Genova Moderna - Italiano

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GeNOVA MODeRNA
PERCORSI TRA IL LEVANTE E IL CENTRO CITTà
GeNOVA MODeRNA
PERCORSI
TRA IL LEVANTE
E IL CENTRO CITTà
GENOVA MODERNA
PERCORSI
TRA IL LEVANTE
E IL CENTRO CITTà
GENOVA MODERNA
PERCORSI
TRA IL LEVANTE
E IL CENTRO CITTà
Claudio Burlando
Presidente
Angelo Berlangieri
Assessore alla Cultura
Luca Fontana
Direttore Generale
Maria Franca Floris
Dirigente
Fondazione regionale per la Cultura e lo Spettacolo
Maria Teresa Orengo, Amministratore Unico
Stefano Scarpa, Direttore
Donatella Buongirolami, Responsabile progetti
Progetto strategico Accessit
Coordinamento generale
Maria Teresa Orengo
Comune di Genova
Volume a cura di Matteo Fochessati e Gianni Franzone
Fotografie
Luigino Visconti, Genova: pp. 7, 14, 16-18, 19 (in alto), 21-22, 24-25, 27 (in alto), 28-29, 3144, 46-47, 50-51, 54-55, 57, 58-60, 62-64, 65 (in basso), 66-67, 73 (in basso), 76-79, 83 (in
alto); Casa d’Aste Cambi, Genova: pp. 69, 72; Giuseppe Fornari, Genova: p. 10 (in alto);
Mario Parodi, Genova: pp. 12-13, 20, 83 (in basso); Stazioni Marittime SpA, Genova:
pp. 81 (in alto), 82, 83 (in alto).
I curatori del volume desiderano ringraziare i direttori e i curatori dei musei civici che hanno
concesso la pubblicazione delle opere conservate nelle loro collezioni: Pierangelo Campodonico, Maria Camilla De Palma, Maria Flora Giubilei, Elisabetta Papone, Loredana Pessa,
Raffaella Ponte. Si ringraziano inoltre: Famiglia Cambi, Emmina de Negri, Giuseppe Fornari,
Linda Gianbirtone, Enrico Pinna, Gianluca Terragna, Andrea Verdiani.
Un sincero ringraziamento a Donatella Buongirolami, Marco Ciarlo, Mauro Darchi, Simona
Martini, Maria Teresa Orengo e Stefano Scarpa.
Realizzazione editoriale
Sagep Editori Srl - Genova (www.sagep.it)
PRESENTAZIONE
Inserito nel programma comunitario Italia Francia Marittimo, un progetto
strategico come ACCESSIT, volto a favorire l’accessibilità del patrimonio
artistico-culturale, non poteva non prendere in considerazione le emergenze architettoniche e monumentali della Genova moderna, cioè del
periodo compreso tra la metà dell’Ottocento e i giorni nostri, in cui la città
ha subito molti e significativi cambiamenti che si sono inevitabilmente riflessi sulla sua immagine urbana e i cui segni o segnali si impongono a
chi la vive o la visita.
Genova moderna. Percorsi tra il levante e il centro città è stata concepita
come una guida comoda e maneggevole che il cittadino e il turista possono portarsi dietro e consultare in ogni momento. Il titolo stesso chiarisce che non vuole essere una guida completa, ma limitata a certe aree
urbane, alcune delle quali sovente trascurate nelle guide onnicomprensive, mentre, per ovvie ragioni di spazio, tralascia altre aree ugualmente
importanti, come, ad esempio, il ponente, epicentro dei grandi episodi di
industrializzazione e deindustrializzazione che hanno trasformato la città
a partire dalla fine del secondo conflitto mondiale.
I curatori hanno deciso di procedere per “episodi”, concentrandosi su brani architettonici e monumentali che hanno segnato Genova non solo dal
punto di vista più specificatamente architettonico e artistico, ma anche
da quello più genericamente culturale, sociale, ambientale e si potrebbe
dire antropologico. È il caso di Nervi, in cui, accanto ai musei, vengono
presi in considerazione i parchi storici, episodi straordinari di una cultura
del paesaggio oggi spesso messa in discussione. È il caso del castello
Mackenzie e dell’architettura dei Coppedè che si configura come una risposta squisitamente autoctona di un determinato ceto sociale nel momento della sua massima ascesa in un originale connubio tra modernità
e persistenza della tradizione. O ancora le grandi piazze “pubbliche” otto-novecentesche – De Ferrari, della Vittoria e Dante – in una città il cui
centro storico è stato connotato da sempre da piazze private e familiari,
simbolo di un’organizzazione socio-economica di stampo oligarchico e
consortile.
Il risultato è quindi un volume inteso a favorire un’accessibilità “globale”
ad alcuni dei brani più significativi della Genova moderna.
Maria Teresa Orengo
Amministratore Unico
Fondazione regionale per la Cultura e lo Spettacolo
Genova
Itinerari del Patrimonio Identitario
Progetto ACCESSIT
4 SOMMARIO
PREMESSA
PREMESSA
5
1. I PARchI E I MuSEI DI NERVI
6
Gianni Franzone
2. IL MONuMENTO AI MILLE A QuARTO
14
Gianni Franzone
3. LA cASA LITTORIA DI LuIGI c. DANERI
E L’ARchITETTuRA RAZIONALISTA A GENOVA
22
Matteo Fochessati
4. PIAZZA ROSSETTI E LA FOcE
28
Matteo Fochessati
5. IL cIMITERO DI STAGLIENO
36
Matteo Fochessati
6. PIAZZA DELLA VITTORIA E LA SISTEMAZIONE
DELLA SPIANATA DEL BISAGNO
44
Gianni Franzone
7. PIAZZA DANTE
52
Matteo Fochessati
8. PIAZZA DE FERRARI: “LA PIAZZA DEI GENOVESI”
60
Gianni Franzone
9. IL cASTELLO MAckENZIE DI GINO cOPPEDè
E LA DIFFuSIONE DELL’EcLETTISMO A GENOVA
TRA OTTO E NOVEcENTO
68
Questa guida sulle emergenze
moderniste del capoluogo ligure
non intende presentarsi come un
prodotto esaustivo rispetto al complessivo panorama artistico e architettonico della Genova del Novecento.
Il percorso da noi analizzato in dieci macro-schede si sofferma, infatti, su uno specifico ambito territoriale, escludendo, ad esempio, una
zona fondamentale per la recente
crescita urbana della città come il
Ponente. Tale scelta ci ha comunque permesso di concentrarci su
una vasta area metropolitana che,
nel corso del periodo preso in considerazione, fu caratterizzata da
profonde trasformazioni, i cui effetti
non ebbero solo una ricaduta sulla
fisionomia urbanistica, ma furono
determinanti per le dinamiche sociali, politiche ed economiche che
accompagnarono la crescita della
città in quell’epoca. L’inaugurazione in queste aree di importanti monumenti, eseguiti da celebri artisti,
la consistente e innovativa attività
edilizia, pubblica e privata, e soprattutto i fondamentali progetti di
pianificazione urbanistica, avviati in
5
questi anni, furono infatti tutti fattori
fondamentali per lo sviluppo della
città e per una ridefinizione del suo
specifico ruolo nel contesto nazionale dell’epoca.
Il volume intende quindi invitare il
lettore a una visita per tappe della
storia recente di Genova, mettendo
in rilievo l’importanza di alcuni tesori artistici e architettonici, spesso
sottovalutati o ignorati, nel sentire
comune, nonostante la loro significativa rilevanza internazionale: basti solo citare il Cimitero Monumentale di Staglieno o le testimonianze
di quell’architettura eclettica di fine
Ottocento e dei primi del Novecento che trova nel Castello Mackenzie il suo più celebre e prestigioso
modello. E proprio nel riconsiderare la nostra comune passione per
la riscoperta di queste testimonianze artistiche e architettoniche
della nostra città, sentiamo l’esigenza di ricordare l’insegnamento
di Franco Sborgi che, attraverso i
suoi fondamentali e pionieristici
studi, ha tracciato, per noi e per
tanti suoi allievi, un percorso di ricerca ricco di suggestioni e di implicazioni culturali.
Matteo Fochessati
10. DAL PORTO ANTIcO ALLE STAZIONI MARITTIME
76
Matteo Fochessati
e Gianni Franzone
Gianni Franzone
INFORMAZIONI PER LA VISITA
Itinerari del Patrimonio Identitario
84
Itinerari del Patrimonio Identitario
I parchi e i musei di Nervi
Progetto ACCESSIT
6 1. I PARchI E I MuSEI DI NERVI
Gianni Franzone
Nervi – località che dall’Ottocento
si è affermata come rinomata stazione climatica e di villeggiatura –
rappresenta oggi, per la sua offerta
naturalistico-culturale comprendente i parchi, le ville, le collezioni mu-
seali in esse ospitate e la suggestiva passeggiata sulle rocce lungo il
mare, un luogo di grande attrattiva
turistica, sebbene le sue potenzialità stentino a trovare l’adeguata
promozione e valorizzazione.
Pietro Luxoro, Villa Luxoro sede del Museo Giannettino Luxoro, 1903
Itinerari del Patrimonio Identitario
I parchi storici di Nervi sono costituiti dalla distesa verde delle ville
Gropallo, Serra Saluzzo e Grimaldi
Fassio che si sviluppa senza soluzione di continuità tra la passeggiata a mare Anita Garibaldi e l’antica
strada romana, l’odierna via Capolungo. Contrariamente ad altre zone di Genova che conobbero presto l’edificazione di palazzi con
sontuosi giardini rinascimentali e
barocchi, diventando vere e proprie
“città di ville”, a Nervi le dimore di
villeggiatura delle nobili famiglie genovesi erano inserite, ancora per
tutto il Settecento, in un paesaggio
sostanzialmente agrario, a prevalente funzione produttiva, con uliveti, vigneti e agrumeti. Fu nei primi
decenni dell’Ottocento che la situazione cambiò con la creazione dei
parchi paesistici, esempi grandiosi
Museo Giannettino Luxoro, sala da pranzo
Itinerari del Patrimonio Identitario
7
I parchi e i musei di Nervi
Progetto ACCESSIT
8 della diffusione nel genovesato del
“giardino all’inglese” d’ispirazione
romantica che aveva avuto una
delle sue prime realizzazioni in Ita-
lia proprio nel capoluogo ligure, nel
settecentesco giardino di Agostino
Lomellini a Pegli, ora perduto. Intorno al 1818 Gerolamo Serra ac-
Villa Grimaldi Fassio, sede delle Raccolte Frugone
quistò palazzo e giardino e avviò la
costruzione del parco, affiancato di
lì a poco, nel 1825, da Gaetano
Gropallo che ereditò e ampliò la
proprietà paterna. I due parchi costituiscono un’eccezionale emer-
9
Giovanni Boldini, Miss Bell, 1901,
Raccolte Frugone, Genova
genza paesistica a livello urbano e
nazionale: il voluto modellamento
del terreno, la bellezza degli scorci
visivi, la ricchezza della vegetazione che affianca essenze tipiche
della flora mediterranea (pini marittimi, cipressi, ulivi, oleandri, lecci,
allori, carrubi, lentischi e corbezzoli) con varietà esotiche e tropicali
(palme di vario tipo, araucarie, cicas, agavi, eucalipti, alberi del pepe, canfore, cedri e magnolie), gli
alberi monumentali al centro dei
prati come se fossero esemplari
unici da collezione, l’accostamento
delle diverse specie in funzione degli effetti cromatici sono solo alcune
delle loro caratteristiche salienti.
Le due proprietà vennero acquistate dal Comune di Genova nel 1927
Itinerari del Patrimonio Identitario
Itinerari del Patrimonio Identitario
Progetto ACCESSIT
10
Uno scorcio del parco di villa Gropallo
guito dell’acquisto da parte municipale di villa Grimaldi Fassio, nel
1993 l’edificio venne aperto come
sede delle Raccolte Frugone, due
collezioni di dipinti, sculture e disegni tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi trent’anni del Novecento che, per legato testamentario
dei fratelli imprenditori e mecenati
Lazzaro Giovanni Battista e Luigi
Frugone, erano passate in proprietà al Comune.
Dopo una chiusura durata oltre dieci anni, villa Serra, completamente
ristrutturata e con un percorso
espositivo aggiornato, ha riaperto i
I parchi e i musei di Nervi
11
Plinio Nomellini, Nuova gente, 1909, Galleria d’Arte Moderna, Genova
Villa Saluzzo Serra, sede della Galleria d’Arte Moderna
– l’anno successivo alla costituzione della Grande Genova anche
con l’annessione del Comune di
Nervi – con un investimento milionario che mirava, secondo un preciso progetto di Orlando Grosso,
allora direttore del civico Ufficio
Belle Arti, alla costituzione di un polo artistico-ambientale di grande
prestigio. Tali acquisizioni permisero infatti la sistemazione della Galleria d’Arte Moderna in villa Serra a
partire dal dicembre 1928 e, insieme, la salvaguardia di un brano eccezionale del paesaggio. L’originale progetto di Grosso venne
ampliato nei decenni successivi.
