GeNOVA MODeRNA PERCORSI TRA IL LEVANTE E IL CENTRO CITTà GeNOVA MODeRNA PERCORSI TRA IL LEVANTE E IL CENTRO CITTà GENOVA MODERNA PERCORSI TRA IL LEVANTE E IL CENTRO CITTà GENOVA MODERNA PERCORSI TRA IL LEVANTE E IL CENTRO CITTà Claudio Burlando Presidente Angelo Berlangieri Assessore alla Cultura Luca Fontana Direttore Generale Maria Franca Floris Dirigente Fondazione regionale per la Cultura e lo Spettacolo Maria Teresa Orengo, Amministratore Unico Stefano Scarpa, Direttore Donatella Buongirolami, Responsabile progetti Progetto strategico Accessit Coordinamento generale Maria Teresa Orengo Comune di Genova Volume a cura di Matteo Fochessati e Gianni Franzone Fotografie Luigino Visconti, Genova: pp. 7, 14, 16-18, 19 (in alto), 21-22, 24-25, 27 (in alto), 28-29, 3144, 46-47, 50-51, 54-55, 57, 58-60, 62-64, 65 (in basso), 66-67, 73 (in basso), 76-79, 83 (in alto); Casa d’Aste Cambi, Genova: pp. 69, 72; Giuseppe Fornari, Genova: p. 10 (in alto); Mario Parodi, Genova: pp. 12-13, 20, 83 (in basso); Stazioni Marittime SpA, Genova: pp. 81 (in alto), 82, 83 (in alto). I curatori del volume desiderano ringraziare i direttori e i curatori dei musei civici che hanno concesso la pubblicazione delle opere conservate nelle loro collezioni: Pierangelo Campodonico, Maria Camilla De Palma, Maria Flora Giubilei, Elisabetta Papone, Loredana Pessa, Raffaella Ponte. Si ringraziano inoltre: Famiglia Cambi, Emmina de Negri, Giuseppe Fornari, Linda Gianbirtone, Enrico Pinna, Gianluca Terragna, Andrea Verdiani. Un sincero ringraziamento a Donatella Buongirolami, Marco Ciarlo, Mauro Darchi, Simona Martini, Maria Teresa Orengo e Stefano Scarpa. Realizzazione editoriale Sagep Editori Srl - Genova (www.sagep.it) PRESENTAZIONE Inserito nel programma comunitario Italia Francia Marittimo, un progetto strategico come ACCESSIT, volto a favorire l’accessibilità del patrimonio artistico-culturale, non poteva non prendere in considerazione le emergenze architettoniche e monumentali della Genova moderna, cioè del periodo compreso tra la metà dell’Ottocento e i giorni nostri, in cui la città ha subito molti e significativi cambiamenti che si sono inevitabilmente riflessi sulla sua immagine urbana e i cui segni o segnali si impongono a chi la vive o la visita. Genova moderna. Percorsi tra il levante e il centro città è stata concepita come una guida comoda e maneggevole che il cittadino e il turista possono portarsi dietro e consultare in ogni momento. Il titolo stesso chiarisce che non vuole essere una guida completa, ma limitata a certe aree urbane, alcune delle quali sovente trascurate nelle guide onnicomprensive, mentre, per ovvie ragioni di spazio, tralascia altre aree ugualmente importanti, come, ad esempio, il ponente, epicentro dei grandi episodi di industrializzazione e deindustrializzazione che hanno trasformato la città a partire dalla fine del secondo conflitto mondiale. I curatori hanno deciso di procedere per “episodi”, concentrandosi su brani architettonici e monumentali che hanno segnato Genova non solo dal punto di vista più specificatamente architettonico e artistico, ma anche da quello più genericamente culturale, sociale, ambientale e si potrebbe dire antropologico. È il caso di Nervi, in cui, accanto ai musei, vengono presi in considerazione i parchi storici, episodi straordinari di una cultura del paesaggio oggi spesso messa in discussione. È il caso del castello Mackenzie e dell’architettura dei Coppedè che si configura come una risposta squisitamente autoctona di un determinato ceto sociale nel momento della sua massima ascesa in un originale connubio tra modernità e persistenza della tradizione. O ancora le grandi piazze “pubbliche” otto-novecentesche – De Ferrari, della Vittoria e Dante – in una città il cui centro storico è stato connotato da sempre da piazze private e familiari, simbolo di un’organizzazione socio-economica di stampo oligarchico e consortile. Il risultato è quindi un volume inteso a favorire un’accessibilità “globale” ad alcuni dei brani più significativi della Genova moderna. Maria Teresa Orengo Amministratore Unico Fondazione regionale per la Cultura e lo Spettacolo Genova Itinerari del Patrimonio Identitario Progetto ACCESSIT 4 SOMMARIO PREMESSA PREMESSA 5 1. I PARchI E I MuSEI DI NERVI 6 Gianni Franzone 2. IL MONuMENTO AI MILLE A QuARTO 14 Gianni Franzone 3. LA cASA LITTORIA DI LuIGI c. DANERI E L’ARchITETTuRA RAZIONALISTA A GENOVA 22 Matteo Fochessati 4. PIAZZA ROSSETTI E LA FOcE 28 Matteo Fochessati 5. IL cIMITERO DI STAGLIENO 36 Matteo Fochessati 6. PIAZZA DELLA VITTORIA E LA SISTEMAZIONE DELLA SPIANATA DEL BISAGNO 44 Gianni Franzone 7. PIAZZA DANTE 52 Matteo Fochessati 8. PIAZZA DE FERRARI: “LA PIAZZA DEI GENOVESI” 60 Gianni Franzone 9. IL cASTELLO MAckENZIE DI GINO cOPPEDè E LA DIFFuSIONE DELL’EcLETTISMO A GENOVA TRA OTTO E NOVEcENTO 68 Questa guida sulle emergenze moderniste del capoluogo ligure non intende presentarsi come un prodotto esaustivo rispetto al complessivo panorama artistico e architettonico della Genova del Novecento. Il percorso da noi analizzato in dieci macro-schede si sofferma, infatti, su uno specifico ambito territoriale, escludendo, ad esempio, una zona fondamentale per la recente crescita urbana della città come il Ponente. Tale scelta ci ha comunque permesso di concentrarci su una vasta area metropolitana che, nel corso del periodo preso in considerazione, fu caratterizzata da profonde trasformazioni, i cui effetti non ebbero solo una ricaduta sulla fisionomia urbanistica, ma furono determinanti per le dinamiche sociali, politiche ed economiche che accompagnarono la crescita della città in quell’epoca. L’inaugurazione in queste aree di importanti monumenti, eseguiti da celebri artisti, la consistente e innovativa attività edilizia, pubblica e privata, e soprattutto i fondamentali progetti di pianificazione urbanistica, avviati in 5 questi anni, furono infatti tutti fattori fondamentali per lo sviluppo della città e per una ridefinizione del suo specifico ruolo nel contesto nazionale dell’epoca. Il volume intende quindi invitare il lettore a una visita per tappe della storia recente di Genova, mettendo in rilievo l’importanza di alcuni tesori artistici e architettonici, spesso sottovalutati o ignorati, nel sentire comune, nonostante la loro significativa rilevanza internazionale: basti solo citare il Cimitero Monumentale di Staglieno o le testimonianze di quell’architettura eclettica di fine Ottocento e dei primi del Novecento che trova nel Castello Mackenzie il suo più celebre e prestigioso modello. E proprio nel riconsiderare la nostra comune passione per la riscoperta di queste testimonianze artistiche e architettoniche della nostra città, sentiamo l’esigenza di ricordare l’insegnamento di Franco Sborgi che, attraverso i suoi fondamentali e pionieristici studi, ha tracciato, per noi e per tanti suoi allievi, un percorso di ricerca ricco di suggestioni e di implicazioni culturali. Matteo Fochessati 10. DAL PORTO ANTIcO ALLE STAZIONI MARITTIME 76 Matteo Fochessati e Gianni Franzone Gianni Franzone INFORMAZIONI PER LA VISITA Itinerari del Patrimonio Identitario 84 Itinerari del Patrimonio Identitario I parchi e i musei di Nervi Progetto ACCESSIT 6 1. I PARchI E I MuSEI DI NERVI Gianni Franzone Nervi – località che dall’Ottocento si è affermata come rinomata stazione climatica e di villeggiatura – rappresenta oggi, per la sua offerta naturalistico-culturale comprendente i parchi, le ville, le collezioni mu- seali in esse ospitate e la suggestiva passeggiata sulle rocce lungo il mare, un luogo di grande attrattiva turistica, sebbene le sue potenzialità stentino a trovare l’adeguata promozione e valorizzazione. Pietro Luxoro, Villa Luxoro sede del Museo Giannettino Luxoro, 1903 Itinerari del Patrimonio Identitario I parchi storici di Nervi sono costituiti dalla distesa verde delle ville Gropallo, Serra Saluzzo e Grimaldi Fassio che si sviluppa senza soluzione di continuità tra la passeggiata a mare Anita Garibaldi e l’antica strada romana, l’odierna via Capolungo. Contrariamente ad altre zone di Genova che conobbero presto l’edificazione di palazzi con sontuosi giardini rinascimentali e barocchi, diventando vere e proprie “città di ville”, a Nervi le dimore di villeggiatura delle nobili famiglie genovesi erano inserite, ancora per tutto il Settecento, in un paesaggio sostanzialmente agrario, a prevalente funzione produttiva, con uliveti, vigneti e agrumeti. Fu nei primi decenni dell’Ottocento che la situazione cambiò con la creazione dei parchi paesistici, esempi grandiosi Museo Giannettino Luxoro, sala da pranzo Itinerari del Patrimonio Identitario 7 I parchi e i musei di Nervi Progetto ACCESSIT 8 della diffusione nel genovesato del “giardino all’inglese” d’ispirazione romantica che aveva avuto una delle sue prime realizzazioni in Ita- lia proprio nel capoluogo ligure, nel settecentesco giardino di Agostino Lomellini a Pegli, ora perduto. Intorno al 1818 Gerolamo Serra ac- Villa Grimaldi Fassio, sede delle Raccolte Frugone quistò palazzo e giardino e avviò la costruzione del parco, affiancato di lì a poco, nel 1825, da Gaetano Gropallo che ereditò e ampliò la proprietà paterna. I due parchi costituiscono un’eccezionale emer- 9 Giovanni Boldini, Miss Bell, 1901, Raccolte Frugone, Genova genza paesistica a livello urbano e nazionale: il voluto modellamento del terreno, la bellezza degli scorci visivi, la ricchezza della vegetazione che affianca essenze tipiche della flora mediterranea (pini marittimi, cipressi, ulivi, oleandri, lecci, allori, carrubi, lentischi e corbezzoli) con varietà esotiche e tropicali (palme di vario tipo, araucarie, cicas, agavi, eucalipti, alberi del pepe, canfore, cedri e magnolie), gli alberi monumentali al centro dei prati come se fossero esemplari unici da collezione, l’accostamento delle diverse specie in funzione degli effetti cromatici sono solo alcune delle loro caratteristiche salienti. Le due proprietà vennero acquistate dal Comune di Genova nel 1927 Itinerari del Patrimonio Identitario Itinerari del Patrimonio Identitario Progetto ACCESSIT 10 Uno scorcio del parco di villa Gropallo guito dell’acquisto da parte municipale di villa Grimaldi Fassio, nel 1993 l’edificio venne aperto come sede delle Raccolte Frugone, due collezioni di dipinti, sculture e disegni tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi trent’anni del Novecento che, per legato testamentario dei fratelli imprenditori e mecenati Lazzaro Giovanni Battista e Luigi Frugone, erano passate in proprietà al Comune. Dopo una chiusura durata oltre dieci anni, villa Serra, completamente ristrutturata e con un percorso espositivo aggiornato, ha riaperto i I parchi e i musei di Nervi 11 Plinio Nomellini, Nuova gente, 1909, Galleria d’Arte Moderna, Genova Villa Saluzzo Serra, sede della Galleria d’Arte Moderna – l’anno successivo alla costituzione della Grande Genova anche con l’annessione del Comune di Nervi – con un investimento milionario che mirava, secondo un preciso progetto di Orlando Grosso, allora direttore del civico Ufficio Belle Arti, alla costituzione di un polo artistico-ambientale di grande prestigio. Tali acquisizioni permisero infatti la sistemazione della Galleria d’Arte Moderna in villa Serra a partire dal dicembre 1928 e, insieme, la salvaguardia di un brano eccezionale del paesaggio. L’originale progetto di Grosso venne ampliato nei decenni successivi. Nel 1951, grazie alla donazione dell’ultimo proprietario, venne inaugurato poco distante il Museo Giannettino Luxoro. Nella villa, appositamente progettata da Pietro Luxoro nel 1903 e trasformata in casa-museo, trovarono posto le raccolte familiari che comprendono disegni, dipinti, mobili, ceramiche, argenti, tessuti e merletti, principalmente di ambito genovese, del XVII e XVIII secolo, tra cui una collezione di orologi, con la particolarità di una serie di “orologi notturni” della seconda metà del Seicento, e una di figurine del presepio. A se- Itinerari del Patrimonio Identitario Itinerari del Patrimonio Identitario I parchi e i musei di Nervi Progetto ACCESSIT 12 battenti al pubblico nel novembre del 2004. Nel dicembre 2005, infine, la Wolfsoniana, sede espositiva permanente della collezione che il mecenate