Università degli Studi di Torino DIPARTIMENTO DI FISICA LABORATORIO I Corso di laurea in Fisica, Anno Accademico 2007-2008 COGNOME: NOME: GRUPPO N. RELAZIONE SULL’ESPERIENZA DEL 29/02/2008: ROTAIA A CUSCINO D’ARIA Introduzione Lo scopo dell’esperienza è quello di verificare le leggi che regolano il moto uniforme e uniformemente accelerato. Nel primo caso si ha una proporzionalità diretta tra gli spazi percorsi e i tempi impiegati a percorrerli. Perciò si avrà: ∆s = v ⋅ ∆t v = cost (1) Nel secondo caso poiché il corpo è soggetto a forze esterne costanti subisce un’accelerazione anch’essa costante e si ha: s = s0 + v0 ⋅ t + 1 a ⋅t2 2 (3) v = v0 + a ⋅ t (4) Durante l’esperienza sarà utile anche la legge fondamentale che lega la forza e l’accelerazione: F=ma (5) Dove F rappresenta la risultante delle forze che agiscono sul corpo. Strumentazione Rotaia a cuscino d’aria con asta graduata. Carrello di forma adeguata alla rotaia e di massa Mc = (100 ± 1) g. Una banderuola fissata sul carrello di larghezza l = (4.92 ± 0.02) mm. Due fotocellule collegate a un computer dotato di programmi adeguati. Un elettromagnete. Un calibro. Quattro pesetti di 1 grammo l’uno. Procedimento La rotaia a cuscino d’aria è un dispositivo che permette di diminuire in modo notevole gli effetti dell’attrito. Per farlo si dispone un carrello su una rotaia metallica cava e bucherellata e attraverso una pompa si immette nella cavità un getto d’aria che esce dai buchi posti sulla rotaia. Questo getto diretto verticalmente verso l’alto crea una forza che tende a sollevare il carrello. Attraverso un foro regolabile praticato nel tubo che collega la pompa alla cavità è possibile regolare il getto d’aria in modo opportuno. Figura 1 2 Così facendo è possibile ricreare una forza verticale che sia uguale e opposta alla forza peso; in questo modo la reazione normale della rotaia al peso del carrello si annulla e con lei la forza di attrito, infatti ricordiamo che: Fatt = µ ⋅ N Dove µ è un coefficiente che dipende dai due corpi a contatto e N è il modulo della reazione normale della superficie su cui è appoggiato il corpo. In realtà, come vedremo non si riesce a eliminare del tutto gli effetti della forza di attrito, tuttavia essi risultano decisamente ridotti. Dopo aver predisposto la rotaia nel modo appena descritto si è posto il problema di ricreare i vari tipi di moto sempre con le stesse condizioni iniziali. Per farlo si è adottata la seguente strategia: il carrello è stato collegato con un filo di seta a quattro pesetti, ognuno di massa 1 grammo; il filo è stato inserito in una carrucola e i pesetti sono stati lasciati appesi a mezz’aria come mostrato in fig. 2. In questo modo i pesetti sono in grado di imprimere al corpo un’accelerazione che è possibile stimare grazie alla seconda legge della dinamica: si scrivano le equazioni del moto dei corpi C e m considerandoli come punti materiali e considerando il filo inestensibile e di massa trascurabile e la carrucola ideale (I = 0): F − M C g = 0 T = M C a {T − mg = −ma Sottraendo membro a membro la terza equazione dalla seconda si ha: m ⋅ g = (m + M C ) ⋅ a Da cui: at = m⋅g m + Mc (6) Figura 2 3 In questo modo si è in grado di fornire al carrello un moto uniformemente accelerato. Resta il problema di rendere tale moto uniforme. Tale problema si risolve facilmente ponendo la piattaforma P mostrata in fig.2 sotto i pesetti. In questo modo il moto sarà accelerato fino a quando i pesetti non raggiungono la piattaforma, dopodiché si avrà un moto rettilineo uniforme. Questo modo di operare ci permette anche di risolvere il problema della velocità iniziale del moto. Infatti se noi facciamo in modo che il corpo parta da fermo si avrà sempre un moto accelerato per un tratto h pari alla distanza dei pesetti dalla piattaforma e da lì in poi un moto uniforme. Allora, combinando la (2 )e la (3) con v0 = 0, s0 = 0 e s = h, si ha v = 2⋅a⋅h Siccome a