TERMINALI
Sono dispositivi formati in genere da una tastiera e da un dispositivo di visualizzazione, di solito costituito
da un monitor, che nei primi calcolatori era sostituito da una stampante. Il terminale principale di un sistema
multi-utente, cioè a cui più utenti possono accedere contemporaneamente da più terminali, è detto console.
Per quanto riguarda la tastiera, oltre ai tasti che corrispondono direttamente a quelli che si trovavano nelle
macchine da scrivere, esistono alcuni tasti aggiuntivi, come il tasto di Return che si usa per indicare il
termine di un comando impartito al calcolatore, oppure, quando si elaborano testi, per andare a capo. Altri
tasti sono il cosiddetto backspace che consente di cancellare l'ultimo carattere che abbiamo scritto, il tasto
DEL (CANC sulla tastiera italiana), che cancella il carattere su cui è posizionato il cursore; il tasto INS
consente di passare da modalità inserimento a modalità sostituzione. Quando si è in modalità inserimento il
carattere viene inserito immediatamente prima di quello su cui è posizionato il cursore. Se invece ci si trova
in modalità di sostituzione, il carattere va a sostituire quello su cui si è posizionati. Abbiamo poi le quattro
frecce (tasti cursore), che vengono utilizzate in genere per spostare il cursore sullo schermo. I tasti funzione,
di solito indicati con sigle da F1 a F12, sono programmabili, cioè, a seconda del programma, a tali tasti
possono essere assegnate funzioni diverse. C'è poi il tasto ESC (escape), che in genere permette di uscire da
una modalità di operazione e di tornare alla precedente. Ad esempio, nei programmi che prevedono un Help,
cioè una schermata che può essere richiesta (in genere premendo un tasto funzione, tipicamente F1) per
avere spiegazioni sulle operazioni che si possono compiere, una volta finito di leggere la schermata,
premendo il tasto ESC si ritorna all'operazione che si stava compiendo nel momento in cui è stato attivato
l'Help. Il tasto ALT (alternative) costituisce uno shift aggiuntivo, analogo al tasto per le maiuscole, per
estendere la capacità della tastiera dando accesso a funzioni secondarie del tasto premuto in contemporanea
ad esso.
Abbiamo visto come i caratteri vengano di solito rappresentati secondo la codifica ASCII: quando un tasto
viene premuto, al calcolatore viene trasmesso un byte o una coppia di byte. Nel caso dei tasti che
corrispondono a caratteri che sono compresi nella codifica ASCII, il byte trasmesso sarà uguale alla codifica
ASCII del carattere che corrisponde al tasto premuto. I comandi che si ottengono premendo i tasti CTRL o
ALT o i cursori (frecce) e i tasti funzione in genere inviano alla CPU un codice doppio, in cui il primo byte è
0. Poiché nei calcolatori al codice ASCII 0 non è direttamente associato alcun simbolo, questo serve per
indicare che dalla tastiera è stato impartito un comando diverso, che non è un carattere standard ASCII ma
corrisponde a una sequenza particolare. Questa può ad esempio essere una combinazione di più tasti o uno
dei tasti funzione: sarà quindi necessario leggere il byte successivo allo 0 per decodificare il tasto o la
combinazione di tasti che sono stati effettivamente premuti.
Attualmente, nei sistemi dotati di una interfaccia utente di tipo grafico (GUI, Graphic User Interface)
l'interazione con la macchina avviene tramite lo spostamento di un cursore che può assumere varie forme
sullo schermo grafico (una freccia, una croce ecc.), a seconda del contesto. Il posizionamento del cursore in
particolari zone dello schermo, unitamente alla pressione di tasti, consente di accedere alle diverse
operazioni previste da un programma o dal sistema operativo. Per spostare il cursore ed accedere a queste
operazioni si usa il mouse. Il mouse è un dispositivo di tipo opto-meccanico (il cui funzionamento cioè si
basa su parti meccaniche in movimento e su componenti elettronici ottici). Nella sua versione più
tradizionale, lo spostamento del mouse fa muovere, in modo analogo, una pallina che si trova al suo interno;
il moto della pallina, a sua volta è trasmesso a due dischi che presentano una serie di fori lungo la
circonferenza esterna. Gli assi di tali dischi sono ortogonali, e ruotano a velocità proporzionali alle
componenti della velocità della pallina lungo l’asse X e lungo l’asse Y. Sulla parte esterna dei dischi è
proiettato un fascio luminoso, in modo tale che un sensore, posto in corrispondenza dell’altra faccia del
disco, possa “leggere” quanti fori sono stati attraversati dal fascio luminoso nell’unità di tempo e
determinare uno spostamento del cursore, lungo la direzione associata al disco, proporzionale a tale quantità.