statunitense Mitchell “Micky” Wolfson Jr. ha donato alla città, ha trovato posto all’interno del sobrio edificio scolastico nella stradina che separa i parchi Serra e Gropallo. In questo modo il contesto nerviese – arricchitosi nel 1981, all’estremità orientale del parco di villa Grimaldi Fassio, su iniziativa di Luigi Viacava, allora direttore del Servizio Giardini e Foreste del Comune, del rinomato roseto che, di recente restaurato, è stato a lui dedicato e ospita parecchie centinaia di varietà di rose differenziate a seconda degli ibridatori – si è configurato, in aggiunta al suo straordinario patrimonio naturali- Luigi Fontana & C., Milano, Salotto, 1902 circa, Wolfsoniana, Genova stico-ambientale, anche come polo museale cittadino dedicato all’arte moderna, proponendo un’offerta vasta e variegata (pittura, scultura, arti decorative, design e architettura), oltre a dare conto di alcune vicende collezionistiche che, iniziate come private, sono state successivamente destinate alla fruizione pubblica. Le collezioni oggi ospitate nei musei di Nervi nascono infatti come private: da quella del principe Odone di Savoia, figlio quartogenito del re Vittorio 13 Ernesto (Michahelles) Thayaht, Il grande nocchiere, 1939, Wolfsoniana, Genova Emanuele II, che rappresenta il nucleo fondante della Galleria d’Arte Moderna ma anche di altri musei civici, a quella della famiglia Luxoro, da quella dei fratelli Frugone, creata in stretta collaborazione con il loro mercante mantovano Ferruccio Stefani, a quella di Micky Wolfson, senza tralasciare quelle minori come le raccolte del nobile milanese Filippo Ala Ponzone e dei coniugi Demetrio Ferrero e Elena Rombo, entrambe attualmente esposte nelle sale della Galleria d’Arte Moderna. Il patrimonio artistico di quest’ultima testimonia infine anche del momento in cui il Comune, principalmente nei due decenni tra le guerre mondiali, acquistò opere presso le più importanti rassegne artistiche regionali, nazionali e internazionali, comportandosi in maniera lungimirante come un avveduto collezionista. Itinerari del Patrimonio Identitario Itinerari del Patrimonio Identitario Il Monumento ai Mille a Quarto Progetto ACCESSIT 14 2. IL MONuMENTO AI MILLE A QuARTO 15 Gianni Franzone Già negli anni immediatamente seguenti alla spedizione dei Mille, per il suo profondo significato storico e il suo grande valore simbolico, si manifestò il proposito di erigere un monumento commemorativo nella zona in cui il 5 maggio 1860 Garibaldi e i suoi volontari si erano imbarcati alla volta della Sicilia sui piroscafi Lombardo e Piemonte, messi a disposizione dall’armatore genovese Raffaele Rubattino. Poiché, due anni dopo l’impresa, proprio sul famoso scoglio di Quarto era stata issata una stele voluta dalla Confederazione Operaia Genovese, per l’ubicazione del gruppo scultoreo venne identificata un’area limitrofa. Dopo un tentativo fallito nel 1907, il Comune di Genova bandì un concorso nazionale il 1 dicembre 1909, fissando il 10 aprile successivo come termine ultimo per la presentazione dei progetti e in 100.000 lire la somma per realizzare il monumento. Vi parteciparono ben 63 concorrenti, molti singolarmente, “Genova Rivista Municipale”, aprile 1938, copertina Eugenio Baroni, Il Monumento ai Mille, 1915 Itinerari del Patrimonio Identitario tra cui Angiolo Del Santo, Pietro Albino, Giacinto Pasciuti, Luigi Orengo, Francesco Ciusa, Eugenio Pellini, Lorenzo Massa, Demetrio Paernio, Vittorio Rossi, Pasquale Rizzoli, Luigi Brizzolara e Venceslao Borzani, altri in coppia, come nel caso di Raffaello Romanelli e Gino Coppedè, di Luigi Gichero e Amedeo Calcaprina, di Edoardo De Albertis e Annibale Rigotti. I progetti vennero esposti nelle sale del Museo di Storia Naturale da poco inaugurato e già in quell’occasione molti parvero non avere dubbi: come annotò l’architetto Mario Labò, il progetto del neppure trentenne e semisconosciuto Eugenio Baroni (Taranto 1880-Genova 1935), per forza espressiva e originalità d’invenzione, non aveva rivali. La giuria, di grande autorevolezza, presieduta dall’anziano Giulio Monteverde e composta dagli scultori Leonardo Bistolfi, Ludovico Pogliaghi e Domenico Trentacoste e dai pittori Giulio Aristide Sartorio e Tullio Salvatore Quinzio, quest’ultimo Itinerari del Patrimonio Identitario Il Monumento ai Mille a Quarto Progetto ACCESSIT 16 in qualità di commissario eletto dai concorrenti, ufficializzò il suo verdetto il 1 maggio, proclamando vincitrice l’opera di Baroni. I premi minori andarono ad Alberto Dressler in coppia con Giovanni Chini, a Ezio Ceccarelli, Guido Bianconi e Arnaldo Fazzi. Ispirato al primo verso dell’Inno di Garibaldi di Luigi Mercantini “Si scopron le tombe, si levano i morti”, il bozzetto originario presentato dallo scultore genovese prevedeva una piramide la cui punta aguzza era sostituita dalla figura di Garibaldi sovrastata dalla Vittoria che guidava verso la meta il gruppo dei “morti risorti”. L’“eroe dei due mondi” è raffigurato in piedi, nudo, con i Itinerari del Patrimonio Identitario pugni serrati. Richiama il personaggio di Jean d’Aire di Auguste Rodin nel famoso gruppo che rievoca l’episodio dei cinque borghesi di Calais durante la Guerra dei Cent’anni, in cui il grande scultore francese aveva proposto un’inedita e moderna rievocazione del linguaggio di Michelangelo. Baroni forgiò il suo Garibaldi sulla figura di Bartolomeo Pagano, uno scaricatore del porto di Genova che più tardi divenne celebre per aver interpretato il gigante Maciste nel film Cabiria di Gabriele D’Annunzio. I corpi vigorosi di altri giovani “camalli” fecero da modello per i volontari che si stanno svegliando dal loro sonno per prendere parte all’impresa, mentre l’attenta osservazione dal vero del volo degli uccelli fornì all’artista spunti per la resa delle grandi ali dilatate della Vittoria. L’eroicità neomichelangiolesca di Garibaldi è accompagnata da un vortice di dinamismo e sensualità, da un turbine di forme magmatiche e avvolgenti, tutte linee curve e senza spigoli, che domina nei giovani soldati che stanno risorgendo. La lezione rodiniana, come pure quella bistolfiana, sono però superate in una direzione personale e originale che non corre il rischio di cadere in un rinnovato classicismo o di scivolare nel decorativismo liberty ancora così di moda. Il monumento di Quarto è una scultura che non predilige un punto di vista, ma si fa apprezzare nella sua totalità e continuità; un complessivo senso di moto ascendente la caratterizza e la domina. Allo stesso tempo il giovane scultore semplifica il modellato e drammatizza le immagini e le volumetrie dei corpi nudi in un senso fortemente espressivo se non addirittura “espressionista”: una tensione emotiva ed espressiva, talvolta quasi Petrus Theodor Tetar van Elven, La partenza dei Mille, 1889, Istituto Mazziniano-Museo del Risorgimento, Genova Itinerari del Patrimonio Identitario 17 Il Monumento ai Mille a Quarto Progetto ACCESSIT 18 19 Plinio Nomellini, Bozzetto del manifesto per l’inaugurazione del Monumento ai Mille, 1915, Istituto Mazziniano-Museo del Risorgimento, Genova Plinio Nomellini, Inaugurazione del Monumento ai Mille, 1915, Istituto MazzinianoMuseo del Risorgimento, Genova L’inaugurazione del Monumento ai Mille il 5 maggio 1915, Centro DocSAI, Genova aspra, che, insieme a una dichiarata visione sintetica, rappresenta uno degli elementi di novità del suo linguaggio artistico e che troverà sviluppo nelle sue opere future. Di ciò fu consapevole la commissione giudicatrice che consigliò a Baroni di far prevalere, nella fase mento finito entro quattro anni, cioè entro il 18 maggio 1915. Solo nel maggio del 1914, su proposta dello stesso Baroni e con l’avvallo dei membri della giuria, venne deciso che il monumento doveva essere realizzato in bronzo e non modellato in marmo bianco di Carrara co- Itinerari del Patrimonio Identitario esecutiva, la parte scultorea rispetto a quella architettonica, riducendo quindi il tronco di piramide e ingrandendo proporzionalmente il gruppo di Garibaldi. In base alle clausole del contratto sottoscritto con il Comune, Baroni si impegnò a consegnare il monu- me previsto in origine: il “terribile bronzo”, secondo le parole di D’Annunzio, prese forma a Pistoia nella fonderia dei fratelli Pasquali. Mentre Baroni si dedicava forsennatamente al completamento della sua opera in “una specie di delirio lucido”, come scrisse l’amico e criItinerari del Patrimonio Identitario Il Monumento ai Mille a Quarto Progetto ACCESSIT 20 tico Ettore Cozzani, scoppiò la guerra. L’artista sentì forte il desiderio di parteciparvi in prima persona, per cui il compimento del monumento diventò per lui ancora più urgente. Anzi intravvide subito che il suo Garibaldi poteva diventare il segnale dell’intervento italiano nel conflitto, tanto da scrivere: “Ho fede d’avere con la mia opera dato alla patria la profezia della resurrezione, la memoria vigile e accesa dei martirii sofferti”. L’inaugurazione del monumento, originariamente prevista per il 9 maggio 1915, venne anticipata al 5. A Pietro Dodero spettò il compito di disegnare l’invito, a Plinio Nomellini Leonetto Cappiello, Imprimerie Vercasson, Paris, Le trait-d’union franco-italien Quotidien du soir, 1916 circa, Wolfsoniana, Genova Itinerari del Patrimonio Identitario il manifesto. L’evento, cui partecipò una folta delegazione di giornalisti nazionali, fu completamente dominato da D’Annunzio, appositamente rientrato dalla Francia: le parole infuocate del suo famoso discorso più che celebrare l’opera di Baroni ebbero lo scopo di accendere gli animi degli intervenuti in direzione dichia- ratamente interventista. Fu così che il gruppo scultoreo di Quarto, in origine voluto e pensato per concludere simbolicamente, a cinquant’anni di distanza, l’epopea risorgimentale, si trasformò nell’emblema dei sentimenti interventisti e nazionalisti a pochi giorni dall’ingresso italiano nella Grande Guerra. Particolare della lastra d’acciaio contenente i nomi dei 1089 volontari di Garibaldi, 2010 Itinerari del Patrimonio Identitario 21 Progetto ACCESSIT 22 3. LA cASA LITTORIA DI LuIGI c. DANERI E L’ARchITETTuRA RAZIONALISTA A GENOVA Matteo Fochessati L’edificio della Casa Littoria rionale “Nicola Bonservizi”, costruito a Sturla tra il 1936 e il 1938 su progetto di Luigi Carlo Daneri, può essere considerato, nel panorama architettonico genovese del Novecento, come la trasposizione più fedele e coerente dei principi teorici e operativi del Movimento Moderno. Nella sua leggera struttura – funzionale ad armonizzare tra loro i diversi livelli di quota dell’area circostante – è infatti Luigi C. Daneri, Casa rionale Littoria “Nicola Bonservizi”, 1936-1938 Itinerari del Patrimonio Identitario La Casa Littoria di Luigi C. Daneri e l’architettura razionalista a Genova possibile riscontrare i fondamentali del vocabolario razionalista, come attestato in particolare dalla finestratura a nastro, dal volume a elisse della scala di collegamento, dalle asimmetrie volumetriche e dalla liscia nitidezza degli intonaci bianchi. La rigorosa impostazione dell’edificio conferma quindi la definitiva assunzione della vulgata modernista da parte di Daneri il quale, formatosi nello studio Coppedè, divenne ben presto uno degli esponenti di spicco del razionalismo genovese, nonostante i suoi richiami alla lezione progettuale di Walter Gropius e di Le Corbusier (ad esempio i rimandi alla Villa Savoye nel sostegno della struttura su esili pilotis) sembrino rispondere più a una tangenza tecnica e operativa, che a una sintonia teorica e concettuale. Luigi C. Daneri e Luigi Vietti con A. Fineschi, G. Zappa, R. Morozzo della Rocca, G.C. Nicoli, G. Crosa di Vergagni, R. Haupt, Abitazione tipica a struttura d’acciaio, V Triennale di Milano, 1933, Wolfsoniana, Genova Itinerari del Patrimonio Identitario 23 Progetto ACCESSIT La Casa Littoria di Luigi C. Daneri e l’architettura razionalista a Genova 24 Già autore della Chiesa di San Mar- cellino (1933-1935) – positivamente accolta dalla critica del tempo per il suggestivo effetto creato dalla sua monumentale struttura, nella quale soluzioni moderniste si combinavano con elementi architettonici novecentisti - Daneri aveva confermato nello stesso periodo la sua adesione alle istanze