1. Le Comunicazioni Ottiche nel contesto TLC 1. 1 La tecnologia delle fibre ottiche Da dove deriva l’amplissima “finestra spettrale” trasmissiva posseduta dalle fibre ottiche? Per scoprirlo dobbiamo riportarci alle proprietà di materiale e di trasmissione delle fibre ottiche. Le fibre ottiche utilizzate per telecomunicazioni sono costituite da “materiale vetroso a base silicea”. Con la denominazione “vetro” si intende in generale una miscela fusa di Biossido di Silicio (SiO2), che rappresenta il vetro più comune, essendo possibile comunque avere “vetri” anche a base di ossidi di Zolfo o Selenio. Il vetro ha carattere “amorfo” e non “cristallino”, non presenta cioè una struttura reticolare ordinata per larghi volume come sarebbe il cristallo di Biossido di Silicio, altrimenti conosciuto come “quarzo”. (Il quarzo si trova in natura come appartenente ai cristalli detti “silicati”. Esso è un cristallo “polimorfo”, nel senso che forma delle celle-base di tipo tetraedrico - SiO4 - che si organizzano nello spazio secondo diverse modalità cui ne consegue una variazione del rapporto stechiometrico far ossigeno e silicio. La forma più diffusa di quarzo naturale è il cosiddetto quarzo-α in cui i tetraedri sono disposti spazialmente come in figura che mantiene l’esatto rapporto stechiometrico 1:2 fra gli atomi di Silicio e di Ossigeno. Questo cristallo appartiene al sistema cristallino esagonale ed alla classe cristallina 32, è abbastanza duro – valore 7 nella scala di Mohs – e presenta un indice di rifrazione – circa 1,544 - leggermente maggiore del vetro siliceo. E’ piezoelettrico e pyroelettrico e fonde a 1410 °C.) Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 1 La microstruttura del vetro presenta un “tessuto” completamente casuale sino a dimensioni di qualche decina di nanometri. Il materiale costituente le fibre ottiche (e quindi il materiale attraversato dalla luce che si propaga guidata in fibra) non presenta quindi assi preferenziali di orientamento ma si può considerare perfettamente isotropo (cioè con proprietà che non dipendono dall’orientamento) ed omogeneo (cioè con proprietà che non dipendono dalla posizione considerata) nello spazio. Il vetro comune si ottiene con un processo di fusione a partire da Silice (polvere di quarzo), Carbonati di Sodio o Calcio ed Ossidi di Piombo. Questo vetro presenta Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 2 quindi delle “impurezze” intrinsiche difficilmente eliminabili che danno ragione della sua relativa scarsa “trasparenza. Il vetro per fibre ottiche si ottiene invece direttamente per reazione chimica da gas di “silano” (SiH4) o tetracloruro di silicio (SiCl4) mediante un processo chimico ormai affermato e messo a punto durante la prima metà degli anni ’70 conosciuto come Chemical Vapor Deposition (in acronimo CVD). Il processo consiste nel fare avvenire la reazione chimica SiCl4+O2 –> SiO2 + 2 Cl2 sulla superficie esterna (nel qual caso il processo è un processo conosciuto anche come “soot” – corrispondente all’italiano “fuliggine”o external o outside CVD) o sulla superficie interna di un tubo appositamente predisposto (inside CVD) . La reazione avviene ad alta temperatura, stimolata da una fiamma (torcia) ed il prodotto di reazione ( la fuliggine) viene distribuita uniformemente con molta cura mediante un processo continuo di rotazione e traslazione del tubo (per questo motivo si parla di un “tornio” di deposizione, perché la macchina per produrre il vetro assomiglia molto ad un tornio da officina meccanica (“lathe”) e si parla anche di vapor-axial CVD). Quello che si forma è una polvere finissima (appunto una “fuliggine”) che viene poi “fusa” a formare una barra consistente di vetro. Siccome si fa molta attenzione a partire da “precursori” purissimi (cioè da ossigeno e tetracloruro di silicio purissimi), il vetro che si forma è purissimo. La messa a punto di questo processo è la ragione principale del successo delle fibre ottiche che ha portato nella prima metà degli anni ’70 ad abbattere l’attenuazione di diversi ordini di grandezza rispetto al vetro ottenuto per “purificazione” a partire da fusi . Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 3 Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 4 Il vetro così prodotto è un materiale eccezionalmente trasparente con una finestra ottica che va da circa 200 nm a 3500 nm di lunghezza d’onda (si vedano le figure seguenti) Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 5 Insieme al tetracloruro di silicio altri gas possono essere addizionati al fine di produrre un vetro con indice di rifrazione leggermente diverso da quello “naturale”. I principali gas sono : tetracloruro di germano GeCl4, cloruro di boro BCl3, cloruro ossido di fosforo POCl3, ecc. Anche questi gas subiscono reazioni simili a quelle sopra riportate GeCl4+O2 –> 2 BCl3+3/2 O2 –> 4POCl3+302 –> GeO2+2Cl2 B2O3+3Cl2 2 P205+ 6 Cl2 ed anche in questo caso si ha cura affinché il processo chimico avvenga in modo omogeneo ed uniforme. Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 6 L’addizione di gas come sopra riportato in percentuali calibrate rispetto al silano od al tetracloruro di silicio, produce un materiale vetroso con un indice di rifrazione diverso rispetto a quello “intrinseco” (che attorno alla lunghezza d’onda di 1,5 micron vale circa 1,445 ). Nella figura seguente si vede ad esempio come una percentuale di qualche % di biossido di germanio produca un significativo innalzamento di indice (figura3). Aggiungendo l’ossido di boro si sarebbe prodotto un leggero abbassamento di indice. Calibrando opportunamente la miscela dei gas fatti reagire sul “tornio” si viene quindi a costruire una barra di vetro con “profilo d’indice” macroscopico desiderato, in cui cioè si ha un andamento radiale dell’indice secondo una funzione desiderata. Come si vedrà nel seguito, questa funzione è alla base del comportamento propagativi della luce e ne determina la struttura modale e dispersiva. La tecnica CVD permette quindi di produrre oltre a vetro purissimo, anche “profili d’indice” voluti permettendo all’ingegnere di progettare la fibra ottica dalle caratteristiche propagative desiderate. Nella figura seguente sono illustrate le principali varietà di profilo d’indice prodotto con questa tecnologia ed alcuni profili d’indice di fibre commerciali ricavati sperimentalmente: si osserva la estrema varietà dei profili. Occorre sottolineare che il salto d’indice non supera comunque mai “qualche percento” dell’indice iniziale. Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 7 Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 8 La barra di vetro così prodotta sul tornio CVD costituisce il “nucleo” o “core” della fibra ottica. Essa viene poi solitamente inserita in un “tubo” di vetro, pure realizzato con tecnica CVD e pure purissimo, e resa solidale con esso mediante riscaldamento per realizzare la “preforma” finale pronta per essere filata. Il processo di filatura è molto complesso ed avviene in apposite “torri di filatura”. Queste sono degli impianti molto alti (anche 50 metri) in cima ai quali la “preform” viene posizionata all’interno di “fornaci” elettriche. L’aumento controllato di temperatura della fornace (oltre i 1500 °C) provoca una progressiva e controllata fusione del vetro che viene estratto dal forno in forma filamentosa. Per gravità il filo di vetro prodotto viene gradualmente portato a temperatura ambiente (mediante una serie di altri forni) previa l’aggiunta di uno strato plastico di ricopertura chiamato “coating” (di solito un materiale acrilico) ed, una volta completamente raffreddato, avvolto in bobine di qualche decina di cm di diametro. Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 9 Durante il raffreddamento si controlla la tensione del filo al fine di garantire una assoluta omogeneità di diametro. Le fibre ottiche utilizzate per le comunicazioni ottiche hanno tutte un diametro esterno standard di 125 micron, a cui solitamente si aggiunge uno spessore di 10 micron di coating. Nelle moderne torri di produzione si aggiunge un ulteriore Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 10 meccanismo di controllo durante la filatura: lo spinning (termine inglese per significare una rotazione attorno al proprio asse). La fibra ottica viene fatta passare attraverso due cilindri in rapida rotazione che provocano uno “spin” continuo. Lo scopo è quello di “miscelare” le eventuali anisotropie che si formano durante la filatura e ridurre in questo modo drasticamente la birifrangenza della fibra e quindi attenuare le sue proprietà modali di polarizzazione (con termine inglese si dice che si riduce la Polarization Mode Dispersion). Durante il processo di filatura il core della fibra passa da un diametro di circa 1 cm ad un diametro di circa 10 micron: subisce quindi una riduzione di scala