LEZIONE N.15 8/11/2011 Proseguiamo nell’esame di quest’esecuzione forzata in forma specifica, spostando la nostra attenzione dall’esecuzione per consegna o rilascio, cui ci siamo dedicati la settimana scorsa, all’esecuzione forzata di obblighi di fare o di non fare; poi ritorneremo sulla problematica assai delicata dei rapporti con i terzi cui accennavo nel momento conclusivo della lezione scorsa; perché è una tematica molto delicata che si presenta, non solo per l’esecuzione per consegna o rilascio ma anche per l’esecuzione forzata degli obblighi di fare o di non fare, quindi cercheremo di riprenderla in toto e di fare il collegamento con i limiti soggettivi ed il titolo esecutivo, tematica di cui ci siamo occupati a suo tempo. . Primo passaggio fondamentale : guardiamo a quest’esecuzione forzata degli obblighi di fare o non fare, qui i riferimenti normativi sono rappresentati dagli art. 2931/2933 c.c (abbiamo visto che il n. 2932 dà luogo a tutti quei problemi, la norma secondo i più va scollocata), e art. dal 612 a 614 c.p.c. Quindi esecuzione forzata degli obblighi di fare o di non fare: c’è un primo dato fondamentale- si dice essa è diretta alla realizzazione di una situazione di fatto quindi ad un’operazione materiale, questo, dice tendenzialmente la dottrina, non significa che debba necessariamente consistere in un fare o un disfare, o più specificamente nel costruire o nel distruggere un’opera, perché abbiamo detto che in realtà si traduce sempre in un fare, realizzare quel fare a cui era obbligato il soggetto obbligato se fungibile perché si sostituisce al soggetto obbligato un terzo, o distruggere l’opera illegittimamente realizzata. Qui il problema grosso è un facere in termini materiali o in qualche modo l’esecuzione forzata degli obblighi di fare o di non fare può portare anche alla creazione, alla modificazione, all’estinzione di situazioni giuridiche? Questo lo si esclude. Qualcuno lo ipotizza per cercare di ricondurre nell’ambito dell’esecuzione specifica il 2932 ma dai più si ritiene che l’esecuzione specifica mira sostanzialmente ad una modificazione materiale, quindi non a costituire, estinguere o modificare delle situazioni giuridiche, questo non può essere un risultato dell’esecuzione specifica né dell’esecuzione forzata degli obblighi di fare o di non fare (passaggio ulteriore). Nel momento in cui ci muoviamo sempre in un fare materiale e non giuridico, significa che questo fare materiale debba consistere necessariamente nel costruire un’opera o nel distruggere un’opera illegittimamente realizzata? Qui si dice no, non necessariamente si deve tradurre in questo tipo di attività; più specificamente gli esempi che si fanno, sotto il profilo dell’attività surrogabile, quindi del contenuto dell’obbligo di fare, nella modificazione materiale della realtà concreta, se volete, il confine, guardando alla giurisprudenza non è così netto come sembrerebbe in particolare si è escluso che possa rientrare nell’ambito dell’esecuzione forzata in forma specifica per obblighi di fare, l’ipotesi più ricorrente del costruttore che avendo venduto un immobile si obblighi ad ottenere la licenza di abitabilità, questa è un’attività surrogabile? È un fare materiale che può essere surrogato per il tramite dell’esecuzione specifica? Si ritiene, dai più, di no perché si uscirebbe dal profilo meramente materiale del fare. Ci sono delle ipotesi, però rispetto alle quali la giurisprudenza ha dato delle aperture. Esempi: si è però ammesso che si potesse in via di esecuzione forzata ottenere la cessazione di una certa attività commerciale attraverso l’asportazione dei beni mobili necessari, quindi vedete la cessazione (come?) per il tramite dell’asportazione, come vedete il confine è labile tra attività meramente materiale, o meno, e che tipo di attività materiale, comunque già questi esempi sono molto significativi di come si ha un’estensione al di là delle mere ipotesi rappresentate tipiche della costruzione di un’opera o della distruzione di un’opera illegittimamente realizzata, quindi facere ~1~ materiale o facere giuridico? Costituzione, modificazione, estinzione dei rapporti? Queste cose no, però è controverso quale sia il confine di questo facere materiale che possa essere raggiunto ricorrendo all’esecuzione forzata in forma specifica. Il problema della surrogabilità, di quale sia il limite a questa attività surrogabile. Ancora, si è ammessa l’esecuzione forzata della sentenza che condanna a rimuovere la causa di immissioni di carattere permanente operando sulle macchine che lo producono, quindi vedete che ci sono una serie di ipotesi dalle quali si può evincere come questo confine non sia particolarmente netto, talvolta è sfumato. Ciò porta la dottrina, qualche volta, a dire che per il tramite dell’esecuzione in forma specifica, molto spesso si può ottenere soddisfazione solo parziale dell’interesse del creditore. Che significa? Una volta che vengono riconosciuti più obblighi dal titolo esecutivo si potrebbe procedere alla esecuzione solo per taluni di questi obblighi, quelli tradizionalmente qualificati come fungibili, salvo ad intendersi sul concetto di fungibilità. Quindi, come per la consegna o il rilascio la fungibilità dà luogo ad alcuni problemi anche per il fare e il disfare talvolta si dà luogo a taluni problemi. Ulteriore limite, da questo punto di vista, all’operare dell’esecuzione forzata degli obblighi di fare o non fare, è non solo l’impossibilità di procedere ad una costituzione o modificazione di una situazione giuridica, ma anche la necessità di aggredire la sfera possessoria del soggetto obbligato, quindi l’ulteriore limite fondamentale sarebbe, secondo l’impostazione prevalente, che io la posso utilizzare solo ed esclusivamente quando per realizzare quel risultato devo aggredire la sfera possessoria del soggetto obbligato. Esempi fatti: costruzione sul proprio fondo o sul fondo del vicino tutte le ipotesi in cui io posso ottenere il risultato in via di autonomia privata e agire per risarcimento dei danni, sarebbero ipotesi di prestazione che fuoriesce dall’ambito dell’applicazione dell’esecuzione forzata in forma specifica, perché in tutte queste ipotesi io potrei ottenere il risultato in via di autonomia privata, e potrei ottenere il risarcimento del danno. Dove si avrebbe l’ambito specifico di applicazione dell’esecuzione forzata? Ove io ho la necessità, per ottenere quel risultato, di aggredire la sfera possessoria dell’obbligato. Quindi tinteggiare l’appartamento per infiltrazione non sarebbe ipotesi di esecuzione forzata ma risarcimento del danno: posso chiamare un imbianchino, far tinteggiare e poi agire per il recupero spese, così la distruzione dell’opera illegittimamente realizzata nel mio fondo, la posso realizzare e poi agire per recupero spese, invece la distruzione dell’opera realizzata sul fondo del vicino richiede l’applicazione dell’esecuzione forzata in forma specifica cioè che un terzo si surroghi nella posizione del debitore che dovrebbe distruggere e attui quel comando del titolo esecutivo, in questo tipo di discorso rientra la distinzione tra fungibilità ed infungibilità della prestazione, dove l’infungibilità rappresenterebbe un limite all’operare dell’esecuzione forzata in forma specifica. La delimitazione dell’ambito dell’esecuzione in forma specifica non è così semplice come potrebbe sembrare. Le ipotesi tipiche previste dal codice danno luogo a pochi problemi, quando però iniziamo a spostarci, innanzitutto quando parliamo di fungibilità o infungibilità della prestazione dobbiamo fare il passaggio della necessità di aggredire la sfera possessoria del soggetto obbligato; ulteriore passaggio: che significa fungibilità o infungibilità? Vi ho fatto una serie di esempi dove non è agevole dire se l’attività