razionaliste con il progetto per la Villa Venturini (193134). Sciaguratamente demolita nel 1990, a conferma di una scarsa considerazione da parte della città nei confronti dei propri manufatti modernisti, quest’opera rappresentava infatti, al pari della Casa Littoria di Sturla, quasi una sorta di manifesto programmatico dell’innovativo linguaggio architettonico. Una propensione che egli condivise in quel periodo con diversi altri professionisti genovesi, come documentato dall’Abitazione tipica a struttura d’acciaio, presentata alla V Triennale di Milano del 1933 dal gruppo degli architetti liguri, guidato dallo stesso Daneri con Luigi Vietti e composto da Fineschi, Zappa, Morozzo della Rocca, Nicoli, Crosa di Vergagni e Renato Haupt. Questo progetto, che pure univa esponenti modernisti con personalità più moderate, si distinse infatti per il suo deciso impianto razionalista, risolto nell’Appartamento tipico economico di Giulio Zappa attraverso la standardizzazione e la scomponibilità degli elementi di arredo (composti da mobili in tubolare metallico ricoperti di linoleum) e nell’Appartamento per una famiglia di Vietti, grazie a una peculiare mediazione con le istanze dell’architettura organica. Tale inclinazione progettuale fu testimoniata in particolare dalla forma di alcune poltroncine in legno multistrato lamellare curvato, già realizzate per la nuova Stazione Marittima di Genova e ispirate alle sedute Itinerari del Patrimonio Identitario 25 che Alvar Aalto avrebbe esposto nel 1936 alla Triennale di Milano. Il dibattito teorico che si sviluppò a Genova intorno agli emergenti indirizzi modernisti - grazie all’importante attività pubblicistica svolta da Attilio Podestà, responsabile della rubrica La Specola delle Arti (apparsa tra il 1932 e il 1933 su “Il Secolo XIX”) e corrispondente di “Casabella” (1933-43), cui collaborava pure l’architetto Mario Labò - si può legare anche ad altre due importanti opere architettoniche, realizzate nello stesso periodo nel capoluogo ligure. A poca distanza dalla Casa Littoria di Daneri, lungo la strada verso levante, affacciato sul mare, sorse tra il 1931 e il 1938 il complesso dell’Ospedale pediatrico “Istituto Giannina Gaslini” che, realizzato su progetto di Angelo Crippa, segnò la sua definitiva adesione alle impostazioni costruttive d’impianto razionalista. Se la sua originaria formazione eclettica, venata da suggestioni secessioniste, traspare Angelo Crippa (con Aldo Zuccarelli), Ingresso dell’Ospedale pediatrico “Istituto Giannina Gaslini”, 1931-1938 ancora nell’edificio della chiesa, internamente decorata con mosaici e pitture murali di Pietro Dodero, il suo progetto per quest’articolata cittadella sanitaria – costituita da diciassette edifici caratterizzati da specifici orientamenti prospettici e collegati tra loro attraverso gallerie Angelo Crippa, Chiesa dell’Ospedale pediatrico “Istituto Giannina Gaslini”, 1931-1938 Itinerari del Patrimonio Identitario Progetto ACCESSIT 26 – rifletteva le esigenze di un rigoro- so sistema di organizzazione delle attività sanitarie. In stretta corrispondenza ideologica con i principi etici e comportamentali del regime – la cui paternità del progetto era evocata, nell’atrio vetrato, da una scultura di Giorgio Giordani raffigurante il Duce che accarezzava un bambino – tale progetto appariva infatti ispirato da concetti di efficienza e modernità, statuiti in particolare dalla dotazione di impianti tecnologici all’avanguardia. A conferma infine della funzionalità logistica dell’ospedale, il piano architettonico dell’area presentava un razionale sistema organizzativo, in cui i sin- La Casa Littoria di Luigi C. Daneri e l’architettura razionalista a Genova goli reparti – ospitati in palazzine separate, ma strettamente collegate tra loro – gravitavano intorno alla struttura centrale del padiglione di Medicina e Clinica pediatrica. In tale edificio il dinamico contrasto tra le superfici concave e convesse della facciata rimanda peraltro a uno schema compositivo presente anche nell’impaginato architettonico della Scuola della Gioventù Italiana del Littorio di Camillo Nardi Greco e Lorenzo Castello (1937). Su progetto di Paride Contri – autore nel 1934 del Mercato dei Fiori, demolito nel 1987 durante la costruzione del centro direzionale di Corte Lambruschini – fu infine rea- Paride Contri, Stadio comunale del nuoto “Piscine d’Albaro”, 1935 circa, Centro DocSAI, Genova 27 Paride Contri, Stadio comunale del nuoto “Piscine d’Albaro”, 1930-1935 lizzato, tra il 1930 e il 1935, a ponente della Casa del Fascio di Daneri, lo Stadio del nuoto di Albaro, il cui recente intervento conservativo ha fortunatamente preservato l’integrità originaria dell’opera. La struttura, esternamente adeguata ai modelli del razionalismo internazionale – identificabili nelle finestre a nastro dei due corpi simmetrici semicircolari e nella pensilina del corpo centrale, retta da pilotis metallici –, conserva infatti ancora intatta, all’interno, la vivace decorazione a mosaico realizzata dalla ditta Ceramica Ligure. Da notare, in particolare, la significativa testimonianza della stagione della “plastica murale” futurista rappresentata dall’ampio pannello Il nuotatore che, disegnato da Fillia, presenta, nella sua stilizzata cromia, evidenti tangenze con il mosaico in ceramica Le comunicazioni terrestri e marittime, da lui stesso realizzato nella torre del Palazzo della Poste di Angiolo Mazzoni alla Spezia (1933). Itinerari del Patrimonio Identitario Itinerari del Patrimonio Identitario Piazza Rossetti e la Foce Progetto ACCESSIT 28 4. PIAZZA ROSSETTI E LA FOcE Matteo Fochessati La sistemazione urbanistica dell’area della Foce – corrispondente all’estuario del torrente Bisagno – va inquadrata all’interno del più vasto piano di riqualificazione delle aree a levante del centro cittadino, cui aveva già dato avvio, agli inizi del Novecento, la realizzazione di una nuova rete stradale a mare, Itinerari del Patrimonio Identitario l’attuale Corso Italia che, grazie alla fitta presenza lungo il litorale di stabilimenti balneari alla moda, fu ben presto destinata ad assumere – come affaccio per il progressivo sviluppo di un’architettura residenziale di pregio – il suggestivo carattere di promenade e di luogo del loisir. Per la riqualificazione dell’intera zona fu tuttavia fondamentale, agli inizi degli anni Trenta, la copertura del Bisagno. Quest’opera, i cui primi progetti erano stati presentati agli inizi del Novecento, determinò infatti l’apertura di una ampia direttrice a mare e l’assegnazione di nuovi spazi edificabili, soprattutto dopo che l’area di confluenza del torrente fu liberata, nel 1931, dai cantieri navali Odero. L’immagine monumentale, ma allo stesso tempo modernista con la quale la città intendeva qualificarsi, attraverso quest’imponente intervento urbanistico, influenzò in larga misura le scelte progettuali degli edifici di rappresentanza e dei complessi residenziali sorti in seguito al nuovo piano regolatore dell’area. La tipologia razionalista caratteriz- Corso Italia e Boccadasse Itinerari del Patrimonio Identitario 29 Piazza Rossetti e la Foce Progetto ACCESSIT 30 31 Mario Labò, Ristorante San Pietro, 1935-1938, Centro DocSAI, Genova zò, in particolare, la costruzione del Ristorante San Pietro, realizzato su progetto di Mario Labò tra il 1935 e il 1938. Collaboratore della rivista “Casabella” e aderente dai primi anni Trenta al MIAR (Movimento italiano per l’architettura razionale), l’architetto genovese, che nel 1940 progettò a Quarto la villa del celebre collezionista Della Ragione, elaborò in questo edificio – caratterizzato dalla leggerezza della struttura e da un’attenta cura dei materiali e della gamma cromatica – una felice sintesi linguistica tra le istanze razionaliste e l’architettura organica, assimilata grazie alla sua vicinanza con Alvar Aalto. Tale costruzione, celebrata all’epoca sulle principali riviste di architet- Luigi Vietti (con Mario Braccialini), Case dei pescatori, 1936-1939 Itinerari del Patrimonio Identitario Luigi C. Daneri, Piazza Rossetti, 1934-1958 tura, appare ormai, tuttavia, fortemente ridimensionata rispetto al disegno originario, in seguito alla sua parziale demolizione durante la costruzione della sopraelevata (196265) e alla successiva e radicale trasformazione degli interni. Queste gravi manomissioni furono operate anche in altri edifici limitrofi: ad esempio nella sede dell’ACI (già Regio Automobil Club d’Italia, 1939) di Camillo Nardi Greco e Lorenzo Castello che – caratterizzata nel salone del pubblico da una serie di pannelli pittorici di Teresio Beroggio raffiguranti i trasporti e l’attività del porto – fu compromessa nella sua leggibilità originaria dalla demolizione, negli anni Ottanta, della stazione di servizio che completava l’edificio. Ancora più evidente appare la trasformazione delle Case dei pescatori, progettate da Luigi Vietti insieme all’ingegnere capo del Comune Mario Braccialini per la parte tecnica (1936-39). Il complesso residenziale, destinato a ospitare i pescatori, tradizionali abitanti della zona della Foce, perse infatti definitiva- mente il suo rapporto con il mare con la realizzazione della Fiera (1958-63), mentre la costruzione della sopraelevata determinò il taglio delle ali laterali. Il più impegnativo intervento di architettura residenziale nell’area della Foce fu rappresentato dalla realizzazione dell’attuale Piazza Rossetti per opera di Luigi Carlo Daneri, cui fu affidato l’incarico, dopo che era stato accantonato il progetto vincitore al concorso bandito nel 1933. Daneri improntò questa complessa opera - portata a termine tra il 1934 e il 1958 - con tutte le sue peculiari competenze imprenditoriali e architettoniche. In particolare il lotto residenziale si distingue, nella disposizione degli edifici, per l’affermazione di quel concetto di unità abitativa che, ispirato dal celebre complesso a Marsiglia di Le Corbusier (1947-52), fu in seguito da lui ripreso, su scala più ridotta, nelle palazzine al Lido d’Albaro (1952-55). Questo schema progettuale connotò in larga misura tutta la sua attività architettonica nell’immediato dopoguerra. In questo peItinerari del Patrimonio Identitario Piazza Rossetti e la Foce Progetto ACCESSIT 32 riodo Daneri fu infatti intensamente impegnato, come coordinatore, nei team progettuali di due tra le più importanti realizzazioni del programma di edilizia popolare INA-Casa: il quartiere Bernabò Brea (realizzato insieme a Giulio Zappa e Luciano Grossi Bianchi tra il 1950 e il 1954) e il complesso di Porta degli Angeli, Antonio Maria Morera, Navigatore, 1938 Itinerari del Patrimonio Identitario con Beverasco, Ginatta, Ferri, Pulitzer e Sibilla (1954-56). Dal 1956 al 1968 Daneri sovrintese inoltre, insieme a Eugenio Fuselli, alla progettazione del quartiere Forte Quezzi, ormai popolarmente denominato “il Biscione”. Tornando adesso allo spirito della sistemazione urbanistica dell’area della Foce nel corso degli anni Trenta, è opportuno mettere in evidenza come – al pari dello sviluppo architettonico che aveva plasmato la fisionomia della vicina piazza Vittoria – la sintesi tra monumentalismo e modernità rispecchiasse gli stessi principi autocelebrativi della propaganda del regime, volta, da un lato, a riaffermare la continuità con il proprio illustre passato, dall’altro, a esaltare il contemporaneo primato nazionale. In tale ambito va inquadrata la statua del Navigatore, realizzata da Antonio Maria Morera in marmo bianco di Carrara, dopo una prima provvisoria presentazione in ges- Eugenio Fuselli, Casa del Mutilato, 1937-1938 Itinerari del Patrimonio Identitario 33 Piazza Rossetti e la Foce Progetto ACCESSIT – prescelto e realizzato tra il 1961 e il 1963 – del gruppo composto dagli ingegneri Franco Sironi, Leo Finzi, Remo Pagani e dall’architetto Lorenzo Martinoia. La struttura del Palasport, che all’epoca della sua costruzione fu all’avanguardia per tipologie ingegneristiche, schemi statici e metodologie costruttive – essendo uno dei primissimi esempi al mondo di applicazione delle tensostrutture –, rimane ancora oggi un esempio significativo e ardito di utilizzo del cemento armato per grandi edifici. Se infine un intervento di ristrutturazione del complesso, avvenuto nel 2001, determinò la sciagurata demolizione della pensilina, progettata nel 1963 da Angelo Mangiarotti come padiglione per l’IRI, tra le più recenti novità architettoniche dell’area bisogna annoverare il Padiglione Blu che, ideato dall’architetto francese Jean Nouvel ed entrato in funzione nell’ottobre 2008, in occasione del Salone Nautico, fu ufficialmente inaugurato nel 2009. 