e h sono quantità costanti siamo sicuri che la velocità all’inizio del moto uniforme sia sempre la stessa. Di conseguenza se si vuole studiare il moto uniforme del carrello sarà sufficiente utilizzare due fotocellule: la fotocellula F1, posta a distanza d > h dalla posizione di partenza e la fotocellula F2 in un qualsiasi altro punto. In questo modo d (F 2 F1) = cost ∆t Per studiare il moto uniformemente accelerato invece è sufficiente una sola fotocellula, infatti se si toglie la piattaforma P il corpo parte da fermo e prosegue di moto uniformemente accelerato, quindi è sufficiente rilevare il tempo trascorso dalla partenza al passaggio davanti alla fotocellula. L’ultimo problema da risolvere, quindi è quello di sincronizzare al meglio la partenza del carrello e quella del cronometro. L’utilizzo del computer permette di utilizzare la semplice pressione di un tasto per dare il via al carrello e al cronometro: con l’ausilio si un elettromagnete, infatti si fa in modo che il corpo resti fermo nell’origine e che, al momento della pressione del tasto, venga aperto il circuito che alimenta l’elettromagnete e simultaneamente venga attivato il cronometro. In questo modo chiaramente si ha un’ottima sincronia tra la partenza del carrello e quella del cronometro. I problemi a livello sperimentale, tuttavia, non mancano: l’elettromagnete infatti se molto carico tende a esercitare una forza magnetica residua anche dopo l’apertura del circuito e quindi a modificare l’accelerazione del corpo. Per rendere minimo questo effetto si è effettuata una precisissima taratura dell’elettromagnete rispetto al carrello in modo tale che la forza esercitata col circuito chiuso sia appena sufficiente a mantenere il corpo fermo. Questo rende l’esperimento estremamente delicato, infatti è sufficiente un colpo al piano di appoggio della rotaia per far partire il carrello. Dopo aver disposto ogni cosa come descritto è il momento di effettuare le misure preliminari. Innanzitutto si misura la massa del carrello che è stata riportata nella strumentazione. Per quanto riguarda la massa m dei pesetti si assume che questa valga 4 grammi e non si considera la sua incertezza. L’unico problema che si incontra nelle misure preliminari è quello delle distanze lungo la rotaia: seppur si disponga di un’asta graduata, infatti, il suo zero non è posto nel punto di partenza del carrello, ma in un punto leggermente più avanzato. Questo, come vedremo, non causerà problemi per quel che riguarda il moto uniforme, ma si dovrà apportare qualche correzione per il moto uniformemente accelerato. La misura della distanza d’ dal punto di partenza del carrello allo zero dell’asta graduata ha causato qualche problema. Infatti per motivi di dimensioni del carrello non si è potuto calcolare questa distanza tenendo la squadra attaccata alla rotaia, ma si è dovuto tenere circa 1 cm di distanza. Chiaramente questo tipo di misura rende molto probabile un errore di parallasse. In ogni caso si è trovato: d’ = (6.6 ± 0.1) cm Nel seguito si indicherà con d’ tale distanza, con d’’i la distanza della fotocellula dallo zero dell’asta graduata e con d’’’ un’ulteriore distanza che separa l’inizio del supporto della fotocellula e la 4 fotocellula stessa. Essa è costante e vale: d’’’ = (9.64 ± 0.02) mm La distanza totale della fotocellula dal punto di partenza sarà data da: di = d’+ d’’i+ d’’’ Finora non è stato evidenziato il ruolo chiave della banderuola che viene posta sopra il carrello e fa scattare le fotocellule al suo passaggio. Anche la larghezza di tale banderuola è una misura preventiva che è stata effettuata con l’ausilio di un calibro e che è riportata nella strumentazione. Il ruolo di tale misura diventerà più chiaro in seguito. Valutazione dell’errore Dopo aver effettuato le misure elencate sopra si è cominciato a effettuare le misurazioni dei tempi. Le misurazioni sono essenzialmente di due tipi: misura del