine ad archi che garantiscono il disegno decorativo dello scheletro gigante di cemento armato, come alla realizzazione della doppia soletta di copertura, cui è appeso l’edificio uffici, che richiede un ponteggio per la centina di 25 metri d’altezza. Il corpo degli uffici in struttura metallica è invece integralmente prefabbricato e montato sul posto. Anche qui è decisiva, per la riuscita del progetto e la sua costruzione, l’organizzazione del progetto che il committente assume direttamente affidandolo a Giorgio Calanca, supportato da uno staff da lui diretto allargato a consulenti specialisti. Il centro istruzione Ibm Italia di Novedrate, progettato nel 1969 da Morassutti Associati con Aldo Favini e realizzato nel 1973 dall’impresa Gadola è ora occupato dal college di un’università privata. Il complesso costruito in acciaio cor-ten e cemento armato, rivestito in lamiera cor-ten, è composto da 12 unità di 24 camere ciascuna sopra piastre didattiche continue disposte in successione e 2 blocchi di servizi generali a contatto con il parco in pendio della adiacente villa settecentesca. Le unità residenziali in cor-ten, sorrette e suddivise dai corpi scale e ascensori, si susseguono in lunghezza, mentre a terra le unità didattiche sono unite da percorsi orizzontali in ferro e vetro, una terrazza separa le piastre dai blocchi sospesi54. Per queste caratteristiche strutturali e costruttive nel 1975 la Giuria internazionale della Convenzione europea della costruzione metallica assegna al progetto di Morassutti e Favini il Premio Cfcm Italia, con la motivazione “Bell’esempio dei vantaggi delle strutture metalliche modulate in combinazione con il cemento armato, che interessa un vasto campo di applicazione”. Si tratta di elementi a torre in cemento armato, destinati ai collegamenti verticali, distanziati ogni 12,40 metri e utilizzati come elementi portanti delle strutture orizzontali. Sulle pareti verticali si attestano coppie di travi di acciaio che portano ortogonalmente un particolare coppone in cemento armato ordinario delle dimensioni di 19,20 x 18,22 m. Un getto di calcestruzzo completa il collegamento dei copponi con le travi di acciaio. 215 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:10 Pagina 216 Giulio Barazzetta 18. “Trasformazione non demolizione”, questo incipit di Fulvio Irace55 introduce la costruzione della nuova sede de «Il Sole 24 ore», realizzata dal 1999 al 2004 da un consorzio di imprese e di produttori compresi fra le opere degli scavi e di consolidamento, sino all’arredo degli uffici, cogliendone il senso nelle opere di Rpbw, Renzo Piano building workshop, ma anche mettendo in evidenza in quest’opera l’attenzione al riuso delle aree industriali urbane. In questo caso si conserva il bordo dell’isolato sui lati della maglia stradale, confermando il ruolo urbano dell’edificio Siemens preesistente seppure ridotto al telaio di cemento armato, mentre il quarto lato esterno svuotato forma il nuovo paesaggio dell’intervento. Se l’aver utilizzato una “fabbrica” esistente rappresenta il punto di forza e la caratteristica interessante di questa realizzazione, lo è anche saper dare un senso alle necessità del parcheggio interrato e dei servizi. Ciò ha permesso di donare lo sfondo di un giardino boscoso in pendenza al complesso. Organizzando le vedute della corte interna sul fuoco prospettico dei servizi sottostanti la collina interna, si è anche offerta una buona vista dall’alto dalla molteplicità degli uffici, disposti ai piani sul perimetro interno. Come rileva Gabriele Del Mese, di Arup Italia che con Milano Progetti ha elaborato il progetto d’ingegneria, per la costruzione della nuova sede de «Il Sole 24 ore»: “quest’occasione rappresenta un caso particolare, quasi antologico, in cui si sono affrontati molti problemi costruttivi di diversa natura con un mix di soluzioni strutturali. … Aver dovuto operare con un interpiano molto basso per creare uffici e spazi di alto livello … e l’uso impiantistico di travi fredde, tra i primi esempi del genere in Italia”56. 