del terzo è o meno surrogabile, si rientra o meno nell’ambito di applicazione dell’esecuzione forma in forma specifica. Tenere conto di una pluralità di fattori. Ulteriore limite all’operare di questo istituto è previsto espressamente dall’art. 2933 c.c un limite alla possibilità di distruggere determinate opere, questo dà luogo a minori problemi “se non è adempiuto l’obbligo di non fare l’avente diritto può ottenere che sia distrutto a spese dell’obbligato ciò che è stato fatto in violazione dell’obbligo, non può essere ordinata la distruzione della cosa e l’avente diritto può conseguire solo il risarcimento dei danni, se la distruzione della cosa è di pregiudizio all’economia nazionale”. Quindi la distruzione della cosa incontra un limite se la cosa da distruggere determinerebbe un pregiudizio per l’economia nazionale, quindi per la distruzione c’è un limite, previsto dal codice, in relazione al quale, da sempre, adottando un’interpretazione restrittiva, si dice che questa norme si riferisce ~2~ esclusivamente alla distruzione di beni adibiti alla produzione, e non anche alla distruzione di beni aventi un ingente valore economico, quindi si adotta un’interpretazione restrittiva dell’art. 2933. Andiamo a vedere come si caratterizza sul piano strutturale questa esecuzione forzata in forma specifica anche nel raffronto con l’esecuzione per consegno o rilascio. Primo passaggio: TITOLO ESECUTIVO: quali sono i titoli esecutivi che abilitano in qualche modo all’esecuzione per consegno o rilascio? Sentenze di condanna ex 474, c’è però un’ipotesi discussa legata ai verbali di conciliazione, problema delicato, che ai sensi del 474 si ritiene abbastanza pacificamente alla luce riforma che sia titolo esecutivo, mentre prima era discusso. Qui abbiamo un problema nel problema, nel senso che l’art.612, norma centrale, sembra far riferimento solo alle sentenze di condanna “Chi intende ottenere l'esecuzione forzata di una sentenza di condanna (1) (2) per violazione di un obbligo di fare (3) o di non fare (4), dopo la notificazione del precetto, deve chiedere con ricorso al giudice dell'esecuzione (5) che siano determinate le modalità dell'esecuzione (6). Il giudice dell'esecuzione (5) provvede sentita la parte obbligata. Nella sua ordinanza (7) designa l'ufficiale giudiziario che deve procedere all'esecuzione e le persone che debbono provvedere al compimento dell'opera non eseguita o alla distruzione di quella compiuta”. Sembrerebbe dalla lettura della norma che siano titoli esecutivi solo le sentenze di condanna. Come conciliamo l’art. 612 con art. 474? Possiamo ritenere che il 474, alla luce della riforma, prevale e quindi il verbale di conciliazione sia titolo esecutivo? Il problema è delicato perché una risposta positiva o negativa, significa molto sul piano della tutela e soprattutto è evidente come una soluzione positiva sarebbe la più logica perché due parti che si sono conciliate dinanzi ad un giudice con un verbale di conciliazione non possono utilizzare quel titolo perché per munirsi di titolo dovrebbero percorrere un nuovo processo a condizione piena, questo è il motivo per il quale la dottrina prevalente ritiene che la lettera del 612 debba essere superata e che quindi anche il verbale di conciliazione sia titolo per l’esecuzione forzata degli obblighi di fare e non fare; attenzione che a livello normativo le norme non sono solo il 474 e il 612, perché vi ho semplificato, in realtà l’idoneità dei verbali di conciliazione a fondare l’esecuzione per obblighi di fare è espressamente prevista dal 696 bis 3°comma del c.p.c. e dall’art. n. 40 del decreto legislativo n. 5/2003 ;quindi c’erano delle norme che per peculiari ipotesi davano a questo verbale la valenza di titolo esecutivo per gli obblighi di fare e di non fare ed una valenza di questo tipo è prevista dall’art.13 comma 4 della legge n.276/1997 (legge istitutiva delle cosiddette sezioni stralcio) e dall’art. n. 16 comma 2° del decr. legislativo n. 5/2003. C’erano una serie di previsioni speciali nel senso che sia pur con riferimento ad ipotesi specifiche prevedevano la valenza di titolo esecutivo del verbale di conciliazione. Il problema era che non c’era invece una norma generale del c.p.c. che la prevedeva, c’è invece una norma del c.p.c. che è il 612 che sembrerebbe invece escludere che il verbale di conciliazione sia titolo esecutivo. Quindi una pluralità di norme che vi danno un’ indicazione non decisiva, interpellazione dottrinale direi anche giurisprudenziale prevalente nel senso di accordare anche al verbale di conciliazione la valenza di titolo esecutivo per questo tipo di esecuzione specifica. SECONDO PASSAGGIO: GIUDICE COMPETENTE il giudice competente è il tribunale del luogo ove l’obbligo deve essere adempiuto art. n. 9 e n. 26 del c.p.c. cioè dove si trova il bene dell’obbligato che deve essere oggetto di aggressione possessoria al fine del compimento della distruzione dell’opera. Criterio decisivo è quindi di guardare al bene oggetto di aggressione dell’opera. TERZO PASSAGGIO: quale è l’atto iniziale della procedura esecutiva? Ce lo siamo chiesti per la consegna o rilascio, abbiamo detto che il problema è delicato per il 481 è chiaro che questo problema così come si è posto per la consegna o rilascio si è posto anche per gli obblighi di fare o non fare. Lì c’erano 3 teorie ed anche qui ci sono 3 TEORIE. Tra l’altro, tenete presente che se il legislatore ha risolto espressamente il problema per l’esecuzione per la consegna o rilascio, non l’ha risolto espressamente per gli obblighi di fare on non fare quindi le teorie sono attuali per esecuzione forzata obblighi di fare o non fare. ~3~ 1 TEORIA: l’inizio del procedimento sarebbe segnato all’atto di precetto. 2 TEORIA: l’inizio del procedimento sarebbe segnato dal ricorso al giudice dell’esecuzione per la determinazione delle modalità dell’esecuzione, ex art. 612. 3 TEORIA: l’inizio del procedimento sarebbe segnato dal provvedimento del giudice che, ex 612, determina le modalità dell’esecuzione. Qui quale è la sequenza procedimentale? Qui attenzione, questo lo abbiamo detto e TENETELO BEN STAMPATO IN MENTE: a differenza dell’esecuzione per consegna o rilascio, qui il procedimento non è integralmente gestito dall’ufficiale giudiziario, l’intervento del giudice non è meramente eventuale, bensì necessario. Tutto il procedimento ruota intorno a questa determinazione delle modalità di esecuzione ai sensi dell. art. 612 del c.p.c. quindi, io devo predisporre un ricorso con il quale io chiedo al giudice di determinare le modalità di esecuzione del 612, a questo punto le alternative sono: inizia con il precetto, con la predisposizione del ricorso? O inizia solo con il provvedimento del giudice che determina le modalità dell’esecuzione a fronte del ricorso? Tra tutte e tre le tesi prevale la II teoria, ( sembrerebbe più corretta), cioè quella che ritiene che l’atto iniziale del procedimento sia rappresentato dal ricorso per le modalità dell’esecuzione quindi non il precetto, ma il mero deposito del ricorso per la determinazione delle modalità dell’esecuzione. È chiaro che accedere all’una o all’altra tesi ha una serie di conseguenze più o meno significative in relazione alle problematiche che vi segnalavo per la consegna o rilascio. Quale è il nodo maggiormente delicato? L’iter a questo punto è chiaro perché io notifico il titolo esecutivo e il precetto, poi devo predisporre un ricorso con il quale chiedo al giudice dell’esecuzione, individuato con quelle norme, di determinare le modalità dell’esecuzione. Tutto il procedimento ruota attorno a questa determinazione delle modalità dell’esecuzione che è il problema più delicato, cioè il problema legato ai rapporti tra il titolo esecutivo e l’ordinanza determinativa delle modalità