hardware TAMA STAR + rullanti PMsnare + cajon MEINL FANDANGO + LUDWIG SUPRAPHONIC N. 30 - DICEMBRE 2014 WALTER CALLONI + GIANNI BRANCA + RICH REDMOND + RICKY TURCO + ROBERTO PIRAMI + SERGIO BELLOTTI EURO 5,90 mensile poste italiane spa sped. abb. post d.l. 353/2003 (conv. in I. 27/02/2004 n.46) art 1 comma 1 dcb varese anno III Mayer jojo Seguici su Facebook.com/TamaItalia Base_ITA-210x280.indd 1 04/11/14 12:00 MDD Direct Drive Ad 2 - 2014 (DrumSetMag).indd 1 10/8/14 11:31 AM Menu dicembre 2014 28 Spotlight JOJO MAYER I di Joe Bergamini l batterista svizzero da tempo trasferitosi negli USA ha realizzato, dopo anni di ricerche e studi, un documento video definitivo sulla tecnica dei piedi, un triplo DVD per la Hudson Limited intitolato Secret Weapons for The Modern Drummer Part Two: A Guide to Foot Technique. Foto Carmen Kam, courtesy Hudson Music Musicians 08 GIORNATE DELLA PERCUSSIONE di Rosa Anna Buonomo 24 GIANNI BRANCA di Mario A. Riggio 36 WALTER CALLONI di Mario A. Riggio 40 RICH REDMOND di Alessandro Inolti 42 RICKY TURCO di Marco Rebuzzi 46 SERGIO BELLOTTI di Gigi Morello 50 ROBERTO PIRAMI di Cristiano Zazza 52 GIULIA LAZZARINO di Mauro Gatto 56 EMILIO CATERA di Ramon Rossi 58 JACK LIMA di Davide Bernaro Tutorial 78 MOTIVAZIONI di Dom Famularo 80 TEMPI DISPARI di Massimo Russo Departments 06 WHAT’S GOING ON 12 ASK ME NOW di Marco Volpe 14 DRUM CONCEPTS di Francesco Lomagistro 15 SOUNDS GOOD TO ME di Carlo Marzo 16 UNORTHODOX BEHAVIOUR di Davide Merlino 18 THE ITALIAN JOB di Gianluca Fiorentino 20 BEFORE I FORGET di Edoardo Sala 72 LIGHT MY FIRE 82 WE INSIST! di Massimo Carrano Tools 62 rullanti PMsnare di Antonio Gentile 64 hardware TAMA STAR di Bob Baruffaldi 66 cajon MEINL FLAMENCO FANDANGO SERIES di Antonio Gentile 68 rullanti LUDWIG SUPRAPHONIC di Antonio Di Lorenzo 70 CABASA di Antonio Gentile 4 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 Message in a bottle hardware TAMA STAR + rullanti PMsnare + cajon MEINL FANDANGO + LUDWIG SUPRAPHONIC N. 30 - DICEMBRE 2014 WALTER CALLONI + GIANNI BRANCA + RICH REDMOND + RICKY TURCO + ROBERTO PIRAMI + SERGIO BELLOTTI EURO 5,90 mensile poste italiane spa sped. abb. post d.l. 353/2003 (conv. in I. 27/02/2004 n.46) art 1 comma 1 dcb varese anno III Mayer jojo GRATIS! DIRETTORE RESPONSABILE Alfredo Romeo MANAGING EDITOR Bob Baruffaldi PUBBLICITÅ Antonio Gentile [email protected] tel (+39) 328 2180218 A IN COPERTINA Jojo Mayer foto Carmen Kam, courtesy Hudson Music DIFFUSIONE Press-Di Distribuzione Stampa e Multimedia Srl Milano CEO Andrea Belardi STAMPA Reggiani Spa Brezzo di Bedero (Va) HANNO COLLABORATO Joe Bergamini, Davide Bernaro, Rosa Anna Bobomo, Massimo Carrano, Ignazio Di Fresco, Antonio Di Lorenzo, Dom Famularo, Gianluca Fiorentino, Mauro Gatto, Alessandro Inolti, Carmen Kam, Francesco Lomagistro, Carlo Marzo, Davide Merlino, Stefano Micchìa, Gigi Morello, Lorenzo Petruzziello, Antonio Procopio, Marco Rebuzzi, Mario A. Riggio, Ramon Rossi, Massimo Russo, Edoardo Sala, Marco Volpe, Cristiano Zazza, Donato Zoppo, Paolo Zuffi. DRUMSET MAG è una pubblicazione mensile di Drumset Mag, società cooperativa, sede legale via dei Prati Fiscali 158, 00141 Roma, tel. (+39) 0692956871. Registrazione del Tribunale di Roma n. 75/2012 del 15-3-2012 Manoscritti e foto originali, anche se non pubblicati, non si restituiscono. È vietata la riproduzione anche parziale di testi, documenti, disegni e fotografie. Finito di stampare nel mese di novembre 2014 IN ALCUNI ARTICOLI COMPARE UN BOX SIMILE A QUESTO: www.drumsetmag.com 1234 Quando lo trovi, vai su Drumsetmag.com e digita nel box di ricerca che si chiama “ARTICOLO #” il numero che compare sul giornale. Verrai reindirizzato a una pagina che ti proporrà dei contenuti aggiuntivi, video o immagini. Come preannunciato sin dallo scorso numero di Novembre, a partire dal 1° Gennaio 2015 Drumset Mag rivoluziona la propria strategia editoriale, inaugurando una vera rivoluzione culturale ed ecologica: la distribuzione della rivista sarà infatti totalmente gratuita e liberamente accessibile a tutti in formato digitale. La rivista sarà, in altri termini, leggibile del tutto gratuitamente su Computer (sia Windows sia Mac), su Tablet e su Smartphone (Android, Windows e Apple). Sì, avete capito bene: potrete leggere gratuitamente e scaricare in pdf la vostra rivista preferita, realizzata dallo stesso team e con lo stesso impegno di sempre. Questo non significa, però, che quello che avete tra le mani sarà l’ultimo numero ‘di carta’ di Drumset Mag: semplicemente, è l’ultimo numero acquistabile in edicola. - In alternativa alla versione digitale sarà infatti possibile avere Drumset Mag in edizione cartacea in abbonamento, a un prezzo annuale comparabile all’attuale prezzo di acquisto per un anno in edicola, pari a 69,90 euro l’anno. - Stiamo inoltre mettendo a punto un canale di distribuzione alternativo e diretto della rivista cartacea in una serie di punti vendita affiliati (la lista di tali punti vendita sarà pubblicata e costantemente aggiornata in una pagina dedicata del nostro sito. Se vuoi diventare anche tu distributore di Drumset Mag puoi contattarci via mail scrivendo a [email protected]). • Perché una rivoluzione? Perché si tratta di un progetto culturale rivoluzionario! Free e diffuso in digitale, il magazine arriverà anche a un pubblico più giovane e desideroso di informazione e formazione musicale, che ha più limitate capacità di spesa, ma che ha sempre più curiosità e che… “nasce digitale”. Free e diffuso in digitale in tempo reale, sempre disponibile, ovunque disponibile: potrà essere letto su computer, smartphone e tablet. Si potrà scaricare il pdf e conservarlo per leggerlo anche off-line. Si potrà stampare in casa, se si desidera leggerlo su carta “fai da te”. Desideri invece leggere Drumset Mag su carta di qualità? Puoi acquistarlo in versione cartacea, esclusivamente in abbonamento o nei punti vendita affiliati. Contribuisci a sostenere il progetto Drumset Mag e dimostri una forte azione di protezione ambientale: la carta utilizzata sarà nel numero esatto delle copie spedite o distribuite. • Perché: Progetto Green: Grazie alla versione cartacea stampata nel numero esatto di copie acquistate dagli abbonati e da distribuire nei punti vendita affiliati eliminiamo ogni spreco di carta dovuto ai resi e alla tradizionale distribuzione. Ok, potrai leggere Drumset Mag gratuitamente in versione digitale e/o potrai acquistarne la versione cartacea in abbonamento o nei punti vendita affiliati. Ma… Vuoi anche sostenere il progetto Drumset Mag? Aiutare la comunità di appassionati e di esperti che lavora mensilmente ai contenuti distribuiti gratuitamente? Contribuisci con una donazione: è volontaria e puoi scegliere anche l’importo minimo da 1 euro! Puoi donare sin da adesso: www.drumsetmag.com/donazioni What’sGoingOn Gerald Heyward in clinic Il padrino del gospel drumming. Mr. Gerald Heyward (da noi intervistato sul numero di Febbraio 2014) terrà la prima delle sue quattro clinic in terra italiana giovedì 11 dicembre a Faenza (info: rudymarianimusic@gmail. com); il 12 al Teatro del Quadrifoglio (viale Savonuzzi 54, Pontelagoscuro, Ferrara; per info: rudymarianimusic@ gmail.com). Sabato 13 dicembre Heyward sarà a Ravenna (Info: ale88drum@hotmail. it). Infine, in esclusiva per il Centro Sud, il batterista statunitense sarà il 14 dicembre a Cosenza, presso la scuola di musica Juliard ([email protected]; tel. 0984 1901761). La Clinica del Groove Giornata didattica con il bassista Faso e con Christian Meyer per batteristi, bassisti e chitarristi domenica 14 dicembre dalle 15.00 alle 19.00 presso Teatro Spazio Reno (via Roma 12, Calderara di Reno, Bologna) dalle 15 alle 19, organizzata da Boast Studio Recording e Bardamù. Suono, semplicità, groove, dinamiche, stesura dei brano, tempi dispari sono alcuni degli argomenti trattati, con concetti semplici, facendo partecipare attivamente i musicisti presenti per rendere il seminario un lavoro di gruppo. I batteristi dovranno portarsi bacchette e pad; i bassisti e i chitarristi il proprio strumento. Info: 328 3667107; [email protected]. The Brera Elektric Drums Seconda edizione del concorso nazionale di batteria organizzato dal Civico Istituto Musicale Brera di Novara - Musica Danza e Arti Libere. Il concorso, aperto a tutti, purché residenti in Italia, si svolgerà dal 31 gennaio (termine di iscrizione: 24 gennaio). Cinque le categorie: A (nati nel 2007 e seguenti), B (2.000 - 2.006), C (1993 - 1999), D (1986 - 1992), E (senza limiti di età). Non sono previsti pezzi obbligatori. I concorrenti potranno eseguire duetti (sia con base musicale sia con un secondo batterista scelto dal candidato stesso), suonare su basi musicali, eseguire studi, assoli, partecipare con le proprie band, purché nei limiti dei tempi a loro disposizione (cat. A, max 5 minuti; cat.B, max 10 minuti; cat. C, D, E, max 15 minuti; per durata si intende anche il tempo necessario per la preparazione all’esecuzione). La giuria del concorso, formata da docenti e personalità del campo musicale, sarà presieduta dal M° Giorgio Gandino. I primi classificati di ogni categoria si esibiranno nel concerto per la serata conclusiva del concorso che si terrà presso l’Auditorium Annalisa Torgano del Civico Istituto Musicale Brera. Al primo classificato di ogni categoria sarà consegnato un rullante, al secondo classificato un mixer Behringer, al terzo classificato un metodo + bacchette. Info e contatti: Civico Istituto Musicale: Brera Musica Danza e Arti Libere, v.le Verdi 2, 28100 Novara, tel. 0321 623354. direttorebrera. [email protected] Festival del Ritmo Ancora aperte le iscrizioni alla VI edizione del Concorso nazionale per batteristi non professionisti che si terrà presso il Teatro della Rocca di Novellara (Reggio Emilia) il 18 e 19 Aprile 2015, organizzato dalla Drum Professional School di Adriano Lasagni, in collaborazione con l’Associazione La Banda dei Tamburi. Cinque le categorie in gara: A) Piccoli (fino ai 10 anni compiuti); B) Talent Scout (dagli 11 ai 13 anni compiuti); C) Giovani (dai 14 ai 17 anni compiuti); D) Juniores (dai 18 ai 22 anni compiuti); E) Grandi (dai 23 anni compiuti in su). Per richiedere il regolamento e la scheda d’iscrizione, rivolgersi via mail a drums. [email protected]; per telefono al n. 329 2330385. Saranno ammessi al massimo 60 concorrenti. I partner della manifestazione sono le aziende UFIP, Lantec, Varus, oltre a noi di Drumset Mag. www. drumsprofessionalschool.it GM Drum & Art School Presentata una nuova sede a Torino Ovest dell’accadema presieduta dal batterista (e nostro collaboratore) Gigi Morello, nell’ambito di un progetto che vedrà tre sedi a Torino (Nord, Ovest e Sud) e probabilmente una in pienissimo centro storico. Situata a circa 20 minuti di auto dalla sede Centrale Nazionale di via Valprato 68, la nuova sede si trova nelle vicinanze di Piazza Massaua ed è attrezzata con batteria con doppio pedale, specchio e pad per la tecnica, insegnamento con utilizzo di basi musicali, ecc e potrà fornire anche i corsi GM Art School, di Voce, Chitarra e Basso. Info: tel. 011 2489738; info@ gmdrumschool.com New Drums Segnaliamo la nascita in Trentino di una nuova realtà didattica musicale, ideata e coordinata da Carlo Salvaterra, batterista e insegnante di Tione di Trento con l’intento di fornire una didattica moderna, fatta su misura sulle esigenze dell’allievo. La scuo- 6 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 la non avrà un’unica sede, ma si appoggerà alle varie realtà musicali già presenti nelle Valli del Trentino, come associazioni culturali o enti giovanili. Verrà inoltre sviluppato un sistema di lezioni attraverso i social media come Facebook, Skype e Youtube. Salvaterra, diplomato al CPM di Milano e al CDM di Rovereto, ha studiato al Conservatorio di Trento e al Collective Music Institute di New York. Per informazioni: tel. 333.4045296 www.carlosalvaterra.com Ferrara in Jazz XVI edizione per la rassegna iniziata lo scorso ottobre. Tra i prossimi concerti (al Torrione San Giovanni di via Rampari di Belfiore 167) segnaliamo: il 6 dicembre lo Spirutual Trio del trombettista Fabrizio Bosso (Alberto Marsico, organo; Alessandro Minetto, batteria); il 7 dicembre the Mob Peppers featuring Pee Wee Ellis (Christian Capiozzo, batteria). Sabato 13 dicembre, The Unusual Suspects (Byron Landham, batteria) e sabato 20 il Christmas quartet della cantante Shawnn Monteiro (con Adam Pache alla batteria). Tra i concerti dedicati alla scena italiana emergente (rassegna Happy Go Lucky Local) segnaliamo invece lunedì 8 dicembre il quartetto poLO (Michele Salgarello, batteria); il 15 di scena il batterista Francesco Cusa con i suoi The Assassins; il 22 ancora un batterista, Tommaso Cappellato, con Astral Travel. Infoline: 339 7886261; www. jazzclubferrara.com The Sisters Un musical liberamente ispirato alle vicende del gruppo vocale femminile statunitense The Supremes, in auge negli anni ’60, prodotto dalla Motown Records, girerà per l’Italia con un’orchestra di 12 elementi diretta dal M° marco Tiso. Alla batteria, Azeglio Izzizzari. Queste le prime date: 3 e 4 gennaio Assisi, Teatro Lirick; 13 gennaio Borgosesia (VC), Teatro Proloco; dal 15 al 18 gennaio Torino, Teatro Alfieri; 24 e 25 gennaio Varese, Teatro Apollonio. Nero a metà Dopo il grande successo del concerto-evento dello scorso 1 settembre all’Arena di Verona, Pino Daniele propone altre sei date del suo tour dedicato allo storico album. Il 6 dicembre a Conegliano (TV), Zoppas Arena; l’11 a Bari, Pala Florio; il 13 a Roma, Palalottomatica; il 16 e 17 a Napoli, PalaPartenope; il 22 a Milano, Mediolanum Forum- Assago. In questi nuovi appuntamenti, che vedranno la partecipazione di un ospite speciale per ogni concerto, il cantautore napoletano sarà accompagnato dalla band originale del 1980, composta da James Senese (sax), Gigi De Rienzo (basso), Agostino Marangolo (batteria), Ernesto Vitolo (piano) e Rosario Jermano (percussioni), mentre l’Acoustic Set vedrà sul palco Rino Zurzolo (contrabbasso), Elisabetta Serio (piano) e la partecipazione di Tullio De Piscopo. Verrà presentato il primo DVD didattico di James, The Secret of Extreme Metal Drumming, di prossima uscita e ci sarà un contest: chi suonerà più colpi singoli su un Drum-O-Pad per 60 secondi si aggiudicherà un Vic Firth Artist Pack (con bacchette e vari accessori). Il tutto sabato 13 dicembre dalle 16 alla sala prove Vertigò di viale Regina Margherita 176 di Roma (tel. 06 884 1418). La notte dei blast beat Tre ore di puro extreme metal drumming con gli specialisti Francesco Paoli e James Payne: si parlerà di tecnica per mani e piedi, balance, metodi di studio e molto altro ancora, con esecuzione di brani delle rispettive band, Fleshgod Apocalypse e Hour of Penance, seguite da una lezione di… …cucina! Pareidolia Ecco le prossime date del tour della cantante, compositrice e batterista Marina Rei (intervistata sul numero di Ottobre della nostra rivista): 7 dicembre Supersonic, Foligno (PG); 8 dicembre Kalinka, Carpi (MO); 11 dicembre Modo, Salerno; 12 dicembre B-Side , Rende (CS); 13 dicembre Ma Club, Catania. In tour C’è Davide Devito alla batteria con Cristiano De Andrè per il Via dell’amore vicendevole tour. Victor Indirizzo è invece il batterista con Elisa nel tour europeo L’anima Vola Live in the Clubs. Amedeo Ariano (batteria) e Bruno Marcozzi (percussioni) sono ancora una volta con Sergio Cammariere nel suo Anteprima Tour per presentare il nuovo album Mano nelle mano. Con Mannarino nel tour Al Monte Live ci sono invece Marco Monaco alla batteria e Daniele Leucci alle percussioni. Eric Cisbani con Ornella Vanoni in Un filo di trucco, un filo di tacco… L’ultimo tour. Nel Fibrillante Tour Eugenio Finardi avrà al suo fianco Claudio Arfinengo. Con Mario Venuti per il suo Il tramonto dell’Occidente in Tour ci sono Donato Emma e Filippo ‘Fifuz’ Alessi. BeatIt Montesilvano (PE), 23-28 settembre 2014 GIORNATE DELLA PERCUSSIONE di Rosa Anna Bonomo Non solo competizione ma ascolto, confronto e contatti culturali di mondi diversi che si integrano e si completano nella XII edizione della Italy Percussion Competition, concorso internazionale per solisti e compositori, e del festival Giornate della Percussione. S ei giorni intensi di competizioni, master class e concerti di musicisti di fama internazionale quelli ospitati dall’Associazione Culturale Italy Percussive Arts Society dal 23 al 28 settembre a Montesilvano. Il concorso Italy Percussion Competition e il festival internazionale Giornate della Percussione, un evento unico in Italia e raro nel resto del Mondo, si è concluso con un grande successo domenica 28 settembre con le performance dei vincitori, che si sono esibiti nell’Auditorium del Centro Congressi Serena Majestic di Montesilvano (PE). “Siamo molto soddisfatti - ha affermato il M° Antonio Santangelo, Direttore Artistico e Presidente dell’Italy PAS – di aver raggiunto un numero così alto per un concorso di percussioni: 280 iscritti da 35 Paesi di tutto il Mondo. Questo è un evento di cui tutte le università, conservatori, scuole, insegnanti e artisti di fama internazionale hanno grande rispetto e che continua a crescere e sorprendere la comunità musicale nazionale e internazionale. Un appuntamento di grande cultura percussionistica che attira studenti e musicisti che ne riconoscono il grande valore artistico, educativo e culturale. Vicepresidente e segreteria artistica/organizzativa del festi- val e del concorso, la prof.ssa Maria Vittorio ha a sua volta commentato: “La settimana è stata più che positiva. Quando cogli la soddisfazione e la gioia negli occhi di tutti, dagli studenti agli artisti, hai la certezza che tutto è andato per il meglio. Questo evento non è solo competizione ma ascolto, confronto e contatti culturali di mondi diversi che si integrano e completano. Il rapporto artistico con i grandi maestri diventa anche un grande rapporto umano che crea importanti e reciproci scambi di esperienze di vita. Questi sono infatti gli aspetti fondamentali che il Maestro Santangelo cura particolarmente, perchè questa è l’idea vincente: dare la possibilità agli studenti di vivere totalmente l’esperienza musicale più completa che un concorso possa offrire”. Ed è stato davvero emozionante vedere il ‘grande’ Zoro confrontarsi con i ‘piccoli’ partecipanti al concorso di Batteria. “Questi ragazzi” - ha commentato il musicista USA - “hanno catturato il mio cuore: è stata un’esperienza mai vissuta prima d’ora e devo ringraziare l’amico Antonio di avermi dato la possibilità di vedere questi ‘piccoli angeli’, che a malapena riuscivano a raggiungere i pedali, ‘giocare’ con una grande energia. Vedere questi piccoli talenti con il mio metodo R&B 8 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 Vincitori e giurati Drumming mi ha molto emozionato. Constatare che il mio lavoro di autore ed educatore è stato in grado di influenzare questi piccoli talenti mi ha davvero stupito. La cinese Dequ Mu di 10 anni (primo premio assoluto nella sua categoria) è una forza della natura: un giorno sarò in grado di dire che l’ho conosciuta quando era solo una bambina…”. Ai vincitori sono stati consegnati dagli sponsor e dalla Italy Percussive Arts Society premi per un totale di circa 20.000 euro. Una novità di questa edizione è stata rappresentata dal cd dedicato ai vincitori, su cui è stata incisa la loro performance della serata finale. Il cofanetto appositamente realizzato verrà distribuito dall’ISMEZ. Un riconoscimento speciale è stato assegnato al batterista siciliano Vito Vultaggio. A lui è stata consegnata una targa in memoria di Clemente Santangelo, primo batterista della RAI e autore del metodo didattico Invito alla Batteria, oltre a una borsa di studio del valore di 500 euro: un premio speciale voluto dal maestro Antonio Santangelo per ricordare suo padre, recentemente scomparso. Due Premi alla carriera, realizzati dallo scultore Antonio T. Lo Mele, sono stati assegnati al percussionista francese Emmanuel Séjourné e al batterista americano Zoro. E, a proposito di premi, alla manifestazione, per la riconosciuta importanza culturale e artistica in Italia, sono state conferite le Medaglie del Presidente della Repubblica, della Camera e del Senato e il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Deqi Mu I premi alla carriera Appuntamento per la tredicesima edizione del concorso internazionale e del festival, che si svolgerà per i batteristi nei giorni 18, 19 e 20 settembre 2015. Il termine per le iscrizioni è fissato al 31 maggio 2015. Regolamento, giurie e programma saranno resi noti appena disponibili sul sito www. italypas.it da gennaio 2015. Gli artisti della XII edizione Claudio Santangelo, Playmobeat, Emmanuel Séjourné, Pius Cheung , Eriko Daimo, David Friedman, Ruud Wiener, Casey Cangelosi , Francesca Santangelo, Luca Ventura, Liu Heng, Jean-François Lézé, Ignacio C. Martin, Zoro, Pier Giuseppe Gajoni, Urs Wiesner. 9 BeatIt GIORNATE DELLA PERCUSSIONE Gli sponsor PAS, Adams, Bergerault, Yamaha, Majestic, Encore Mallets, Angelini Mallets, Zildjan, Koala Percussion, Vic Firth, Città della Musica, Casale Bauer, Innovative Percussion, TreeWorks, HoneyRock, Sticks, DrumSet Mag, Percussion Creative, DW, Palladium Music, Regal Tipe, Pustiens PP, Sounthern Percussion, Norsk Musikforlag Percussion, Resta mallets, Buffalo Marimba, Peter’s bag, SLdrum, AP instruments. Le giurie e i vincitori MARIMBA - Giuria: Emmanuel Séjourné (Francia), Pius Cheung (Hong Kong), Eriko Daimo (Giappone). Cat. A Xiaohui Chen (Cina), 1° premio; Naizhi Zhang (Cina), 2° premio; Tuomas Siddall ed Elmeri Uusikorpi (Finlandia), 3° premio. Cat. B Bence Simon (Ungheria), 1° premio assoluto; Ewelina Hajda (Polonia) e Lukas Aebi (Svizzera) 3° premio. Cat. C Miroslav Dimov (Bulgaria) 1° premio; Akhmejanov Daniyar (Kazakistan) 3° premio. VIBRAFONO - Giuria: David Friedman (USA), Ruud Wiener (Paesi Bassi), Urs Wiesner (Svizzera). Cat. A Fedor Arshin (Russia) 1° premio; Xiaohui Chen (Cina) 2° premio; Anna Micheletti (Italia) 3° premio. Cat. B Jonathan Bonny (Belgio) 1° premio; Kristof Hrastnik (Slovenia) 2° premio; Elias Nummenmaa (Finlandia) 3° premio. Cat. C Ievgen Ulianov (Ucraina) 1° premio; Mikhail Putkov (Lituania) 2° premio. RULLANTE - Giuria: Casey Cangelosi (USA), Liu Heng (Cina), Jean-François Lézé (Francia) - Cat. A Boris Nikonov (Russia) 2° premio; Bence Csepeli (Ungheria) e Matthieu Hoffmann (Francia) 3° premio. Cat. B - Rudolf Jaouen (Francia) 1° premio; Gorka Catediano (Spagna) 2° premio; Robin Blaszkiewicz (Polonia) 3° premio. Cat. C Simon Aliotti (Francia) e Rina Fukuda (Giappone) 2° premio; Eri Hasemi (Giappone) e Gerasimos Tsagkarakis (Grecia) 3° premio. TIMPANI - Giuria: Jean-François Lézé (Francia), Ignacio C. Martin (Spagna), Liu Heng (Cina). Cat. A José A. Castro M. Sousa (Portogallo) e Tuomas Siddall (Finlandia) 1° premio; Bartlomiej Sutt (Polonia) 2° premio. Cat. B Wing Yip Andrew Chan (Hong Kong) 1° premio; Luca Martino (Italia) 2° premio; Eirini Aravidou (Grecia) 3° premio. Cat. C Hsin Fang (Taiwan) e Mateusz Wiczyski (Polonia) 1° premio; Aubry Corentin (Francia) 2° premio. BATTERIA - Giuria: Zoro (USA), Chris Heiny e Andi Bühler (Germania). Cat. A Deqi Mu (Cina) 1° premio assoluto; Nicola d’Auria (Italia) 1° premio; Vincenzo Tarantino (Italia) 2° premio; Lucrezia Benedetto (Italia) 2° premio; Cat. B Andrea Proia (Italia) e Roberto Porta (Italia) 1° premio; Vito Vultaggio (Italia) 2° premio; Ivan Poddubny (Bielorussia) 3° premio. Cat. C Ilya Stsiapanau (Bielorussia) 1° premio, Ioannis Karakasidis (Grecia) 2° premio; Gaetano Camporeale (Italia) e Georgios P. Lamprako (Grecia) 3° premio. COMPOSIZIONE - Giuria: E. Séjourné - C. Cangelosi - P. Cheung - R. Wiener - J.F.Lézé - Cat. A Roberto Brambilla (Italia) 3° premio. Cat. D Charles P. Tremblay B. (Canada), Leonardo Gorosito & Rafael Alberto (Brasile) 3° premio. Cat. B/C/E: premi non assegnati. 10 AskMeNow Cassa da 18” Ciao Marco, ti seguo su FB e su Drumset Mag e prima ancora su Percussioni... Mi affido alla tua esperienza per un consiglio: per problemi di spazio nei locali ho da poco acquistato una cassa da 18” Mapex V Series: volevo sapere secondo te se è il caso di fare il buco sulla risonante e riempire la cassa con qualche straccio/coperta come di solito si fa per le 22” oppure (se è meglio, NdR) lasciarla così. Altra cosa, io tengo il battente del pedale molto alto e su questa cassa andrebbe a colpire in maniera decisamente decentrata la pelle battente: dici di mettere un’alzacassa o posso suonarla anche così? Specifico che non ci suonerei jazz, ma folk rock, quindi dovrei emulare il più possibile il sound della 22”. Grazie dell’attenzione e complimenti per tutto. Stefano Citron Caro Stefano, ovviamente è questione di gusti, quindi quella che segue è solo una mia opinione personale. Se mi avessi detto che con quel set saresti andato a suonare jazz, ti avrei sconsigliato assolutamente di usare l’alzacassa: il battente che suona decentrato produce più armonici e quello è esattamente il suono che abbiamo imparato ad amare in tutti i grandi batteristi del jazz moderno, un suono che fa parte integrale di quello stile. Ma il tuo caso è diverso, e l’unica motivazione per cui ricorri alla cassa da 18” riguarda gli spazi ridotti di molti luoghi dove ti capita di suonare, ed è sicuramente, nel tuo caso, più facile emulare una cassa da 22” con l’alzacassa che fa colpire il battente al centro anche con la 18”. Non ti consiglio però di inserire nulla all’interno: lo spazio dentro una cassa più piccola è già abbastanza angusto, e diminuirlo con coperte ed altro ti farebbe soprattutto diminuire il suono oltre livelli accettabili. Userei invece il sistema E-Mad della Evans (battente e risonante), che ti permette un suono pieno e una eventuale sordinatura, già predisposta esternamente, oltre a un piccolo foro sulla risonante. Ovviamente la pelle va tenuta meno tesa possibile. Ho sentito parlare bene anche del sistema Kickport per dare maggior proiezione al suono. Ne ho uno da provare, ma non sono ancora riuscito a trovare il tempo per montarlo… Una piccola cu- riosità: come detto il suono della cassa da 18” è quasi indissolubilmente legato al jazz moderno, ma come mi confidò Roy Haynes anni fa, lui e gli altri batteristi del dopoguerra cominciarono ad usarla per il semplice motivo che era più facile farla stare dentro le loro auto! Minus One per batteristi Caro Marco, volevo prima di tutto salutarti con tanto affetto: è un po’ che non ci si sente, ma leggo sempre ciò che pubblichi e aspetto con ansia l’uscita del tuo libro... Volevo chiederti un parere su una faccenda che affrontammo in una delle lezioni fatte a Roma: gli altri strumentisti hanno i libri di J. Aebersold, noi batteristi quali minus one autorevoli per suonare gli standard potremmo tenere in riferimento? Grazie in anticipo, un abbraccio. Vincenzo Gionta P.S.: “Pent Up House” di Rollins, che struttura ha? È un anatole? Ciao Vincenzo, è vero gli altri strumenti hanno gli Aebersold con i giri armonici a cura di Marco Volpe Laureato cum laude al Berklee College of Music di Boston, con il quale ha poi collaborato per quasi venti anni, è considerato oggi uno dei maggiori didatti europei. Fra i suoi allievi ci sono molti dei batteristi di maggior spicco della scena non solo italiana. Già titolare della cattedra di Batteria Jazz al Conservatorio di Mantova, insegna nel suo studio privato a Milano, a Torino presso il Percstudio e a Roma al Loop Music Meeting Point! [email protected] degli standard per imparare i temi e improvvisarci sopra, ma non direi che noi siamo più sfortunati, tutt’altro: i batteristi da generazioni studiano direttamente su brani originali: mentre è difficile immaginare un sassofonista improvvisare assieme a Parker o Coltrane, noi possiamo benissimo suonare accompagnando le registrazioni di Miles Davis o di Sonny Rollins, perché la presenza di un altro batterista non ci disturba più di tanto. Detto ciò, è anche vero che ultimamente, nella fase di… incontinenza didattica che stiamo vivendo, stanno anche per noi uscendo diversi veri e propri Minus One per batteria. Jazz Standards for Drumset di Brian Fullen, ad esempio, presenta dodici noti standard, da “Take The ‘A’ Train” a “Bluesette” a “St. Thomas”, suonati abbastanza bene, con le partiture (accordi e tema, non parti per batteria) e alcuni suggerimenti per le esecuzioni. Poi