19. Con il cantiere della nuova sede dell’Università Bocconi in via Roentgen dal 2003 al 2008 si conclude la costruzione del campus fra il parco Ravizza e viale Bligny, cominciato nel 1941 con la realizzazione di Pagano e Predaval. La Bocconi, grande istituzione milanese, racchiude così in diversi edifici lo sviluppo delle tecniche di costruzione nel nostro intervallo. Un tragitto a tappe di rilievo riferito all’ambiente milanese e lombardo che riallinea lo scarto dalla cultura globale con la realizzazione dell’edificio di Grafton Architects, contrassegnando la sua presenza di stampo europeo nel panorama internazionale contemporaneo. Una differenza che sta già negli esordi quando, poco dopo la conclusione dei lavori delle aule di Ignazio Gardella, nel 2001 l’università milanese opta invece per un concorso internazionale a inviti per la progettazione di un nuovo edificio dedicato alla ricerca scientifica con aula magna, aule per conferenze e uffici per i docenti, secondo la conclusione prevista dal “Piano Bocconi 2000” che programmava nel 1983 l’espansione delle attrezzature universitarie su tutta l’area a disposizione compresa fra le vie Sarfatti, Bocconi, Bligny e Roentgen. Giuria internazionale e presidente 216 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:10 Pagina 217 Progetto e cantiere, idea e costruzione L’opera in cemento armato che regge la struttura metallica degli uffici Mondadori a Segrate. decidono unanimemente nel gennaio del 2002 di assegnare la vittoria al progetto di Yvonne Farrel e Shelley McNamara, architetti irlandesi titolari di Grafton Architects. Il progetto si distingue per la continuità dello spazio pubblico al piano terreno, per l’ingresso verso l’aula magna e gli altri edifici del campus attraverso i cavedi del corpo uffici. Fin dagli elaborati di concorso il fitto tessuto degli spazi è sostenuto dalla distribuzione disposta in profondità per la lunghezza dell’edificio secondo l’estensione del lotto su via Roentgen, mentre l’aula magna occupa strategicamente l’angolo su viale Bligny con il vuoto sotto il volume sagomato a cavea. Il dispositivo strutturale dell’edificio è in cemento armato ordinario con elementi in cemento armato precompresso, “presollecitati” o “post-tesi”57, portati da travi parete alte quanto l’edificio, accoppiate per la misura della distribuzione in profondità, che reggono i corpi di fabbrica degli uffici disposti in lunghezza sulla campata di 24 metri, sostanzialmente appesi alle travi di copertura. “Il più singolare elemento sono le cosiddette travi-parete che sostengono in copertura le travi principali, cui sono appesi tutti i solai”. Sopra di esse saranno realizzate le travi principali in calcestruzzo post-teso, sulle quali verranno ancorati tiranti di acciaio di sostegno 217 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:10 Pagina 218 Giulio Barazzetta Università Bocconi. Pianta delle fondazioni e veduta degli edifici progettati da Pagano e Predaval, 1941. dei solai sottostanti58. Com’è testimoniato dalle immagini dell’avanzamento lavori dal 2004 al 2007, quello che sarà l’edificio completo è già evidente nel cantiere della nuova sede dell’Università Bocconi di Gdm Costruzioni. Una soluzione strutturale della costruzione di un edificio a pianta libera sollevata sul piano terreno era già stata annunciata dalla costruzione della sede Olivetti di Firenze (1969-1971) di Alberto Gilardi con Silvano Zorzi e 218 Strina-aie-001-304:Layout 1 24/11/11 16:12 Pagina 219 Progetto e cantiere, idea e costruzione Sezioni delle struttura e veduta del complesso in costruzione su progetto di Grafton Architects, 2007. Foto Federico Brunetti. fotografia di architettura © Federico Brunetti - www.federicobrunetti.it 219 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:10 Pagina 220 Giulio Barazzetta dal