dell’esecuzione, ex art.612 c.p.c. In quale misura il comando deve essere integralmente specificato nel titolo esecutivo e in quale misura invece può essere lasciato in modo più generico, tanto le modalità devono essere determinate ex art. 612 dal giudice dell’esecuzione? Qui il problema è delicatissimo perché consiste nell’individuare l’esatto confine tra ciò che deve essere contenuto nel titolo esecutivo, e quindi deve stare a monte dell’esecuzione, e ciò in cui consiste questa determinazione delle modalità dell’esecuzione ai sensi del 612, il confine è talmente labile che da sempre c’è una miriade di sentenze della corte di Cassazione che cerca di delineare questo confine. Non esiste, sul punto, un indirizzo univoco tanto che si dice efficacemente che la giurisprudenza è riuscita un po’ a sostenere tutto ed il contrario di tutto, nel senso che si oscilla da posizioni che riservano al giudice dell’esecuzione la fissazione delle modalità esecutive affermando addirittura che questa è una materia riservata solo ed esclusivamente al giudice dell’esecuzione (sulla quale non potrebbe mai incidere il giudice della cognizione) a posizioni secondo cui ciò che deve essere fatto può essere indifferentemente operato dall’uno o dall’altro (ovvero giudice cognizione o esecuzione) a posizioni infine che negano la possibilità di procedere all’esecuzione se nel titolo non siano dettagliatamente previste le attività da compiere. Quanto deve essere specifico il comando contenuto nel titolo esecutivo in sede di obblighi di fare o non fare? Quanto spetta al potere del giudice della cognizione in sede di confezionamento del titolo esecutivo e quanto al giudice dell’esecuzione in sede di determinazione delle modalità dell’esecuzione? È stato sostenuto tutto ed il contrario di tutto, ma volendo trovare una costante nella giurisprudenza della Cassazione, si può dire che tendenzialmente la Corte di Cassazione dice quasi sempre che il comando contenuto nel titolo deve essere più accurato; la massima: la precisazione nella prestazione dovuta nel titolo esecutivo deve essere più accurata quando si tratta di un quid novi, cioè quando si tratta di realizzare un qualcosa di nuovo, invece può essere meno specifica quando si tratta di ripristinare una situazione preesistente, perché se io devo ripristinare una situazione preesistente in sede delle determinazioni delle modalità ho il parametro della situazione preesistente, se invece io ti condanno a fare un quid novi allora in sede di titolo esecutivo, ti devo dare maggiori indicazioni perché non ~4~ ho nessun parametro di riferimento nella realtà cui rapportare quel comando esecutivo. Anche in dottrina non c’è uniformità di vedute sul punto. Si tende a sottolineare, per lo più, che andrebbe realizzato (e questo è corretto in linea di principio, poi è difficile tradurlo in concreto) un rapporto di complementarietà tra titolo esecutivo e determinazione delle modalità dell’esecuzione nel senso che il titolo esecutivo dovrebbe indicare il risultato da raggiungere, e la determinazione delle modalità dell’esecuzione le modalità attraverso le quali raggiungere quel determinato risultato. Questo sul piano dei principi è perfetto, il problema è in concreto capire alla luce delle singole fattispecie quando effettivamente il giudice dell’esecuzione deborda dalla mera determinazione delle modalità dell’esecuzione e va ad incidere sul comando contenuto nel titolo esecutivo, ovvero va ad eccedere dai suoi poteri. Perché il problema è così delicato? Per le ricadute che ha e che sono legate al regime di ordinanza determinativa delle modalità dell’esecuzione. Mi spiego: questa è un’ordinanza determinativa delle modalità dell’esecuzione e quindi va con il regime delle ordinanze esecutive, i rimedi da utilizzare avversi a questa ordinanza dovrebbero essere esclusivamente esecutivi, oppositivi che conoscete, il problema è che tutto questo va bene finché quella resta un’ordinanza di determinazione delle modalità di esecuzione, dice la giurisprudenza: così non è ogni qualvolta che quello è un provvedimento abnorme ed è provvedimento abnorme ogni qualvolta il giudice determini delle opere contrastanti con il contenuto del titolo, quindi a quel punto va fatto un raffronto tra titolo esecutivo ed ordinanza determinativa, perché non si limita a determinare le modalità ma adotta un provvedimento abnorme, ovvero quando risolva questioni inerenti al diritto di procedere ad esecuzione forzata ad esempio a fronte dell’obbligato che contesta la liquidità del titolo o ancora risolva questioni relative alla idoneità o meno della esecuzione spontanea a soddisfare il comando contenuto nel titolo. Queste sono tutte ipotesi specifiche tratte dalle sentenze della Cassazione che dice: attenzione prima ipotesi il provvedimento è abnorme, nelle altre due ipotesi indicate è come se il giudice decidesse su un’opposizione all’esecuzione ex art. 615 perché quando l’obbligato contesta la liquidità del titolo o contesta la conformità dell’adempimento spontaneo al comando al titolo, è come se contestasse l’altrui diritto a procedere all’esecuzione forzata. Il risultato è che, come ritiene la giurisprudenza della Cassazione, in questa ipotesi quella sarebbe formalmente un’ordinanza ma nella sostanza sarebbe una sentenza che decide sull’opposizione ex art. 615 e quindi sarebbe impugnabile con l’appello e non con i rimedi propri dell’ordinanza esecutiva. Quindi questo non è un problema meramente astratto, ci sono una miriade di sentenze della Cassazione sul punto, il problema è delicatissimo in via principio ed è molto sentito in concreto. Problema dei rapporti tra titolo esecutivo ed ordinanza determinativa delle modalità dell’esecuzione ex 612. L’impianto del legislatore è chiaro, si vuole che il giudice intervenga sempre per determinare le modalità dell’esecuzione, non è un semplice consegnare la cosa o rilasciare la cosa dove può pensarci l’ufficiale giudiziario, salvo che sorgano difficoltà. No! Vedete neanche qui c’è una norma perché a prescindere dalle difficoltà tu, parte, devi sempre rivolgerti al giudice e chiedere le modalità dell’esecuzione, che sono un passaggio obbligato. Si tratta, in questo tipo di logica, di stabilire in quali modi si atteggiano i rapporti tra titolo esecutivo ed ordinanza determinativa delle modalità dell’esecuzione? Ho fatto esempi: se vado a determinare modalità contrastanti con il contenuto del titolo, mi dice la giurisprudenza, che questo è un provvedimento abnorme, oppure se l’obbligato contesta la liquidità del titolo, (liquidità del titolo significa che il comando contenuto nel titolo sia sufficientemente specificato per essere un titolo esecutivo), è come se implicitamente proponesse opposizione ex art.615, oppure se io soggetto obbligato adempio spontaneamente e l’altra parte contesta la conformità dell’adempimento spontaneo al comando contenuto nel titolo, anche in questo caso si sta discutendo della possibilità di procedere all’esecuzione forzata, implicitamente è come se avesse proposto un’opposizione all’ex 615, ma allora se il giudice dell’esecuzione sta decidendo un’opposizione all’ex 615, o adotta un provvedimento abnorme, formalmente sta adottando un’ordinanza ex 612, si dice: quel provvedimento ha la forma dell’ordinanza ma ha la sostanza della sentenza, allora in regime di impugnazione del provvedimento non è quello dell’ordinanza ex 612 ma quello della sentenza, dunque significa appellabilità e ricorso in Cassazione. Vedete quindi che differenza c’è nell’avere ~5~ un’ordinanza attaccabile solo con le opposizioni esecutive o la possibilità dell’appello e ricorso in Cassazione. Questo è il problema centrale tanto a livello di ricostruzione di carattere generale tanto a livello di conseguenze concrete che si determinano e non è