tempo impiegato a percorrere lo spazio dalla partenza alla fotocellula F1 o da F1 a F2 e misura del tempo di oscuramento della banderuola. La prima misurazione generalmente dà risultati dell’ordine del secondo, mentre la seconda ha ordine di grandezza del centesimo di secondo e indica il tempo in cui la fotocellula viene oscurata a causa del passaggio della banderuola B. I primi tempi ci serviranno a valutare la dipendenza degli altri fattori del moto dal tempo stesso, mentre gli altri, visto lo spazio estremamente ridotto, ci serviranno a valutare la velocità istantanea nei vari punti del moto. Siccome lo strumento che ci è stato fornito ha una sensibilità di 10-5 sec diventa problematico considerare tale sensibilità come errore su un tempo dell’ordine di 1 sec. Per questo motivo si è deciso di effettuare una serie di 30 misure iniziali fissando la fotocellula F1 a distanza d’’ = (12.0 ± 0.1) cm dallo zero dell’asta graduata e rilevando sia il tempo impiegato a percorrere la distanza d = d’+ d’’+ d’’’ , sia il tempo di oscuramento della banderuola. Siccome 30 è il limite minimo di dati per considerare notevole il campione dal punto di vista statistico si è deciso di provare a verificare la distribuzione di probabilità di questi valori. (t ± 0.0001)s 1.0905 1.0908 1.0984 1.0987 1.0983 1.0970 1.0981 1.0982 1.0984 1.0946 (t’±0.01)ms 1.0959 1.1002 1.0989 1.0998 1.0971 1.0939 1.0930 1.0967 1.0928 1.0953 1.0926 1.1005 1.0994 1.0954 1.0979 1.0938 1.0958 1.0960 1.0961 1.0982 16.44 16.47 16.52 16.55 16.56 16.54 16.51 16.52 16.48 16.47 16.45 16.51 16.54 16.58 16.54 16.50 16.54 16.47 16.51 16.48 16.55 16.52 16.54 16.50 16.51 16.51 16.49 16.49 16.47 16.49 5 Si ponga come ipotesi nulla che i valori non si distribuiscano secondo una distribuzione gaussiana e si verifichi se possiamo rifiutare tale ipotesi. Si valutano, per prima cosa, i parametri della distribuzione gaussiana: t = 1.0964 sec σt = 0.0027 sec σ t = 0.0005 sec t ' = 16.51 ms σt’ = 0.03 ms σ t ' = 0.01 ms I valori riportati in Tab.1 vengono raggruppati per classi e posti in un istogramma. Nel caso di t si costruiscono 6 classi, nel caso di t’ 7. I dettagli sono riportati negli allegati 1 e 2. Riportiamo qui solo i grafici: f f 8 10 8 6 6 4 4 2 2 t'Hmsec L tHsec L 1.092 1.094 1.096 1.098 16.44 16.46 16.48 1.102 16.52 16.54 16.56 16.58 Figura 3 Il grafico mostra che è quantomeno plausibile che la distribuzione sia di tipo gaussiano. Per verificare in modo formale questa impressione si è eseguito in entrambi i casi il test del χ2. Per quanto riguarda il tempo t si sono raggruppate le quattro classi agli estremi in due classi. Di conseguenza si ha un solo grado di libertà. Fissiamo come intervallo di confidenza per il χ2 il 5% da entrambe le parti. Allora si ha: χ2c1= 3.84 χ2c2 = 0.004 Siccome si è ottenuto: χ2 = 0.92 possiamo con discreta certezza rifiutare l’ipotesi nulla per quel che riguarda il tempo t. Per il tempo t’ si avevano 2 gradi di libertà. χ2c1= 5.99 χ2c2 = 0.103 Si è ottenuto: χ2 = 0.87 Anche in questo caso possiamo senza dubbio rifiutare l’ipotesi nulla. In definitiva possiamo concludere che le misure dei tempi che effettueremo nel seguito dell’esperienza si dispongono su una distribuzione gaussiana. Diamo una formulazione definitiva dei tempi misurati: t = (1.0964 ± 0.0005) sec t’= (16.51 ± 0.01) sec 6 Risultati sperimentali L’esperimento consisteva essenzialmente di tre parti. Nelle prime due parti si analizza il moto rettilineo uniforme e nella terza il moto uniformemente accelerato. PARTE 1 Nella prima parte si è posta una fotocellula F1 a una distanza d fissa mentre l’altra (F2) è stata posta in sette posizioni diverse. Si voleva verificare la dipendenza lineare tra lo spazio percorso e il tempo impiegato a percorrerlo, quindi si è misurato il tempo impiegato per andare da una fotocellula all’altra. In questo caso, per misurare le distanze, gli spazi d’ e d’’’ sono del tutto