Quindi muovendo il mouse si può spostare il cursore dove si desidera; utilizzando poi i tasti che si trovano
su di esso (di solito in numero variabile da 1, come nei Macintosh, a 3), si possono attivare certe funzioni
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che sono rappresentate sul video in forma grafica mediante le cosiddette icone, piccole immagini che
rappresentano in modo intuitivo la funzione cui danno accesso.
Come ultimo componente del terminale consideriamo il monitor, le cui capacità di visualizzazione
dipendono anche dalla scheda (interfaccia, v. più avanti) video cui è collegato. Bisogna quindi distinguere le
prestazioni grafiche intrinseche del monitor dalle prestazioni effettive che possono essere raggiunte una volta
che questo è collegato alla scheda video che lo pilota e che deve essere in grado di sfruttare appieno tali
capacità. Le prestazioni grafiche o in generale di visualizzazione di un calcolatore sono quindi date
dall'insieme monitor più scheda video. I monitor possono essere a colori o in bianco e nero e le dimensioni
variano tipicamente dai 15 pollici a oltre 20 pollici (la misura corrisponde alla lunghezza della diagonale
dello schermo).
La caratteristica fondamentale di un sistema grafico è la risoluzione: un'immagine su un monitor è formata
da una serie di punti luminosi detti pixel (Picture Elements). La risoluzione di un sistema grafico,
rigorosamente, sarebbe la quantità di pixel per unità di lunghezza che tale sistema è in grado di visualizzare.
In realtà, se questo si verifica per le stampanti, nel caso dei monitor, come avviene anche nel caso delle
fotocamere digitali, si considera il numero totale dei pixel visualizzabili sull’intero schermo. Di solito la
misura è fornita nelle due dimensioni (larghezza x altezza). Tipiche risoluzioni utilizzate per i monitor
tradizionali con un rapporto di 4/3 fra larghezza e altezza sono 640x480 (VGA), 1024x768 (SVGA), 1280x
1024 (XGA). Con l’avvento dei monitor widescreen (rapporto di circa 16/10 fra larghezza e altezza) si sono
diffusi nuovi standard per le risoluzioni offerte dalle schede video.
In un monitor a colori, un pixel è in realtà un insieme di tre punti molto ravvicinati che, visti alla distanza da
cui normalmente si utilizza il monitor, appaiono come un singolo punto. Questi tre punti, di solito, sono
posti a triangolo, e sono uno rosso, uno verde e uno blu e vengono indicati di solito con le iniziali inglesi R,
G , B. Assegnando una diversa intensità a ciascuno dei 3 punti componenti un pixel, si possono ottenere per
tale pixel tutti i colori rappresentabili con le tre componenti di partenza. Un caso particolare si verifica se
R=G=B, cioè se l'intensità dei tre punti è uguale. In questo caso si produrranno delle sfumature di grigio: in
particolare se R=G=B=0 cioè se i tre punti sono spenti, il pixel appare nero, se R=G=B=(Massimo livello di
intensità), il punto apparirà bianco. Per valori all'interno del range che va da 0 al livello massimo avremo
diverse sfumature di grigio. La capacità di visualizzazione di un monitor dipende tuttavia anche dalla scheda
video che va a pilotare questo monitor. Il range di livelli di intensità visualizzabili per ogni pixel è
proporzionale al numero di combinazioni ottenibili con la parola con cui ogni pixel è rappresentato in
memoria. Esso, come al solito, è una potenza del 2 (2m, dove m è il numero di bit che vengono utilizzati per
la rappresentazione). Cioè all'interno della memoria contenuta in una scheda video si assegna ad ogni pixel
un certo numero di bit; se si rappresenta ogni pixel con un solo bit si hanno soltanto 21, cioè due, possibilità:
il pixel potrà essere o bianco o nero (acceso o spento). Se si assegna un byte per la componente R, uno per la
componente G e uno per la componente B si hanno 256 (28) livelli per ogni componente, si avranno in totale
23x8 combinazioni possibili, cioè 224: oltre 16 milioni di colori. Per quanto riguarda i livelli di grigio,
siccome c'è il vincolo che R G e B devono essere uguali, con 8 bit per componente si potranno visualizzare
28, cioè 256 livelli di grigio diversi.