Nel 1951, grazie alla donazione
dell’ultimo proprietario, venne inaugurato poco distante il Museo
Giannettino Luxoro. Nella villa, appositamente progettata da Pietro
Luxoro nel 1903 e trasformata in
casa-museo, trovarono posto le
raccolte familiari che comprendono
disegni, dipinti, mobili, ceramiche,
argenti, tessuti e merletti, principalmente di ambito genovese, del
XVII e XVIII secolo, tra cui una collezione di orologi, con la particolarità di una serie di “orologi notturni”
della seconda metà del Seicento, e
una di figurine del presepio. A se-
Itinerari del Patrimonio Identitario
Itinerari del Patrimonio Identitario
I parchi e i musei di Nervi
Progetto ACCESSIT
12 battenti al pubblico nel novembre
del 2004. Nel dicembre 2005, infine, la Wolfsoniana, sede espositiva
permanente della collezione che il
mecenate statunitense Mitchell
“Micky” Wolfson Jr. ha donato alla
città, ha trovato posto all’interno del
sobrio edificio scolastico nella stradina che separa i parchi Serra e
Gropallo. In questo modo il contesto nerviese – arricchitosi nel 1981,
all’estremità orientale del parco di
villa Grimaldi Fassio, su iniziativa di
Luigi Viacava, allora direttore del
Servizio Giardini e Foreste del
Comune, del rinomato roseto che,
di recente restaurato, è stato a lui
dedicato e ospita parecchie centinaia di varietà di rose differenziate a seconda degli ibridatori –
si è configurato, in aggiunta al suo
straordinario patrimonio naturali-
Luigi Fontana & C., Milano, Salotto, 1902 circa, Wolfsoniana, Genova
stico-ambientale, anche come polo museale cittadino dedicato all’arte moderna, proponendo un’offerta vasta e variegata (pittura,
scultura, arti decorative, design e
architettura), oltre a dare conto di
alcune vicende collezionistiche
che, iniziate come private, sono
state successivamente destinate
alla fruizione pubblica. Le collezioni
oggi ospitate nei musei di Nervi nascono infatti come private: da quella del principe Odone di Savoia, figlio quartogenito del re Vittorio
13
Ernesto (Michahelles) Thayaht, Il grande
nocchiere, 1939, Wolfsoniana, Genova
Emanuele II, che rappresenta il nucleo fondante della Galleria d’Arte
Moderna ma anche di altri musei civici, a quella della famiglia Luxoro,
da quella dei fratelli Frugone, creata in stretta collaborazione con il loro mercante mantovano Ferruccio
Stefani, a quella di Micky Wolfson,
senza tralasciare quelle minori come le raccolte del nobile milanese
Filippo Ala Ponzone e dei coniugi
Demetrio Ferrero e Elena Rombo,
entrambe attualmente esposte
nelle sale della Galleria d’Arte Moderna. Il patrimonio artistico di
quest’ultima testimonia infine anche del momento in cui il Comune,
principalmente nei due decenni tra
le guerre mondiali, acquistò opere
presso le più importanti rassegne
artistiche regionali, nazionali e internazionali, comportandosi in maniera lungimirante come un avveduto collezionista.
Itinerari del Patrimonio Identitario
Itinerari del Patrimonio Identitario
Il Monumento ai Mille a Quarto
Progetto ACCESSIT
14 2. IL MONuMENTO AI MILLE A QuARTO
15
Gianni Franzone
Già negli anni immediatamente seguenti alla spedizione dei Mille, per
il suo profondo significato storico e
il suo grande valore simbolico, si
manifestò il proposito di erigere un
monumento commemorativo nella
zona in cui il 5 maggio 1860 Garibaldi e i suoi volontari si erano imbarcati alla volta della Sicilia sui piroscafi Lombardo e Piemonte,
messi a disposizione dall’armatore
genovese Raffaele Rubattino. Poiché, due anni dopo l’impresa, proprio sul famoso scoglio di Quarto
era stata issata una stele voluta
dalla Confederazione Operaia Genovese, per l’ubicazione del gruppo
scultoreo venne identificata un’area
limitrofa.
Dopo un tentativo fallito nel 1907, il
Comune di Genova bandì un concorso nazionale il 1 dicembre 1909,
fissando il 10 aprile successivo come termine ultimo per la presentazione dei progetti e in 100.000 lire
la somma per realizzare il monumento. Vi parteciparono ben 63
concorrenti, molti singolarmente,
“Genova Rivista Municipale”, aprile 1938, copertina
Eugenio Baroni, Il Monumento ai Mille, 1915
Itinerari del Patrimonio Identitario
tra cui Angiolo Del Santo, Pietro Albino, Giacinto Pasciuti, Luigi Orengo, Francesco Ciusa, Eugenio Pellini, Lorenzo Massa, Demetrio
Paernio, Vittorio Rossi, Pasquale
Rizzoli, Luigi Brizzolara e Venceslao Borzani, altri in coppia, come
nel caso di Raffaello Romanelli e
Gino Coppedè, di Luigi Gichero e
Amedeo Calcaprina, di Edoardo De
Albertis e Annibale Rigotti. I progetti
vennero esposti nelle sale del Museo di Storia Naturale da poco
inaugurato e già in quell’occasione
molti parvero non avere dubbi: come annotò l’architetto Mario Labò,
il progetto del neppure trentenne e
semisconosciuto Eugenio Baroni
(Taranto 1880-Genova 1935), per
forza espressiva e originalità d’invenzione, non aveva rivali.
La giuria, di grande autorevolezza,
presieduta dall’anziano Giulio Monteverde e composta dagli scultori
Leonardo Bistolfi, Ludovico Pogliaghi e Domenico Trentacoste e dai
pittori Giulio Aristide Sartorio e Tullio Salvatore Quinzio, quest’ultimo
Itinerari del Patrimonio Identitario
Il Monumento ai Mille a Quarto
Progetto ACCESSIT
16 in qualità di commissario eletto dai
concorrenti, ufficializzò il suo verdetto il 1 maggio, proclamando vincitrice l’opera di Baroni. I premi minori andarono ad Alberto Dressler
in coppia con Giovanni Chini, a
Ezio Ceccarelli, Guido Bianconi e
Arnaldo Fazzi.
Ispirato al primo verso dell’Inno di
Garibaldi di Luigi Mercantini “Si
scopron le tombe, si levano i morti”,
il bozzetto originario presentato dallo scultore genovese prevedeva
una piramide la cui punta aguzza
era sostituita dalla figura di Garibaldi sovrastata dalla Vittoria che guidava verso la meta il gruppo dei
“morti risorti”. L’“eroe dei due mondi” è raffigurato in piedi, nudo, con i
Itinerari del Patrimonio Identitario
pugni serrati. Richiama il personaggio di Jean d’Aire di Auguste Rodin
nel famoso gruppo che rievoca
l’episodio dei cinque borghesi di
Calais durante la Guerra dei Cent’anni, in cui il grande scultore francese aveva proposto un’inedita e
moderna rievocazione del linguaggio di Michelangelo. Baroni forgiò il
suo Garibaldi sulla figura di Bartolomeo Pagano, uno scaricatore del
porto di Genova che più tardi divenne celebre per aver interpretato il
gigante Maciste nel film Cabiria di
Gabriele D’Annunzio. I corpi vigorosi di altri giovani “camalli” fecero
da modello per i volontari che si
stanno svegliando dal loro sonno
per prendere parte all’impresa,
mentre l’attenta osservazione dal
vero del volo degli uccelli fornì all’artista spunti per la resa delle
grandi ali dilatate della Vittoria.
L’eroicità neomichelangiolesca di
Garibaldi è accompagnata da un
vortice di dinamismo e sensualità,
da un turbine di forme magmatiche
e avvolgenti, tutte linee curve e senza spigoli, che domina nei giovani
soldati che stanno risorgendo. La lezione rodiniana, come pure quella
bistolfiana, sono però superate in
una direzione personale e originale
che non corre il rischio di cadere in
un rinnovato classicismo o di scivolare nel decorativismo liberty ancora
così di moda. Il monumento di Quarto è una scultura che non predilige
un punto di vista, ma si fa apprezzare nella sua totalità e continuità; un
complessivo senso di moto ascendente la caratterizza e la domina.
Allo stesso tempo il giovane scultore semplifica il modellato e drammatizza le immagini e le volumetrie
dei corpi nudi in un senso fortemente espressivo se non addirittura
“espressionista”: una tensione emotiva ed espressiva, talvolta quasi
Petrus Theodor Tetar van Elven, La partenza dei Mille, 1889,
Istituto Mazziniano-Museo del Risorgimento, Genova
Itinerari del Patrimonio Identitario
17
Il Monumento ai Mille a Quarto
Progetto ACCESSIT
18
19
Plinio Nomellini, Bozzetto del manifesto per l’inaugurazione del Monumento ai Mille,
1915, Istituto Mazziniano-Museo del Risorgimento, Genova
Plinio Nomellini, Inaugurazione del Monumento ai Mille, 1915, Istituto MazzinianoMuseo del Risorgimento, Genova
L’inaugurazione del Monumento ai Mille il 5 maggio 1915, Centro DocSAI, Genova
aspra, che, insieme a una dichiarata
visione sintetica, rappresenta uno
degli elementi di novità del suo linguaggio artistico e che troverà sviluppo nelle sue opere future.
Di ciò fu consapevole la commissione giudicatrice che consigliò a
Baroni di far prevalere, nella fase
mento finito entro quattro anni, cioè
entro il 18 maggio 1915. Solo nel
maggio del 1914, su proposta dello
stesso Baroni e con l’avvallo dei
membri della giuria, venne deciso
che il monumento doveva essere
realizzato in bronzo e non modellato in marmo bianco di Carrara co-
Itinerari del Patrimonio Identitario
esecutiva, la parte scultorea rispetto a quella architettonica, riducendo
quindi il tronco di piramide e ingrandendo proporzionalmente il gruppo
di Garibaldi.
In base alle clausole del contratto
sottoscritto con il Comune, Baroni
si impegnò a consegnare il monu-
me previsto in origine: il “terribile
bronzo”, secondo le parole di D’Annunzio, prese forma a Pistoia nella
fonderia dei fratelli Pasquali.
Mentre Baroni si dedicava forsennatamente al completamento della
sua opera in “una specie di delirio
lucido”, come scrisse l’amico e criItinerari del Patrimonio Identitario
Il Monumento ai Mille a Quarto
Progetto ACCESSIT
20 tico Ettore Cozzani, scoppiò la
guerra. L’artista sentì forte il desiderio di parteciparvi in prima persona, per cui il compimento del monumento diventò per lui ancora più
urgente. Anzi intravvide subito che
il suo Garibaldi poteva diventare il
segnale dell’intervento italiano nel
conflitto, tanto da scrivere: “Ho fede
d’avere con la mia opera dato alla
patria la profezia della resurrezione, la memoria vigile e accesa dei
martirii sofferti”.
L’inaugurazione del monumento,
originariamente prevista per il 9
maggio 1915, venne anticipata al 5.
A Pietro Dodero spettò il compito di
disegnare l’invito, a Plinio Nomellini
Leonetto Cappiello, Imprimerie Vercasson, Paris, Le trait-d’union franco-italien
Quotidien du soir, 1916 circa, Wolfsoniana, Genova
Itinerari del Patrimonio Identitario
il manifesto. L’evento, cui partecipò
una folta delegazione di giornalisti
nazionali, fu completamente dominato da D’Annunzio, appositamente
rientrato dalla Francia: le parole infuocate del suo famoso discorso più
che celebrare l’opera di Baroni ebbero lo scopo di accendere gli animi
degli intervenuti in direzione dichia-
ratamente interventista. Fu così che
il gruppo scultoreo di Quarto, in origine voluto e pensato per concludere simbolicamente, a cinquant’anni
di distanza, l’epopea risorgimentale,
si trasformò nell’emblema dei sentimenti interventisti e nazionalisti a
pochi giorni dall’ingresso italiano
nella Grande Guerra.
Particolare della lastra d’acciaio contenente i nomi dei 1089 volontari di Garibaldi, 2010
Itinerari del Patrimonio Identitario
21
Progetto ACCESSIT
22 3. LA cASA LITTORIA DI LuIGI c. DANERI
E L’ARchITETTuRA RAZIONALISTA A GENOVA
Matteo Fochessati
L’edificio della Casa Littoria rionale
“Nicola Bonservizi”, costruito a Sturla tra il 1936 e il 1938 su progetto di
Luigi Carlo Daneri, può essere considerato, nel panorama architettonico genovese del Novecento, come
la trasposizione più fedele e coerente dei principi teorici e operativi
del Movimento Moderno. Nella sua
leggera struttura – funzionale ad armonizzare tra loro i diversi livelli di
quota dell’area circostante – è infatti
Luigi C. Daneri, Casa rionale Littoria “Nicola Bonservizi”, 1936-1938
Itinerari del Patrimonio Identitario
La Casa Littoria di Luigi C. Daneri e l’architettura razionalista a Genova
possibile riscontrare i fondamentali
del vocabolario razionalista, come
attestato in particolare dalla finestratura a nastro, dal volume a elisse della scala di collegamento, dalle
asimmetrie volumetriche e dalla liscia nitidezza degli intonaci bianchi.