ci sono addirittura tre volumi della Alfred Easy Standards, con 27 standard (9 per volume), che vanno dal jazz tradizionale al jazz modale. Pur non essendo suonati male, l’Easy del titolo fa capire che ci troviamo davanti a delle interpretazioni molto ‘lisce’, a tempi mai troppo veloci e dove qualsiasi asperità, perfino in brani di John Coltrane come “Mr. Pc” o “Impressions”, è rigorosamente bandita. Un po’ meglio secondo me è il francese Great Jazz Standards (Editions Musicales Françaises), che però ha solo 5 brani (“A Night in Tunisia”, “Four”, “Moanin’”, “Take Five” e “The Preacher”), ed è per tutti gli strumenti (togliendo, nelle varie versioni, il canale destro o sinistro). Decisamente meglio suonati sono gli standard presenti in Jazz Workshop for Bass and Drums di Dave Weigert (Advance Music). Ci sono molti brani, ma standard jazz veri e propri solo sette, però è un ottimo libro per chi capisce l’inglese anche al di là dei brani minus one. Molto consigliabile, per gli studenti più avanzati, è Jazz Drumming del grandissimo Billy Hart (Advance Music), che contiene brani incisi dallo stesso Hart con vari ottimi musicisti (Liebman, Abercrombie, Beirach…) e mai usciti su disco. C’è la versione con la batteria originale e quella senza. Anche qua però i brani non sono moltissimi: “Night in Tuni- sia”, “Equinox”, “Embraceable You”, poi c’è “”Day and Nite”, un brano di Dave Liebman basato su, guarda un po’, “Night and Day”, “Lo Flame”, basato su “All of Me” e un 3/4: “Ralph’s Waltz”. Ma il meglio è forse rappresentato da Intermediate Jazz Conception e da Jazz Conception, ancora della Advance Music. Il limite in questo caso che, probabilmente per questioni legate al diritto d’autore, gli standard sono sempre ‘mascherati’ dietro altri titoli (“St. Sonny” invece di “St. Thomas”, “Two plus Two” invece di “Four”…) e sui giri armonici originali sono suonati dei temi diversi composti per l’occasione, Però la qualità musicale è molto alta ed è presente anche la traccia con la batteria suonata dall’ottimo Kenny Washington, con la trascrizione completa del suo accompagnamento. Però a questo punto vorrei darti un consiglio: se proprio non vuoi suonare su dischi dove sono presenti altri batteristi, puoi scegliere di inserire la batteria in quei progetti musicali che non la pre- vedono: è il caso dei due album di Diana Krall All For You e Love Scenes (ottimi per essere accompagnati con le spazzole), di Jazz Guitar di Jim Hall, di uno dei tanti dischi in trio di Oscar Peterson con Herb Ellis e Ray Brown, di quelli in duo di Keith Jarrett con Charlie Haden e tanti altri. Per finire: no, “Pent-Up House” non è un anatole (o Rhythm Changes , che è la stessa cosa), ma un brano di 16 battute, con una struttura armonica divisa in quattro gruppi di 4 battute AABA. Sounds Good To Me SALSA RHYTHM Ciao amici, eccoci all’ultimo appuntamento per questo 2014 con la rubrica dedicata alle app ‘musicali’ disponibili per iPhone, iPad, eccetera. Chiuderemo l’anno con un’applicazione che ci proietterà nel fantastico mondo della musica cubana. L’ app di cui ci occupiamo in questo spazio si chiama, per l’appunto, Salsa Rhythm ed è stata ideata per aiutare ballerini, musicisti e studenti ad approcciarsi a questo meraviglioso genere musicale. Tra le principali opzioni pre- inglese). Per ogni strumento possiamo scegliere il pattern da far suonare tra 21 pattern di pianoforte, 11 di basso, 28 di percussioni (tra tumbao, guaguancó, cáscara, rumba, caballo, danzón, eccetera). senti possiamo annoverare la possibilità di scegliere quali strumenti mettere in modalità mute, cambiare i bpm, la tonalità e utilizzare l’app come un metronomo. La schermata principale racchiude tutto il necessario per utilizzare facilmente questa app: Tonalità, BPM, a cura di Carlo Marzo Diplomato al conservatorio in Strumenti a percussione, laureato in Didattica dell’insegnamento strumentale e Discipline musicali indirizzo interpretativo-compositivo, ha studiato percussioni etniche con numerosi insegnanti italiani e stranieri. Docente e Coordinatore nazionale della Percussion Academy delle Scuderie Capitani, ha collaborato con i migliori nomi del panorama pop nazionale, sul palco e in numerosi programmi televisivi. www.carlomarzo.it Per attivare o disattivare uno strumento basta un doppio tap sull’icona dello strumento stesso. Gli strumenti a nostra disposizione sono quelli tradizionali nella musica afrocubana, ossia Claves, Piano, Congas, Timbales, Bongos, Basso, Maracas, Guiro, Campanaccio e un instructor che conta le pulsazioni con la voce (in 14 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 Display Beat, direzione della clave 2/3 o 3/2, tasto play/ stop e master volume. Nella sua estrema semplicità l’app risulta molto utile per chi voglia praticare facilmente questa musica, mettendo in mute uno strumento e suonando il rispettivo pattern. Spero vi possiate divertire. Auguri di Buon Natale e Felice Anno Nnuovo a tutti voi. Drum Concepts www.drumsetmag.com 18013 LA COSTRUZIONE DI UN ASSOLO C ari amici della nostra amata rivista, oggi ho il piacere di condividere con voi alcune riflessioni sull’argomento l’assolo di batteria, prendendo spunto dall’estratto di un concerto tenuto a Tokyo lo scorso luglio con la mia band, la Berardi Jazz Connection, che potete vedere sul sito della rivista. In questa rubrica racconterò il mio punto di vista circa la costruzione e i canoni che prediligo seguire per l’approccio e lo sviluppo dell’assolo di batteria. La storia e tutti i batteristi appartenenti alla Belle Epoque del nostro strumento, ovvero dall’Era dello Swing in poi, ci hanno di Francesco Lomagistro Tarantino, diplomato in strumenti a Percussione presso il Conservatorio “N. Piccinni” di Bari e laureato in Didattica per l’Insegnamento, come batterista ha collaborato con artisti pop e jazz (da Kelly Joyce a Mariella Nava, da Antonella Ruggero a Milva, passando per Elio, Freak Antoni, Dario Deidda, Max Ionata, Gigi Cifarelli, Roberto Ottaviano…). Leader della Berardi Jazz Connection, formazione assai apprezzata all’estero con la quale ha realizzato cinque CD, è molto impegnato anche nella didattica e dal 2005 è membro dell’Educational Team della Vic Firth. regalato ricche testimonianze di espressione solistica che vi consiglio di cercare e studiare: da “Papa” Jo Jones a Sonny Payne, da Gene Krupa a Buddy Rich e a seguire Max Roach, “Philly” Joe Jones, Art Blakey, Frankie Dunlop, Roy Haynes, Tony Williams, Al Foster e moltissimi altri, fino ad arrivare ai nostri giorni. A mio parere, l’approccio a un solo può variare a seconda che si voglia tener conto o meno della struttura del brano, e quindi per prima cosa va stabilito se costruire l’assolo rispettando la forma oppure se staccarsene e affrontare il momento da solista in modo completamente libero. Quando costruisco un solo su una struttura, per esempio quando suono un blues, cerco di tenere a mente i changes (le progressioni armoniche, NdR): il fatto che questi siano disposti nella maggior parte dei casi sulle consuete 12 misure facilita la memorizzazione, poiché c’è una forma semplice a cui l’orecchio e il cervello possono fare riferimento. La melodia del tema, inoltre, offre un ulteriore comodo riferimento nonché un aiuto per costruire un’espressione più musicale e coerente con il brano che si sta interpretando. Riferirsi alla melodia è ancora più determinante quando si affrontano strutture più complesse come un rhythm change, laddove non saremo solo impegnati a disporre al meglio e nel modo più musicale possibile le soluzioni ritmiche in possesso del nostro bagaglio batteristico, ma dove dovremo tener conto della struttura e delle sue variazioni, cercando di evidenziare e differenziare l’avvicendarsi delle A e delle B nella forma del brano (nel più classico dei Rhythm Changes, per esempio “I’ve Got Rhythm”, tale struttura è di 32 battute divise secondo lo schema AABA). 15 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 Come avviene per il solista che suona uno strumento melodico, il batterista alle prese con un solo può usare un senso logico-estetico nell’approccio alla costruzione, senza tralasciare l’uso delle dinamiche e dei respiri attraverso le pause. Pensando alla macro struttura di un solo, trovo piuttosto efficace il paragone con i temi che facevamo a scuola, per i quali ci insegnavano a creare un cappello introduttivo, poi lo sviluppo di un corpo principale e infine una conclusione. Del resto, in entrambi i casi c’è una persona che si esprime e comunica qualcosa, quindi essere efficaci nell’espressione fa sì che il nostro messaggio arrivi forte e chiaro al lettore o, nel nostro caso, all’ascoltatore e alla sua sensibilità artistica musicale. A questo punto vi rimando alla visione e all’ascolto del mio assolo sul sito di Drumset Mag. L’approccio che ho usato in questo caso è libero dalla struttura del brano (che si intitola “Before the Trips” ed è tratto dal mio ultimo album pubblicato con la Berardi Jazz Connection, A New Journey, recensione a pag. 73). Spero vi piaccia. Per qualsiasi curiosità o domanda, potete scrivere alla redazione di Drumset Mag. Buon divertimento! Unorthodox Behaviour www.drumsetmag.com 18014 OLTRE I SOLITI CONFINI Ciao a tutti, questa puntata vi arriverà sotto l’albero di Natale, e mentre sarete impegnati a spacchettare i vostri regali io vi intratterrò parlando di confini. I l confine è una curva immateriale, un limite che noi ci inventiamo per delimitare, circoscrivere, magari anche proteggere quelle poche certezze che abbiamo. Bene, come il Grinch distrugge il Natale, io ora voglio eliminare i vostri confini! In questi giorni sto sperimentando un set allargato (tanto per non annoiarmi): al vibrafono ho aggiunto un paio di steeldrum e un altro piccolo vibrafono modificato, o per meglio dire preparato. La cosa mi mette di fronte a diverse nuove situazioni che vanno ben oltre ai miei soliti confini: prima di tutto lo spazio cambia, le distanze aumentano, i miei movimenti devono adattarsi alla nuova cosa. La diversa risposta degli strumenti, le diverse bacchette (sto valutando di inserire delle teste dei miei mallets per vibrafono su a cura di Davide Merlino Dopo studi privati di batteria, si laurea in Percussioni classiche con specializzazione in didattica dello strumento e frequenta il Corso superiore di formazione jazz. Collabora con enti liricosinfonici italiani e stranieri e, in ambito jazz, con numerosi musicisti di fama. Con il quartetto nujazz MU vince nel 2010 il concorso internazionale Percfest. Oltre a insegnare nelle scuole medie musicali e al liceo musicale, coordina l’orchestra di percussioni Waikiki. delle bacchette corte per steeldrum!), le diverse impugnature. Sento il cervello che si contorce e per controllare il mio corpo sono costretto a usare a fondo il mio respiro diaframmatico per mantenere l’equilibrio. Se non suonate uno strumento armonico, ma siete dei batteristi curiosi, bene: avete le vacanze per provare a fare qualche esperimento. Spendendo pochi euro o andando in un mercatino dell’usato potete cercare un glockenspiel, delle trombette o delle campanelle intonate, flauti o kalimbe anche stonate, anzi meglio se lo sono. Se invece avete tra le mani un vibrafono o parente vicino, potete provare a montare nelle vicinanze un set di tamburi, o a sospendere dei piatti (io li uso anche appoggiati ai tasti, ma ve lo sconsiglio per la salute del vostro strumento). Qualche tempo fa, durante un concerto in vibrafono solo in un centro sociale, dove solitamente programmano musica particolarmente rumorosa, ho pensato di creare una specie di batteria da suonare in piedi con le bacchette da vibrafono (quando parlo di mallets intendo proprio loro!). Microfonato a dovere il mio minikit mi è tornato utile per spingere nel brano finale con una cassa in quarti. Una sera invece ero senza set percussivo, ma mi è bastato utilizzare il palco in legno come cassa e vi lascio immaginare la faccia del mio caro amico Sabir Mateen, che non si aspettava una cosa del genere! Sicuramente se provate ad aggiungere al vostro set di batteria qualche percussione etnica vi troverete ad affrontare qualche piccolo problema meccanico. I movimenti sulle pelli di braccia, mani, dita saranno notevolmente diversi rispetto alla mano 16 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 con la bacchetta. Io ho trovato più difficoltoso questo aspetto, volendo applicare ai tamburi etnici la giusta tecnica senza doverli maltrattare impietosamente. Una mano sulla tabla e il resto del Merlino che suona la batteria, o anche più semplicemente un set misto congas, djembe e batteria mi hanno dato filo da torcere. Nella prima puntata di questa rubrica mi sembra di aver citato il caro Paul Motian dicendo che bisogna sempre avere come obbiettivo finale la musica, il bel suono e non l’aspetto circense e performativo, quindi se aggiungete qualche strumento al vostro set cercate di farlo con gusto e con molta pratica in sala prove. Rimbalzando tra esempi altri e sperimentazioni personali, come sempre, spero di avervi stimolato ad andare oltre i confini del vostro strumento per approdare verso nuove e più ricche terre inesplorate. Vi lascio con questa frase che riassume un poco il percussionista sperimentatore del terzo millennio e vi auguro un buon inizio anno ricco di groove. “Che cos’è quella sensazione quando ci si allontana dalle persone e loro restano sulla pianura finché le si vede appena come macchioline che si disperdono?… È il mondo troppo vasto che ci sovrasta, ed è l’addio. Ma noi puntiamo avanti verso la prossima pazzesca avventura sotto i cieli” (Jack Kerouac, Sulla strada). Ecco cosa ho ascoltato in queste notti insonni: Rastplatz, Fabio Delvò (Autoproduzione) Something Else, Ornette Coleman (Contemporay Records) Pianology 1, Ketil Bjornstad, (ECM) Vinnie Colaiuta Model SVC V I N N I E C O L A I U TA S I G N AT U R E Vinnie e il team di designer Vic Firth hanno lavorato assieme per creare una bacchetta che consentisse a Vinnie di suonare al suo meglio. In ogni situazione! Vinnie Colaiuta è uno dei più rispettati e celebrati batteristi di tutti i tempi dunque, il suo vocabolario del drumming, è straordinario. Prova un paio delle sue nuove bacchette signature e scoprirai quanto sono bilanciate e quanto trasparente sia il feel: come fossero una estensione di te stesso, ti consentiranno ogni tua espressione musicale. Se suoni in maniera aggressiva o sei hai un tocco leggero, preparati a trascendere. Scopri le precise caratteristiche progettuali delle bacchette di Matt e quelle di tutte le Vic Signature Series realizzate in collaborazione con i migliori batteristi del mondo su VICFIRTH.COM Photo: Michael Corral Aramini Strumenti Musicali s.r.l. tel. 051 60 200 11 fax 051 60 200 66 e-mail: [email protected] ©2014 VIC FIRTH COMPANY le nuove bacchette The Italian Job www.drumsetmag.com 18015 LA CURA C iao a tutti, come promesso nell’ultimo numero a The Italian Job arriva lo straniero e cioè… mr. Gavin Harrison! Del fenomenale batterista inglese sono notissime le collaborazione con Claudio Baglioni, ma Gavin ha anche collaborato, sempre per quanto riguarda il pop italiano, con Eugenio Finardi, Alice, Fiorella Mannoia e, nel caso in esame, Franco Battiato. Il brano di cui ci occupiamo questo mese è “La cura”, tratto da un album del 1996 intitolato L’imboscata. a cura di Gianluca Fiorentino Produttore e compositore oltre che batterista, ha collaborato in studio e dal vivo con Renato Zero, Anna Tatangelo, Arthur Miles, Alex Lofoco, Conservatorio di Como, Alex Lloyd, Belle Histoire e altri. Insegna batteria presso SpunkTeatro di Saronno (VA), Overdrive Studio (Milano), le accademie Lizard di Lecco e Como, ed è assistente di Lele Melotti nei suoi seminari e titolare del Bflat Recording Studio di Origgio (VA). una parte del brano a un’altra. Infatti abbiamo: INTRO - 10 misure 1° STROFA – 9 misure 1° RITORNELLO – 7 misure ARCHI – 7 misure SOLO CHITARRA – 6 misure SPECIAL – 5 misure ARCHI – 5 misure 2° STROFA – 9 misure 2° RITORNELLO – 7 misure 3° RITORNELLO – 8 misure BREAK + DRUM FILL – 2 misure SOLO CHITARRA FINALE – 13 misure Per quanto riguarda la parte tecnica, il brano inizia con un’oramai famosissima intro tra rullante e tom, che in effetti è un groove in 16esimi con la ‘botta’ di rullante sul terzo movimento e la cassa con una figurazione ‘a duine’, però sulla fine della misura. Attenzione subito alla prima misura, che sembra partire con i tom: effettivamente però, a un ascolto attento, in battere troviamo l’hi-hat suonato con il piede! Alla seconda misura, dove finisce la frase sui tom, attenzione al press roll sul levare ancora del 4° movimento. L’intro quindi è composta da 10 misure. La parte rilevante, e molto complessa, consiste nel portare il groove con il tappeto di ghost notes sul rullante, lasciarlo nel momento in cui ci si sposta sui tom, per poi ritornare al tappeto senza assolutamente perdere la fluidità. Qualche passaggio molto interessante: alla misura 6, sul quarto movimento ci si sposta sul tom sul 2° sedicesimo; alla misura 7, sul quarto movimento occhio al press roll sul 3° sedicesimo; alla misura 10, sul quarto movimento ci si sposta sul tom sul 3° sedicesimo. Più in generale, conviene fare attenzione a tutto il brano, che il M° Battiato ha composto utilizzando una struttura non convenzionale, il che ci porta a dover prestare molta attenzione ai punti nei quali con i fill bisogna sottolineare il passaggio da 18 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 Alla misura 44 (dopo circa 1’ e 54”) il fill è sempre caratterizzato dal portamento in sedicesimi del groove, ma sull’ultimo movimento troviamo 1/8 e 2 sedicesimi tra 2° tom, timpano e cassa all’unisono con il crash. Di nuovo, alla misura 54 (dopo circa 2’ e 20”), ma questa volta i 16esimi da spostare sui tom sono: sul 2° movimento, il 2° sedicesimo; sul 3° movimento, il 4° sedicesimo; sul 4° movimento, il 3° sedicesimo. Infine, nell’unico break del brano, il fill è formato da due flam: sul rullante e primo tom sull’ultimo 16esimo del terzo movimento e sul rullante e timpano sul levare del quarto. Per concludere, anche in questo caso diremo che per suonare questo brano la tecnica è importantissima: essa ci consente di poter portare questo groove che nella sua semplicità è di una difficoltà incredibile (scusate il gioco di parole)! Quindi, grazie al Maestro Gavin Harrison per 19 averci lasciato una perla nella musica pop italiana e arrivederci al prossimo numero. Before I Forget www.drumsetmag.com PANTERA 18016 ,FAR BEYOND DRIVEN, 1994 Il primo disco di metal ‘estremo’ a raggiungere i vertici delle classifiche mondiali di vendita. In occasione del ventennale, di quest’album ‘seminale’ è uscita una versione deluxe, contenente il disco in versione rimasterizzata e un secondo disco bonus con una performance live al festival Monsters of Rock del 1994, oltre alla vera copertina, censurata immediatamente per via del disegno giudicato all’epoca troppo violento. L a presentazione del terzo disco della band – il settimo, contando la prima fase della carriera tenuta ben nascosta dagli stessi artisti – parte con un tour nei negozi immortalato da MTV, accompagnato dall’uscita del primo singolo “I’m Broken”. Una promozione che darà presto i suoi frutti, con vendite e posizioni in classifica di tutto rispetto, nonostante la critica non sempre positiva delle riviste dell’epoca. Le novità, dopo gli ottimi Cowboys from Hell e Vulgar Display of Power, sono l’accordatura più a cura di Edoardo Sala Ha studiato batteria privatamente con Pietro Stefanoni, Marco Castiglioni e Franco Penatti. Svolge un’intensa attività live in ambito pop/rock e metal. Attualmente impegnato nella folk-rock band Folkstone, testimonial dei marchi Ludwig, Paiste, Remo e Vic Firth, Edoardo insegna batteria presso il Laboratorio Musicale di Lecco e il Nerolidio di Como. grave degli strumenti, una spiccata influenza sabbathiana e una produzione davvero stellare e innovativa, soprattutto per quanto riguarda la batteria di Vinnie Paul: suoni che in seguito influenzeranno in modo evidente diverse band. Il tour che segue vede la band esibirsi da headliner, non senza i primi seri problemi legati alle dipendenze da alcool e droghe del frontman Phil Anselmo, oltre a problemi di risse dei fratelli Abbott (alias Vinnie e il chitarrista Dimegab) con giornalisti e addetti alla sicurezza; tour che li vedrà passare dall’Italia solo nel 1995, dopo la fugace apparizione pomeridiano al Monsters of Rock di Bologna del 1992. Il successo del disco, con i seguenti singoli “5 Minutes Alone”, “Becoming” e la cover dei Black Sabbath “Planet Caravan”, portano i Pantera a restare diverso tempo in classifica, vincendo il primato di primo disco di metal ‘estremo’ a raggiugere i vertici; in occasione del ventennale, dell’album è uscita una versione deluxe, contenente il disco in versione rimasterizzata e un secondo disco bonus con una performance live al Monsters of Rock del 1994, oltre alla vera copertina, censurata immediatamente per via del disegno giudicato troppo violento. Seguiranno due dischi – The Great Southern Trendkill e Reinventing the Steel – prima del tanto discusso scioglimento del 2001, sui cui motivi circolano ancora voci e pareri discordanti. La carriera artistica per i fratelli Abbott proseguirà con il nuovo progetto Damageplan, fino alla tragica morte di dieci anni fa – l’8 dicembre 2004 – di Dimebag, assassinato da un fan schizofrenico sul palco, durante uno show in Ohio. La tragedia colpisce duramente Vinnie, che per un periodo di quasi due anni decide di mettersi in pausa, dedicandosi alla Big Vin, nuova etichetta di sua proprietà. Nel 2006 esce il primo disco degli Hellyeah, nuovo progetto con membri di Mudvayne e Damageplan, ormai arrivati all’uscita nel 2014 del quarto disco, Blood for Blood. 20 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 CREDITS: Phil Anselmo – Voce Dimebag Darrell – Chitarra Rex Brown – Basso Vinnie Paul – Batteria Prodotto da Terry Date e Pantera SETUP Dopo anni con Remo, Tama e Pearl – di cui si ricorda anche un rullante signature pitonato in acero da 14” x 8” – Vinnie è diventato uno degli artisti di punta della DDrum e ora usa un set custom in acero con le stessa finitura con i draghi riprodotta sul suo cappello; le misure: due casse 24” x 24”; tom 14” x 14” e 15” x 15”; floor tom 18” x 18”; rullante 14” x 8” signature. snare drum I piatti sono Sabian: 12” Ice bel, 14” AAX Metal Hi-Hats, 18” Hand Hammered Rock Crash, (2x) 20” AA Chinese, 19” AA Rock Crash, 19 e 20” AA Metal-X Crash, 22” Hand Hammered Power Bell Ride, 14” AA Rock HiHats, 20” AA Metal-X Crash. Le bacchette sono le Vic Firth Signature Series: Vinnie Paul (SVP). Le pelli sono Evans. Inoltre, per quanto riguarda l’elettronica, trigger Ddrum e pad Roland. I battenti per i pedali della cassa sono Danmar e i microfoni gli Shure. 21 Before I Forget 22 23 Unforgettable www.drumsetmag.com 18017 remembering GIANNI BRANCA Entusiasta, combatteva sempre con il sorriso sulle labbra, anche contro la terribile malattia che lo aveva colpito. Non ce l’ha fatta Gianni Branca e se n’è andato poche settimane prima del suo cinquantesimo compleanno. di Mario A. Riggio I l sorriso lo aveva sempre stampato sulla faccia, un sorriso che andava a braccetto con un entusiasmo contagioso, che gli ha permesso di raggiungere molti dei suoi sogni. Oggi lo ricordiamo attraverso le parole dei suoi amici e colleghi, tracciando anche un breve, seppur parziale profilo della sua opera musicale. “Te ne sei andato in punta di piedi – si lamenta Tullio De Piscopo - non abbiamo fatto in tempo a vederci come ci eravamo ripromessi: dovevamo fare una bella cenetta in quel ristorante di Torino che a te tanto piaceva. Vola, vola guaglio’, vola più in là del sole e più in alto ancora. Tuona coi tuoi tamburi e dipingi tutti i colori dell’arcobaleno con le tue percussioni. Mi mancherai tantissimo”. “Un gran bravo ragazzo se n’è andato – gli fa eco Ellade Bandini - come sua abitudine, in modo molto educato, in silenzio, lasciandomi senza parole. La sua tenacia, passione e gran forza di volontà mi ha sempre spiazzato affascinandomi allo stesso tempo. Tutto ciò che Gianni ha ottenuto è stato solo frutto del suo coraggio, ma il terribile male ancora una volta l’ha sfidato senza nessun rispetto togliendogli tutto, tutto tranne il suo immancabile sorriso”. Aveva iniziato tardi a suonare la batteria, a Genova con Dado Sezzi: “L’ho conosciuto nel 1988 – ricorda il suo primo maestro - quando era titolare di un’officina ripara camion, con un passato di calciatore nelle giovanili del Genoa, interrotto a causa di un grave infortunio, quando un difensore non troppo tenero gli ha distrutto un ginocchio. In un certo senso era l’allievo ideale – continua Dado - entusiasmo, energia, curiosità, costanza, determinazione e intraprendenza. Era una spugna e questo andava a compensare un non spiccato talento naturale, facendogli comunque ottenere ottimi risultati, assolutamente rispettabili nonostante si fosse avvicinato alla batteria dopo i vent’anni. Nel giro di poche lezioni fu come accendere un covone di grano e nel giro di un paio d’anni decollò”. Assetato di conoscenza, Gianni Branca decide di studiare con Sal Sofia, prima in Italia, poi negli USA. Tornato in Italia si fa subito strada in contesti creativi, con il chitarrista Armando Corsi, con cui ha realizzato dischi e video, fino a vincere il concorso Percfest per percussionisti creativi e registrare il suo primo vhs, La batteria etnica, nel 1997. La sua formula era efficace: aveva sostituito quelli della batteria con tam- 24 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 buri etnici. Ricorda ancora Dado Sezzi: “La batteria etnica, magari in modo un po’ confuso, era comunque un tentativo lodevole di evoluzione del pensiero batteristico”. “Mi aveva colpito il suo video” afferma Tullio De Piscopo. “All’epoca dell’uscita era venuto a trovarmi a Milano perché ci teneva ad avere un mio giudizio: mi piaceva il suo intento, anch’io amo questo tipo di ricerca”. “Ho conosciuto Gianni a Genova, quando era fresco del video e della tournée con Teresa Di Sio” ricorda Alex Nicoli, suo principale collaboratore e socio in didattica. Non l’ho scelto come insegnante perché era la moda del momento: mi è piaciuto il suo modo di comunicare e personalizzare la didattica. Sono partito di nuovo da zero nello studio con lui, in quanto avevo vecchi difetti da mettere a posto e mi ha fatto crescere nell’arco del tempo”. In quel periodo Gianni Branca sente la necessità di crescere ancora dal punto di vista tecnico e studia a Milano, prima al CPM, poi con Giorgio Di Tullio. “Qualcuno gli aveva fatto il mio nome e mi chiamò” ricorda Giorgio. “La prima lezione mi tirò un pacco. Dopodiché, prese una bella strigliata e si rimise in riga, si impegnò alla grande, tanto che dopo tre anni mi parlò dell’idea di scrivere un metodo per batteria tradizionale ed etnica. Così nacque una collaborazione professionale tra noi due”. Dal sodalizio Branca – Di Tullio nasce il metodo Nuovi orizzonti musicali edito da Bmg Ricordi. “Era un ragazzo di spiccata passione e generosità verso la musica e le persone” ricorda ancora Di Tullio. “Sempre alla ricerca del miglioramento, sorriso perenne da parte di un uomo che ha dato veramente tanto. Come musicista era poliedrico. Non si fermava solo a un genere musicale. Spaziava spesso alle pure percussioni per poi integrare il tutto con la batteria. Era sempre in fase di ricerca”. A fine anni ’90 si trasferisce a Collegno, vicino a Torino, dove fonda la scuola La ritmica. “Ho seguito Gianni anche a Torino – prosegue Alex Nicoli – prima come allievo, fino a che un giorno mi chiese se volevo entrare a far parte della sua associazione, coinvolgendomi nei progetti. Ho capito che mi stava offrendo un cambio di rotta della vita e ho scelto di seguire lui nella musica. Siamo cresciuti insieme, anche se su piani diversi, e ha sempre creduto in me”. A Torino, Gianni si è dedicato principalmente alla didattica, pubbli- cando diversi metodi: Etnic Drum Vernissage (1998), Nuovi orizzonti musicali (1999, co-firmato da Giorgio Di Tullio), Interazioni tra le tecniche (2000), Interplay ritmico (2003), Multiconcezione ritmica (2006), Sfera ritmica (2007), Multiconcezione ritmica II, (2008), Very Easy Drums (2010). Come musicista è riuscito a togliersi parecchie soddisfazioni, suonando dal vivo o incidendo anche con Fiordaliso, Chico Buarque de Hollanda, Billy Cobham, Ennio Morricone. È anche stato il batterista dello show Pavarotti & Friends a Kuala Lumpur, in Malesia, in cui ha accompagnato Michael Bolton. “Nel 2004 – racconta il pianista Fabio Vernizzi - mi ha chiamato per registrare il disco dei Dudà, band formata da un’idea di Gianni, Dado Sezzi e Roberto Puggioni. Da li mi chiamò per il tour di presentazione e iniziammo a collaborare in vari progetti, fra cui il Maya Quartet, con repertorio tratto dal mio cd Maya e alcuni brani suoi. Con lui ho suonato in ogni parte d’Italia, a volte davvero in condizioni estreme, e nei più grandi jazz club europei, tra cui il Blue Note di Milano e il New Morning di Parigi. Da li a poco iniziammo a collaborare col sassofonista Diego Borotti e il contrabbassista Riccardo Barbera. 