progetto di Luigi Moretti e Silvano Zorzi per la sede Enpdep costruita a Roma nel 1970-197259. Il carattere predominante di queste opere della migliore ingegneria e architettura italiana e della nuova Bocconi è la macchina strutturale in calcestruzzo, la trama ordinata di pilastri, setti, muri, travi che sorreggono piastre di solai sospesi nel vuoto per costruire un grande edificio alleggerito, che imita il tessuto urbano, sollevato sullo spazio pubblico ininterrotto del piano terreno. Così struttura e tecnica, progetto e cantiere, idea e costruzione garantiscono l’arte del costruire. 20. Come è illustrato negli esempi di questo repertorio, l’impresa di costruzioni, la tradizione imprenditoriale della messa in opera60 del manufatto edilizio come di sistemi di prefabbricazione integrata, è stata oggi progressivamente sostituita dalla produzione organizzata per appalti e subappalti centralizzati da società capo-commessa61, sostanzialmente operanti come coordinamento tecnico ed economico di forniture. La costruzione procede per opere specialistiche, per intere fasi contrattate separatamente e susseguente- 220 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:10 Pagina 221 Progetto e cantiere, idea e costruzione Schizzi preliminari di Renzo Piano per la sede de «Il Sole 24 ore», 1998. A fianco, assemblaggio in officina di una trave a grande luce del corpo di fabbrica interno. mente realizzate in cantiere, completate da forniture di parti in elementi prefabbricati e/o prodotti industriali posati artigianalmente. Un’egemonia logistica e finanziaria che corrisponde per molti versi a un impoverimento del contenuto specifico della produzione edilizia in cui all’edificazione dell’opera completa si è aggiunta, se non sostituita, una prevalenza di aspetti commerciali, garanzie di fornitura, standard di qualità livellati su obiettivi certificabili. A questi si aggiunge il controllo dei costi, con il rischio di appiattire differenze qualitative, nelle quali il contributo più rilevante è sempre di più quello impiantistico. Impianti e produzione di energia sommano importi di spesa che si sono venuti allineando nel tempo a quelli strutturali e delle finiture per superarli: se prima il fenomeno era circoscritto agli edifici pubblici e produttivi, ora è riscontrabile sempre più nella produzione dell’edilizia residenziale. Ciò corrisponde all’incremento di valore d’uso che va progressivamente assumendo il contributo energetico e impiantistico nella costruzione. In questo stesso quadro di efficienza si è voluto recentemente dimostrare il superamento delle esperienze a basso contenuto tecnologico tradizionale 221 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:10 Pagina 222 Giulio Barazzetta 222 Strina-aie-001-304:Layout 1 24/11/11 16:12 Pagina 223 Progetto e cantiere, idea e costruzione Il montaggio della vela del Nuovo Polo Fiera Milano a Rho, 2004. Foto Federico Brunetti. A fianco, fasi di costruzione del padiglione Breda alla Fiera di Milano, 1951. fotografia di architettura © Federico Brunetti - www.federicobrunetti.it 223 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:10 Pagina 224 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:10 Pagina 225 Progetto e cantiere, idea e costruzione dell’edilizia rivolgendo l’industrializzazione del settore verso la costruzione high-tech. Qui ha trovato spazio la tendenza al trasferimento di tecnologie dai settori della ricerca sui materiali avanzati dell’industria navale e aeronautica, della produzione di cavi e membrane, a quello della costruzione civile in una sorta di esibizionismo tecnologico. L’aspetto energetico, in primo piano come questione tecnica preponderante, è stato investito fin dalla crisi degli anni settanta dalla ricerca di una possibile sostenibilità ambientale, ma sta diventando solamente ora a tutti gli effetti un orientamento di base del progetto, come lo sono stati a suo tempo la struttura e la