Un'altra caratteristica dei monitor che misura la nitidezza delle immagini che si possono ottenere con un
monitor, è il cosiddetto Dot Pitch, misurato in millimetri, che corrisponde alla minima distanza che devono
avere due pixel adiacenti per essere distinguibili sullo schermo. Più piccolo è il valore di dot pitch, più nitida
apparirà l'immagine.
STAMPANTI
Le stampanti sono dispositivi periferici in grado di trasferire su carta l’output del computer. Le prestazioni
delle stampanti si caratterizzano attraverso la velocità di stampa (caratteri/secondo o pagine/minuto) e la
risoluzione che si misura in dpi (dot per inch, punti per pollice), quindi in punti per unità di lunghezza. In
questo caso i punti non sono necessariamente quelli visualizzabili e distinguibili ma quelli effettivamente
stampati. L’effettiva qualità di stampa (la risoluzione effettiva, cioè i punti effettivamente distinguibili una
volta che la stampa è avvenuta) è determinata anche dal supporto su cui si stampa; ad esempio, dalla porosità
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o dalla compattezza della carta. Carta molto porosa tende a ingrandire la dimensione del punto, diminuendo
di fatto la risoluzione. Migliori risultati in termini di risoluzione si ottengono con carta poco porosa. Tuttavia
se la carta è troppo poco porosa tende ad essere quasi impermeabile e quindi con gli inchiostri più liquidi
l’immagine si fissa su carta con maggiore difficoltà. Le stampanti si classificano in funzione della tecnica
con cui trasferiscono i caratteri o le immagini dal calcolatore alla carta.
Le stampanti termiche hanno il vantaggio di essere poco ingombranti, molto silenziose e a basso consumo.
Utilizzano una punta che viene riscaldata e posta a contatto con una carta chimica che reagisce generando un
punto scuro nella posizione in cui avviene il contatto fra carta e punta calda. Presentano tuttavia lo
svantaggio di avere una bassa risoluzione, in quanto di solito il punto, per le caratteristiche della carta, non
può essere molto piccolo. Inoltre la carta è alterabile (ad es., se esposta alla luce può cancellarsi).
Normalmente le stampanti termiche vengono utilizzate, proprio per le loro caratteristiche di praticità,
silenziosità e di scarso ingombro, all'interno di strumenti portatili o di piccolo ingombro in cui non è
necessaria una elevata risoluzione, come ad es. registratori di cassa, elettrocardiografi, terminali portatili ecc.
Le stampanti ad aghi hanno una testina costituita da una fila verticale di aghi (di solito 9 o 24), che si sposta
in orizzontale sul foglio e permette, attivando, di volta in volta, uno o più aghi, di comporre i caratteri
desiderati (vedi Figura 11, limitata a 6 aghi, per praticità).
Figura 11
In questo caso, il trasferimento avviene per percussione degli aghi su un nastro inchiostrato, in modo del
tutto analogo a quanto avviene in una macchina da scrivere. A causa delle percussioni del nastro sul tamburo
le stampanti ad aghi sono piuttosto rumorose e piuttosto lente: la loro velocità di stampa arriva di solito a
qualche centinaio di caratteri al secondo. Se si tiene conto che normalmente una linea di un testo è composta
da un centinaio di caratteri, ciò corrisponde a circa 2-3 righe al secondo, quindi una pagina media di testo
può essere stampata teoricamente in circa dieci secondi (ovvero 6 pagine/minuto). Ma la massima velocità è
raggiungibile solo durante lo spostamento orizzontale e non tiene conto dello spostamento del rullo e di altri
fattori, come ad es. i caratteri in neretto che richiedono che la testina di stampa passi due volte sulla carta.