25 Altri festival e un repertorio che andava più in direzione mainstream”. Cimentatosi anche come organizzatore di festival, Branca è riuscito a portare in Italia Remo Belli, il fondatore della Remo. “E’ successo quando Gianni abitava a Alpignano, paese di origine di Remo” ricorda Dado Sezzi. Gianni era un musicista decisamente eclettico. “Nel corso degli anni – ricorda Alex Nicoli –l’ho visto passare dalla sua batteria etnica al pop, rock, funky, fusion, latin e negli ultimi periodi si era spostato verso la big band e il jazz, fino a conseguire il diploma al triennio jazz a Torino”. “Era molto cambiato in senso positivo” conferma Tullio De Piscopo. “L’ultima volta che l’ho visto era con la sua piccola big band, con una bella sezione di fiati, e io lo ascoltavo da dietro il palco. Aveva acquisito un ottimo approccio dal punto di vista jazzistico e utilizzava il ride nella maniera giusta. Abbiamo suonato insieme quella sera, lui era emozionato, ci siamo abbracciati ed eravamo commossi”. Ultimamente aveva coronato un suo sogno suonando con Danilo Amerio e i Principles Sounds, con Dario Chiazzolino, Pino D’Eri e gli Yellow Jackets Russell Ferrante, Bob Mintzer e Jimmy Haslip. “Era andato a Los Angeles a re- Unforgettable GIANNI BRANCA gistrare il disco Lost in the Jungle – precisa Fabio Vernizzi - un progetto fusion con brani originali di Dario e Gianni. Un disco portentoso, che abbiamo portato in un tour europeo insieme al sassofonista Andy Sheppard”. Di quel tour resta la registrazione del concerto di Taggia (IM), il 15 luglio 2014, coronamento di una grande carriera, da cui si pensa di ricavare un cd live. “L’ho visto a fine luglio – dice amaramente Dado Sezzi - e rimanemmo con l’idea di ricostituire i Dudà quest’autunno”. “Ad agosto – conclude il suo pianista - facemmo una coda del tour dei Principles Sounds, ma Gianni purtroppo cominciava a non farcela più”. “Gianni Branca è stato una persona con i piedi per terra – chiosa Alex Nicoli con la dedizione alle cose importanti della sua vita: la famiglia, gli amici veri. Dava sempre la sua opinione in maniera diretta e non sempre questo piace a tutti. Musica e vita sono state una cosa sola per lui”. “Passavamo notti intere a parlare della vita, delle scelte – dice ancora Fabio Vernizzi - e, ovviamente, di musica. Sapevamo ritagliarci degli spazi nostri anche per stare insieme al di la del lavoro. Trovavamo sempre il modo di vederci, a Torino, a Gavi, a Diano Marina o a Genova. A volte cenavamo ad Alessandria, a metà strada. Per me era l’Amico, quello su cui potevo contare, quello che c’era sempre e per davvero”. Lasciamo il finale ad Alex Nicoli, che proseguirà a Collegno il lavoro di Gianni Branca: “È stato bellissimo vederlo fare cose incredibili come i drum circle che si svolgevano a Collegno con regolarità. Ora bisogna continuare a far funzionare la sua scuola, La Ritmica, fondata sulla personalizzazione di concetti didattici e come punto di promozione culturale. Molti ricordano Gianni con la sua musica, sarà anche compito mio raccogliere e far diventare un evento questa esigenza. Continuerò a insegnare, come docente mi è sempre piaciuto il fatto di comunicare e far crescere musicalmente ogni persona. Certamente, non mi sento abbandonato dalla spinta entusiastica di Gianni Branca, anzi, è sempre con me e con le persone che lo ricordano per quello che è”. Batterista, amico mio, quando eri giovane, al tempo in cui io sarei stato giovane ancora per poco, non mi stavi simpatico. Avevi facilità, una certa attitudine all’istrionismo ma sottendevi, con eleganza, una certa boria. Ti premiammo al concorso perché eri bravo, ma niente di più. Un giorno scrivesti un metodo, me lo inviasti e mi telefonasti per chiedermi un parere: “...avresti fatto meglio a chiedermi un consiglio prima di stamparlo, anziché chiedermi un giudizio adesso che non c’è niente da fare...” ti dissi, e tu rimanesti al telefono a sentire il mio pistolotto contro la superficialità metodologica e gli svarioni dei ’faciloni del ritmo africano’. Ti incontrai dopo qualche anno e mi meravigliai del tuo ringraziamento per le mie parole severe. Conversammo e tra le tante cose mi dicesti della tournée con gli Jellow Jackets, della tua paternità e del cancro. Poi salisti sul palco a fare il tuo, in uno show-case per la casa di strumenti che ci sponsorizza entrambi. Avevi i segni della vita sull’espressione, bicipiti grandi come otri e, come sempre, indossavi la bellezza di chi è bello davvero; nelle bacchette però, un flusso nuovo di raggiunta, matura consapevolezza. “Hai suonato benissimo!” ti dissi alla fine. “È anche merito tuo - rispondesti - mi fa bene parlare con te. Grazie Maestro”. Mi emozionai e capii a un tratto quello che non potevo capire anni prima: non avevi mai avuto la spocchia del giovane genio, ma la tracotanza di un bimbo che vince ad un gioco. Non hai mai invidiato nessuno né ti sei mai nutrito dell’invidia altrui; eri solo assetato di conferme per sentirti autorizzato a continuare il gioco che ti faceva felice. Quando ci salutammo, mi fece tenerezza l’abbraccio di un uomo adulto con la faccia da ragazzino entusiasta. Non sapevo cosa avevi imparato da me, sentii però che diventare padre e combattere la malattia erano stati i veri docenti di quel pezzo di vita e, in quell’abbraccio un po’ accorato, c’erano anche loro a stringerci. Ieri il cancro ti ha portato via, fottendosene di quanto eri bravo. Si sa, le malattie uccidono perché non sanno danzare. Abbracciami ancora Gianni, e insegnami a giocare. Massimo Carrano Spotlight www.drumsetmag.com 18018 JOJO MAYER secret WEAPONS Part II Sebbene esista tanto materiale didattico disponibilie sulla tecnica delle mani tra libri e video, non si può dire altrettanto per ciò che riguarda la tecnica dei piedi e del pedale. Jojo Mayer torna a colpire nel segno con Secret Weapons for the Modern Drummer Part Two: A Guide to Foot Technique (Hudson Limited). d i Jo e B e rg a mini/ fot o di C a rme n Ka m , H u d so n M u si c J ojo Mayer è uno dei virtuosi del drum set più rispettati al mondo, ha viaggiato per tutto il pianeta tenendo performance ed eventi didattici di ogni tipo, ma soprattutto ha realizzato il documento video definitivo sulla tecnica delle mani: Secret Weapons for the Modern Drummer: A Guide to Hand Technique, uno dei DVD più venduti della storia della batteria. Dopo un lungo periodo di ricerca e produzione, scandito da una grande attesa da parte del pubblico dei batteristi, Jojo è tornato con Secret Weapons for the Modern Drummer Part Two: A Guide to Foot Technique. La ricerca effettuata per questo video è stata incredibile e il risultato è assolutamente sorprendente: il DVD è pieno di consigli tecnici specifici e relativi alle performance, oltre a contenere anche una storia dell’evoluzione completa della tecnica, in relazione all’evoluzione del pedale inteso come ‘strumento’. Chi scrive ha avuto la possibilità di vedere con calma il DVD, trovando le informazioni talmente affascinanti, educative e divertenti da riuscire a vedere le cinque ore di programma in una sola seduta. Questo naturalmente senza contare le pause effettuate per provare immediatamente gli esercizi con i miei pedali. Questo è infatti il tipo di interesse e di eccitazione provocato da un video in cui viene trattato qualsiasi argomento che abbia a che fare con la tecnica dei piedi 28 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 29 Spotlight JOJO MAYER e del pedale e che contiene una gran quantità di performance interessanti tra una lezione e l’altra, in perfetto stile Mayer. Il DVD Jojo inizia con un’introduzione relativa alla tecnica dei piedi. Il suo approccio è quello di dividere questa tecnica in diverse sottocategorie, iniziando da quella che potrebbe essere descritta come la più elementare, per poi arrivare a quelle più complesse e avanzate. La prima a essere esplorata è la heeldown (tallone abbassato), seguita dalla heel-up (tallone alzato). Come spiega Jojo, la tecnica heel-up è di sicuro più complessa, perché utilizza diversi gruppi di muscoli della gamba durante l’esecuzione, mentre quella heel-down si basa unicamente sull’uso della caviglia come perno. Quindi, Jojo divide l’approccio heel-up in due differenti categorie secondarie, per poi procedere alla presentazione di una serie di tecniche che possono essere definite secret weapons per via dell’estremo vantaggio che danno una volta imparate alla perfezione: si tratta delle tecniche controlled release e Moeller pumping motion applicate al pedale. Non cercheremo di spiegare simili tecniche in questo contesto, perchè è assolutamente necessario vedere la spiegazione e la dimostrazione di Jojo nel video. Oltre a questo, il batterista svizzero affronta tutti i temi e i problemi di cui volevo sentir parlare: se lasciare o meno il battente attaccato alla pelle della cassa, il controllo delle oscillazioni, le questioni della fatica, della velocità e molto altro ancora. Jojo spiega anche qual è il suo approccio personale e tutto ciò che fa, ma dà anche dei consigli a tutti quei batteristi che adottano tecniche diverse, un approccio eccezionale a livello educativo e didattico. Dopo la sezione dedicata alla tecnica, Jojo parla della storia del pedale. Tutte le notizie presenti in questa sezione sono tratte dalle ricerche effettuate da Jojo, che includono l’aver acquisito la maggior parte dei modelli di pedali storici utilizzati sin dal primo brevetto registrato dal suo inventore verso la metà del 1800. Questa analisi storica risulta molto interessante, perchè si collega perfettamente e in maniera profonda alla storia della batteria e allo sviluppo dello strumento: ogni nuovo progresso nella tecnolgia del pedale ha infatti favorito la nascita di approcci differenti nel modo di suonare. Risulta così interessante scoprire quail avanzamenti nel design del pedale siano in sincronia con certi stili musicali. Per esempio, Jojo fornisce una delle analisi più profonde del modo di suo- JOJO MAYER Secret Weapons For The Modern Drummer Pt. 2: A Guide To Foot Tecnique Hudson Limited - www.hudsonmusic.com L’attesa è finita… Finalmente è arrivato quello che è di sicuro il DVD più atteso degli ultimi anni e che segue il successo incredibile del precedente video dedicato alla tecnica degli arti superiori, uscito nel 2007. Identico il titolo, che differisce solo nella seconda parte: A Guide To Foot Tecnique. Dopo aver visto ed esaminato con attenzione questo nuovo triplo DVD, l’impressione è quella di trovarsi davanti a quello che si definisce un Instant Classic, un video che appare destinato a diventare un classico, e uno dei più importanti nella storia dei video didattici. Jojo qui analizza tutto, ma proprio tutto ciò che riguarda il pedale, argomentando ogni capitolo con grandissima profondità e con un suo modo di porsi che ormai è diventato una vera e propria caratteristica del suo personaggio. Attraverso una visualizzazione allo stato dell’arte e un’ambientazione decisamente originale, come quella di uno spoglio loft newyorchese, Jojo Mayer ci guida passo dopo passo alla scoperta della tecnica del pedale, rivolgendosi ai batteristi di qualsiasi livello; ci parla di ogni aspetto della tecnica degli arti inferiori e dei pedali intesi come strumento, oltre a rivelarci per la prima volta il modo di lavorare sulla sua tecnica personale, con grande dovizia di particolari. Le quasi cinque ore di durata dei tre DVD scorrono via in maniera davvero fluida senza mai annoiare, proprio grazie a un metodo informativo serio e divertente al tempo stesso, e catturano lo ‘spettatore’ tenendolo costantemente incollato allo schermo. I contenuti includono le tecniche fondamentali heel-down e heel-up, il suonare “in” e “out” rispetto alla cassa, il pivot, le tecniche ibride (double stroke), la constant release, gli esercizi rebound/dislocated relativi alla molla, la rocking motion, la swiveling technique, la heel-toe technique, la Mayer power slide, gli esercizi sul grouping, la Moeller pumping motion, e le tecniche personali di Jojo Mayer definite secret weapons. Davvero interessante la scelta di includere una discussione completa sulla storia del pedale per cassa, compresa la sua anatomia e una guida sulla regolazione nei minimi dettagli. La discussione si estende alla scelta e all’influenza del tipo di scarpe sul modo di suonare, alla differenza tra singolo e doppio pedale, oltre a un’analisi completa della storia dello hi-hat e delle relative tecniche d’uso. La sezione degli ‘extra’ - che si possono definire fondamentali -include argomenti relativi a velocità, controllo, gestione delle vibrazioni del battente sulla pelle, bilanciamento sullo sgabello, altezza relativa e postura e coordinazione tra singoli e doppi colpi. Ultime, ma non ultime le performance: c’è di tutto, dalle esibizioni dei Nerve in formazione rinnovata agli street groove, fino ad arrivare a un’incredibile esibizione con un ballerino di tap dance, con tanto di scambi finali… Un prodotto fantastico sotto ogni punto di vista, che unisce l’estrema qualità tecnica audio/video, all’incredibile spessore dei contenuti; un classico da possedere, vedere, analizzare, e studiare all’infinito… Well done Jojo! Bob Baruffaldi 30 31 nare di Chick Webb, con specifico riferimento alla sua tecnica dei piedi, che si siano mai viste. Naturalmente, Jojo è molto chiaro su quali siano i cambiamenti che lui considera dei veri ‘avanzamenti’ e quali rappresentano invece delle ‘regressioni’ (che sono tante). Jojo spiega nei dettagli anche lo sviluppo e le caratteristiche del suo Perfect Balance Pedal, disegnato in risposta alle sue ricerche e alle sue scoperte. Nel terzo disco troviamo infine una panoramica completa e dettagliata della tecnica per suonare lo hi hat con il piede, strutturata allo stesso modo delle sezioni relative alla tecnica del pedale della cassa. La storia e lo sviluppo dello hi-hat vengono discusse in profondità e viene fornita una nutrita serie di esercizi. C’è anche una sezione molto utile in cui viene discusso tutto ciò a cui fare attenzione nella scelta di un buon supporto per hi-hat. La quantità di informazioni a disposizione in questo package sarà ovviamente molto utile a tutti gli insegnanti e agli studenti. Sebbene il DVD contenga informazioni di livello molto avanzato, un insegnante potrebbe con profitto assegnare i diversi capitoli dalle sezioni heel-up e heel-down a uno studente proncipiante per iniziare a esplorare la tecnica degli arti inferiori. Si può lavorare con il solo video, oppure considerarlo come un supporto per i diversi libri scelti dall’insegnante per sviluppare l’uso dei piedi. Ci sono degli esempi presi dai libri più usati per insegnare, che si posso usare insieme al DVD: Stick Control, Syncopation, The Encyclopedia of Double Bass Drumming, Pedal Control, Realistic Rock, The Art of Bop Drumming, The Commandments of R&B Drumming o qualsiasi altro libro adeguato. Nel loro complesso, i due DVD realizzati da Jojo rappresentano un sistema completo per la tecnica, che fornisce a ogni batterista una guida, dei riferimenti e i metodi di individuazione e risoluzione dei problemi relativi a qualsiasi area tecnica sulla quale vogliano lavorare. L’INTERVISTA Qui di seguito c’è una breve intervista con Jojo, in cui si discutono in maniera più dettagliata la genesi e i contenuti del suo nuovo Secret Weapons for the Modern Drummer Part Two: A Guide to Foot Technique. Le tue spiegazioni sono molto chiare. Fai l’insegnante o hai mai fatto lezioni di batteria? In realtà sono un autodidatta che non ha mai avuto un training formale sulla batteria. Nel corso dei miei anni di scuola ero - e probabilmente lo sono ancora - in ritardo rispetto a gran parte del ‘sistema’ accademico. Quindi, ho sviluppato molto presto un mio sistema di acquisizione e di analisi delle informazioni, sviluppando una coscienza più elevata attraverso l’osservazione, l’ascolto e la memorizzazione. Questo mi riporta alla mia infanzia, quando assorbivo ogni genere musicale che mi girava intorno, come una vera spugna: ricordo ancora una dozzina di jingle televisivi assolutamente irrilevanti… E quindi ho imparato osservando, ascoltando e imitando. Non ho mai lavorato con tanti libri (a parte lo Stick Control) o con i rudimenti. Quando avevo dodici anni ho trascritto e memorizzato tutti gli assolo di Billy Cobham che sentivo e ho sfruttato tutte le occasioni che ho avuto di andare a vedere un buon batterista in concerto. Il mio sistema di insegnamento si basa quindi sull’osservazione, l’analisi e l’imitazione: il sistema più naturale di imparare! Ciò ha dato il via a tanti anni di intense analisi e di introspezione, che mi hanno spinto forzatamente a chiarificare ogni cosa per la mia comprensione personale. Da adulto ho continutato a raffinare questo ‘sistema’ per poter comunicare con il mondo esterno. Molti anni fa ho insegnato regolarmente per riuscire a mettere insieme 32 0G Spotlight JOJO MAYER il tutto. Oggi non ho più il tempo di insegnare privatamente. Quanto tempo ci è voluto per la pianificazione e per la ricerca del materiale? Ho iniziato a lavorare sul copione nello stesso periodo in cui scrivevo Secret Weapons I, ma l’ho subito lasciato indietro perchè ero subissato dall’incredibile quantità di informazioni da analizzare riguardo la tecnica delle mani. Ho ricomnicato a lavorare su Secret Weapons II circa sei anni fa. Nel corso degli anni, il copione ha continuato a cambiare e a trasformarsi, diventando sempre più grande. Sebbene io abbia utilizzato alcune formule usate con il primo volume, mi sono scontrato con una serie di nuove sfide che mi hanno indotto a riscrivere completamente il secondo volume più di una volta. Uno dei problemi principali era la mancanza di un vero protocollo relativo alla tecnica dei piedi. Nel corso delle mie ricerche, sono arrivato a realizzare che, in comparazione con la tecnica delle mani – che ha un protocollo che include oltre quattrocento anni di marching band, storia militare, musica classica e jazz – avevamo a disposizione solo cento anni, a partire dall’introduzione del pedale per batteria. Non sono riuscito a trovare una sola teoria unificante a proposito della tecnica dei piedi. Tutto quello che sono riuscito a trovare è solo una serie di opinioni. Quindi, con Secret Weapons I avevo circa il 70% di protocollo ufficiale e il 30% di mie idee personali, mentre con Secret Weapons II è successo il contrario: il 30% di protocollo e il 70% del mio contributo basato sulle ricerche personali. In pratica, sono andato alla ricerca di un punto zero da fissare come punto di negoziazione da cui potesse partire una vera discussione sul pedale. Come hai fatto a effettuare le ricerche sui diversi modelli di pedali e sul relativo equipaggiamento? Senza dubbio le mie ricerche hanno puntato l’attenzione al passato e al modo in cui i pedali e la relativa tecnica si sono evoluti. Sfortunatamente, molta della conoscenza in questo campo è andata perduta tra gli anni Cinquanta e Sessanta: nessuno si è mai preso cura di documentare il modo in cui alcuni virtuosi come Chick Webb usavano i loro pedali. Quindi, lo studio della musica e dei pedali vintage sono stati necessari per ricostruire e sbloccare alcuni di questi misteri. Durante questo processo, ho anche parlato di tutto quanto con dozzine di persone di tutto il mondo. Gran parte di queste ricerche hanno anche contribuito a creare parte del DNA che sta dietro al design del mio pedale, il Sonor Perfect Balance. Quando si tratta del design di un pedale e dell’approccio generale alla relativa tecnica, abbiamo bisogno di evolverci rispetto allo stato primitivo di uomini delle caverne e di raggiungere lo stato in cui siamo con la tecnica delle mani. Dove hai preso tutti quei pedali vintage? La maggior parte di essi sono acquisti personali degli ultimi vent’anni, ma gli altri mi sono stati generosamente prestati da collezionisti, amici batteristi e negozi vintage. C’è stato un processo di ricerca specifico per ciò che riguarda la tecnica, oltre alla tua personale esperienza? Hai consultato per esempio altri batteristi, libri, eccetera? Facendo la considerazione che ho imparato (e continuo a farlo) guardando e ascoltando gli altri musicisti e batteristi, sono Latin-Rhythms Master drummer & percussionist. Key-Teacher Yamaha drums courses (Italy), Preparazione esami metodo Yamaha. Corsi di Batteria & percussioni per ritmi afro/sudamericani e nordamericani con metodologie e strumenti all’avanguardia. Corsi Yamaha Drums - attestati e diplomi ufficiali, con riconoscimento internazionale, rilasciati da Yamaha Music Foundation (JAPAN). orionpercussion la scuola di Alex Battini de Barreiro Via Jacopo Palma 11 - 20146 Milano 02.48702354 - 02.36565371 e mail: [email protected] www.alexbattini.com 33 0 GRA ORION adv mezza pagina new.indd 1 ci trovi anche su: 22/11/11 18.11 state la mia esperienza personale e le mie ricerche che mi hanno portato a suonare il pedale nel modo in cui lo faccio oggi. Devo dar credito però a Freddie Gruber, che mi ha mostrato la tecnica constant release, che dimostro sul DVD. Questo tipo di approccio mi ha aperto molte porte. Hai qualche consiglio per gli insegnanti riguardo all’uso del DVD? Osservate! Metteteci la testa e la vostra creatività! Sebbene io miri ad aiutare le persone a diventare musicisti e batteristi migliori, mi renderebbe felice se almeno parte di ciò che c’è nel DVD ispirasse qualcuno a sviluppare una soluzione migliore. Ciò che è contenuto in questo DVD è il meglio che ho potuto fare, ma qualsiasi cosa può essere messa in discussione se c’è una soluzione migliore. Per me va bene. Credi che gli studenti debbano imparare le tecniche nello stesso ordine in cui appaiono nel DVD? Non necessariamente. Va bene anche curiosare e fermarsi sul punto voluto; puoi sempre tornare indietro se ciò che trovi appare troppo difficile. Come ho già detto, siate creativi e cercate di divertirvi con il DVD. Quello a cui miro è cercare di aprire la mente della gente riguardo al loro approccio nell’acquisire le conoscenze personali. Io sono assolutamente anti-dogmatico e assolutamente a favore della curiosità e dello scetticismo. Non è necessario imparare alla perfezione tutte queste tecniche. Alla fine, voglio che la gente capisca ciò che voglio dire e che poi vada oltre e crei la propria versione. Una delle ragioni principali per cui la cultura batteristica dell’Occidente ha fallito nello sviluppo di altri strumenti è perchè è stata spinta da ciò che i militari hanno sempre sostenuto: non fare domande/esegui gli ordini. I rudimenti... LRLRLR, bla, bla, bla. Tutto questo deve cambiare, se vogliamo elevare la nostra cultura in futuro. Come hai scelto le locations per le sezioni relative agli assolo? Sono state girate in stile guerrilla? Contrariamente alle parti didattiche scritte in maniera molto meticolosa, queste sono state invece girate totalmente in stile guerrilla: giravamo in macchina, trovavamo un posto che ci sembrava adatto, scaricavamo la batteria, pronti, via, azione! Rimettavamo tutto in macchina e via, alla ricerca di un’altra location. Devo dire che la maggior parte delle cose che abbiamo fatto in questa fase vengono dal genio del mio produttore, Marco Tempest, che è molto bravo in questo. Hai mai avuto per conto tuo dei problemi tecnici specifici, come quelli di cui parli nel DVD? Naturalmente. Altrimenti non potrei mai sapere di cosa sto parlando. Bob Baruffaldi Lezioni individuali di batteria personalizzate IL CONTROLLO TOTALE DEL SUONO, IL GROOVE, LA TECNICA - Il groove nei suoi molteplici aspetti, e la relativa contestualizzazione all'interno dei diversi stili, unitamente alle relative caratteristiche tecniche e sonore. - La pratica, la teoria e lo studio della tecnica con l'ausilio di metodi e trascrizioni originali, e di quelli più importanti a livello internazionale. -La fondamentale importanza del suono, la conoscenza e l'accordatura dello strumento in situazioni live e di studio, secondo l'esperienza di drum tech per batteristi del livello di Vinnie Colaiuta, Virgil Donati, Steve Smith, Gregg Bissonette, Mike Portnoy. Lezioni a Roma e Albano Laziale Contatti: www.facebook.com/bobthedrummermusic [email protected] 34 bobthedrummer.bandcamp.com youtube.com/user/bobbaru!aldi ZILDJIAN_SL_Mangini_ZBT_ZHT_Sticks-210x280.indd 1 08/05/14 15:32 FaceToFace WALTER CALLONI www.drumsetmag.com 18019 RICOMINCIO DA Sly & the Family Stone Partire dagli anni ’70 è quasi un obbligo quando si ha di fronte Walter Calloni, uno che ha segnato profondamente il suono dell’epoca, e ancora oggi continua a essere un punto di riferimento per i batteristi del nostro Paese. Te s t o e f o t o d i M a r i o A . R i g g i o D iamo uno sguardo alla musica italiana: alcuni artisti che hanno fatto gli anni ’70 sono ancora in giro e, guarda caso, ripropongono i successi di quell’epoca. Qualche nome: Eugenio Finardi, Gianna Nannini, PFM, Area, tutti artisti che all’epoca d’oro suonavano con Walter Calloni alla batteria. “Se abbiamo ancora bisogno di quella musica – afferma Walter Calloni - vuol dire che in questi anni non è successo nulla. In realtà non vogliono che succeda nulla, ci sono un sacco di talenti che rimangono chiusi nelle loro cantine”. Nostalgia? Forse, ma con i piedi per terra: “Quel periodo ha permesso di esprimerci, di suonare, ma sono stati tempi violenti”. Quella dei musicisti degli anni ’70 era una generazione che credeva in qualcosa. Musicalmente sono nato nel periodo più politico. Per la nostra generazione era naturale far sentire la propria voce. Con Finardi e Camerini suonavamo dopo le assemblee. Ha senso ancora oggi il legame fra arte e impegno politico? C’è uno stretto legame fra musica e impegno sociale, da sempre. Per me è dunque naturale prendere posizione e non essere qualunquista. Anche oggi la nostra musica può influenzare le giovani generazioni. Guarda il lavoro di sensibilizzazione che ha fatto Bono Vox: anche noi nel nostro piccolo possiamo farci ascoltare dai ragazzi, che oggi sono molto attenti. Paradossalmente, negli anni ’70, il momento più violento ha coinciso con una crescita della qualità della musica in Italia. C’è una ragione: con Santana e i Led Zeppelin ci sono stati incidenti e gli artisti stranieri non sono più venuti in Italia. Questa è stata una grossa occasione che ha permesso a noi di crescere, perché la musica poteva essere solo italiana. Una grande opportunità, quindi. Io, Agostino Marangolo, Tullio De Piscopo ed Ellade Bandini abbiamo avuto delle possibilità e ci siamo fatti conosce- 36 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 re. Negli Area, è stato Demetrio Stratos a credere a un ragazzino sconosciuto di sedici anni. Lucio Battisti è passato dallo studio dove stava registrando Claudio Pascoli e gli ha chiesto: “Chi sono questi ragazzini? Portameli in sala domani che suoniamo un po’ insieme”. Ci hanno dato delle opportunità. E oggi? La musica rispecchia la fotografia sociale del paese. Non c’è più la classe media, ci sono gli artisti che fanno gli stadi e quelli che fanno i club. In mezzo il nulla. Poi c’è il nuovo trend: sembra che in Italia i batteristi non sappiano suonare pop o rock. Chiaramente non è così. Tiziano Ferro, Jovanotti, Biagio Antonacci, Laura Pausini, come mai non usano musicisti italiani o stranieri residenti in Italia? È una storia vecchia, ma oggi l’esterofilia è più diffusa fra gli artisti. Ligabue aveva il suo gruppo, i suoi vecchi amici, e funzionava. Ora è più mollo. Pausini ha fatto un dvd stupendo con Maxx Furian. Persino