tecnica delle costruzioni. La costruzione è presieduta dalla profusione di competenze che ha sostituito la triade architetto-ingegnere-costruttore, una guida molteplice che circonda progetto e cantiere in tutto il processo della realizzazione, dall’individuazione di un sito per l’attuazione di un programma, sino all’opera finita, al collaudo e alla sua gestione nell’uso. A questo stato di cose si giunge convogliando l’esperienza del progetto integrato e della sua ingegnerizzazione, la necessità di direzione di diverse figure concorrenti che corrispondono alle diverse competenze, così come l’ineluttabile necessità di controllo e conduzione delle fasi: preliminare, definitiva ed esecutiva, concettuale e costruttiva. Ne risulta, per ora, un modo di fare che sottomette a criteri di amministrazione d’affari e di gestione aziendale e finanziaria, un progetto destinato alla costruzione, ma questa condizione pone in luce e spinge all’identificazione le diverse parzialità professionali dell’edificazione come presupposto di nuove possibilità. L’introduzione di procedimenti di calcolo e di disegno computerizzati ha sottoposto a tensioni il progetto nei termini di un suo esibizionismo nella rappresentazione e lo mette costantemente alla prova in direzioni opposte. Per un verso nel senso di un sempre maggiore adattamento a strumento esecutivo di previsione dei processi e anticipazione dei fatti, separando le parti e gli elementi in livelli compresenti e rendendo possibile la loro integrazione; adattamento indirizzato ora alla parametrizzazione che permette di procedere sempre più analiticamente verso la costruzione, ma che ha per conseguenza la riduzione dei procedimenti d’invenzione a favore di quelli di ricalco nella rappresentazione. All’opposto, la direzione è quella della modellazione virtuale, che non ha più solo lo scopo della valutazione anticipata degli effetti o di comunicazione delle operazioni immobiliari, ma permette direttamente la simulazione dell’edificio come costruzione e diviene sempre più strumento privilegiato di produzione parametrica diretta delle forme disegnando anche i procedimenti, le tecniche della costruzione. Come si è visto, anche nei casi di cui abbiamo parlato, queste condizioni corrispondono a nuove possibilità del progetto e della costruzione. A fianco, Porta Nuova, lavori in corso, 2011. 225 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:10 Pagina 226 Giulio Barazzetta 1 2 3 4 5 Dedica della prima pietra del Palazzo dell’Arte al Parco, sede della Triennale, Milano, 1931. Si riportano in nota alcuni estratti dalle interviste realizzate nel gennaio-marzo 2010 ai membri degli organi direttivi di Assimpredil all’interno del progetto Storia Assimpredil curato dal Centro per la cultura d’impresa. Intervista a Luca Beltrami Gadola (22/1/2010) da trascrizione: “La costruzione della metropolitana era stata una grande dimostrazione, mai più ripetuta, di affinità ideologica tra il mondo dell’imprenditoria edile milanese e la società civile. Non c’erano i soldi, la metropolitana fu fatta tutta con risorse milanesi, fu emesso un prestito obbligazionario, i milanesi sottoscrissero le obbligazioni… quello fu, in realtà, un vero project financing, nel senso che le imprese accettarono il pagamento da parte della metropolitana di obbligazioni sottoscritte dai cittadini milanesi per la realizzazione di questa cosa. Allora c’era una grande fiducia dei milanesi nella pubblica amministrazione comunale e, diciamo, una sorta di solidarietà generale… la città viveva questa iniziativa come una grande opera collettiva”. Intervista a Mario Lodigiani (2/2/2010) da trascrizione: “Mi sono sempre occupato più di infrastrutture, ma se lei guarda come si scavava una galleria 40 anni fa e come la si scava adesso, sono due cose che non sono parenti. Anche i materiali in cui 40 anni fa neppure si sarebbe potuto scavare, per esempio il materiale sciolto… 40 anni fa sì, 60 