La rigorosa impostazione dell’edificio conferma quindi la definitiva assunzione della vulgata modernista
da parte di Daneri il quale, formatosi
nello studio Coppedè, divenne ben
presto uno degli esponenti di spicco
del razionalismo genovese, nonostante i suoi richiami alla lezione
progettuale di Walter Gropius e di
Le Corbusier (ad esempio i rimandi
alla Villa Savoye nel sostegno della
struttura su esili pilotis) sembrino rispondere più a una tangenza tecnica e operativa, che a una sintonia
teorica e concettuale.
Luigi C. Daneri e Luigi Vietti con A. Fineschi, G. Zappa, R. Morozzo della Rocca,
G.C. Nicoli, G. Crosa di Vergagni, R. Haupt, Abitazione tipica a struttura d’acciaio,
V Triennale di Milano, 1933, Wolfsoniana, Genova
Itinerari del Patrimonio Identitario
23
Progetto ACCESSIT
La Casa Littoria di Luigi C. Daneri e l’architettura razionalista a Genova
24 Già autore della Chiesa di San Mar-
cellino (1933-1935) – positivamente
accolta dalla critica del tempo per il
suggestivo effetto creato dalla sua
monumentale struttura, nella quale
soluzioni moderniste si combinavano con elementi architettonici novecentisti - Daneri aveva confermato
nello stesso periodo la sua adesione alle istanze razionaliste con il
progetto per la Villa Venturini (193134). Sciaguratamente demolita nel
1990, a conferma di una scarsa
considerazione da parte della città
nei confronti dei propri manufatti
modernisti, quest’opera rappresentava infatti, al pari della Casa Littoria
di Sturla, quasi una sorta di manifesto programmatico dell’innovativo
linguaggio architettonico. Una propensione che egli condivise in quel
periodo con diversi altri professionisti genovesi, come documentato
dall’Abitazione tipica a struttura
d’acciaio, presentata alla V Triennale di Milano del 1933 dal gruppo degli architetti liguri, guidato dallo stesso Daneri con Luigi Vietti e
composto da Fineschi, Zappa, Morozzo della Rocca, Nicoli, Crosa di
Vergagni e Renato Haupt. Questo
progetto, che pure univa esponenti
modernisti con personalità più moderate, si distinse infatti per il suo
deciso impianto razionalista, risolto
nell’Appartamento tipico economico
di Giulio Zappa attraverso la standardizzazione e la scomponibilità
degli elementi di arredo (composti
da mobili in tubolare metallico ricoperti di linoleum) e nell’Appartamento per una famiglia di Vietti, grazie a una peculiare mediazione con
le istanze dell’architettura organica.
Tale inclinazione progettuale fu testimoniata in particolare dalla forma
di alcune poltroncine in legno multistrato lamellare curvato, già realizzate per la nuova Stazione Marittima di Genova e ispirate alle sedute
Itinerari del Patrimonio Identitario
25
che Alvar Aalto avrebbe esposto nel
1936 alla Triennale di Milano.
Il dibattito teorico che si sviluppò a
Genova intorno agli emergenti indirizzi modernisti - grazie all’importante attività pubblicistica svolta da
Attilio Podestà, responsabile della
rubrica La Specola delle Arti (apparsa tra il 1932 e il 1933 su “Il Secolo XIX”) e corrispondente di “Casabella” (1933-43), cui collaborava
pure l’architetto Mario Labò - si
può legare anche ad altre due importanti opere architettoniche, realizzate nello stesso periodo nel capoluogo ligure.
A poca distanza dalla Casa Littoria
di Daneri, lungo la strada verso levante, affacciato sul mare, sorse tra
il 1931 e il 1938 il complesso dell’Ospedale pediatrico “Istituto Giannina Gaslini” che, realizzato su progetto di Angelo Crippa, segnò la
sua definitiva adesione alle impostazioni costruttive d’impianto razionalista. Se la sua originaria formazione eclettica, venata da
suggestioni secessioniste, traspare
Angelo Crippa (con Aldo Zuccarelli), Ingresso dell’Ospedale pediatrico “Istituto
Giannina Gaslini”, 1931-1938
ancora nell’edificio della chiesa, internamente decorata con mosaici e
pitture murali di Pietro Dodero, il
suo progetto per quest’articolata
cittadella sanitaria – costituita da diciassette edifici caratterizzati da
specifici orientamenti prospettici e
collegati tra loro attraverso gallerie
Angelo Crippa, Chiesa dell’Ospedale pediatrico “Istituto Giannina Gaslini”, 1931-1938
Itinerari del Patrimonio Identitario
Progetto ACCESSIT
26 – rifletteva le esigenze di un rigoro-
so sistema di organizzazione delle
attività sanitarie. In stretta corrispondenza ideologica con i principi
etici e comportamentali del regime
– la cui paternità del progetto era
evocata, nell’atrio vetrato, da una
scultura di Giorgio Giordani raffigurante il Duce che accarezzava un
bambino – tale progetto appariva
infatti ispirato da concetti di efficienza e modernità, statuiti in particolare dalla dotazione di impianti tecnologici all’avanguardia. A conferma
infine della funzionalità logistica
dell’ospedale, il piano architettonico
dell’area presentava un razionale
sistema organizzativo, in cui i sin-
La Casa Littoria di Luigi C. Daneri e l’architettura razionalista a Genova
goli reparti – ospitati in palazzine
separate, ma strettamente collegate tra loro – gravitavano intorno alla
struttura centrale del padiglione di
Medicina e Clinica pediatrica. In tale edificio il dinamico contrasto tra
le superfici concave e convesse
della facciata rimanda peraltro a
uno schema compositivo presente
anche nell’impaginato architettonico della Scuola della Gioventù Italiana del Littorio di Camillo Nardi
Greco e Lorenzo Castello (1937).
Su progetto di Paride Contri – autore nel 1934 del Mercato dei Fiori,
demolito nel 1987 durante la costruzione del centro direzionale di
Corte Lambruschini – fu infine rea-
Paride Contri, Stadio comunale del nuoto “Piscine d’Albaro”, 1935 circa, Centro
DocSAI, Genova
27
Paride Contri, Stadio comunale del nuoto “Piscine d’Albaro”, 1930-1935
lizzato, tra il 1930 e il 1935, a ponente della Casa del Fascio di Daneri, lo Stadio del nuoto di Albaro,
il cui recente intervento conservativo ha fortunatamente preservato
l’integrità originaria dell’opera. La
struttura, esternamente adeguata
ai modelli del razionalismo internazionale – identificabili nelle finestre
a nastro dei due corpi simmetrici
semicircolari e nella pensilina del
corpo centrale, retta da pilotis metallici –, conserva infatti ancora intatta, all’interno, la vivace decorazione a mosaico realizzata dalla
ditta Ceramica Ligure. Da notare,
in particolare, la significativa testimonianza della stagione della “plastica murale” futurista rappresentata dall’ampio pannello Il
nuotatore che, disegnato da Fillia,
presenta, nella sua stilizzata cromia, evidenti tangenze con il mosaico in ceramica Le comunicazioni terrestri e marittime, da lui
stesso realizzato nella torre del
Palazzo della Poste di Angiolo
Mazzoni alla Spezia (1933).
Itinerari del Patrimonio Identitario
Itinerari del Patrimonio Identitario
Piazza Rossetti e la Foce
Progetto ACCESSIT
28 4. PIAZZA ROSSETTI E LA FOcE
Matteo Fochessati
La sistemazione urbanistica dell’area della Foce – corrispondente
all’estuario del torrente Bisagno –
va inquadrata all’interno del più vasto piano di riqualificazione delle
aree a levante del centro cittadino,
cui aveva già dato avvio, agli inizi
del Novecento, la realizzazione di
una nuova rete stradale a mare,
Itinerari del Patrimonio Identitario
l’attuale Corso Italia che, grazie alla
fitta presenza lungo il litorale di stabilimenti balneari alla moda, fu ben
presto destinata ad assumere – come affaccio per il progressivo sviluppo di un’architettura residenziale
di pregio – il suggestivo carattere di
promenade e di luogo del loisir.
Per la riqualificazione dell’intera
zona fu tuttavia fondamentale, agli
inizi degli anni Trenta, la copertura
del Bisagno. Quest’opera, i cui primi progetti erano stati presentati
agli inizi del Novecento, determinò
infatti l’apertura di una ampia direttrice a mare e l’assegnazione di
nuovi spazi edificabili, soprattutto
dopo che l’area di confluenza del
torrente fu liberata, nel 1931, dai
cantieri navali Odero.
L’immagine monumentale, ma allo
stesso tempo modernista con la
quale la città intendeva qualificarsi, attraverso quest’imponente intervento urbanistico, influenzò in
larga misura le scelte progettuali
degli edifici di rappresentanza e
dei complessi residenziali sorti in
seguito al nuovo piano regolatore
dell’area.
La tipologia razionalista caratteriz-
Corso Italia e Boccadasse
Itinerari del Patrimonio Identitario
29
Piazza Rossetti e la Foce
Progetto ACCESSIT
30
31
Mario Labò, Ristorante San Pietro, 1935-1938, Centro DocSAI, Genova
zò, in particolare, la costruzione del
Ristorante San Pietro, realizzato su
progetto di Mario Labò tra il 1935 e
il 1938. Collaboratore della rivista
“Casabella” e aderente dai primi
anni Trenta al MIAR (Movimento
italiano per l’architettura razionale),
l’architetto genovese, che nel 1940
progettò a Quarto la villa del celebre collezionista Della Ragione,
elaborò in questo edificio – caratterizzato dalla leggerezza della struttura e da un’attenta cura dei materiali e della gamma cromatica – una
felice sintesi linguistica tra le istanze razionaliste e l’architettura organica, assimilata grazie alla sua vicinanza con Alvar Aalto.
Tale costruzione, celebrata all’epoca sulle principali riviste di architet-
Luigi Vietti (con Mario Braccialini), Case dei pescatori, 1936-1939
Itinerari del Patrimonio Identitario
Luigi C. Daneri, Piazza Rossetti, 1934-1958
tura, appare ormai, tuttavia, fortemente ridimensionata rispetto al disegno originario, in seguito alla sua
parziale demolizione durante la costruzione della sopraelevata (196265) e alla successiva e radicale trasformazione degli interni.
Queste gravi manomissioni furono
operate anche in altri edifici limitrofi: ad esempio nella sede dell’ACI
(già Regio Automobil Club d’Italia,
1939) di Camillo Nardi Greco e Lorenzo Castello che – caratterizzata
nel salone del pubblico da una serie di pannelli pittorici di Teresio
Beroggio raffiguranti i trasporti e
l’attività del porto – fu compromessa nella sua leggibilità originaria
dalla demolizione, negli anni Ottanta, della stazione di servizio che
completava l’edificio.
Ancora più evidente appare la trasformazione delle Case dei pescatori, progettate da Luigi Vietti insieme all’ingegnere capo del Comune
Mario Braccialini per la parte tecnica (1936-39). Il complesso residenziale, destinato a ospitare i pescatori, tradizionali abitanti della zona
della Foce, perse infatti definitiva-
mente il suo rapporto con il mare
con la realizzazione della Fiera
(1958-63), mentre la costruzione
della sopraelevata determinò il taglio delle ali laterali.
Il più impegnativo intervento di architettura residenziale nell’area della Foce fu rappresentato dalla realizzazione dell’attuale Piazza
Rossetti per opera di Luigi Carlo
Daneri, cui fu affidato l’incarico, dopo che era stato accantonato il progetto vincitore al concorso bandito
nel 1933. Daneri improntò questa
complessa opera - portata a termine tra il 1934 e il 1958 - con tutte le
sue peculiari competenze imprenditoriali e architettoniche. In particolare il lotto residenziale si distingue,
nella disposizione degli edifici, per
l’affermazione di quel concetto di
unità abitativa che, ispirato dal celebre complesso a Marsiglia di Le
Corbusier (1947-52), fu in seguito
da lui ripreso, su scala più ridotta,
nelle palazzine al Lido d’Albaro
(1952-55). Questo schema progettuale connotò in larga misura tutta
la sua attività architettonica nell’immediato dopoguerra. In questo peItinerari del Patrimonio Identitario
Piazza Rossetti e la Foce
Progetto ACCESSIT
32 riodo Daneri fu infatti intensamente
impegnato, come coordinatore, nei
team progettuali di due tra le più importanti realizzazioni del programma di edilizia popolare INA-Casa: il
quartiere Bernabò Brea (realizzato
insieme a Giulio Zappa e Luciano
Grossi Bianchi tra il 1950 e il 1954)
e il complesso di Porta degli Angeli,
Antonio Maria Morera, Navigatore, 1938
Itinerari del Patrimonio Identitario
con Beverasco, Ginatta, Ferri, Pulitzer e Sibilla (1954-56). Dal 1956
al 1968 Daneri sovrintese inoltre, insieme a Eugenio Fuselli, alla progettazione del quartiere Forte
Quezzi, ormai popolarmente denominato “il Biscione”.