34 Franco Sironi, Leo Finzi, Remo Pagani e Lorenzo Martinoia, Palazzo dello Sport, Fiera di Genova, 1961-1963 so, in occasione della storica visita del Duce a Genova nel 1938. Collocato di fronte al mare, con una funzione di asse focale dell’impianto urbanistico dell’area, il maestoso monumento incarnava infatti, nella sua energica rappresentazione virile, il culto per l’ardimento, esaltato dall’ideologia fascista e qui condensato dalla scritta “Vivere non necesse, navigare necesse est”. La retorica di un altro importante tema della propaganda – la commemorazione della vittoria e del sacrificio bellico – trovò invece espressione nella costruzione della Casa del Mutilato di Eugenio Fuselli (1937-38), anche se questa Itinerari del Patrimonio Identitario dimensione celebrativa fu in parte temperata dal crudo realismo del monumento I mutilati di Eugenio Baroni e dalla sobria impostazione razionalista dell’edificio, integrato da richiami alla cultura vernacolare nella sua fasciatura bicromatica. La più grande trasformazione urbanistica di tale territorio fu invece determinata, nel dopoguerra, dalla costruzione del quartiere fieristico, a ponente della foce del Bisagno, in un’area artificiale ottenuta attraverso l’interramento della costa. Spicca tra i nuovi edifici fieristici il Palazzo dello Sport, il cui concorso fu vinto ex aequo dal progetto di Daneri e di Pier Luigi Nervi e da quello Jean Nouvel, Padiglione Blu, Fiera di Genova, 2008 Itinerari del Patrimonio Identitario 35 Progetto ACCESSIT Il Cimitero di Staglieno 36 5. IL cIMITERO DI STAGLIENO 37 Matteo Fochessati Museo en plein air delle principali ricerche plastiche tra Otto e Novecento, il Cimitero monumentale di Staglieno, con il suo straordinario patrimonio artistico, costituito da oltre cinquemila monumenti funebri, offre al visitatore una puntuale ed esauriente panoramica sugli sviluppi stilistici e formali della scultura di quel periodo: dal purismo classicista e romantico al verismo delle correnti naturaliste; dalle tensioni espressive del liberty e del simbolismo alle stilizzazioni del linguaggio déco e al monumentalismo novecentista; sino alle più recenti prospezioni estetiche del dopoguerra. La necropoli – città dei morti che nel tempo si espande specularmente a quella dei vivi – riflette inoltre nella sua costante crescita “urbanistica” i preminenti caratteri sociali e culturali dell’epoca, attraverso il filtro di una concezione della morte che progressivamente adattò le peculiari interpretazioni di tale concetto al succedersi delle correnti stilistiche del periodo. Il progetto originario di Carlo Barabino, risalente al 1837, fu in seguito ripreso – all’interno di un complessivo processo di urbanizzazione intorno alle rive del Bisagno – da Giovanni Battista Resasco. I lavori per il cimitero, delimitato a valle da una monumentale galleria, ebbero inizio nel 1847 e terminarono ufficialmente nel 1851, data in cui cominciarono a sorgere i primi monumenti funerari privati. Tuttavia nel 1903 il Comune bandì un nuovo concorso per l’ampliamento della necropoli, Santo Varni, La Fede, 1868-1875 Gaetano Vittorio Grasso, Monumento funebre a Giuseppe Mazzini, 1874-1877 Cimitero di Staglieno. Una delle gallerie Itinerari del Patrimonio Identitario Itinerari del Patrimonio Identitario Il Cimitero di Staglieno Progetto ACCESSIT 38 cui partecipò, tra gli altri, Gino Cop- pedè il quale, autore di un visionario e monumentale progetto non realizzato, fu incaricato nel 1904 di disegnare la sistemazione del Cimitero degli Inglesi. Celebre a livello internazionale per la ricchezza artistica dei suoi monumenti e per la suggestione del suo ampio e articolato disegno paesaggistico, che combinava il rigore formale della tradizione classica con il gusto pittoresco della cultura ro- Luigi Rovelli, Cappella Raggio, 1895 Itinerari del Patrimonio Identitario mantica, il cimitero accrebbe la sua fama grazie alla notorietà degli illustri personaggi che in esso ebbero sepoltura. Oltre alle tombe nel settore protestante del fotografo tedesco Alfredo Noack, realizzata nel 1896 da Giuseppe Navone, e di Constance Lloyd, che il marito Oscar Wilde – appena scarcerato – visitò nel 1899, a un anno dalla sua morte, si può qui ricordare il monumento funebre di Giuseppe Mazzini, innalzato nell’area del Boschetto irregolare e caratterizzato, su progetto di Gaetano Vittorio Grasso, da scoperte simbologie massoniche. La purezza dell’impostazione classicista dei primi monumenti, determinata dall’esigenza di uniformarsi alla matrice stilistica del piano architettonico del Resasco e incarnata, ad esempio, dal suo stesso progetto per la Cappella Rubattino Rebizzo (1871), lasciò spazio, dopo il 1880, a una maggiore libertà espressiva e, quindi, a un’ampia e variegata diffusione di modelli eclettici. Tale tendenza appare esemplarmente rappresentata dalla Cappella Raggio di Luigi Rovelli (1895), comunemente denominata “Duomo di Milano” per i suoi pinnacoli e archi rampanti in stile gotico, o dalla Cappella Puccio di Gino Coppedè (1904), connotata da richiami bizantineggianti e da riferimenti iconografici all’antico Egitto. Sin dall’inizio la principale committenza dei sepolcri non fu comunque Gino Coppedè, Cappella Puccio, 1904 Itinerari del Patrimonio Identitario 39 Il Cimitero di Staglieno Progetto ACCESSIT fu infatti esorcizzato grazie alla celebrazione della continuità dei valori sociali incarnati dal defunto e dalla sua famiglia e ciò avvenne, in genere, attraverso una precisa e minuziosa ostensione dei simboli professionali e del lavoro. Tale tendenza ebbe il suo apice espressivo in quello che è considerato, nell’immaginario collettivo, il simbolo di Staglieno: la tomba di Lorenzo Orengo raffigurante la venditrice di noccioline Caterina Campodonico (1881). La dettagliata rappresentazione realista delle vesti e dei simboli professionali della committenza – compiutamente esemplificata da un’altra opera di Orengo, la duplice tomba dei coniugi Whitehead e 40 Bentley (1885-1887) – attestava in genere una capacità analitica e descrittiva che, desunta dai procedimenti operativi della ritrattistica fotografica, determinò il definitivo distacco dai modelli aulici e solenni della scultura commemorativa d’impianto classicista. Alle ricorrenti scene di compianto famigliare intorno al letto del defunto (Tomba Carlo Raggio di Augusto Rivalta, 1872) o a scene di spontanea immediatezza (Tomba Pescia di Orengo, 1897), subentrarono tuttavia, verso la fine dell’Ottocento, altri modelli d’interpretazione della morte. Con l’accentuazione dei caratteri simbolisti e decadenti, tale evento non venne infatti più esperito e risolto più rappresentata da quell’aristocrazia che sino allora era stata alla guida della città, ma da una dinamica e rampante borghesia che, a cavallo tra Otto e Novecento, svolse un ruolo decisivo per la rinascita economica e culturale di Genova. E se questa classe sociale in ascesa non fu immediatamente in grado di elaborare un suo autonomo linguaggio espressivo e preferì pertanto adottare consolidati soggetti di matrice classica o romantica, ben presto, tuttavia, impose il proprio immaginario della morte attraverso i temi iconografici del realismo borghese. Dopo un esordio improntato al gusto neoclassico, in cui eccelsero gli scultori Santo Varni, Gio Battista Isola e Giuseppe Gaggini, le emergenti tensioni veriste predisposero dunque – mutuando i modelli ideologici della borghesia – un nuovo ordine costitutivo nell’ambito del tema della morte. Il trauma del distacco Lorenzo Orengo, Tomba dei coniugi Whitehead e Bentley, 1885-1887 Augusto Rivalta, Tomba Carlo Raggio, 1872 Itinerari del Patrimonio Identitario Itinerari del Patrimonio Identitario 41 Il Cimitero di Staglieno Progetto ACCESSIT 42 entro una dimensione collettiva, ma assunto come un fatto di coscienza individuale, slegato dunque dalle certezze determinate da una propria specifica appartenenza di classe. Il fenomeno del “guardare la morte”, sperimentato inizialmente come radicalizzazione dell’approccio realista – tombe Camilla Pignone-Avanzini di Giuseppe Benetti (1867) e Pienovi di Giovanni Battista Villa (1879) – determinò infatti una sempre più consapevole coscienza interiore della dipartita e del violento distacco dalla vita terrena. Il punto di rottura storico di questo progressivo abbandono delle certezze positiviste, che avevano improntato sino allora la concezione ottocentesca della morte, fu rappresentato dall’inquietante immagine dell’angelo androgino della tomba Itinerari del Patrimonio Identitario Francesco Oneto di Giulio Monteverde (1882), tema iconografico ripreso in tutto il mondo, attraverso l’esportazione di modelli artistici operata dall’emigrazione ligure. Il passaggio successivo, in ambito liberty, fu incarnato dai temi della “bella morte” o della “morte giovane”, mediati da una più delicata accezione simbolista nei monumenti di Leonardo Bistolfi – tombe Bauer (1902-1904) e Orsini (18891907) – o risolti in maniera più diretta, come nella Tomba Maria Francesca Delmas di Luigi Orengo (1909), dedicata a una giovane sposa, scomparsa in un incidente automobilistico. La rappresentazione della morte assunse in seguito caratteri ancora più tragici, come nel caso dell’inconsolabile dolore della madre, raf- Giulio Monteverde, Tomba Francesco Oneto. Particolare, 1882 Edoardo De Albertis, Tomba Ammirato, 1917 figurato nella Tomba Berte Grosso Bonnin (1921) di Eugenio Baroni, autore successivamente di un altro dolente monumento dedicato al tema della maternità (Tomba Moltini Sciutto, 1922). A questa inedita impostazione antidecorativa subentrò tuttavia, con la progressiva adesione al gusto déco, una sempre più evidente sintesi delle forme e dei volumi che fu, ad esempio, determinante per l’originale impostazione compositiva della Tomba Ammirato di Edoardo De Albertis (1917) o per lo stilizzato arcaismo della Stele Tortelli di Guido Micheletti (1933) e della Tomba Inga di Luigi Venzano (1933). Il monumentalismo novecentesco – esaltato da una specifica impostazione classica nella Tomba Germani di Guido Galletti (1939) – fu infine fondamentale per un ritorno a raffigurazioni dal forte impianto realista. Questa tendenza fu solo in parte attenuata da quel clima di rinnovamento della scultura funebre del dopoguerra, che fu precorso nel 1942 dall’impianto razionalista del Monumento Dagna di Edoardo Alfieri il quale, esternamente, si presentava come un semplice parallelepipedo, decorato su due lati da lunghi bassorilievi. Itinerari del Patrimonio Identitario 43 Progetto ACCESSIT Piazza della Vittoria e la sistemazione della spianata del Bisagno 44 6. PIAZZA DELLA VITTORIA E LA SISTEMAZIONE DELLA SPIANATA DEL BISAGNO 45 Gianni Franzone La piazza, inserita all’interno di un più ampio Piano regolatore per le zone centrali (1932), costituisce il principale intervento urbanistico-architettonico attuato nel centro cittadino durante il periodo fascista. Il progetto complessivo riguardava non solo l’area su cui insiste oggi la piazza, fino al 1910 sottoposta a servitù militare, ma anche piazza Verdi, che aveva assunto un ruolo di primo piano con l’apertura della Piazza della Vittoria in costruzione, 1934 circa, Centro DocSAI, Genova Marcello Piacentini (in collaborazione con A. Dazzi, E. De Albertis e G. Prini), Arco ai Caduti, 1923-1931 Itinerari del Patrimonio Identitario stazione ferroviaria Brignole nel 1905, e l’area della foce del torrente Bisagno, la cui copertura venne deliberata dall’amministrazione comunale nel 1919. Si trattava di una zona strategica all’interno del contesto urbano, in considerazione dell’ampliamento della città verso la valle del Bisagno e verso levante. Nel 1923 il Comune bandì due concorsi nazionali, l’uno, appunto, per la sistemazione della spianata del Bisagno (delibera del 5 aprile), l’altro per l’erezione di un arco trionfale dedicato