un problema molto discusso solo in dottrina, ma anche in giurisprudenza perché ci sono tantissime pronunce della corte di Cassazione sul punto. Ancora, un ulteriore punto critico di questo iter procedimentale può essere rappresentato dalla necessità di avere autorizzazioni amministrative al fine di costruire o demolire l’opera, però non è da escludere che la costruzione o demolizione dell’opera sia sottoposta a regime di concessione/autorizzazione amministrativa. Che si fa in questi casi? Qui c’è un delicato problema di interferenza tra processo esecutivo e potere della pubblica amministrazione. Come risolviamo? (semplifico perché il discorso sarebbe ben più complesso) si tende a dire nella Dottrina prevalente: non c’è nessuna carenza di giurisdizione del giudice dell’esecuzione (e questo è il 1° dato) ha pienezza di poteri, il fatto che ci voglia la concessione non fa venir meno la giurisdizione, si dice infatti: attenzione il rifiuto della prevista autorizzazione o concessione opposto dalla Pubblica Amm. all’obbligato non costituisce un fatto estintivo sopravvenuto dell’obbligo sanzionato nel titolo esecutivo. Che significa? Che se l’obbligato ha chiesto questo tipo di autorizzazione ed è stata rigettata, ciò non costituisce un fatto estintivo sopravvenuto dell’obbligo sanzionato nel titolo esecutivo perché, dice la giurisprudenza, il provvedimento amministrativo negativo riguarda la richiesta dell’istante e non del creditore procedente. Quindi c’è un problema di interferenza tra potere del giudice dell’esecuzione e potere della PA che va risolto innanzitutto nel senso di ritenere sussistente la giurisdizione del giudice esecutivo e ritenere non conclusiva della vicenda il mero rigetto della concessione a fronte della richiesta dell’obbligato. Che significa? Significa che qui, dice la giurisprudenza, si deve ammettere che o il procedente o la procedura possano effettuare loro la richiesta di autorizzazione alla PA. Quindi passaggio importante è la surrogazione del creditore procedente o dell’ufficio esecutivo nella posizione del soggetto obbligato al fine di richiedere questa concessione cui è subordinata la possibilità di costruire o demolire l’opera. Qui il comando contenuto nel titolo esecutivo passa inevitabilmente per l’autorizzazione che può esser data solo dalla PA, quindi l’attuazione del comando contenuto nel titolo, e quindi, il processo esecutivo va coordinato con il potere della PA. Come? Il vero passaggio è consentire la surrogazione della procedura o del creditore, qui si discute su quale sia la posizione più corretta, tende a prevalere la posizione anche in giurisprudenza secondo cui è la procedura che si surroga, anche perché molte volte c’è una documentazione da presentare, quindi è più opportuno che sia la procedura esecutiva (l’ufficio) a surrogarsi nella posizione del soggetto obbligato, per richiedere questa concessione in modo tale che se l’autorizzazione/concessione viene concessa, io potrò tranquillamente procedere all’attuazione del comando contenuto nel titolo esecutivo se dovesse essere negata nonostante la surrogazione, l’allegazione della documentazione richiesta, ecc. ecc., inevitabilmente non rimarrà strada per l’avente diritto che per la tutela risarcitoria. Ultimi passaggi da effettuare in relazione a questa procedura sono legati alla risoluzione delle difficoltà insorte nel corso dell’esecuzione: “LIQUIDAZIONE DELLE SPESE” e vanno segnalate importanti differenze tra esecuzione specifica per obblighi di fare e di non fare ed esecuzione per consegna o rilascio, perché noi nell’occuparci di quest’ultimo procedimento abbiamo visto che esiste una disciplina espressa tanto per un profilo (difficoltà art. 610) (tanto per la liquidazione delle spese art. 611) qui le norme che vengono in riferimento sono invece il 613 e 614 e se le mettete a raffronto vedete come la disciplina è significativamente diversa. 1 PASSAGGIO: le difficoltà qui la norma è art. 613: abbiamo visto che nel 610 si dice: “Se nel corso dell'esecuzione sorgono difficoltà che non ammettono dilazione, ciascuna parte può chiedere al giudice dell’esecuzione , anche verbalmente, i provvedimenti temporanei occorrenti”. Raffrontiamolo con l’ Art. 613 Difficoltà sorte nel corso dell'esecuzione:”L'ufficiale giudiziario può farsi assistere dalla forza pubblica e deve chiedere al giudice dell’esecuzione le opportune disposizioni per eliminare le difficoltà che sorgono nel corso dell'esecuzione. Il giudice dell’esecuzione provvede con decreto”. Quale è la differenza significativa sotto il profilo della risoluzione delle difficoltà? La risoluzione evidentemente richiede una cognizione incidentale. ~6~ Abbiamo visto che è estraneo ogni accertamento al processo di cognizione, però si è detto una cosa sono gli accertamenti di cui ai giudizi oppositivi, che vedremo, altra cosa è dire che il giudice dell’esecuzione è sempre privo di ogni facoltà di accertamento perché nello studiare il processo esecutivo abbiamo visto che un qualche accertamento viene in rilievo, ed infondo questi di cui alle difficoltà sono degli accertamenti incidentali che devono essere posti in essere per risolvere le difficoltà. Quale è la fondamentale differenza tra 610 e 613? È la differenza legata alla struttura diversa del procedimento, siccome nella struttura per consegna o rilascio il procedimento è gestito dall’ufficiale giudiziario, la cognizione incidentale in prima battuta è affidata all’ufficiale giudiziario come dice il 610 se le parti lo richiedono interviene il giudice, ma se la parti non lo richiedono la cognizione incidentale la effettua l’uff. giudiz.; nell’esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare siccome il giudice c’è, invece la cognizione incidentale è devoluta al giudice. Ultima differenza significativa che viene in rilievo è quella che attiene alle spese. Norme: 611 e 614 : Art. 611. (Spese dell'esecuzione) “Nel processo verbale l'ufficiale giudiziario specifica tutte le spese anticipate dalla parte istante. La liquidazione delle spese e` fatta dal giudice dell'esecuzione (1) a norma degli articoli 91 e seguenti (2) con decreto che costituisce titolo esecutivo. “ Qui c’era un grosso dibattito era intervenuta su una questione di questo tipo la Cassazione a sezioni unite perché si diceva originariamente che il giudice dell’esecuzione potesse liquidare solo le spese vive mentre i diritti dei procuratori, ovvero gli onorari degli avvocati dovevano essere liquidate per il tramite di un procedimento di ingiunzione, fortunatamente sul punto è intervenuto il legislatore perché c’era un grosso dispendio di energie e si è detto che ex 611, con lo stesso decreto, è lo stesso giudice dell’esecuzione che liquida le spese vive, gli onorari e i diritti, come lo fa? Con decreto che costituisce titolo esecutivo. Raffrontiamo ora, tale norma con l’art. 614, notiamo che c’è una significativa differenza perché Art.614. (Rimborso delle spese) Al termine dell'esecuzione o nel corso di essa, la parte istante presenta al giudice dell'esecuzione la nota delle spese anticipate vistata dall'ufficiale giudiziario, con domanda di decreto d'ingiunzione. Il giudice dell'esecuzione, quando riconosce giustificate le spese denunciate, provvede con decreto a norma dell'articolo 642. Qui c’è un problema delicato in ordine a quale tipo di controllo se meramente formale o sostanziale esercita il giudice in sede di liquidazione delle spese, cioè questa nota vistata dall’uff. giudiz. che vuole dire: il giudice deve fare un controllo formale e liquida tutto quello che trova, oppure deve fare anche un controllo di sostanza? Questo è discusso. Ciò che invece non è discusso ed è chiaro è che c’è una differenza di disciplina tra il 611 ed il 614, perché nel 611 il g.e. con decreto liquida tutte