Tornando adesso allo spirito della
sistemazione urbanistica dell’area
della Foce nel corso degli anni
Trenta, è opportuno mettere in evidenza come – al pari dello sviluppo architettonico che aveva plasmato la fisionomia della vicina
piazza Vittoria – la sintesi tra monumentalismo e modernità rispecchiasse gli stessi principi autocelebrativi della propaganda del
regime, volta, da un lato, a riaffermare la continuità con il proprio illustre passato, dall’altro, a esaltare
il contemporaneo primato nazionale. In tale ambito va inquadrata la
statua del Navigatore, realizzata
da Antonio Maria Morera in marmo
bianco di Carrara, dopo una prima
provvisoria presentazione in ges-
Eugenio Fuselli, Casa del Mutilato, 1937-1938
Itinerari del Patrimonio Identitario
33
Piazza Rossetti e la Foce
Progetto ACCESSIT
– prescelto e realizzato tra il 1961
e il 1963 – del gruppo composto
dagli ingegneri Franco Sironi, Leo
Finzi, Remo Pagani e dall’architetto
Lorenzo Martinoia. La struttura del
Palasport, che all’epoca della sua
costruzione fu all’avanguardia per
tipologie ingegneristiche, schemi
statici e metodologie costruttive –
essendo uno dei primissimi esempi
al mondo di applicazione delle tensostrutture –, rimane ancora oggi
un esempio significativo e ardito di
utilizzo del cemento armato per
grandi edifici.
Se infine un intervento di ristrutturazione del complesso, avvenuto nel
2001, determinò la sciagurata demolizione della pensilina, progettata
nel 1963 da Angelo Mangiarotti come padiglione per l’IRI, tra le più recenti novità architettoniche dell’area
bisogna annoverare il Padiglione
Blu che, ideato dall’architetto francese Jean Nouvel ed entrato in funzione nell’ottobre 2008, in occasione
del Salone Nautico, fu ufficialmente
inaugurato nel 2009.
34
Franco Sironi, Leo Finzi, Remo Pagani e Lorenzo Martinoia, Palazzo dello Sport, Fiera
di Genova, 1961-1963
so, in occasione della storica visita
del Duce a Genova nel 1938. Collocato di fronte al mare, con una
funzione di asse focale dell’impianto
urbanistico dell’area, il maestoso
monumento incarnava infatti, nella
sua energica rappresentazione virile, il culto per l’ardimento, esaltato
dall’ideologia fascista e qui condensato dalla scritta “Vivere non necesse, navigare necesse est”.
La retorica di un altro importante
tema della propaganda – la commemorazione della vittoria e del
sacrificio bellico – trovò invece
espressione nella costruzione della Casa del Mutilato di Eugenio
Fuselli (1937-38), anche se questa
Itinerari del Patrimonio Identitario
dimensione celebrativa fu in parte
temperata dal crudo realismo del
monumento I mutilati di Eugenio
Baroni e dalla sobria impostazione
razionalista dell’edificio, integrato
da richiami alla cultura vernacolare
nella sua fasciatura bicromatica.
La più grande trasformazione urbanistica di tale territorio fu invece determinata, nel dopoguerra, dalla costruzione del quartiere fieristico, a
ponente della foce del Bisagno, in
un’area artificiale ottenuta attraverso l’interramento della costa. Spicca tra i nuovi edifici fieristici il Palazzo dello Sport, il cui concorso fu
vinto ex aequo dal progetto di Daneri e di Pier Luigi Nervi e da quello
Jean Nouvel, Padiglione Blu, Fiera di Genova, 2008
Itinerari del Patrimonio Identitario
35
Progetto ACCESSIT
Il Cimitero di Staglieno
36 5. IL cIMITERO DI STAGLIENO
37
Matteo Fochessati
Museo en plein air delle principali ricerche plastiche tra Otto e Novecento, il Cimitero monumentale di
Staglieno, con il suo straordinario
patrimonio artistico, costituito da oltre cinquemila monumenti funebri,
offre al visitatore una puntuale ed
esauriente panoramica sugli sviluppi
stilistici e formali della scultura di
quel periodo: dal purismo classicista
e romantico al verismo delle correnti
naturaliste; dalle tensioni espressive
del liberty e del simbolismo alle stilizzazioni del linguaggio déco e al
monumentalismo novecentista; sino
alle più recenti prospezioni estetiche
del dopoguerra. La necropoli – città
dei morti che nel tempo si espande
specularmente a quella dei vivi – riflette inoltre nella sua costante crescita “urbanistica” i preminenti caratteri sociali e culturali dell’epoca,
attraverso il filtro di una concezione
della morte che progressivamente
adattò le peculiari interpretazioni di
tale concetto al succedersi delle correnti stilistiche del periodo.
Il progetto originario di Carlo Barabino, risalente al 1837, fu in seguito
ripreso – all’interno di un complessivo processo di urbanizzazione intorno alle rive del Bisagno – da Giovanni Battista Resasco. I lavori per
il cimitero, delimitato a valle da una
monumentale galleria, ebbero inizio
nel 1847 e terminarono ufficialmente nel 1851, data in cui cominciarono a sorgere i primi monumenti funerari privati. Tuttavia nel 1903 il
Comune bandì un nuovo concorso
per l’ampliamento della necropoli,
Santo Varni, La Fede, 1868-1875
Gaetano Vittorio Grasso, Monumento
funebre a Giuseppe Mazzini, 1874-1877
Cimitero di Staglieno. Una delle gallerie
Itinerari del Patrimonio Identitario
Itinerari del Patrimonio Identitario
Il Cimitero di Staglieno
Progetto ACCESSIT
38 cui partecipò, tra gli altri, Gino Cop-
pedè il quale, autore di un visionario
e monumentale progetto non realizzato, fu incaricato nel 1904 di disegnare la sistemazione del Cimitero
degli Inglesi.
Celebre a livello internazionale per
la ricchezza artistica dei suoi monumenti e per la suggestione del suo
ampio e articolato disegno paesaggistico, che combinava il rigore formale della tradizione classica con il
gusto pittoresco della cultura ro-
Luigi Rovelli, Cappella Raggio, 1895
Itinerari del Patrimonio Identitario
mantica, il cimitero accrebbe la sua
fama grazie alla notorietà degli illustri personaggi che in esso ebbero
sepoltura. Oltre alle tombe nel settore protestante del fotografo tedesco Alfredo Noack, realizzata nel
1896 da Giuseppe Navone, e di
Constance Lloyd, che il marito
Oscar Wilde – appena scarcerato –
visitò nel 1899, a un anno dalla sua
morte, si può qui ricordare il monumento funebre di Giuseppe Mazzini, innalzato nell’area del Boschetto
irregolare e caratterizzato, su progetto di Gaetano Vittorio Grasso, da
scoperte simbologie massoniche.
La purezza dell’impostazione classicista dei primi monumenti, determinata dall’esigenza di uniformarsi
alla matrice stilistica del piano architettonico del Resasco e incarnata, ad esempio, dal suo stesso progetto per la Cappella Rubattino
Rebizzo (1871), lasciò spazio, dopo il 1880, a una maggiore libertà
espressiva e, quindi, a un’ampia e
variegata diffusione di modelli
eclettici. Tale tendenza appare
esemplarmente rappresentata dalla Cappella Raggio di Luigi Rovelli
(1895), comunemente denominata
“Duomo di Milano” per i suoi pinnacoli e archi rampanti in stile gotico,
o dalla Cappella Puccio di Gino
Coppedè (1904), connotata da richiami bizantineggianti e da riferimenti iconografici all’antico Egitto.
Sin dall’inizio la principale committenza dei sepolcri non fu comunque
Gino Coppedè, Cappella Puccio, 1904
Itinerari del Patrimonio Identitario
39
Il Cimitero di Staglieno
Progetto ACCESSIT
fu infatti esorcizzato grazie alla celebrazione della continuità dei valori
sociali incarnati dal defunto e dalla
sua famiglia e ciò avvenne, in genere, attraverso una precisa e minuziosa ostensione dei simboli professionali e del lavoro. Tale tendenza
ebbe il suo apice espressivo in
quello che è considerato, nell’immaginario collettivo, il simbolo di Staglieno: la tomba di Lorenzo Orengo
raffigurante la venditrice di noccioline Caterina Campodonico (1881).
La dettagliata rappresentazione
realista delle vesti e dei simboli professionali della committenza – compiutamente esemplificata da un’altra opera di Orengo, la duplice
tomba dei coniugi Whitehead e
40
Bentley (1885-1887) – attestava in
genere una capacità analitica e descrittiva che, desunta dai procedimenti operativi della ritrattistica fotografica, determinò il definitivo
distacco dai modelli aulici e solenni
della scultura commemorativa d’impianto classicista. Alle ricorrenti scene di compianto famigliare intorno
al letto del defunto (Tomba Carlo
Raggio di Augusto Rivalta, 1872) o
a scene di spontanea immediatezza (Tomba Pescia di Orengo,
1897), subentrarono tuttavia, verso
la fine dell’Ottocento, altri modelli
d’interpretazione della morte. Con
l’accentuazione dei caratteri simbolisti e decadenti, tale evento non
venne infatti più esperito e risolto
più rappresentata da quell’aristocrazia che sino allora era stata alla guida della città, ma da una dinamica
e rampante borghesia che, a cavallo tra Otto e Novecento, svolse un
ruolo decisivo per la rinascita economica e culturale di Genova. E se
questa classe sociale in ascesa non
fu immediatamente in grado di elaborare un suo autonomo linguaggio
espressivo e preferì pertanto adottare consolidati soggetti di matrice
classica o romantica, ben presto,
tuttavia, impose il proprio immaginario della morte attraverso i temi
iconografici del realismo borghese.
Dopo un esordio improntato al gusto neoclassico, in cui eccelsero gli
scultori Santo Varni, Gio Battista
Isola e Giuseppe Gaggini, le emergenti tensioni veriste predisposero
dunque – mutuando i modelli ideologici della borghesia – un nuovo ordine costitutivo nell’ambito del tema
della morte. Il trauma del distacco
Lorenzo Orengo, Tomba dei coniugi
Whitehead e Bentley, 1885-1887
Augusto Rivalta, Tomba Carlo Raggio,
1872
Itinerari del Patrimonio Identitario
Itinerari del Patrimonio Identitario
41
Il Cimitero di Staglieno
Progetto ACCESSIT
42
entro una dimensione collettiva, ma
assunto come un fatto di coscienza
individuale, slegato dunque dalle
certezze determinate da una propria specifica appartenenza di classe. Il fenomeno del “guardare la
morte”, sperimentato inizialmente
come radicalizzazione dell’approccio realista – tombe Camilla Pignone-Avanzini di Giuseppe Benetti
(1867) e Pienovi di Giovanni Battista Villa (1879) – determinò infatti
una sempre più consapevole coscienza interiore della dipartita e del
violento distacco dalla vita terrena.
Il punto di rottura storico di questo
progressivo abbandono delle certezze positiviste, che avevano improntato sino allora la concezione
ottocentesca della morte, fu rappresentato dall’inquietante immagine
dell’angelo androgino della tomba
Itinerari del Patrimonio Identitario
Francesco Oneto di Giulio Monteverde (1882), tema iconografico ripreso in tutto il mondo, attraverso
l’esportazione di modelli artistici
operata dall’emigrazione ligure.
Il passaggio successivo, in ambito
liberty, fu incarnato dai temi della
“bella morte” o della “morte giovane”, mediati da una più delicata
accezione simbolista nei monumenti di Leonardo Bistolfi – tombe
Bauer (1902-1904) e Orsini (18891907) – o risolti in maniera più diretta, come nella Tomba Maria
Francesca Delmas di Luigi Orengo
(1909), dedicata a una giovane
sposa, scomparsa in un incidente
automobilistico.
La rappresentazione della morte
assunse in seguito caratteri ancora
più tragici, come nel caso dell’inconsolabile dolore della madre, raf-
Giulio Monteverde, Tomba Francesco
Oneto. Particolare, 1882
Edoardo De Albertis, Tomba Ammirato,
1917
figurato nella Tomba Berte Grosso
Bonnin (1921) di Eugenio Baroni,
autore successivamente di un altro
dolente monumento dedicato al tema della maternità (Tomba Moltini
Sciutto, 1922). A questa inedita impostazione antidecorativa subentrò
tuttavia, con la progressiva adesione al gusto déco, una sempre più
evidente sintesi delle forme e dei
volumi che fu, ad esempio, determinante per l’originale impostazione compositiva della Tomba Ammirato di Edoardo De Albertis (1917)
o per lo stilizzato arcaismo della
Stele Tortelli di Guido Micheletti
(1933) e della Tomba Inga di Luigi
Venzano (1933). Il monumentalismo novecentesco – esaltato da
una specifica impostazione classica nella Tomba Germani di Guido
Galletti (1939) – fu infine fondamentale per un ritorno a raffigurazioni dal forte impianto realista.
Questa tendenza fu solo in parte
attenuata da quel clima di rinnovamento della scultura funebre del
dopoguerra, che fu precorso nel
1942 dall’impianto razionalista del
Monumento Dagna di Edoardo Alfieri il quale, esternamente, si presentava come un semplice parallelepipedo, decorato su due lati da
lunghi bassorilievi.
Itinerari del Patrimonio Identitario
43
Progetto ACCESSIT
Piazza della Vittoria e la sistemazione della spianata del Bisagno
44 6. PIAZZA DELLA VITTORIA E LA SISTEMAZIONE
DELLA SPIANATA DEL BISAGNO
45
Gianni Franzone
La piazza, inserita all’interno di un
più ampio Piano regolatore per le
zone centrali (1932), costituisce il
principale intervento urbanistico-architettonico attuato nel centro cittadino durante il periodo fascista.