Quest’ultima tecnica (il doppio passaggio della testina sulla stessa riga) può essere utilizzata anche per
aumentare la risoluzione di stampa e quindi la qualità dei caratteri o dei grafici. Mediamente, la stampa di
una pagina con una stampante ad aghi richiede in realtà almeno una ventina di secondi (3 pagg/minuto). Le
stampanti a 24 aghi hanno ovviamente una maggior risoluzione rispetto a quelle a 9 aghi e quindi
permettono di ottenere una stampa più nitida.
Vi sono poi le stampanti a trasferimento termico, che utilizzano un nastro simile a quello delle stampanti ad
aghi, ma, anziché operare il trasferimento tramite la percussione del nastro, effettuano un trasferimento a
caldo. Sono infatti dotate di un dispositivo che scalda il nastro per operare il trasferimento dell'inchiostro
sulla carta e quindi anche queste stampanti sono molto silenziose. Sono però anche costose per la tecnologia
che utilizzano perché il nastro può essere utilizzato una volta sola in quanto si opera un trasferimento
completo di parte del nastro sulla carta; al contrario, un nastro inchiostrato per una stampante ad aghi può
essere utilizzato più volte, anche se, di volta in volta, con una peggiore qualità di stampa.
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Le stampanti laser adottano una tecnica di stampa uguale a quella delle fotocopiatrici: utilizzano un rullo
fotosensibile che, quando viene colpito da un raggio luminoso, si carica elettrostaticamente ed attira
particelle molto fini di inchiostro, che vengono poi trasferite sulla carta che viene fatta scorrere su di esso.
Mentre nelle fotocopiatrici meno recenti il rullo è impressionato da un fascio di luce generato da un sistema
di lenti, nelle stampanti laser e nelle fotocopiatrici più recenti il raggio che attiva il rullo è generato da un
laser. Queste stampanti hanno un'ottima risoluzione (tipicamente 600 punti per pollice fino ad oltre 1200) e
consentono alte velocità di stampa (da 8 ad oltre 16 pagine al minuto se si tratta di testi). Permettono quindi
di stampare anche grafici ad alta risoluzione: la qualità delle immagini è limitata dal fatto di poter disporre di
due soli livelli (bianco/nero), come accade per le fotocopie. Il costo di una stampante laser dipende dalla
velocità e dalla risoluzione a cui opera, dalla presenza o meno di memoria e di un processore dedicato a
bordo, oltre che dalla disponibilità di alcuni accessori, come ad esempio il cassetto per stampare in doppia
faccia cioè su entrambi i lati del foglio. Esso può variare da circa 200 Euro ad alcune migliaia di Euro.
Esistono anche stampanti laser a colori, che possono essere anche relativamente economiche (da circa 3/400
euro in su) in cui tuttavia il costo dell’inchiostro (4 cartucce, nero + 3 colori fondamentali) è piuttosto
elevato, pari circa al costo della stampante stessa.
Le stampanti laser senza processore sono praticamente costituite solo dall’elemento di stampa. In questo
caso, la formazione della rappresentazione digitale dell’immagine che dovrà poi essere trasferita su carta,
viene delegata al processore e alla memoria del computer. Sono pertanto decisamente più economiche, ma
sfruttano le risorse del computer cui sono collegate e quindi ne limitano il funzionamento sia in termini di
velocità di elaborazione che di disponibilità di memoria.
Le stampanti a getto di inchiostro, infine, hanno gradualmente soppiantato quelle ad aghi come alternativa
economica (costano da poche decine a qualche centianio di euro) alle stampanti laser, di cui avvicinano
(quando non superano) le prestazioni in termini di risoluzione. Il funzionamento è basato su un testina che,
analogamente a quelle ad aghi, si sposta orizzontalmente sul foglio. La stampa avviene per mezzo di una
matrice composta da numerosissimi ugelli microscopici che formano la testina e spruzzano, ad alta
pressione, inchiostro sul foglio posto a contatto con essa. Sono quindi equivalenti a stampanti ad aghi con un
numero elevatissimo di aghi. Hanno il vantaggio di essere silenziose, ma sono piuttosto lente (le più
economiche hanno velocità inferiori rispetto a quelle ad aghi). Inoltre, il costo delle cartucce di inchiostro di
ricambio (che sono formate dal serbatoio dell’inchiostro e dalla testina) è piuttosto elevato e, se devono
essere usate per stampare un numero elevato di documenti, hanno un costo per pagina superiore alle
stampanti laser. Attualmente sono economicamente vantaggiose, per il loro prezzo limitato, se si stampano
poche pagine al giorno, oppure se si devono fare stampe a colori, in quanto, come detto, il prezzo di acquisto
delle stampanti laser a colori è tuttora piuttosto elevato.
