La formazione delle parole Antonietta Bisetto 1. Introduzione 2. La derivazione 2.1. La suffissazione 2.1.1. Suffisso zero (conversione) 2.1.2. Un caso particolare: il suffisso –tore/–dore 2.1.2.1. Latinismi in –ore 2.1.3. –anza: un suffisso o due? 2.2. La prefissazione 2.3. La testa 2.3.1 Le parole alterate 2.4. Tra prefissazione e suffissazione: i parasintetici 3. Restrizioni e condizioni di buona formazione 3.1. Restrizioni fonologiche e morfologiche 3.2. Restrizioni semantiche 3.3. Condizioni di buona formazione 4. Composizione 5. Bibliografia 1. Introduzione Con formazione delle parole intendiamo il settore della morfologia che si occupa dei processi di formazione e di analisi delle parole complesse. Le parole complesse sono derivate o composte. i) Le parole derivate sono formazioni affissate, che si distinguono in prefissate e suffissate. Un es. di prefissazione, in it. ant. come in it. mod., è inutile, formato dall’aggettivo utile preceduto dal prefisso negativo in-. Un es. di suffissazione, in it. ant. come in it. mod., è fallimento, in cui ci sono il tema verbale falli (del verbo fallire) e il suffisso derivativo –mento che fa sì che da un verbo si abbia un nome. Come si vede, diversamente che nelle parole composte, che vedremo subito, nelle parole derivate uno dei costituenti è una forma legata, cioè un morfema, come qui –mento, che non può apparire da solo all’interno di una frase, ma è aggiunto ad una forma libera che è data dalla parola, qui fallire. Sia gli affissi che le parole piene cui essi si aggiungono, dette basi, possono svolgere il ruolo di testa (cfr. 2.3). Le parole intere che formano i composti, invece, possono essere la testa (quando una delle due parole svolge questo ruolo) oppure l’altro elemento del composto. Inizio CM In parole evidentemente di natura complessa ma che sono storicamente dei prestiti, un’analisi formale come quella che abbiamo dato sopra o non è possibile o non è significativa, nel senso che il significato dell’intera parola non è ricostruibile in base al significato delle parti che la compongono. Questo caso è rappresentato, per es., dall’it. ant. coraggio, prestito dal provenzale, che in it. ant. ha due significati, ‘cuore’ in (1a) e ‘disposizione d’animo’ (1b): (1) a. …e par fossor gli amori nel coraggio. (Rinuccino, 8a, v. 14) b. …or venìa chi si sentìa sì poderoso d’avere e di coraggio [così in possesso di beni e di animo]… (Novellino, 64, rr. 10-11) La segmentazione della parola in cor+aggio, pur essendo possibile, non può servire a spiegare il significato dell’intera parola a partire dai due segmenti che la compongono. Nel primo caso –aggio non aggiunge niente a c(u)or(e), nel secondo non si comprende come il suffisso – aggio possa far cambiare il significato della base ‘cuore’ a ‘disposizione d’animo’. Fine CM ii) Sono composte le formazioni che, rappresentando un’unità di significato, sono costituite da due o più elementi; la caratteristica dei composti è data dal fatto che ognuna delle parole costituenti ha anche un uso indipendente, ad es., in it. ant. come in it. mod., il verbo oltrepassare che si analizza come formato dall’avverbio oltre e dal verbo passare, parole che hanno significato autonomo e utilizzo indipendente. 2. La derivazione La struttura delle parole derivate può essere rappresentata formalmente nel modo seguente (sotto suffissazione diamo la derivazione delle parole dell’it. ant. dannoso, cartaceo, portatore e seccare, sotto prefissazione di inutile, ra(d)domandare (...vi radomando…, Rinuccino, 2, v. 6), sbandire (Brunetto Latini, Rettorica, p. 56, r. 1) e dell’it. mod. (in mancanza di ess. in it. ant.) ex-pugile: Figura 1 suffissazione [[ ]X + suff ]Y prefissazione [pref + [ ]Y ]Y [[danno]N + oso]A [in + [utile]A]A [[carta]N + aceo]A [r(i) + [addomandare]V]V [[amministra]V + tore]N [s [[secco]A + are]V [ex + + [bandire]V]V [pugile]N]N Per gli aggiustamenti di natura fonologica necessari quando avviene l’aggiunzione di un suffisso, vedi avanti 2.1. Altre formazioni, meno frequenti, hanno una struttura più complessa e possono presentare due (o più) suffissi, oppure uno o più prefissi e uno o più suffissi. Sono ess. di suffissazione multipla parole dell’it. ant. come: c(h)ristianità (crist(o)-ian(o)-ità), arditanza (ardit(o)-anza), familiarità (famili(a)-ar(e)-ità), bestialità(de) (besti(a)-al(e)-ità(de)), cittadinanza (cittad(e)-in(o)-anza), bonarietà (bon(o)-ari(o)-età), giustiziatore (giust(o)-iziatore), contraddicimento (contra-dici-mento), oltremontano (oltre-mont(e)-ano). La struttura di questi derivati non è sempre la stessa. È simile per es. in bonarietà, bestialità, festività, cristianità, cittadinanza, ma è più complessa in arditanza o in giustiziatore. Mentre le prime forme possono essere analizzate come contenenti due suffissi, come in (2a), le ultime due hanno un’analisi in tre stadi, come si può vedere in (2b), dove sono state usate le forme lemmatizzate: (2) a. bonarietà b(u)onoAggettivo + arioAggettivo + etàNome bestialità bestiaNome + aleAggettivo + itàNome festività festaNome cristianità CristoNome + ianoAggettivo + itàNome cittadinanza citta(de)Nome + inoNome + anzaNome b. arditanza giustiziatore + ivoAggettivo + itàNome ardi(re)Verbo + toVpart. perfetto + 0Aggettivo + anzaNome giustoAggettivo + iziaNome + a(re)Verbo + toreNome Arditanza (Brunetto Latini, Rettorica, p. 29, r. 14) è un nome derivato dall’aggettivo ardito che a sua volta si forma a partire da ardito, participio perfetto del verbo ardire, attraverso un processo di conversione o suffissazione zero (cfr. 2.1), cioè cambiando la categoria della parola senza aggiunta di un morfema. Un’analisi analoga vale per giustiziatore. Poiché le formazioni che si ottengono dopo l’aggiunta del primo suffisso sono, a tutti gli effetti, delle parole – nel senso che possono essere utilizzate come tali in una frase - ogni affisso viene aggiunto ad una parola, non all’affisso che lo precede. In altre parole, i suffissi si aggiungono uno alla volta e danno quindi origine ad una struttura gerarchica che si può rappresentare attraverso parentesi come in Fig. 2a, per le forme a due suffissi (per es. cristianità), e come in Fig. 2b per la formazione più complessa (per es. arditanza): Figura 2 a. [ [ [ ]X + suff ]Y + suff ]Z b. [ [ [ [ ]X + suff ]Y + 0]T + [ [ [cristo]N + iano]A + ità]N suff ]Z [[[[ardi]V + ito]Vp.p. + 0]A + anza]N Struttura diversa l’una dall’altra hanno anche i due derivati con prefisso e suffisso contraddicimento e oltremontano. Contradicimento (Bono Giamboni, Libro, cap. 42, par. 1), alla cui base sta il verbo contra(d)dire, è parola prima prefissata e poi suffissata (Fig. 3a), oltremontano (Fig. 3b), alla cui base vi è il nome monte, è prima suffissata e poi prefissata: Figura 3 a. [ [ contrapref + b. [ oltrepref + [dic(ere)]V ]V + mento]N [ [monte]N + ano]A ]A 2.1. La suffissazione Nelle parole suffissate, l’aggiunta di un suffisso può richiedere in alcuni casi un aggiustamento di natura fonologica. Questo può consistere nella cancellazione della vocale tematica. Come si è visto negli ess. (2a-b), nell’analisi della struttura delle parole sono stati riportati i vari “segmenti” nella loro interezza, cioè si è detto, ad es., che cristianità è formata da Cristo, –iano e –ità, ma il risultato non è *cristoianoità: per arrivare alla forma desiderata ci vuole un aggiustamento fonologico della parola che avviene grazie alla cancellazione della vocale tematica finale. Il procedimento può essere rappresentato così: Figura 4 cristianità Cristo + iano --> *cristoiano ↓ CV: o --> 0 cristiano cristiano + ità --> *cristianoità ↓ CV: o --> 0 cristianità Questo processo di aggiustamento non è necessario quando il suffisso derivativo inizia con una consonante anziché con una vocale, come in fallimento, a(v)venimento, a(p)prenditore, imperadore, i cui suffissi (–mento e –tore/–dore) iniziano per consonante, e che si formano quindi senza questo aggiustamento. L’aggiustamento può consistere nell’eliminazione di due vocali, come per es. nella derivazione, in it. ant. come in it. mod., della parola giustiziere. La struttura di giustiziere è giusto + izia + iere; nel passaggio da giustizia a giustiziere avviene la cancellazione non solo della vocale finale a ma anche della vocale precedente i, per evitare una sequenza di due elementi vocalici identici seguiti da un’altra vocale (la e), cioè una sequenza –i +j che darebbe –iiere, così semplificato in –iere. A causa di un altro tipo di aggiustamento, uno stesso suffisso può prendere due forme diverse, manifestando così allomorfia. L’allomorfia suffissale si manifesta quando uno stesso morfema si realizza in forme foneticamente differenti a causa di aggiustamenti diversi dovuti alla struttura fonologica diversa della parola interessata alla derivazione. È il caso che si verifica, ad es., in it. ant., come in it. mod., nei derivati prop(r)ietà e pietà, nei quali il suffisso –ità cambia in –età per evitare la sequenza –ii– (prop(r)io+ità diventerebbe *prop(r)iità e pio+ità darebbe *piità); quando la cancellazione di vocale produce una sequenza di vocali identiche, viene usato l’allomorfo –età anziché –ità. Un altro caso di aggiustamento è il cambiamento in i che subisce la vocale tematica e dei verbi di II coniugazione quando viene aggiunto un suffisso derivativo: vincEre ma vincItore, tessEre ma tessItore. I suffissi utilizzati per la formazione delle parole, che sono numerosi, hanno proprietà di testa (cfr. 2.3.) e quindi cambiano la categoria delle parole cui si aggiungono. Ad es., il suffisso –mento si aggiunge a verbi e forma nomi detti deverbali, indicanti un processo o un risultato (nello stesso senso che hanno questi termini per il verbo, @vedi cap. SQUARTINI). In it. ant. un es. di nome che può indicare processo/evento oppure un risultato è il derivato compimento che indica, in accordo con i significati del verbo, sia l’azione di ‘portare a termine’ che l’azione di ‘mettere in atto’, come si può rilevare dalle occorrenze dei due termini esemplificate in (3a-b), mentre ha una accezione di nome risultato in (3c): (3) a. …Speranza / aduce gran fidanza [fiducia] / incontro a la Paura, / e sempre l’asicura / d’aver buon compimento [esito] / di suo inamoramento. (Brunetto Latini, Tesoretto, vv. 2313-2318) b. E così sommatamente [in succinto] loda Tulio [Cicerone] eloquenzia con sapienzia congiunta, che sanza ciò le grandissime cose non s’arebbono potute mettere in compimento [realizzazione]… (Brunetto Latini, Rettorica, p. 26, rr. 19-22) c. Gentil e saggia Donzella amorosa, / in cui è tutto bono insegnamento, / la vostra cera [viso] angelica, gioiosa, / è somma d’afinato compimento [raffinata perfezione]. (Rinuccino, 10.3, vv. 1-4) Altri suffissi che danno categorie di uscita diverse dalla forma di partenza, sono: i) il suffisso –oso, ad es., che si aggiunge, come in it. mod., a nomi e forma aggettivi (amoroso, doglioso (Dante, Vita nuova, cap. 8, par. 8, v. 4), gioioso); oppure l’aggettivo è derivato da verbo, come adiroso (Brunetto Latini, Rettorica, p. 169, r. 10) da adirare, pensoso e dubitoso (Brunetto Latini, Rettorica, p. 161, r. 5) da pensare e dubitare, ecc.; ii) il suffisso –mente, che si aggiunge ad aggettivi e forma avverbi (apertamente, certamente, principalmente); iii) il suffisso –itade/itate/ità, che si aggiunge ad aggettivi e forma nomi (crudelitade, cupiditade, perversità, immortalità), ecc. Può esserci più di un suffisso che forma parole appartenenti alla stessa categoria lessicale e che si aggiunge a basi categorialmente identiche, come ad es. –mento e –(z)ione che sono, in it. ant. come in it. mod., suffissi “rivali” in quanto svolgono la stessa funzione. Come suffissi nominali deverbali abbiamo quindi da un lato compimento, fallimento, intendimento (Brunetto Latini, Rettorica, p. 6, r. 14), e dall’altro deliberazione, dimostrazione, congiurazione (Brunetto Latini, Rettorica, p. 104, rr. 2-3). Mentre in it. mod. i suffissi –mento e –zione hanno più o meno la stessa frequenza in it. ant. quello di gran lunga più utilizzato è – mento, che lascia meno spazio agli altri suffissi nominali deverbali come –ione e –ura. I derivati in –ione contengono in gran parte delle basi latine, non popolari: ascensione, distruzione, concessione. Suffisso popolare è invece –gione (adomandagione (Fiori e vita di filosafi, cap. 13, rr. 21-22), condanagione (Cronica fiorentina, p. 139, r. 13), divigione (Bono Giamboni, Trattato, cap. 12, par. 3) / divisione). La formazione di aggettivi da nomi avviene attraverso i suffissi –oso, –ale, –ico: dannoso, angoscioso; artificiale, congetturale; retorico). Nella formazione dei nomi di qualità, cioè dei nomi derivati da aggettivi, vengono utilizzati i suffissi –itade/itate/ità, –ezza, –anza (certanza (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 243), comunanza, baldanza) e –ura (bruttura (Cronica fiorentina, p. 116, r. 13), laidura ‘scurrilità’ (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 1776)). È possibile la formazione di parole con lo stesso significato attraverso l’applicazione di suffissi diversi alle medesime basi, come ad es. parlatore e parliere, entrambi ‘oratore’ (4), e così certezza/certanza (5), baldezza/baldanza (6), vilezza/vilanza/viltà (7), sempre nella stessa opera, la Rettorica di Brunetto Latini: (4) a. …queste quattro parti (…) possono essere tutte nella diceria [discorso] dell’uno de’ parlatori… (Brunetto Latini, Rettorica, p. 145, rr. 14-16) b. …dice Tulio [Cicerone] che officio è quello che ‘l parliere