Elisa, ora. Vasco è stato portato al successo dagli italiani: Lele Melotti, Daniele Tedeschi. Anch’io ho fatto qualcosa in “Una splendida giornata”. Vasco riempirebbe gli stadi anche solo con chitarra e voce, perché ha un batterista straniero? Ho sempre sognato che Vasco Rossi facesse delle audizioni dando spazio ai grandi talenti che ci sono in Italia. Tanto la gente non sa che il batterista è straniero, questi sono solo sfizi da miliardari viziati. Beh, c’è anche qualche artista in controtendenza. Pino Daniele, dopo tanti anni con gli stranieri, è tornato con gli italiani. Meno male, quello è il suo suono, lo ha recuperato. Però a volte le collaborazioni danno ottimi risultati, tu stesso hai detto che la band di Pino Daniele con Steve Gadd e Mino Cinelu era strepitosa. Collaborare va benissimo, ma facendo come oggi leviamo le possibilità ai nostri ragazzi. Negli anni ’70 io suonavo tantissimo con musicisti stranieri che stavano qui, Karl Potter, Hugh Bullen, Kelvin Bullen, Peter Guidi. Pagavano le tasse qui, non andavano poi nel loro paese a parlar male dei nostri artisti. Più spazio ai nostri ragazzi, quindi? Gli artisti oggi non danno opportunità ai nuovi talenti e di talenti ce ne sono tanti in Italia. Li vedo facendo le mie masterclass. Dovremmo fare come in Francia e in Olanda, dove le reti radio e tv sono obbligate a trasmettere una larga percentuale di musica prodotta nel proprio paese. In televisione abbiamo i talent show, ma forse è meglio glissare sull’argomento. In Italia l’unico modo per farci conoscere è la televisione. Manca la banda larga. A New York la tv è finita, è tutto in Rete. Io credo molto nella Rete. I giovani, quindi, hanno grandi possibilità in più per imparare. Noi andavamo con il taccuino a vedere Elvin Jones, facevamo il disegno della mano per capire l’impugnatura e studiarla. Oggi con YouTube puoi informarti in tempo reale sulle tecniche. Se cerchi “Tecnica Moeller” puoi vedere immediatamente come si fa. Molti 37 studenti preferiscono guardare chi fa i numeri, quello che fa il rullo con una mano sola o quello che si mette quattro bacchette nel naso. JoJo Meyer afferma di aver imparato a fare i numeri con le bacchette solo per attirare l’attenzione della gente nei negozi di strumenti e nelle fiere. Questa è l’importanza dei numeri da circo. Non conta nulla. A proposito di didattica, ora hai aperto una nuova scuola. Sì, la Funky Town di Milano, con Giorgio Palombino, Roby Ferrante, Roberto Tiranti, Laura e Lisa Francia. Siamo in via Illirico, vicino a Lambrate. Come sei passato dalle lezioni private alle scuole? Stavo provando per il disco Pfm? Pfm! E tutti i giorni alle sei me ne andavo dalle prove per dare lezione. Il chitarrista Franco Mussida mi ha chiesto dove andassi tutti i giorni alle sei. All’epoca non c’erano molte scuole in Italia, c’era Franco Rossi con l’Accademia di Musica Moderna. Così è nato il CPM. Gli insegnanti eravamo io, Mussida, Claudio Pascoli per il sax, Ares Tavolazzi per il FaceToFace WALTER CALLONI basso. Allora c’era molto entusiasmo per la didattica, oggi ci sono poche possibilità di suonare dal vivo proponendo musica propria, per questo molti bravi musicisti si dedicano alla didattica. Siamo arrivati al paradosso che ci sono più scuole che locali. Un po’ di anni fa ti eri appassionato alle ritmiche afro, in particolare ai metodi di Mokthar Samba, il batterista degli Ultramarine. Mi piacevano molto gli Ultramarine e le loro ritmiche. Le ho ascoltate molto a Parigi, la capitale della contaminazione. Ascoltavo e me le scrivevo, chiedendo ad altri batteristi, come Felix Sabal Lecco, di spiegarmi l’accentazione. Lui mi rispondeva di suonare con il cuore. Sì, ma l’accentazione? Alla fine ho scoperto che era il secondo della terzina. Anche Christian Meyer ha imparato questo in Madagascar. Prima ha interpretato come il battere, ed era tutto difficile, poi quando ha capito che era il secondo colpo della terzina si è aperto un mondo. Poi ha usato queste ritmiche anche con Elio, nel brano “Parco Sempione”. Oggi mi piace Chris Dave, che lavora su poliritmia e i cambi metrici. È la prosecuzione naturale di quanto ho imparato dalle poliritmie africane. È meno fusion, meno improvvisazione, meno melodia. Tu avevi incominciato con le contaminazioni all’epoca dell’etichetta Cramps, nei primi anni ’70. È stato il periodo più bello, una grande etichetta, una grande famiglia, un grande centro culturale. All’epoca le case discografiche ti davano la possibilità di farti conoscere, Cramps invece ti faceva crescere culturalmente. Ci trovavamo lì anche solo per parlare di cultura, incontravamo Steve Lacy, c’erano sempre Demetrio Stratos, John Cage, i futuristi, era come andare a scuola. Grazie alla Cramps, quando Ares Tavolazzi e Giulio Capiozzo sono andati a suonare con Mingardi, Demetrio Stratos mi ha chiamato con gli Area. Lì hai iniziato una grande carriera. Ora, però, da lungo tempo hai smesso di fare tournée. L’ultimo tour, che ho nel cuore, è stato quello di Ivano Fossati. Avevo le elettroniche mescolate alle batterie acustiche, funzionava benissimo. Poi mi sono fatto male sciando e Ivano si è arrabbiato tantissimo. Avevo gli sci fissi in macchina, era la mia grande passione. Ci andresti ancora in tour come session-man? Probabilmente sì, con Miles Davis, Hendrix, Zawinul. Spero per le nuovi generazioni, i grandi tour li devono fare i miei allievi. Io ho smesso in tempi non sospetti, negli anni ’90 ho detto no a Masini e ad altri; lì mi hanno tagliato fuori. Nello show business non puoi dire no. Ma negli anni ‘90 suonavo tantissimo con i miei gruppi, in particolare con Linea C. Guadagnavamo bene, quindi i tour non mi interessavano. Oggi suoni con gruppi tuoi? Ho un trio, il Combo Funk, con Luca Dell’Anna alle tastiere e Luca Pasqua alla chitarra: abbiamo rivisitato alcune cose di Sly & the Family Stone e The Meters. Un genere musicale che mi ha fatto conoscere Hugh Bullen, un bassista di Trinidad e Tobago. Era la mia passione. Oggi abbiamo riarrangiato tutto strumentale, ho ripreso quei groove, con molto spazio all’improvvisazione, è una contaminazione fra vari linguaggi. Amo la contaminazione, l’ho sempre dimostrato con i miei gruppi, da Chandé a Linea C. Sono nato con la contaminazione, il primo jazz rock, nel periodo di Bitches Brew di Miles Davis. Poi c’è Drummeria, il quintetto di batteristi insieme a Ellade Bandini, Paolo Pellegatti, Christian Meyer, Maxx Furian. Abbiamo fatto un disco della Drummeria insieme ad alcuni componenti dell’orchestra della Scala di Milano. Il nostro sogno è riuscire a fare un concerto alla Scala. È difficilissimo: siamo già in difficoltà per riuscire a riunire noi cinque a causa degli impegni di Christian Meyer ed Ellade Bandini, poi ci sono i musicisti della Scala, che sono sempre in giro per il mondo. Ma ci riusciremo. Lo spettacolo di Drummeria meriterebbe di andare in televisione. Abbiamo proposto lo spettacolo al Musichione, il programma di Elio su RAI 2, ma non abbiamo aiuti esterni. Christian Meyer si è scontrato con gli autori televisivi, ha dovuto faticare per- LA DRUMMERIA I musicisti del Teatro Alla Scala featuring La Drummeria Nadir; Audioglobe Distribution Realizzare un disco con un’orchestra sinfonica alle spalle ha rappresentato, a partire dagli anni Settanta, un vero e proprio sogno nel cassetto per numerose rock band, anche di grande spessore. Quasi come se, poco convinti della bontà della propria musica, alcuni artisti cercassero una sorta di legittimazione ‘dall’alto’, rivestendo le proprie composizioni di arrangiamenti spesso tronfi e inutilmente pesanti. Non è -fortunatamente - questo il caso del disco in questione, né poteva essere altrimenti, considerando sia lo spessore dei professori della Fondazione Teatro alla Scala sia il talento e il curriculum dei cinque componenti del gruppo La Drummeria (Ellade Bandini, Walter Calloni, Maxx Furian Christian Meyer e Paolo Pellegatti). Dall’incontro tra due eccellenze ‘collettive’ italiane scaturisce infatti un album singolare, originalissimo, una miscela unica di musica colta e popolare (nell’accezione anglosassone dell’aggettivo), con efficaci arrangiamenti ad hoc di brani classici che si alternano a composizioni originali, dalla componente ritmica immancabilmente - e felicemente - sviluppata. Un album ambizioso e intelligente, che speriamo possa venir proposto dal vivo al più presto, anche per avvicinare ulteriormente due mondi - e i relativi pubblici - sino a pochi anni fa considerati erroneamente agli antipodi. Eccellente! (Alfredo Romeo) 38 sino per avere Tullio De Piscopo, un’eccellenza italiana e un grande artista di livello mondiale. Abbiamo degli autori attenti allo share e non al lato artistico. C’è una caratteristica del tuo modo di suonare che mi ha colpito fin dai primi tempi: il charleston suona sempre. Ci sono due scuole, una più fisica, tipicamente black, con il bilanciamento dei quattro arti. Secondo questa scuola, il piede va sempre mosso, anche se non si suona. Omar Hakim usa questa tecnica. Poi c‘è la scuola alla Gadd, dove il tempo è mentale. La suddivisione va tenuta mentalmente, anche nei tempi lenti, dove hai sempre a mente il riferimento. Io sono influenzato dai batteristi black, è tutto fisico e il charleston è continuo. Quando faccio i fill il suono del charleston aiuta a mantenere la stessa frequenza acustica. Come vedi la situazione musicale di oggi? Il pubblico ha molte sfaccettature. Mi piaceva la varietà del festival dell’isola di Wight, dove vedevi insieme Sly & the Family Stone, Jimi Hendrix e Miles Davis. Ai festival di oggi vedo Modà, Vasco Rossi e Linkin Park. È un tipo di varietà in po’ strana: preferivo prima. 39 FaceToFace RICH REDMOND www.drumsetmag.com 18020 la versatilità È LA CHIAVE Andiamo a conoscere un musicista assai ben inserito nel mondo musicale a stelle e strisce, votato nel 2010 dai lettori della rivista Modern Drummer come miglior batterista e clinician nella categoria Country Music, che ha da poco dato alle stampe un metodo didattico destinato ai bambini, divenuto un best seller Oltreoceano. di Alessandro Inolti O riginario del Connecticut, Rich Redmond ha conseguito un Master Degree nel 1995 presso l’University of North Texas, per poi trasferirsi a Nashville. Collaboratore in tour o in studio di registrazione di artisti quali Ludacris, Kelly Clarkson, Bryan Adams, Luke Bryan, Eric Church, Joe Perry (Aerosmith), Jewel, Miranda Lambert, Kid Rock, The Pointer Sisters, John Eddie, Pam Tillis, Susan Ashton, Deana Carter e tanti altri, Redmond ha avuto una nomination per i Grammy Awards per il lavoro svolto al fianco di uno dei più importanti e famosi artisti country rock, Jason Aldean. A capo di un team di produzione chiamato New Voice Entertainement (che ha lanciato artisti quali Thompson Square e Parmalee), collabora mensilmente con le riviste Modern Drummer, Drum! e Drumhead. Il suo libro FUNdamentals of Drumming For Kids ha vinto il premio Best In Show durante l’edizione estiva del NAMM 2014. Com’è la scena musicale a Nashville? La scena musicale a Nashville è molto attiva. C’è molto lavoro sia per un touring musician che per un recording musician. Nashville è anche la capitale mondiale di songwriting e se si vuole imparare come si crea e si suona una canzone potrebbe essere una buona mossa trasferirsi qui! Quant’è importante la Country Music nel mondo del music business? La musica Country e l’Hip Hop sono i generi più popolari nelle radio e i più richiesti sia come download sia come vendita di biglietti per i concerti. La musica Country è uno dei pochi generi che ha una base di fan fedeli e può venedere circa tra i 20.000 e i 60.000 biglietti in tutti gli Stati Uniti d’America. Parlaci del lavoro e del ruolo del batterista a Nashville oggi. Il ruolo del batterista a Nashville non è differente da quello che ha negli altri stili. Un batterista deve assicurare la struttura ritmica della canzone. Un grande batterista è quel musicista che riesce a far aumentare il valore della canzone, dà sicurezza alla band ed è musicale! Quali abilità sono necessarie per diventare un batterista professionista? La versatilità è la chiave. Più generi musicali conosci e sai suonare, maggiori saranno le possibilità di suonare con artisti di alto livello. Saper leggere musica 40 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 puoi aiutarti ad emergere dalla grande competizione e a darti una possibilità in più. Ovviamente bisogna avere una base forte come conoscenza musicale e tecnica. Ma è veramente importante imparare a relazionarsi con le altre persone e sapere prendere le giuste decisioni. In poche parole: saper leggere musica, saper suonare diversi stili, sapere suonare con le click tracks e i loop e saper suonare con gli altri. So che sei molto attivo anche sul versante didattico e che, a questo proposito, hai sviluppato un evento chiamato The CRASH Course For Success (che in italiano potremmo tradurre come Corso accelerato per il successo, NdR): puoi dirci qualcosa in proposito? Certo! Grazie per avermelo chiesto. Si tratta di un incontro musicale ad alta energia e tasso di motivazione. CRASH è un acronimo che sta per Commitment (impegno), Relationship (capacità di relazionarsi), Attitude (atteggiamento), Skill (capacità) e Hunger (fame). In questo incontro parlo di come bisogna prendere il proprio mestiere: con serietà e massimo impegno; della capacità di coltivare e saper mantenere le relazioni; dell’importanza di avere un atteggiamento vincente; della necessità di sviluppare le proprie abilità e di nutrire una costante ‘fame’ per il nostro scopo di vita: tutto questo vi aiuterà a raggiungere il successo nel mondo della musica e non solo. Nei miei incontri parlo anche di importanti competenze musicali quali sapere leggere la musica, la conoscenza degli stili, del mio concetto di Money Beat, del sistema dei numeri di Nasvhille, della creazioni di chart, di come suonare in studio, ottenere e affrontare ingaggi, di utilizzo delle percussioni a mano e dell’elettronica e offro anche suggerimenti mentali e di business per lo sviluppo di una lunga carriera nell’ambiente. Come ti prepari per un tour? Vuoi darci qualche consiglio? Solitamente la band fa una settimana di prove prima del tour. Alcune band provano per molto più tempo, ma noi suoniamo da molto tempo e una settimana è quello di cui abbiamo bisogno (Redmond parla della band di Jason Aldean, NdR). Suono con questa sezione ritmica dal 2000. Decidiamo una setlist e la suoniamo per otto ore, fino a quando non entra perfettamente nella memoria muscolare. Controllo che tutto il mio equi- paggiamento sia in buone condizioni, compresi anche piatti, pedali e rullanti di scorta. Mi assicuro di avere una buona scorta di pelli, bacchette e strumenti pronti per il tour! I nostri tour sono normalmente distribuiti in un periodo di 10 mesi, con 80-100 date negli States. Fare un tour significa preparazione e poi esecuzioni, dovete essere disposti a fare la stessa cosa tutti i giorni. La consistenza del vostro playing e il vostro atteggiamento sono molto importanti! Vuoi parlarci del tuo drumset e dei tuoi sponsor? Lavoro con DW Drums da circa due anni. Ho una splendida Collector’s Series in acero finitura Black Ice e hardware Satin: la cassa è una 24”, i tom sono 13”, 16” e 18”. Uso un rullante in acero da 14” x 5” e un altro come riserva. Utilizzo la serie 9.000 per doppio pedale e hardware. Le DW suonano veramente bene e hanno il migliore hardware, affidabile e robusto. Io suono molto forte e questa batteria assorbe l’impatto sempre con il sorriso! Haha! Starò con DW fino alla fine! (Redmond utilizza inoltre piatti Sabian, pelli Remo, bacchette Pro-Mark, microfoni Audio Technica, pad elettronici Roland, trigger Ddrum e diverse 41 marche di percussioni). I tuoi piani per il futuro? Sono un grande sostenitore della necessità di impostare tutti gli obiettivi a breve e lungo termine. Negli anni che seguiranno continuerò a fare tour e a lavorare in studio di registrazione con Jason Aldean, a produrre e suonare con la mia casa di produzione (New Voice Entertainment), oltre a suonare la batteria e le percussioni sui dischi di altri produttori, artisti e cantautori di Nashville. Scrivo anche canzoni, quindi il mio obiettivo è registrare le mie canzoni cantate da altri artisti. Inoltre ad aprile 2014 è stato pubblicato dalla casa editrice della rivista Modern Drummer il mio primo libro/dvd chiamato FUNdamentals of Drumming for Kids, pensato per bambini dai 5 ai 10 anni. Sto progettando alcuni prodotti signature con alcune delle mie aziende e sponsor. La crescita del mio lavoro di online drum tracking e cercare di suonare di più a Los Angeles sono altri obiettivi che mi sono prefissato. C’è sempre molto da fare! Grazie per aver parlato con me www.richredmond.com FaceToFace RICKY TURCO www.drumsetmag.com 18021 la didattica TRA INNOVAZIONE E TRADIZIONE La grande esperienza nel campo della didattica ha condotto il musicista veronese a realizzare i due metodi Modern Drums Institute, livello base, pubblicato lo scorso ottobre, e livello intermedioavanzato, di imminente uscita: un progetto che sviluppa la metodologia del MDI, la sezione di batteria del network didattico Modern Music Institute. di Marco Rebuzzi E ntrambi i volumi sono corredati di DVD con esempi dimostrativi e di basi minus-one in formato MP3 e appartengono alla collana Modern Music Institute delle Edizioni Volontè & Co. Ricky Turco, infatti, oltre a essere da anni Direttore Didattico del Modern Drums Institute, è il traduttore di riferimento per i titoli batteristici della Volontè & Co. Nell’intervista che segue abbiamo cercato di capire come si è giunti alla realizzazione di questo progetto e quali sono i suoi aspetti più rilevanti. L’uscita dei due volumi Modern Drums Institute sembra voler realizzare un sistema metodologico. Puoi spiegarci come sei giunto alla produzione di questo progetto? Nel 2007 Alex Stornello, Presidente del Modern Music Institute, mi chiese di assumere il ruolo di Responsabile Didattico e Coordinatore Nazionale della sezione di batteria della realtà didattica da lui ideata. La richiesta era chiaramente strutturata nello svolgimento delle seguenti mansioni: redigere i programmi dei corsi di studio per i quattro livelli previsti dal curriculum MMI (Base, Intermedio, Avanzato, Diploma), abilitare e formare i docenti e produrre la metodologia per la sezione di batteria. Una volta redatti i programmi e impostata la struttura del corpo insegnanti, iniziai a dedicarmi, all’inizio del 2009, alla stesura del materiale didattico che avrebbe dovuto confluire nella metodologia vera e propria. Originariamente l’idea editoriale era quella di produrre un volume unico ma, una volta conclusa la redazione del materiale, ci siamo trovati a fare i conti con circa 300 pagine! A quel punto l’editore ha saggiamente deciso di dividere la produzione in due metodi. I due volumi, infatti, pur essendo strettamente connessi, possono essere utilizzati in modo indipendente. Un lungo periodo di preparazione, quindi, e un materiale molto copioso. In effetti i volumi si presentano molto completi. Ci puoi spiegare di che tipo di metodi si tratta? In realtà in questi anni ho lavorato incessantemente a questo progetto, ma utilizzando tutti i ritagli di tempo che mi sono stati concessi dall’attività arti- 42 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 stica e didattica. Tornando ai metodi, Modern Drums Institute livello base è un metodo generico e progressivo, ovvero insegna a suonare la batteria partendo da zero, facendoti conseguire molto gradualmente tutte le abilità e le conoscenze necessarie a farti muovere i primi passi all’interno degli stili rock, pop, funk e persino metal. Anche Modern Drums Institute livello intermedioavanzato si occupa di tutti gli aspetti principali dello studio della batteria, ma con una progressività più incalzante e arriva a prepararti per il jazz, la fusion e il latin. Ci vorresti spiegare più dettagliatamente i contenuti dei due metodi? Hanno qualcosa di diverso rispetto alla moltitudine di testi presenti sul mercato? Entrambi i metodi presentano diverse innovazioni. Nelle sezioni dedicate alla tecnica degli arti sono state infatti introdotte delle tabelle di velocità che aiutano lo studente a registrare il proprio studio, al fine di valorizzare i propri progressi e le descrizioni dei movimenti secondo la moderna Moeller Technique sopra agli esercizi proposti. Innovativo è pure il sistema di sviluppo dell’indipendenza coordinata, in quanto propone ritmi con il rullante non solo nelle classiche posizioni sul secondo e quarto movimento, ma anche in tutte le altre posizioni. Lo studente si troverà così in grado di suonare qualsiasi ritmo possibile, compresi tutti quelli con le ghost notes, ma sempre secondo una logica musicale. Il sistema è, inoltre, corredato dall’indicazione dei Counting Systems, l’insieme di tecniche che consente di imparare a leggere ritmicamente in modo veloce e… indolore. Un’altra caratteristica importante comune ai due volumi è che tutti gli sviluppi dei rudimenti sono applicati musicalmente, ovvero orchestrati come fill al termine di un groove di quattro battute. Qualche altra ‘chicca’? Il volume intermedio-avanzato ha la peculiarità di essere decisamente orientato alle poliritmie. Infatti la gran parte dei rudimenti e tutti gli sviluppi dei gruppi ritmici a più arti (i cosiddetti ‘incastri’) sono stati sviluppati anche nelle forme poliritmiche musicalmente più logiche. Infine vorrei segnalare che al termine di ogni Studio (capitolo) è stato inserito un consiglio mirato all’approfondimento di un groove o un lick di un brano o di uno studio di un grande maestro del passato, da Vinnie Paul a Tony Williams! Il tutto naturalmente in conformità con gli argomenti trattati nello Studio stesso. Possiamo quindi affermare che la musicalità del materiale di studio costituisca un marchio di fabbrica dei tuoi metodi? Quanto ha influito la tua dimensione artistica nell’elaborazione del progetto? Innovazione, progressività e musicalità sono decisamente le caratteristiche fondamentali del lavoro. Da quando sono tornato da Los Angeles, al termine dei miei studi nel 1992, ho continuato a suonare sia come turnista che come artista di band a una media di una cinquantina di date all’anno, nelle più svariate situazioni, dai grandi festival ai jazz club e dalle discoteche agli studi d’incisione, suonando i più svariati generi, dal jazz al funk e dal rock al metal-prog. Questa intensa attività mi ha portato a conoscere a fondo molti stili musicali e ad avere la preziosa 43 opportunità di suonare con musicisti eccellenti e talvolta molto rinomati, che hanno ampliato notevolmente i miei orizzonti. Ogni esercizio proposto non poteva che passare attraverso due filtri fondamentali: il gusto e l’attinenza storica. Ho cercato cioè di selezionare solo il materiale che ‘suonasse bene’, scartando ad esempio le combinazioni poco musicali, e che avesse riscontri importanti nella discografia o nella pratica batteristica ‘colta’. I metodi Modern Drums Institute includono DVD e basi MP3. Quali sono i contenuti e con quale criterio sono state realizzate le riprese e le basi musicali? Estrapolare dalla grande massa di esercizi prodotti quegli sviluppi in grado di valorizzare le potenzialità dei metodi rispettando al contempo la loro architettura è stata la parte più impegnativa dell’intero lavoro. Fortunatamente ogni capitolo (Studio) offre moltissimi esempi assai creativi sia di ritmi che di applicazioni dei rudimenti e dei gruppi ritmici a più arti. Per quanto riguarda lo ‘Sviluppo dei Ritmi’ ho deciso quindi di suonare un esempio di ritmo per FaceToFace RICKY TURCO ogni sottosezione accoppiato all’ostinato che, a mio gusto, più s’addiceva. Per gli ‘Sviluppi dei Rudimenti’, una volta selezionato il lick più interessante, ho innanzitutto dimostrato la meccanica dei movimenti sul pad, poi l’ho orchestrati sul drumset e infine ho suonato un esempio d’applicazione in un contesto musicale, ovvero su una base minus-one. Tutte le basi sono state infatti create ad hoc in simbiosi con i groove e i fill applicativi degli sviluppi tecnici. Nel DVD sono disponibili in versione con click e senza click. In questi ultimi anni hai svolto un intenso lavoro di traduzione di metodi batteristici rinomati. Esiste una relazione tra questa attività e i tuoi metodi? La collaborazione con le Edizioni Vo- lontè & Co è cominciata grazie al mio ingresso nella realtà Modern Music Institute. In concomitanza con l’inizio della stesura del mio progetto didattico mi fu prospettata la possibilità di lavorare alla traduzione delle ‘sacre scritture’ dei batteristi e io ne fui chiaramente subito entusiasta, convinto di poter svolgere un buon lavoro grazie in primis alla mia formazione - l’esperienza di studio negli Stati Uniti e una buona laurea - e in secondo luogo all’esperienza maturata come batterista nelle più svariate situazioni artistiche. D’altra parte non si può negare che la traduzione di tutti questi straordinari testi, che in parte avevo già approfondito, mi abbia condotto a una maggiore conoscenza e a una più profonda consapevolezza dell’arte del nostro strumento. La gran parte dei concetti contenuti nei miei metodi è profondamente connessa agli insegnamenti dei grandi maestri della storia batteristica, prova ne sono le numerose citazioni che sono state inserite ovunque nel testo. Dato che hai citato la tua esperienza di studio negli Stati Uniti, sarebbe interessante sapere come ti ha influenzato e che differenze hai riscontrato rispetto alle realtà didattiche nazionali. Non mi ha influenzato… Mi ha stravolto completamente l’esistenza, nel senso buono del termine, ovviamente! Studiare uno strumento negli Stati Uniti, specialmente se in un grande istituto, significa ricevere su un piatto d’argento tutto, ma veramente tutto il know-how necessario per diventare un professionista di valore, sia dal punto di vista tecnico che da quello artistico; ogni aspetto che riguarda il tuo strumento è diviso per materie in modo organico e approfondito in modo esaustivo e, soprattutto, univoco! C’è una sostanziale coerenza di concetti e d’intenti sia a livello storico che didattico che è in grado di offrire allo studente la condizione ideale per progredire in modo agevole, facendo emergere e valorizzando al massimo il suo talento. In Italia ci sono realtà didattiche eccellenti e straordinari maestri dello strumento, ma francamente non mi sembra di aver riscontrato questa omogeneità e chiarezza almeno su alcuni principi fondamentali, che nella didattica americana a me sono sembrati imprescindibili. Alcuni esempi? La cultura dei movimenti degli arti al servizio del relax, l’assoluta necessità di sapere leggere la musica e una profonda conoscenza dei maestri del passato. La mia filosofia didattica è indubbiamente basata su tutti questi principi ed è quindi naturale che la mia metodologia ne sia intrinsecamente permeata. Non ci resta che chiederti quali sono i tuoi progetti attuali e quelli futuri. Al momento sono impegnato nella produzione del nuovo disco del jazz trio Milk, il progetto di Roberto Pascucci, bassista che ha suonato con Sellani, Manzi e Paola & Chiara; ho in programma un tour con il power fusion trio di Alex Stornello e una serie di concerti con il polistrumentista cantante jamaicano Djah Stone, che ha collaborato con Alpha Blondie, Rudy Kofi e The Wailers. ERRATA CORRIGE Nella seconda parte dell’articolo dedicato ai Padri della batteria in Italia, pubblicato sul n. 28 della nostra rivista (Ottobre 2014), siamo incorsi in (almeno) due errori: abbiamo chiamato erroneamente Gino il batterista napoletano Franco Del Prete, ma soprattutto abbiamo inserito “tra chi non c’è più” il maestro Roberto Zappulla, il quale è invece vivo e vegeto e al quale auguriamo ogni bene. Dell’errore ci scusiamo con i diretti interessati e con tutti i lettori. 