PLOTTER
Il plotter ha una risoluzione teoricamente infinita, in quanto, nella versione più tradizionale, traccia il
disegno per mezzo di una penna che scorre sul foglio. Il limite della risoluzione del plotter è quindi dato dal
passo del motorino che muove la penna e dalle dimensioni della punta della penna stessa. E' possibile
disporre di più penne che possono essere usate per generare disegni a colori. I due tipi di plotter più comuni
sono i plotter a rullo e i plotter X-Y. Il primo tipo può essere utilizzato anche con fogli di carta di dimensioni
notevoli, ponendo vincoli solo sulla larghezza del foglio, che dovrà essere ovviamente minore o uguale della
lunghezza del rullo. E’ costituito da un rullo su cui scorre la carta e da una penna che può muoversi solo in
orizzontale sul foglio, in modo analogo a quanto avviene per la testina di una stampante ad aghi o a getto di
inchiostro.
Nei plotter X-Y è invece presente un braccetto portapenna con due gradi di libertà che si può spostare sia in
orizzontale che in verticale su un piano su cui viene posato il foglio; quindi nei PLOTTER X-Y il foglio è
fisso e può avere dimensioni massime pari a quelle del piano del plotter. Attualmente i sistemi di scrittura a
penna sono in via di sostituzione con grandi sistemi a getto di inchiostro.
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INTERFACCE
Quando si parla di dispositivi di Input/Output (I/O) o, in generale, di periferiche, si sente parlare anche delle
cosiddette interfacce. Interfaccia è tutto ciò che si interpone fra due entità non in diretto contatto fra loro
essendo in contatto con entrambe. Il calcolatore e i dispositivi di Input/Output sono di solito progettati
separatamente e il loro hardware può avere caratteristiche elettriche e meccaniche diverse. Si rende quindi
necessario un dispositivo che faccia colloquiare il calcolatore con questi sistemi, per rendere “comprensibili”
al dispositivo di I/O i segnali provenienti dal calcolatore e viceversa. Sono stati stabiliti degli standard che
impongono che verso l'esterno il calcolatore e i dispositivi di I/O si comportino secondo standard industriali
predefiniti, cioè che emettano segnali di controllo predefiniti e riconosciuti da entrambi in corrispondenza di
determinate situazioni. Per ottenere la conversione tra i segnali elettrici interni ai dispositivi, che dipendono
dai criteri di progetto che sono stati seguiti, e gli standard che devono essere rispettati, vengono pertanto
creati appositi circuiti, detti interfacce, che si interpongono tra il calcolatore e il mondo esterno. All'interno il
calcolatore o la periferica di I/O possono essere progettati secondo qualsiasi criterio scelto dal costruttore,
mentre verso l'esterno si devono rendere disponibili delle linee che hanno un preciso significato, stabilito
dallo standard. Le interfacce possono essere normalmente di due tipi: seriale o parallelo. Nelle interfacce di
tipo seriale i dati che vengono trasmessi dal calcolatore al dispositivo e viceversa sono trasmessi un bit dopo
l'altro su una stessa connessione (cavo): quindi nella versione più semplice con tre cavi si può realizzare un
collegamento con il quale si può trasmettere e ricevere qualunque tipo di dato (vedi Figura 12) in modo
bidirezionale, sia dal calcolatore verso il dispositivo di I/O che viceversa.
L’interfaccia USB (Universal Serial Bus) che ha ormai soppiantato la tradizionale interfaccia seriale RS232
è di fatto una interfaccia seriale ad elevate prestazioni.