de’ fare nel suo parlamento [discorso] secondo lo ‘nsegnamento di questa arte. (Brunetto Latini, Rettorica, p. 52, rr. 20-21) (5) a. La fede è maravigliosa certezza di cosa non saputa. (Fiori e vita di filosafi, cap. 28, rr. 128-129) b. Amico, io ben vorria / (…) / che certanza d’ognuna sottiglianza [sottigliezza] / ch’io volessi ritrare [esporre], / tu potessi aparare [imparare] / e ritenere a mente / a tutto ‘l tuo vivente [per tutta la tua vita]. (Brunetto Latini, Tesoretto, vv. 536-546) (6) a. Allor vid’ io Prodezza / con viso di baldezza / sicuro e sanza risa / parlare in questa guisa [modo]… (Brunetto Latini, Tesoretto, vv. 1981-1984) b. E avvegna che [sebbene] la sua imagine, la quale continuatamente meco stava, fosse baldanza d’Amore [incoraggiasse Amore] a segnoreggiare me, tuttavia era di sì nobilissima vertù [di tanto elevato potere], che nulla volta sofferse [mai tollerò] che Amore mi reggesse senza lo fedele consiglio de la ragione… (Dante, Vita nuova, cap. 2, par. 9) (7) a. Non abbie in ciò vilezza, / ma lieta gagliardezza… (Brunetto Latini, Tesoretto, vv. 1441-1442) b. Nella causa la quale è di vile convenente [fatto], per cagione di trarrela di vilanza e di dispetto [disprezzo], ne conviene [bisogna] fare l’uditore intento [attento]. (Brunetto Latini, Rettorica, p. 170, rr. 2-4) c. Allora il re riconobbe la viltà sua e trasselo di pregione e donolli molto nobilemente. (Novellino, 2, rr. 80-81) 2.1.1. Suffisso zero (conversione) Lo stesso effetto di cambiamento della categoria sintattica che si ottiene aggiungendo un suffisso derivativo si può avere in alcuni casi, in it. ant. come in it. mod., in assenza di suffisso. Si tratta del processo detto di suffissazione zero o conversione, con il quale si spiega che alcune parole come bene e male siano sia avverbi che nomi, che malfatto sia il participio perfetto del verbo malfare ma anche un nome. Allo stesso modo aconcio è nome e aggettivo: nome, con valore di ‘sistemazione’ (per es. …onde se avenisse che di costà non fosse ancora partito, sì procacci di partirsine al più tosto che puote con aconcio di nostri fatti… (Lettera di Consiglio de’ Cerchi, ecc., II, p. 603, rr. 2-4)), aggettivo con valore di ‘adatto’ (per es. Et dice che dittare [scrivere lettere] è un dritto [giusto] et ornato trattamento di ciascuna cosa, convenevolemente aconcio a quella cosa. (Brunetto Latini, Rettorica, p. 150, rr. 5-7)). Sono deverbali privi di suffisso, in it. ant. come in it. mod., nomi quali a(b)bandono, a(c)concio, caccia, comando, domanda, fallo, giro ecc., ottenuti a partire dai rispettivi verbi abbandonare, acconciare ‘preparare’, cacciare, comandare, domandare, fallare ‘sbagliare’, girare ecc. Sovente queste formazioni sono, in it. ant., dei doppioni di derivati con suffisso (cfr. 2.1.2). 2.1.2. Un caso particolare: il suffisso –tore/–dore Il suffisso –tore/–dore si aggiunge esclusivamente a verbi (cfr. 8), non ad altre classi di parole (per es. non ad aggettivi: da bello non possiamo avere *bellitore): (8) tessitore (Compagnia di S. M. del Carmine, p. 63, r. 4) sapitore ‘chi sa, conosce’ (Brunetto Latini, Rettorica, p. 117, r. 16) salvatore (Bono Giamboni, Orosio, libro 7, cap. 1, p. 426, r. 2) pregatore ‘pregante’ (Brunetto Latini, Rettorica, p. 146, rr. 18-19) parlatore (Brunetto Latini, Rettorica, p. 5, r. 26 – p. 6, r. 1) offenditore (…offenditori…, Novellino, 27, r. 18) cominciatore ‘chi inizia’ (Bono Giamboni, Orosio, libro 7, cap. 32, p. 485, r. 5) guadagnatore ‘chi guadagna’ (Bono Giamboni, Libro, cap. 5, par. 17) I nomi che ne derivano esprimono il soggetto del verbo corrispondente, cioè significano ‘colui che V’, per cui tessitore è ‘colui che tesse’, sapitore è ‘colui che sa’, pregatore è ‘colui che prega’, imperadore (non imperatore) è ‘chi comanda’, ecc. Il suffisso –tore/–dore non è portatore della caratteristica semantica della intenzionalità che caratterizza invece lo stesso suffisso in it. mod. (in it. mod. il carattere di intenzionalità manca solo in derivati ereditati da fasi anteriori e ormai fissatisi nella lingua, come per es. intenditore), ed è per questo che –tore, contrariamente all’it. mod., si può applicare a verbi non agentivi quali sapere, apprendere, intendere, guadagnare, come si vede dall’elenco dato sopra in (8). Diversamente dall’it. mod., questi derivati indicano sempre persone, o eventualmente cose alle quali si attribuisce un’attività, come il sole (9a), o personificazioni, come in (9b), ma non ci sono nomi che indicano strumenti, come invece in it. mod. acceleratore, frullatore, dosatore, inceneritore, ecc.: (9) a. Il sole è occhio del cielo, cerchio di caldo, splendore sanza abassare [diminuzione], ornamento del die, dividitore dell’ore [distributore delle ore]. (Fiori e vita di filosafi, cap. 28, rr. 68-70) b. Il grande imperadore messer la Superbia fa metter bando [bandire] e comandare che si vadano ad armare tutte le genti… (Bono Giamboni, Libro, cap. 24, par. 13) Diversamente che in it. mod., il derivato in –tore/–dore in funzione di aggettivo (sempre agentivo) si può usare anche se i referenti sono femminili, come si vede sopra in (9b) e in (10) dove l’aggettivo traditore è accordato con il femm. gente: (10) …Neri Piccolino rimandò al padre la molgle dicendo: – Io non volglo generare filgluoli di gente traditore. (Cronica fiorentina, p. 120, rr. 7-9) Tuttavia la forma femminile di –tore/–dore è normalmente –trice/–drice, come in it. mod.: abbiamo così i derivati femminili: …sapienzia è amodenatrice [moderatrice] di tutte cose… (Brunetto Latini, Rettorica, p. 37, rr. 7-8), …la modonatrice [moderatrice] di tutte cose, cioè sapienzia… (Brunetto Latini, Rettorica, p. 36, r. 1), …lla civile scienza, cioè la covernatrice delle cittadi… (Brunetto Latini, Rettorica, p. 49, rr. 13-14), [Morte è (…)] cacciatrice de vita… (Fiori e vita di Filosafi, cap. 28, r. 107), [La terra è (…)] divoratrice… (Fiori e vita di Filosafi, cap. 28, rr. 77-78), [La povertade èe (…)] ritrovatrice del savere… (Fiori e vita di Filosafi, cap. 28, r. 96), …Superbia, capo e seminatrice di quanti mali nel mondo si fanno… (Bono Giamboni, Libro cap. 60, par. 2), …quella gentilissima (…) fue distruggitrice di tutti li vizi… (Dante, Vita nuova, cap. 10, par. 2). Abbiamo –drice in imperadrice (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 1237) (imperatrice appare solo nel Trecento). La struttura [tema + tore] dà derivazioni come conducitore e difenditore e anche a(p)prenditore (Brunetto Latini, Rettorica, p. 142, rr. 12-13), dicitore (Brunetto Latini, Rettorica, p. 19, r. 8), distruggitore (Dante, Vita nuova, cap. 31, par. 1), dividitore (Fiori e vita di filosafi, cap. 28, r. 69), offenditore (cit. in (8)), in cui la vocale tematica che appare nel derivato non è e, ma i per riaggiustamento fonologico (cfr. 2.1) che comporta un innalzamento della vocale tematica. 