ininfluenti infatti quello che ci interessa è la distanza tra le due fotocellule, cioè la differenza delle loro distanze dal punto di partenza e quindi, se d = d’+ d’’+ d’’’ e di = d’+ di’’+d’’’, si ha: ∆d = di’’- d’’ La posizione di F1 è: d’’= (15.4 ± 0.1) cm Per ogni posizione di F2 si sono misurati tre tempi. Riportiamo qui i valori medi ottenuti e le relative incertezze che, visto il numero estremamente ridotto di dati, sono state calcolate con il metodo della semidispersione: σt = t max − t min 2 i (di’’ ± 0.1) cm (∆ ∆d ± 0.1) cm ti (sec) 1 25.2 9.8 0.3331 ± 0.0009 2 35.2 19.8 0.6702 ± 0.0005 3 45.2 29.8 1.0065 ± 0.0017 4 55.3 39.9 1.3472 ± 0.0010 5 65.3 49.9 1.6800 ± 0.0012 6 75.2 59.8 2.0234 ± 0.0034 7 85.3 69.9 2.3633 ± 0.0019 L’errore sul ∆d è stato calcolato con la formula della somma in quadratura degli errori assoluti: σ ∆d = σ d '' 2 + σ d '' 2 = 0.14 cm i Tale valore è stato poi arrotondato a 0.1 cm poiché non ha senso tenere un errore con una precisione dell’ordine di 10-2 cm su una misura con una precisione dell’ordine di 10 -1 cm. Si nota che l’errore risultante è lo stesso che si attribuiva alle singole misure. Questo fatto si può spiegare tenendo conto dell’indipendenza dell’errore sulle misure eseguite: in pratica è poco probabile che il valore reale della somma di due misure con incertezza σ cada a differenza 2 σ dal valore misurato. 7 PARTE 2 Anche la seconda parte è dedicata allo studio del moto uniforme. In questo caso però si misura il tempo di oscuramento della banderuola in vari punti della rotaia e si verifica che la velocità istantanea resti costante. In questo caso la posizione della fotocellula sarà data da di = d’+ di’’+d’’’ e i tempi che vengono riportati, come in precedenza, sono già il valor medio di tre misure con la relativa incertezza valutata con la semidispersione. La velocità v è stata banalmente ricavata come: vi = l t 'i Con l spessore della banderuola. i (di’’ ± 0.1) cm (di ± 0.1) cm t’i (ms) vi (m/sec) 1 15.4 22.9 16.55 ± 0.07 0.297 ± 0.002 2 25.1 32.7 16.67 ± 0.06 0.295 ± 0.002 3 35.1 42.7 16.67 ± 0.11 0.295 ± 0.002 4 45.4 53.0 16.69 ± 0.07 0.295 ± 0.002 5 55.3 62.9 16.69 ± 0.07 0.295 ± 0.002 6 65.3 72.9 16.88 ± 0.03 0.291 ± 0.001 7 75.3 82.9 16.77 ± 0.05 0.293 ± 0.001 8 85.1 92.7 16.78 ± 0.04 0.293 ± 0.001 9 95.2 102.8 16.92 ± 0.03 0.291 ± 0.001 Per l’errore su di vale lo stesso discorso fatto in precedenza per quello su ∆d, infatti anche in questo caso si tratta di sommare in quadratura due incertezze di 0.1 cm con un’altra il cui errore è dell’ordine di 10-4 cm e quindi trascurabile rispetto agli altri due. Per l’errore su v: σ v = vi i σl 2 l + σ t' 2 i t 'i PARTE 3 In questa fase si devono verificare le leggi del moto uniformemente accelerato. Come fatto per il moto uniforme effettuiamo una misura su distanze crescenti e una sui tempi di oscuramento in vari punti della rotaia. In questo caso non viene contata la distanza d’’’ poiché il supporto della fotocellula era girato al contrario rispetto ai casi precedenti e la distanza tra l’inizio del supporto e la fotocellula era decisamente trascurabile. Si riportano allora le distanze di date da di = d’+ di’’. I tempi ti si riferiscono al tratto percorso dal punto di partenza alla fotocellula, mentre i tempi t’i sono quelli di oscuramento rilevati alle distanze di. In entrambi i casi, come in precedenza ogni valore deriva da tre diverse misurazioni. Le velocità istantanee vi si sono ricavate come prima e così i relativi errori. 