Le maschere del benessere

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Psicologia
Storia clinica
Le maschere del benessere
“Sono sempre stato bene. Se mettiamo da parte qualche piccolo acciacco influenzale posso dire di
aver goduto da sempre di un’ottima salute. Poi l’altr’anno, in primavera, il mio cuore ha
cominciato a farsi sentire come un tamburo impazzito”. E’ con queste parole che Antonio si
presenta nel mio studio portando con sé una diagnosi di tachicardia intensa, con extrasistole e
susseguente attacco di panico. Antonio è un uomo di 43 anni, sposato da venti, due figli, una bella
villetta in periferia. Dirige con successo le sue due imprese edili che, a suo dire, gli regalano grandi
soddisfazioni anche se lo impegnano incessantemente e per gran parte della giornata.
Il primo colloquio scorre liscio nella raccolta delle informazioni che egli stesso definisce con
dovizia di particolari relativi alla malattia improvvisa che lo ha portato in uno stato di costante
inquietudine e che non gli permette più di rispondere sicuro a tutti i suoi impegni. Si sente
scoraggiato, quasi tradito dal suo cuore che, nonostante le rassicurazioni del cardiologo che lo
segue, lui avverte come pericolo incombente e che potrebbe scoppiare d’improvviso e arrestare
definitivamente la sua vita.
Di lui mi colpisce la rigidezza posturale e il tono freddo e distaccato del suo esprimersi a parole.
Gli occhi invece rivelano un profondo stato di ansia diffusa e un’ inconfessabile richiesta di
rassicurazione.
“Un bambino ferito e intimorito”- è questa l’immagine che mi passa fugace nella mente e, abituato
come sono a fidarmi delle prime impressioni che sorgono dall’incontro con una persona che mi
chiede aiuto, decido di seguirne le tracce.
Nei colloqui a seguire invito Antonio a rivolgersi al suo problema di cuore non solo come ad un
organo da sanare nella sua disfunzione e da riportare ad efficienza piena con l’esclusivo controllo
farmacologico, ma di ascoltare e via via comprendere il linguaggio simbolico che immancabilmente
soggiace ad ogni evento corporeo.
A fatica e con velata diffidenza iniziale, Antonio segue i miei suggerimenti e prova, ad esempio, a
parlare durante il colloquio tenendo gli occhi chiusi in modo da sentire l’eco interiore delle cose
riportate. Impara man mano a tradurre in immagini quei vissuti emozionali che lo disturbano, riesce
a dar forma a quei sentimenti che lo inquietano e che solitamente tende ad allontanare da sè o a
reprimere dentro. “I bambini “ – gli faccio notare in una seduta – “passano con disinvoltura dal
pianto al sorriso, dalla paura alla gioia senza star lì tanto a pensare se e bene o male”. Di rincalzo
improvviso e agitato Antonio sbuffa: “ Ma io non sono più un bambino. Se lo immagina lei uno
come me che trema alla firma di un nuovo appalto o che fa i salti di gioia per un lavoro portato a
termine con regolarità ? Su dai non mi faccia il romantico dottore! Nella nostra società si tende a
deridere queste debolezze. Voi terapeuti new age rischiate di cadere nel ridicolo con i vostri sogni
di tenerezze relazionali. Lo sa bene anche lei che la vita è dura, mai mostrarsi per quello che si è! “.
Dopo qualche istante di silenzio e guardandolo serenamente dritto negli occhi rispondo: “ Meglio
una maschera da indossare a piacimento e sempre pronta all’uso. Così il bambino è protetto”.
Un silenzio lungo, durante il quale Antonio si abbandona sulla poltroncina, china la testa in avanti,
qualche tremito alle spalle e poi lascia scorrere un pianto sommesso.
Da quel momento i colloqui assumono colori più vivaci, il tono della sua voce si fa più morbido e
profondo e finalmente Antonio si apre a se stesso, inizia a togliersi la maschera, a guardarsi con
autenticità. E racconta del suo dolore lontano, quando suo padre se ne andò in un incidente stradale,
quando lui,ancora adolescente, lascia la scuola e va muratore in una piccola impresa . Quando di
fronte alla disperazione della giovane madre, si mostra sicuro, forte per consolarla. Si fa grande, e
non lo è. “Meno ascoltavo il mio cuore e più mi sentivo deciso,” – riflette in seduta – “ ho rischiato
alla grande nel mio ambiente di lavoro: i soldi, le banche, la prima impresa, i tempi da rispettare,
tanto non sentivo i fremiti dell’imprevisto. Il mio cuore era messo a tacere, e mi è andata bene.
Stavo diventando un buon imprenditore, e di successo”. Vien da dire che il suo cuore si faceva di
pietra, come di pietra era il materiale delle sue costruzioni edili. Il mondo degli affetti per Antonio è
sempre stato tenuto a bada, semmai vissuto in superficie e senza slanci. “Mi sono sposato solo per
assecondare le richieste di due donne: mia madre e quella che poi è diventata mia moglie”, riprende
Antonio, “mi sono rifugiato negli impegni di lavoro e, in seguito, ho messo sullo sfondo l’intimità
della famiglia. Pensavo fosse sufficiente sostenerla economicamente e far rispettare le regole
necessarie al suo tranquillo andamento”.
La tachicardia e le extrasistoli si manifestano in Antonio quando la moglie gli chiede la separazione.
Di fronte a un nuovo brusco distacco, improvviso come quello dal padre, il cuore di Antonio si fa
sentire ( un tamburo impazzito: tachicardia, che va senza ritmo: extrasistole).
Nel cogliere le analogie tra i disturbi corporei e gli eventi psichici Antonio si fa più consapevole e
responsabile del suo modo di essere. Comprende che non è il suo cuore a tradirlo, che il suo timore
che scoppi nasce dalla sua abitudine a comprimerlo. Ora sa di non esser mai riuscito a elaborare il
dolore che lo accompagna da sempre. Sa che in profondità c’è ancora un bambino ferito e
impaurito. Questa volta decide di ascoltarlo, di prendersene cura e di aiutarlo a maturare.
Attualmente i disturbi cardiaci si sono notevolmente ridotti, Antonio non è più colto da attacchi di
panico come in precedenza perché sta imparando ad ascoltare e vivere i sentimenti fino ad ora
nascosti o rifiutati.” A volte, o forse sempre più spesso oggi” – è Antonio a parlare - “ ci
muoviamo contornati di un benessere che vela qualcosa di più intimo che non vogliamo, o temiamo
di incontrare. Paradossalmente, nel mio caso, è stato questo malessere a risvegliare in me un
desiderio di benessere nuovo, da incontrare e da condividere”.
Franco Checchin
Psicologo e Psicoterapeuta
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