44 S I T A R G i t t u t er p Da Gennaio 2015 abbatte il muro! l’unico mensile italiano dei batteristi ogni mese disponibile gratis per tutti in edizione digitale! Seguici su www.drumsetmag.com Per chi non vuole rinunciare alla classica copia stampata, questa sarà sempre disponibile in abbonamento postale o acquistabile presso uno dei punti vendita che hanno aderito alla nostra rete di distribuzione diretta. L’elenco dei punti vendita aggiornato è consultabile sul sito drumsetmag.com. Vuoi diventare anche tu un nostro distributore? Aderisci al nostro programma di affiliazione. Contattaci subito: [email protected] FaceToFace SERGIO BELLOTTI www.drumsetmag.com 18022 DALL’ALTRA PARTE DEI tamburi Continuano gli “incontri ravvicinati” con gli specialisti della didattica. Stavolta è il turno di un italiano che insegna in un vero e proprio tempio della didattica USA, ovvero il Berklee College of Music di Boston. di Gigi Morello S ergio Bellotti, nativo di Bari, ha ben presto iniziato la carriera da professionista, a Torino prima e sulle navi da crociera e nei casinò poi. Nel 1995 parte per gli Stati Uniti grazie a una borsa di studio per il Berklee College of Music e lì studia Music Performance sotto la guida di Kenwood Dennard, Skip Hadden, Bob Moses e John Ramsay. Trasferitosi stabilmente negli USA, Sergio ha avuto modo di condividere il palco o di registrare con nomi del calibro di Mike Stern, Bruce Gertz, Jim Kelly, Steve Hunt, Robben Ford, Tom Scott, Rocco Ventrella, Bob James, Alessandra Belloni e Nathan East, tanto per citarne alcuni. Dal 2001, soprattutto, Sergio insegna stabilmente batteria al Berklee College of Music, oltre a tenere clinic un po’ ovunque (Montreal Drum Festival, 2003; Cape Breton Drum Festival 2004, 2005 e 2006; PASIC, organizzato dalla Percussive Arts Society, 2005 e 2009; KoSA 2011 e 2012; Memorial Lucchini e Groove Day a Milano…). Sergio vive e lavora a Boston e continua la sua attività di performer (con le band Spajazzy e WeJazzUp e con Alessandra Belloni) e di insegnan- te nel cuore musicale del Nord America. Ha inoltre pubblicato una app per Iphone/Ipad che sta riscuotendo un notevole successo grazie all’innovativo Groove Box. Ciao Sergio, e grazie per aver accettato di rispondere alle nostre domande. Quando e come sei ‘sceso in campo’ nel settore didattico? E perché? Ho iniziato a insegnare dopo pochi mesi. Era e rimane un modo per coordinare le mie idee, mettere ‘nero su bianco’, come si suol dire. Se non sai spiegare qualcosa (e renderlo comprensibile) non ne sei davvero padrone. Ovviamente il motivo era fare qualche spicciolo in più per pagarmi le lezioni e migliorare. Quali insegnanti ti hanno maggiormente ispirato? Ne ho avuti tanti e tutti mi hanno dato qualcosa di unico e fondamentale. Anche la ricetta migliore senza quell’ingrediente particolare, anche se in minime dosi, non avrebbe mai lo stesso sapore. Ricordo, vivo e continuo a trasmettere i messaggi (musicali e di vita in molti casi) di Michele Di Monte, En- 46 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 rico Lucchini in Italia e Skip Hadden, John Ramsay, John Hazilla, Kenwood Dennard, Bob Moses, Bernard Purdie e Lenny Nelson qui negli USA. A tuo giudizio, qual è la differenza tra suonare la batteria e insegnarla? Personalmente non studierei mai con un insegnante che non suona musica in maniera a me gradita. L’arte di comunicare è quello che rende l’esperienza e il lavoro dell’insegnante unico. Saper ricordare come abbiamo imparato significa capire in quale modo il nostro interlocutore (l’allievo) può imparare. C’è bisogno di tanta psicologia, di buon senso e di esperienza per poter fare centro. Suonare è una conversazione con i musicisti e l’audience, e può raggiungere gli animi in tanti modi diversi. Nell’insegnare bisogna davvero far sì che chi ci ascolta capisca come utilizzare il materiale per poi poter creare la sua musica; e il tutto richiede delle doti di comunicazione diverse e facilmente adattabili a tutti. Secondo te qual è il più grande errore in cui può incorrere un insegnante? Quello di non utilizzare la musica e gli stili preferiti dall’allievo per inse- gargli/le tutti i concetti importanti per una crescita musicale. Che sia punk o metal o disco o jazz, la lettura, la coordinazione, il timing, il feel ecc. sono presenti e onnipotenti in ognuno degli stili. Lo studente o la studentessa apprendono in maniera rapida ed efficace se si muovono nell’ambito della loro musica preferita. Troppo spesso gli insegnanti impongono le loro opinioni e preferenze stilistiche, creando un muro spesso insormontabile. E quali dovrebbero essere invece i punti di forza di un buon insegnante? Metodo, positività, energia, restare al passo con i tempi, avere uno studio moderno e attrezzato, ascoltare i bisogni dello studente, incoraggiare e trovare sempre il lato positivo di ogni cosa, anche quelle apparentemente negative. E poi prendere sempre appunti e far sentire l’allievo seguito e con un programma denso di obbiettivi e percorsi. Ascoltare sempre (video, audio o live) i progressi degli allievi, mostrando un vero interesse Se dovessi riassumere il tuo modo di insegnare in una sola frase, quale sarebbe? Molto pratico e sempre e solo con un obbiettivo: essere sempre pronti a ‘funzionare’ all’interno della situazione musicale in cui ci si trova e uscirne a testa alta e con tanti biglieti da visita (dati e avuti). Parliamo della persona Sergio Bellotti… Mi piace pensare di me come del classico esempio della formula: “più lavori duro e più diventi fortunato”. E cerco di far capire a tutti che, una volta trovata la strada giusta (passione e dote in un buon equilibrio), con del sano e costante lavoro si potranno otenere i risultati. Il miglior modo di ringraziare per i doni ricevuti è tramandare tutto ciò che si è imparato (attraverso il dono) a coloro in cerca di un qualcosa. Credo nella Dayvolution, ossia evoluzione e miglioramento un giorno alla volta. Prima le persone poi la professione, qualunque essa sia. E la vita inizia da bambini e termina da anziani. Due figure fondamentali per capire la vita che c’e in mezzo. Batteristi italiani che ti hanno impressionato favorevolmente? Non vivendo in Italia mi risulta diffici- 47 le seguire la scena in maniera accurata, ma durante le mie frequenti venute per concerti e master class ho avuto modo di ascoltare giovani talenti quali Andrea Ruffato e Matteo Franzè. E continuo ad ascoltare i grandi di sempre quali Agostino Marangolo, Tullio De Piscopo e Roberto Gatto, che provano davvero la teoria della musica come linguaggio universale. Da segnalare anche il groove originale e portentoso di Andrea Beccaro e l’intelligenze e la personalità di Phil Mer. Ti va di raccontarci qualche aneddoto che ti è capitato nella tua carrtiera di insegnante? Prima lezione, primo semestre per un ragazzo timido di New York. Mi dimentico Skype acceso, …con il laptop collegato all impianto… Mi arriva una chiamata (con suoneria a palla!), rispondo per dire all’interlocutore che non posso parlare, ma… Oppps: è Mr. Dennis Chambers in carne e ossa che ci appare in video e con tanto di sigaro! Era in tour on Mike Stern e chiamava per salutare da Milano. Gli dico che stiamo facendo lezione e mi chiede: “Ah sì? E su cosa?”. “Lo shuffle”, rispon- FaceToFace SERGIO BELLOTTI do io. Mi chiede di far suonare lo studente. Ascolta e commenta, incoraggia e consiglia. Lo studente (quasi svenuto dall’emozione) ringrazia incredulo. La lezione termina, è l’ora della pausa pranzo. Lo studente va a mensa e bisbligliando racconta l’accaduto a uno o due suoi colleghi. Dopo pochissimo inizia la processione di batteristi per chiedermi se Dennis Chambers era ancora on line collegato da Milano a Boston. Morale: “You just never know…”, ma anche “It’s OK to forget Skype on, sometimes” (“Non si può mai sapere”, ma anche “A volte va bene dimenticarsi di chiudere Skype”). Ti va di condividere un piccolo esercizio con i lettori di Drumset Mag? Questo lo chiamo Beatnik exercise, in quanto ispirato da un celebre omonimo metronomo e analizzatore ritmico. Metronomo a 60 BPM. La gran cassa suona i quarti, la campana del piatto gli ottavi, il charleston suonato con il piede va in sedicesimi e il rullante in terzine. Quattro ritmi fondamentali suonati simultaneamente e che ci dan- no, qualora eseguiti correttamente e assieme, una grossa padronanza ritmica nel cambiare stili, suonare passaggi musicali, eccetera. Progetti futuri? Come diceva il grande John Lennon “Life is what happens to you while you make plans” (la vita è ciò che ti capita mentre stai facendo dei piani). Realtà a parte, sto completando un libro/ dvd dal titolo From Rudiments to Music e inoltre mi concentro sempre di più nella composizione di musica di vari generi, dal jazz alla disco music passando per il country. www.sergiobellotti.com 48 FaceToFace ROBERTO PIRAMI www.drumsetmag.com 18023 pane, batteria e... PNL! Performer, insegnante, produttore e talent scout; questo è Roberto Pirami, musicista dotato di grande sensibilità umana e artistica, professionista impeccabile che sa gestirsi a 360 gradi. di Cristiano Zazza N ella sua brillante carriera il batterista romano ha collaborato con star internazionali quali Vinnie Moore, Jennifer Batten, Michael Angelo Batio, TM Steven, Uli Jon Roth, Blaze Bayley e molti altri ancora. A livello nazionale, quest’estate è stato in tour con Nathalie, artista con la quale suonerà anche questo mese a S. Giovanni Persiceto (BO, 11 dicembre) e all’Auditorium Parco della Musica di Roma (14 dicembre), prima di ripartire per il nuovo tour europeo del chitarrista statunitense Michael Angelo Batio, dal 29 di gennaio all’1 marzo (info sulle date www.robertopirami.com). Molto attivo anche sotto il profilo didattico, Roberto Pirami applica all’insegnamento i principi di un metodo psicologico alternativo conosciuto come Programmazione neuro linguistica (PNL). Cominciamo proprio dalla didattica la nostra chiacchierata. Come nasce l’idea della tua scuola, la Free Drumming School? Ho pensato di dar vita al mio Free Drumming Studio per creare una realtà che esprimesse un concetto di ‘libertà performativa’ utile all’allievo, affinché possa raggiungere i suoi obiettivi sotto la guida di un Personal Drummer Coach, quale sono io. Ho deciso di evitare di avere un’impostazione troppo rigida e impegnativa, che si rivolgesse non solo a chi ha tutta la giornata a disposizione per studiare, ma anche a chi fa un altro lavoro ma intende coltivare con passione e serietà lo studio della batteria. Non sono pochi gli allievi da me seguiti che pur facendo un altro mestiere hanno raggiunto un ottimo livello di professionalità sullo strumento, nonché la capacità di gestire tutte le attività che ruotano intorno alla figura del batterista e dell’artista in genere. E cosa c’entra la PNL? Ho deciso di specializzarmi in Programmazione neuro linguistica (PNL) perché ritengo che l’approccio mentale di un insegnante e quello di un allievo siano fondamentali per stabilire gli obiettivi e raggiungerli. L’allievo decide di arrivare dove vuole sotto la mia guida di coach. Ritengo che l’aspetto psicologico sia fondamentale, ecco perché le primissime lezioni con i nuovi allievi vertono anche sulla visualizzazione degli obiettivi e sulla modalità del loro raggiungimento. Inoltre, ritengo che la passione per lo strumento da sola non basti, ci vuole l’organizzazione di tutto ciò che si andrà a fare e a studiare. Ma non solo… Un altro aspetto importante è come comunichiamo con noi stessi e come ci ‘invitiamo’ a seguire dei percorsi piuttosto che altri. Insomma, quanto siamo ‘centrati’ su noi stessi. 50 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 Ci consigli qualche testo in particolare per conoscere meglio questo argomento? Senz’altro: Introduzione alla PNL, scritto da Jerry Richardson, e L’esperienza della conquista di John Demartini. Bene, direi tutto molto interessante! Tornando agli albori, come nasce la tua passione per la batteria? A 10 anni vidi la mia prima batteria, una Ranger sulla quale cominciai a suonare da subito i brani dei miei gruppi preferiti come Metallica, Sepultura, Slayer e via dicendo. Quando hai cominciato a prendere lezioni di batteria? A 13 anni, con Mauro di Rienzo alla scuola di musica Volare, e successivamente all’Università della Musica con il mio amico Maurizio Boco e il grande Pietro Iodice. Come ti sei avviato alla carriera professionistica? Su segnalazione di Maurizio Boco partecipai con successo a un’audizione per entrare in un gruppo di musica pop prodotto da un’etichetta italiana con la quale cominciai a lavorare sia nei live che in studio di registrazione. Ricordo i lavori per Francesca Pettinelli, Laganà e, a seguire, la Golden Orchestra e tutta una serie di interessanti collaborazioni. Sono molti gli artisti di fama internazionale con i quali hai suonato: come è cominciato tutto? Nell’estate del 2011, con Blaze Bayley. In quell’occasione dovevamo suonare un repertorio comprensivo dei brani degli Iron Maiden più quelli della carriera solista di Blaze, il tutto in una settimana e con sole sei ore di prove. Una sfida impegnativa! Seguì la collaborazione con Vinnie Moore, uno dei miei chitarristi preferiti, per una tournèe all’estero. Vinnie mi raccontava dei batteristi con i quali aveva suonato in passato: gente come Bobby Rock, Tommy Aldrige, Steve Smith… Un personaggio molto friendly e un artista strepitoso. Come e quanto cambiano il contesto professionale e il proprio stato d’animo quando si suona per artisti di fama mondiale? Secondo la PNL esiste un’equazione in cui la Performance è dettata dal nostro Potenziale (il nostro bagaglio tecnico e il nostro spessore artistico), al quale dobbiamo sottrarre l’Interferenza (per esempio..l’ansia) dovuta al nostro dialogo interiore. In tutti i contesti professionali, soprattutto se parliamo di star internazionali, occorre essere tecnicamente preparati anche perché al musicista non viene concesso molto tempo per imparare alla perfezione un repertorio. Quindi il fattore Potenziale di cui parlavamo prima deve avere un valore alto e l’atteggiamento mentale ci deve permettere di gestire le pressioni che in situazioni del genere possono esserci. Vinnie Moore, TM Steven, Michael Angelo Batio, Jennifer Batten e altri con i quali ho collaborato sono artisti che danno per scontato che tu sappia fare un assolo che scaldi la folla, o che tu sappia portare un groove micidiale senza perdere un colpo, oppure che tu sia in grado di imparare in poche ore un intero repertorio! Si aspettano esattamente questo da un loro musicista ossia, il massimo della Performance. Attualmente, quali sono i progetti in cui sei stato impegnato e cosa bolle in pentola per il futuro? Quest’estate ho partecipato all’Anima di vento tour 2014 della cantante Nathalie; con lei ho anche registrato un brano per la colonna sonora di Dirsi Addio, un film uscito a novembre. La colonna sonora è stata prodotta da Owen Morris (produttore di Oasis, Verve, etc…). In seguito ho fatto delle date con il bluesman americano Michael Hill. A ottobre sono stato in tour con Jennifer Batten, a breve partirò per il tour europeo di Michael Angelo Batio e poi c’è il mio trio strumentale, che mi dà sempre grandi stimoli. Inoltre, sono impegnato nel ruolo di batterista-produttore per la Noise Symphony, un’etichetta creata insieme ad altri due miei amici, rispettivamente produttore e autore. In 51 tale ambito ci prefiggiamo l’obiettivo di scoprire e produrre band e/o cantanti emergenti che suonino generi musicali come l’indie, il pop e/o il rock. Quali sono i generi musicali che Roberto Pirami predilige suonare? Sono un batterista a cui piace suonare rock, hard rock, pop, funk; a volte mi capita di suonare jazz o latin, ma non sono un ‘puro’ in questi ultimi due generi. Utilizzi il doppio pedale o le due casse? Per comodità utilizzo il doppio pedale, ma non mi ritengo un doppio pedalista in assoluto. Mi piace utilizzare questo strumento più per creare dei fraseggi ritmici, aspirando anche a raggiungere buone velocità in sedicesimi con i colpi singoli alternati, senza tuttavia far diventare il concetto di velocità una mia prerogativa assoluta. Per intenderci, in tale ambito i miei riferimenti sono Vinnie Colaiuta e Gavin Harrison. Com’è composto il tuo set up? Hai degli endorsement? Per quanto riguarda la batteria sono endorser Mapex; suono piatti UFIP, uso bacchette ProMark e pelli Evans. In questa occasione ci terrei a ringraziare Paolo Ferrari (Mapex), Stefano Mirra ed Eric Denti (Evans e ProMark) e Luigi Tronci (UFIP) per l’immenso supporto in tutti questi anni. FaceToFace GIULIA LAZZARINO www.drumsetmag.com 18024 DUE mentori È MEGLIO DI UNO... Una chiacchierata con la musicista romana, nota alla comunità batteristica, in particolare sui social network, per le sue ‘ossessioni artistiche’ e gli stretti rapporti che è riuscita a creare con alcuni mostri sacri del drumming. d i M a u r o G a t t o / fo t o d i Pa o l o Z u f f i C iao Giulia, è un bel po’ che non ci sentiamo. Ci dai dei ragguagli sulla tua attività musicale odierna? Ciao a te (e grazie per questo spazio!). Per quanto riguarda la mia attività musicale, sono attualmente dietro le pelli per un trio di matrice funk chiamato Blue & Funk Trio. Sono recentemente ‘rincasata’ da un tour in Olanda di due settimane, che mi ha vista impegnata con il cantautore - e migliore amico di una vita - Chiazzetta: con lui collaboro dal 2008 e insieme abbiamo calcato il palco del Primo Maggio a piazza San Giovanni a Roma. È una sorta di Italian Crime Family Musical (The Divinos) che propone pezzi originali: il tour ha toccato Eindhoven, Scheveningen, Amsterdam, Rotterdam, Marheeze e Den Haag. Per la terza volta mi sono trovata in Olanda per suonare: come per la Germania, nutro verso questo paese un legame speciale. Sto poi mettendo a punto dei pezzi originali per un altro progetto di matrice fusion-strumentale con la chitarrista romana Fabiana Testa e il bassista Damir Rapone. Sono inoltre impegnata sul fronte dimostrativo e didattico a Roma con l’Eurock Studio del chitarrista Max Ranucci. Che tipo di attività svolgi per questo studio? Realizziamo video didattici e recensioni dei prodotti ricevuti dai brand che rappresentiamo per l’Italia e contemporaneamente stiamo lavorando su alcuni pezzi originali assieme ad alcuni collaboratori dello studio. Sul fronte didattico tengo dei Playing Workshops, corsi dedicati ai ragazzi che desiderano imparare a formare e gestire una rock band. Il corso è indirizzato a ragazzi e ragazze che suonano uno strumento o cantano da poco, e che non hanno esperienze nel suonare con altre persone. L’intento è quello di indirizzarli verso l’obiettivo del suonare in una band (parte fondamentale del lavoro del musicista), fornendo loro le giuste basi per approcciarsi al lavoro di squadra e alla corretta interazione con gli altri musicisti. Per quanto riguarda invece le recensioni dei prodotti e la realizzazione di nuovo materiale audiovideo, dopo il ‘video-primato’ ottenuto lo scorso settembre, quando sono stata la prima batterista italiana ad approda- 52 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 re con tanto di intervista sul network americano Drum Talk TV (suonando un pezzo originale italiano, “JB Groove” del nostro Iarin Munari), mi auguro semplicemente di poter continuare a fare bene, imparando e migliorando giorno per giorno da chi ha la pazienza di collaborare con me quotidianamente. Com’è cambiato il tuo drumming in questi anni, grazie anche all’incontro e ai rapporti sviluppati con interpreti dello strumento del calibro di Benny Greb e Thomas Lang? Come molti amici della comunità batteristica ormai forse sapranno, Benny Greb è stato il mio punto di riferimento principale (oltre che la mia ‘ossessione artistica’) per ripartire con l’attività musicale dopo un brutto incidente che l’ha segnata in maniera molto significativa, per la perdita parziale della funzionalità muscolare / tendinea del braccio destro dalla clavicola in giù. Benny mi ha insegnato a ripartire, a credere in qualcosa, a ricominciare, prendendo la fase di stallo in cui il mio drumming si trovava come un punto di partenza per ricostruire, abbellire e integrare. Ricominciando a studiare con il suo metodo dopo il trauma subito, e apprezzando moltissimo l’ironia del suo DVD The Language of Drumming (Hudson Music, 2008), ho riscoperto il piacere di vivere la musica in maniera giocosa, senza prendermi troppo sul serio, ma allo stesso tempo sviluppando un linguaggio più completo e ‘al passo con i tempi moderni’, attraverso l’aiuto di uno strumento apparentemente semplice ma incredibilmente ingegnoso come il suo metodo. La master session cui ho preso parte lo scorso settembre a Carmignano di Brenta, presso il Mike Prosdocimi recording studio – evento per il quale ho poi scritto reportage, intervista, trascrizione di un groove con relativo video didattico (vedi Drumset Mag n. 20, gennaio 2014) ha contribuito ad ampliare le mie vedute sul mondo dei linear stickings, dei displacements e delle quantizzazioni in maniera rapida e schematica, rendendoli applicabili alla musica suonata in quanto rudimenti non fini a se stessi, ma liberamente orchestrabili e reinterpretabili all’interno di stili musicali ben precisi. Anche l’incontro con Thomas Lang ha significativamente segnato il mio percorso batteristico e umano. Per la prima volta dopo anni che desideravo prendervi parte, ho avuto accesso al suo bootcamp romano, tenutosi lo scorso aprile presso le Officine Zero in collaborazione con Francesco Desmaele & Fabrizio Boffi. Il leit motiv di questo camp didattico è stata la rielaborazione dei concetti che normalmente Lang propone nella celeberrima edizione losangelina (Big Drum Bonanza), ovvero una cinque giorni intensiva di tecnica delle mani, coordinazione, lettura, chops building, costruzione del fraseggio secondo le esigenze richieste (tramite una scheda personalizzata: il didatta chiede a ciascun allievo su cosa intende lavorare e focalizzarsi), click training, esercizi di riscaldamento, orchestrazione dei rudimenti acquisiti sul drumset e tecnica dei piedi. Credo di essere tornata più stanca di quando praticavo contemporaneamente equitazione agonistica e palestra (l’allenamento, perché di questo si è trattato, ossia predisporsi fisicamente a sostenere la fatica); ma ancora ne sto traendo grande beneficio. Perso- 53 nalmente mi ritengo molto fortunata nel poter annoverare tra le mie amicizie reali e punti di riferimento didattici queste due persone straordinarie (non solo per le famose qualità sullo strumento): per me sono entrambi e tutt’ora due punti di riferimento, due mentori e amici; seguono le mie attività musicali long distance, mi elargiscono spesso preziosissimi consigli, si fanno sentire spesso per sapere “come se la stia passando la loro clinician’s assistant / traduttrice, o se mi serva qualche dritta per poter migliorare questa o quella cosa”. Sono esperienze che segnano il drumming, ma anche la persona. Grazie ai loro insegnamenti e alla costante applicazione nel cercare di rendere funzionale alla musica quanto appreso didatticamente, nel corso dell’anno appena trascorso ho ricevuto importanti riscontri musicali anche dall’estero, cosa che non avrei neanche immaginato che potesse succedere proprio a me. Quali sono i tuoi ascolti in questo momento? Sai che io continuo a consigliarti sempre Billy Martin e compagnia, ma la nostra è una vecchia diatriba scherzosa… FaceToFace GIULIA LAZZARINO Proprio grazie alla nostra diatriba scherzosa sono transitata attraverso varie fasi di ascolti musicali, e ho cominciato a divorare i generi più disparati. Sono passata dalla Dave Matthews Band ai primi Tower Of Power a Maceo Parker, da Michel Petrucciani a Chick Corea (per trovare riscontro applicativo alla didattica recentemente rinnovata, complice anche un cambio di insegnante), per poi condire con i grandi classici di sempre, quelli che non posso fare a meno di ascoltare a inizio mattinata, quando tutto sta per cominciare ed occorre la giusta dose di adrenalina e creatività: Snarky Puppy di Robert “Sput” Searight e l’immenso Jojo Mayer con i suoi Nerve; ovviamente non mi sono fatta mancare l’ascolto dei progetti in cui ha suonato Benny Greb (dalla Brass Band ai 3rdGezeimmer fino ai recentissimi Moving Parts), roba che fa prudere le mani dalla voglia di suonare. Generi completamente diversi, minestroni sonori che mi aiutano a costruire giorno per giorno la mia personale idendità musicale. Per concludere, una domanda che ho posto a molti colleghi batteristi: a che cosa pensi mentre suoni? Non vale la solita risposta del groove… Quando suono cerco di rimanere concentrata e ‘funzionale’ a quel che sto suonando. Solitamente evito di pensare troppo e lascio fluire l’emozione del momento dalla mente ai muscoli, allo strumento. Cerco solo di diventare quello che sto sentendo o provando, rimanendo in sintonia con gli altri o, se sono da sola a un workshop, con quello che vorrei tentare di trasmettere attraverso la musica stessa, il fraseggio o l’interpretazione. Da persona estremamente sensibile ed emotiva tendo a immedesimarmi moltissimo in quello che suono. A dispetto della mia solita espressione contrita con cui mi si vede a volte ritratta in foto, sento e assorbo ogni vibrazione, che arriva dritta al cuore, e a volte è meglio dei soliti pensieri paralizzanti (tipo “ce la farò?”, oppure “la mano sinistra mi tradirà?”) e 54 via discorrendo. Certamente ognuno ha la sua particolare risposta, questo è un aspetto molto interessante nel drumming. Grazie della bella chiacchierata; a questo punto sono d’obbligo i tuoi ringraziamenti… Grazie a te e a Drumset Mag per lo spazio! I ringraziamenti più che d’obbligo sono sentiti: GoldMusic s.r.l per la stima professionale che ripone in me, i brand che mi hanno dato fiducia e che stanno credendo nel mio lavoro, i miei preziosi amici e colleghi Marco Iannetta, Alex Barberis, Igor Dezzutto, Francesco Caprara, Iarin Munari (impagabile), tutti coloro che stanno lavorando con me e, last but not least, il mio insegnante Pierpaolo Ferroni, colui che ha rivoluzionato definitivamente il mio modo di intendere la batteria. FaceToFace EMILIO CATERA UN rocker PER CONSULENTE Emilio Catera, alias The Insane, batterista storico dei Boppin’ Kids, band catanese nata negli anni ’80 e primo gruppo italiano ad aver inciso un disco rockabilly, tanto da diventare nel corso degli anni, un vero e proprio culto. di Ramon Rossi P roprio con i Boppin’ Kids Emilio incide tre album nell’arco di quattro anni e va in tournée con le migliori formazioni rockabilly e psychobilly (Stray Cats e Meteors), partecipa al Festival di Sanremo nel 1989, classificandosi al quarto posto, e nel 1990 a Gran Premio, programma di RAI Uno condotto da Pippo Baudo. Attualmente, oltre a suonare, Catera si occupa di rappresentanza per ditte rinomate di strumenti musicali per il mercato siciliano. A lui la parola… Quali collaborazioni importanti ricordi del tuo operato? Nel corso della mia carriera ho collaborato con artisti di vario genere, da Kabbalà a Saturnino, passando per Brando, Patrizia di Malta del Gruppo Italiano e Mauro Pagani. Questi i piu famosi. Poi continuo ovviamente a suonare, ma in maniera più semiprofessionale. Tra le esperienze più significative del mio percorso musicale ricordo con piacere il tour Capo Horn di Jovanotti, durante il quale, insieme a Brando, abbiamo fatto da apripista a Lorenzo nei palasport di tutta Italia. Il tour è durato tre mesi ed è stato tanto impegnativo quanto emozionante e gratificante. Infatti dal alcuni anni ti occupi di rappresentanza di strumenti musicali ed accessori giusto? Nel 1999 decido di intraprendere una nuova carriera come rappresentante di strumenti musicali: inizia cosi la sua collaborazione con alcune tra le più importanti ditte italiane del settore: UFIP, Mark Bass, Mpi Electronics, Bespeco e Proel. In questa nuova avventura mi dedico con passione e caparbietà oltre che con un certo tipo di coinvolgimento, specialmente per le percussioni e i piatti. Questo mi dà modo di continuare ad occuparmi di cio in cui ho sempre creduto e che ho coltivato sin da adolescente. Forte della mia esperienza personale, mi impegno anche a creare demo ed eventi in giro per tutta la Sicilia, per coinvolgere soprattutto le nuove generazioni. Come inizia la tua passione per la musica? Quasi per gioco; la passione mi ha inizialmente portato ad affiancarmi allo studio come autodidatta, attraverso l’ascolto dei dischi. Successivamente ho 56 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 proseguito con l’ausilio del maestroamico Enrico Di Bella, il quale mi ha insegnato a lavorare sulla postura e sulla tecnica, aiutandomi anche ad applicarla ai diversi generi musicali cui mi sono via via approcciato. I generi che prediligo sono