Il progetto complessivo riguardava
non solo l’area su cui insiste oggi
la piazza, fino al 1910 sottoposta
a servitù militare, ma anche piazza
Verdi, che aveva assunto un ruolo
di primo piano con l’apertura della
Piazza della Vittoria in costruzione, 1934 circa, Centro DocSAI, Genova
Marcello Piacentini (in collaborazione con A. Dazzi, E. De Albertis e G. Prini), Arco ai
Caduti, 1923-1931
Itinerari del Patrimonio Identitario
stazione ferroviaria Brignole nel
1905, e l’area della foce del torrente Bisagno, la cui copertura venne
deliberata dall’amministrazione comunale nel 1919. Si trattava di una
zona strategica all’interno del contesto urbano, in considerazione
dell’ampliamento della città verso
la valle del Bisagno e verso levante. Nel 1923 il Comune bandì due
concorsi nazionali, l’uno, appunto,
per la sistemazione della spianata
del Bisagno (delibera del 5 aprile),
l’altro per l’erezione di un arco
trionfale dedicato ai caduti del primo conflitto mondiale (delibera del
9 maggio). In entrambi i casi risultò
vincitore l’architetto romano Marcello Piacentini: in città, però, si
accesero subito vivaci dibattiti.
La commissione giudicatrice del
concorso per l’arco trionfale, composta, tra gli altri, dallo scultore
Leonardo Bistolfi, dal critico Ugo
Ojetti e da Mario Labò, assessore
municipale alle Belle Arti, non individuò un vincitore, bensì rinviò, nel
febbraio del 1924, tre progetti a un
secondo grado di giudizio, ritenendo necessario un approfondimen-
to: Beatissimi Voi di Marcello Piacentini in collaborazione con lo
scultore Arturo Dazzi, Diana dell’architetto romano Alessandro Limongelli coadiuvato dal genovese
Giovanni Prini e San Giorgio dell’architetto modenese Giuseppe
Mazzoni con l’intervento di Edoardo De Albertis, Francesco Messina
e Guido Galletti. La polemica suscitata da un articolo di Ojetti apparso sul “Corriere della Sera” del
9 febbraio 1924, che anticipava il
verdetto finale e conteneva, tra
l’altro, giudizi tutt’altro che lusinghieri nei confronti degli imprenditori e dei costruttori genovesi, costrinse alle dimissioni la giuria.
Venne quindi nominata una nuova
commissione che proclamò vincitore di secondo grado il progetto di
Piacentini. Il 18 aprile 1925 quest’ultimo ottenne l’incarico ufficiale
per la costruzione dell’arco che,
iniziato nel 1927, venne portato a
compimento nel 1931. Nella versione definitiva del monumento, rigidamente ispirato agli illustri
esempi della Roma classica, Dazzi
eseguì i fregi con scene belliche
Itinerari del Patrimonio Identitario
Progetto ACCESSIT
46 per i quattro prospetti dell’attico e
le otto statue inserite sui due lati
lunghi, mentre a De Albertis e a
Prini toccarono gli altri interventi
del ricco apparato decorativo: al
primo si devono le altre otto sculture sui lati est e ovest e il crocifisso sull’altare della cripta; al secondo spettarono le due grandi lunette
interne, che decorò con scene di
lavoro agreste e industriale, mentre altri sei rilievi, lo stemma comunale e un San Giorgio vennero collocati nella cripta.
Le vicende relative alla sistemazione della spianata furono assai
più complesse e tormentate, anche per gli interessi economici e
speculativi in ballo. Le polemiche
divampate in città vennero cavalcate dal locale “Corriere Mercantile” che, nel febbraio del 1924,
bandì un “contro-concorso” con il
Itinerari del Patrimonio Identitario
chiaro intento di screditare la credibilità e l’autorevolezza di quello
indetto dal Comune: il premio
venne fissato in cinquantamila lire
e venne chiamato a far parte della
giuria una figura di indubbio prestigio come l’architetto Gaetano
Moretti. Al concorso parteciparono ben quarantasei concorrenti, i
cui elaborati vennero esposti a luglio nel ridotto del teatro Carlo Felice. Anche Piacentini vi prese
parte, pure se fuori concorso, rielaborando il progetto che aveva
presentato al concorso municipale: la nuova versione, in particolare, prevedeva il trasferimento dei
volumi fabbricabili da piazza Verdi
a piazza di Francia, l’attuale piazza della Vittoria. La commissione
giudicatrice assegnò il primo premio a Michele Fenati, il secondo
a Piero Barbieri e Francesco
Piazza della Vittoria e la sistemazione della spianata del Bisagno
Ghiara, il terzo ad Amedeo Calcaprina. Due anni dopo Piacentini
rielaborò ancora il progetto: la
nuova versione venne intitolata
La Grande Genova. Il Foro littorio,
con chiaro riferimento alla creazione del comune ‘allargato’, decretata da Mussolini il 14 gennaio
1926. Nel 1928 il podestà Eugenio Broccardi nominò una nuova
commissione (composta da Riccardo Haupt, Ghino Venturi e Piero Portaluppi) per varare lo schema planimetrico della piazza, reso
possibile dalla copertura del Bisagno attuata nel 1928-30 dall’impresa Garbarino e Sciaccaluga.
La commissione si limitò a espri-
mere alcune indicazioni di massima: l’edificazione venne limitata a
piazza della Vittoria, mentre per
piazza Verdi si optò per una sistemazione a giardini, recependo
quindi quanto Piacentini aveva già
inserito nel suo progetto del 1926;
si dispose che lo schema planivolumetrico della piazza fosse costituito da tre edifici per lato sui due
lati lunghi e un unico edificio sullo
sfondo (teatro o palazzo del littorio); gli edifici avrebbero dovuto
avere un carattere monumentale
con rivestimenti in materiali nobili;
un porticato perimetrale, infine, doveva essere esteso a tutti gli edifici.
Nel maggio del 1929 la giunta po-
Piazza della Vittoria, lato a ponente: Palazzo Società Nafta (P. Fossati con C.
Ginatta,1929-1934), Palazzi Jacazio (B. Bellati con G. Dazzi, 1935-1937) e Palazzo
della Cassa di Risparmio (B. Bellati, 1938-1939)
Itinerari del Patrimonio Identitario
47
Progetto ACCESSIT
48
Beniamino Bellati, Palazzo Jacazio, 1935 circa, Wolfsoniana, Genova
destarile approvò il progetto del
palazzo Nafta, sede dell’omonima
società che si occupava del commercio di idrocarburi, sull’angolo
nord-ovest della piazza che costituì il primo importante tassello
della nuova sistemazione: proget-
tato da Paolo Fossati con Cristoforo Ginatta, il palazzo, completato nel 1934, presenta elementi
ancora ispirati alla tradizione dei
palazzi alessiani cittadini. Con
l’approvazione del piano regolatore del centro del 1932 (dal pro-
Beniamino Bellati, Raccordo coperto tra palazzo Nafta e palazzo Jacazio, 1935 circa,
Wolfsoniana, Genova
Itinerari del Patrimonio Identitario
Piazza della Vittoria e la sistemazione della spianata del Bisagno
getto di piazza della Vittoria venne eliminato l’edificio sul fondo,
mentre sui lati lunghi gli edifici
vennero portati da tre a quattro);
con l’adozione, due anni dopo, da
parte della giunta podestarile delle Norme edilizie ed architettoniche relative alla costruzione di
piazza della Vittoria; infine, con la
nomina di Piacentini a consulente
della commissione edilizia comunale si composero le ultime tessere che avrebbero portato alla fisionomia definitiva della piazza.
L’architetto romano ne diventò il
vero “regista”: il palazzo dell’Istituto Nazionale Fascista di Previdenza Sociale (oggi INPS), da lui
progettato e costruito sull’angolo
nord-est tra il 1936 e il 1938, con
il suo stile classico e monumentale, sobrio e austero, ispirato alla
maestosità dell’architettura romana, che egli aveva già affinato
nella piazza della Vittoria di Brescia, con i semplici ed eleganti ri-
vestimenti in travertino che rendevano superflua ogni decorazione – se si eccettuano le Vittorie
alate agli angoli, opera di Nanni
Servettaz – stabilì il modello per
gli altri palazzi. Gli edifici, infatti,
che, disposti simmetricamente e
collegati da un profondo porticato, vennero costruiti di lì a poco
sui lati lunghi della piazza, nonostante siano stati progettati da architetti diversi, si connotano tutti
per la stessa monumentalità, per
un attento equilibrio dei pieni e dei
vuoti, per il prevalere di volumi
geometrici e per la quasi totale
mancanza di decorazione: sul lato
ovest, i due palazzi centrali dell’impresa Ugo Jacazio si devono
a Beniamino Bellati in collaborazione con Giovanni Dazzi, così
come sempre a Bellati si deve
l’ultimo, quello della Cassa di Risparmio; sul lato est, i due centrali vennero costruiti dall’impresa
Garbarino e Sciaccaluga su pro-
Alfredo Fineschi, Sistemazione zona sud di piazza della Vittoria. Genova. Progetto di
scalea giardino sull’asse del Monumento ai Caduti, 1935, Wolfsoniana, Genova
Itinerari del Patrimonio Identitario
49
Progetto ACCESSIT
50 getto di Piacentini e Aldo Camposampiero, mentre l’ultimo venne
progettato da Giuseppe Tallero
per l’impresa Amleto Angiolini
(1939).
Dei lati brevi della piazza, quello
a nord si apre su piazza Verdi e la
stazione Brignole, mentre quello
a sud è chiuso da una spalliera ri-
Itinerari del Patrimonio Identitario
coperta di verde che, attraverso
scalee, sale alle Mura delle Cappuccine.
L’originale progetto dell’architetto
Alfredo Fineschi fu semplificato in
fase di realizzazione: venne eliminata la cascata d’acqua centrale
che scendeva da un’alta fontanafaro illuminato, mentre le ali laterali
Piazza della Vittoria e la sistemazione della spianata del Bisagno
ad arco, previste in siepi potate,
vennero sostituite da volumi equivalenti in muratura ricoperti da
rampicanti. Due edifici completano
la piazza a sud: a levante il serio
palazzo della Questura ancora di
Fineschi (1935-37) e a ponente
l’edificio che ospita il liceo Andrea
Doria, progettato negli stessi anni
da Carlo Canella, che ripropone
alcuni degli elementi tipici del linguaggio piacentiniano.
Piazza della Vittoria, veduta della scalea
Itinerari del Patrimonio Identitario
51
Piazza Dante
Progetto ACCESSIT
52 7. PIAZZA DANTE
53
Matteo Fochessati
Predisposto subito dopo l’istituzione amministrativa della “Grande
Genova” (1926) e ispirato alla politica autocelebrativa del regime, il
progetto di monumentalizzazione
del centro cittadino ebbe il suo fulcro, negli anni Trenta, con il piano
di ridefinizione urbanistica di piazza Dante.
Il concorso per il Piano regolatore
delle Aree Centrali, bandito nel
febbraio del 1930, fu vinto nell’agosto del 1931 dal gruppo Janua, composto da Giulio Zappa e
Aldo Viale che, per la sua qualifica
di capoufficio del Comune di Genova per i Piani regolatori, suscitò
la contestazione del gruppo milanese di Griffini, Bottoni e Pucci.
Con la stesura definitiva del piano
particolareggiato di Viale e Zappa
nel gennaio del 1932, la realizzazione di un moderno centro direzionale nel cuore di Genova ebbe
comunque avvio nel 1934. I lavori,
conclusi nel 1940, determinarono
la demolizione del degradato quartiere del Morcento, che venne raso
al suolo, e dell’area del Ponticello,
che aveva ospitato il borgo medievale dei Lanaioli. Documentata dai
disegni del suggestivo reportageche Orlando Grosso, direttore del
Civico Ufficio di Belle Arti, commissionò ad alcuni artisti genovesi
(Mazzoni, Pennasilico, Bifoli, Verzetti e Gambetti), questa tipica
opera di riqualificazione urbana,
impostata dal regime con scopi di
rappresentanza, determinò dunque un’incisiva operazione di
sventramento, proseguita nel dopoguerra, verso il lato mare, dalle
demolizioni nel quartiere medievale di via Madre di Dio. Costituito da
due blocchi – quello a levante progettato da Marco Dasso e Giovanni Bruzzone e quello di Franco Al-
Il Grattacielo Nord, cartolina, Centro DocSAI, Genova
Itinerari del Patrimonio Identitario
Piazza Dante, cartolina, Centro DocSAI, Genova
bini e Franca Helg a chiudere
Piazza Dante dal lato mare – il
complesso direzionale Centro dei
Liguri (1972-1980) risultò tuttavia
una scelta strategica obsoleta e irrisolta, come dimostrato in particolare dalla concezione degli spazi
verdi che, destinati a qualificarsi
come centro di aggregazione, si
sono invece trasformati in un corpo separato dal tessuto urbano e
in un’area di degrado e di emarginazione.
