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LA LEZIONE
Il campo elettrico dell’atmosfera
L’altezza dello strato di gas che circonda la Terra è inferiore al diametro del globo
terrestre (due ordini di grandezza differenti se ci si limita alla bassa ionosfera, un
ordine di grandezza se si considera tutta la ionosfera). In questo spazio limitato, tra la
bassa ionosfera (a circa 55 km dal suolo) e la superficie terrestre, vi è un campo
elettrico che ha delle analogie con quello generato da un condensatore a facce sferiche.
La superficie della sfera terrestre, una delle armature del condensatore, ha una carica
complessiva negativa –Q, mentre lo strato sferico di bassa ionosfera conduttivo può
essere pensato come elettricamente equalizzato con carica +Q. L’aria rappresenta il
dielettrico (l’isolante) interposto tra le due armature.
Fig.1 (a sinistra) La Terra vista come un enorme condensatore (le dimensioni del globo terrestre sono ovviamente non in
scala con l’atmosfera. Fig.2 Il campo elettrico nelle vicinanze della superficie terrestre
Se si prende in esame una vasta zona pianeggiante, il campo è rappresentato con una
serie di linee verticali. Queste coincidono con la traiettoria di piccole particelle cariche q
positive che viaggiano perpendicolari alla superficie terrestre attratte dalla sua carica
negativa. In un’atmosfera non inquinata, nelle vicinanze della superficie il rapporto tra
la forza misurata in newton e la carica misurata in coulomb (carica di prova q) ha un
valore generalmente compreso tra 80N/C e 150 N/C (le variazioni temporali giornaliere
segue lo stesso andamento in tutte le parti del globo). Se si esprime l’unità di misura
Fig.3 Deformazione delle linee equipotenziali del campo elettrico terrestre in
prossimità di una casa e di irregolarità del terreno.
del campo in una equivalente (1N/C=1V/m) si ha che, a causa del campo, tra due punti
distanti 1 m (in altezza) vi è una differenza di potenziale di circa 100 V. Le montagne,
le abitazioni, provocano una distorsione locale del campo elettrico. In particolare i
nostri corpi non sono continuamente sollecitati da scariche per le loro proprietà
conduttrici. Ci troviamo sempre allo stesso potenziale della superficie.
Se l’aria fosse priva di particelle cariche, si avrebbe una situazione statica con la Terra
e la ionosfera assimilabile a un gigantesco condensatore. L’atmosfera, anche se priva di
inquinanti e gocce di acqua, in condizioni normali presenta, in un centimetro cubo, tra
le 100 e 1000 coppie di piccoli ioni della miscela gassosa che compone l’aria. A questi si
aggiungono grandi ioni: goccioline, granelli di sale, cariche rilasciate nell’atmosfera a
causa dell’inquinamento, ecc.
L’elevato numero complessivo degli ioni sarebbe sufficiente per neutralizzare,
attraverso la conduzione ionica, le armature del condensatore in un tempo inferiore a
un’ora (si calcola un tempo di dimezzamento pari a 15 minuti), annullando la carica
terrestre. Eppure il campo elettrico della Terra è una caratteristica stabile della nostra
atmosfera. Qual è il meccanismo che permette la quasi stazionarietà del campo? La
risposta alla domanda precedente si lega a un’immagine: la distribuzione della caduta
dei fulmini nelle varie regioni del globo realizzata a partire da immagini satellitari e da
reti locali di rilevazione.
Fig.4 Distribuzione globale della densità annuale dei fulmini caduti sulla superficie terrestre.
L’attività dei temporali è la più importante ragione per la rigenerazione del campo con
un afflusso di carica negativa dalle nubi alla Terra attraverso centinaia di fulmini,
ognuno dei quali capace di trasportare cariche dell’ordine della decina di coulomb.
Nuvole e fulmini
La rete di localizzazione dei fulmini in Italia è composta da sedici punti di misurazione
SIRF che aggiornano la mappa relativa del nostro territorio (www.fulmini.it).
Fig.5 Densità dei fulmini nube-terra in Italia
I due fulmini che colpiscono ogni kilometro quadrato del nostro territorio in un anno
contribuiscono al mantenimento del campo elettrico.