il rock’n roll e lo swing. Ancora oggi, mi esercito, nei ritagli di tempo, praticando esercizi e tecniche apprese anni fa e noto come, nonostante certe conoscenze acquisite non si dimentichino, rimane comunque fondamentale praticare lo strumento. Prediligo il rock’n roll e lo swing, anche se mi ritengo in grado di adattarmi a diversi generi, ma credo anche che per suonare bene sia preferibile dedicarsi e concentrasi su uno stile specifico. Quindi a quali miti ti sei ispirato? I batteristi ai quali mi sono ispirato sono diversi. Mi piace documentarmi e seguirli un pò tutti, in modo un po’ eclettico. I piu significativi per me rimangono tuttavia Ringo Starr e Slim Jim Phantom degli Stray Cats, che ho avuto l’onore di conoscere all’età di 18 anni, in occasione dell’apertura dei suoi concerti da parte dei Boppin’. Tra i batteristi di nuova generazione mi affa- scina molto lo stile e l’immagine di Daniel Glass, batterista della Brian Setzer Orchestra, e Karl Brazil, attualmente batterista di Robbie Williams. Quali strumenti utilizzi nelle tue session? Attualmente utilizzo una Tamburo Opera e in base alle diverse esigenze uso due set; il primo ha le seguenti misure: 18”, 12”, 14” più rullante; il secondo 22”, 12”, 16” + rullante. Il rullante che prediligo è un Vibe Drum costruito artigianalmente da Paolo Zuffi. I piatti naturalmente UFIP, eccellenza italiana. Vuoi parlarci della scena musicale della tua splendida citta? Agli esordi della mia carriera, negli anni ’80, la mia città, Catania, era molto vitale e ricca di un fermento culturale e musicale che ha sicuramente influenzato la mia crescita. C’erano diverse etichette discografiche, appoggiate dalle major, e band emergenti avevano la possibilità di farsi conoscere. Adesso il contesto socio-culturale è completamente diverso e noto, con rammarico, come ascoltare buona musica sia sempre più raro e difficile. Vuoi ringraziare qualcuno per la pa- 57 zienza che ha avuto nel sopportarti? Considerato anche che il tuo soprannome è Insane… Ci tengo a ringraziare la stretta cerchia di amici che in questi anni mi hanno appoggiato e sostenuto nel mio percorso artistico-musicale, ma soprattutto di crescita personale; in particolare Brando, attualmente produttore discografico, e Saturnino, bassista di fama internazionale. Un pensiero particolare alla mia famiglia, mia moglie Anna e il piccolo Giuseppe. FaceToFace JACK LIMA l’idea DEL NUMERO OTTO Musicista, programmatore informatico e ideatore di un nuovo sistema di solfeggio ritmico e di teoria musicale, l’artista brasiliano ci racconta in questa chiaccherata del come sia nata la sua ricerca e di quali siano stati i frutti didattici del suo percorso. di Davide Bernaro J ack, presentati al pubblico italiano: qual è stata la tua formazione musicale e da dove è nata la tua ricerca specifica sul ritmo? La mia ricerca sui ritmi è cominciata più di vent’anni fa: negli anni ’90 mi sono imbattuto nelle tastiere, che adottavano la modalità di step-recording. All’epoca ciò che facevo era leggere le partiture dei pezzi e, per capire come suonassero, trascriverle con i programmi di step recording, che a loro volta eseguivano gli spartiti per me. Da lì ho cominciato a cercare di catalogare gli stili musicali: sin da bambino, quando ascoltavo un genere che non conoscevo, me lo annotavo su di un quaderno con l’idea di arrivare a una fine, di riuscire a definire ogni stile esistente. Sono riuscito a studiare da solo tutta la parte di lettura e di teoria musicale: ho studiato invece improvvisazione e arrangiamento con Wilson Curia, uno dei didatti più importanti in Brasile e tra i primissimi ad abbracciare il mio metodo. Ho studiato tutto il suo materiale, oltre ai metodi play-along sul jazz dello statunitense Jamey Aebersold. A partire da lì mi sono reso conto che in realtà ognuno aveva la sua idea di come fossero costruiti i ritmi, per cui smisi di dedicarmi al tentativo di una catalogazione ‘definitiva’ degli stessi. Progetto che però hai ripreso, sino a farlo diventare un vero e proprio sistema musicale completo... Esattamente: nel 2009 mi venne chiesto di scrivere un trattato di armonia da parte di Sérgio Mantovanini, giornalista e mio allievo di chitarra nonchè fratello del presidente della Fondazione Roberto Marinho, una delle fondazioni brasiliane più attive e finanziariamente floride in campo culturale. Mantovanini mi suggerì di scrivere un testo al quale allegare il software didattico che nel frattempo avevo sviluppato, assicurandomi che sarebbe riuscito a collocarlo in numerosi punti vendita specializzati. Da quel momento ho cominciato a sviluppare l’idea del numero otto nel ritmo: sono partito dal presupposto che l’otto non può stare in una suddivisione ternaria - nel caso di un tempo composto - visto che non è divisibile per tre: mi ritornarono quindi in mente i problemi relativi alla catalogazione dei ritmi che mi ero posto nella mia 58 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 adolescenza. La mia riflessione su tale questione è stata questa: “se ho quattro come denominatore nella battuta, se cioè la mia battuta si compone di quattro movimenti, ognuno di questi movimenti diviso due mi darà otto, quindi la suddivisione ternaria di quattro movimenti deve darmi dodici, e non otto”. Ovvero, nella notazione tradizionale, dove scrivo - ad esempio - a inizio battuta 12/8, commetto molto semplicemente un errore di aritmetica! Nel 2011 è uscito quindi il mio libro Dizionario del ritmo nel quale espongo tutte queste idee, che ho avuto modo di sviluppare sin dalla mia infanzia. Sin da bambino infatti per me suonare era già una cosa ovvia ed eseguire qualsiasi cosa al pianoforte non presentava particolari difficoltà: difficile era invece capire da dove venissero le cose che suonavo! Ovvero, ad esempio, non capivo perchè ci fossero tante composizioni scritte nella medesima metrica ma diversissime tra loro: magari si trattava di due composizioni in 2/4, ma una era una beguine mentre l’altra un pezzo country! Poi magari c’era un 4/4 che era un pop-funky e un altro che era un blues o uno shuffle: e io avevo bisogno di trovare un motivo per tutto ciò! Ma alla fine il fatto che qualcuno ti abbia chiesto di scrivere riguardo al tuo sistema ti ha aiutato a sistematizzarlo, o ti era già tutto chiaro? Nel 2003 mi sono convinto che o una persona capisce ciò che sta facendo mentre suona, o non saprà mai suonare davvero: perciò decisi che i miei allievi dovevano essere in grado di capire in tempo reale cosa stessero suonando. Con ciò intendo dire che dovevano essere capaci di suonare qualsiasi nota e qualsiasi intervallo in tempo reale e in maniera consapevole (Jack improvvisa sulla chitarra acustica una serie di frasi melodiche in diversi stili differenti, cantandole al contempo, NdA). A questa mia regola ho dato il nome di SMD-Sistema Musicale Definitivo: nel 2007 ho poi realizzato un software che conduce l’allievo passo passo nello studio dell’armonia attraverso un metodo che ha per l’appunto nel computer il suo ausilio principale. Il libro associato a questo software si chiama Dizionario di intervalli, è lungo 800 pagine (!) e non è ancora stato lanciato: riguarda note, scale, accordi, eccetera, argomenti sui quali ho delle idee differenti da quelle standard, esattamente come per il solfeggio ritimico. Dopo aver scritto questo Dizionario di intervalli, ho cominciato a riflettere sui concetti di notazione ritmica dei quali ti ho parlato poco fa, ed è lì che si è sviluppata l’idea del Dizionario del ritmo, la cui 59 importanza ha soppiantato in termini di urgenza di pubblicazione quella del libro precedente. A questo punto, Il Dizionario di intervalli rimarrà disponibile sul mio sito http://smdjacklima.com. br/ per le persone che possiedono già il Dizionario del ritmo. Fai lezione ai tuoi alunni solo con questo sistema o anche con la notazione tradizionale? Lavoro sempre in parallelo, mostrando i due lati della questione, perchè la gente sappia comunque com’è che si usa la notazione tradizionale. Qui in Brasile ora c’è una scuola dove tutti e dieci gli insegnanti stanno adottando il mio sistema, incluso ovviamente l’insegnante di batteria! Questo è tutt’ora un sistema nel quale si ha bisogno di un apprendistato con te o con chi si è formato con te, giusto? Esattamente: la pubblicazione che ho lanciato è un dizionario dove troviamo le parole che ci servono per esprimerci, ma per le quali abbiamo bisogno di un contesto dove possano essere usate. Vedi, il grande problema con il ritmo in quanto argomento è che lo si è sempre considerato nell’ottica che le battute dovessero sempre rispettare una logica quaternaria. Per esempio, nel samba o nel reggae abbiamo una metrica binaria, solo che la quadratura è quaternaria (nella teoria musicale occidentale, per quadratura si intende la scomposizione di ogni movimento principale di una data battuta in due suddivisioni secondarie di uguale valore, NdA). Ovvero, la formula della battuta è binaria tuttavia la quadratura è quaternaria, ed è qui che è nasce la confusione tra quadratura e tipo di metrica. Ovvero, nei succitati casi del samba e del reggae mi ritrovo sempre con una battuta binaria che si è voluto per forza constringere in una quadratura quaternaria: in questo caso, ad esempio, quando contiamo da uno a quattro stiamo contando una quadratura, mentre la formula della battuta dovrebbe essere tradotta con un altro conteggio. Come spiegheresti il tuo sistema ritmico - che hai chiamato Limatura - nel modo più semplice possibile in modo che qualcuno che non ne sa nulla si avvicini al tuo metodo per saperne di più? FaceToFace JACK LIMA Nei miei seminari e con i miei allievi comincio partendo dalla suddivisione binaria, poichè tutti abbiamo esperienza di tale suddivisione: infatti, mentre camminiamo usiamo la suddivisione binaria a ogni passo che facciamo ed in questo caso è come se marcassimo tempo e controtempo. La prima cosa che una persona impara con questo sistema è come contare fino a otto battendo le mani ogni due tempi: ovvero, non c’è modo di battere la mano dopo averla battuta una prima volta senza averla prima alzata. Quando alzi la mano dividi quindi il tempo a metà marcando in aria il controtempo - per cui possiamo affermare che ogni battito delle mani racchiude nello stesso gesto sia un tempo che la sua metà, e questa cosa tutti riescono a capirla anche senza saper leggere uno spartito. Dopo aver capito questo concetto si lavora sulle variazioni sottostanti allo stesso: per esempio, quante possibilità ritmiche ho all’interno del battere e del levare all’interno di un ciclo di otto colpi? Ho 128 possibilità! Ho sviluppato perciò una progressione matematica per cui si comincia suonando la prima possibilità che è la “1+7”, ovvero l’esecuzione del primo colpo e il silenzio su altri sette eventi tra tempi e controtempi. Quando la persona ha capito questo concetto allora si comincia a studiare sul Dizionario del ritmo e si vedono le altre metriche che propongo: ad esempio il 4 x 8, che significa che al deno- minatore trovo il numero otto, ma di questi otto colpi ne sto usando in realtà solo quattro. O, ancora, il 6 x 8, che vuol dire che su otto colpi ne sto usando solo sei, e così via, il tutto spiegato unicamente in relazione al battito delle mani: in futuro anzi svilupperò molto materiale sull’uso di questo metodo usando proprio il corpo. Dopo aver capito la suddivisione binaria è poi facile capire anche quella quaternaria e quella ternaria. Ho osservato una notevole differenza nella capacità di improvvisare e leggere a prima vista nelle persone che studiano anche sul mio metodo rispetto agli studenti che studiano solo su materiale ‘tradizionale’. Qual è la reale diffusione del tuo metodo in Brasile? Praticamente in ogni zona del Brasile diverse persone lo stanno usando, e il mio sito è molto visitato. L’unico problema per le scuole che vogliono usare questo materiale è che gli insegnanti lo devono studiare prima, per cui non c’è un problema con la metodologia quanto con il fatto che gli insegnanti vanno prima formati, per poi lavorare in parallelo con la notazione tradizionale. Ho insegnato in diverse università, dove spesso però gli insegnanti non hanno il tempo necessario da dedicare alla loro stessa formazione sul metodo: allora ho cominciato a lavorare in un altro modo, formando ‘dal basso’ i musicisti che a loro volta frequentano le università e le scuole private, in modo tale che diventino essi stessi uno strumento di pressione per far sì che gli insegnanti di cattedra si formino sul mio metodo. Insomma, il pro del mio sistema è che funziona, il contro è che prima lo devi studiare, e per ora l’unico modo per capire come funziona nel suo insieme è attraverso di me! Ti rimane del tempo per gestire dei progetti musicali veri e propri al di fuori dell’insegnamento? Attualmente prendo parte a progetti di altri colleghi, e nel frattempo conduco workshop sul mio metodo, oltre che a tenere regolari lezioni di chitarra e pianoforte. Voglio dedicarmi solo a curare la didattica in maniera costante sino a quando non ci saranno abbastanza insegnanti preparati per tramandare il mio metodo, e allora sarò finalmente libero di dedicarmi anche alla musica in senso più ampio. Tieni presente che il mio metodo è complementare a quello tradizionale anche per quanto riguarda il sistema di apprendimento delle note e per la lettura: ho elaborato un software per cui l’alunno impara a leggere tutte le note e gli accordi correttamente in una settimana, ma la mia idea è di lavorare per ora solo con il ritmo, perché è il ritmo che fa funzionare le note. JACK LIMA Dicionário de ritmo Edizioni SMD LTDA - ME Con le sue 250 pagine, questo Dizionario del ritmo si presenta come l’ausilio principale - secondo solo al fare lezione direttamente con l’insegnante - per accedere alla spiegazione e agli esercizi del sistema di solfeggio ritmico ideato da Jack Lima. Un sistema che funziona utilizzando direttamente i numeri e le formule matematiche al posto delle figure ritmiche. Come recita l’introduzione: “questo dizionario presenta, in maniera organizzata, tutti i sussidi necessari perché il musicista possa comprendere ritmicamente qualsiasi spartito gli si presenti, indipendentemente dallo stile e dalla maniera nella quale è stato scritto...”. Vengono in particolare mostrate la logica del come si costruiscono le battute, le formule metriche proposte, l’equivalenza delle stesse con le metriche tradizionalmente utilizzate e una guida per realizzare gli esercizi proposti. Ottimo ausilio alle lezioni con l’autore, che per motivi geografici non possono che essere effettuate on-line. Disponibile su www.smdjacklima.com.br Davide Bernaro 60 M U R D MARCO MONACO GIULIANO FERRARI 2014/15 GIOVANNI CAMPANELLA BRUNO LAGATTOLLA CORSI DI BATTERIA PER TUTTI I LIVELLI E PER TUTTI GLI STILI LABORATORI MULTISTILISTICI DI MUSICA D’INSIEME CORSI MONOGRAFICI MARCO ROVINELLI SONG DRUMMING Via Luca Marenzio 12 - Roma 06/45426954 [email protected]! Sound Check rullanti PMsnare Passione per il suono PMsnare nasce dall’idea di Pippo Maniaci (batterista autodidatta) di coniugare le sue due passioni, la musica e il legno. Le prime esperienze nella falegnameria del fratello hanno portato Pippo verso la professione di falegname/ebanista e a coltivare negli anni l’idea di realizzare un proprio rullante in legno. di Bob Baruffaldi I rullanti attuali arrivano dopo una serie di innumerevoli prove, studi e sperimentazioni, oltre a una lunga ricerca su legni e spessori. La particolarità di questi PMsnare consiste nel fatto che sono realizzati in legno massello, utilizzando essenze pregiate: bubinga, zebrano, wengè, palissandro, afromosia, etimoè e molte altre ancora. I fusti vengono realizzati con una struttura a blocchi masselli, curvati e sovrapposti in senso orizzontale. I bordi sono tagliati a quarantacinque gradi, mentre la lucidatura esterna del fusto è realizzata a mano con cera naturale per esaltare le venature del legno utilizzato. Sono tre i modelli che ci sono stati inviati per questo test approfondito, andiamo quindi a esaminare tutto nei dettagli… 62 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 Il test Iniziamo con il primo modello, un rullante in Zebrano e acero, con il fusto da 14” x 6.5”, dal look dominato da una striscia orizzontale in versione natural e con le venature del legno che qui sono decisamente in evidenza. I cerchi sono a tripla flangia, hanno uno spessore da 2.3 millimetri e sono dotati di dieci fori per i tiranti, mentre la macchinetta è www.drumsetmag.com 18025 rullanti artigianali PMsnare Prodotti e distribuiti da PMsnare, via Benedetto Scillama, 95041 Caltagirone (CT). Tel: + 39 339 5652415; 333 7190082; [email protected]. www. pmsnare.it Prezzi di listino: serie Bubinga euro 480,00; serie Zebrano #TopCollection euro 720,00; serie Wengè #TopCollection euro 750,00. del corpo. Gli armonici sono presenti in quantità non eccessiva e danno una certa vita al suono generale. Ottimi anche questa volta la definizione sonora, la sensibilità della cordiera e il volume, che regala una presenza notevole a questo ottimo rullante. una Dunnett di colore nero, che può ruotare di 180 gradi in senso orizzontale e che gestisce alla perfezione una cordiera Puresound Equalizer dotata di sedici fili. La pelle battente è una Remo Ambassador Coated, mentre la snare è una Remo Renaissance. I fori per l’espulsione dell’aria sono due, posizionati in maniera simmetrica, mentre i blocchetti sono di tipo singolo per ogni superficie e ricordano da vicino quelli utilizzati su alcune serie prodotte dalla Mapex. Il suono è abbastanza articolato e copre un’ampia gamma di frequenze, con gli armonici presenti nella giusta quantità e facilmente controllabili con l’accordatura. Ottima la presenza del corpo, così come il volume a disposi- zione e la sensibilità, rivelatasi eccellente in ogni condizione. Grande versatilità. Il modello in Wengè da 14” x 7” ha un fusto con un profilo in acero, e condivide alcune caratteristiche hardware con lo zebrano appena descritto, come i blocchetti, i cerchi, le pelli (la snare qui è una Remo Ambassador) e i due fori per l’aria nella stessa posizione. La macchinetta per la gestione della cordiera a venticinque fili è una Dunnett dello stesso tipo di quella in dotazione al modello in zebrano, ma in versione cromata. Il suono è anche qui articolato, ma con una nota fondamentale più bassa e una maggiore presenza 63 Diverso il discorso per il modello in Bubinga, anche perché il fusto ha le dimensioni di 12” x 6” e il look è più usuale, con i blocchetti in un unico elemento, che ‘servono’ le superfici battente e snare. I cerchi sono a tripla flangia da 2.3 millimetri e hanno otto fori, mentre la macchinetta è di tipo economico, con una levetta che agisce parallelamente al fusto ed è incaricata di gestire la cordiera a sedici fili. I bordi sono sempre a 45 gradi, due i fori per l’aria (come nei modelli precedenti) e pelli Remo Ambassador in dotazione: Coated (battente), e Snare. Il suono è abbastanza brillante, la quantità di armonici discreta, a vantaggio della definizione che qui appare ottima a prescindere dal tipo di accordatura applicata. Ottimo il volume a disposizione, a garanzia di una presenza molto decisa. Un rullante extra da avere assolutamente nel proprio set. Conclusioni I rullanti PMsnare hanno dimostrato lungo il corso del test delle qualità sonore di ottimo livello, oltre a essere realizzati con grande cura e attenzione ai dettagli. Da migliorare qualche elemento relativo al look, per poter conferire così un identità precisa a ogni tamburo. Da provare. Un grosso saluto a tutti i lettori, ai quali ricordo sempre la disponibilità per qualsiasi tipo di richiesta o chiarimento. Ci leggiamo presto. Sound Check hardware Tama Star Safe & sound... Il nuovo hardware della serie Star, presentato dalla Tama nel corso dell’edizione 2014 della Musikmesse di Francoforte, è stato realizzato con un obiettivo ben preciso, quello dell’innovazione. Un termine che risulta davvero adatto, visti il numero e la qualità delle novità in dotazione a ogni supporto. di Bob Baruffaldi P er la realizzazione finale, ogni elemento è stato analizzato e ridisegnato per poter garantire stabilità e grande precisione nelle regolazioni. Il posizionamento è stato preso in esame come primo elemento, e in maniera molto attenta, con il risultato di una quantità infinita per ciò che riguarda le possibilità di regolazione. Allo stesso tempo, la Tama ha lavorato pesantemente anche sulla stabilità di ogni supporto, prendendo in considerazione il fatto che ogni strumento, piatti o tamburi, non devono mai muoversi nel corso di una performance. Molto lavoro è stato fatto anche sul suono… Esatto, avete letto bene, il suono. Avete mai sentito parlare di aste che suonano e altre che non suonano? Questa è una realtà molto comune, cal- colando il grande numero di opzioni offerte dal mercato, non tutte realizzate in maniera ‘impeccabile’ sotto il profilo della risposta sonora. In questo senso, la Tama ha posto la massima attenzione sul design di aste e supporti che, oltre a essere molto stabili, possano garantire una sonorità trasparente a ogni strumento. Le caratteristiche comuni a tutti i nuovi supporti si chiamano Glide-Tite Grip Joint e True-Sound Isolation Mute. Nel primo caso, la struttura dei tubi nella zona di movimento risulta ibrida e combina i vantaggi strutturali e acustici del contatto metallo/metallo con la qualità di scorrimento tipiche del nylon. Nel secondo caso è stata perseguito un assorbimento delle vibrazioni con un design che prevede la presenza 64 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 di parti in gomma morbida e in plastica più dura per eliminare movimenti e vibrazioni superflue. In pratica, ogni tubo che scorre in quello sottostante è dotato di una sorta di sordina interna in gomma tenuta in posizione da un inserto in plastica, che elimina all’origine qualsiasi possibilità di vibrazione. L’asta a giraffa HC103BW è dotata del sistema Orbital Quick-Tite Cymbal Tilter, che permette di avere un’infinita possibilità di regolazione dell’angolazione del piatto, senza scatti, anche perché il piccolo supporto dotato di feltrini che sorregge il piatto (L-Rod) può essere regolato in maniera indipendente rispetto all’inclinazione e all’altezza del braccio della giraffa. L’Orbital Quick-Tite Boom Tilter permette invece www.drumsetmag.com 18026 hardware Tama Star di regolare inclinazione, lunghezza e direzione della giraffa agendo su un’unica vite a T. I feltrini Ring-True hanno un inserto che assicura un contatto minimo con il metallo per massimizzare la risonanza del piatto. L’asta combinata HTC107W offre un supporto del piatto identico a quello appena descritto, con integrato un supporto per tom (Swivel-Wing Tom Holder) dotato del sistema di regolazione omni-ball, che può orientarsi senza problemi in ogni direzione, coprendo un raggio di dieci centimetri. Sempre in tema di supporti per i tom abbiamo l’HTW109W, un reggitom da terra dedicato, con lo Swiwel-Wing Tom Holder e una piastra che include due supporti separati, entrambi dotati del sistema omni-ball, dalle caratteristiche identiche a quelle appena descritte per il supporto HTC107W. Snare Basket che, tramite l’azione su una vite a T, permette di regolare la lunghezza di uno tre dei braccetti, cambiando quindi il diametro del ‘cesto’, evitando l’oscillazione verticale. Agendo poi con una normale chiavetta sulla relativa vite, l’intero cesto può scorrere in senso orizzontale indipendentemente dal resto del supporto. Tutti gli elementi del cesto sono stati disegnati per minimizzare il contatto con il rullante, garantendo così la piena vibrazione e la risonanza del fusto. La posizione di default permette di ospitare rullanti da 13” a 15” di diametro. Tramite la semplice inversione di un piccolo blocchetto di colore nero, il supporto può ospitare anche rullanti del diametro di 12”. I piedini di appoggio in gomma sono dotati del Retractable Spike-Foot, puntale retrattile in metallo che permette la massima stabilità e aderenza su qualsiasi superficie. Super versatile. Last but not least, abbiamo il reggirullante HS100W, dotato del Cradle-Hold 65 Distribuita da Mogar Music S.p.A., via Bernini 8, 20020 Lainate (MI), tel. 02 935961. www.mogarmusic.it Prezzi al pubblico (IVA compresa): Asta piatto a giraffa euro 193,98; asta combo piatto/reggitom euro 242,78; reggitom da terra euro 193,98; reggirullante euro 164,7. Conclusioni Il nuovo hardware Star ha superato il nostro test in maniera più che brillante, mostrando delle caratteristiche di funzionalità, stabilità e possibilità di regolazione che possiamo definire eccellenti senza alcun timore di smentita. La presenza dell’elemento innovativo si fa sentire in maniera decisa e reale. Assolutamente da provare. Un grosso saluto a tutti i lettori, ai quali ricordo sempre la disponibilità per qualsiasi tipo di richiesta o chiarimento. Ci leggiamo presto. Sound Check Cajón Meinl Flamenco Fandango Line Eleganza tecnologia e comfort Il nuovo cajon della serie Artisan si colloca al top della gamma della Meinl Percussion. Le sue caratteristiche estetiche e sonore, la scelta dei materiali e le tecniche di costruzione utilizzate sono ai massimi livelli del mercato. Eleganza, tecnologia e comfort sono declinati senza compromessi. Uno strumento per musicisti esigenti che non badano a spese pur di avere uno strumento esclusivo. di Antonio Gentile C redevamo che la serie Artisan della Meinl Percussion avesse ormai raggiunto il top con i modelli presentati nel 2012, ma la casa tedesca è riuscita a superare se stessa, progettando e realizzando uno strumento veramente unico nel suo genere. Il cajon flamenco Fandango Line AE-Caj9 riesce infatti nell’incredibile impresa di eclissare i suoi pur degnissimi predecessori della serie Artisan, prodotta in Spagna da un’azienda artigiana di grande qualità. L’unica cosa standard del cajon Fandango sono le misure. Tutto il resto è fuori serie. Il corpo dello strumento è interamente realizzato in compensato di Pioppo Tulip (Liriodendron tulipifera). All’interno, il corpo è scavato e arrotondato in modo da garantire una propagazione delle onde sonore perfettamente controllata, priva di risonanze indesiderate. La buca posteriore è dotata di uno speciale cerchio di legno proteso verso l’interno del cajon, che aiuta a definire le basse frequenze e agisce 66 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 come una sorta di compressore naturale. Per controllare ulteriormente la pressione dell’aria sulle basse frequenze, la buca è velata all’interno da una sottile rete di materiale sintetico. La superficie superiore è resa elegante da un delicato intarsio rettangolare e sia questa che i fianchi del cajon portano il logo della serie Artisan marchiato a fuoco. La tapa (superficie battente frontale) è realizzata con un magnifico legno di Tineo o Indian Apple Wood (Wein- www.drumsetmag.com 18028 cajón mannia trichosperma), un legno rosato con venature nere molto usato in arredamento per realizzare pannelli decorativi di grande pregio. Come in tutti i cajon della serie Artisan, gli spigoli e gli angoli superiori della tapa sono smussati da più parti, così da assicurare il massimo comfort delle mani. Ma le sorprese non sono finite. Il sistema di cordiere interno è realizzato con ben 16 spirali d’acciaio molto sottili disposte verticalmente all’interno della tapa. Le spirali sono distribuite in maniera simmetrica sui due lati della tapa e la loro tensione è regolabile grazie a un sistema governato da due brugole. Ogni brugola regola una serie di spirali, indipendentemente dall’altra. Questo vero e proprio arsenale di spirali è controllato da una sordina di tessuto che corre trasversalmente da un lato all’altro della tapa esattamente a metà altezza. Non avevo mai visto prima un sistema di sordinatura come questo e mi sono molto incuriosito sulla sua efficacia. Per finire, perfino i piedini in gomma che sostengono il cajon sono stati scelti dalla casa con estrema cura per assicurare comfort e perfetta risposta sulle basse frequenze. Da questa descrizione avrete capito che le finiture estetiche di questo cajon sono molto eleganti e sobrie. Talmente sobrie che persino il logo Meinl è serigrafato in bianco nell’angolo inferiore destro della tapa, in modo da non interrompere le