2.1.2.1. Latinismi in –ore Se la base su cui i nomi in –tore sono derivati è il tema verbale dell’indicativo presente, cioè [radice + vocale tematica] (parla+tore, prega+tore, guadagna+tore), i latinismi, presenti in it. ant. (e in it. mod.) avevano come base il tema del participio, per cui la forma fonologica del suffisso era –ore e non –tore, come in it. ant. condutt-ore (Novellino, 31, r. 10), difens-ore (Compagnia della Madonna d’Orsammichele, p. 651, r. 1). Abbiamo così dei doppioni (o allotropi) uno dei quali è dato da derivazione tramite il suffisso –tore e l’altro è un latinismo: ad es., conducitore (Novellino, 12, r. 4) e difenditore (Cronica fiorentina, p. 98, r. 28), costruiti sui temi verbali conduce e difende + il suffisso – tore, sono in alternativa ai latinismi conduttore e difensore. 2.1.3. –anza: un suffisso o due? I nomi astratti terminanti in –anza, in parte gallicismi (cioè prestiti dal francese e/o dal provenzale), possono essere suddivisi, per il modo in cui vengono formati, in due gruppi, il primo comprendente anche dei nomi in –enza (v. avanti): (11) a. concordanza (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 629) dottanza ‘timore’ (Dante, Vita Nuova, cap. 7, par. 5, v. 16) fallanza ‘errore, mancanza’ (Bondie Dietaiuti, Rime, canzone 3, v. 10; Chiaro Davanzati, Rime, canzone 18, v. 9) fallenza (Brunetto Latini, Tesoretto, vv. 706 e 933) conoscenza (Brunetto Latini, Favolello, v. 143; Novellino, 10, r. 10) partenza (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 666) obedienzia (Bono Giamboni, Libro, cap. 36, par. 24) b. allegranza (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 2634; Dante, Vita Nuova, cap. 7, par. 6, v. 19) arditanza (Brunetto Latini, Rettorica, p. 29, r. 14) certanza (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 243) comunanza (Brunetto Latini, Rettorica, p. 5, r. 10 e Ibid, p. 31, r. 12) sicuranza (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 1637; Favolello, v. 146) vicinanza (Disciplina Clericalis, p. 77, r. 11) vilanza ‘viltà’ (Brunetto Latini, Rettorica, p. 170, r. 3) Nel primo gruppo (11a) le formazioni sono costruite sul participio presente del verbo di base (rispettivamente concordare, dottare, ecc.) attraverso l’aggiunzione del suffisso –za; i derivati sono dei nomi astratti che indicano ‘modo d’essere, stato’, ma anche ‘evento, realizzazione dell’evento espresso dal verbo’. Infatti, questo suffisso seleziona la classe azionale dei verbi stativi come concordare, dottare ‘dubitare, temere’, conoscere ecc., ma anche verbi trasformativi di tipo puntuale, telico, dinamico (cfr. Gr. Gramm. vol. II, I.1.4), come partire e ubbidire. Nel secondo gruppo (11b), i derivati hanno come base un aggettivo: si tratta di nomi di qualità che nominalizzano aggettivi qualificativi ottenendo come significato la ‘proprietà di essere X’, dove X sta per l’aggettivo che è alla base del derivato in –anza. Per la diversità della categoria delle basi (Verbo o Aggettivo) e la differenza della semantica associata al complesso, le formazioni devono essere quindi tenute distinte. Gli astratti deverbali in (11a) sono da considerare formati a partire dal participio presente del verbo di base; in questo modo la variazione nella vocale tematica (che è a nelle formazioni da verbi di I coniugazione ed e in quelle da verbi delle altre coniugazioni) può essere attribuita alla base verbale e si possono analizzare come derivate anche alcune formazioni particolari, come diligenza, (im)prudenza, intelligenza, clemenza, coscienza, negligenza, pertinenza, alla cui base stanno degli aggettivi (a loro volta dal participio presente di verbi che, come tali, non esistono più). Altre volte il suffisso –anza deriva nomi da altri nomi, come cittadinanza, maestranza, nimistanza ‘inimicizia’ (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 2057), tempestanza ‘tempesta’ (Brunetto Latini, Rettorica, p. 33, r. 17), derivati rispettivamente da cittade, maestro, nimistà, tempesta. Inizio CM Scegliendo come base di derivazione di nomi del primo gruppo, quali concordanza, dubitanza (Bondie Dietaiuti, Rime, canz. 2, v. 46), partenza, il participio presente del verbo (concordante, dubitante, ecc.), i segmenti –an- ed –en– si attribuiscono alla base. È quindi necessario postulare un aggiustamento fonologico per spiegare come dal participio presente in –nte si passi al nome in –nza, invece di avere *prudente+za abbiamo infatti pruden-za. Il processo dovrebbe consistere nel fatto che il suffisso –za si sostituisce alla sequenza –te del participio: avremmo quindi un caso di troncamento di sillaba. Fine CM 2.2. La prefissazione La prefissazione, come abbiamo visto, consiste in un processo di aggiunzione di un morfema all’inizio di una parola. Come in it. mod., anche in it. ant. i prefissi possono provocare una variazione semantica del significato della parola cui vengono aggiunti, oppure essere neutri, cioè non provocare cambiamento. Lo stesso prefisso può avere entrambe queste funzioni. Tra i prefissi privi di significato possiamo annoverare ad-, che si premette a verbi come in a(d)domandare (…l’adomandai…, Cavalcanti, 40, v. 10; …s’adomandano cose non convenevoli alla persona di colui che l’adomanda, Bono Giamboni, Trattato, cap. 27, par. 10), adornare (Dante, Vita Nuova, cap. 12, par. 8; …[parole] adornate…, Cavalcanti, 6, v. 3), aguardare (…aguardò…, Novellino, 37, r. 11); oppure in- nell’aggettivo indaurato ‘indorato’ (Brunetto Latini, Rettorica, p. 194, r. 10), nel verbo incominciare (…fue incominciata…, Compagnia di San Gilio, p. 43, r. 18; …incomincia…, Bono Giamboni, Trattato, cap. 4, par. 5) e nel sostantivo imperseveramento (Brunetto Latini, Rettorica, p. 29, r. 13, con assimilazione di n a m davanti a consonante bilabiale, come in it. mod.); o di- in dinegare ‘negare’ (…fu loro dinegato…, Cronica fiorentina, p. 133, r. 26) e dipartire, come partire nel significato ‘dividere’: …che così subitamente fossero quelli uomini dipartiti dall’antica e lunga usanza… (Brunetto Latini, Rettorica p. 24, rr. 7-8), …[ch’io lo] diparta… (Novellino, 18, r. 17). Tra i prefissi che introducono un preciso significato ci sono: anti- col significato di ‘prima’ in antivedere (…[sapienza] sae antivedere…, Brunetto Latini, Rettorica, p. 37, r. 8), antiporre (Fiori e vita di filosafi, cap. 20, r. 87), antipensare (El colpo del male antipensato viene molle e leggiere, Fiori e vita di filosafi, cap. 24, r. 255); dis- e s- che introducono il significato ‘contrario’: possono essere aggiunti ad aggettivi, come disconsolato, disformato (sconsolato, sformato), e a verbi, come disfare, disonorare disamare, disarmare (cfr. avanti 