Nonostante i decenni di studi sistematici il meccanismo di formazione dei fulmini
presenta ancora numerose questioni irrisolte. Cominciamo a fissare dei punti fermi, il
fulmine può avere ramificazioni rivolte verso l’alto (fulmine ascendente), ma nella
maggior parte dei casi è discendente (le ramificazioni raggiungono la Terra).
Fig.6 Esempi di fulmini: di tipo ascendente (a sinistra) e discendente (a destra).
I fulmini nube-terra discendenti per il 90% trasmettono cariche negative al terreno e
solo nel 10% il trasporto riguarda cariche positive.
Fig.7 Percentuale dei fulmini nube-terra discendenti e ascendenti.
Come mostrato schematicamente nelle figure seguenti, la causa prima della scarica nei
fulmini discendenti è la presenza nella maggior parte dei cumuli di una concentrazione
di cariche positive sulla sommità della nube e di cariche negative sulla base. Ovvero di
un campo elettrico locale che può raggiungere centinaia di kN/C (100 kV/m).
Fig.8 (a sinistra) Schematizzazione di una cella temporalesca. Fig.9 (a destra) Campo elettrico tra la terra e una cella temporalesca
matura.
La formazione di una nube è descritta dall’escursione di masse d’aria calda con una
notevole presenza di acqua. Le minuscole goccioline possono formare cumuli di una
decina di kilometri di altezza e di diametro, nello stato liquido e in quello solido, con la
presenza di ioni formati dal movimento turbolento delle masse d’aria. Le celle
temporalesche, studiate con palloni sonda e aerei, mostrano un andamento più
complesso della distribuzione di cariche descritte in precedenza. Sulla base della cella è
presente, nel mare di cariche negative, un’isola di cariche positive. Inoltre il terreno,
convenzionalmente contrassegnato con il segno positivo nei fulmini discendenti, ha solo
un potenziale molto diverso rispetto a quello della base della nube (una differenza di
potenziale si può generare anche con due elettrodi negativi). Prima della scarica vera e
propria, la cella matura genera nell’aria (che normalmente si comporta da ottimo
isolante) una scarica guida (leader), composta da elettroni accelerati che sembrano
saggiare e preparare il percorso. La scarica guida si muove a scatti con un processo a
valanga, con passi dell’ordine di 10 m e pause di alcune decine di microsecondi,
ionizzando l’aria circostante e rendendola conduttrice. Nelle vicinanze del terreno
(alcune decine di metri), da punti dove la densità di carica è maggiore (alberi, tetti,
ecc.), alcune cariche di segno opposto si preparano a muoversi verso la scarica guida
ormai giunta quasi a destinazione. I canali sono ormai pronti e i sottili fili conduttori
tracciati nell’aria sono percorsi da un numero impressionante di cariche negative
mentre il lampo (scarica di ritorno) si muove dal suolo verso l’alto producendo un
riscaldamento locale dell’aria che raggiunge una temperatura di 30000 °C e una scarica
luminosissima, accompagnata dal tuono che può viaggiare per 15-20 km.
Fig.10 Fasi della formazione di un fulmine a scintilla fra la nube e la superficie terrestre.
La corrente impulsiva di un fulmine ha un andamento con un picco superiore al
centinaio di kiloampere e durata inferiore ai due millesimi di secondo.
Fig.11 Corrente impulsiva generata da un fulmine e misura della
carica trasportata.
A questa seguono correnti di intensità minori, ma di più lunga durata. Dall’area sottesa
dalla curva descritta dalla corrente e dall’asse del tempo è possibile calcolare la carica
complessiva trasportata sul terreno. Il meccanismo di ricarica delle nubi, che impiega
pochi secondi per ritornare alle condizioni iniziali, non ha un modello di descrizione
valido. Osservando i canali attraverso le tecniche dello slow motion per la radiazione
luminosa, e con sensori sensibili ai raggi X e alla radiazione gamma, negli ultimi anni si
è capito che elettroni accelerati a velocità prossime a quelle della luce possono dar
luogo a radiazione di alta energia aprendo un nuovo campo di ricerca.