ai caduti del primo conflitto mondiale (delibera del 9 maggio). In entrambi i casi risultò vincitore l’architetto romano Marcello Piacentini: in città, però, si accesero subito vivaci dibattiti. La commissione giudicatrice del concorso per l’arco trionfale, composta, tra gli altri, dallo scultore Leonardo Bistolfi, dal critico Ugo Ojetti e da Mario Labò, assessore municipale alle Belle Arti, non individuò un vincitore, bensì rinviò, nel febbraio del 1924, tre progetti a un secondo grado di giudizio, ritenendo necessario un approfondimen- to: Beatissimi Voi di Marcello Piacentini in collaborazione con lo scultore Arturo Dazzi, Diana dell’architetto romano Alessandro Limongelli coadiuvato dal genovese Giovanni Prini e San Giorgio dell’architetto modenese Giuseppe Mazzoni con l’intervento di Edoardo De Albertis, Francesco Messina e Guido Galletti. La polemica suscitata da un articolo di Ojetti apparso sul “Corriere della Sera” del 9 febbraio 1924, che anticipava il verdetto finale e conteneva, tra l’altro, giudizi tutt’altro che lusinghieri nei confronti degli imprenditori e dei costruttori genovesi, costrinse alle dimissioni la giuria. Venne quindi nominata una nuova commissione che proclamò vincitore di secondo grado il progetto di Piacentini. Il 18 aprile 1925 quest’ultimo ottenne l’incarico ufficiale per la costruzione dell’arco che, iniziato nel 1927, venne portato a compimento nel 1931. Nella versione definitiva del monumento, rigidamente ispirato agli illustri esempi della Roma classica, Dazzi eseguì i fregi con scene belliche Itinerari del Patrimonio Identitario Progetto ACCESSIT 46 per i quattro prospetti dell’attico e le otto statue inserite sui due lati lunghi, mentre a De Albertis e a Prini toccarono gli altri interventi del ricco apparato decorativo: al primo si devono le altre otto sculture sui lati est e ovest e il crocifisso sull’altare della cripta; al secondo spettarono le due grandi lunette interne, che decorò con scene di lavoro agreste e industriale, mentre altri sei rilievi, lo stemma comunale e un San Giorgio vennero collocati nella cripta. Le vicende relative alla sistemazione della spianata furono assai più complesse e tormentate, anche per gli interessi economici e speculativi in ballo. Le polemiche divampate in città vennero cavalcate dal locale “Corriere Mercantile” che, nel febbraio del 1924, bandì un “contro-concorso” con il Itinerari del Patrimonio Identitario chiaro intento di screditare la credibilità e l’autorevolezza di quello indetto dal Comune: il premio venne fissato in cinquantamila lire e venne chiamato a far parte della giuria una figura di indubbio prestigio come l’architetto Gaetano Moretti. Al concorso parteciparono ben quarantasei concorrenti, i cui elaborati vennero esposti a luglio nel ridotto del teatro Carlo Felice. Anche Piacentini vi prese parte, pure se fuori concorso, rielaborando il progetto che aveva presentato al concorso municipale: la nuova versione, in particolare, prevedeva il trasferimento dei volumi fabbricabili da piazza Verdi a piazza di Francia, l’attuale piazza della Vittoria. La commissione giudicatrice assegnò il primo premio a Michele Fenati, il secondo a Piero Barbieri e Francesco Piazza della Vittoria e la sistemazione della spianata del Bisagno Ghiara, il terzo ad Amedeo Calcaprina. Due anni dopo Piacentini rielaborò ancora il progetto: la nuova versione venne intitolata La Grande Genova. Il Foro littorio, con chiaro riferimento alla creazione del comune ‘allargato’, decretata da Mussolini il 14 gennaio 1926. Nel 1928 il podestà Eugenio Broccardi nominò una nuova commissione (composta da Riccardo Haupt, Ghino Venturi e Piero Portaluppi) per varare lo schema planimetrico della piazza, reso possibile dalla copertura del Bisagno attuata nel 1928-30 dall’impresa Garbarino e Sciaccaluga. La commissione si limitò a espri- mere alcune indicazioni di massima: l’edificazione venne limitata a piazza della Vittoria, mentre per piazza Verdi si optò per una sistemazione a giardini, recependo quindi quanto Piacentini aveva già inserito nel suo progetto del 1926; si dispose che lo schema planivolumetrico della piazza fosse costituito da tre edifici per lato sui due lati lunghi e un unico edificio sullo sfondo (teatro o palazzo del littorio); gli edifici avrebbero dovuto avere un carattere monumentale con rivestimenti in materiali nobili; un porticato perimetrale, infine, doveva essere esteso a tutti gli edifici. Nel maggio del 1929 la giunta po- Piazza della Vittoria, lato a ponente: Palazzo Società Nafta (P. Fossati con C. Ginatta,1929-1934), Palazzi Jacazio (B. Bellati con G. Dazzi, 1935-1937) e Palazzo della Cassa di Risparmio (B. Bellati, 1938-1939) Itinerari del Patrimonio Identitario 47 Progetto ACCESSIT 48 Beniamino Bellati, Palazzo Jacazio, 1935 circa, Wolfsoniana, Genova destarile approvò il progetto del palazzo Nafta, sede dell’omonima società che si occupava del commercio di idrocarburi, sull’angolo nord-ovest della piazza che costituì il primo importante tassello della nuova sistemazione: proget- tato da Paolo Fossati con Cristoforo Ginatta, il palazzo, completato nel 1934, presenta elementi ancora ispirati alla tradizione dei palazzi alessiani cittadini. Con l’approvazione del piano regolatore del centro del 1932 (dal pro- Beniamino Bellati, Raccordo coperto tra palazzo Nafta e palazzo Jacazio, 1935 circa, Wolfsoniana, Genova Itinerari del Patrimonio Identitario Piazza della Vittoria e la sistemazione della spianata del Bisagno getto di piazza della Vittoria venne eliminato l’edificio sul fondo, mentre sui lati lunghi gli edifici vennero portati da tre a quattro); con l’adozione, due anni dopo, da parte della giunta podestarile delle Norme edilizie ed architettoniche relative alla costruzione di piazza della Vittoria; infine, con la nomina di Piacentini a consulente della commissione edilizia comunale si composero le ultime tessere che avrebbero portato alla fisionomia definitiva della piazza. L’architetto romano ne diventò il vero “regista”: il palazzo dell’Istituto Nazionale Fascista di Previdenza Sociale (oggi INPS), da lui progettato e costruito sull’angolo nord-est tra il 1936 e il 1938, con il suo stile classico e monumentale, sobrio e austero, ispirato alla maestosità dell’architettura romana, che egli aveva già affinato nella piazza della Vittoria di Brescia, con i semplici ed eleganti ri- vestimenti in travertino che rendevano superflua ogni decorazione – se si eccettuano le Vittorie alate agli angoli, opera di Nanni Servettaz – stabilì il modello per gli altri palazzi. Gli edifici, infatti, che, disposti simmetricamente e collegati da un profondo porticato, vennero costruiti di lì a poco sui lati lunghi della piazza, nonostante siano stati progettati da architetti diversi, si connotano tutti per la stessa monumentalità, per un attento equilibrio dei pieni e dei vuoti, per il prevalere di volumi geometrici e per la quasi totale mancanza di decorazione: sul lato ovest, i due palazzi centrali dell’impresa Ugo Jacazio si devono a Beniamino Bellati in collaborazione con Giovanni Dazzi, così come sempre a Bellati si deve l’ultimo, quello della Cassa di Risparmio; sul lato est, i due centrali vennero costruiti dall’impresa Garbarino e Sciaccaluga su pro- Alfredo Fineschi, Sistemazione zona sud di piazza della Vittoria. Genova. Progetto di scalea giardino sull’asse del Monumento ai Caduti, 1935, Wolfsoniana, Genova Itinerari del Patrimonio Identitario 49 Progetto ACCESSIT 50 getto di Piacentini e Aldo Camposampiero, mentre l’ultimo venne progettato da Giuseppe Tallero per l’impresa Amleto Angiolini (1939). Dei lati brevi della piazza, quello a nord si apre su piazza Verdi e la stazione Brignole, mentre quello a sud è chiuso da una spalliera ri- Itinerari del Patrimonio Identitario coperta di verde che, attraverso scalee, sale alle Mura delle Cappuccine. L’originale progetto dell’architetto Alfredo Fineschi fu semplificato in fase di realizzazione: venne eliminata la cascata d’acqua centrale che scendeva da un’alta fontanafaro illuminato, mentre le ali laterali Piazza della Vittoria e la sistemazione della spianata del Bisagno ad arco, previste in siepi potate, vennero sostituite da volumi equivalenti in muratura ricoperti da rampicanti. Due edifici completano la piazza a sud: a levante il serio palazzo della Questura ancora di Fineschi (1935-37) e a ponente l’edificio che ospita il liceo Andrea Doria, progettato negli stessi anni da Carlo Canella, che ripropone alcuni degli elementi tipici del linguaggio piacentiniano. Piazza della Vittoria, veduta della scalea Itinerari del Patrimonio Identitario 51 Piazza Dante Progetto ACCESSIT 52 7. PIAZZA DANTE 53 Matteo Fochessati Predisposto subito dopo l’istituzione amministrativa della “Grande Genova” (1926) e ispirato alla politica autocelebrativa del regime, il progetto di monumentalizzazione del centro cittadino ebbe il suo fulcro, negli anni Trenta, con il piano di ridefinizione urbanistica di piazza Dante. Il concorso per il Piano regolatore delle Aree Centrali, bandito nel febbraio del 1930, fu vinto nell’agosto del 1931 dal gruppo Janua, composto da Giulio Zappa e Aldo Viale che, per la sua qualifica di capoufficio del Comune di Genova per i Piani regolatori, suscitò la contestazione del gruppo milanese di Griffini, Bottoni e Pucci. Con la stesura definitiva del piano particolareggiato di Viale e Zappa nel gennaio del 1932, la realizzazione di un moderno centro direzionale nel cuore di Genova ebbe comunque avvio nel 1934. I lavori, conclusi nel 1940, determinarono la demolizione del degradato quartiere del Morcento, che venne raso al suolo, e dell’area del Ponticello, che aveva ospitato il borgo medievale dei Lanaioli. Documentata dai disegni del suggestivo reportageche Orlando Grosso, direttore del Civico Ufficio di Belle Arti, commissionò ad alcuni artisti genovesi (Mazzoni, Pennasilico, Bifoli, Verzetti e Gambetti), questa tipica opera di riqualificazione urbana, impostata dal regime con scopi di rappresentanza, determinò dunque un’incisiva operazione di sventramento, proseguita nel dopoguerra, verso il lato mare, dalle demolizioni nel quartiere medievale di via Madre di Dio. Costituito da due blocchi – quello a levante progettato da Marco Dasso e Giovanni Bruzzone e quello di Franco Al- Il Grattacielo Nord, cartolina, Centro DocSAI, Genova Itinerari del Patrimonio Identitario Piazza Dante, cartolina, Centro DocSAI, Genova bini e Franca Helg a chiudere Piazza Dante dal lato mare – il complesso direzionale Centro dei Liguri (1972-1980) risultò tuttavia una scelta strategica obsoleta e irrisolta, come dimostrato in particolare dalla concezione degli spazi verdi che, destinati a qualificarsi come centro di aggregazione, si sono invece trasformati in un corpo separato dal tessuto urbano e in un’area di degrado e di emarginazione. Alla stesura del piano particolareggiato di Zappa e Viale che, rispetto all’originaria matrice storicista, fu improntato da un’evidente impostazione razionalista, collaborò anche, nella sua funzione di rappresentante della Soprintendenza, Robaldo Morozzo della Rocca (1932). Il suo progetto, che prevedeva la costruzione di quattro grattacieli, fu tuttavia trasformato dall’intervento di Macello Piacentini il quale, nominato consulente per il piano particolareggiato dell’area, delineò una differente impostazione plano-altimetrica, riducendo a due il numero dei grattacieli. Piacentini, che aveva maturato in questo periodo una sua autonoma adesione alle moderne istanze razionaliste, fu quindi nominato responsabile di tutto il complessivo piano urbanistico dell’area. E su pressante indicazione del podestà Carlo Bombrini ricevette anche, da parte dell’ingegnere Angelo Invernizzi, l’incarico per la progettazione architettonica del Grattacielo Sud. Committente, ma pure responsabile del piano strutturale dell’edificio, Invernizzi, nella sua attività di progettista e di costruttore, aveva ugualmente manifestato, in questi anni, una piena acquisizione della cultura funzionalista, come attestato dalla moderna impostazione metropolitana del garage elicoidale – il primo realizzato in Italia – per lo stabile di via Montevideo 12 (1926) o dal rigore formale della casa per abitazioni di