8 i (di ± 0.1) cm ti (sec) t’i (ms) vi (m/sec) 1 21.7 1.052 ± 0.002 12.97 ± 0.02 0.379 ± 0.003 2 31.8 1.291 ± 0.005 10.75 ± 0.01 0.458 ± 0.002 3 42.0 1.489 ± 0.003 9.28 ± 0.01 0.530 ± 0.002 4 51.7 1.666 ± 0.003 8.37 ± 0.01 0.588 ± 0.002 5 61.7 1.828 ± 0.002 7.64 ± 0.01 0.644 ± 0.003 6 71.8 1.976 ± 0.004 7.04 ± 0.01 0.699 ± 0.003 7 81.7 2.112 ± 0.003 6.64 ± 0.01 0.741 ± 0.003 Elaborazione dati Il metodo che verrà maggiormente utilizzato in seguito per verificare che tipo di dipendenza sussiste tra due serie di valori è quello dei minimi quadrati. Qui si riporteranno solo i risultati più significativi mentre i calcoli in dettaglio sono svolti negli allegati. Tali calcoli essenzialmente costituiscono la risoluzione rispetto a A e B del seguente sistema che si ricava cercando il massimo della funzione di massima veridicità: ∑ yi = N ⋅ A + B ∑ xi i i 2 ∑ xi ⋅ y i = A ∑ xi + B ∑ x i i i i A e B che risultano da tale sistema sono i parametri della retta y = A + B x, che è quella che meglio approssima la dipendenza tra i nostri dati. Nel nostro caso era anche richiesto un fit parabolico. Per farlo si utilizza un metodo che consiste a sua volta nel risolvere un sistema simile al precedente, ma con un parametro in più da ricavare: 2 ∑ y i = N ⋅ A + B∑ xi + C ∑ xi i i i 2 3 ∑ xi ⋅ y i =A∑ xi + B ∑ xi + C ∑ xi i i i i x 2 ⋅ y = A x 2 + B x 3 +C x 4 ∑i i ∑i i ∑i i i i ∑ i (7) La parabola che meglio approssima sarà allora: y = A + B x + C x2 . PARTE 1 Si deve verificare la dipendenza lineare tra gli spazi ∆d e i tempi ti . Per prima cosa si è calcolato il coefficiente di correlazione lineare: r= ∑ (t i − t b )(∆d i − ∆d b ) i ∑ (t i i − tb ) 2 ∑ (∆d i − ∆d b ) 2 i 9 Dove tb e ∆db sono detti valori baricentrici e si trovano: xb = ∑x i i N Si trova: r = 0.999992 Come si vede tale valore è molto vicino a 1 e la p(r > r0) cioè la probabilità che i valori si dispongano in questo modo per puro caso è praticamente nulla. Di conseguenza possiamo effettuare un processo di regressione lineare che ci permetta di stimare i parametri della retta che meglio approssima l’andamento dei nostri dati. Per scegliere quale grandezza porre sull’asse y e quale sull’asse x si è effettuato un calcolo approssimato dell’errore percentuale, poiché il valore sull’asse x viene supposto senza errore. Allora si è visto che l’errore su ∆d è circa dello 0.2%, mentre quello su t dello 0.08%. Di conseguenza si è scelto di porre ∆d sulle ordinate e trascurare l’errore sul tempo. I dettagli dei calcoli sono riportati nell’allegato 3. I risultati sono: A =(0.025 ± 0.084) cm B = (29.59 ± 0.05) cm/sec ∆d = 0.025 + 29.59 t ∆dHcm L 1.15 = χ2c1 < χ2 = 4.71 < χ2c2 = 11.1 ν=5 70 60 50 40 30 20 10 tHsL 0.5 1 1.5 2 Dalla (1) si nota facilmente che il valore di B in realtà costituisce un’approssimazione del valore della velocità. A invece indica il punto di partenza del moto e nel nostro caso siccome abbiamo mantenuto una fotocellula ferma in un punto e da lì abbiamo cominciato a valutare i tempi ci aspetteremmo un valore pari a zero. Effettuiamo allora un test di Gauss per verificare se il valore ottenuto è compatibile con il valore zero. Il test di Gauss consiste nel confronto del valore ottenuto con una gaussiana che abbia un massimo in corrispondenza del valore atteso. Per farlo effettuiamo il passaggio alla variabile z della distribuzione normale standardizzata attraverso la formula: z= x−µ σ 10 Nel nostro caso: z= 0.025 − 0 = 0.30 0.084 Siccome si vuole che tale z lasci sulle code della gaussiana una probabilità maggiore del 5% allora si dovrà avere che: z ≤ z c = 1.96 Nel nostro caso, quindi il valore ottenuto è ampiamente compatibile col valore atteso zero. Il valore della velocità sarà utilizzato per un confronto successivo. PARTE 2 In questa fase bisogna verificare che la velocità si mantenga costante lungo tutta la rotaia. Per farlo si cerca la dipendenza tra gli spazi d e le velocità istantanee v. In questo caso non calcoliamo il coefficiente di correlazione lineare, poiché esso tende a non essere efficace quando la retta si avvicina all’orizzontale e quindi passiamo direttamente al processo di regressione lineare. Come in precedenza stimiamo gli errori percentuali per vedere se l’errore delle grandezze sulle ascisse è effettivamente trascurabile. In questo caso non ci sono dubbi sulla scelta della grandezza che