bellissime venature del legno di tineo. Il test La prova su strada è al di sopra delle aspettative, per quanto queste fossero già piuttosto alte. La definizione e il controllo dei bassi è ottimo. Il suono è rotondo e controllato, già equalizzato e compresso perfettamente dallo strumento stesso. Gli alti sono ancora più controllati e definiti dei bassi. Con tutte le spirali inserite all’interno, mi aspettavo una presenza eccessiva della cordiera. Invece la sordina, come pure la disposizione delle stesse spirali, permette di controllare perfettamente le vibrazioni, dosandole in maniera automatica a seconda del bisogno. La tapa suona perfettamente con qualsi- 67 Meinl Artisan Edition Flamenco cajon Fandango Line AE-Caj9 Distribuita da Master Music, www.master-music.it Prezzo di listino (IVA inclusa): euro 875,00 asi tipo di dinamica: potete carezzarla con la punta di un dito o percuoterla con violenza inaudita e lei risponderà in maniera perfettamente lineare alle sollecitazioni. Questo si traduce in un controllo assoluto delle dinamiche mai ottenuto prima su nessun altro cajon della stessa serie. Il Fandango si conferma essere uno strumento di altissimo livello. Nasce come un cajon flamenco per eccellenza, ma può essere adattato a qualsiasi stile di musica acustica, nella quale si possa fare uso di dinamiche, anche esasperate. È uno strumento per palati fini… e portafogli grossi. Destinato a musicisti dai gusti raffinati o a feticisti disposti a tutto pur di soddisfare le proprie irrefrenabili pulsioni! My Old Flame Rullanti Ludwig Supraphonic Non c’è al mondo un rullante più famoso del Ludwig Supraphonic. Punto! Per molti anni questo tamburo, in particolare nella sua versione da cinque pollici, ha rappresentato lo standard assoluto tra i rullanti: personalmente ho perso la memoria di quanti set di qualsiasi ditta mi siano giunti equipaggiati proprio con un Ludwig Supraphonic. di Antonio Di Lorenzo N on è difficile affermare che, fino alla metà degli anni ’80, fosse ancora lui il rullante usato per tutte le registrazioni (prova ne sia il fatto che lo stesso Steve Gadd ne ha usato per molti anni uno sui suoi set Yamaha). Difficile per chiunque resistere al fascino sonoro, alla praticità e alla versatilità del Supra. Se qualcuno mi chiedesse di portare un solo rullante in giro per suonare qualsiasi cosa, sceglierei sicuramente un Supraphonic da 5”. Senza nul- la togliere al modello da 6,5” che è stato a sua volta un pezzo di storia del jazz e del rock (basti pensare a Bonzo!). Anzi, la grandezza del Supraphonic risiede anche nel fatto che le sue due versioni, quella da 5 pollici (LM400) e quella da 6,5 pollici (LM402), rappresentano due tamburi fra loro diversi e complementari, tant’è che sorge spesso l’esigenza di possederli entrambi. Per tacere ovviamente di tutte le imitazioni, che negli anni si sono avvicendate da parte di tutte 68 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 le ditte costruttrici, per replicare il successo del rullante in questione. Ma veniamo alla storia: nel 1958 la Ludwig riacquisì il proprio nome e i vecchi macchinari e gli stampi con cui venivano prodotti gli Imperial Lugs; nacque così il rullante Super-Ludwig a 10 tiranti in ottone. Attenzione: sarà solo nel 1964 che questo stesso rullante prenderà il nome di Supraphonic 400, che conserverà sino a oggi. Dunque all’inizio i Su- www.drumsetmag.com 18029 pra erano in ottone (brass) ed è opinione diffusa che questi siano tra i migliori rullanti in metallo mai prodotti. Realizzati da una lastra unica, erano lavorati in maniera da ottenere un cilindro, senza che vi fosse saldatura nel fusto, tramite il sistema della imbutitura. Piuttosto pesanti, hanno un suono inconfondibile, perché penetrante, ma non stridulo, con un naturale decay degli armonici e senza nessuno degli incontrollati armonici che a volte si sviluppano nei rullanti in metallo. Sensibilissimi e più scuri rispetto alle versioni successive del Supra in alluminio, i primi esemplari in ottone, denominati nel gergo Chrome over Brass (COB), hanno un volume impressionante e sono prodotti solo nella versione da 5 pollici con i bordi ripiegati all’interno e la tradizionale ‘piega’ a fare da ‘letto’ per la cordiera (snare bed). Non di rado le parti meccaniche, il tendi cordiera P 83 e la parte opposta, sono marchiati WFL; la Ludwig continuò a utilizzare tali parti fino a quando non furono esaurite, e questa è la ragione per cui vi sono molti rullanti Ludwig con parti ancora marchiate WFL. Fin dai primi modelli, il Supra presentava il rigonfiamento centrale che rinforza il fusto, ormai tradizionale e tuttora presente. L’aumento del costo dell’ottone costrinse la Ludwig a cercare un materiale alternativo e alla fine si constatò che il miglior sostituto era l’alluminio. Nacque così il Supraphonic così come è tuttora prodotto oggi, in pratica senza sostanziali variazioni; in realtà esistono pochi esemplari con la saldatura centrale, ma la ditta di Chicago tornò subito al fusto imbutito, perché più efficace dal punto di vista sonoro. I Supraphonic in alluminio sono senza dubbio più squillanti dei loro predecessori in ottone e forse per questo sono diventati subito i rullanti più amati nel rock and roll. Parliamo dei numeri di serie degli esemplari esaminati in questo articolo: nessuno per il COB, cosa del resto abbastanza frequente perché questi modelli o ne sono privi oppure lo hanno bassissimo, poiché prodotti negli anni dal 1958 al 1960. Un altro Supra (sempre da 5”) ha il numero di serie 461392, con la sordina baseball bianca ed è un rullante del 1967. Uno degli ultimissimi Supra con lo shield badge (anno 1969) ha il nu- mero di serie 750174 e presenta caratteristiche tipiche della transizione, come la sordina tonda con pomello da 1” e il tendi cordiera P 85. Infine con numero di serie 750174 abbiamo uno dei primi Supraphonic con il blue olive badge, del 1969, con sordina tonda da 1” e tendicordiera P 85. Spesso mi hanno chiesto se esiste una differenza sonora fra i Supra di varie epoche; la mia soggettiva opinione è che, fatta eccezione per il COB, i rullanti sono sostanzialmente identici, ma che l’uso e il trascorrere degli anni ne modifica leggermente la sonorità, rendendola più scura. Ovvio che questo cambiamento di sonorità non è considerevole come accade in uno strumento in legno. In tutta onestà, la differenza è percepibile (a parità assoluta di settaggio e di pelli) solo quando si suona il rullante isolatamente; inserito in un drumset e, ancor più, nel contesto di un gruppo musicale, le differenze sono difficilmente percepibili. Tornando al Supraphonic, sono diversi ma coincidenti i motivi del suo grande successo: i dieci tiranti ne rendono accurata l’accordatura, ma anche flessibilissima e con un range di possibilità enorme; le meccaniche sono semplici ma efficaci (sia nella versione P 83 che P 85); il suono è equilibrato, potente e, soprattutto, nel caso del Ludwig L 400, assolutamente versatile: possiamo accordarlo basso, acuto, tiratissimo come facevano i batteristi reggae come Carlton Barret con Bob Marley, e testare tutte le varie accordature possibili tra pelle superiore e inferiore. In ogni caso lo strumento risponderà perfettamente. Si è parlato del mistero dello snare bed del Supraphonic e di come la Ludwig custodisca il segreto (abbastanza relativo!) della sua profondità e curvatura; in realtà il ‘letto’ è dato da un restringimento del fusto ottenuto molto sapientemente, ma di cui non conosciamo i dettagli! Qualche parola invece va detta a parte per il modello da 6,5” (ovviamente tutti ricordano il rullante di Bonzo…). Il modello L 402 è uno strumento con una sua differente e precisa personalità e non il fratello meno conosciuto del 400. Introdotto nel 1960, il Supra da 6,5” trovò la 69 sua fortuna nel rock, che cominciava a essere pesantemente amplificato: era lo strumento perfetto per confrontarsi con i watt prodotti da una pila di amplificatori Marshall. È uno strumento che perde in sensibilità qualcosa rispetto al modello L 400, ma ovviamente genera un volume impressionante e, con una cordiera con più fili (Bonzo usava una Gretsch a 40 fili) riprende tutta la sua sensibilità, mantenendo intatta la sua personalità. Ovviamente meno squillante del 5”, L 402 è perfetto per le orchestre, ma anche per tutti coloro che non amano sentire i rullanti acuti. Diventò ben presto il rullante più amato nell’hard rock e conserva tuttora il suo fascino e la sua storicità. L’esemplare da noi testato ha il numero di serie 1313073 (anno 1978) e si presenta con tutte le peculiarità di questo tipo di B/O Badge. A testimonianza della costante qualità del Supraphonic abbiamo provato anche un modello più recente, un LM402 definito Last Chicago Badge, cioè l’ultima produzione fatta nella città di Chicago prima del trasferimento della ditta Ludwig nella città di Monroe: lo strumento in questione, pur non essendo vecchissimo (è del 1985), suona quasi come gli altri, ma con un suono che percepisco leggermente più ‘chiuso’. I più attenti osservatori hanno notato una piccola differenza nello spessore dei fusti a partire forse da 1992 e sicuramente dal 2004; inoltre lo spessore dei cerchi è maggiore nei nuovi rullanti (2,3 mm.), mentre è più piccolo nei nuovi Supraphonic il rigonfiamento centrale. Ma ancora una volta occorre onestamente constatare che è difficile percepire la differenza, soprattutto se si suona il rullante nel contesto del set. Lo scorso mese la Ludwig ha presentato un rulante Limited Edition, con uno speciale badge in ottone, per celebrare i 50 anni del asuo tamburo più celebre. Infine una piccola curiosità: uno dei Ludwig L 402 di Bonzo ora lo possiede Dave Grohl, che lo ha acquistato per una cifra notevole (si parla di 80.000 dollari). Beato lui! Pace e amore What a Wonderful World La cabasa www.drumsetmag.com 18030 Uno strumento moderno, diventato indispensabile nell’armamentario del percussionista contemporaneo, che discende da uno strumento yoruba dalle origini molto antiche. Dalla musica rituale afrobrasiliana al mercato globale, attraverso una metamorfosi strutturale e un vero e proprio processo transculturale. di Antonio Gentile L a cabasa che tutti conosciamo non è altro che la versione moderna dell’afoxé brasiliano che, a sua volta, deriva da uno strumento yoruba o meglio, per essere più precisi, del sottogruppo etnico Ijeshà. In origine l’afoxé è un frutto di calabaço essiccato e svuotato, al quale viene fissato un manico di legno. La superficie del calabaço è rigata longitudinalmente. Intorno al corpo dello strumento è intessuta una rete nella quale sono infilate delle perline o semi duri. Facendo ruotare il manico dell’afoxé mentre l’altra mano lo sostiene, i semi sfregano sulle rigature producendo un suono di raschiamento. Un suono più debole si ottiene anche scuotendo o colpendo con le dita l’afoxé. Si tratta quindi di uno strumento ibrido, un idiofono a raschiamento/scuotimento. Marginalmente può essere anche percosso con le dita o con un battente, ma si tratta di tecniche poco utilizzate. L’afoxé è un indiscusso protagonista di molte sfilate della comunità afrobrasiliana di Bahia. In particolare è molto utilizzato durante le cerimonie e le sfilate dedicate a Oshun. Molta della sua popolarità si deve senza dubbio alle sfilate oceaniche messe in atto dagli affiliati all’associazione culturale dei Filhos de Gandhi, nata come dopolavoro dei portuali di Salvador negli anni ’30. In queste sfilate l’afoxé è talmente presente da aver prestato il proprio nome all’evento stesso. La cabasa moderna fu creata da Martin Cohen della LP negli anni ’70. Un cilindro di legno dotato di manico ospita sulla superficie laterale un pezzo di lamiera corrugata intorno alla quale sono liberi di ruotare alcuni anelli di catenella a sfere d’acciaio. La tecnica esecutiva è la stessa dell’afoxé, ma il timbro metallico produce un suono più tagliente ed efficace. Soprattutto la robustezza della cabasa, grazie ai materiali impiegati nella costruzione, è decisamente superiore a quella dell’afoxé. Queste caratteristiche hanno decretato rapidamente il grande successo di diffusione della cabasa in tutto il mondo. Oltre a soppiantare quasi totalmente il suo predecessore, la cabasa è diventata anche uno degli strumenti più utilizzati in tutti i generi della musica moderna. Questo strumento, assimilabile nelle caratteristiche timbriche allo shaker o alle maracas, possiede infatti delle caratteristiche tecniche veramente uniche. Grazie al pieno controllo dei movimenti ritmici e della durata dei suoni, può essere utilizzato in qualsiasi genere musicale, anche quelli con caratteristiche estreme. Nei brani con 70 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 velocità metronomiche molto basse, per esempio, è uno dei pochi strumenti a percussione facilmente utilizzabile. Lo stesso si può dire nel caso di pezzi che richiedano l’accompagnamento di pattern sincopati e molto spaziati (con lunghe pause, magari irregolari). La tecnica della cabasa non teme neppure la sfida con i tempi dispari o con le partiture più complesse. Per questo motivo, al giorno d’oggi, non la troviamo più solo nella musica brasiliana ma in qualsiasi genere musicale del mondo, dalla musica contemporanea al jazz all’elettronica o alla musica pop. Per questo stesso motivo tutte le grandi aziende produttrici l’hanno inclusa nel loro catalogo e ne hanno progettato parecchie versioni. Tra tutte vale la pena citare la Foot cabasa della Meinl Percussion, che permette di suonarla utilizzando un pedale appositamente progettato. I manuali della collana Percussion Master. Dopo Djembé & percussioni africane, Congas & percussioni afrocubane, Samba & percussioni afrobrasiliane, Cajon & cajon add-ons, ecco il quinto volume: Maracas & piccole percussioni. La didattica fra tradizione e modernità. Scritti da Antonio Gentile. consigliati da Una collana multimediale in continua espansione Per ordinarli: www.drumsetmag.com/store LightMyFire ANTONIO GENTILE Congas e percussioni africane Edizioni Drumset Mag Secondo capitolo della collana Percussion Master dedicata da Antonio Gentile al mondo dei ritmi e degli strumenti a percussione afrocubani. Diciamo subito che ci troviamo di fronte a uno dei migliori metodi pubblicati sul genere e certamente al miglior metodo mai pubblicato in italiano e da un italiano. Nelle sue 130 pagine, il libro si pone come un manuale di riferimento a molti livelli: è infatti a un tempo un testo didattico ricco di esercizi, ritmi e consigli esecutivi su un ampissimo ventaglio di stili musicali dell’isola di Cuba; un prezioso manuale di consultazione per quanto riguarda la terminologia inerente i generi e le percussioni tipici della musica afrocubana e una guida alla scelta, alla cura e alla manutenzione dei principali strumenti trattati. Per la prima volta inoltre incontriamo una trattazione chiara e completa della timba - genere sorto a Cuba a cavallo degli anni ’90 - e del latin-jazz, oltre alla miglior disamina a tutto campo delle strutture ritmiche analizzate, che comprendono tutti gli stili più importanti del genere: dal son alla rumba, passando da mozambique, songo e chacha-cha. Preziosa la sezione dedicata ai ritmi per batà, che presenta altresì una serie di interessanti trasposizioni di toques de batà per un solo percussionista su tre congas. Importante la parte dedicata ai principali maestri della percussione cubana: una serie di piccoli ritratti artistici fondamentali per comprendere l’importanza didattica e storica del materiale proposto. La struttura dell’opera fornisce una fonte pressochè inesauribile di studi sia agli amatori che ai professionisti: infatti, ogni aspetto della trattazione è affrontato in maniera completa e rimanda altresì a ulteriori approfondimenti, stimolando la curiosità del lettore sui generi, gli strumenti e gli argomenti affrontati. L’autore mette a disposizione gratuitamente sul proprio sito (http://www.percmaster.it/Libri.html) tracce audio e video continuamente aggiornate riguardo ai contenuti del libro, utilissimi complementi a un già eccellente lavoro. Avessimo avuto tra le mani quest’opera in Italia venti anni fa, avremmo di certo avuto una vita da studenti di percussioni etniche molto più facile. Bravo Antonio, e grazie. Davide Bernaro CIANCAGLINI KIKOSKI NEMETH Second Phase Via Veneto Jazz Terzo album da leader per il contrabbassista Pietro Ciancaglini, il cui titolo lascia chiaramente intendere come l’artista romano abbia deciso di voltare pagina e di lasciarsi alle spalle quanto pur di eccellente fatto sinora nella sua carriera per iniziare a scrivere una nuova pagina della sua vita artistica. Una pagina che inizia con le parole giuste: come un bel romanzo che ti prende sin dalle prime righe, sin dalle prime note veniamo immediatamente trasportati in una dimensione internazionale, sia per lo spessore dei musicisti impegnati sia per l’atmosfera da jazz club newyorchese che le casse dello stereo immediatamente rimandano. Merito sia della scrittura di Ciancaglini (tutte sue le composizioni dell’album, tranne gli standard “It’s Wonderful” e “I love You” e “Gloria’s Step”, immancabile omaggio a Scott La Faro) sia dei partner scelti oculatamente per la registrazione: il pianista David Kikoski, che vanta collaborazioni con star del calibro di Roy Haynes, Randy Brecker e Bob Berg, e il bravissimo Ferenc Nemeth alla batteria, un ungherese da anni residente nella Grande Mela, dove ha avuto modo di suonare, tra gli altri, con Herbie Hancock, Wayne Shorter e Joshua Redman. Spesso chiamato alla ribalta (in particolare segnaliamo la sua introduzione percus- 64 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 sionistica su “Bright Soul”, gli intensi scambi con il contrabbasso su “Opening” e l’assolo su una vamp in “Discipline”), Nemeth offre un saggio di accompagnamento jazz moderno, un concentrato di energia, raffinatezza, drive e sensibilità. Un disco eccellente. Alfredo Romeo COLLINA CERVETTO PEILLON & BOSSO Michel On Air Incipit Record Il Michel al quale si fa riferimento nel titolo è Petrucciani, il grande pianista jazz e compositore venuto a mancare quasi 15 anni or sono, la cui prematura scomparsa ha lasciato un grande vuoto nel mondo del jazz. I musicisti protagonisti di questo album ne onorano la musica e l’eredità artistica interpretando in maniera inappuntabile 12 cavalli di battaglia del suo repertorio, 10 originali più due brani di Ellington particolarmente amati dal pianista francese. La spiccata vena melodica di Petrucciani viene esaltata dall’ospite d’onore di questa registrazione, il formidabile trombettista Fabrizio Bosso, al quale viene demandata l’esposizione di tutti i temi (e che la fa da padrone anche per quanto riguarda le improvvisazioni). Dietro di lui si fanno apprezzare il pianista Alessandro Collina, il contrabbassista (francese) Marc Peillon e il batterista Rodolfo Cervetto, molto abile nell’uso delle spazzole (con le bacchette lo si ascolta solo su “Take the ‘A’ Train”, ma neanche per tutto il brano…). Un tributo elegante e godibile. Alfredo Romeo FRANCESCO LOMAGISTRO & Berardi Jazz Connection A New Journey Jazz Engine; distr. Goodfellas La formazione capitanata dal batterista tarantino realizza con A New Journey il suo quarto album, ancora una volta all’insegna di una formula rivelatasi vincente, soprattutto nei confronti del mercato discografico estero (non per nulla il disco è stato pubblicato dapprima per il Giappone dalla P-Vine Records). Una formula che privilegia l’esecuzione di brani per lo più originali dal groove sempre in bella evidenza, che rimandano al jazz dell’etichetta Blue Note degli anni ’60 e ’70, senza disdegnare incursioni in ambiti soul, funky e persino pop. Rinnovata, ma non per questo meno affiatata, la BJC vede ora gli eccellenti Michele Campobasso al piano e tastiere, Camillo Pace al contrabbasso, Vincenzo Presta al sax tenore e Francesco Lento alla tromba, ai quali si uniscono alcuni special guests tutti attivi nell’area di New York quali la cantante Pat Tandy (che si cimenta in un ardito arrangiamento in chiave soul di “Money” dei Pink Floyd), il chitarrista e produttore Fabrizio Sotti (presente in “Such a Shame” dei Talk Talk) e il giovane rapper Demetrius MacKay, in arte The Surgeon (che impreziosisce “Afro Tricks”, uno dei brani più riusciti). Lomagistro si concede un’unica e concisa sortita solistica su “Before the Trip”, ma è comunque sugli scudi per tutto l’album, grazie al suo comping a un tempo classico e aggiornato. Un gran bel disco, ben suonato e altrettanto ben registrato, dal respiro decisamente internazionale. Alfredo Romeo FRANCO BAGGIANI Memories of Always Sound Records Jazz, funk, rock, composizione seriale. Quattro aree diverse tra di loro, talora lontanissime, che Franco Baggiani prova a unire reinventando il jazz-rock in un periodo che sembra aver riscoperto la vulgata elettrica cara a Miles Davis e ai suoi numerosissimi allievi. Da Miles si parte e si torna: un riferimento evidente per il prolifico trombettista fiorentino, che lo ha omaggiato e 65 rievocato in più di un disco, vedi l’ultimo My Way Through The Jungle, nel quale compariva “Black Satin”. Lo stesso brano – jungle funk davisiano del 1972 – compare in Memories of Always, tredicesimo lp di Baggiani, mai così nero, ipnotico, brulicante di suono e materia. Ispirandosi alla direzione gestuale colta, Baggiani ha condotto il suo ampio ensemble in sette lunghi brani che sbrigativamente potrebbero ascriversi alla corrente del jazz elettrico, ma che sono invece il frutto di una lunga seduta in studio, tra improvvisazione oracolare e funk concentrico. Percussioni e batteria a cura del trio Fabio Ferrini, Alessandro Criscino e Alberto Rosadini, che tiene bordone alle fughe di fiati e chitarre in un album elettrizzante. Floriano Ravera MASSIMO DISCEPOLI Parallax DOF Compositore, produttore, polistrumentista e insegnante, oltre che batterista, Massimo Discepoli ha già alle spalle diverse esperienze importanti nelle situazioni musicali più disparate, ma da qualche anno sembra aver eletto l’area sperimentale elettroacustica quale suo preferito terreno di gioco. Per la sua prima etichetta, la Acustro- nica, ha inciso quattro dei cinque album realizzati sotto lo pseudonimo Nheap e, più di recente, ha creato la DOF, per la quale pubblica questo Parallax, primo album licenziato sotto il suo vero nome. Il lavoro del musicista umbro rappresenta per certi versi un paradossale rovesciamento dei canoni di certa musica ambient, da cui la batteria è di solito bandita. Nei bozzetti sonori di Parallax il drum set occupa invece il centro della scena, ma in maniera non convenzionale: dimenticate qualsiasi idea di accompagnamento ritmico come anche il classico concetto dell’assolo di batteria. Discepoli punta piuttosto sulle enormi potenzialità coloristiche della sua batteria, voce spesso principale che si staglia con discrezione e leggerezza su eterei tappeti elettronici. Un delizioso paradosso. Alfredo Romeo PFM L’isola Aereostella/Immaginifica A quarant’anni dall’uscita dell’album L’isola di niente, il primo concepito principalmente per il mercato internazionale, la Premiata esce con la riproposizione live dello storico disco. Registrato a Tokio nel maggio 2014, con una qualità audio curata maniacalmente, L’isola LightMyFire se ghe pensu” (unico pezzo non originale), passando per quasi tutto quello che c’è nel mezzo. Alfredo Romeo è il primo di cinque album in cui la storica prog-band italiana ripropone dal vivo la produzione della prima metà degli anni ’70, in un cofanetto chiamato Il suono del tempo. Il batterista e frontman Franz Di Cioccio si muove liberamente e senza schemi fra tempi dispari, stacchi improvvisi, obbligati e dinamiche spinte, confermando una fantasia quasi introvabile al giorno d’oggi. Una scuola d’altri tempi, fonte di ispirazione, stupore e divertimento. Gli fa da spalla Roberto Gualdi, che prende il comando dei tamburi quando Di Cioccio canta. Oltre ai tre classici del disco originale, la title track eseguita per la prima volta dal vivo insieme a un ensemble vocale, “La luna nuova” un mix stilistico identificato da un riff di tastiera e la ballata “Dolcissima Maria”, la scaletta del nuovo live include “Via Lumière”, mai eseguita dal vivo, e “Is My Face on Straight”, fino a oggi suonata solo nei tour americani. L’isola è un must per i fan del rock progressivo, riproposto con un’esecuzione magistrale e una qualità da audiofili. Su cd, vinile e digital download. Mario A. Riggio THE TRIO Blackeye K-Brothers La visione di un singolo condivisa e fatta propria dai suoi compagni di strada: le idee e il modo di concepire la musica di Luca Biggio (sax tenore, clarinetto e clarinetto basso) hanno trovato in Daniele Liberti (contrabbasso) e Gaetano Fasano (batteria e percussioni) orecchie attente, cervelli reattivi e mani (e piedi) in grado di tradurre fedelmente in musica le intuizioni del leader. Jazz contemporaneo che non dimentica le proprie radici miscelato all’energia e all’immediatezza del rock, composizioni armonicamente scarne che lasciano ampia libertà ai musicisti coinvolti, campioni di interplay e di capacità di rischiare. Felicemente, l’adesione totale alla causa di questo trio pianoless si è estesa anche all’ospite d’onore, il trombettista Flavio Boltro, del tutto partecipe dell’estetica complessiva dell’album nei tre brani in cui si erge a protagonista. Da sottolineare, tra le note più positive di un album davvero interessante, il drumming di Gaetano Fasano: chiamato dall’assenza del pianoforte a tessere trame che vanno ben al di là del mero sostegno ritmico, il musicista campano ha modo di sciorinare lungo le sette tracce di Blackeye un mini compendio di storia della batteria, dal gioioso street beat in perfetto stile New Orleans di “Maktub” fino al dolente incedere funky della conclusiva “Ma VOODOO SOUND CLUB Voodoo Sound Club meets Banda MamiWata Brutture Moderne Seconda prova discografica per i bolognesi VSC, strepitoso sestetto capitanato dal sassofonista Guglielmo Pagnozzi e supportato dall’impeccabile sezione ritmica a firma Gaetano Alfonsi (bat- teria) e Danilo Mineo (percussioni). Affiancati dalla Banda Municipale della Città di Russi (RA) per sei delle otto tracce che compongono il cd, la band presenta qui un lavoro strumentale davvero troppo importante per essere sommariamente commentato in una breve recensione: partendo dall’afrobeat e dal funk del lavoro precedente, il gruppo ha creato una personale via agli stili africani che ha incontrato e assimilato, costruendo un affresco di suoni e ritmi destinato a catturare sin dalla primo ascolto. Impossibile scegliere tra le otto tracce, impreziosite in alcuni casi dai canti in arabo del chitarrista Reda Zine e da un rap in italiano davvero emozionante di Yuri Dini. Un disco raro, importante e da avere assolutamente nella propria collezione. Davide Bernaro 74 ANDY ZIKER The Jazz Waltz Libro + CD Alfred Music Scrive il maestro John Riley nella sua prefazione che “quando finalmente mi sono messo a studiare in 3/4, la mia capacità di suonare in 4/4 è migliorata clamorosamente, perché stavo iniziando a ‘sentire’ e ad ascoltare la musica in modo diverso”. Nel diluvio di metodi batteristici dedicati ai più disparati aspetti del drumming, Andy Ziker, batterista jazz e didatta alquanto popolare nella natia Arizona, si ricava uno spazio con un libro decisamente ben fatto, dedicato all’argomento 3/4 in ambito jazzistico, o jazz waltz, appunto. L’autore identifica otto “figure àncora”, ossia dei pattern in 3/4 generalmente eseguiti da piatto, hi hat e cassa, proposti in cinque diverse modalità (per esempio accentando l’1 sulla cassa; oppure accentando tutti e tre i quarti della misura con la cassa o con l’hi hat; o ancora, con un feel afrocubano in stile Elvin Jones, eccetera) e per ciascuna di queste combinazioni offre diversi esercizi su cui fare pratica, possibilmente utilizzando un metronomo e le tracce audio play along contenute nel cd allegato (che LightMyFire contiene anche un programma per velocizzare o rallentare il materiale e mandarlo in loop). Non mancano esempi di ritmi ‘etnici’ in tre quarti (bossa, songo, funk, reggae…), qualche pagina di diagrammi dedicati alle spazzole (a cura di Florian Alexandru Zorn), una sezione dedicata agli assolo in 3/4 e altre specificità. Di grande interesse le ultime 24 pagine del libro, ciascuna