via Nizza 12 (in collaborazione con Ettore Fagioli, 1933) e, soprattutto, dalla costruzione della villa Il Girasole a Marcellise (1935). Il meccanismo di rotazione di tale edificio, oltre a ispirarsi a motivi futuristi e costruttivisti, testimoItinerari del Patrimonio Identitario Piazza Dante Progetto ACCESSIT 54 niò infatti una totale sintonia con l’utopia macchinistica di Le Corbusier il quale, nel volume Vers un’architecture (1923), aveva dichiarato che la casa avrebbe dovuto essere costruita come una “machine à habiter”. Fronteggiando la massiccia struttura del Grattacielo Nord di Giu- seppe Rosso (1935-37), il grattacielo di Piacentini ne condivise dunque lo stesso visionario approccio modernista, influenzato dalla cultura architettonica futurista, ma anche dalle utopistiche suggestioni architettoniche di Renzo Picasso, autore all’epoca di una serie di studi che prospettavano Giuseppe Rosso, Grattacielo Nord, 1935-1937 Itinerari del Patrimonio Identitario un adeguamento della fisionomia urbanistica di Genova allo skyline di New York. Questo appassionato interesse per i grattacieli americani – condiviso dall’amministrazione pubblica e dalla classe imprenditoriale genovese – trovò ampio riscontro in campo architettonico, come testimoniato da un progetto non realizzato di Luigi Carlo Daneri per un grattacielo in struttura d’acciaio in piazza Dante o dalla stessa concezione del Grattacielo Sud, caratterizzato da una struttura gradonata che, assottigliandosi verso il vertice della torre, riprendeva uno dei motivi più tipici del déco statunitense. Marcello Piacentini, Angelo Invernizzi, Grattacielo Sud, 1935-1937 Itinerari del Patrimonio Identitario 55 Piazza Dante Progetto ACCESSIT altri quattordici livelli, rivela un’evidente matrice futurista, in particolare nel dinamico slancio verticale delle audaci passerelle sospese sul lato posteriore. Redattore della rivista “Stile Futurista”, dove nel 1935 fu pubblicato il progetto dell’edificio, Rosso collaborò peraltro 56 nel 1934 con Fillia e Prampolini all’allestimento a Palazzo Ducale della Prima Mostra Nazionale di Plastica Murale. Il raccordo tra i due grattacieli si ar- ticolò attraverso la monumentale struttura della Galleria Colombo di Tomaso Badano e Giulio Zappa (1934), definita, come quinta prospettica, dal contrasto cromatico Giuseppe Crosa di Vergagni, Palazzo Terzano, 1937-1938 Dettaglio architettonico del Grattacielo Sud, 1937, Wolfsoniana, Genova Il grattacielo di Piacentini, tutt’ora il secondo in altezza in Italia, dopo il Pirellone di Milano, presentava inoltre una dotazione tecnologica all’avanguardia, mentre il suo carattere monumentale era accentuato dalla scelta dei materiali (il clinker rosso alternato a strisce di marmo bianco) e dalla partitura della facciata, il cui avancorpo bianco presentava un basamento porticato, ordinato sulla fascia superiore da una geometrica griglia di bucature. Il carattere novecentista e metafisico di questa squadrata ripartizione era ulteriormente marcato dalle decorazioni a rilievo di Guido Galletti, raffiguranti Colombo e il Balilla sullo sfondo di Porta Soprana. Inferiore in altezza, con i suoi 78 metri, al grattacielo di Piacentini – per questa ragione Rosso nel 1939 intentò senza successo una causa contro Invernizzi – il Grattacielo Nord, costituito da una base porticata di sette piani, su cui si distacca in elevazione una torre di Itinerari del Patrimonio Identitario Itinerari del Patrimonio Identitario 57 Progetto ACCESSIT Piazza Dante 58 tra i rivestimenti in marmo nero e 59 la cornice bianca del fornice, su si staccano le tre lesene degli archi soprastanti. A tale raccordo volumetrico contribuisce anche la compatta ma slanciata struttura del Palazzo Terzano di Giuseppe Crosa di Vergagni (1937-38), improntato da un suo distintivo confronto tra le elaborazioni linguistiche del gusto novecento e déco e le emergenti tendenze razionaliste. Dall’altro lato della piazza si fronteggiano infine il Palazzo dell’INA di Gino Cipriani (1939) e il Palazzo Gaslini di Aldo Zuccarelli (1938), che nel progetto di Morozzo della Rocca avrebbero dovuto avere la stessa volumetria verticale dei due grattacieli citati. Il primo edificio connotato dal contrasto cromatico e materico tra il clinker rosso e le bordure in marmo bianco e da cubature e terrazzamenti sovrapposti - sembra comunque evocare, nel leggero slancio della torre, sovrastata da un’ampia pergola bianca, l’altezza originariamente prevista. Il suo profilo arcuato si armonizza invece con quello del palazzo di fronte, la cui curvatura del corpo inferiore, contrapposta alla torre squadrata, fu determinata dall’adeguamento a una direttrice viaria che avrebbe dovuto confluire in una galleria passante sotto le mura del Barbarossa. E anche il non completamento di quest’opera può aver contribuito all’irrisolta fisionomia dell’area, resa disomogenea non tanto dalle dissonanze formali tra gli edifici, quanto dalla sua indefinitezza tra piazza e snodo viario: una problematica logistica che appare tutt’oggi irrisolta, nonostante le soluzioni proposte da alcuni recenti piani di ridefinizione urbanistica del sito. Gino Cipriani, Palazzo INA, 1939 Itinerari del Patrimonio Identitario Itinerari del Patrimonio Identitario Piazza de Ferrari: “la piazza dei genovesi” Progetto ACCESSIT 60 8. PIAZZA DE FERRARI: “LA PIAZZA DEI GENOVESI” 61 Gianni Franzone La genesi dell’attuale assetto di piazza De Ferrari è stata lunga e travagliata, configurandola come “piazza senza pace”, proprio per le innumerevoli trasformazioni che subì, ma, allo stesso tempo, come “la piazza dei genovesi”, nel senso del luogo rappresentativo e simbolico della Genova moderna. Perché questa “piazza che non è una piazza”, concepita e sviluppatasi in realtà come un grande crocevia del traffico metropolitano, è ed è stata sede degli edifici e degli avvenimenti che hanno segnato la storia della città: dalla sua intitolazione, nel 1875, al marchese Raffaele de Ferrari che, con la sua magnanima donazione, aveva permesso l’ampliamento del porto al trasferimento sul suo lato est della Borsa, in quel palazzo pomposo e un po’ arrogante che, inaugurato nel 1912, voleva segnalare l’ambiziosa svolta finanziaria e industriale della città mercantile; dalla sfilata delle truppe tedesche sconfitte dopo aver firmato l’atto di resa con il Comitato di Liberazione Nazionale all’insurrezione della popolazione, il 30 giugno 1960, contro la decisione di tenere proprio nella città “medaglia d’oro della Resistenza” il congresso del Movimento Sociale Italiano; dai grandi scioperi degli anni Settanta ai funerali del sindacalista Guido Rossa, il 27 gennaio 1979, emblema della rivolta degli operai contro il terrorismo delle Brigate Rosse. Il tormentato percorso che ha con- Giuseppe Mazzoni, I festeggiamenti di Genova alla Brigata Salerno di ritorno dalla Francia. La folla in piazza De Ferrari, 1919, The Mitchell Wolfson Jr. Private Collection, Genoa-Miami in comodato presso Wolfsoniana, Genova Itinerari del Patrimonio Identitario Luigi Garibbo, Il cantiere di demolizione della chiesa e del convento di San Domenico, 1825, Centro DocSAI, Genova dotto all’odierna fisionomia della piazza prese l’avvio nel terzo decennio dell’Ottocento. Nella nuova situazione politica venutasi a creare con il Congresso di Vienna (1815), che aveva privato definitivamente la repubblica genovese della sua au- tonomia per annetterla al regno di Piemonte e Sardegna, furono i Savoia a dotare la città di alcuni edifici pubblici – la biblioteca civica, l’accademia di belle arti e il teatro lirico – per la cui ubicazione venne scelta l’allora piazza di San Domenico. Carlo Barabino, Teatro Carlo Felice. Progetto non definitivo della facciata verso piazza San Domenico, s.d. (1825), Centro DocSAI, Genova Itinerari del Patrimonio Identitario Piazza de Ferrari: “la piazza dei genovesi” Progetto ACCESSIT 62 Demolito l’omonimo complesso conventuale risalente al XIII secolo – di cui non resta che qualche rara testimonianza in alcune opere conservate nei musei cittadini – al suo posto vennero edificati, ad opera dell’architetto Carlo Barabino, in rigorose ed eleganti forme neoclassiche il teatro Carlo Felice e il palazzo dell’Accademia Ligustica. Il primo, inaugurato nel 1828 e assai danneggiato dai bombardamenti del 1942-43, venne demolito dopo la fine del conflitto, con l’eccezione del monumentale pronao e del porticato che lo affianca sui due lati. Dopo alcuni tentativi falliti – un primo concorso per la sua ricostruzione venne indetto nel 1949, mentre nel 1963-77 venne affidato un incarico diretto a Carlo Scarpa – e dopo infinite polemiche venne bandito un concorso-appalto nel 1981, da cui uscì vincitore il gruppo di Aldo Rossi, Ignazio Gardella, Fabio Reinhart e Angelo Sibilla. L’edificio, realizzato tra il 1987 e il 1991, presenta ora tre volumi differenti: il pronao, restaurato insieme al porticato originale del Barabino, il teatro ricostruito nel primitivo volume e la torre scenica, il vero elemento nuovo della costruzione che si staglia, imponente Piazza Raffaele de Ferrari, veduta del lato nord e massiccio, sullo skyline cittadino. Il palazzo dell’Accademia, costruito tra il 1826 e il 1831, pensato inizialmente come caserma, venne poi completato, appunto, come sede dell’Accademia Ligustica di belle arti, istituita nel 1751, e della biblioteca Berio, proprio nell’ottica di fare della piazza il centro culturale e rappresentativo della città. L’edificio è interessante soprattutto all’interno, con il grande atrio ottagonale e il complesso gioco delle rampe dello scalone sospese a sbalzo, anche se la sua grandiosità originaria è andata in parte perduta a causa delle successive trasformazioni. In particolare è stata demolita la cosiddetta “Rotonda”, una sala sormontata da cupola che era collegata vi- 63 Augusto Rivalta, Monumento a Giuseppe Garibaldi in largo Pertini, 1893 Augusto Rivalta, Bozzetto per il monumento a Giuseppe Garibaldi, 1893, Istituto Mazziniano-Museo del Risorgimento, Genova Itinerari del Patrimonio Identitario Itinerari del Patrimonio Identitario Progetto ACCESSIT Piazza de Ferrari: “la piazza dei genovesi” 64 65 Giuseppe Crosa di Vergagni, Progetto per la fontana di piazza De Ferrari, 1934, Wolfsoniana, Genova Piazza Raffaele de Ferrari, veduta dei lati sud e ovest Dario Carbone, Palazzo della Borsa Nuova, 1912 sivamente allo scalone: un’ampia apertura ad arco permetteva infatti di scorgere fin dall’atrio il grande fregio a rilievo che correva alla base della copertura, raffigurante il Trionfo di Marcello, eseguito su disegno dello scultore Giuseppe Gaggini da Santo Varni, suo giovane allievo. Oltre a essere sede della prestigiosa istituzione, oggi il palazzo ospita anche il museo omonimo, una sorta di “antologia esemplare dell’arte nella regione”, con un percorso che parte da dipinti del Quattrocento per arrivare fino a testimonianze della ricerca artistica contemporanea. A seguito del concorso bandito dal Comune nel 1889, da cui risultò vincitore lo scultore Augusto Rivalta, la piazza accolse nel 1893 il monumento equestre a Giuseppe Garibaldi, in cui il protagonista del Risorgimento è raffigurato, con un lessico risolutamente realista, in un atteggiamento di grande pacaItinerari del Patrimonio Identitario Itinerari del Patrimonio Identitario Piazza de Ferrari: “la piazza dei genovesi” Progetto ACCESSIT 66 tezza, con lo sguardo meditabondo, lontano dalla frequente retorica celebrativa. Fu la prima delle quattro statue che la città, da sempre consideratasi “la patria di adozione del Condottiero dei Mille”, gli ha dedicato: nel 1905, sempre ad opera dell’artista alessandrino, venne eretto il monumento in piazza del Monastero a Sampierdarena; nel 1908 Luigi Orengo scolpì in marmo quello a Pegli; il 5 maggio 1915, infine, venne inaugurato a Quarto il grandioso gruppo di Eugenio Baroni. Fu la realizzazione di via XX Settembre, il cui progetto definitivo venne approvato nel 1897, a imprimere una notevole accelerazione all’assetto della piazza. Con lo sbancamento del colle di Sant’Andrea (1904) e l’edificazione della Palazzo Ducale, particolare della facciata neoclassica di Simone Cantoni con l’ingresso da piazza Matteotti Itinerari del Patrimonio Identitario nuova