anni fa no, e si scava senza dare fastidio a nessuno: per la linea 1 si è sventrata Milano, la linea 3 si è fatta senza che nessuno se ne accorgesse, adesso la linea 5 pure… sui metodi costruttivi certamente c’è stata forte innovazione, io credo anche sui materiali…”. Ibidem: “Kariba 1956, è una delle date storiche della nostra storia e della storia delle costruzioni… A Kariba eravamo: Impresit che è Fiat, Girola, Lodigiani e Torno, in consorzio, perché eravamo quelli all’epoca che sapevamo fare le dighe in calcestruzzo, in Italia non ce n’erano, c’era Farsura oltre a noi… Al termine del lavoro si è creata l’Impregilo pariteticamente tra Impresit, Girola e Lodigiani, quindi Fiat e due famiglie, e la società aveva come unico scopo lavori idroelettrici al di fuori dell’Europa. L’Impregilo di quegli anni, del periodo tra il 1960 e gli anni novanta, credo che sia stata la prima impresa del mondo nel suo settore dal punto di vista dimensionale, non in termini di fatturato; 226 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 forse di fatturato nelle dighe. L’Impregilo fa fatica a limitare a venti dighe importanti quelle che ha fatto e che sta facendo ancora… quando ero amministratore delegato dell’Impregilo ho firmato il primo contratto per una diga in Cina; tre anni dopo il mercato cinese per le imprese straniere, relativamente alle dighe, era già finito, perché fanno tutto loro, quindi non si servono neanche più di consulenti”. Cfr. S. PORETTI, Struttura e architettura nel modernismo italiano, in «Rassegna di Architettura e Urbanistica», 2007, n. 121/122. Cfr. O. HOFMANN, Le strutture in cemento armato del palazzo dell’arte di Milano, in «Rassegna di Architettura», 1933, n. 3. Cfr. D. VITALE, Edilizia residenziale. Lingeri, Terragni e le case milanesi, in Costruire in Lombardia 1880-1980, Milano, Electa, 1985. Come il cantiere dell’impresa Porqueddu, Genova, 1906 e la ricostruzione di Messina, 1908; cfr. TULLIA IORI, Il cemento armato in Italia dalle origini alla seconda guerra mondiale, Roma, Edilstampa, 2001. Su questo argomento cfr. S. PORETTI, Struttura e architettura nel modernismo italiano, cit. Cfr. G. VERONESI, Baldessari, in Luciano Baldessari architetto, Trento, 1957; G. CONTESSI, Une promenade architecturale metallurgique, Luciano Baldessari: i padiglioni Breda alla fiera di Milano, in Accoppiamenti giudiziosi, a cura di A. Giorgi e R. Poletti, Milano, Skira, 1995; M. SAVORRA, Capolavori brevi /Luciano Baldessari, la Breda e la Fiera di Milano, Milano, Electa, 2008. Cfr. «Rassegna di Architettura», 1939, n. 5. Cfr. «Costruzioni Casabella», 1942, n. 170171 e 1946, n. 195-198. S. PORETTI, Struttura e architettura nel modernismo italiano, cit. Cfr. S. GUIDARINI, Ignazio Gardella e l’architettura italiana, Milano, Skira, 2002; F. Aprà, Case da pigione borghesi a Milano in «Controspazio», 1972, n. 11-12. Cfr. F. REGGIORI, Un palazzo a Milano a fianco del Duomo. Pareri, dispareri, notizie, commenti, Milano, Officine Grafiche Esperia, 1951. Cfr F. DE MIRANDA e L. STRATA, Le strutture degli edifici ad alto contenuto tecnologico, in Milano ricostruisce 1945-1954, Milano, Ed. Cariplo, 1990. Cfr. ARCHITETTI FIGINI E POLLINI, in Figini e Pollini,a cura di S. Protasoni, Milano, Electa, 2010. Committente dell’edificio di via Broletto 37 a Milano è la Banca Manusardi con Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:10 Pagina 227 Progetto e cantiere, idea e costruzione 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 l’Istituto Centrale Banche Popolari; cfr. F. CARPANELLI, Come si costruisce oggi nel mondo, Milano, Hoepli, 1955. Cfr. P. BOTTONI, Antologia degli edifici moderni in Milano, Editoriale Domus, Milano, 1954; A. M. TALANTI, Storia dell’industrializzazione edilizia in Italia 1945-1974, Milano, A.I.P., 1979. Progettata da Gabriele Mucchi, cfr. Case di Abitazione prefabbricata al QT8, catalogo n. 37, in Archivio dei disegni e dei progetti di