Lampi X e gamma atmosferici
Lo studio dei fenomeni elettrici atmosferici ha subito negli ultimi trenta anni una
rivoluzione e allo stesso tempo una restaurazione. Le nuvole e i fulmini che parevano
essere messi in discussione come temi esclusivi dell’elettricità atmosferica, sono tornati
alla ribalta grazie alla scoperta di fenomeni inaspettati e nuove tecniche di misure,
accanto a modelli in cui elettroni fuggitivi (runaway) producono fotoni di energia
prossima a quella di acceleratori di particelle.
Negli anni ’80 palloni sonda lanciati all’interno di nubi attive hanno indicato la presenza
di scariche estremamente energetiche (raggi X). Agli inizi degli anni Novanta il
Compton Gamma-Ray Observatory (CGRO), lanciato per analizzare i fotoni emessi da
elettroni accelerati nello spazio, osservava i primi lampi gamma terrestri della durata di
pochi millisecondi (Terrestrial Gamma-ray Flashes, TGF). Da allora altri tre telescopi
spaziali (RHESSI, Fermi e l’italiano AGILE) hanno accumulato dati sui TGF.
Fig.12 (a sinistra) Rappresentazione dell’emissione di un raggio gamma terrestre e relativa energia. Fig.13 Rappresentazione artistica
delle emissioni di raggi gamma dalle nubi.
Oggi si ritiene che la cella temporalesca con i suoi intensi campi elettrici possa
rappresentare un acceleratore ideale di elettroni. Gli elettroni in fuga raggiungono
velocità relativistiche con emissione di fotoni X e gamma energetici, capaci a loro volta
di ionizzare altri atomi e produrre coppie di elettroni (e-) e positroni (e+).
Non è chiaro se l’innesco del processo abbia bisogno di un seme, particelle veloci (raggi
cosmici), che trasferiscono parte della loro energia ad alcuni elettroni che producono
poi l’effetto a valanga.
Dal 2001 è stata verificata la connessione diretta tra fulmini e raggi X da misure
effettuate a Terra. La ricerca sistematica (che ha coinvolto tra gli altri, l’astrofisico
Joseph R. Dwyer in Florida) ha fatto uso dal 2002 di piccoli razzi in grado di innescare
artificialmente i fulmini. In prossimità di un temporale, in una versione aggiornata
dell’aquilone di Franklin, i ricercatori lanciano il razzo da un cilindro metallico posto su
una torre. Il razzo è collegato a un filo di rame rivestito da un materiale isolante.
All’altezza di circa 700 metri, il campo creato dalla punta fa risalire, in molti casi, una
scarica dal suolo lungo il filo, provocando (nel caso di fulmine) la sua immediata
vaporizzazione. L’emissione osservata dei raggi X non è continua. La scarica guida che
procede a scatti verso il basso, dà luogo a brevi lampi di fotoni X (su intervalli
dell’ordine di un microsecondo) provenienti dalla punta del canale del fulmine. La loro
intensità cresce con l’avvicinarsi del terreno, e crea un grande bagliore in
corrispondenza della scarica di ritorno.
Fig.14 (a sinistra) Visualizzazione dei raggi X in un fulmine indotto nel progetto TERA in Florida.
Fig.15 Registrazione di un positrone nel Fermi Gamma ray space telescope proveniente da un TGF
generato da un temporale a 5000 km di distanza che ha seguito la linea di forza del campo magnetico
terrestre verso il polo nord.
L’analisi da terra ha individuato talvolta la presenza di fotoni gamma. Per quanto
riguarda le misure dai telescopi spaziali, il satellite italiano AGILE, ha elevato l’energia
ammessa per i TGF, dell’ordine del centinaio di MeV. Mentre il Fermi Gamma-ray space
telescope ha misurato positroni generati dai raggi gamma terrestri che hanno raggiunto
la strumentazione di bordo dopo aver percorso traiettorie lungo le linee del campo
magnetico terrestre (una traiettoria possibile per una particella carica in un campo
magnetico è a forma di spirale con asse il campo stesso, se il percorso dei positroni è
orientato verso il polo nord, gli elettroni si dirigono verso il polo sud). Le nubi sono
così diventate un oggetto “astronomico” che merita (anche per le valutazioni di
eventuali effetti della radiazione sul personale dei voli di linea) ricerche sistematiche.
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