andrà posta sull’asse x, infatti se si vuole ottenere una retta orizzontale si deve per forza porre d sulle ascisse e v sulle ordinate. Si vede che l’errore su v è circa dello 0.7% e quello sulla d varia tra lo 0.1% e lo 0.6%. Di conseguenza proporzionalmente l’errore sulla d non è affatto trascurabile. In casi come questo il procedimento standard prevede di effettuare una prima stima del coefficiente angolare B della retta, dopodiché si proietta l’errore sulla d sull’asse delle y con la formula ricavata dalla definizione di coefficiente angolare per cui: σ’v = B σd A questo punto generalmente si somma l’errore appena ricavato con σv . In questo caso, però si può notare che, essendo la retta molto poco inclinata, il coefficiente angolare è dell’ordine di 10-3 sec-1. Questo fa sì che σ’v sia trascurabile rispetto a σv . I dettagli del fit si trovano sull’Allegato 4. I risultati sono: A =(0.2973 ± 0.0015) m/sec B = (-0.0058 ± 0.0019) sec-1 v = 0.2973 - 0.0058 d 2.17 = χ2c1 < χ2 = 6.74 < χ2c2 = 14.1 ν=7 11 m vH L s 0.298 0.296 0.294 0.292 dHmL 0.4 0.6 0.8 Siccome la velocità non dovrebbe dipendere dalla posizione ci si aspetterebbe un valore di B pari a zero. Effettuando il test di Gauss si nota chiaramente che in realtà il valore ottenuto non è compatibile con il valore atteso zero. Infatti: z= − 0 .0058 − 0 = − 3 .05 0 .0019 Il modulo di tale valore supera decisamente zc = 1.96. Dovremmo quindi ammettere che l’accelerazione di attrito non sia trascurabile. Tuttavia si è scelto di adottare anche un altro tipo di analisi dei dati: infatti combinando le equazioni (3) e (4) del moto uniformemente accelerato con d0 = 0 si ha: 2 v 2 = v 0 + 2ad Di conseguenza risulta chiaro che per dare una stima della decelerazione media dovuta all’attrito si debba eseguire un processo di regressione lineare tra v2 e d. Questo è stato fatto nell’allegato 5 e si è ottenuto: A =(0.0884 ± 0.0031) m2/sec2 B = (-0.0034 ± 0.0039) m/sec2 v2 = 0.0884 - 0.0034 d χ2 = 0.58 < χ2c1= 2.17 ν=7 Il valore del χ2 risulta decisamente basso considerato che con χ2c1 si è indicato il valore limite inferiore fissando un livello di confidenza del 5%. Questo ci fa pensare che sia stato sovrastimato l’errore sulle v2 . In effetti quando si sono elevate al quadrato le velocità si è raddoppiato l’errore e questo ha causato una notevole sovrastima, infatti le velocità, essendo numeri minori di 1, sono diminuite, mentre gli errori sono aumentati. Allora si è deciso di effettuare il calcolo dell’errore a posteriori sulle v2 e si è ottenuto σv2 = 0.0007. Si è eseguito nuovamente il processo di regressione con tale valore (Allegato n. 6) e si è ottenuto: 12 A =(0.0887 ± 0.0006) m2/sec2 B = (-0.0037 ± 0.0009) m/sec2 v2 = 0.0887 - 0.0037 d m2 v2 H L s2 0.089 0.088 0.087 0.086 0.085 dHmL 0.4 0.6 0.8 Si nota subito che questo valore di B, al contrario di quello errato ottenuto nel primo fit tra v2 e d, non è compatibile col valore atteso zero in accordo con ciò che si è trovato nel fit tra v e d: z = -4.11 Di conseguenza possiamo stimare che l’accelerazione di attrito valga: aatt = B/2 = (-0.0019 ± 0.0005) m/sec2 In questa fase possiamo confrontare anche il valore della velocità ottenuto nella prima parte dell’esperienza con il valor medio delle velocità istantanee vi. Per farlo si introduce una variabile aleatoria W che si ottiene come differenza tra i due valori da confrontare. Siccome il moto uniforme, come spiegato prima, avviene sempre sotto le stesse condizioni, le stime dei due valori dovrebbero risultare uguali, quindi il valore atteso di W è zero, mentre la sua deviazione standard è la somma in quadratura delle incertezze sui due valori. Posto: v' ' = ∑v i N i σ v '' = = 0 .2939 m / sec v’ = (0.2959 ± 0.0005) m/sec ∑ (v i − v' ' ) 2 i N = 0 .0020 m / sec v’’= (0.2939 ± 0.0020) m/sec Allora: z= W −0 σW = v '− v ' ' σ v ' 2 + σ v '' 2 = − 0 .97 Concludiamo allora che i due valori della velocità sono tra loro compatibili. 