Alla stesura del piano particolareggiato di Zappa e Viale che, rispetto
all’originaria matrice storicista, fu
improntato da un’evidente impostazione razionalista, collaborò anche, nella sua funzione di rappresentante della Soprintendenza,
Robaldo Morozzo della Rocca
(1932). Il suo progetto, che prevedeva la costruzione di quattro grattacieli, fu tuttavia trasformato dall’intervento di Macello Piacentini il
quale, nominato consulente per il
piano particolareggiato dell’area,
delineò una differente impostazione plano-altimetrica, riducendo a
due il numero dei grattacieli.
Piacentini, che aveva maturato in
questo periodo una sua autonoma
adesione alle moderne istanze razionaliste, fu quindi nominato responsabile di tutto il complessivo
piano urbanistico dell’area. E su
pressante indicazione del podestà
Carlo Bombrini ricevette anche, da
parte dell’ingegnere Angelo Invernizzi, l’incarico per la progettazione
architettonica del Grattacielo Sud.
Committente, ma pure responsabile del piano strutturale dell’edificio,
Invernizzi, nella sua attività di progettista e di costruttore, aveva
ugualmente manifestato, in questi
anni, una piena acquisizione della
cultura funzionalista, come attestato dalla moderna impostazione metropolitana del garage elicoidale – il
primo realizzato in Italia – per lo
stabile di via Montevideo 12 (1926)
o dal rigore formale della casa per
abitazioni di via Nizza 12 (in collaborazione con Ettore Fagioli, 1933)
e, soprattutto, dalla costruzione della villa Il Girasole a Marcellise
(1935). Il meccanismo di rotazione
di tale edificio, oltre a ispirarsi a motivi futuristi e costruttivisti, testimoItinerari del Patrimonio Identitario
Piazza Dante
Progetto ACCESSIT
54 niò infatti una totale sintonia con
l’utopia macchinistica di Le Corbusier il quale, nel volume Vers un’architecture (1923), aveva dichiarato
che la casa avrebbe dovuto essere
costruita come una “machine à habiter”.
Fronteggiando la massiccia struttura del Grattacielo Nord di Giu-
seppe Rosso (1935-37), il grattacielo di Piacentini ne condivise
dunque lo stesso visionario approccio modernista, influenzato
dalla cultura architettonica futurista, ma anche dalle utopistiche
suggestioni architettoniche di Renzo Picasso, autore all’epoca di una
serie di studi che prospettavano
Giuseppe Rosso, Grattacielo Nord, 1935-1937
Itinerari del Patrimonio Identitario
un adeguamento della fisionomia
urbanistica di Genova allo skyline
di New York. Questo appassionato
interesse per i grattacieli americani
– condiviso dall’amministrazione
pubblica e dalla classe imprenditoriale genovese – trovò ampio riscontro in campo architettonico,
come testimoniato da un progetto
non realizzato di Luigi Carlo Daneri per un grattacielo in struttura
d’acciaio in piazza Dante o dalla
stessa concezione del Grattacielo
Sud, caratterizzato da una struttura gradonata che, assottigliandosi
verso il vertice della torre, riprendeva uno dei motivi più tipici del
déco statunitense.
Marcello Piacentini, Angelo Invernizzi, Grattacielo Sud, 1935-1937
Itinerari del Patrimonio Identitario
55
Piazza Dante
Progetto ACCESSIT
altri quattordici livelli, rivela un’evidente matrice futurista, in particolare nel dinamico slancio verticale
delle audaci passerelle sospese
sul lato posteriore. Redattore della
rivista “Stile Futurista”, dove nel
1935 fu pubblicato il progetto dell’edificio, Rosso collaborò peraltro
56
nel 1934 con Fillia e Prampolini
all’allestimento a Palazzo Ducale
della Prima Mostra Nazionale di
Plastica Murale.
Il raccordo tra i due grattacieli si ar-
ticolò attraverso la monumentale
struttura della Galleria Colombo di
Tomaso Badano e Giulio Zappa
(1934), definita, come quinta prospettica, dal contrasto cromatico
Giuseppe Crosa di Vergagni, Palazzo Terzano, 1937-1938
Dettaglio architettonico del Grattacielo
Sud, 1937, Wolfsoniana, Genova
Il grattacielo di Piacentini, tutt’ora il
secondo in altezza in Italia, dopo il
Pirellone di Milano, presentava inoltre una dotazione tecnologica all’avanguardia, mentre il suo carattere monumentale era accentuato
dalla scelta dei materiali (il clinker
rosso alternato a strisce di marmo
bianco) e dalla partitura della facciata, il cui avancorpo bianco presentava un basamento porticato, ordinato sulla fascia superiore da una
geometrica griglia di bucature. Il carattere novecentista e metafisico di
questa squadrata ripartizione era ulteriormente marcato dalle decorazioni a rilievo di Guido Galletti, raffiguranti Colombo e il Balilla sullo
sfondo di Porta Soprana.
Inferiore in altezza, con i suoi 78
metri, al grattacielo di Piacentini –
per questa ragione Rosso nel
1939 intentò senza successo una
causa contro Invernizzi – il Grattacielo Nord, costituito da una base
porticata di sette piani, su cui si distacca in elevazione una torre di
Itinerari del Patrimonio Identitario
Itinerari del Patrimonio Identitario
57
Progetto ACCESSIT
Piazza Dante
58 tra i rivestimenti in marmo nero e
59
la cornice bianca del fornice, su si
staccano le tre lesene degli archi
soprastanti. A tale raccordo volumetrico contribuisce anche la compatta ma slanciata struttura del Palazzo Terzano di Giuseppe Crosa
di Vergagni (1937-38), improntato
da un suo distintivo confronto tra
le elaborazioni linguistiche del gusto novecento e déco e le emergenti tendenze razionaliste.
Dall’altro lato della piazza si fronteggiano infine il Palazzo dell’INA
di Gino Cipriani (1939) e il Palazzo
Gaslini di Aldo Zuccarelli (1938),
che nel progetto di Morozzo della
Rocca avrebbero dovuto avere la
stessa volumetria verticale dei due
grattacieli citati. Il primo edificio connotato dal contrasto cromatico
e materico tra il clinker rosso e le
bordure in marmo bianco e da cubature e terrazzamenti sovrapposti
- sembra comunque evocare, nel
leggero slancio della torre, sovrastata da un’ampia pergola bianca,
l’altezza originariamente prevista.
Il suo profilo arcuato si armonizza
invece con quello del palazzo di
fronte, la cui curvatura del corpo
inferiore, contrapposta alla torre
squadrata, fu determinata dall’adeguamento a una direttrice viaria che avrebbe dovuto confluire in
una galleria passante sotto le mura del Barbarossa. E anche il non
completamento di quest’opera può
aver contribuito all’irrisolta fisionomia dell’area, resa disomogenea
non tanto dalle dissonanze formali
tra gli edifici, quanto dalla sua indefinitezza tra piazza e snodo viario: una problematica logistica che
appare tutt’oggi irrisolta, nonostante le soluzioni proposte da alcuni
recenti piani di ridefinizione urbanistica del sito.
Gino Cipriani, Palazzo INA, 1939
Itinerari del Patrimonio Identitario
Itinerari del Patrimonio Identitario
Piazza de Ferrari: “la piazza dei genovesi”
Progetto ACCESSIT
60 8. PIAZZA DE FERRARI: “LA PIAZZA DEI GENOVESI”
61
Gianni Franzone
La genesi dell’attuale assetto di
piazza De Ferrari è stata lunga e
travagliata, configurandola come
“piazza senza pace”, proprio per le
innumerevoli trasformazioni che subì, ma, allo stesso tempo, come “la
piazza dei genovesi”, nel senso del
luogo rappresentativo e simbolico
della Genova moderna. Perché
questa “piazza che non è una piazza”, concepita e sviluppatasi in realtà come un grande crocevia del
traffico metropolitano, è ed è stata
sede degli edifici e degli avvenimenti che hanno segnato la storia
della città: dalla sua intitolazione,
nel 1875, al marchese Raffaele de
Ferrari che, con la sua magnanima
donazione, aveva permesso l’ampliamento del porto al trasferimento
sul suo lato est della Borsa, in quel
palazzo pomposo e un po’ arrogante che, inaugurato nel 1912, voleva
segnalare l’ambiziosa svolta finanziaria e industriale della città mercantile; dalla sfilata delle truppe tedesche sconfitte dopo aver firmato
l’atto di resa con il Comitato di Liberazione Nazionale all’insurrezione
della popolazione, il 30 giugno
1960, contro la decisione di tenere
proprio nella città “medaglia d’oro
della Resistenza” il congresso del
Movimento Sociale Italiano; dai
grandi scioperi degli anni Settanta
ai funerali del sindacalista Guido
Rossa, il 27 gennaio 1979, emblema della rivolta degli operai contro
il terrorismo delle Brigate Rosse.
Il tormentato percorso che ha con-
Giuseppe Mazzoni, I festeggiamenti di Genova alla Brigata Salerno di ritorno dalla
Francia. La folla in piazza De Ferrari, 1919, The Mitchell Wolfson Jr. Private Collection,
Genoa-Miami in comodato presso Wolfsoniana, Genova
Itinerari del Patrimonio Identitario
Luigi Garibbo, Il cantiere di demolizione della chiesa e del convento di San Domenico,
1825, Centro DocSAI, Genova
dotto all’odierna fisionomia della
piazza prese l’avvio nel terzo decennio dell’Ottocento. Nella nuova
situazione politica venutasi a creare
con il Congresso di Vienna (1815),
che aveva privato definitivamente la
repubblica genovese della sua au-
tonomia per annetterla al regno di
Piemonte e Sardegna, furono i Savoia a dotare la città di alcuni edifici
pubblici – la biblioteca civica, l’accademia di belle arti e il teatro lirico –
per la cui ubicazione venne scelta
l’allora piazza di San Domenico.
Carlo Barabino, Teatro Carlo Felice. Progetto non definitivo della facciata verso piazza
San Domenico, s.d. (1825), Centro DocSAI, Genova
Itinerari del Patrimonio Identitario
Piazza de Ferrari: “la piazza dei genovesi”
Progetto ACCESSIT
62 Demolito l’omonimo complesso
conventuale risalente al XIII secolo
– di cui non resta che qualche rara
testimonianza in alcune opere conservate nei musei cittadini – al suo
posto vennero edificati, ad opera
dell’architetto Carlo Barabino, in rigorose ed eleganti forme neoclassiche il teatro Carlo Felice e il palazzo dell’Accademia Ligustica.
Il primo, inaugurato nel 1828 e assai danneggiato dai bombardamenti del 1942-43, venne demolito
dopo la fine del conflitto, con l’eccezione del monumentale pronao
e del porticato che lo affianca sui
due lati. Dopo alcuni tentativi falliti
– un primo concorso per la sua ricostruzione venne indetto nel
1949, mentre nel 1963-77 venne
affidato un incarico diretto a Carlo
Scarpa – e dopo infinite polemiche
venne bandito un concorso-appalto nel 1981, da cui uscì vincitore il
gruppo di Aldo Rossi, Ignazio Gardella, Fabio Reinhart e Angelo Sibilla. L’edificio, realizzato tra il
1987 e il 1991, presenta ora tre volumi differenti: il pronao, restaurato
insieme al porticato originale del
Barabino, il teatro ricostruito nel
primitivo volume e la torre scenica,
il vero elemento nuovo della costruzione che si staglia, imponente
Piazza Raffaele de Ferrari, veduta del lato nord
e massiccio, sullo skyline cittadino.
Il palazzo dell’Accademia, costruito
tra il 1826 e il 1831, pensato inizialmente come caserma, venne poi
completato, appunto, come sede
dell’Accademia Ligustica di belle arti, istituita nel 1751, e della biblioteca Berio, proprio nell’ottica di fare
della piazza il centro culturale e rappresentativo della città. L’edificio è
interessante soprattutto all’interno,
con il grande atrio ottagonale e il
complesso gioco delle rampe dello
scalone sospese a sbalzo, anche
se la sua grandiosità originaria è
andata in parte perduta a causa
delle successive trasformazioni. In
particolare è stata demolita la cosiddetta “Rotonda”, una sala sormontata da cupola che era collegata vi-
63
Augusto Rivalta, Monumento a Giuseppe
Garibaldi in largo Pertini, 1893
Augusto Rivalta, Bozzetto per il
monumento a Giuseppe Garibaldi, 1893,
Istituto Mazziniano-Museo del
Risorgimento, Genova
Itinerari del Patrimonio Identitario
Itinerari del Patrimonio Identitario
Progetto ACCESSIT
Piazza de Ferrari: “la piazza dei genovesi”
64
65
Giuseppe Crosa di Vergagni, Progetto per la fontana di piazza De Ferrari, 1934,
Wolfsoniana, Genova
Piazza Raffaele de Ferrari, veduta dei lati sud e ovest
Dario Carbone, Palazzo della Borsa
Nuova, 1912
sivamente allo scalone: un’ampia
apertura ad arco permetteva infatti
di scorgere fin dall’atrio il grande fregio a rilievo che correva alla base
della copertura, raffigurante il Trionfo di Marcello, eseguito su disegno
dello scultore Giuseppe Gaggini da
Santo Varni, suo giovane allievo.
Oltre a essere sede della prestigiosa istituzione, oggi il palazzo ospita
anche il museo omonimo, una sorta
di “antologia esemplare dell’arte
nella regione”, con un percorso che
parte da dipinti del Quattrocento per
arrivare fino a testimonianze della
ricerca artistica contemporanea.