le spese, e questo decreto è titolo esecutivo. Nel 614 si ricorre al procedimento di ingiunzione, non autonomo, nel senso che io devo andare dal giudice competente in base alle regole, ma è lo stesso giudice dell’es. che provvede con decreto a norma del 642, quindi sostanzialmente si utilizza, sia pur facendo leva sul g.e., il procedimento di ingiunzione anche prima erano diversi, perché in via interpretativa si arrivava a ricorrere ad un autonomo procedimento di ingiunzione. Oggi come oggi dopo la riforma si ha il g.e. che con decreto liquida le spese nell’esecuzione per consegna o rilascio e ricorso al decreto di ingiunzione per quanto riguarda gli obblighi di fare e di non fare. Ultimo passaggio: è guardare al delicato problema dei rapporti fra esecuzione specifica e terzi. Cosa già anticipata rapidamente per la consegna o rilascio, ma è un problema che si pone anche per esecuzione specifica. Primo passaggio fondamentale Perché è un problema così delicato e ce ne occupiamo maggiormente con riferimento all’esecuzione specifica, che con riferimento all’espropriazione? Perché come già detto la scorsa volta, che tanto l’esec. per cons. o rilas. che quella per obblighi di fare o di non fare hanno una DIREZIONE OGGETTIVA, quindi si afferma che è molto più probabile rispetto all’espropriazione forzata che ~7~ possano aggredire dei terzi che si trovano nella detenzione di quel determinato bene. Siccome qui non c’è un creditore come nell’espropriazione forzata dove il creditore notifica titolo esecutivo e precetto aggredisce un determinato soggetto e chiede che si esproprino determinati beni mobili o immobili, no, qui c’è un titolo esecutivo che reca un comando che ha ad oggetto uno specifico bene mobile o immobile, ecco perché si dice che ha una direzione oggettiva, perché segue il bene a quel punto io devo attuare il comando contenuto nel titolo esecutivo ma è ben possibile che quel bene di cui ho titolo esecutivo, si trovi nel possesso di un soggetto terzo diverso da quello indicato nel titolo. È molto più probabile rispetto all’espropriazione forzata per la diversa struttura dell’esecuzione specifica che venga, legittimamente o illegittimamente, coinvolto nella procedura esecutiva un terzo. Questo è il motivo per cui questa problematica si pone con maggior delicatezza con riferimento all’esecuzione specifica rispetto all’espropriazione forzata, non che non si possa verificare ma è più raro. Quindi è ben possibile che il bene indicato nel titolo e la cui disponibilità debba essere trasferita dal debitore al creditore si trovi in realtà nel potere di fatto di terzo, di un soggetto diverso da quello indicato nel titolo. Ecco, per tutte queste ipotesi ci si chiede se si possa procedere in qualche modo ad esecuzione specifica e se nel caso in quali ipotesi, cioè in tutte le ipotesi in cui un terzo si trova nel possesso o detenzione di un bene, o solo in alcune ipotesi? Il che significa dire: nei confronti di tutti i possibili terzi o solo di talune tipologie di terzi? Anche qui schematizzo, nel senso che, ripeto, questa è una tematica dibattuta in dottrina e in giurisprudenza, tematica che va collegata con la complessa tematica, di cui ci siamo occupati a suo tempo, dei limiti soggettivi del titolo esecutivo, perché questa in fondo non è che una species rispetto al genius. Il genius è: limiti soggettivi del titolo che si atteggia in modo peculiare con riferimento all’esecuzione specifica per i motivi che vi ho detto. Di seguito le teorie che sono state in qualche modo avanzate: 1 TEORIA è quella più restrittiva che si possa immaginare, si aggancia all’art. 477 c. p. c., quindi espressamente prevede la possibilità che si possa in qualche modo utilizzare il titolo che reca il nominativo del defunto nei confronti degli eredi (rileggiamo il 477 già esaminato): [Art. 477 Efficacia del titolo esecutivo contro gli eredi Il titolo esecutivo contro il defunto ha efficacia contro gli eredi, ma si può loro notificare il precetto soltanto dopo dieci giorni dalla notificazione del titolo]. La teoria afferma che: l’esecuzione non può mai avvenire in danno di un terzo che non sia l’erede, di colui che risulta debitore secondo il titolo, anche quando l’atto in cui il titolo consiste sia efficace verso costui quindi esclusivamente i terzi che siano eredi, in forza dell’ art. 477, questo perché, dice questa teoria, nel nostro ordinamento non esiste un sistema per far accertare preventivamente l’effettiva sussistenza della fattispecie che estende al terzo l’efficacia dell’atto titolo esecutivo. La logica è: abbiamo solo una norma espressa, ex 477, che ci dice che io il titolo lo posso utilizzare nei confronti dell’erede; abbiamo una scelta di campo che fa il nostro legislatore a differenza di altri ordinamenti, perché per es. nell’ordinamento tedesco ed austriaco una fase deputata a questo tipo di accertamento c’è, invece questa dottrina dice nel nostro ordinamento non c’è una fase deputata a verificare se effettivamente questo fatto esiste, cioè questo fatto in forza del quale il titolo può produrre effetti nei confronti del terzo, (cioè ripeto l’atto titolo esecutivo). 2 TEORIA che allarga e dice: oltre all’erede il titolo esecutivo potrebbe essere utilizzato anche nei confronti del successore del diritto controverso art. 111 comma 4°, e del subconduttore art. 1595 ultimo comma del codice civile; come se questa dottrina dicesse: si questo tipo di logica mi convince però facciamo attenzione perché nel c.c. e nel c.p.c. ci sono altre norme che mi consentono di agire in via esecutiva nei confronti di un terzo che non sia quello indicato nel titolo (il 111 e il 1595). Tesi più estensive 3 TEORIA qualcuno dice l’ambito soggettivo di efficacia del titolo esecutivo coincide con l’ambito soggettivo di efficacia dell’atto; quindi, come dicevamo la scorsa volta, vi sarebbe una piena corrispondenza tra atto di diritto sostanziale e titolo esecutivo, quindi piena corrispondenza tra efficacia del titolo esecutivo ed efficacia dell’atto. L’esistenza di fatti storici, dice questa dottrina, ~8~ che integrano la fattispecie estensiva al terzo dell’efficacia dell’atto in questione è meramente affermata dal creditore ed è suscettibile di controllo in sede di opposizione all’esecuzione su indicazione dell’esecutato ma con un onere della prova, in quella sede a carico del procedente. Qual è la logica? Visto che nel nostro ordinamento non c’è una fase deputata a questo tipo di verifica a monte, però tale verifica si può fare in sede di opposizione a precetto, quindi, dice la dottrina, quelle norme espresse non sono vincolanti ma come se fossero norme significative di un principio di carattere più generale che mi dice ci deve essere una corrispondenza tra atto di diritto sostanziale e titolo esecutivo. Ogni qualvolta l’atto di diritto sostanziale produce efficacia nei confronti del terzo io ho un titolo esecutivo nei confronti del terzo non ho un meccanismo che lo può verificare a monte, ma questo viene verificato, ex post, eventualmente, se il terzo propone opposizione al precetto. Attenzione però, in questo caso, l’onere della prova in sede di opposizione al precetto sarà sempre a carico del procedente, per intenderci,lo facciamo in via eventuale ma tu procedente che hai agito nei confronti del terzo devi dimostrare che hai un atto di diritto sostanziale opponibile nei confronti del terzo e quindi non si ha un’ inversione dell’onere della prova ecco perché si parla di opposizione al precetto che si definisce “provocatio ad probandum”. Io propongo l’opposizione al precetto ma sei tu procedente a dover dimostrare di aver legittimamente agito nei confronti del terzo. 