di circa un fattore 1000: è quindi possibile sfruttare questo processo di “scalatura” per disegnare dettagli dell’indice di rifrazione anche estremamente risolti sul “tornio” per poi ritrovarli a dimensioni micrometriche o submicrometriche nelle fibre reali. In questo modo l’ingegnere che progetta le fibre può “disegnare” i profili più complessi al fine di sintonizzare meglio la fibra agli impieghi richiesti nel sistema di trasmissione: vengono così prodotte le “fibre speciali” che comprendono fibre a dispersione controllata, con proprietà non-lineare basse o alte, con proprietà di polarizzazione particolari, ecc. Prima di concludere questo paragrafo, si vuole richiamare l’attenzione su una altra proprietà che ha reso “vincente” la tecnologia di fibra ottica silicea: la caratteristica meccanica. Come si vede dalle tabelle sopra riportate, il vetro a base di SiO2 che costituisce la fibra ottica ha un modulo di Yang dell’ordine di 70 103 N/mm2 (equivalente a 70 GPa). Questo modulo di Yang è all’incirca uguale a quello di un filo di Alluminio: la fibra ottica è quindi un materiale dalle eccellenti proprietà meccaniche. Questa proprietà è ulteriormente confermata se si considera il limite elastico della fibra , cioè il valore della massima elongazione supportata rimanendo in zona elastica: come si vede anche dalla figura seguente, la fibra sopporta estensioni elastiche sino ad oltre il 5% della propria lunghezza, un valore eccezionalmente elevato anche per i migliori metalli. Una volta superato il limite elastico la fibra ottica si sbriciola completamente, come tutti i materiali fragili non presenta “snervamenti” plastici. In generale, quando la fibra ottica è protetta dal coating, non appare fragile all’uso perchè le microcricche che innescano la rottura del materiale sono assorbite dal coating plastico. (viceversa, in assenza di protezione del coating, la fibra ottica è estremamente fragile). Queste eccellenti proprietà meccaniche delle fibre ottiche hanno contribuito sicuramente al loro successo e le rendono disponibili per gli impieghi più vari (sia in cavi terrestri che sottomarini, sia per le tratte Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 11 intercontinentali che per le tratte metroplitane, in tutti i climi e le condizioni ambientali più avverse) come mezzo trasmissivo elettivo. Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 12 1.2Proprietà attenuative delle fibre ottiche La bassa attenuazione è probabilmente la proprietà della fibra ottica che ne ha decretato il successo e ne ha fatto la tecnologia elettiva per ogni sistema di comunicazione. L’attenuazione " è in generale espressa per unità di lunghezza di materiale attraversato: per le fibre ottiche gli ingegneri usano correntemente non l’attenuazione assoluta ma il rapporto fra la potenza di ingresso!e di uscita (o viceversa) espressa in dB: 10log10 (Pin /Pout ) ; come unità di lunghezza pratica preferiscono usare il Km al posto del metro e quindi l’attenuazione delle fibre ottiche si trova usualmente espressa in dB/Km. ! Ad esempio, l’attenuazione intrinseca delle fibre ottiche in terza finestra è inferiore a 0,2 dB/Km (circa 0,14 dB/Km per alcune fibre, che corrisponde ad una perdita di potenza di circa il 3% dopo un Km) e per le fibre in cavo e deposte, inferiore a 0,25 dB/Km. E’ quindi: "= ! [ dB /Km] Vediamo perché da un punto di vista “sistemico” l’attenuazione è un parametro così importante (o almeno, lo è stato sino a prima dell’avvento degli amplificatori ottici). Nel sistema di comunicazione ottica si è molto interessati al parametro sensitivity che rappresenta la minima potenza ottica che deve arrivare al fotodiodo di ricezione per garantire che l’errore della trasmissione sia inferiore ad un certo tasso (Bit Error Rate o tasso di errore). Sia Pr questa potenza. Allora, dalla espressione della attenuazione ho che, fissata una certa potenza di ingresso in fibra Pin dal lato trasmettitore: L= ! $ Pin ' 10 # log10 & ) % Pout ( L $ Pin ' 10 # log10 & ) % Pout ( " [Km] cioè la lunghezza massima di tratta trasmissiva ottenibile (e quindi per un ingegnere la distanza trasmettitore-ricevitore) è logaritmicamente dipendente dalla potenza di ingresso ma linearmente dalla attenuazione. Questo è il motivo principale (ma non il solo) per cui si è assistito nel corso degli anni ad un progressiva migrazione delle lunghezze d’onda utilizzate nelle comunicazioni ottiche dall’intorno