A seguito del concorso bandito dal
Comune nel 1889, da cui risultò
vincitore lo scultore Augusto Rivalta, la piazza accolse nel 1893 il
monumento equestre a Giuseppe
Garibaldi, in cui il protagonista del
Risorgimento è raffigurato, con un
lessico risolutamente realista, in
un atteggiamento di grande pacaItinerari del Patrimonio Identitario
Itinerari del Patrimonio Identitario
Piazza de Ferrari: “la piazza dei genovesi”
Progetto ACCESSIT
66 tezza, con lo sguardo meditabondo, lontano dalla frequente retorica celebrativa. Fu la prima delle
quattro statue che la città, da sempre consideratasi “la patria di adozione del Condottiero dei Mille”, gli
ha dedicato: nel 1905, sempre ad
opera dell’artista alessandrino,
venne eretto il monumento in
piazza del Monastero a Sampierdarena; nel 1908 Luigi Orengo
scolpì in marmo quello a Pegli; il 5
maggio 1915, infine, venne inaugurato a Quarto il grandioso gruppo di Eugenio Baroni.
Fu la realizzazione di via XX Settembre, il cui progetto definitivo
venne approvato nel 1897, a imprimere una notevole accelerazione
all’assetto della piazza. Con lo
sbancamento del colle di Sant’Andrea (1904) e l’edificazione della
Palazzo Ducale, particolare della facciata neoclassica di Simone Cantoni con
l’ingresso da piazza Matteotti
Itinerari del Patrimonio Identitario
nuova sede della Borsa (1907-12),
progettata con un vocabolario storicista da Dario Carbone che, per
gli interni, si avvalse dell’abilità scenografica di Adolfo Coppedè, si decise l’ampliamento della piazza a
est e a sud, con la creazione dei
porticati, l’apertura del primo tratto
di via Dante e la costruzione dell’area addossata alla chiesa dei
Santi Ambrogio e Andrea o del Gesù. Proprio sul lato sud, infatti, si rese necessario equilibrare i nuovi
volumi del palazzo del Credito Italiano (terminato nel 1914 su proget-
to dell’ingegnere Giuseppe Tallero)
con la spoglia facciata laterale della
chiesa dei Gesuiti. Cesare Gamba,
il principale artefice di via XX Settembre, acquistò il lotto nel 1908,
presentando un primo progetto nel
1912 che però non venne valutato
positivamente dalla Commissione
edilizia del Comune. Il progetto definitivo venne approvato solo nel
1924, quando il palazzo era già in
gran parte realizzato e di proprietà
della Navigazione Generale Italiana. L’edificio, ancora improntato a
un gusto eclettico, passò successivamente alla Fondiaria Assicurazioni e dal 2003, dopo un impegnativo intervento di ristrutturazione, è
diventato la sede di rappresentanza della Regione Liguria.
L’ultimo elemento della piazza a
essere definito, pur rappresentandone il punto focale, fu la fontana.
Donata dalla famiglia degli industriali Piaggio, venne disegnata da
Giuseppe Crosa di Vergagni e
inaugurata il 24 maggio 1936: riflette la tendenza novecentista della produzione dell’architetto in
quegli anni, ma è anche un omaggio, un po’ tardivo, al tema della
fontana raggelata (frozen fountain), uno dei motivi più ricorrenti
del repertorio iconografico del déco internazionale.
Nel 2001, in occasione del summit
G8, la piazza ha subito l’ultima trasformazione. Per renderla almeno
parzialmente pedonale, l’architettourbanista tedesco Bernhard Winkler
ha dotato di una scalinata a semicerchio l’accesso a Palazzo Ducale,
l’antica sede del governo comunale
e ora il “palazzo della cultura” della
città, ed è intervenuto anche sulla
fontana, rendendola maggiormente
scenografica ma alterandone il senso formale originario e, in particolare, il valore estetico della vasca,
realizzata in un unico stampo.
Itinerari del Patrimonio Identitario
67
Progetto ACCESSIT
Il Castello Mackenzie di Gino Coppedè e la diffusione dell’eclettismo a Genova tra Otto e Novecento
68 9. IL cASTELLO MAckENZIE DI GINO cOPPEDè
E LA DIFFuSIONE DELL’EcLETTISMO A GENOVA
TRA OTTO E NOVEcENTO
69
Matteo Fochessati
Unanimemente considerato come
uno tra più significativi ed emblematici esempi della cultura architettonica eclettica e storicista in
Italia, a cavallo tra Otto e Novecento, il Castello Mackenzie, ope-
ra d’esordio di Gino Coppedè e
inesauribile fonte di ispirazione
per tutta la sua successiva produzione, da sempre è ritenuto il suo
capolavoro progettuale. L’edificazione del castello turrito sulla col-
Gino Coppedè, Castello Mackenzie, 1896-1906
Carlo Coppedè, Gino Coppedè che mostra il progetto del castello a Evan Mackenzie e
il cantiere dell’edificio in costruzione, dipinto murale nello scalone principale, Castello
Mackenzie, 1909, Wolfsoniana, Genova
Itinerari del Patrimonio Identitario
lina dominante Piazza Manin fu
commissionata al giovane architetto dall’assicuratore scozzese
Evan Mackenzie, poco dopo il loro incontro a Firenze che pare
fosse avvenuto, alla fine dell’Ottocento, presso la bottega dello
scultore e antiquario Pasquale
Romanelli, ossia nello scenario
più congeniale e qualificato per la
Itinerari del Patrimonio Identitario
Progetto ACCESSIT
70 nascita del sodalizio artistico tra
due personalità che condividevano una comune passione per i
modelli estetici e culturali di un
idealizzato “stile fiorentino”.
Il ricco imprenditore d’origine anglosassone nutriva infatti un profondo amore per la tradizione artistica medievale e rinascimentale e
in particolare per quella toscana,
come documentato dal suo peculiare gusto collezionistico, nel quale
il culto per la fiorentinità – attestato
dalla sua celebre raccolta di edizioni dantesche, donata nel 1939 dalla figlia Isa de Thierry alla Bibliote-
Il Castello Mackenzie di Gino Coppedè e la diffusione dell’eclettismo a Genova tra Otto e Novecento
ca Berio di Genova – si intrecciava
con le suggestioni culturali ispirate
dalla moderna rilettura dell’illustre
passato artistico italiano, elaborata
da Ruskin e dai pittori preraffaelliti.
Da parte sua Gino – figlio di Mariano Coppedè, che nel 1875 aveva fondato a Firenze un laboratorio di ebanisteria, rinominato dieci
anni dopo “La Casa Artistica” –
ben presto, in collaborazione con
i due fratelli (Carlo, pittore, e Adolfo, architetto), prese le redini dell’impresa famigliare, impostandone con successo l’attività in nome
di uno stile nel quale i richiami alla
M. Graziani, F.M. Parodi, A. Allegro, M.A. Crotta, Castello D’Albertis, ora sede del
Museo delle culture del mondo, 1886-1892
71
Edoardo De Albertis, Il viandante e la fonte, Castello Mackenzie, 1901
tradizione toscana si intrecciavano con un suo personale confronto con le emergenti istanze moderniste.
Nato come complessa opera di
restyling di un edificio preesistente – una villa cinquecentesca su
cui l’architetto intervenne, trasfigurandone la struttura originaria
attraverso l’edificazione di torri,
mura merlate, ponti levatoi, garitte, terrazzamenti, cortili e grotte
artificiali – il progetto del Castello
Mackenzie, edificato a cavallo tra
Otto e Novecento, si collocava
nell’ambito di un’attitudine architettonica di matrice storicista, allora ampiamente diffusa in Italia
e, in particolare, a Genova. Pochi
anni prima, tra il 1886 e il 1892
era infatti già sorto nel capoluogo
ligure, sulla sommità del Monte
Galletto, il Castello D’Albertis,
eclettica struttura architettonica
che il capitano Enrico D’Albertis
aveva commissionato agli ingegneri Matteo Graziani e Francesco M. Parodi, allo scultore Agostino Allegro e all’architetto Marco
Aurelio Crotta, progettista nel
Itinerari del Patrimonio Identitario
Itinerari del Patrimonio Identitario
Progetto ACCESSIT
Il Castello Mackenzie di Gino Coppedè e la diffusione dell’eclettismo a Genova tra Otto e Novecento
72
Gino Coppedè, Castello Türcke a
Boccadasse, 1903
Tornando al capolavoro di Coppedè, l’attitudine a combinare con
disinvoltura i modelli stilistici e decorativi del passato – “Mi ci sono
un po’ gingillato” commentava ironicamente l’architetto al termine
dei lavori al Castello – si intrecciò
invece con un diretto riferimento
alle emergenti tendenze art nouveau, come testimoniato dall’inserto sulla facciata dell’edificio di
un mosaico di matrice secessionista, realizzato dalla Società Musiva di Venezia, o dalla collocazione, in una sala interna, del
bassorilievo in marmo, di matrice
bistolfiana, Il Viandante e la Fonte, eseguito nel 1901 dallo scultore genovese Edoardo De Albertis.
In generale il complessivo impianto decorativo del Castello testimonia, comunque, una sfrenata li-
Gino Coppedè, Castello Mackenzie. Ingresso e scalone principali su via C.Cabella
1899 dell’imponente corpo residenziale del Palazzo Odero di via
Odino, caratterizzato sulla fascia
superiore dalla lunga articolazione del loggiato.
Alla fantasiosa e fiabesca residenza dell’eccentrico viaggiatore e
collezionista, sede oggi del Museo
delle Culture del Mondo, collaborò
anche, come supervisore del nutrito team progettuale, Alfredo de Andrade. L’architetto e pittore d’origiItinerari del Patrimonio Identitario
ne portoghese, dopo la realizzazione del pittoresco Borgo Medievale per il Parco del Valentino in
occasione dell’Esposizione di Torino del 1884, fu pure autore nel
1899 – attraverso un filologico recupero conservativo degli originari
caratteri gotici, ispirato alla lezione
di Eugène-Emmanuel Viollet-leDuc – del restauro di Palazzo San
Giorgio, ora sede dell’Autorità Portuale di Genova.
Gino Coppedè, Palazzo Bogliolo in corso Firenze, 1906
Itinerari del Patrimonio Identitario
73
Progetto ACCESSIT
74 bertà citazionistica che se da un
lato accomunava l’attività di tutti i
membri della bottega artistica
coppedeiana, dall’altro rifletteva
la ricercata peculiarità culturale
del committente, collezionista devoto, come si è detto, alla tradizione toscana, ma aperto anche alle
suggestioni classiche, come rivelano l’emblematica presenza di
Il Castello Mackenzie di Gino Coppedè e la diffusione dell’eclettismo a Genova tra Otto e Novecento
copie di celebri statue antiche,
negli interni e nelle grotte, o l’inserimento di numerosi reperti archeologici, nei cortili e sulle terrazze.
Il Mackenzie rappresentò comunque il punto di lancio per la successiva produzione di Coppedè,
che non fu solo caratterizzata dalla realizzazione a Genova di alcu-
75
Gino Coppedè, Hotel Miramare, 1906-1908
Gino Coppedè, Particolare della facciata di Palazzo Zuccarino in via Maragliano, 19061907
Itinerari del Patrimonio Identitario
ni significativi edifici turriti – Castello Türcke a Boccadasse
(1903), Castello Bruzzo a Castelletto (1906-10) o la più tarda Villa
Canali-Gaslini in corso Italia
(1922-1924) – ma anche dalla
progettazione di palazzi d’impronta cinquecentesca, come Palazzo
Bogliolo in corso Firenze (1906) e
Palazzo Zuccarino in via Maragliano (1906-7). Il primo di questi
due edifici fu caratterizzato in particolare, nella ripartizione architettonica della facciata e nella sua
ricca decorazione plastica, da evidenti contaminazioni tra motivi
storicisti e Jugendtstil; il secondo
rivelava invece un’impronta manierista che si ritrova, declinata
attraverso le suggestioni di un
esotico monumentalismo, anche
nel Palazzo Pastorino, edificato
all’altezza del Ponte Monumentale di via XX Settembre (1906).
In tutte le opere di Coppedè si può
inoltre rilevare una sua distintiva
predisposizione a un’architettura di
epidermide: una modalità operativa
che fu appunto alla base del suo intervento di restyling per l’edificio
dell’Hotel Miramare (1906-08), originariamente progettato dall’architetto svizzero Bringolf. Quest’opera
segnò anche l’avvio di un progressivo interesse da parte di Coppedè
per una visione architettonica su
scala urbana che sperimentò, in
ambito effimero, in occasione del
piano per l’Esposizione Internazionale di Marina e Igiene Marinara,
allestita nel 1914 a Genova sulla
spianata di fronte alla stazione Brignole, e che in seguito elaborò concretamente con l’edificazione, per
conto della “Società Anonima Cooperativa Edilizia Moderna”, del nuovo quartiere di Roma intorno a
piazza Mincio, terminato nel 1927.