4 TEORIA Tesi estrema, ultima, accolta dalla giurisprudenza prevalente, con riferimento all’esec. per cons. o rilasc, esec. in generale ed esec. spec. sostiene la cosiddetta efficacia erga omnes del titolo esecutivo, ovvero il massimo: il titolo esecutivo è efficace erga omnes, le pronunce della Cassazione sono articolate, per semplificare il discorso si potrebbe dire: è in qualche modo una posizione che è il portato del modo in cui è strutturata l’esecuzione specifica, in fondo se ha una direzione oggettiva e quindi ha un comando diretto che deve trovare attuazione sempre in relazione ad un determinato bene, io a quel punto posso attuare quel comando esecutivo verso qualsivoglia soggetto si trovi nel possesso di quel determinato bene. Però secondo, questa impostazione, secondo una parte della giurisprudenza ed una parte della dottrina che la sostiene, i terzi che vogliono in qualche modo contestare questo tipo di situazione non potrebbero utilizzare le opposizioni esecutive ma dovrebbero utilizzare un rimedio che avete a suo tempo studiato ovvero l’opposizione di terzo ex. art 404 e dovrebbero affermare e dimostrare in quella sede di essere titolari di un diritto sostanziale prevalente rispetto a quello dell’esecutante. La logica: ok il titolo è efficace erga omnes, tu lo puoi aggredire, ma in questo tipo di logica, a questo punto vi è il fatto che il terzo dovrà ricorrere ad un mezzo di impugnazione ordinaria, l’opposizione di terzo ex 404 che ha nella sua logica quello di dover dimostrare un diritto prevalente rispetto a quello nella specie delle parti del processo esecutivo. Ultimo passaggio: a seconda della teoria che voi accogliete cambiano i rimedi utilizzabili da parte del terzo, questa volta è più completo, la volta scorsa vi dicevo, attenzione perché se io ritengo, come fa posizione prevalente, che io possa in qualche modo aggredire direttamente il terzo, quindi notificare il titolo esecutivo ed il precetto al terzo, lì si potrebbe ritenere che il terzo è la parte del processo esecutivo e quindi può utilizzare i rimedi della parte cioè l’opposizione dell’esecuzione ex 615, nelle forme dell’opposizione al precetto e dell’opposizione all’esecuzione, se invece io ritengo che la notificazione del titolo esecutivo e del precetto deve avvenire nei confronti del soggetto che risulta dal titolo, il terzo a questo punto, o in un determinato tipo di logica è il (619 opposizione di terzo all’esecuzione) o nella logica di queste ultime posizioni che vi dicevo non avrebbe neanche rimedi esecutivi, ma avrebbe il mezzo di impugnazione art.404. opposizioni di terzi ordinaria. ESECUZIONE INDIRETTA O MISURE COERCITIVE Abbiamo visto che l’esecuzione specifica, quali sono i limiti di tale esecuzione, ed abbiamo visto che questa esec. specif. ha un limite intrinseco e strutturale così come l’espropriazione forzata ogni qual volta, sostanzialmente, la tecnica della sostituzione del soggetto obbligato con un terzo non possa funzionare, il che avviene in particolare, nelle ipotesi di prestazioni cosiddette infungibili dove l’unica soluzione praticabile è l’esecuzione indiretta o misure coercitive dirette a premere ~9~ sulla volontà del soggetto obbligato per spingerlo ad adempiere. Se la tecnica della sostituzione del terzo non si può utilizzare e l’unica soluzione possibile è quella che l’obbligato ponga in essere una determinata attività, non si può che premere sulla volontà del soggetto obbligato per spingerlo ad adempiere. Come? Minacciandolo di un male maggiore rispetto a quello che subirebbe adempiendo ad una determinata prestazione. A livello di nozione si traducono nella minaccia al soggetto obbligato di un male maggiore di quello che questo soggetto subirebbe qualora desse spontaneo adempimento all’obbligo cui è tenuto. Ancora a livello di nozione si possono qualificare come provvedimento accessorio rispetto alla condanna principale contenente un determinato obbligo. Quindi provvedimento accessorio rispetto a cosa? Al provvedimento di condanna che reca quel determinato obbligo e quindi devo ottenere l’adempimento di un determinato obbligo, come lo faccio? Per il tramite di misure coercitive che si atteggiano a provvedimento accessorio rispetto al provvedimento di condanna il cui adempimento mirano a provocare. A livello di inquadramento generale teniamo presente che queste misure coercitive si atteggiano come tecniche di tutela residuale cui si ricorre solo nel caso di obblighi infungibili o possono atteggiarsi in forma di tutela di carattere generale. Che significa di carattere generale? Che ormai molti ordinamenti che ben prima del nostro ricorrono alle misure coercitive lo fanno non solo con riferimento agli obblighi infungibili ma anche con riferimento agli obblighi fungibili e su tutti l’obbligo al pagamento di una somma di denaro perché è vero che con riferimento agli obblighi infungibili, l’esecuzione indiretta è l’unico strumento utilizzabile per ottenere una tutela specifica e non accontentarsi di una tutela risarcitoria, ma questo non significa che questa forma di tutela è inutile, è una forma di tutela che comunque può spingere il soggetto obbligato ad adempiere; quindi non è l’unica forma di tutela utilizzabile per ottenere una tutela specifica però può essere un’efficace tutela concorrente rispetto all’espropriazione o all’esecuzione specifica. Quindi sto dicendo che in astratto si può atteggiare a tutela residuale o generale per ogni tipologia di obbligazione. Buona parte degli ordinamenti che da tempo fanno ricorso alle misure coercitive, e su tutti pensiamo alla Francia, la utilizzano come rimedio non circoscritto alle obbligazioni infungibili. Attenzione a questi passaggi perché lo sforzo che farò io è prima quello di inquadrare le misure coercitive in generale, di darvi un quadro d’insieme su tutti i passaggi e le scelte possibili e poi tenteremo insieme di incasellare, in questo quadro delineato il nuovo 614 bis, cioè la scelta fatta dal nostro legislatore. E saremo in grado di comprendere tali scelte tanto se riusciamo a monte a comprendere quelle che sono le varie possibilità. Già a livello di nozione vediamo come si può atteggiare sottolineo a tecniche di tutela di carattere generale o residuale solo nelle ipotesi in cui è indispensabile, per ottenere una tutela specifica obblighi infungibili. Vediamo ora quali sono i possibili modelli di misure coercitive guardando gli ordinamenti stranieri. Primo modello importante delle “astreintes” sostanzialmente legato alla FRANCIA: da tempo il sistema francese conosce le misure coercitive, vediamo come si caratterizzano. Qui abbiamo una previsione di carattere generale che è l’art. 33 del c.p.c. francese che “consente al giudice, anche d’ufficio di ordinare un’ astreinte per assicurare l’esecuzione di un provvedimento, è una previsione di carattere generale che legittima qualsiasi giudice a pronunciarla nel momento in cui condanna una parte all’adempimento di un’ obbligazione” quindi è il giudice che in sede di pronuncia della condanna può adottare un’astreinte, e la può utilizzare non solo con riferimento agli obblighi infungibili ma anche in relazione agli obblighi fungibili, questo art. 33 del n.c.p.c. francese al 2 comma “prevede che se il giudice del merito non ha ordinato l’astreinte, il giudice dell’esecuzione ha sostanzialmente una competenza speciale ad integrare eventuali provvedimenti provenienti da altri giudici che non siano ancora provvisti” quindi in via principale la competenza a determinare l’astreinte è del giudice della cognizione che adotta il provvedimento della condanna, in via residuale per l’ipotesi in cui non l’abbia previsto questo 2 comma del 33 lascia uno spazio di operatività al giudice dell’esecuzione. In quali termini si atteggia quest’astreinte a livello procedimentale nel sistema francese? Si atteggia in un iter che passa per 2 fasi: ~ 10 ~ -una fase del rilascio che attiene