3.1); in- che, premesso ad aggettivi, introduce un significato negativo: incredibile, inanimato, impossibile, indiscreto; contra- che introduce il significato ‘contro’ come in contrapararsi (nel senso di ‘pararsi contro’ e quindi ‘opporsi’: …per le ‘ngiurie de cittadini convenne per necessitade [fu necessario] che’ maggiori si contraparassono agli arditi… (Brunetto Latini, Rettorica, p. 29, rr. 15-17)) e in contra(d)dire; mis-, che significa ‘contro, male’, come in misfare ‘far male’ / misfatto (…nonn avemo misfatto contra di Lui, Lettera di Consiglio de’ Cerchi, ecc., II, p. 601, r. 2 / [Adomandatelo] di suo misfatto!, Novellino, 63, r. 28) e in misaventura ‘disgrazia’ (Brunetto Latini, Rettorica, p. 178, r. 7). Altri prefissi che cambiano il significato sono arci-, oltr- e sopra-, che introducono tutti un valore superlativo. Arci- si trova davanti a nomi come arcivescovo (Novellino, 49, r. 4; Cronica fiorentina, p. 88, r. 20), arciprete (Cronica fiorentina, p. 110, r. 2) e arciscranna (Compagnia di S. M. del Carmine, p. 68, r. 19 e r. 32); oltra- e sopra-, rispettivamente in oltramaraviglioso (…oltramaravigliose prodezze… (Novellino, 60, rr. 67-68)) e sopraabbondevole (Bono Giamboni, Libro, cap. 35, par. 15), modificano aggettivi cambiandone il valore e cambiando anche il significato della preposizione da cui sono originati. Sono forme prefissali anche infra-, intro-/intra- e (ol)tra-, che compaiono in derivati verbali quali inframmettere (Compagnia di San Gilio, p. 40, r. 24), intromettere (Compagnia di San Gilio, p. 36, rr. 30-31), intralasciare (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 2194), tramettere ‘mandare’ (Cronica fiorentina, p. 140, r. 19), tramutare (Brunetto Latini, Rettorica, p. 119, r. 10), trapassare (Bono Giamboni, Orosio, libro 1, cap. 11, p. 46, r. 2), e fra- in frascritto (Sommetta (ed. Hijmans-Tromp), p. 204, r. 2). Il prefisso ri- può cambiare il significato oppure essere neutro (come in it. mod. in ritornare, ricopiare, sinonimi di tornare, copiare). Nel primo caso ha significato iterativo ‘di nuovo, ancora’ come in rimettere (Novellino, 84, r. 36; …rimetterà…, Bono Giamboni, Libro, cap. 44, par. 9), rifare (…ebbero rifatta…, Novellino, 81, r. 3; ...fu rifacto, Cronica fiorentina, p. 104, r. 2), ridire (…ridicerà…, Brunetto Latini, Rettorica, p. 118, r. 4; …ridisse…, Bono Giamboni, Libro, cap. 15, par. 10). Nel secondo appare in rappianare ‘appianare, radere al suolo’ (con aggiustamento, facoltativo, della sequenza i-a in a) e rincontrare ‘incontrare, affrontare’ (con riduzione di i-i in i), come si può vedere negli ess. seguenti: (12) a. Poy nel MCLIIJ [1153] i Fiorentini feciono hoste [una spedizione militare] sopra Monte di Croce, e per força fu adsediato e preso e disfacto [distrutto] e rapianato. (Cronica fiorentina, p. 101, rr. 22-23) b. …poscia [dopo] che la Fede Pagana fu scesa in terra co la sua gente, e suo navilio ebbe allogato [collocato] ne’ porti di Cicilia [Sicilia], da che [dopo che] vide che la Fede Cristiana non ebbe ardimento di rincontrarla [affrontarla], venne pigliando tutta la terra in qualunque parte andava… (Bono Giamboni, Libro, cap. 47, par. 3) 2.3. La testa La testa è, nelle parole complesse, il costituente che determina la categoria sintattica dell’intero. In una parola suffissata come amoroso, la base è il nome amore, quindi la categoria aggettivo di amoroso è stabilita dal suffisso –oso, che è quindi la testa del derivato. Nelle parole banditore e cacciatore, la struttura è V+ toresuf, e quindi il fatto che queste parole siano dei nomi dipende dal suffisso che è, di nuovo, la testa della parola. Nella prefissazione, al contrario, la testa non è il prefisso, le parole di base mantengono infatti la loro categoria anche successivamente alla prefissazione: (13) a + guardareVerbo --> aguardareVerbo di + negare Verbo --> dinegareVerbo ri + appianareVerbo --> rappianareVerbo La testa delle parole prefissate, di conseguenza, non è il prefisso ma la base. Da ciò si può trarre la conclusione che il costituente testa delle parole derivate (prefissate e suffissate) è l’elemento che segue, sia esso affisso oppure parola. Fanno eccezione alla generalizzazione per cui nella derivazione la testa segue (o è “a destra”) due tipi particolari di parole complesse: le parole alterate (2.3.1) e le parole flesse (@v. capp. BENINCÀ-PENELLO e MASCHI-VANELLI). 2.3.1 Le parole alterate Le parole alterate sono quelle formazioni costituite da una parola base e da un suffisso valutativo come: biondetti e ricciutelli (Cavalcanti, 46, v. 3); gentiluzza (Cavalcanti, 51, v. 8); piccolini (Novellino, 72, r. 17); cercoletti [cerchietti] (Brunetto Latini, Rettorica, p. 55, r. 3); tavoluçça (Compagnia di S. M. del Carmine, p. 64, r. 6); coltellin (Cavalcanti, 18, v. 2); pedrone/petrone (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 1294 / Cronica fiorentina, p. 83, r. 25); popolazzo (Bono Giamboni, Libro, cap. 58, par. 1). Come già detto, il suffisso di queste parole non è una testa, e la categoria delle parole cui è applicato, rimane la stessa anche successivamente alla derivazione, come si vede nella figura 5: Figura 5 aggettivi nomi [ [ricciuto]Aggettivo + ello ]Aggettivo [ [popolo]Nome + azzo]Nome [ [biondo]Aggettivo + etto]Aggettivo [ [circolo] Nome + etto]Nome [ [gentile]Aggettivo + uzza]Aggettivo [ [tavola]Nome + uzza]Nome [ [piccolo]Aggettivo + ino]Aggettivo [ [coltello]Nome + ino]Nome [ [pietra]Nome + one]Nome I suffissi alterativi dell’it. ant., che sono –etto, –(u)olo, –ello, –ino, –uzzo, –otto, –one, –azzo e –accio, si trovano anche in it. mod. Alcuni di essi si possono aggiungere, in it. ant. come in it. mod., sia a nomi che ad aggettivi, come si vede nella figura 5. Il suffisso –(u)olo si aggiunge solo a figlio/figlia. Il suffisso –otto si trova solo con la parola cero: cerotto ‘cero, corto e massiccio’ (...cerotti..., Compagnia di San Gilio, p. 45, r. 16). 