architettura di Gabriele Mucchi, a cura di A. Rossari, Politecnico di Milano, Dpa, Milano, 1993. Alcuni sistemi sono stati in uso sino agli anni settanta. Al convegno partecipa anche il Collegio lombardo delle imprese edili Clie, da costituito, con contributi poco di diversi imprenditori. Degli aspetti tecnici e costruttivi si occupa l’ing. Arnoldo Ferraresi con una proposta di miglioramento delle forme di produzione. Cfr. L’aspetto economico e pratico del problema della ricostruzione edilizia. Brevi memorie di alcuni costruttori milanesi, a cura di Clie, Milano 14-15-16 dicembre 1945. Cfr. A.M. TALANTI, Storia dell’industrializzazione edilizia in Italia 19451974, cit., vol. 2, p. 2. Cfr. «Edilizia popolare», 1956, n. 8. Questa esperienza di unificazione rivolta ai problemi dell’industrializzazione ha sullo sfondo anche la discussione sul “modulo” seguita al Ciam di Bergamo. Cfr. A.M. TALANTI, Storia dell’industrializzazione edilizia in Italia 19451974, cit. p. 36. M. Villa direttore tecnico Iacpm. Cfr. A. M. TALANTI, Storia dell’industrializzazione edilizia in Italia 1945-1974, cit. Ibidem; M. GRANDI e A. PRACCHI, Milano, guida all’architettura moderna, Bologna, Zanichelli, 1980. Intervista a Luca Beltrami Gadola, (22/1/2010) da trascrizione: “Quando arrivai all’Assimpredil era il grande momento dell’edilizia residenziale pubblica, il periodo dagli anni ’65 fino a tutti gli anni ’73, ’74, ’75, della grande stagione della prefabbricazione. Molte imprese si consorziarono per utilizzare dei brevetti di prefabbricazione secondo diversi filoni tecnologici… questa esperienza non fu così felice come fu in Francia. Tutti noi avevamo come obiettivo, come miraggio, le tecnologie francesi di prefabbricazione perché i francesi si erano mossi prima di noi, avevano messo a punto dei brevetti… 31 c’erano i sistemi Balency, Tracoba, Coignet, eccetera… non ebbe molta fortuna questa cosa perché la cultura diffusa, il sentire della gente per quanto riguarda la casa, in Italia è sempre stato molto particolare rispetto agli altri Paesi. Si è sempre attribuito alla casa un valore simbolico, molto più alto di quanto non si fosse attribuito all’estero. Quindi la prefabbricazione, che era un po’ brutale nei suoi progetti, nei suoi aspetti, molto scarna, parsimoniosa, non c’era molta possibilità di divagazioni architettoniche, … in fondo non piacque. Fu molto rigida… Lo stesso Istituto autonomo case popolari oggi Aler favorì queste cose ma doveva essere lui il principale committente e lui stesso, al suo interno, aveva dei conflitti, come dire, tecnico-culturali, alcuni erano d’accordo, altri no quindi quell’esperienza non non fu così felice. Molti ci lasciarono anche un po’ di soldi, poi si cercò, negli anni successivi, di affrontare l’altro tema, che era non più la prefabbricazione totale ma la prefabbricazione per componenti, che era una versione un po’ diversa, più riduttiva del problema della prefabbricazione e, proprio in quegli anni, in Assimpredil, per merito di Riccardo Meregaglia si sviluppò … un approccio tecnologico a questi problemi, (affiancato da) un approccio culturale. Fu una stagione in cui l’Assimpredil rappresentava effettivamente il mondo delle costruzioni milanesi”. Intervista a Marcello Botta (21/1/2010), da trascrizione: “Meregaglia Riccardo era un altro costruttore notevolissimo, uno dei pochi che ha avuto il coraggio di fare edilizia prefabbricata quando noi di edilizia prefabbricata non sapevamo nulla. L’Istituto Case Popolari ha fatto un grosso bando per quei grandi quartieri che ancora oggi vediamo… grossi insediamenti insomma, 100 case, perché per fare la prefabbricazione ci vogliono dei numeri. Cinque imprese sono state capaci di andare in Francia, pattuire delle joint venture con aziende francesi… la Francia è molto più tranchant, non fa le case bene come noi: tubi in vista, parliamo di case di edilizia popolare, chiamiamola così, loro sono degli innovatori. E