al provvedimento di condanna che reca ad opera del giudice di cognizione di regola quest’astreinte; quindi il giudice che adotta il provvedimento di condanna è lo stesso giudice che provvede a determinare l’astreinte, una misura o sanzione pecuniaria per ogni possibile violazione successiva, o per il ritardo nell’adempimento di una determinata obbligazione; -una fase liquidativa della quale si occupa invece un altro giudice diverso sostanzialmente da quello della cognizione, quindi 2 momenti logicamente e cronologicamente diversi giacché la fase di liquidazione atta a determinare l’esatto ammontare della pena privata si apre solo dopo che si è verificato l’inadempimento. Quindi quale è la logica del sistema francese? Io già in sede di cognizione adotto una misura coercitiva, cioè fisso una pena pecuniaria per il ritardo nell’adempimento dell’obbligazione o per ogni possibile violazione che venga posta in essere. Però questa fase del rilascio deve essere completata dalla fase della liquidazione che si avrà solo dopo che si è avuto l’inadempimento dell’obbligo ed è a questo punto che questo giudice liquiderà la misura dell’astreinte in base al numero di violazioni che ci sono state, all’entità del ritardo. Quindi per intendersi abbiamo un doppio momento : fase di rilascio che non mi da un titolo esecutivo perché, all’esito di codesta fase io ho un provvedimento di condanna ma per l’astreinte non ho un titolo esecutivo perché questo si avrà solo alla fase di liquidazione. Fino alla liquidazione il diritto di astreinte non può essere ritenuto né certo né liquido né esigibile. La logica di questo legislatore francese è: per premere sulla volontà di questo soggetto obbligato, già quando adotto un provvedimento di condanna per qualsivoglia obbligazione fungibile e non fungibile, io prevedo un’asterinte ossia una pena privata perché nella logica del sistema francese che concepisce le misure coercitive di dimensione privatistica e non pubblicistica io, fisso una somma di danaro che dovrà essere che dovrà essere attribuita all’avente diritto per ogni giorno di ritardo nell’adempimento di una determinata violazione o a fronte di più violazioni di quel comando contenuto nella sentenza; e come se dicessi tu parte sei costretta a consegnare questo bene al soggetto X , se non lo fai per ogni giorno di ritardo dovrai pagare 100 euro oppure per ogni violazione di un obbligo di non fare ogni violazione dello stesso fa salire questa violazione pecuniaria. GROSSO PROBLEMA: formazione del titolo esecutivo. Al momento della condanna non saprò quante violazioni potranno esserci e si sa che il titolo esecutivo deve essere certo, liquido, esigibile e come lo si fa dire se non sappiamo quante saranno le violazione quindi la scelta di campo francese è dire: tu giudice della cognizione puoi già determinare l’astreinte però non ti do già un titolo esecutivo perché alla fase del rilascio dovrà seguire una fase di liquidazione cioè un altro giudice dovrà stabilire quante violazioni ci sono state e quindi quale sarà l’entità economica dell’astreutense di questa pena pecuniaria, attribuibile non allo stato ma all’avente diritto. Il giudice è lasciato nella sua discrezionalità per l’an e il quantum della pena però, il parametro che egli deve utilizzare non è parametro dell’entità del danno, perché non ha natura risarcitoria ma di pena privata, ma quella di commisurarla all’entità della somma necessaria per premere sulla volontà del soggetto obbligato quindi la logica: non il pregiudizio che il creditore sopporta a causa dell’inadempimento ma, un pena inflitta tenuto conto della gravità della resistenza colposa del debitore. Quindi le misure coercitive francesi hanno una dimensione marcatamente privatistica, non è prevista una pena penale ma, solo una pena pecuniaria ed in secondo luogo questa somma non viene attribuita allo stato ma, al creditore . Sotto il profilo della struttura del procedimento vi sono 2 fasi : concessione della misura coercitiva ad opera del giudice della cognizione in sede di emissione del provvedimento di condanna che, non è titolo esecutivo dell’astreinte ed una fase della liquidazione che si avrà solo se si sarà avuto un ritardo nell’adempimento o si saranno avuto delle violazioni dell’obbligazione. GERMANIA: paragrafo 888 e 890 che prevedono un sistema tipico di misure coercitive che ha una struttura marcatamente PUBBLICISTICA perchè, accanto ad una somma di denaro si prevede l’arresto ,si va nel penale, infine la somma di denaro è attribuita non al creditore ma allo stato. Struttura PRIVATISTICA: solo sanzione civilistica, somma di denaro attribuita al creditore Struttura PUBBLICISTICA: sanzione pecuniaria attribuita allo stato e arresto ~ 11 ~ Sul piano della struttura di procedimento ci sono delle forte analogie fra la francia e germania perché si passa per un modello bifasico . art 888 che stabilisce comma 1” se un atto non può essere eseguito a mezzo di un terzo e dipende dalla volontà dell’obbligato, il tribunale di prima istanza deve dichiarare che il debitore è tenuto al compimento dell’atto sotto la minaccia del pagamento di una somma di denaro e per il caso che questa non può essere riscossa di arresto” secondo comma” esclude dall’applicazione una serie di obbligazioni a carattere strettamente personali come la condanna al matrimonio, a dare attuazione alla vita coniugale o prestare opere in base ad un contratto di servizio.” Logica : vado sulla sanzione penale ed escludo una tipologia di obbligazioni a carattere strettamente personale per le quali il legislatore non ritiene opportuno ricorre alle misure coercitive. Art. 890 comma 1 “se l’obbligato contravviene all’obbligo di astenersi da un atto, o di tollerare che un atto sia compiuto, su istanza del creditore viene per ogni singola contravvenzione condannato dal tribunale di prima istanza ad una sanzione pecuniaria e per il caso in cui questa non possa essere riscossa ad una sanzione detentiva fino a sei mesi .” comma 2”la condanna deve essere preceduta da una corrispondente minaccia la quale ove non sia contenuta nella sentenza dichiarante l’obbligo su domanda emanata dal tribunale di prima istanza”. Sotto il profilo del procedimento di rilascio della misura siamo sempre dinanzi a 2 fasi: -rilascio: che può essere coeva alla condanna -liquidazione: necessariamente successiva e subordinata all’accertamento da parte del giudice dell’inadempimento o ritardato adempimento del creditore. INGHILTERRA definito ”disprezzo della corte” e si caratterizza per fatto che il creditore può proporre istanza al giudice che ha pronunciato la sentenza quindi, il giudice non è che al momento della sentenza prevede già la misura coercitiva però si consente al creditore di proporre istanza dinanzi al giudice per far dichiarare l’inadempimento del debitore che già si è verificato chiedendo al giudice di condannarlo all’arresto o ad una multa da pagarsi normalmente al creditore . E’ questa una via di mezzo : si prevede che la somma vada al creditore e quindi impronta privatistica ed è previsto l’arresto quindi via di mezzo fra il modello francese e tedesco. Sul piano strutturale c’è differenza significativa perché il giudice che adotta il provvedimento di condanna non prevede una misura coercitiva , se si verifica l’inadempimento posso andare dallo stesso giudice il quale accerta l’inadempimento quindi la fase del rilascio e della liquidazione si svolgono congiuntamente dinanzi allo stesso giudice . 