2.4. Tra prefissazione e suffissazione: i parasintetici Le formazioni parasintetiche sono costruzioni verbali a tre costituenti alla cui base sta, nella maggior parte dei casi, un nome (14) o un aggettivo (15). Per es. a(b)bracciare viene dall’unione della preposizione a(d) + il nome braccia + la desinenza dell’infinito –are: (14) abbracciare: …abracciandola… (Fiori e vita di filosafi, cap. 28, r. 17), … l’abbracciò… (Bono Giamboni, Libro, cap. 15, par. 8) accompagnare: …acompagnare… (Bono Giamboni, Libro, cap. 14, par. 1), … accompagnarlo… (Dante, Vita nuova, cap. 6, par. 1) affrettare: Chi s’afretta di consigliare sì s’afretta di pentere. L’afrettare e l’ira son troppo contrarie al buono consiglio. (Fiori e vita di filosafi, cap. 7, rr. 28-29), … t’afretti… (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 2562) alluminare ‘illuminare’: …[la salutazione] altressì allumina tutta la lettera come l’occhio allumina l’uomo. (Brunetto Latini, Rettorica, p. 155, rr. 3-4) ammaestrare: …amaestri… (Compagnia di San Gilio, p. 35, r. 7), … ammaestrava… (Bono Giamboni, Libro, cap. 16, par. 6) ammassare: …amassa… (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 2512), …ammassoe… (Novellino, 6, r. 26) annoverare ‘contare’: …anoverai… (Libro di Lapo Riccomanni, p. 518, r. 16), … anoveravali… (Novellino, 96, r. 10) appuntare ‘fissare con dei punti’: …gli apuntò… (Novellino, 95, r. 10) arrischiare: …s’arischia… (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 2024) avvelenare: …fu avelenato… (Cronica fiorentina, p. 89, r. 30), …una saetta avelenata… (Cronica fiorentina, p. 137, r. 16) imbalsamare: …llo inbalsimò… (Cronica fiorentina, p. 106, r. 23) impolverare: …s’inpolveri… (Compagnia della Madonna d’Orsammichele, p. 661, r. 20) incappare ‘restare impigliato, bloccato’: …incappa... (Bono Giamboni, Trattato, cap. 9, par. 13; cap. 10, par. 5) incatenare: …incatenata… (Compagnia della Madonna d’Orsammichele, p. 660, r. 11) incolpare: …essendo (...) incolpata… (Fiori e vita di filosafi, cap. 6, rr. 2-3) incorare: …fui incorato [m’era venuta l’idea]… (Novellino, 74, r. 23) incoronare (Cronica fiorentina, p. 94, r. 15; p. 114, rr. 22-23; p. 121, r. 1) infiammare: …infiamasi... (Brunetto Latini, Rettorica, p. 168, r. 22), …non t’infiammi… (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 1845) inginocchiare: …fecemi inginocchiare… (Giamboni, Libro, cap. 16, par. 9), ...s’inginocchiò... (Cronica fiorentina, p. 92, r. 23) innamorare: …’l core inamorato… (Rinuccino, 8d, v. 11), …inamoronne… (Novellino, 46, r. 9) intitolare: …libro intitolato… (Cronica fiorentina, p. 116, r. 20) smagarsi ‘allontanarsi, venir meno’: …non ti smagar di loco [di lì]… (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 1690), …[lo suo core] mai non s’è smagato. (Dante, Vita nuova, cap. 12, par. 13, v. 28) soggiogare: …soggiogherà… (Novellino, 6, r. 52), …tutte quelle ch’i’ ho trovate ho soggiogate (...) tu hai soggiogato me. (Novellino, 70, rr. 15 e 16) soggolare ‘mettere sotto la gola’: …di vel soggolata… (Cavalcanti, 51, v. 6) (15) abbassare: …abassa… (Brunetto Latini, Rettorica, p. 10, r. 4), …s’abassasse… (Compagnia della Madonna d’Orsammichele, p. 661, rr. 6-7) affinare ‘perfezionar(si)’: …che voi pur migliorate / e tuttora [in continuazione] afinate… (Brunetto Latini, Tesoretto, vv. 23-24), ...afina… (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 2093) allungare ‘allungare, allontanare’: …pare che [(la Morte)] m’alunghi la vita. (Bono Giamboni, Libro, cap. 4, par. 13), …puote essere bene alungato… (Novellino, 99, r. 52) arricchire: …[Ventura] m’avea (...) arricchito… (Bono Giamboni, Libro, cap. 4, par. 8) arrossare: …arossare… (Cronica fiorentina, p. 122, r. 29) assicurare: …assicura… (Cavalcanti, 2, v. 7), …l’asicura… (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 2316) avvilire (Bono Giamboni, Trattato, cap. 19, par. 12) dilungare ‘allontanare’: Poco dilungato lo cavaliere… (Novellino, 3, r. 28), … dilungano... (Bono Giamboni, Libro, cap. 5, par. 11) imbrev(i)are ‘protocollare’ (Libro di Lapo Riccomanni, p. 522, r. 15) imbrunire (Bono Giamboni, Libro, cap. 41, par. 6) impoverire: …s’inpoverio… (Disciplina Clericalis, p. 76, r. 36) indebolire: …indebolendo... (Brunetto Latini, Rettorica, p. 145, r. 23) inebriare: …inebrïa… (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 2831), …innebriato [impregnato] il pane dell’olore [odore]… (Novellino, 8, r. 13) ingentilire: …ingentilite… (Dante, Vita nuova, cap. 22, par. 11) ingrossare: …ingrossò [si adirò] contro all’amico suo… (Novellino, 33, r. 16) insuperbire: …insuperbisce… (Bono Giamboni, Libro, cap. 24, par. 10), … insuperbio… (Bono Giamboni, Libro, cap. 38, par. 4) intorbidare: …intorbidava…, ...intorbidolla…(Novellino, 65a, rr. 7 e 20) invecchiare: …era invecchiato… (Novellino, 52, r. 11), …invecchiare…, … invecchiando… (Novellino, 68, rr. 8 e 12) raddoppiare: …si radoppia… (Brunetto Latini, Rettorica, p. 101, r. 10), … raddoppiano… (Bono Giamboni, Libro, cap. 1, par. 5) renovare: …m’ha renovato… (Cavalcanti, 24, v. 2) rinnovellare: ...si rinovelli [sia rinnovato, celebrato]… (Cavalcanti, 1, v. 7) Ci sono anche parasintetici aggettivali, cioè aggettivi in –ato costruiti a partire da nomi, come sfacciato (Novellino, 57, r. 8), in cui è riconoscibile il prefisso s-, il nome faccia e il suffisso – ato. In it. ant. come in it. mod., le costruzioni parasintetiche, sia da nome che da aggerttivo, sono da considerare a tre costituenti in quanto le sequenze di due soli elementi [prefisso + base] e [base + suffisso] non danno sempre forme di parole esistenti (*frettare, *bassare ecc.). Queste formazioni sono il risultato di due processi successivi e obbligatori: il primo processo, di suffissazione, forma un verbo possibile ma non sempre realizzato (in accordo con parallele formazioni verbali basate su nomi e aggettivi solo suffissati); il secondo processo aggiunge poi il prefisso (cfr. Gr. Gramm. vol. III, X.8.3.). Così, per es., un verbo come rallegrare avrebbe la struttura: [ri + [allegro + are]Verbo ]Verbo cui si accompagna il riaggiustamento fonologico di ri- in r- davanti ad –a (cfr. sopra rapianare in (12a)); allegrare (…me n’allegrai… (Brunetto Latini, Favolello, v. 157)), che non esiste più in it. mod., c’era in it. ant. 3. Restrizioni e condizioni di buona formazione Mentre le restrizioni generali e di buona formazione, universali, sono naturalmente comuni a it. ant. e mod. (vedi avanti 3.3), la derivazione non è sempre soggetta in it. ant. alle stesse restrizioni di tipo fonologico, morfologico e semantico che vigono in it. mod. (cfr. Gr. Gramm. vol. III, X.4.). 