Nel caso dell'interfaccia parallela (vedi Figura 13), i dati vengono invece trasmessi contemporaneamente e
quindi, per un sistema ad 8 bit, si hanno 8 linee per i dati più una serie di linee di controllo, ciascuna con un
proprio significato, corrispondenti ai segnali che vengono inviati dal dispositivo di I/O al calcolatore e
viceversa.
Disp.
PC
I/O
Figura 12
L'architettura è quindi molto più complicata rispetto ad una interfaccia seriale, poiché ci sono più linee. E’
più costosa ma la trasmissione è più veloce, perché nel tempo in cui su una singola linea viene trasmesso un
bit, sulle 8 linee dati si può trasmettere un intero byte. Anche un’interfaccia seriale dispone di più linee
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rispetto alle 3 necessarie nella sua configurazione di base, riservate ai segnali di controllo, ma la
trasmissione dei dati avviene comunque su una singola linea.
Figura 13
TECNICHE DI INPUT/OUTPUT
Accenniamo ora al meccanismo di sincronizzazione tra il calcolatore e il dispositivo di I/O.
I dispositivi di ingresso/uscita sono in generale molto più lenti rispetto alla velocità a cui opera la CPU;
quindi se, nel corso di una elaborazione, si devono trasferire dei dati verso un dispositivo di I/O, è inutile
attendere che il dispositivo abbia finito di stampare o di memorizzare ciò che gli è stato trasmesso, prima di
riprendere l’elaborazione. Supponiamo, ad esempio, di disporre una stampante che in un secondo può
stampare una riga di caratteri; il calcolatore per trasmettere alla stampante quella riga di caratteri non
richiede che qualche frazione di secondo (supponiamo 1 millisecondo). Una volta che il calcolatore ha
trasmesso alla stampante la riga da stampare, per i restanti 999 millisecondi resta in attesa che la stampante
comunichi di aver finito e di essere pronta a ricevere nuovi dati. Per gestire questa situazione di estrema
inefficienza del sistema di calcolo si usa normalmente la tecnica degli interrupt (vedi figura 14).
Figura 14
Il dispositivo di I/O e il calcolatore si scambiano (handshaking) due segnali, un segnale di interrupt generato
dal dispositivo di Input/Output e un segnale, detto Signal Busy, generato dal calcolatore. In questo caso,
schematicamente, avviene il seguente processo: il calcolatore, nel momento in cui è necessario stampare una
linea di testo, invia un segnale di Busy alla stampante, indicando che è pronto a trasmettere i dati, e pone sul
Bus i dati da stampare. Fatto ciò, il calcolatore può passare ad eseguire un altro programma. Nel momento in
cui la stampante ha finito di stampare i dati inviatigli dal calcolatore, essa trasmette il segnale di Interrupt,
che provoca una interruzione, cioè una sospensione delle attività del calcolatore. Il calcolatore arresta la
propria attività corrente, memorizza la situazione in cui si trova (in pratica memorizza il contenuto dei
registri della CPU in una opportuna zona della memoria), effettua una nuova trasmissione, cioè manda un
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nuovo segnale di Busy e dei nuovi dati verso la stampante, e poi riprende ad eseguire il suo programma
ripartendo dalla situazione immediatamente precedente al segnale di Interrupt.
Questa tecnica è utilizzata in particolare per le stampanti ma anche in qualunque altro caso in cui sia
necessario gestire eventi che non siano prevedibili; ad es. la pressione del tasto su una tastiera: anche il
meccanismo con cui la tastiera indica al calcolatore che ha un dato da trasferire, è infatti un meccanismo di
Interrupt. Mentre il calcolatore sta eseguendo una qualunque operazione, se viene premuto un tasto sulla
tastiera viene generato un segnale di interrupt che blocca l'attività e attiva un programma, specifico per
questo segnale, che gestisce l'operazione relativa alla pressione del tasto ed all’invio verso la CPU del codice
corrispondente. Siccome non c'è un unico dispositivo che utilizza la tecnica di interrupt, ma tale tecnica è
condivisa da quasi tutti i dispositivi di Input/Output, è necessario disporre di più linee di interrupt: a ciascuna
linea viene assegnato un certo dispositivo ed una certa priorità. Può capitare, ad esempio, che il calcolatore
debba scrivere un dato su un disco e contemporaneamente un altro dato debba essere anche trasferito verso
la stampante: le due azioni sono ovviamente incompatibili, quindi bisogna stabilire una priorità secondo la
quale si dà più importanza all'uscita sulla stampante o alla scrittura su disco. Se si deve cioè accedere a
risorse comuni, vi sono dispositivi che hanno una più alta priorità (precedenza) rispetto ad altri per quanto
riguarda l'accesso a tali risorse.