degli 800 nm (dove l’attenuazione può arrivare anche a 3 o 4 dB/Km, chiamata anche “prima finestra”), all’intorno dei 1300 nm (con attenuazioni dell’ordine di 0,4 o Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 13 0,5 dB/Km, chiamata anche “seconda finestra”) all’intorno dei 1550 nm (con attenuazioni tipiche di 0,2 dB/Km, chiamata anche “terza finestra”): il solo spostamento dalla seconda alla terza finestra permette in pratica di raddoppiare la lunghezza di tratta trasmissiva. L’attenuazione di fibra ottica è il risultato di tre principali processi attenuativi: • l’attenuazione dovuta all’assorbimento; • l’attenuazione dovuta alla diffusione (o con termine inglese scattering); • l’attenuazione dovuta alla propagazione. Per le fibre ottiche utilizzate nelle comunicazioni ottiche in terza finestra, si può senz’altro affermare che la principale causa di attenuazione è la seconda, cioè l’attenuazione dovuta alla diffusione. Attenuazione dovuta all’assorbimento. Si è soliti suddividere questa attenuazione in due sottocategorie: attenuazione intrinseca, dovuta alle sole proprietà assorbitive della silice ed attenuazione estrinseca, dovuta a droganti (necessariamente presenti nelle fibre ottiche al fine di modificare il profilo di indice del core) ed impurezze varie. Come si è visto nelle figure precedenti il vetro della fibra ottica è purissimo e come tale presenta uno spettro attenuativo “confinato” all’interno dei soli assorbimenti elettronici o molecolari. La molecola di quarzo che costituisce la silice presenta un band gap principale a 8,4 eV, una energia molto alta cui corrisponde una lunghezza d’onda di circa 150 nm e quindi una luce che si situa nella finestra spettrale del profondo ultravioletto o vacuum UV. Questo assorbimento “elettronico” (perché interessa gli orbitali elettronici del quarzo) costituisce un limite inferiore di trasparenza del vetro di fibra ottica. L’altro limite si trova alle frequenze molto basse corrispondenti non più alle energie delle transizioni elettroniche ma alle energie tipiche delle vibrazioni molecolari e quindi ad energie di qualche decimo di eV, corrispondente a lunghezze d’onda che si situano nel lontano infrarosso, attorno ai 10 micron. La presenza nella zona di core (che è la zona della fibra in cui propaga la maggiore parte della luce trasmessa) di ossidi di Germanio, perturba queste transizioni di assorbimento anche se in modo non sensibile in quanto i drogaggi utilizzati sono molto bassi. Nelle figue seguenti si osservano gli spettri di assorbimento nella zona infrarossa vicina e lontana dei vetri drogati. Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 14 Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 15 l’insieme di queste due limiti attenuativi disegna una “V” di trasmissione che costituisce la finestra massima trasmissiva della fibra ottica che, come si osserva nella seguente figura viene ad avere un minimo “naturale” , sotto circa 1 dB/Km, in un range di lunghezze d’onda che va da 0,8 micron ad 1,6 micron (cui corrispondono energie “intorno” all’eV: ad 1,5 micron corrispondono 0,8 eV). Come si vede anche nella figura di dettaglio, nel range 1,2/1,5 micron, il range di maggiore interesse delle comunicazioni ottiche, l’attenuazione dovuta al solo assorbimento di materiale scende sotto gli 0,05 dB/Km! Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 16 Questa stessa finestra trasmissiva (che oggi costituisce la finestra del Coarse Wavelength Division Multiplexing o CWDM) è interrotta da un Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 17 picco di assorbimento anomalo chiamato “picco dell’acqua”. Si tratta più precisamente del’assorbimento vibrazionale della molecola OH- (ione idrossido) “traccia” della presenza di acqua o vapore d’acqua che si forma nel processo di fabbricazione della silica (anche con precursori gassosi) . Questa molecola presenta un picco di assorbimento molto forte attorno a 2,8 micron con armoniche principali che si propagano appena sotto gli 1,4 micron, 970 nm e 750 nm. E’ evidente che il “picco” di 1400 nm (quindi la seconda armonica, “overtone” in inglese) è il più “dannoso” dal punto di vista trasmissivo perché interrompe la larga regione spettrale 1,2/1,5 micron delle comunicazioni ottiche. Per molti anni le fibre standard hanno sempre presentato questo “picco” (che si ritrova in tutte le figure che riportano le finestre di comunicazione