3.1. Restrizioni fonologiche e morfologiche In it. mod. il prefisso con valore negativo s- si può aggiugere ad aggettivi che cominciano per consonante (contento / scontento), ma non si aggiunge, per ragioni fonologiche, ad aggettivi che cominciano per vocale (*sumano, *suguale ecc.), ai quali si può anteporre invece dis-: disumano, disuguale ecc. Questa restrizione fonologica era in atto anche in it. ant., come si vede dagli aggettivi inizianti per vocale e prefissati con il prefisso dis- (quali disavenante [inopportuno] (Brunetto Latini, Rettorica, p. 39, r. 2), disusato (…cosa (...) disusata…, Brunetto Latini, Rettorica, p. 181, r. 8, …cose disusate…, Brunetto Latini, Rettorica, p. 183, r. 7), disuguale (…quattro cose / (...) disiguali…, Brunetto Latini, Tesoretto, vv. 799-801), da forme come sconsolato (...sconsolata…, Cavalcanti, 9, v. 9; Novellino, 59, r. 16) e sformato ‘brutto’ (…un grandissimo cavaliere molto sformato…, Bono Giamboni, Libro, cap. 40, par. 2; ...sformata…, Bono Giamboni, Libro, cap. 40, par. 8), e inoltre dall’assenza di formazioni quali *savvenente o *susato. Con aggettivi che cominciano per consonante, peraltro, è possibile il prefisso dis-: disleale (Brunetto Latini, Rettorica, p. 181, r. 8; Novellino, 25, r. 23), discolorito (Dante, Vita nuova, cap. 16, par. 4) (per dis- e s- cfr. sopra 2.2). Il suffisso avverbiale –mente in it. mod. è soggetto a una restrizione per cui non si può aggiungere ad aggettivi che terminano in –mente (come fremente, clemente/ *frementemente, *clementemente); in it. ant. invece la restrizione non vale e abbiamo clementemente: (16) E reggendo elli lo ‘mperio e lo stato di Roma contra l’usanza de’ magiorenti, più benignamente e più clementemente che non era usato, fue morto [ucciso]… (Fiori e vita di Filosafi, cap. 19, rr. 7-9) (clementemente anche nella Deca terza di Tito Livio, libro 7, cap. 15, p. 219, r. 6; libro 9, cap. 2, p. 38, r. 14 [XIV]) 3.2. Restrizioni semantiche Le restrizioni semantiche fanno sì che, per es., il suffisso –mente si possa applicare solo ad alcuni aggettivi escludendone altri, come per es., in it. ant. come in it. mod., quelli di colore (*verdemente, *celestemente). In altri casi non sono all’opera restrizioni di tipo semantico. In it. ant. il suffisso –tore, come si è visto (2.1.2), non solo si applica a verbi che sono esclusi dalla derivazione in it. mod. perché non sono agentivi, e forma quindi derivati del tipo di sapitore ‘colui che sa’, intenditore ‘colui che comprende’, partitore ‘colui che parte, che si allontana’ (…feceli umili e mansueti, cioè volontarosi di ragioni e di virtudi e partitori dal male, Brunetto Latini, Rettorica, p. 23, rr. 22-23) e veditore ‘colui che vede’ (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 2179), ma mostra di non compiere una selezione particolare neppure tra le diverse accezioni di un singolo verbo. È questo il caso di trovatore che significa ‘colui che provoca’, ‘colui che inventa’ e ‘colui che è autore’, in accordo con i diversi significati del verbo trovare, come mostrano gli ess. (17): (17) a. E ancor non ti caglia [importi] / d’oste [guerra] né di battaglia, / né non sie trovatore [provocatore] / di guerra o di romore [rissa]. (Brunetto Latini, Tesoretto, vv. 21432146) b. …si parve manifestamente, ch’elli fue trovatore del cavallo per lo quale fue Troia perduta e tradita… (Brunetto Latini, Rettorica, p. 94, rr. 1-2) c. Omai vuole dicere chi è l’autore, cioè il trovatore di questo libro… (Brunetto Latini, Rettorica, p. 6, rr. 5-6) Lo stesso accade con il suffisso –mento (cfr. sopra 2.1), che forma nomi che rendono, nel significato, le diverse accezioni del verbo avvenir(si): ‘fatto/accadimento’ (cfr. 18a), ‘scontro/assalto’ (18b), ‘convenienza’ (18c): (18) a. Morte è sonno eternale, paura de’ ricchi, desiderio de’ poveri, avenimento da non cessare [che non si può evitare], ladrone delli uomini… (Fiori e vita di filosafi, cap. 28, rr. 105-107) b A guisa d’om che giunge a la battaglia [così come colui che scende in battaglia] / e falla [fallisce il colpo] ne lo primo avenimento, / e pare di colpire no gli caglia [non gli importi]… (Rinuccino, 8g, vv. 1-3) c Pronuntiatio è avenimento della persona e della voce secondo la dignitade delle cose e delle parole. (Brunetto Latini, Rettorica, p. 77, rr. 21-22) 3.3. Condizioni di buona formazione Come abbiamo detto, tra le condizioni che riguardano la derivazione ci sono delle limitazioni di tipo generale, dette condizioni di buona formazione, come la condizione della base unica, il blocco, la condizione che non ammette i sintagmi come base di derivazione, ecc. (cfr. Gr. Gramm. vol. III, X.5.). Sono comuni a it. ant. e it. mod. Per es., la suffissazione, in it. ant. come in it. mod., è soggetta alla cosiddetta condizione della base unica, secondo la quale l’aggiunzione di un suffisso derivativo testa è limitata ad una sola classe sintattica di parole. I suffissi derivativi selezionano, di norma, parole appartenenti ad una sola categoria lessicale, e solo eccezionalmente si possono aggiungere a parole appartenenti ad un’altra categoria. Questo è il caso, illustrato in precedenza, del suffisso –tore (cfr. 2.1.2.). Quando un suffisso sembra selezionare due categorie diverse di parole, come si è visto in 2.1.3. a proposito del suffisso –anza, si tratterà in genere di due suffissi diversi. La scelta del suffisso derivativo non riguarda soltanto la categoria della parola di base, ma, quando questa è un verbo, anche la sua forma. Si è visto, sempre nell’analisi del suffisso –tore, che l’italiano antico ha operato una scelta diversa dal latino e richiede non il participio perfetto del verbo ma il tema della forma di citazione del verbo, dato dalla radice + la vocale tematica (v. sopra 2.1.2.1). È una condizione di buona formazione anche la tendenza dei processi di formazione di parola ad evitare la formazione di sinonimi. La formazione di parole derivate viene bloccata, in genere, dall’esistenza di una parola avente lo stesso significato, sia essa semplice oppure derivata con un altro suffisso. Questa condizione, che vige in genere in it. mod., in cui parole derivate dalla stessa base ma con suffissi diversi hanno di solito significati diversi, come andamento e andatura, ma con qualche eccezione (per es. prelievo, prelevamento), ha diverse eccezioni anche in it. ant., in cui le coppie di parole ottenute attraverso suffissi diversi oppure le coppie di parole semplice/derivata sono numerose e hanno lo stesso significato, come esemplificato sopra in (4)-(7) e nelle coppie seguenti : (19) a. orgoglio (argoglio (Fiori e vita di filosafi, cap. 20, r. 32)) / orgogliamento (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 2610) b. perdimento (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 2534) / perdizione (Cronica fiorentina, p. 133, r. 20) c. perdimento (Rinuccino, 3, v. 13) / perdita (Bono Giamboni, Libro, cap. 47, par. 2) d. disconforto (Brunetto Latini, Rettorica, p. 65, r. 8) / disconfortamento (Brunetto Latini, Rettorica, p. 64, r. 9) e. fallenza (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 706) / fallimento (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 847) f. ritorno (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 140) / ritornata (Dante, Vita nuova, cap. 10, par. 1) 4. Composizione La composizione è un processo di formazione di parola che, diversamente dalla derivazione, utilizza due forme libere per costruire parole complesse. Nelle parole composte, infatti, si possono riconoscere due parole che possono essere utilizzate anche in modo indipendente, diversamente da quanto accade nei derivati che sono formati da una forma libera e da un affisso. Per rappresentare