13 PARTE 3 L’ultima fase dell’esperimento consisteva nella verifica delle leggi (3) e (4). Come si vede la (3) non è una legge lineare, ma parabolica. Sarà quindi necessario risolvere il sistema (7) per stimare la parabola che meglio rispecchia i nostri valori. Si pongono chiaramente sull’asse delle ascisse i valori ti e sulle ordinate i valori di. I dettagli sono riportati nell’Allegato 7. I risultati sono: A = (0.0009 ± 0.0085) m B = (0.0263 ± 0.0111) m/sec C = (0.1704 ± 0.0035)m/sec2 d = 0.0009 + 0.0263 t + 0.1704 t2 0.711 = χ2c1 < χ2 = 7.91 < 9.49 = χ2c2 ν = 4. dHmL 0.8 0.7 0.6 0.5 0.4 0.3 tHsec L 1.2 1.4 1.6 1.8 Confrontando la parabola ottenuta con la (3) si nota che nell’ipotesi di moto accelerato si avrà: B = v0 A = d0 C = a/2 Di conseguenza, nell’ipotesi di assenza di attrito i valori attesi sarebbero: E[B] = 0 m/sec E[A] = 0 m E[C] = at/2 = (0.1885 ± 0.0018) m/sec2 Dove at è l’accelerazione teorica trovata con la (6) e il suo errore è stato calcolato con la formula di propagazione dell’errore per le misure indirette, che si riduce a: σa t ∂M c = ∂at σ MC ∂M C m⋅ g ⋅ σ M C 2 = = a σ MC = σ t ∂at ( M C + m) (m + M c )2 M C 2 Prima di confrontare tali valori con quelli trovati si utilizzano le velocità istantanee per ricavare la (4). Per prima cosa si calcola il coefficiente di correlazione lineare: r = 0.9999 Anche in questo caso, come nel caso del moto uniforme, il coefficiente è molto vicino a 1 e la probabilità p(r > r0) è decisamente trascurabile. Si esegue allora il processo di regressione lineare tra le grandezze ti e le vi. Si riportano i risultati dei calcoli esplicitati nell’Allegato 8. 14 B = (0.3442 ± 0.0030) m/sec2 A =(0.0155 ± 0.0048) m/sec v = 0.0155 + 0.3442 t 1.15 = χ2c1 < χ2 = 3.52 < χ2c = 11.1 ν = 5. m vH L s 0.75 0.7 0.65 0.6 0.55 0.5 0.45 tHsec L 1.2 1.4 1.6 1.8 Questa volta la retta ottenuta va confrontata con la (4) osservando che: A = v0 B=a E[B] = at = (0.3769 ± 0.0036) m/sec2 E[A] = 0 m/sec Di conseguenza si potranno effettuare 5 test di Gauss per verificare se i valori ottenuti sono in accordo con le ipotesi: z d0 = zv ' = za ' = 0.0009 − 0 = 0.11 0.0085 0.0263 − 0 = 2.37 0.0111 0.1704 − 0.1885 = −4.60 0.00182 + 0.00352 0.0155 − 0 = 3.23 zv ' ' = 0.0048 0.3442 − 0.3769 z a '' = = −6.98 0.00362 + 0.00302 Se si confrontano i moduli di tali valori con il valore critico zc = 1.96 si trova che l’unico valore compatibile con i valori attesi è quello di d0. I valori trovati per v0 e a sono tutti incompatibili con quelli attesi. Di conseguenza si è costretti a rivedere le ipotesi fatte e concludere che il moto non avvenga in assenza di attrito. Si noti che i valori trovati per velocità e accelerazione, pur non 15 essendo compatibili con i valori attesi sono tuttavia compatibili tra loro, infatti: zv = za = (0.0263 − 0.0155) − 0 0.01112 + 0.00482 (0.3408 − 0.3442) − 0 0.0070 2 + 0.00302 = 0.89 = −0.44 Dati i risultati si può quindi concludere che, probabilmente, in realtà, la velocità iniziale fosse leggermente maggiore di zero e l’accelerazione fosse minore di quella calcolata teoricamente. Sotto l’ipotesi che la decelerazione rispetto alle previsioni teoriche sia dovuta interamente all’attrito è possibile effettuare una stima di tale decelerazione come: a '+ a ' ' 2 Dove si è stimata l’accelerazione effettiva misurata aeff come la media delle due accelerazioni trovate. Per stimare l’incertezza di aatt si usa ancora la formula di propagazione dell’errore: aatt = at − aeff = at − σa att ∂a = att ∂a t 2 2 2 1 1 ∂a ∂a σ at 2 + att σ a ' 2 + att σ a '' 2 = σ at 2 + σ a ' 2 + σ a '' 2 4 4 ∂a ' ' ∂a ' Il risultato è: aatt = (-0.0344 ± 0.0052) m/sec2 Conclusione Nel complesso si può notare che i risultati ottenuti sono più che soddisfacenti. Per quel che riguarda la valutazione dell’errore possiamo ritenerci fortunati ad aver trovato una distribuzione così vicino alla gaussiana con un numero