avevano delle aziende prefabbricate perché disponevano di manodopera algerina… la prefabbricazione ti consente di fare delle case rapidamente con manodopera relativamente specializzata, perché non hai più da far l’intonaco, il muro… viene tutto da casseri. Allora Meregaglia ha avuto il grande merito, insieme ad altre quattro importanti imprese italiane, di credere nella prefabbrcazione … poi, non solo di 227 Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:10 Pagina 228 Giulio Barazzetta 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 crederci, ma di farla diventare un fiore all’occhiello suo. Nella sua azienda, ad Assago, aveva un grande stabilimento di prefabbricazione, ogni tanto faceva dei convegni per i costruttori e allora mostrava i disegni. Poi abbiamo preso anche noi un sistema che si chiamava Utinor dopo avere vinto una sciagurata gara della Regione, sciagurata perché, dopo tanta fatica, abbiamo vinto la gara che consisteva nel costruire 100 case nei paesi dell’hinterland milanese, ci siamo messi in cinque o sei imprese, sono andato a Parigi un mesetto, poi abbiamo preso accordo con questo Utinor e abbiamo lavorato bene, cioè siamo arrivati a dei rendimenti simili a quelli francesi… Quando abbiamo imparato, la Regione ha chiuso il bando: abbiamo fatto quattro case. Abbiamo speso una barcata di soldi! Ho riempito il magazzino di ferro, che è diventato polvere, sbriciolato… Ed è stata forse la delusione più grossa della mia vita… Non ho più concorso a gare di questo tipo. Mi meraviglio di come mai io e i miei amici non abbiamo fatto causa…”. Cfr. «Dedalo», 2010, n. 17. Cfr. «Domus», 1978, n. 583, dedicato al concorso per le ricostruzione del Friuli con il progetto “Spazio 3” in copertina. GUIDO NARDI, Industria e industrializzazione edilizia, in Costruire in Lombardia 1880-1980, Industria e terziario, a cura di O. Selvafolta, Milano, Electa, 1986. Cfr T. IORI, L’ingegneria del miracolo italiano, in «Rassegna di Architettura e Urbanistica», 2007, n. 121/122, p. 33. Progettisti A. Mangiarotti e A. Favini, impresa Friserio, Conegliano. Impresa Cooperativa Lavoranti e Muratori, Prefabbricazione Astori. Prefabbricazione in situ: stabilimento Alfa Romeo, Arese, magazzino, 1973, progettisti U.T. Alfa Romeo, studio Finzi e Nova, impresa Mbm Meregaglia, in Costruire in Lombardia, Industria e Terziario, cit. Cfr. Realizzazioni italiane in cemento armato precompresso 1962-1966, Anicap-Aitec in supplemento a «L’industria italiana del cemento» 1966, n. 6. Cfr. L. BIRAGHI, Il nuovo centro operativo dei F.lli Gondrand a Segrate, in «L’industria italiana del cemento», 1968, n. 8; Aldo Favini architettura e ingegneria in opera, a cura di G. Barazzetta, Milano, Libreria Clup, 2004. Cfr. Realizzazioni italiane in cemento armato precompresso 1962-1966, cit. Cfr. Marco Zanuso Architetto, a cura di M. de Giorni, Milano, Skira, 1999; F. CIGLIANO, 228 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 Marco Zanuso Adriano Olivetti, industrializzazione e progetti, tesi di laurea Politecnico di Milano, a.a. 2009/2010. Cfr. L. SPINELLI, Steel for the new exhibition pole in Milan, in «Domus-network», 2004. Rimandiamo per completezza a «Rassegna di architettura e urbanistica» a cura di T. Iori e S. Poretti, 2005, n. 121/122. Cfr. AA. VV. Silvano Zorzi, ingegnere 19501990, a cura di A. Villa, Milano, Electa, 1996. Cfr. Realizzazioni italiane in cemento armato precompresso 1962-1966, cit. Cfr. S. ZORZI, Ponti e viadotti, evoluzione e tecnologia in funzione dello sviluppo della rete autostradale italiana, Roma, De Luca, 1981; AA.VV., Silvano Zorzi, ingegnere 1950-1990, a cura di A. Villa, cit. Ibidem. Dal 1968 Zanuso, Crescini e Cegnar. Cfr. ALFREDO PASSERI, La sede Ibm a Segrate, in «L’Industria delle Costruzioni», 1977, n. 72. Cfr. S. BRANDOLINI, Gli uffici Ibm a Segrate, in AA.VV., Costruire in Lombardia. Industria e Terziario, cit. Affiancato dagli ingegneri Pozzo