la struttura dei composti è possibile utilizzare una formalizzazione simile a quella utilizzata per i derivati, come si può vedere nello schema che segue: Figura 6 [ ]X , [ ]Y → [[ ]X [ ]Y ]Z Le lettere X, Y, Z indicano la categoria sintattica delle parole e il processo può essere letto nel seguente modo: a partire da una parola di categoria X e da una di categoria Y, si ottiene una parola di categoria Z. Z può coincidere con la categoria di una delle parole costituenti oppure essere di categoria diversa. Nel primo caso si dice che il composto è endocentrico, cioè una delle parole costituenti è la testa; nel secondo caso il composto si dice esocentrico, cioè senza testa. Sono ess. di composti endocentrici formazioni quali benedire, maledire, malfare (20), la cui struttura è Avv(erbio) + V(erbo). Poiché si tratta di verbi, è la categoria del secondo costituente (V) che determina la categoria del composto (le formazioni hanno quindi la testa alla fine (a destra)): (20) a. E nel partire che fece, mi benedisse e segnò, e divotamente pregò Cristo… (Bono Giamboni, Trattato, cap. 33, par. 7) b. Ma io farò sì che tu potrai [avrai potere] sopra loro: ch’io andrò e maladicerolli, e tu darai la battaglia e averai sopra loro vittoria. (Novellino, 36, rr. 11-13) c. …Dio e’ santi afende [offende], / e vende le profende [prebende] / e’ santi sagramenti, / e mette ‘nfra le genti / esempro di malfare… (Brunetto Latini, Tesoretto, vv. 2799-2803) Anche viltenere (Brunetto Latini, Tesoretto, v. 88) è una costruzione verbale endocentrica; la struttura è A(ggettivo) + V e il significato è parafrasabile come ‘considerare vile’. C’è ancora maltrovamento ‘calunnia’ (Bono Giamboni, Libro, cap. 26, par. 4), la cui struttura è Avv + N; mentre hanno la struttura A + N malavoglia (Novellino, 41, r. 22), maltalento ‘cattiva volontà’ (…pieno di cruccio e di mal talento…, Cronica fiorentina, p. 104, r. 7), mezzogiorno (Cronica fiorentina, p. 103, r. 9), vanagloria (Bono Giamboni, Trattato, cap. 31, par. 4). Nelle formazioni esocentriche oltremare e oltremonte, la cui struttura è P + N, i nomi mare e monte non sono la testa (cfr. par. 2.3), visto che il significato delle due parole è, rispettivamente, ‘territorio che sta oltre il mare’ (…passaro inn Acri oltremare, Cronica fiorentina, p. 101, rr. 1-12; …per lo passaggio d’oltremare, Bono Giamboni, Libro, cap. 63, par. 1; …vanno oltremare…, Dante, Vita nuova, cap. 40, par. 7) e ‘territorio che sta oltre il monte’ (…venendo due cardinali d’oltremonte a corte…, Cronica fiorentina, p. 123, rr. 5-6). È dal nome territorio, non presente ma implicito nel significato, che le due formazioni ricevono la categoria. Le formazioni composte esemplificate in questo paragrafo costituiscono, con alcune altre avverbiali come oggidì, oggimai, nottetempo, maisempre, infine, l’insieme dei composti dell’it. ant. Gli avverbi oggidie (Compagnia di S. M. del Carmine, p. 69, r. 28) e oggimai (Bono Giamboni, Libro, cap. 5, par. 1), il cui significato è ‘ormai’, hanno testa all’inizio (a sinistra); nottetempo (Bono Giamboni, Libro, cap. 56, par. 2), o nocte tempo (Cronica fiorentina, p. 97, r. 7; ecc.) significa ‘di notte’, è un Avv ed è quindi esocentrico; ma’ sempre, mai sempre (Bono Giamboni, Libro, cap. 10, par. 6; Trattato, cap. 31, par. 9) ha testa alla fine (a destra) perché significa ‘sempre’; e infine, la cui struttura è P + N, è anch’esso esocentrico. Il numero delle parole che appartengono a questa categoria in it. ant. è finito, cosicché questo processo di composizione deve essere considerato non produttivo. I composti dell’it. ant. hanno, come si è visto, testa alla fine (a destra), anche se, come abbiamo appena notato, ci sono esempi di formazioni con testa all’inizio (a sinistra) che hanno quindi l’ordine tipico dell’italiano (antico e moderno). Forse per lacuna del corpus, non compaiono tra le parole composte del Duecento le costruzioni esocentriche maggiormente diffuse dell’it. mod., quelle del tipo portabandiera, perdigiorno ecc. Qualche formazione si trova però nel Trecento, ad es. nel cognome Vinciguerri (Ottimo commento della Commedia, Inferno, p. 231, r. 3 [a. 1334]) e nel soprannome Perdiventura (Tavola ritonda, p. 140, r. 28 [XIV pm.]). 5. Bibliografia a) La formazione delle parole in it. mod.: Benincà, P. e Penello, N. 2003 Il suffisso –anza/–enza tra sincronia e diacronia, in A. M. Thornton e M. Grossmann (a cura di), La formazione delle parole, Atti SLI XX, Roma, Bulzoni, pp. . Bisetto, A. 1995 Il suffisso –tore, in «Quaderni Patavini di Linguistica», 14, pp. 39-71. 1999 Note sui composti VN dell’italiano, in P. Benincà, A. Mioni, e L. Vanelli (a cura di), Fonologia e morfologia dell’italiano e dei dialetti d’Italia, Atti SLI 41, Roma, Bulzoni, pp. 503-538. Bisetto, A., R. Mutarello e Scalise, S. 1990 Prefissi e teoria morfologica, in M. Berretta et al. (a cura di), Parallela 4, Morfologia, Tübingen, Narr, pp. 29-41. Gaeta, L. 2002 Quando i verbi compaiono come nomi, Milano, Franco Angeli. Grossmann, M. e Rainer F. (a cura di) 2004 La formazione delle parole in italiano, Tübingen, Niemeyer. Rohlfs, G. 1969 Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, vol. 3, Sintassi e formazione delle parole, Torino, Einaudi, parr. 1032-1154. Scalise, S. 1983 Morfologia lessicale, Padova, Clesp. 1994 Morfologia, Bologna, il Mulino. 1995 La formazione delle parole, in Gr. Gramm., vol. III, cap. X. Tekavčić, P. 19802 Grammatica storica dell’italiano, vol. 3, Lessico, Bologna, il Mulino, parr. 992-998, 1002-1010, 1059-1073, 1078-1117, 1150. b) La formazione delle parole in it. ant.: Benincà, P. e Penello, N. 2003 Il suffisso –anza/–enza tra sincronia e diacronia, cit. Bisetto, A. 2002 La formazione delle parole nell’italiano del Duecento. Osservazioni e proposte di analisi di alcuni nomi deverbali, in «Verbum», 4, pp. 429-446. Ageno, F. Brambilla 1964 Il verbo nell’italiano antico, Milano-Napoli, Ricciardi, in partic. pp. 251-298. Corti, M. 1953 Studi sulla sintassi della lingua poetica avanti lo stilnovo, Firenze, Olschki, pp. 6073. Dardano, M. 1988 Italienisch: Wortbildungslehere, in G. Holtus, M. Metzeltin, Ch. Schmitt (a cura di), Lexikon der romanistischen Linguistik, vol. 4, Tübingen, Niemeyer, pp. 51-63. Migliorini, B. 1966 Storia della lingua italiana, Firenze, Sansoni, in partic. pp. 119-177. Malinar, S. 1975 Formazione delle parole nelle opere di Guittone d’Arezzo, in «SRAZ», 39, pp. 107159. Tollemache, F. 1978 Formazione delle parole, in Enc. Dantesca, pp. 448-497. c) Lessico dell’italiano antico: Cella, R. 2003 I gallicismi nei testi dell’italiano antico (Dalle origini alla fine del sec. XIV), Firenze, Accademia della Crusca, in partic. pp. 256-276. Swanson, D. 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