sede della Borsa (1907-12), progettata con un vocabolario storicista da Dario Carbone che, per gli interni, si avvalse dell’abilità scenografica di Adolfo Coppedè, si decise l’ampliamento della piazza a est e a sud, con la creazione dei porticati, l’apertura del primo tratto di via Dante e la costruzione dell’area addossata alla chiesa dei Santi Ambrogio e Andrea o del Gesù. Proprio sul lato sud, infatti, si rese necessario equilibrare i nuovi volumi del palazzo del Credito Italiano (terminato nel 1914 su proget- to dell’ingegnere Giuseppe Tallero) con la spoglia facciata laterale della chiesa dei Gesuiti. Cesare Gamba, il principale artefice di via XX Settembre, acquistò il lotto nel 1908, presentando un primo progetto nel 1912 che però non venne valutato positivamente dalla Commissione edilizia del Comune. Il progetto definitivo venne approvato solo nel 1924, quando il palazzo era già in gran parte realizzato e di proprietà della Navigazione Generale Italiana. L’edificio, ancora improntato a un gusto eclettico, passò successivamente alla Fondiaria Assicurazioni e dal 2003, dopo un impegnativo intervento di ristrutturazione, è diventato la sede di rappresentanza della Regione Liguria. L’ultimo elemento della piazza a essere definito, pur rappresentandone il punto focale, fu la fontana. Donata dalla famiglia degli industriali Piaggio, venne disegnata da Giuseppe Crosa di Vergagni e inaugurata il 24 maggio 1936: riflette la tendenza novecentista della produzione dell’architetto in quegli anni, ma è anche un omaggio, un po’ tardivo, al tema della fontana raggelata (frozen fountain), uno dei motivi più ricorrenti del repertorio iconografico del déco internazionale. Nel 2001, in occasione del summit G8, la piazza ha subito l’ultima trasformazione. Per renderla almeno parzialmente pedonale, l’architettourbanista tedesco Bernhard Winkler ha dotato di una scalinata a semicerchio l’accesso a Palazzo Ducale, l’antica sede del governo comunale e ora il “palazzo della cultura” della città, ed è intervenuto anche sulla fontana, rendendola maggiormente scenografica ma alterandone il senso formale originario e, in particolare, il valore estetico della vasca, realizzata in un unico stampo. Itinerari del Patrimonio Identitario 67 Progetto ACCESSIT Il Castello Mackenzie di Gino Coppedè e la diffusione dell’eclettismo a Genova tra Otto e Novecento 68 9. IL cASTELLO MAckENZIE DI GINO cOPPEDè E LA DIFFuSIONE DELL’EcLETTISMO A GENOVA TRA OTTO E NOVEcENTO 69 Matteo Fochessati Unanimemente considerato come uno tra più significativi ed emblematici esempi della cultura architettonica eclettica e storicista in Italia, a cavallo tra Otto e Novecento, il Castello Mackenzie, ope- ra d’esordio di Gino Coppedè e inesauribile fonte di ispirazione per tutta la sua successiva produzione, da sempre è ritenuto il suo capolavoro progettuale. L’edificazione del castello turrito sulla col- Gino Coppedè, Castello Mackenzie, 1896-1906 Carlo Coppedè, Gino Coppedè che mostra il progetto del castello a Evan Mackenzie e il cantiere dell’edificio in costruzione, dipinto murale nello scalone principale, Castello Mackenzie, 1909, Wolfsoniana, Genova Itinerari del Patrimonio Identitario lina dominante Piazza Manin fu commissionata al giovane architetto dall’assicuratore scozzese Evan Mackenzie, poco dopo il loro incontro a Firenze che pare fosse avvenuto, alla fine dell’Ottocento, presso la bottega dello scultore e antiquario Pasquale Romanelli, ossia nello scenario più congeniale e qualificato per la Itinerari del Patrimonio Identitario Progetto ACCESSIT 70 nascita del sodalizio artistico tra due personalità che condividevano una comune passione per i modelli estetici e culturali di un idealizzato “stile fiorentino”. Il ricco imprenditore d’origine anglosassone nutriva infatti un profondo amore per la tradizione artistica medievale e rinascimentale e in particolare per quella toscana, come documentato dal suo peculiare gusto collezionistico, nel quale il culto per la fiorentinità – attestato dalla sua celebre raccolta di edizioni dantesche, donata nel 1939 dalla figlia Isa de Thierry alla Bibliote- Il Castello Mackenzie di Gino Coppedè e la diffusione dell’eclettismo a Genova tra Otto e Novecento ca Berio di Genova – si intrecciava con le suggestioni culturali ispirate dalla moderna rilettura dell’illustre passato artistico italiano, elaborata da Ruskin e dai pittori preraffaelliti. Da parte sua Gino – figlio di Mariano Coppedè, che nel 1875 aveva fondato a Firenze un laboratorio di ebanisteria, rinominato dieci anni dopo “La Casa Artistica” – ben presto, in collaborazione con i due fratelli (Carlo, pittore, e Adolfo, architetto), prese le redini dell’impresa famigliare, impostandone con successo l’attività in nome di uno stile nel quale i richiami alla M. Graziani, F.M. Parodi, A. Allegro, M.A. Crotta, Castello D’Albertis, ora sede del Museo delle culture del mondo, 1886-1892 71 Edoardo De Albertis, Il viandante e la fonte, Castello Mackenzie, 1901 tradizione toscana si intrecciavano con un suo personale confronto con le emergenti istanze moderniste. Nato come complessa opera di restyling di un edificio preesistente – una villa cinquecentesca su cui l’architetto intervenne, trasfigurandone la struttura originaria attraverso l’edificazione di torri, mura merlate, ponti levatoi, garitte, terrazzamenti, cortili e grotte artificiali – il progetto del Castello Mackenzie, edificato a cavallo tra Otto e Novecento, si collocava nell’ambito di un’attitudine architettonica di matrice storicista, allora ampiamente diffusa in Italia e, in particolare, a Genova. Pochi anni prima, tra il 1886 e il 1892 era infatti già sorto nel capoluogo ligure, sulla sommità del Monte Galletto, il Castello D’Albertis, eclettica struttura architettonica che il capitano Enrico D’Albertis aveva commissionato agli ingegneri Matteo Graziani e Francesco M. Parodi, allo scultore Agostino Allegro e all’architetto Marco Aurelio Crotta, progettista nel Itinerari del Patrimonio Identitario Itinerari del Patrimonio Identitario Progetto ACCESSIT Il Castello Mackenzie di Gino Coppedè e la diffusione dell’eclettismo a Genova tra Otto e Novecento 72 Gino Coppedè, Castello Türcke a Boccadasse, 1903 Tornando al capolavoro di Coppedè, l’attitudine a combinare con disinvoltura i modelli stilistici e decorativi del passato – “Mi ci sono un po’ gingillato” commentava ironicamente l’architetto al termine dei lavori al Castello – si intrecciò invece con un diretto riferimento alle emergenti tendenze art nouveau, come testimoniato dall’inserto sulla facciata dell’edificio di un mosaico di matrice secessionista, realizzato dalla Società Musiva di Venezia, o dalla collocazione, in una sala interna, del bassorilievo in marmo, di matrice bistolfiana, Il Viandante e la Fonte, eseguito nel 1901 dallo scultore genovese Edoardo De Albertis. In generale il complessivo impianto decorativo del Castello testimonia, comunque, una sfrenata li- Gino Coppedè, Castello Mackenzie. Ingresso e scalone principali su via C.Cabella 1899 dell’imponente corpo residenziale del Palazzo Odero di via Odino, caratterizzato sulla fascia superiore dalla lunga articolazione del loggiato. Alla fantasiosa e fiabesca residenza dell’eccentrico viaggiatore e collezionista, sede oggi del Museo delle Culture del Mondo, collaborò anche, come supervisore del nutrito team progettuale, Alfredo de Andrade. L’architetto e pittore d’origiItinerari del Patrimonio Identitario ne portoghese, dopo la realizzazione del pittoresco Borgo Medievale per il Parco del Valentino in occasione dell’Esposizione di Torino del 1884, fu pure autore nel 1899 – attraverso un filologico recupero conservativo degli originari caratteri gotici, ispirato alla lezione di Eugène-Emmanuel Viollet-leDuc – del restauro di Palazzo San Giorgio, ora sede dell’Autorità Portuale di Genova. Gino Coppedè, Palazzo Bogliolo in corso Firenze, 1906 Itinerari del Patrimonio Identitario 73 Progetto ACCESSIT 74 bertà citazionistica che se da un lato accomunava l’attività di tutti i membri della bottega artistica coppedeiana, dall’altro rifletteva la ricercata peculiarità culturale del committente, collezionista devoto, come si è detto, alla tradizione toscana, ma aperto anche alle suggestioni classiche, come rivelano l’emblematica presenza di Il Castello Mackenzie di Gino Coppedè e la diffusione dell’eclettismo a Genova tra Otto e Novecento copie di celebri statue antiche, negli interni e nelle grotte, o l’inserimento di numerosi reperti archeologici, nei cortili e sulle terrazze. Il Mackenzie rappresentò comunque il punto di lancio per la successiva produzione di Coppedè, che non fu solo caratterizzata dalla realizzazione a Genova di alcu- 75 Gino Coppedè, Hotel Miramare, 1906-1908 Gino Coppedè, Particolare della facciata di Palazzo Zuccarino in via Maragliano, 19061907 Itinerari del Patrimonio Identitario ni significativi edifici turriti – Castello Türcke a Boccadasse (1903), Castello Bruzzo a Castelletto (1906-10) o la più tarda Villa Canali-Gaslini in corso Italia (1922-1924) – ma anche dalla progettazione di palazzi d’impronta cinquecentesca, come Palazzo Bogliolo in corso Firenze (1906) e Palazzo Zuccarino in via Maragliano (1906-7). Il primo di questi due edifici fu caratterizzato in particolare, nella ripartizione architettonica della facciata e nella sua ricca decorazione plastica, da evidenti contaminazioni tra motivi storicisti e Jugendtstil; il secondo rivelava invece un’impronta manierista che si ritrova, declinata attraverso le suggestioni di un esotico monumentalismo, anche nel Palazzo Pastorino, edificato all’altezza del Ponte Monumentale di via XX Settembre (1906). In tutte le opere di Coppedè si può inoltre rilevare una sua distintiva predisposizione a un’architettura di epidermide: una modalità operativa che fu appunto alla base del suo intervento di restyling per l’edificio dell’Hotel Miramare (1906-08), originariamente progettato dall’architetto svizzero Bringolf. Quest’opera segnò anche l’avvio di un progressivo interesse da parte di Coppedè per una visione architettonica su scala urbana che sperimentò, in ambito effimero, in occasione del piano per l’Esposizione Internazionale di Marina e Igiene Marinara, allestita nel 1914 a Genova sulla spianata di fronte alla stazione Brignole, e che in seguito elaborò concretamente con l’edificazione, per conto della “Società Anonima Cooperativa Edilizia Moderna”, del nuovo quartiere di Roma intorno a piazza Mincio, terminato nel 1927. Itinerari del Patrimonio Identitario Progetto ACCESSIT Dal Porto Antico alle stazioni marittime 76 10. DAL PORTO ANTIcO ALLE STAZIONI MARITTIME 77 Gianni Franzone Poche aree della città hanno subito negli ultimi decenni trasformazioni così radicali come quella che per tutti è diventata il Porto Antico. Volano per tali cambiamenti sono stati tre eventi di cui il capoluogo ligure è stato protagonista a partire dagli inizi degli anni Novanta: l’esposizione internazionale colombiana del 1992 in occasione del cinquecentesimo anniversario della scoperta dell’America; il summit G8 tenutosi nel 2001; il 2004 quando Genova è stata una delle capitali europee della cultura. Tre eventi politici e culturali – di cui quello del 2001 funestato anche da episodi tragici e da un’inaudita carica di violenza e di rabbia – che, al di là delle manifestazioni e realizzazioni effimere, hanno lasciato segnali tangibili nel tessuto urbano del centro storico Porto Antico, veduta notturna della Piazza delle Feste Gli ex Magazzini del Cotone dopo il recupero di Renzo Piano (1992) cittadino e nelle abitudini di quanti lo frequentano. Innanzi tutto perché con il recupero dell’area del Porto Antico, avviato nella seconda metà degli anni Ottanta in vista dell’apertura della kermesse intitolata all’illustre navigatore, la città storica ha riacquistato il suo naturale affaccio sul mare, a lungo negato dalla barriera doganale che aveva interrotto quel rapporto con il bacino portuale che è alla base della sua struttura urbanistica, risolvendo così anche il paradosso di una città di mare priva di accesso al mare. L’impegnativo intervento dell’architetto Renzo Piano, genovese di nascita, e del suo studio è consistito nel recupero di buona parte degli