Campello e Calanca. Cfr. R. DULIO, Il palazzo Mondadori, Milano, Electa, 2007. Cfr. G. BARAZZETTA e R. DULIO, Bruno Morassutti, opere e progetti 1920-2008, Milano, Electa, 2009. Cfr. F. IRACE, La fabbrica dell’informazione, in Renzo Piano Building Workshop, nuova sede per il sole 24 ore, a cura di R. Poletti, Milano, Il Sole 24 ore, 2004. Qui preme evidenziare che le differenti tecniche di costruzione in calcestruzzo e in acciaio, con la costruzione dei piani interrati e seminterrati e del corpo dei servizi interno, l’integrazione del fabbricato esistente con la sopraelevazione degli uffici di direzione, della copertura e di quella vetrata della collina interna, rappresentano una precisa e circostanziata interpretazione del concetto di basamento come sistemazione del terreno, in dialogo con quelli di copertura e rivestimento in vetro e laterizio, come intreccio di carpenteria e di riparo: earthwork e roofwork della migliore tradizione. Cfr. E. PEREIRA, Ingegneria dell’architettura, in AA.VV., Un cuore di cristallo per Milano, la nuova università Bocconi, Milano, Editoriale Domus, 2008. Cfr. S. CASCIANI, Un cuore di cristallo per Milano in AA.VV., Un cuore di cristallo per Milano, la nuova università Bocconi, cit. Strina-aie-001-304:Layout 1 23/11/11 11:10 Pagina 229 Progetto e cantiere, idea e costruzione 59 60 Cfr. Realizzazioni italiane in cemento armato precompresso, VII congresso FIP, New York, 1974, AITEC; F. GRAF, Le strutture in tensione come sentimento della costruzione, in Luigi Moretti, a cura di B. Reichlin e L. Tedeschi, Roma- Milano, Mendriso, 2010. Intervista a Guido Bellani (19/1/2010), da trascrizione: “L’impresa tradizionale era un’impresa che costruiva… c’era allora, per dire, mio nonno che conosceva il commendator Rossi, che diceva: “Guardi, io voglio costruire una casa” e… non dico senza contratto, ma quasi: con una stretta di mano gli dava l’incarico e si fidava e la casa veniva costruita. Oggi è un po’ tutto diverso, perché oggi nel lavoro per conto terzi i prezzi sono tirati, la concorrenza è forte, ci sono tante ditte non milanesi che operano con cottimisti e magari con operai non tutti in regola eccetera, per cui alla fine, magari con il rischio di non avere qualche pagamento, tanti costruttori, nei momenti favorevoli, perché ci son stati anche momenti peggiori, si sono dati a costruire per conto proprio e poi a vendere. E allora l’impresa si è trasformata da una vera impresa di costruzione a general contractor, cioè [non è più] un’impresa che aveva parecchi tecnici, studiava i progetti, analizzava le parti tecniche e poi dopo subappaltava i getti di cemento armato, le carpenterie o gli impianti eccetera…”. 61 Intervista a Mario Lodigiani (13/5/2010) da trascrizione: “Il problema di fondo è, sempre, come si organizza o come si può influire a far organizzare la committenza. Ovviamente, la grande impresa tende ad avere pochi grandi appalti, la media impresa e ancor più la piccola, tende ad avere tanti piccoli appalti… La politica italiana ha sempre favorito la media o piccola impresa, facendo pochi, cioè tanti piccoli appalti. In realtà gli appalti sono stati di taglio medio, perché anche la linea 3 della Metropolitana non è stata realizzata con un unico appalto come oggi la linea 5 in project financing eccetera, è stata fatta in una decina di appalti, quindi appalti medi. Appalti medi dove le imprese si sono ugualmente raggruppate, anche proprio per perché non si creassero eccessi di rivalità all’interno del sistema. Era in quegli anni un’abitudine che agli appalti le imprese partecipassero in raggruppamento tra grandi e medie… Se lei oggi guarda le dimensioni degli appalti e li paragona con quelli di 15 anni fa, quello che allora era considerato un grosso appalto oggi non è neppure medio… Credo che la discriminante sia stata l’alta velocità, cioè l’alta velocità ha moltiplicato gli importi degli appalti per alcuni ordini di grandezza”. 229