ASSEMBLAGGIO DI UN PC
Vediamo ora le diverse parti con cui è possibile assemblare un calcolatore a partire da alcune parti
fondamentali che si possono trovare direttamente in commercio.
Il componente di base del calcolatore è la motherboard (piastra madre), che è tipicamente alloggiata
all'interno di un mobiletto metallico (cabinet) che può essere di varie dimensioni, a seconda del livello di
espandibilità desiderato, cioè in funzione di quanti dispositivi accessori si pensa di dover alloggiare al suo
interno. La motherboard è un grosso circuito stampato su cui sono montate (anche) la CPU e la memoria
centrale con i suoi eventuali alloggiamenti di espansione; inoltre, per collegare queste due strutture vi sarà un
bus, il quale dovrà essere reso disponibile anche verso l'esterno, per collegare, ad es., una stampante tramite
una opportuna interfaccia. Sulla motherboard vi saranno quindi anche degli slot (fessure), alloggiamenti in
cui possono essere inserite schede di espansione, interfacce, o altre schede utili al funzionamento del
calcolatore.
Integrate nella motherboard o sotto forma di schede esterne da inserire negli slot si possono trovare delle
interfacce, parallele o seriali, oppure controllori per dispositivi di input/output. La tendenza attuale è
comunque verso l’integrazione di questi dispositivi direttamente sulla motherboard; il controllore per i dischi
consiste in pratica in un'interfaccia parallela veloce in grado di trasmettere e ricevere i segnali di controllo
per i lettori di dischi. Di solito sono divise in due ‘famiglie’: IDE o EIDE (Extended IDE, con prestazioni più
elevate) e SCSI (Small Computer System Interface), più costose e che permettono di raggiungere transfer
rate più elevati. Le interfacce parallele normalmente sono di tipo Centronics, utilizzate per le stampanti, o di
tipo IEEE488, utilizzate per gestire dispositivi di acquisizione dati. Le interfacce seriali sono di solito di tipo
RS232 o RS422; la RS232 contiene un sottoinsieme delle linee di controllo presenti nella RS422. Le
interfacce USB (Universal Serial Bus), più recenti, sono delle interfacce seriali basate su un protocollo che
consente di trasmettere dati ad una velocità molto superiore alle interfacce RS232/422 e hanno ormai
soppiantato sia le interfacce seriali che parallele tradizionali.
Le schede video, che pilotano il monitor, possono essere utilizzate per la sola visualizzazione, cioè
esclusivamente per generare immagini verso l'esterno, oppure, nel caso dei cosiddetti Frame Grabber, anche
per collegare una telecamera e acquisire immagini dall'esterno. Talvolta il frame grabber è dotato anche di un
sintonizzatore televisivo e quindi viene a costituire una cosiddetta scheda TV, che permette di guardare
programmi televisivi sul monitor del PC.
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Infine vi è l'alimentatore, che, a partire dalla tensione di rete di 220V in corrente alternata fornisce tensioni
continue di 3V, 5V e 12V; 5V (talvolta 3V) è la tensione a cui tipicamente operano i circuiti logici (e quindi
anche la CPU), mentre gli altri dispositivi contenuti nel mobile dei calcolatore (i dischi rigidi, i lettori di
floppy disk, CD-ROM e DVD o i masterizzatori) vengono normalmente alimentati a 12V. Un alimentatore è
quindi costituito da uno o più trasformatori e da stabilizzatori di tensione che eliminano le fluttuazioni della
tensione di rete; di solito sono presenti anche delle prese di corrente ausiliare per collegare eventuali
periferiche oltre, ovviamente, ad un interruttore per l’accensione e lo spegnimento della macchina.
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