edifici costruiti nel corso dei secoli intorno all’insediamento originario dello scalo marittimo genovese e da sempre legati alle sue attività tradizionali. Un recupero che è coinciso con la riconversione e rivitalizzazione di tali costruzioni all’interno del nuovo contesto socio-economico cittadino all’alba del ventunesimo secolo: la storica Porta del Molo o Itinerari del Patrimonio Identitario Itinerari del Patrimonio Identitario Progetto ACCESSIT Dal Porto Antico alle stazioni marittime reinterpretazione di una gru ad asta, con la base costituita da una piattaforma circolare collocata in acqua e gli otto bracci disposti a corolla, il più robusto dei quali regge i cavi d’acciaio della cabina di un ascensore panoramico, mentre altri due sostengono l’ardita copertura che ripara la Piazza delle feste. L’adiacente Ponte Spinola ha accolto l’edificio, progettato sempre da Piano con Peter Chermayeff, che ospita lo spettacolare Acquario, il più grande d’Europa e l’attrazione turistica più visitata della città. Il Porto Antico riaperto alla città dialoga ora con Palazzo San Giorgio, sede dello storico Banco di San Giorgio e ora del Consorzio Autonomo del Porto (C.A.P.), la cui facciata dipinta da Lazzaro Tavarone nel 1606-1608 e Ludovico Pogliaghi nel 1912 è stata restaurata proprio in vista del 1992, e piazza Caricamento, al cui centro si erge il Monumento all’armatore Raffaele Rubattino (1893) dello scultore Augusto Rivalta. Il recupero del Porto Antico ha avuto come sua naturale prosecuzione 78 Renzo Piano, Bigo, 1992 Porta Siberia, progettata da Galeazzo Alessi nel 1550, ospita dal 2001 il Museo Emanuele Luzzati dedicato al famoso scenografo e illustratore genovese; i Magazzini del Cotone, originariamente costruiti per lo stoccaggio delle merci, sono diventati sede di congressi, di altri eventi merceologici e di intrattenimento, di varie attività ludiche, come la Città dei bambini e dei ragazzi, e commerciali, oltre ad ospitare alcune importanti istituzioni culturali come la Biblioteca internazionale per ragazzi Edmondo De Amicis. Anche le palazzine seicentesche Itinerari del Patrimonio Identitario dell’antico porto franco, sopravvissute alle demolizioni degli anni Sessanta, quando venne costruita la strada sopraelevata, e l’ottocentesco edificio del Millo hanno ricevuto destinazioni similari, tra cui il Museo nazionale dell’Antartide e il recente Genoa Museum che ripercorre la storia del più antico club calcistico italiano. Da parte di Piano un solo segno nuovo – se si eccettua la Biosfera o, più familiarmente, “Bolla” in vetro e acciaio aggiunta nel 2001 per ospitare un giardino botanico tropicale – a contrassegnare lo spazio recuperato: il Bigo, un’originale Palazzo San Giorgio, sede del Consorzio Autonomo del Porto Itinerari del Patrimonio Identitario 79 Progetto ACCESSIT 80 la ristrutturazione e rivitalizzazione dell’area portuale che si estende a ponente fino alle stazioni marittime (Darsena). I Ponti Calvi e Morosini hanno visto l’intervento di Piero Gambacciani con la realizzazione dell’Hotel NH Marina (ex Jolly Marina), di edifici residenziali e per uffici, oltre che di un porticciolo turistico nell’antistante specchio acqueo (Marina Porto Antico). Il quartiere Cembalo è stato restituito a funzione residenziale ad opera di Gianluca Terragna e Claudio Cicconetti, cui si deve il progetto definitivo (1997-1999), mentre quello esecutivo si deve a Francesca De Vita, Dal Porto Antico alle stazioni marittime Emanuela Patrocchi, Roberto Rasore, Claudia Pigionati (Studio deltaPI associati, 1999). Il quartiere Galata, a seguito del concorso internazionale del 2000, vinto dall’architetto catalano Guillermo Vázquez Consuegra, dal 2004 ospita il nuovo Museo del Mare, mentre nel retrostante quartiere Scio aveva già trovato sede la Facoltà di Economia e Commercio (Aldo L. Rizzo, 1991-1996). Enrico D. Bona con il suo studio ha redatto il progetto definitivo per la ristrutturazione dei quartieri Caffa, Metelino e Tabarca, che oggi ospitano, tra l’altro, la Casa della Musica, reso esecutivo da Guillermo Vázquez Consuegra, Galata Museo del Mare, 2000-2004 81 Ludovico Biondi, Stazione Marittima di Ponte dei Mille, 1930 Emanuela Patrocchi e Roberto Rasore a partire dal 2002. Accanto al silos granario Hennebique che, abbandonato da decenni, aspetta una decisione circa il suo destino futuro, si staglia la mole bassa e allungata della stazione marittima di Ponte dei Mille. Progettato dall’Ufficio Tecnico del C.A.P. – il primo progetto di Ludovico Biondi venne rielaborato da Federico Tornielli e infine da Ariberto Albertazzi, mentre per gli apparati ornamentali intervenne l’architetto Alberto Terenzio, soprintendente ai monumenti del capoluogo genovese, assieme a Giovanni Chini che dirigeva l’impresa costruttrice a cui vennero affidati i lavori – e inaugurato il 28 ottobre 1930, l’edificio si caratterizza per una facciata dalla decorazione di stampo ancora eclettico, enfatica e ridondante, che lo impreziosisce e appesantisce allo stesso tempo. A un eguale fasto storicista, grandioso e magniloquente, sono improntati anche gli spazi interni, in particolare gli am- Itinerari del Patrimonio Identitario Itinerari del Patrimonio Identitario Progetto ACCESSIT 82 bienti di rappresentanza, come il salone doganale. Da poco entrate in funzione, le banchine di Ponte dei Mille si rivelarono inadeguate alle dimensioni dei nuovi grandi transatlantici, per cui si rese necessaria la costruzione di una nuova stazione marittima sull’attiguo Ponte Andrea Doria. L’edificio, anch’esso progettato dall’Ufficio Tecnico del C.A.P. nel 1931, venne sottoposto al parere di Luigi Vietti, uno dei fondatori a Roma del MIAR (Movimento Italiano per l’Architettura Razionale) e in quel momento direttore della Dal Porto Antico alle stazioni marittime Soprintendenza ai monumenti del capoluogo ligure. Le scelte del giovane architetto s’ispirarono a valori formali e linguaggi espressivi quasi antitetici rispetto a quelli che dominano nel vicino edificio: semplicità e funzionalità, eleganza e modernità, luminosità e trasparenza – riscontrabili nei volumi geometrici, nei colori tenui e nei materiali utilizzati – caratterizzavano sia gli esterni sia gli spazi interni, oggi purtroppo difficilmente percepibili. Quella che fu definita dalla stampa specializzata dell’epoca “una delle più moderne stazioni di arrivo per Il salone doganale della Stazione Marittima di Ponte dei Mille 83 Luigi Vietti, Stazione Marittima di Ponte Andrea Doria, 1932 circa transatlantici” ha subito infatti pesanti manomissioni nel corso dei decenni, sebbene parzialmente attenuate dal recente intervento di restauro che ha incluso anche la costruzione dell’ala di ponente, mai compiuta, e la riedificazione della distrutta testata di levante (Studio Pinna Viardo 2002-2013). Luigi Vietti, Poltrona per la Stazione Marittima di Ponte Andrea Doria , 1933, Wolfsoniana, Genova Itinerari del Patrimonio Identitario Itinerari del Patrimonio Identitario 84 INFORMAZIONI PER LA VISITA 1. I parchi e i musei di Nervi Museo Giannettino Luxoro, Villa Luxoro, via Mafalda di Savoia 3, tel. 010 322673, www.museidigenova.it Raccolte Frugone, Villa Grimaldi Fassio, via Capolungo 9, tel. 010 322396, www.museidigenova.it Parchi di Nervi, www.parchidinervi.it Galleria d’Arte Moderna, Villa Saluzzo Serra, via Capolungo 3, tel. 010 3726025, www.museidigenova.it Wolfsoniana, via Serra Gropallo 4, tel. 010 3231329, www.wolfsoniana.it 2. Il Monumento ai Mille a Quarto Monumento ai Mille, piazzale F. Crispi 3. La casa Littoria di Luigi c. Daneri e l’architettura razionalista a Genova Casa Littoria rionale “Nicola Bonservizi”, piazza Sturla 3 Chiesa di San Marcellino, via Bologna 8 (San Teodoro) Ospedale pediatrico “Istituto Giannina Gaslini”, via G. Gaslini 5, tel. 010 56361, www.gaslini.org Scuola della Gioventù Italiana del Littorio, ex Facoltà di Magistero, corso Monte Grappa 39 Stadio comunale del nuoto “Piscine di Albaro”, piazza H. Dunant 4, tel. 010 8608775, www.piscinedialbaro.com 4. Piazza Rossetti e la Foce Ex Ristorante San Pietro, ora stazione di servizio, viale delle Brigate Partigiane 19-21 Villa Della Ragione, via Mainetti 2 (Quarto) ACI (Automobil Club Italiano), viale delle Brigate Partigiane 1 Case dei pescatori, via dei Pescatori 1-11 Palazzine al Lido d’Albaro, corso Italia 40 Quartiere INA Casa, viale Bernabò Brea Complesso di Porta degli Angeli, via Buonvicini 21-39 (San Teodoro) Quartiere INA Casa Forte Quezzi, via Loria, via Modigliani, via Fea, via Emery (Marassi) Casa del Mutilato, corso A. Saffi 1, tel. 010 581416 (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra) Fiera di Genova, piazzale J.F. Kennedy 1, tel. 010 5391313, www.fiera.ge.it 5. Il cimitero di Staglieno Cimitero monumentale di Staglieno, piazzale G.B. Resasco, www.staglieno.comune.genova.it 6. Piazza della Vittoria e la sistemazione della spanata del Bisagno Stazione ferroviaria Brignole, piazza G. Verdi, www.grandistazioni.it Palazzo della Questura, via A. Diaz 2 Palazzo del Liceo classico “A. D’Oria”, via A. Diaz 1 7. Piazza Dante Centro dei Liguri, piazza Dante, via Madre di Dio, corso M. Quadrio Casa per abitazioni, via Montevideo 12 Casa per abitazioni, via Nizza 12 8. Piazza De Ferrari: “la piazza dei genovesi” Teatro Carlo Felice, passo E. Montale 4, tel. 010 53811, www.carlofelicegenova.it Palazzo e Museo dell’Accademia Ligustica di Belle Arti, largo A. Pertini 4, tel. 010 560131, www.accademialigustica.it Monumento a Giuseppe Garibaldi, largo Pertini Monumento a Giuseppe Garibaldi, piazza del Monastero, Sampierdarena Monumento a Giuseppe Garibaldi, piazza Porticciolo, Pegli Palazzo della Nuova Borsa, via XX Settembre-via Dante, tel. 010 541811, www.palazzonuovaborsa.it Palazzo del Credito Italiano, oggi Unicredit, via Dante-via F. Petrarca Palazzo della Navigazione Generale Italiana, oggi sede della Regione Liguria, piazza De Ferrari 1, www.regione.liguria.it Palazzo Ducale, ora sede di Genova Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, piazza Matteotti 9, tel. 010 8171600, www.palazzoducale.genova.it 9. Il castello Mackenzie di Gino coppedè e la diffusione dell’eclettismo a Genova tra Otto e Novecento Castello Mackenzie, via Mura di San Bartolomeo 16, tel. 010 8395029, www.castellomackenzie.it Castello D’Albertis, sede del Museo delle Culture del Mondo, corso Dogali 18, tel. 010 2723820, www.museidigenova.it Palazzo Odero, viale G.C. Odino 6 Palazzo San Giorgio, sede del Consorzio Autonomo del Porto (C.A.P.), via della Mercanzia 2, tel. 010 2411, www.porto.genova.it Castello Türcke, via Capo di Santa Chiara 24B (Boccadasse) Castello Bruzzo, via Piaggio 9 Villa Canali-Gaslini, sede della Fondazione Gaslini, corso Italia 26, tel. 010 369071, www.fondazionegaslini.org Palazzo Bogliolo, corso Firenze 9 Palazzo Zuccarino, via Maragliano 2 Palazzo Pastorino, via B. Bosco 57 Hotel Miramare, via Pagano Doria 10. Dal Porto Antico alle stazioni marittime Porto Antico, www.portoantico.it La Città dei bambini e dei ragazzi, Magazzini del Cotone, modulo 1, 1° piano, tel. 010 2345635, www.cittadeibambini.net Biblioteca internazionale per ragazzi Edmondo De Amicis, Magazzini del Cotone, modulo 1, 2° piano, tel. 010 265237, www.bibliotechedigenova.it Museo Emanuele Luzzati a Porta Siberia, area Porto Antico 6, tel. 010 2530328, www.museoluzzati.it Genoa Museum, Palazzina San Giobatta, via al Porto Antico, www.genoacfc.it Museo nazionale dell’Antartide, Edificio del Millo, Calata Cattaneo, tel. 010 2470653, www.mna.it Bigo, Calata Cattaneo, Acquario e Biosfera, Ponte Spinola, tel. 010 2345678, www.acquariodigenova.it Monumento a Raffaele Rubattino, piazza Caricamento Hotel NH Marina e porticciolo turistico “Marina Porto Antico”, Ponte Spinola e Ponte Morosini Quartiere Cembalo, calata Andalò Di Negro Galata Museo del Mare, calata De Mari 1, tel. 010 2345655, www.galatamuseodelmare.it Facoltà di Economia e Commercio, via A. Vivaldi 5 Casa della Musica, via M. Boccanegra 15, tel. 010 4213090, www.casadellamusica.ge.it Silos granario “Hennebique”, calata Santa Limbania Stazione marittima di Ponte dei Mille, Ponte dei Mille, e Stazione marittima di Ponte Andrea Doria, Ponte Andrea Doria, tel. 010 0898300, www.stazionimarittimegenova.com