delle quali dedicata alle trascrizioni di ciò che alcuni grandi batteristi - da Jeff Ballard ad Antonio Sanchez, da Brian Blade a Paul Motian, da Roy Haynes a Elvin Jones - hanno suonato in alcuni brani, con la puntuale annotazione di tutti i dettagli relativi all’incisione e alla struttura del brano in esame. Un lavoro di sicuro interesse per insegnanti e batteristi appassionati di jazz. Alfredo Romeo DAVID KUCKHERMANN Advanced Frame Drums Vol. I & II www.kunaki.com I due dvd in questione sono rivolti a studenti di livello già avanzato sui tamburi a cornice. Il primo è incentrato sia sulle tecniche lapstyle position - con il tamburo tenuto in verticale su un ginocchio - che su quelle freehand position, ovvero tenendo il tamburo in verticale ma libero tra le gambe. Dopo una disamina delle varie posture per suonare la nota grave dei tamburi a cornice, comunemente denominata dum, segue lo studio in dettaglio dei colpi tak e snap, corredati da una serie di ritmi/ esercizi mostrati prima a piena velocità e poi al rallentatore. Si giunge così al capitolo sui fingerrols, la cui tecnica viene esaminata nel dettaglio, poi a una sezione sulla split-hand technique, tecnica derivante dalla musica indiana che permette di dividere la mano in tre parti. Nel capitolo sui multiple frame drums, ovvero sul suonare più tamburi a cornice contemporaneamente, si lavora sia su un unico ritmo suonato su due tamburi che sull’esecuzione di due ritmi diversi eseguiti contemporaneamente, lavorando con l’indipendenza tra le due mani. Numerosissimi gli ex- 75 tra, tra assoli, video dal vivo e practice tracks varie. Nel secondo dvd, David si concentra in primis su di una serie di tecniche da lui trasposte dal tonbak iraniano ai tamburi a cornice suonati in lapstyle. Si parte col riz, rullo a quattro o otto dita, tecnica di grande effetto: si passa poi allo snapping con relativi consigli, fino ad arrivare a snap doppi, tripli, quadrupli e a mani alternate, con & Alfredo Romeo TRAPS LightMyFire presentano relativi esercizi e ritmi a FLORIAN riguardo. Seguono un capi- ALEXANDRU-ZORN tolo sull’indipendenza, nel The Drum Master Key quale il lavoro consiste nel A Compact Guide to mantenere un ritmo stabile Musical Expression con la mano dominante per Alfred Music Publishing poi suonare variazioni con Il drummer tedesco d’origil’altra mano e una sezione ne rumena si è velocemente all’uso delle spaz-cento imposto nel di circuito batteriL’incontrodedicata ripercorre i primi anni storia della batteria, stico internazionale grazie calcolati zole. a farNegli dataextra daltroviamo 1909, anno in cui fu brevettato il primo un’ulteriore parte didattica alle sue pubblicazioni (libri ‘vero’ pedale per grancassa. La storia dello strumento viene riservata ai tihai, principio e dvd) dedicate alle spazzole, ricostruita accompagnando racconto concorollario la proiezione di ritmico mutuato dalla musi- il con conseguente fotografie, l’ascolto di brani selezionati e la visione ca indiana, una frase ripetu- di clinic e master class, chedi tantissimi video. Verranno in esame le principali tecniche ta tre volteprese in sequenza che hanno contribuitoinnovazioni a farlo coe strutturali, che hanno portato la batteria a presentarsi così termina solitamente sul pri- noscere molto più di quanto chiave per acquisire fluidità movimento dell’inizio non abbiano fatto lequei sue cole capacità di espressione in come la mo conosciamo oggi, e saranno citati musicisti che del ciclo hanno ritmico nel quale ci laborazioni musicali, sindello qui strumento tutti i generi musicali e che maggiormente contribuito a un’evoluzione si trova. un pò di e/o non particolarmente sono: Stickings, da un punto di Seguono vista stilistico della tecnicarilevanesecutiva. Dalla Timing, Diesempi con- differenti ti… -Con The Drum Masteral Rhythm splacements, nascita del Jazz e della tihai, batteria a New Orleans & Fill In, Groodue in 5/8 e uno in 4/4, con Key Alexandru-Zorn ci pro- ve, Rudimental Workout, Blues, dal primo Rock & Roll al Jazz-Rock, dalla Fusion all’Hard relative practice tracks asso- pone un metodo didattico Foot Technique, Accent Rock, dall’ Heavy Metal all’Hip Hop… ciate. Due dvd consigliatissipiù concettuale che basato Studies. In buona sostanza, mi a tutti gli studenti di tam- su lunghe serie di esercizi. quello proposto dal musiciPer informazioni: 339 buri a cornice con8826702 un buon oppure Vengono [email protected] individuati otto ar- sta tedesco è un complesso bagaglio tecnico di base. gomenti, ciascuno dei quali percorso attraverso il quale Davide Bernaro contribuisce a costituire la chi approccia il suo libro, 100 anni di drum set Una storia multimediale della batteria LEZIONI DI BATTERIA CON presa una maggiore e più profonda consapevolezza del valore delle note, la applica a una serie di sticking per migliorare il suo senso del tempo, che poi potrà utilizzare in qualsiasi stile musicale. Come se gli otto argomenti indicati da Zorn fossero quei mattoncini con cui ai bambini tanto piace giocare, e che ciascuno di essi combina e assembla in modo personale e fantasioso. Non certo un libro semplice, che rischia di essere del tutto inutilizzabile da chi non possiede già una più che buona preparazione di base, sia teorica sia pratica, oltre a un'ottima conoscenza dell'inglese. Alfredo Romeo RAMON ROSSI TRA LE SUE COLLABORAZIONI PIU IMPORTANTI IN AMBITO POP – ROCK : CARLO CORI, NIKKA COSTA, GATTO PANCERI, MAURIZIO SOLIERI, RIKI PORTERA, GALLO, SIMONE TOMASSINI, RIKI GIANCO, MASSIMO PRIVIERO, LUCA BARBAROSSA, RON , IVA ZANICCHI, LOREDANA BERTE', SHEL SHAPIRO, GLENN HUGHES, MILAN POLAK E TANTI ALTRI, ARTISTI CON CUI HA PRESO PARTE A NUMEROSI TOUR LIVE, PROGRAMMI TELEVISIVI E REGISTRAZIONI DISCOGRAFICHE. LA SUA METODOLOGIA SI BASA SUI 4 ARGOMENTI FONDAMENTALI DELLA DIDATTICA (LETTURA, RUDIMENTI, OSTINATO, STILI), DANDO PARTICOLARE ATTENZIONE AL SUONO GLOBALE DEI DIVERSI COMPONENTI DEL DRUMSET E ALLO STUDIO DEL PORTAMENTO NEI VARI STILI). TRA I SUOI ALLIEVI TROVIAMO ALCUNI PROFESSIONISTI DI RILIEVO DEL PANORAMA ARTISTICO ODIERNO. RAMON ROSSI INSEGNA PRIVATAMENTE PRESSO IL SUO STUDIO PRIVATO A MELEGNANO (MI) E PRESSO DIMENSIONE MUSICA NELLE SEDE DI SANT'ANGELO LODIGIANO (LO). INFO: TEL. 320-8461479. WWW.DIMENSIONEMUSICA.INFO 76 Tutorial MOTIVAZIONI COME MANTENERE L’ISPIRAZIONE D ato che mi capita di viaggiare per tutto il mondo ogni mese e di incontrare migliaia di batteristi di ogni età, spesso mi è capitato di sentirmi rivolgere questa domanda: “Come fai a mantenere l’ispirazione ogni giorno?”. In questo 2014 ho tenuto clinic, concerti, master class e drum camp in 11 paesi, e mentre scrivo ce ne sono ancora quattro in cui dovrò andare. È un’agenda folle con impegni febbrili. Ma io la amo! bian.com), la Mapex Drums (www.mapexdrums.com), la Evans Drum Heads (www. evansdrumheads.com) e la Vic Firth Sticks (www. vicfirth.com). A - Ho un calendario didattico nel mio studio casalingo con una lista di oltre 1.500 studenti. D - Faccio da moderatore del panel chiamato The Sessions (www.thesessions.org), offrendo assistenza in materia di business ai futuri musicisti di tutto il mondo. B - Lavoro a una serie di programmi didattici per la Sabian Cymbals (www.sa- C - Sono anche socio in una casa editrice (www.wizdommedia.com) di Joe Bergamini, un top drummer che suona nei principali show di Broadway a New York. Quest’anno abbiamo dato alle stampe Arrival, un divertente libro play along. E - Faccio presente l’aspetto economico della mia attività perché ho anche una meravigliosa famiglia, con mia moglie e tre figli. de e in ogni lezione li vedo crescere e maturare, come persone e come batteristi: questo è fonte d’ispirazione! Ma torniamo alla domanda iniziale. Per me, continuare a essere ispirati significa essere coinvolto in tante cose che mi piace fare. 3. Ogni azienda con cui lavoro mette grande attenzione nel costruire prodotti eccellenti, nel migliorare il servizio che offre ai propri clienti e nel creare programmi didattici rivolti a qualsiasi batterista: questo è fonte di ispirazione! 1. La mia famiglia è fonte di ispirazione, veder crescere i miei ragazzi, vederli fare esperienza è una cosa che mi stimola. E anche lavorare con mia moglie per organizzare le lezioni e bilanciare la mia attività con i piani familiari è motivo di ispirazione! 2. I miei allievi, che si presentano nel mio studio oppure su Skype per imparare: mi fanno delle belle doman- 4. Leggo in continuazione libri di batteria, vecchi e nuovi, per continuare a imparare e migliorare le mie capacità esecutive e didattiche. Questo per me è… la fontana della giovinezza: più imparo e cresco e più mi sento giovane. Lo studio costituisce un passo da giganti in fatto di di Dom Famularo Da oltre 30 anni viaggia per tutto il globo diffondendo la buona novella del drumming. Performer appassionato, Dom è uno dei pù rispettati solisti di batteria al mondo, grazie a una carriera costruita sulle sue solo capacità di batterista, didatta, autore e speaker ‘motivazionale’. Ha tenuto master class e clinic negli USA, in Canada, Messico, Brasile, Cile, Argentina, Colombia, Venezuela, Uruguay, Perù, Gran Bretagna, Francia, Germania, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Austria, Svizzera, Portogallo, Spagna, Norvegia, Svezia, Polonia, Danimarca, Russia, Israele, Serbia, Grecia, Italia, Ungheria, Costa Rica, Honduras, Puerto Rico, China, Hong Kong, Giappone, Taiwan, Filippine, Malaysia, Indonesia, Singapore, Australia, Nuova Zelanda, Turchia e Sud Africa. Al momento sta insegnando a circa 1.000 studenti provenienti da più di 20 paesi al suo WizDOM Drumshed studio di New York. Dom è anche un apprezzato consigliere didattico per le aziende Sabian, Vic Firth, Mapex, Evans, Hudson Music e Wizdom. www.DomFamularo.com 78 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 bird_ ispirazione! 5. Ogni clinic che faccio mi dà l’opportunità di incontrare batteristi entusiasti e desiderosi di aprire le loro menti per arrivare al livello successivo, qualunque esso sia. Capacità tecniche, espressività, ricerca di nuove sonorità nei prodotti… Tutto questo è fonte di ispirazione! 6. In ogni concerto che faccio ho modo di esprimere per qualcun altro il mio percorso musicale, di affrontare nuove sfide con la musica come linguaggio e il drumming come voce! E questo è un tale motivo di ispirazione… esperienze, per poi rivelarle al mondo. Qualcosa di assolutamente in grado di ispirarmi! tro modo per essere sempre ispirati. Tornare alla musica di leggende che hanno suonato con grande passione, ma anche ascoltare quanto di nuovo accade oggi e rendersi conto di come ci si esprime oggi. Questo ci darà energia e forza. E questo è fonte di ispirazione! 8. Leggo libri che ‘mi nutrono’, per esempio le biografie di personaggi che mi esaltano per ciò che hanno saputo realizzare. Leggo anche libri ‘motivazionali’, che mi fanno capire come convincere altre persone ad avere una vita sana e positiva. Ispirazione al suo massimo livello! Tanti anni fa ho imparato, a proposito del gioco della vita, che… nessuno ne esce vivo! Abbiamo poco tempo a disposizione e non sappiamo quando terminerà. Così combatto sempre contro il tempo, ogni giorno, ogni secondo. L’ispirazione puoi trovarla ovunque, è con te anche mentre leggi quest’articolo. Puoi trovarla nelle persone che ti sono vicine, ma anche negli estranei. Devi aprire la mente e il cuore, essere in grado di provare ciò che provano gli altri: è un viaggio che può elevarti! Nutrirà il tuo spirito e ti darà le 9. Provo ogni giorno a ‘far succedere qualcosa’, a realizzare qualcosa. Una volta mi è stato detto che i singoli non possono cambiare il mondo, ma singolarmente possia7. Con la mia casa editrice mo modellarlo. Così cerco ho la possibilità di scrivere di modellare e ‘piegare’ le nuovi libri e di esaminarne cose nelle persone e indurle altri che mi vengono spediti, a dare forza agli altri. Gli altri riuscendo così a entrare in ti faranno crescere. Questo è bird_percussioni2014_bird percussioni 07_03_2006 05/05/14 16.15 Pagina 1 contatto con alcuni grandi fonte di ispirazione! cervelli desiderosi di scrivere e condividere con me le loro 10. Ascoltare musica è un alManuali didattici Dante Agostini………………Metodo di Batteria 1,2,3,4,5 Dante Agostini Solfeggio Ritmico / Solfeggio Sincopato Bill Bachman… ………………………………………… ………Stick Technique – Guide for Modern Drummer Christian Bourdon… African Rhythms for Drumset /CD) Guilherme Castro Brazilian Rhythm Section Training /CD) Gary Chaffee …………………Patterns 1,2,3,4 (italiano) Joe Cusatis ………………Rhythmic Patterns (italiano) Gianluca Capitani (Lizard) Scuola di Batteria voll. 1,2 /CD Gary Chester ………………………The New Breed /CD Peter Erskine …………Weather Report - No Beethoven Steve Fidyk Fill-osophy – Big Band Drumming /CD MP3 Antonio Gentile……Samba & Percussioni Afrobrasiliane Daniel Glass ………The Roots of Rock Drumming /DVD Morris Goldenberg …Scuola moderna di rullante (italiano) Danny Gottlieb The Evolution of Jazz Drumming /CD MP3 Benny Greb The Language of Drumming Book /CD MP3 Gavin Harrison ……Rhythmic Composition - Music of Porcupine Tree Ari Hoenig... Systems 1: Drumming Technique & Melodic ……………………………………Jazz Independence Steve Lyman New Approach to Odd-Times for Drum /CD Nick Marcy ………………The Pulse of Jazz /DVD MP3 Billy Martin ………Riddim: Claves of African Origin /CD Cristiano Micalizzi The Drummer’s Rhythms and Fills /2 CD Jeff Moore ……… Fundamental Drumstick Control /CD Terry O'Mahoney100 Essential Drumset Lessons /CD MP3 John Ramsey Il vocabolario completo del batterista /CD Walfredo Reyes ……………The 2-in-1 Drummer /DVD) Riley/Vidacovich ……New Orleans Jazz & Second Line Drumming /CD Franco Rossi Evoluzione - Metodo per batteristi /CD MP3 Poncho Sanchez …………………Conga Cookbook /CD Bubi Staffa ……Metodo per pandeiro autodidatta /DVD Dave Weckl ………… Exercises for Natural Playing /CD Brice Wassy ………………Rhythms from Cameron /CD Ed Saindon…Practice Method Vibraphone (Berklee) /CD John Trotter ………… The Working Drummer /DVD/CD-R Andy Zyke …………………………The Jazz Waltz /CD Rock School Books: Rockschool Drums: Debut 2012-2018/CD RockSchool Drums: Grade 1 - 2012-2018/CD RockSchool Drums: Grade 2 - 2012-2018/CD RockSchool Drums: Grade 3 - 2012-2018/CD RockSchool Drums: Grade 4 - 2012-2018/CD RockSchool Drums: Grade 5 - 2012-2018/CD RockSchool Drums: Grade 6 - 2012-2018/CD RockSchool Drums: Grade 7 - 2012-2018/CD RockSchool Drums: Grade 8 - 2012-2018/CD libreria Birdland via Cosimo del Fante 16 ingresso Via Vettabbia Milano 02 58310856 58324710 www.birdlandjazz.it Metodi, spartiti, DVD, basi play-along Inviate i vostri ordini via fax, telefono, tramite il ns. sito, o mail [email protected] Trinity College London: Rock & Pop Exams: Drums Initial /CD Rock & Pop Exams: Drums Grade 1/CD Rock & Pop Exams: Drums Grade 2/CD Rock & Pop Exams: Drums Grade 3/CD Rock & Pop Exams: Drums Grade 4/CD Rock & Pop Exams: Drums Grade 5/CD Rock & Pop Exams: Drums Grade 6/CD Rock & Pop Exams: Drums Grade 7/CD Rock & Pop Exams: Drums Grade 8/CD 79 e tantissimi altri DVD e CD Tutte le novità su www.birdlandjazz.it esperienze che riverserai nella tua musica. Suonare la batteria è un’abilità che puoi apprendere, ma vivere una vita piena è la cosa più importante di tutto ciò che tu potrai esprimere con quell’abilità. Questo è il momento di cercare l’ispirazione. Questo è il momento di iniziare a forgiare il mondo. Questo è il momento di fare un piano e realizzare dei cambiamenti. Il tuo tempo sta per scadere… esattamente come il mio. Questo significa che possiamo affrontare insieme ogni giorno con atteggiamento positivo, felici, con la voglia di farci ispirare che ci colpisce in faccia, ma con amore. Preparati a passare il momento migliore della tua vita: è lì davanti a te! Sempre avanti e sempre più in alto DVD Florian Alexandru-Zorn ..............................The Brush Secret Colin Bailey ..........................Bass Drum Technique: Speed Gregg Bissonette......................Yesterday, Today, Tomorrow Henrique De Almeida ....The Moeller Technique Workshop Peter Erskine ............................................ Everything I Know Steve Gadd ............................Hudson Music Master Series Richie Gajate Garcia......................................Play Conga Now Dave Garibaldi ..........................................Breaking the Code Benny Greb..................ll Linguaggio della Batteria /2 DVD Daniel Glass ................................................................................ ................Traps: The Incredible Story of Vintage Drums Gavin Harrison ........Rhythmic Visions & Horizons /2 DVD Giovanni Hidalgo ............................................Conga Virtuoso Claus Hessler ................................Drumming Kairos /2 DVD George Kollias ............Intense Metal Drumming II /2 DVD Tommy Igoe ........................................Groove Essentials 1.0 Tommy Igoe. ......................................Groove Essentials 2.0 Rick Latham ..............Contemporary Drumset Techniques Rick Latham ....................................Advanced Funk Studies Mike Mangini..................................The Grid - A System For ....................CreativeDrumming & Improvisation /2 DVD Michael Markus & Joe Galeota ................Beginning Djembé Billy Martin........................................................Life on Drums Joe McCarthy ..........Afro-Cuban Big Band Play-Along 1,2 Stanton Moore ..............................................Groove Alchemy Russ Miller ..............Arrival: Behind The Glass / DVD/2 CD Matthias Philipzen ......................Cajon: The Small Drumset Buddy Rich......................................Up Close – Live in 1982 John Riley ............................................The Master Drummer John JR Robinson........................The Time Machine /2 DVD Gil Sharone ........................ Wicked Beats: Jamaican Ska, .................................... Rocksteady & Reggae Drumming George Spanky McCurdy .......................... Off Time/On Time Aaron Spears ................................Beyond the Chops /2 DVD Pat Torpey ................................................................Big Drums Hudson Music ................................................Fills And Chops Modern Drummer Festival 2005 ........................../ 3 DVD Modern Drummer Festival 2008 ........................../ 4 DVD Modern Drummer Festival 2011 ............................/2 DVD Tutorial TEMPI DISPARI SENSAZIONI DISPARI U n saluto a tutti i lettori di Drumset Mag! L’articolo che sto per presentarvi toccherà uno degli argomenti più in voga negli ultimi decenni, i ritmi dispari. Moltissimi studenti e professionisti si avvicinano ormai a questo mondo con tantissima curiosità, attratti dal fascino dell’irregolare e del non pari. Questa attrazione è assolutamente giustificata, vista e considerata la bellissima storia che i ritmi dispari hanno alle loro spalle; è infatti da ricercare nelle più antiche epoche di Arabia, India e Balcani la radice di quei groove modernissimi che tanto hanno caratterizzato la musica di band come Rush o Dream Theater. Ebbene sì, le tradizioni di queste terre utilizzavano già da secoli queste metriche per www.drumsetmag.com 18031 noi inusuali. Non è un caso infatti che i compositori occidentali ne siano rimasti abbagliati in tutte le epoche della storia della musica europea. Ma questa è un’altra storia, che un giorno apprenderemo. Il mondo dei ritmi dispari (Odd Rhythms in inglese) è veramente vasto, e per questo motivo nell’articolo di oggi parleremo solo di tre groove che ‘prendono per la gola’ tutti i batteristi di tutti i livelli di preparazione: 7/4 , 7/8 e 7/16. Sfrutterò alcuni concetti tratti dal mio libro Odd Feelings, scritto in collaborazione con il grande didatta Dom Famularo, un libro che tratta l’argomento dispari partendo dallo zero assoluto, per arrivare alla creazione e all’esecuzione di ritmi complessi e interessanti an- che per i professionisti. Nel metodo si affrontano tutti i groove in quarti, crome e semicrome per poter acquisire un bagaglio dispari ricco di informazioni. Groove in 7/4 Messaggio per i principianti: suonare un 7/4 non è così difficile come sembra. L’approccio iniziale migliore è quello del conteggio: il ritmo stesso vi suggerisce la chiave di lettura, perché bisogna contare sette note di un quarto (vedi Esempio 1). Ripetete il groove contando fino a che non vi risulterà naturale. Groove in 7/8 Non ci spaventiamo: anche qui la chiave è suggerita, perché ora si conteranno sette ottavi (sette crome); l’hihat ci aiuterà a capire dove ci troviamo, la sensazione e il feeling ora saranno molto diversi (vedi Esempio 2). Groove in 7/16 Oramai abbiamo capito il meccanismo: contiamo i nostri sette sedicesimi, o sette semicrome (vedi Esempio 3). Avrete subito notato come i tre groove in questione di Massimo Russo Nato a Gallarate nel 1980, dopo il trasferimento in Calabria, intraprende lo studio di batteria e percussioni, diplomandosi con il massimo dei voti al Conservatorio “F. Torrefranca” sotto la guida del M° Vittorino Naso. Da allora accompagna l’attività di docente con quella di concertista (con collaborazioni di livello nazionale e internazionale in ambito pop, jazz e fusion). Concetto fondamentale della sua didattica è “trasmettere l’istinto e la passione per lo strumento prima della tecnica e della teoria”, pensando ai movimenti ed alla loro armonia come base per creare emozione e suono. La sua scuola, Wizdom Italy, ha sede a Vibo Valentia e rappresenta le scuole di batteria create da Dom Famularo e dai suoi allievi. Il suo primo libro, Odd Feelings, è stato pubblicato dalla Wizdom media ed è distribuito in tutto il mondo dalla Alfred Publishing. www.massimorussodrum.it 80 DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014 trasmettano tre sensazioni diverse; l’importante è eseguirli lentamente per poi farsi trascinare dalla naturalezza nascosta nel ritmo. Ma una volta compreso il principio non ci dobbiamo fermare, anzi dobbiamo diventare più creativi; per farlo esiste un metodo semplice, ovvero quello del Sistema di Conteggio Differente. Un ritmo in sette può essere contato anche in 4 + 3 e i vantaggi possono essere molteplici: - Possiamo contare più velocemente senza ‘arrotolarci’ la lingua per contare sette note troppo rapide. - Possiamo cambiare groove in modo naturale perché il conteggio ci porta a variare. Groove in 7/4 contato 4+3: vedi Esempio 4 Groove in 7/8 contato 4+3: vedi Esempio 5 Groove in 7/16 contato 4+3: vedi Esempio 6 Il passo successivo sarà adesso quello di creare il vostro groove personale in 7 personale. - Stabilite il conteggio - Create il groove - Dimenticate il conteggio - Pensate alla musicalità del ritmo creato Una cosa molto importante: il conteggio serve a darvi una mano iniziale, ma non diventatene schiavi: imparate anche a sentire il feeling (Odd Feelings, appunto). Ottimo! Se siete arrivati fino alla fine dell’articolo vuol dire che siete tenaci: ora siete pronti per il salto finale, ossia suonare brani con ritmi dispari. Cercate brani famosi con questi groove, utilizzate i play-along (nel mio libro ne ho inseriti otto molto divertenti). Lo scopo finale è sempre quello di fare musica e di trasmette- 81 re emozioni, che siano esse pari o dispari! Date uno sguardo ai ritmi che ho creato io nel video di questo articolo sul sito di Drumset Mag. Un abbraccio e alla prossima! We Insist! www.drumsetmag.com 18032 EROS E LE PELLI DI CAPRA Ho cambiato le pelli a una batteria degli anni ’50, marca O.T.T., sconosciuto acronimo di una fabbrica bolognese di cui nessuno ha memoria. Le vecchie pelli erano di capra, i tamburi hanno strane misure, ho dovuto rimontare pelli di capra. Neanche provo a descrivere la sensazione che si prova a suonare una cosa così. Se un giorno avrete voglia, soldi (cambiarle tutte è un po’ caro) e uno strumento da destinare a una stupefacente esperienza acustica, farete lo stesso. Ma per spiegarvi il perché ritengo che almeno una volta nella vita bisognerebbe confrontarsi con uno strumento ‘antico’, devo ricorrere a un racconto. Enea fugge da Troia sconfitta e parte, per fondare un nuovo mondo, al di là del mare; porta con sé suo padre, il vecchio e infermo Anchise. Quando Anchise, a Drepano (l’odierna Trapani) muore, Enea lo fa seppellire a Eryx (Erice), nei pressi del tempio di Afrodite, la dea che un tempo si era accoppiata con Anchise per generare Enea. Enea poi scenderà, da vivo, nel Regno dei morti, dove riceverà le profezie dello spirito di Anchise sullo splendore di Roma, la città, il mondo nuovo, che poi fonderà. La quantità di metafore che si potrebbero estrapolare da questo raccontino è enorme; ne tratterremo una sola: come mai Enea in un sì periglioso viaggio decide di portare il vecchio e infermo padre? “Non sapeva a chi lasciarlo”, diranno i più sbrigativi, senza sapere che Anchise in Grecia aveva una barca di figli generati prima del flirt con la Dea. E poi, in un poema epico, nessuno si sognerebbe di liquidare un gesto di un figlio verso il padre con argomenti così sbrigativi, se fosse accaduto non avremmo la mitologia, la psicoanalisi e qualche altra decina di discipline antropologiche. La presenza di Anchise, a bordo della minuscola nave, ha un duplice significato: caricarsi del proprio passato come memoria; attingere la visione futura dalle proprie radici. Non c’è spazio qui per dire molto di più, ma mi piace l’idea che questo poco generi una qualche riflessione in un mondo, come quello dei tamburi, in cui è facile vedere rottamate le esperienze non più in auge, a vantaggio di nuove direzioni considerate praticabili ancor prima di averle percorse. La mia vecchia O.T.T. è gialla di nicotina, e non la laverò mai. Quelle sigarette erano state fumate da musicisti che suonavano per affermare la vita dopo gli anni della guerra. Quelle sigarette erano un piccolo segno di benessere di Massimo Carrano Percussionista ‘etnico’ e batterista jazz, vanta una carriera pluri-decennale come come sideman in formazioni prestigiose (Orchestra della RAI, Teresa De Sio, Fabrizio De Andrè, Lucilla Galeazzi, Francesco di Giacomo, Maria Pia De Vito, Shakira, Eric Daniel, Mauro Pagani, Nina Pedersen, U-Man Trio…). Affermato didatta e appassionato ricercatore, insegna all’Accademia Nazionale di Danza di Roma e ha creato un Metodo di Sensibilizzazione Ritmica per il recupero e lo sviluppo dell’istinto ritmico. Ha altresì inventato il metodo Drumself applicato in programmi di sostegno in psicoterapia. che tutti potevano permettersi. Quando lei, la O.T.T., suonava, il contrabasso non era amplificato, la chitarra elettrica aveva pochi anni e pochi watt, si cantava in un microfono quadrato, le ragazze si arricciavano i capelli con una piastra scaldata sul carbone, i ragazzi si asfaltavano di brillantina; il vestito della festa era uno solo e, sulle le pelli di capra che sapevano suonare bene anche a volumi ridottissimi, i batteristi ‘dovevano’ usare ancora un vero up-stroke, di quelli col gomito, non per suonare forte, ma per controllare il volume degli accenti. “… ma oggi non c’è più bisogno di suonare così piano!”, dirà uno scocciatissimo qualcuno; si potrebbe rispondere che avremmo comunque ancora bisogno di quegli armonici ricchi e morbidi, del rullante che rifiuta la pezza e di quella meditazione sui timbri gravi della cassa, che fa ancora “BUUM” da sola, senza che il fonico gli faccia da ostetrica. Come fu per Enea, ci vuole coraggio e curiosità per scoprire nuove terre, è l’Anchise di ognuno che fornisce visioni nuove. Niente è casuale nel mito, e così non è un caso che Enea fosse, come Eros, figlio di Venere-Afrodite, a testimoniare che il Sapere è figlio del desiderio, come il BUUM è figlio della capra. dal 1 gennaio 2015 ! o t t u t a n o i z u l o riv Il vostro magazine preferito sarà accessibile gratis per tutti in formato digitale, leggibile su Computer, Tablet e Smartphone. Una rivoluzione culturale ed ecologica: free e diffuso in digitale, in tempo reale, sempre e ovunque disponibile, potrà essere letto su computer, smartphone e tablet. Desideri invece leggere Drumset Mag su carta di qualità? Puoi acquistarlo in versione cartacea, esclusivamente in abbonamento: la carta utilizzata sarà nel numero esatto delle copie spedite;; niente sprechi di resi e distribuzione tradizionale. 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