relativamente piccolo di dati. Va anche aggiunto che gli errori stimati in quella fase sono stati utilizzati una sola volta in seguito poiché la semidispersione in genere superava sempre tali valori. La prima parte dell’esperienza non ha causato grossi problemi poiché i risultati sono parsi assolutamente in linea con quello che ci saremmo aspettati. I primi problemi sono giunti con la seconda fase dell’esperienza. In quel caso infatti si è dovuto ammettere che la velocità non restasse costante nel moto e, di conseguenza, si è potuto stimare la decelerazione dovuta all’attrito. Tale decelerazione è dovuta principalmente all’attrito tra il carrello e la rotaia e alla resistenza dell’aria. La carrucola e il filo, infatti, non influiscono in nessun modo sulla variazione della velocità dopo la fotocellula F1. Infatti, quando si studia il moto uniforme, l’attrito tra filo e carrucola e la presenza del momento d’inerzia della carrucola diventano una sorta di errore sistematico che influisce sulla parte di moto che noi non consideriamo (quella prima di F1) e modifica solo la velocità iniziale del moto uniforme. Nel nostro caso si è stimata una decelerazione complessiva di attrito che non tiene conto della dipendenza dalla velocità della resistenza dell’aria. Riguardo le prime due parti si noti che nel test gaussiano svolto per confrontare le due velocità, si è utilizzata la velocità media dei valori calcolati nella seconda parte e non il parametro A ottenuto dal fit. Tale parametro infatti, non essendo la velocità uniforme, rappresentava semplicemente la velocità iniziale del moto che è leggermente diminuita con la distanza. Si è quindi ritenuto più significativo l’utilizzo della media dei valori misurati. La terza parte dell’esperienza è stata senza dubbio la più problematica. I valori ottenuti, infatti non rispecchiavano in alcun modo quelli trovati per via teorica. In più, se è semplice spiegare un valore dell’accelerazione inferiore alle attese, non è altrettanto semplice spiegare il valore della velocità 16 iniziale superiore a zero. Le ipotesi più probabili sono che vi fosse un lieve divario tra la partenza del cronometro e il rilascio del carrello, che il moto risentisse in qualche modo dell’effetto dell’elettromagnete oppure che si sia commesso un qualche errore sistematico nella misurazione degli spazi. Nel primo caso si noti che non ci si sarebbe potuti accorgere in alcun modo di tale errore nello studio del moto uniforme poiché i tempi erano misurati tra due fotocellule e non dal punto di partenza. Come detto, invece, il discorso è più semplice per quel che riguarda l’accelerazione: essa, infatti, risente chiaramente delle forze di attrito. In questo caso, inoltre, ci si può aspettare che la decelerazione di attrito sia maggiore di quella trovata nella seconda parte. Su tale moto, infatti, influiscono anche il momento d’inerzia della carrucola e l’attrito tra filo e carrucola. Si può allora verificare che l’accelerazione stimata nella seconda parte sia effettivamente inferiore a quella stimata nella prima. Poniamo allora come ipotesi nulla che aatt1 ≥ aatt2 e verifichiamo che sia possibile rifiutare tale ipotesi. Per farlo si introduce una nuova variabile W: W = a att 2 − a att1 Se si può rifiutare l’ipotesi nulla deve risultare W > 0. Allora si può effettuare un test di Gauss con valore atteso zero e porre che la probabilità che W sia uguale a zero sia minore del 5%. Il test, però, in questo caso verrà effettuato a una coda sola, poiché si vuole considerare solo l’eventualità che il valore di W sia maggiore di zero. Allora in questo caso il valore critico sarà zc = 1.65. zc = (a att 2 − aatt1 ) − 0 σa 2 att 1 + σ aatt 2 2 = 0.0344 − 0.0019 0.0003 2 + 0.0052 2 = 6.23 > zc Si può quindi senza dubbio rifiutare l’ipotesi nulla e ammettere che l’attrito nel caso del moto uniformemente accelerato sia maggiore di quello nel moto rettilineo uniforme. 17