ottica). Negli ultimi anni, particolari accorgimenti di processo, evitano la presenza dello ione nel vetro di sintesi e le fibre così prodotte si chiamano “water-free” e sono oggi in commercio ad un prezzo competitivo con le fibre standard. Molte altre impurezze possono perturbare significativamente il processo di assorbimento della silica pura, principalmente i cosidetti “metalli di transizione”, indicati nella figura seguente, che tendono a formare ossidi molto resistenti. Per evitare la contaminazione di questi metalli e di altre impurezze durante il processo di produzione , debbono essere prese particolari precauzioni e quindi tutta la fabbricazione della “preforma” della fibra ottica avviene in” camere bianche” e con impianti molto controllati. Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 18 Attenuazione dovuta a diffusione o “scattering”. Come è stato già detto, è questo il processo attenuativo principale della fibra ottica. La diffusione è un processo naturale che avviene quando la luce attraversa un materiale sia esso solido che gassoso. La luce che si propaga in fibra ottica è soggetta a diversi processi attenuativi i principali dei quali sono lo scattering di Rayleigh (di tipo “elastico” nel senso che la luce diffusa non modifica la sua lunghezza d’onda o “colore”) e lo scattering Raman (di tipo “anelastico” nel senso che la luce diffusa cambia colore) . Dal punto di vista attenuativo, il solo processo di interesse è lo scattering Rayleigh che è dovuto alle “nano-irregolarità” (cioè ad irregolarità su scala nanometrica) inevitabilmente presenti nel materiale che costituisce la fibra ottica. Queste irregolarità possono essere di due diverse origini: variazioni locali di densità e variazioni locali di composizione. Queste fluttuazioni sono la “traccia” del processo di raffreddamento con cui si è formata la fibra ottica a partire dal “fuso” vetroso originale e sono quindi funzione del processo di fabbricazione della fibra stessa. La luce “vede” Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 19 queste irregolarità ed una parte dell’intensità del fascio viene diffuso dalla sua regolare propagazione, uscendo dal core della fibra e portando quindi al processo attenuativo. La fenomenologia del processo diffusivo è molto complessa ed anche l’espressioni che lo esprimono sono spesse volte molto approssimate. Quello che si conferma anche sperimentalmente è una dipendenza del processo diffusivo dall’inverso della potenza quarta della lunghezza d’onda, cioè il coefficiente attenuativo per la diffusione di Rayleigh va come: "R = ! B #4 Questa espressione dà ragione del perché si è verificato il progressivo spostamento delle finestre trasmissive dalla prima alla terza finestra (si veda anche le figure precedenti): anche un piccolo aumento della lunghezza d’onda di trasmissione si riflette in una grande diminuzione del coefficiente di attenuazione per scattering. Lo spostamento verso le lunghezze d’onda più lunghe si è arrestato quando la componente attenuativa per assorbimento vibrazionale ha cominciato a prevalere. Il punto di minimo a circa 1550 nm è quindi un compromesso fra il coefficiente di attenuazione per scattering e per assorbimento vibrazionale. Attenuazione dovuta alla propagazione. Il meccanismo di propagazione nelle fibre ottiche utilizzate per comunicazioni ottiche (quindi monomodali a basso salto d’indice) non presenta caratteristiche di attenuazioni intrinseche: se la fibra mantiene la sua geometria circolare, se l’interfaccia core-cladding è regolare ed il materiale non presenta “stress”, la propagazione non presenta perdite misurabili. Attenuazioni di propagazione in fibre monomodo cominciano a verificarsi solo qual’ora la fibra perda la sua simmetria circolare: è questo il caso della fibra che subisca “forti” curvature. In seguito al fenomeno della curvatura si esercita sulla fibra un differenziale di tensione fra la parte esterna ed interna del materiale che causa una deformazione del materiale ed una modifica della geometria del core. Questa perdita di simmetria ha come consequenza una limitata perdita di potenza della luce guidata che viene spinta al “cut-off” in corrispondenza della curvatura stessa. Per le fibre ottiche “in cavo” e deposte nelle normali condizioni di esercizio (in condotte sotterranee od aeree), le curvature sono abbastanza grandi (raggi di curvatura dell’ordine delle decine di cm) da non causare il fenomeno. Nel caso dell’home networking ed in generale per fibre di interconnessione ottica, i raggi di curvatura molto piccoli (dell’ordine del cm) possono indurre delle perdite (vedi figura): per ovviare a queste perdite sono state progettate recentemente delle fibre “macrobendingComunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 20 free” che, mediante l’introduzione di speciali geometri di core-cladding, evitano perdite anche per curvature con raggi di qualche mm (vedi figura). Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 21 1.3 Bande di comunicazioni ottiche L’esteso impiego delle fibre ottiche nel campo del trasporto, area metropolitana ed accesso, produce continue “standardizzazioni” della occupazione della banda disponibile da parte della International Telecommunication Union (ITU). Una delle ultime “raccomandazioni” (emessa il 10/2003 dal titolo “Series G: transmission systems and media, digital systems and network”, supplemento n. 39) riassume tutte le raccomandazioni della serie G65x, di cui la più famosa è la G652 che specifica le caratteristiche dispersive ed attenuative che deve avere la comune fibra ottica utilizzata per telecomunicazioni. In questa raccolta di raccomandazioni si considera innanzitutto la trasmissione su fibra monomodale, per la quale si specificano le seguenti “bande” : con le seguenti note ( che si lasciano in inglese per correttezza) : Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 22 parte della S-band, l’intera C-band e parte della L band sono occupate tardizionalmente dall’amplificatre ottico di tipo EDFA (per il quale furono inizialmente individuati altre specifiche “sottobande” in base alle caratteristiche di amplificazione del materiale, una blue-band - 1529 ÷ 1536 nm, una red-band - 1542 ÷ 1561 nm ed una infra-red band - 1576 ÷ 1602 nm). Le bande ITU per la tecnologia WDM sono organizzate in “griglie” cioè in sequenze predefinite di “frequenze” (l’impiego delle frequenze e non delle lunghezze d’onda è tipico degli ambienti “telecom”, viceversa l’ambiente dei “fisici” e degli “ottici” preferisce esprimersi in lunghezza d’onda e quindi in “nm”) al fine di standardizzare gli apparati ed i componenti utilizzati per gestire la tecnologia WDM. Queste “griglie sono a loro volte più o meno “dense” a secondo del tipo di rete ottica che si considera. Esistono in particolare “standard” per spaziature con passo 12,5 GHz (Ultra-Dense WDM), 25 e 50 GHz (Dense WDM ) e 100 GHz ( WDM). Tutte queste “griglie” partono da 191,100 THz che corrisponde a 1552,52 nm. Recentemente con l’affermarsi della rete ottica anche in area metropolitana, dove sono meno stringenti le richieste attenuative e dispersive e dove però si debbono usare componenti più economici (e quindi sorgenti non stabili in frequenza) si è sviluppato un nuovo standard chiamato CDWM dove la C sta per “Coarse” (o “grossolano”). Questo standard (raccomandazione ITU G-695 e successive) prevede la costruzione di una “griglia” basata su “lunghezze d’onda” molto spaziate: 20 nm a partire dalla lunghezza d’onda 1471. La raccomandazione prevede di allocare 8 canali fra 1471 e 1611, altri 4 fra 1291 e 1351 ed altri 4 ancora in banda E, fra 1371 e 1351: questa ultima allocazione si è resa possibile grazie allo sviluppo delle fibre OH-free, (o anche waterfree) prive cioè del “picco” di assorbimento a circa 1,39 micron dovuto ad un overtone del radicale OH. Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 23 Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 24 Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 25 La banda di comunicazione ottica e le Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 allocazioni CWDM 26 1.4 Finestre spettrali Come si osserva, è difficile parlare in senso assoluto di “banda” delle fibre ottiche, perchè questa definizione male si applica a larghezze spettrali estese quali le fibre ottiche permettono: è meglio parlare di “finestre spettrali”, cioè di larghe porzioni dello spettro entro le quali allocare le “portanti” che costituiscono il sistema di comunicazione ottica, ovvero le varie lunghezze d’onda. Le finestre spettrali a loro volta saranno definite una volta prefissato un certo valore di parametro caratteristico della fibra ottica: tipicamente l’attenuazione ma anche, in alcune applicazioni, la dispersione. Le nuove fibre ottiche, le nuove leghe di materiali semiconduttori e le nuove reti metropolitane, stanno ridefinendo le classiche “finestre spettrali” una volta conosciute come 1a finestra (attorno agli 800 nanometri) 2a finestra (attorno ai 1300 nm) e terza finestra (attorno ai 1550 nanometri). Sebbene quest’ ultima rimanga ancora la finestra spettrale elettiva, oggi comincia a prevalere il concetto di una finestra spettrale estesa da 1250 sino oltre ai 1600 nm. La raccomandazione ITU G-695 stabilisce che caratteristiche debbono avere le fibre ottiche in questa ampia regione, sia in termini attenuativi che dispersivi, sia per fibre standard che per fibre “water free”. Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 27 Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 28 Quanto sono “ampie” queste finestre spettrali in termini di frequenza? Come si vede dalla precedente figura, per le fibre normali (quelle che cioè presentano il picco di assorbimento) in cavo ottico esiste comunque una ampia finestra attorno ai 1520 nm di +/- 100 nm per la quale l’attenuazione delle fibre migliori raggiunge valori sotto gli 0,25 dB/Km: questa finestra, che corrisponde alla “classica” terza finestra, ha quindi una estensione che vale: Δυ= (c/λ2) * Δλ che valutata interza finestra fornisce un valore pari a circa 125GHz/nm. Quindi questa finestra vale complessivamente circa 25 THz. Attorno a 1300 nm esiste una finestra di +/- 50 nm che presenta una attenuazione inferiore a 0,4 dB/Km. A questa lunghezza d’onda, la conversione precedente vale circa 177 GHz/nm e quindi questa “2a” finestra vale all’incirca 18 THz. Se consideriamo ora le fibre “water-free”, esiste una ulteriore finestra che va da circa 1350 nm a 1420 nm in cui la relazione frequenza-lunghezza d’onda è circa 160 GHz/nm e che quindi vale circa 11 THz. Complessivamente si può quindi affermare che le fibre ottiche presentano una “finestra spettrale” con attenuazione inferiore a 0,4 dB per complessivi 25+18+11= 54 THz. Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 29 Qual è oggi lo spazio effettivamente utilizzato per trasmettere segnali con fibre ottiche? In altri termini qual è la capacità trasmissiva complessiva di una fibra ottica? Se facciamo riferimento ad una fibra ottica monomodale standard di tipo water-free, si è visto che accettando una attenuazione inferiore a 0,5 dB/Km, esiste una finestra continua di oltre 50 THz capace di ospitare una comunicazione ottica: è questa la “banda analogica” della fibra ottica, l’intervallo di frequenza cioè in cui possiamo ospitare portanti di diverso “colore” con continuità (allocabili cioè ovunque). Questo spazio può essere reso denso a piacere con limiti che dipendono solo dalla salvaguardia della qualità trasmissiva: in altri termini, si cercherà di non avvicinare troppo le portanti ottiche per evitare che i segnali modulanti vadano ad interferire (diafonia). Le tecnologie che permettono questo sono diverse: la messa a punto di sorgenti a riga stretta e stabile nel tempo; la messa a punto di filtri ottici accurati e sintonizzabili; la messa a punto di formati trasmessivi che conservino la banda, ecc. Esiste un secondo “asse” importante nelle comunicazioni ottiche che è l’asse del bit-rate ovvero della cadenza trasmissiva. Infatti la trasmissione dell’informazione con la portante ottica avviene mediante una modulazione temporale della potenza della portante. Quante volte può avvenire al secondo questa modulazione ? Essendo la portante ottica in terza finestra dell’ordine di 200 THz, è ragionevole pensare che la banda “modulante” possa estendersi sino a qualche decina di THz: in realtà sarà molto meno per un limite dei dispositivi di modulazione e dei componenti elettronici necessari per il loro controllo: con la tecnologia digitale oggi più avanzata si arriva a 100 Gb/s ma si possono immettere in fibra ottica anche impulsi di tipo solitonicxo con larghezze temporali di qualche psec e quindi con banda eccedenti il THz.. Questo asse è quindi l’asse delle bande elettriche ed è limitato dalla tecnologia dell’elettronica digitale ( sia di trasmissione che di ricezione). Lo spazio delle comunicazioni ottiche sarà lo spazio delimitato da queste due “bande” (vedi figura): uno spazio straordinariamente grande e solo marginalmente occupato. Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 30 Con le tecnologie oggi commerciali si immettono in fibra non più di 64 canali in terza finestra alla cadenza di 10 Gb/s con separazione tipica di 50 GHz. La banda analogica occupata raramente supera i 5 THz, quella cioè degli amplificatori ottici. Con le tecnologie quasi-commerciali si estenderà questa capacità trasmissiva verso i 40 Gb/s ma ancora rimarrà come si vede dalla figura sopra riportata, un grande spazio di occupazione e quindi di capacità trasmissiva sfruttabile. In linea di principio, con le tecnologie oggi commerciali sarebbe già possibile trasmettere 1000 portanti separate ognuna 50 GHz sulla finestra di 50 THz della fibra ottica. Se ognuno di questi canali fosse modulato 10 Gb/s, la complessiva capacità trasmissiva sarebbe di 10 Tb/s. Supponendo di trasmettere canali telefonici regolari da 64 Kb/s, con una singola fibra ottica si potrebbero quindi trasmettere già oggi: numero di canali vocali = 10 "1012 = 156,25 "10 6 3 64 "10 e la capacità disponibile sarebbe ancora lontano dall’essere saturata… ! Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 31 1.5 Trasparenza Lo sviluppo delle reti SDH e WDM ha al suo centro il concetto di trasparenza. In generale un layer si dice trasparente quando posso porre su di esso qualsiasi layer sovrastante. Ad esempio, il doppino telefonico tradizionale è stato per molti anni un layer trasparente al servizio, perchè potevo inviare su di esso qualsiasi formato di comunicazione: telefono, dati, fax, ecc. Esso però diventava opaco quando il bit-rate del servizio aumentava oltre un certo limite. Nella stessa accezione, la fibra ottica o meglio, lo strato ottico è considerato da molti un layer trasparente per eccellenza perchè sul layer ottico posso appoggiare qualsiasi tipo di client: TDM, CDM, SDH, ATM, IP, ecc. Se fra i layer elevati (data layer o network layer come ATM e IP) è posto SDH, questo non è considerato trasparente rispetto al layer ottico perchè il protocollo SDH impedisce di vedere lo strato ottico. Infatti, se io ho un layer superiore e voglio trasmettere in fibra ottica, debbo codificare i dati tramite il protocollo SONET/SDH e non posso accedere direttamente allo strato ottico. Supponiamo, ad esempio, che io voglia inserire un canale di comunicazione nuovo in un nodo. Per fare questo non posso aggiungere semplicemente un accoppiatore alle fibre, ma debbo entrare seguendo le procedure di caricamento di payload nello strato SONET, modificare gli OverHead e, se è il caso, variare anche le gerarchie SONET. La stessa cosa succederebbe in caso di estrazione di un canale. In questo senso si capisce perchè l’amplificatore ottico ed in generale tutti i sistemi ottici sono visti come dispositivi “trasparenti” per eccellenza: perchè per entrare in essi non è necessario rispondere a nessun protocollo. Soffermiamoci sul concetto di trasparenza dell’Amplificatore Ottico, uno degli apparati che hanno contribuito in modo significativo a cambia eil mondo delle telecomunicazioni. Prima dell’avvento degli amplificatori ottici la trasmissione attraverso la fibra ottica veniva “bloccata” dalla presenza necessaria di apparati elettrici di “rigenerazione” (vedi figura successiva). Ad esempio, dopo un centinaio di Km, con un segnale attenuato di più di 20 dB, diventava necessario ripristinare il corretto rapporto Segnale/Rumore mediante un rigeneratore, in pratica un apparecchio che converte il segnale ottico in elettrico e quindi, dopo l’impiego di un apparato ri-formatore del bit, lo ri-converte in ottico per inviarlo su una nuova tratta di fibra. In questo modo la grande “finestra” ottica della fibra, ovvero la sua gigantesca capacità trasmissiva, non poteva essere pienamente utilizzata perché il rigeneratore agiva da Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 32 “strozzatura” della banda. Con l’avvento dell’amplificatore ottico la “strozzatura” è stata in parte eliminata: la banda di guadagno di un amplificatore ottico è più modesta di quella della fibra ottica (tipicamente 4 THz in terza finestra) ma abbastanza grande da potere permettere il passaggio di molte “portanti” luminose, ovvero molte lunghezze d’onda. Essa inoltre è molto più grande della banda che compete ai tipici bit-rate trasmessivi (10 Gb/s). Si può quindi affermare che l’AO ha reso concreto il concetto di trasparenza dello strato ottico: esso può adesso trasportare qualsiasi “cliente”, praticamente in qualsiasi formato e bit-rate ed anche una molteplicità di clienti, ognuno etichettato con il proprio “colore”. Comunicazioni Ottiche, Capitolo 1, Edizione Ottobre 2007 33