1° passaggio: nozione di misura coercitiva e il diverso atteggiarsi di queste misure coercitive 2° passaggio: come queste misure coercitive si atteggiano nei diversi ordinamenti stranieri. Le misure coercitive pur nella comune nozione di fondo possono atteggiarsi in maniera differente tanto sotto il profilo delle scelte di fondo concezione pubblicistica e privatistica, tanto sotto il profilo strutturale del procedimento per quanto riguarda la formazione del titolo esecutivo di cui si compone la misura coercitiva doppia fase unica fase. ITALIA Ante introduzione art. 614 bis per molto tempo il nostro sistema non ha avuto un sistema di misure coercitive generalizzate ma misure coercitive tipiche talvolta a sfondo penalistico talvolta a contenuto civilistico . Tentativi della dottrina di valorizzare norme come l’ art 388 c. p. per creare un sistema di misure coercitive atipico ma con pochi risultati perché l’art388 ha un ambito di applicazione limitato 1° comma perché ci vuole il dolo specifico 2° comma per la tipologia di provvedimenti in cui operano e tendenza del legislatore di inserire un sistema di misure coercitive tipiche . ~ 12 ~ Quali? PRINCIPALI ipotesi di misure coercitive: 1. Art. 86 comma1 del regio decreto n. 112 1939 sul brevetto industriali 2. Art. 66 comma 2 del regio decreto n.929 1942 sul brevetto marchi di imprese Norme confluite nel codice della proprietà industriale decreto legislativo n.30 2005. Queste norme consentono al giudice che abbia accertato con sentenza le violazioni e condannato al risarcimento del danno di fissare una somma dovuta per ogni violazione o inosservanza successivamente costatata e per ogni ritardo nell’esecuzione dei provvedimenti contenuti nella sentenza stessa. Esplicazione di una misura coercitiva a contenuto patrimoniale. 3. Art. 18 statuto dei lavoratori nel caso del licenziamento dei dirigenti delle rappresentanze sindacali prevede che” il datore di lavoro inottemperanti all’ordine di reitegrazione è tenuto anche per ogni giorno di ritardo al pagamento a favore del fondo adeguamento pensione di una somma pari all’importo della retribuzione dovuta al lavoratore” ecco qui si preme sulla volontà del soggetto obbligato cercando di spingerlo ad adempiere. 4. Art. 163 legge n. 633/41 sul diritto di autore modificata dal decreto legislativo n.68 2003”pronunciando l’inibitoria il giudice può fissare la somma dovuta per ogni violazione o inosservanza successivamente costatata o per il ritardo nell’esecuzione del provvedimento “ strutturazione analoga. 5. Art. 3 legge n.281/98 disciplina dei Consumatori e degli utenti confluita nel codice del consumo decreto legislativo n.206/2005 si prevede che “ in caso di inadempimento degli obblighi stabiliti dal provvedimento reso di cui al comma 1 ovvero previsti dal verbale di conciliazione di cui al comma 4 il giudice anche su domanda dell’associazione che ha agito in giudizio dispone il pagamento di una somma di denaro da 516 euro a 1032 euro per ogni giorno di ritardo rapportato alla gravità del fatto . Tale somma è versata nel bilancio dello stato per essere riassegnata per decreto del ministero dell’economia al fondo da istituire nell’ambito di apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del ministero delle unità produttive per finanziare iniziative a vantaggio dei consumatori” Logica: somma pecuniaria per ogni giorno di ritardo , la somma non viene data all’avente diritto ma versata al bilancio dello stato per essere riutilizzata nell’interesse dei consumatori. Tutte misure che se con una logica di fondo hanno delle differenze. 6. Materia di invenzioni industriali art.83 del regio decreto poi trasfuso nell’ Art. 124 del decreto legislativo n.30/2005 codice di proprietà industriale “ con la sentenza che accerta la violazione di un diritto proprietà industriale possono essere disposti inibitoria della fabbricazione, del commercio e dell’uso delle cose costituenti diritto e l’ordine di ritiro definitivo dal commercio delle medesime cose nei confronti di chi ne sia proprietario. L’inibitoria e il ritiro definitivo dal commercio possono essere emessi anche contro ogni intermediario che sia parte del giudizio i cui servizi siano utilizzati per violare il diritto di proprietà industriale. Pronunciando l’inibitoria il giudice può fissare una somma dovuta per ogni violazione inosservanza e ritardo nell’esecuzione del provvedimento” Le disposizioni brevettuali hanno aperto un significativo dibattito dottrinale e giurisprudenziale in ordine al se questo tipo di previsione alla misura coercitiva legittimasse il ritenere che in ipotesi di questo tipo ci troviamo già di fronte ad un titolo esecutivo. Cioè il giudice può fissare una somma dovuta per ogni violazione inosservanza questo è già titolo esecutivo? Per la giurisprudenza NO! Mancano i requisiti del diritto certo, liquido ed esigibile . Quindi queste misure hanno ad oggetto una somma non liquida e non costituiscono titolo esecutivo in quanto presuppongono l’accertamento delle violazioni che intendono reprimere e che il provvedimento in se non può prevedere anticipatamente nella misura e nella durata. ~ 13 ~ Parte della dottrina: riteneva che a fronte di questo tipo di norme fosse possibile ritenere che c’è un esecutivo e quindi il provvedimento di condanna che commina la misura coercitiva era già titolo esecutivo. Si può ritenere che l’astrente rechi già un titolo esecutivo? Parte della giurisprudenza diceva NO parte della dottrina SI è possibile immaginare che ci sia titolo esecutivo , l’astreinte viene in concreto liquidata salvo opposizioni dall’avente diritto sulla base degli elementi risultanti dalla stessa comminatoria. Quindi si dice quando il giudice adotta questa misura dovrebbe darmi tutte le indicazioni per poi calcolare queste somme allora io poteri ritenere che quello è titolo esecutivo e che il creditore nel momento in cui agisco vado ad auto liquidare quelle somme ATTENZIONE ogni eventuale accertamento è relegato alla fase dell’ opposizione a precetto. Giurisprudenza dice non ce l’ho un titolo esecutivo qualcun altro dice il titolo esecutivo me lo posso costruire attraverso il provvedimento di condanna che mi da tutti gli elementi per auto liquidare al creditore la somma e PASSAGGIO IMPORTANTE il debitore potrà sempre in sede di opposizione a precetto provocare un accertamento davanti ad un giudice in via eventuale. Possiamo dire che alla luce degli ordinamenti stranieri e ordinamenti italiani abbiamo 2 modelli: 1. Quello bifasico : alla francese dove arriva al titolo esecutivo solo a forza dell’accertamento sommario della violazione da parte del giudice dell’esecuzione; quindi contrapposizione di fondo tra misura provvisoria non esecutiva e misura definitiva esecutiva essa nasce come minaccia di una sanzione pecuniaria destinata a venir meno in caso dello spontaneo adempimento dell’obbligazione principale ma al contempo pronta a convertirsi in misura esecutiva condanna pecuniaria in caso di mancato adempimento LOGICA : io non posso in prima battuta in sede di condanna avere un titolo esecutivo perché non so se avrò un ritardo nell’inadempimento quindi il modello è di una misura provvisoria l’astreinte misura non esecutiva perché non è già titolo esecutivo che potrà evolvere in nulla se ci sarà lo spontaneo adempimento o potrà evolvere in misura esecutiva che presuppone un accertamento sommario da parte del giudice dell’esecuzione in ordine all’esistenza ed entità delle violazione e come dire voglio mantenere la logica del titolo esecutivo e per farlo ho bisogno di questo meccanismo bifasico. 2. Modello provvedimento di condanna è già titolo esecutivo purchè rechi una serie di indicazioni che consentono al creditore di auto liquidarsi e l’eventuale accertamento giudiziale è meramente eventuale e si svolge in sede di opposizione a precetto . Le misure coercitive pongono problemi di inquadramento rispetto alle caselle tipiche che conosciamo : cognizione, esecuzione, titolo esecutivo perché mandano in crisi queste categorie. Questi due modelli sono le esplicitazioni di queste difficoltà . ~ 14 ~