Itinerari del Patrimonio Identitario
Progetto ACCESSIT
Dal Porto Antico alle stazioni marittime
76 10. DAL PORTO ANTIcO ALLE STAZIONI MARITTIME
77
Gianni Franzone
Poche aree della città hanno subito
negli ultimi decenni trasformazioni
così radicali come quella che per
tutti è diventata il Porto Antico. Volano per tali cambiamenti sono stati
tre eventi di cui il capoluogo ligure
è stato protagonista a partire dagli
inizi degli anni Novanta: l’esposizione internazionale colombiana del
1992 in occasione del cinquecentesimo anniversario della scoperta
dell’America; il summit G8 tenutosi
nel 2001; il 2004 quando Genova è
stata una delle capitali europee della cultura. Tre eventi politici e culturali – di cui quello del 2001 funestato anche da episodi tragici e da
un’inaudita carica di violenza e di
rabbia – che, al di là delle manifestazioni e realizzazioni effimere,
hanno lasciato segnali tangibili nel
tessuto urbano del centro storico
Porto Antico, veduta notturna della Piazza delle Feste
Gli ex Magazzini del Cotone dopo il recupero di Renzo Piano (1992)
cittadino e nelle abitudini di quanti
lo frequentano. Innanzi tutto perché
con il recupero dell’area del Porto
Antico, avviato nella seconda metà
degli anni Ottanta in vista dell’apertura della kermesse intitolata all’illustre navigatore, la città storica ha
riacquistato il suo naturale affaccio
sul mare, a lungo negato dalla barriera doganale che aveva interrotto
quel rapporto con il bacino portuale
che è alla base della sua struttura
urbanistica, risolvendo così anche
il paradosso di una città di mare priva di accesso al mare.
L’impegnativo intervento dell’architetto Renzo Piano, genovese di nascita, e del suo studio è consistito
nel recupero di buona parte degli
edifici costruiti nel corso dei secoli
intorno all’insediamento originario
dello scalo marittimo genovese e da
sempre legati alle sue attività tradizionali. Un recupero che è coinciso
con la riconversione e rivitalizzazione di tali costruzioni all’interno del
nuovo contesto socio-economico
cittadino all’alba del ventunesimo
secolo: la storica Porta del Molo o
Itinerari del Patrimonio Identitario
Itinerari del Patrimonio Identitario
Progetto ACCESSIT
Dal Porto Antico alle stazioni marittime
reinterpretazione di una gru ad
asta, con la base costituita da una
piattaforma circolare collocata in acqua e gli otto bracci disposti a corolla, il più robusto dei quali regge i cavi d’acciaio della cabina di un
ascensore panoramico, mentre altri
due sostengono l’ardita copertura
che ripara la Piazza delle feste.
L’adiacente Ponte Spinola ha accolto l’edificio, progettato sempre da
Piano con Peter Chermayeff, che
ospita lo spettacolare Acquario, il
più grande d’Europa e l’attrazione
turistica più visitata della città.
Il Porto Antico riaperto alla città dialoga ora con Palazzo San Giorgio,
sede dello storico Banco di San
Giorgio e ora del Consorzio Autonomo del Porto (C.A.P.), la cui facciata dipinta da Lazzaro Tavarone
nel 1606-1608 e Ludovico Pogliaghi nel 1912 è stata restaurata proprio in vista del 1992, e piazza Caricamento, al cui centro si erge il
Monumento all’armatore Raffaele
Rubattino (1893) dello scultore Augusto Rivalta.
Il recupero del Porto Antico ha avuto come sua naturale prosecuzione
78
Renzo Piano, Bigo, 1992
Porta Siberia, progettata da Galeazzo Alessi nel 1550, ospita dal
2001 il Museo Emanuele Luzzati
dedicato al famoso scenografo e illustratore genovese; i Magazzini del
Cotone, originariamente costruiti
per lo stoccaggio delle merci, sono
diventati sede di congressi, di altri
eventi merceologici e di intrattenimento, di varie attività ludiche, come la Città dei bambini e dei ragazzi, e commerciali, oltre ad ospitare
alcune importanti istituzioni culturali
come la Biblioteca internazionale
per ragazzi Edmondo De Amicis.
Anche le palazzine seicentesche
Itinerari del Patrimonio Identitario
dell’antico porto franco, sopravvissute alle demolizioni degli anni Sessanta, quando venne costruita la
strada sopraelevata, e l’ottocentesco edificio del Millo hanno ricevuto
destinazioni similari, tra cui il Museo
nazionale dell’Antartide e il recente
Genoa Museum che ripercorre la
storia del più antico club calcistico
italiano. Da parte di Piano un solo
segno nuovo – se si eccettua la Biosfera o, più familiarmente, “Bolla” in
vetro e acciaio aggiunta nel 2001
per ospitare un giardino botanico
tropicale – a contrassegnare lo spazio recuperato: il Bigo, un’originale
Palazzo San Giorgio, sede del Consorzio Autonomo del Porto
Itinerari del Patrimonio Identitario
79
Progetto ACCESSIT
80 la ristrutturazione e rivitalizzazione
dell’area portuale che si estende a
ponente fino alle stazioni marittime
(Darsena). I Ponti Calvi e Morosini
hanno visto l’intervento di Piero
Gambacciani con la realizzazione
dell’Hotel NH Marina (ex Jolly Marina), di edifici residenziali e per uffici, oltre che di un porticciolo turistico nell’antistante specchio
acqueo (Marina Porto Antico). Il
quartiere Cembalo è stato restituito
a funzione residenziale ad opera di
Gianluca Terragna e Claudio Cicconetti, cui si deve il progetto definitivo (1997-1999), mentre quello esecutivo si deve a Francesca De Vita,
Dal Porto Antico alle stazioni marittime
Emanuela Patrocchi, Roberto Rasore, Claudia Pigionati (Studio deltaPI associati, 1999). Il quartiere
Galata, a seguito del concorso internazionale del 2000, vinto dall’architetto catalano Guillermo Vázquez Consuegra, dal 2004 ospita il
nuovo Museo del Mare, mentre nel
retrostante quartiere Scio aveva già
trovato sede la Facoltà di Economia e Commercio (Aldo L. Rizzo,
1991-1996). Enrico D. Bona con il
suo studio ha redatto il progetto definitivo per la ristrutturazione dei
quartieri Caffa, Metelino e Tabarca,
che oggi ospitano, tra l’altro, la Casa della Musica, reso esecutivo da
Guillermo Vázquez Consuegra, Galata Museo del Mare, 2000-2004
81
Ludovico Biondi, Stazione Marittima di Ponte dei Mille, 1930
Emanuela Patrocchi e Roberto Rasore a partire dal 2002.
Accanto al silos granario Hennebique che, abbandonato da decenni,
aspetta una decisione circa il suo
destino futuro, si staglia la mole
bassa e allungata della stazione
marittima di Ponte dei Mille. Progettato dall’Ufficio Tecnico del C.A.P. –
il primo progetto di Ludovico Biondi
venne rielaborato da Federico Tornielli e infine da Ariberto Albertazzi,
mentre per gli apparati ornamentali
intervenne l’architetto Alberto Terenzio, soprintendente ai monumenti del capoluogo genovese, assieme a Giovanni Chini che
dirigeva l’impresa costruttrice a cui
vennero affidati i lavori – e inaugurato il 28 ottobre 1930, l’edificio si
caratterizza per una facciata dalla
decorazione di stampo ancora
eclettico, enfatica e ridondante, che
lo impreziosisce e appesantisce allo stesso tempo. A un eguale fasto
storicista, grandioso e magniloquente, sono improntati anche gli
spazi interni, in particolare gli am-
Itinerari del Patrimonio Identitario
Itinerari del Patrimonio Identitario
Progetto ACCESSIT
82 bienti di rappresentanza, come il
salone doganale.
Da poco entrate in funzione, le
banchine di Ponte dei Mille si rivelarono inadeguate alle dimensioni
dei nuovi grandi transatlantici, per
cui si rese necessaria la costruzione di una nuova stazione marittima sull’attiguo Ponte Andrea Doria. L’edificio, anch’esso progettato
dall’Ufficio Tecnico del C.A.P. nel
1931, venne sottoposto al parere
di Luigi Vietti, uno dei fondatori a
Roma del MIAR (Movimento Italiano per l’Architettura Razionale) e
in quel momento direttore della
Dal Porto Antico alle stazioni marittime
Soprintendenza ai monumenti del
capoluogo ligure. Le scelte del giovane architetto s’ispirarono a valori
formali e linguaggi espressivi quasi antitetici rispetto a quelli che dominano nel vicino edificio: semplicità e funzionalità, eleganza e
modernità, luminosità e trasparenza – riscontrabili nei volumi geometrici, nei colori tenui e nei materiali utilizzati – caratterizzavano sia
gli esterni sia gli spazi interni, oggi
purtroppo difficilmente percepibili.
Quella che fu definita dalla stampa
specializzata dell’epoca “una delle
più moderne stazioni di arrivo per
Il salone doganale della Stazione Marittima di Ponte dei Mille
83
Luigi Vietti, Stazione Marittima di Ponte Andrea Doria, 1932 circa
transatlantici” ha subito infatti pesanti manomissioni nel corso dei
decenni, sebbene parzialmente attenuate dal recente intervento di
restauro che ha incluso anche la
costruzione dell’ala di ponente,
mai compiuta, e la riedificazione
della distrutta testata di levante
(Studio Pinna Viardo 2002-2013).
Luigi Vietti, Poltrona per la Stazione
Marittima di Ponte Andrea Doria , 1933,
Wolfsoniana, Genova
Itinerari del Patrimonio Identitario
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84 INFORMAZIONI PER LA VISITA
1. I parchi e i musei di Nervi
Museo Giannettino Luxoro, Villa Luxoro, via Mafalda di
Savoia 3, tel. 010 322673, www.museidigenova.it
Raccolte Frugone, Villa Grimaldi Fassio, via Capolungo 9,
tel. 010 322396, www.museidigenova.it
Parchi di Nervi, www.parchidinervi.it
Galleria d’Arte Moderna, Villa Saluzzo Serra, via
Capolungo 3, tel. 010 3726025, www.museidigenova.it
Wolfsoniana, via Serra Gropallo 4, tel. 010 3231329,
www.wolfsoniana.it
2. Il Monumento ai Mille a Quarto
Monumento ai Mille, piazzale F. Crispi
3. La casa Littoria di Luigi c. Daneri e
l’architettura razionalista a Genova
Casa Littoria rionale “Nicola Bonservizi”, piazza Sturla 3
Chiesa di San Marcellino, via Bologna 8 (San Teodoro)
Ospedale pediatrico “Istituto Giannina Gaslini”, via G.
Gaslini 5, tel. 010 56361, www.gaslini.org
Scuola della Gioventù Italiana del Littorio, ex Facoltà di
Magistero, corso Monte Grappa 39
Stadio comunale del nuoto “Piscine di Albaro”, piazza
H. Dunant 4, tel. 010 8608775, www.piscinedialbaro.com
4. Piazza Rossetti e la Foce
Ex Ristorante San Pietro, ora stazione di servizio, viale
delle Brigate Partigiane 19-21
Villa Della Ragione, via Mainetti 2 (Quarto)
ACI (Automobil Club Italiano), viale delle Brigate
Partigiane 1
Case dei pescatori, via dei Pescatori 1-11
Palazzine al Lido d’Albaro, corso Italia 40
Quartiere INA Casa, viale Bernabò Brea
Complesso di Porta degli Angeli, via Buonvicini 21-39
(San Teodoro)
Quartiere INA Casa Forte Quezzi, via Loria,
via Modigliani, via Fea, via Emery (Marassi)
Casa del Mutilato, corso A. Saffi 1, tel. 010 581416
(Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra)
Fiera di Genova, piazzale J.F. Kennedy 1,
tel. 010 5391313, www.fiera.ge.it
5. Il cimitero di Staglieno
Cimitero monumentale di Staglieno, piazzale G.B.
Resasco, www.staglieno.comune.genova.it
6. Piazza della Vittoria e la sistemazione della
spanata del Bisagno
Stazione ferroviaria Brignole, piazza G. Verdi,
www.grandistazioni.it
Palazzo della Questura, via A. Diaz 2
Palazzo del Liceo classico “A. D’Oria”, via A. Diaz 1
7. Piazza Dante
Centro dei Liguri, piazza Dante, via Madre di Dio, corso
M. Quadrio
Casa per abitazioni, via Montevideo 12
Casa per abitazioni, via Nizza 12
8. Piazza De Ferrari: “la piazza dei genovesi”
Teatro Carlo Felice, passo E. Montale 4, tel. 010 53811,
www.carlofelicegenova.it
Palazzo e Museo dell’Accademia Ligustica di Belle Arti,
largo A. Pertini 4, tel. 010 560131,
www.accademialigustica.it
Monumento a Giuseppe Garibaldi, largo Pertini
Monumento a Giuseppe Garibaldi, piazza del Monastero,
Sampierdarena
Monumento a Giuseppe Garibaldi, piazza Porticciolo, Pegli
Palazzo della Nuova Borsa, via XX Settembre-via Dante,
tel. 010 541811, www.palazzonuovaborsa.it
Palazzo del Credito Italiano, oggi Unicredit, via Dante-via
F. Petrarca
Palazzo della Navigazione Generale Italiana, oggi sede
della Regione Liguria, piazza De Ferrari 1,
www.regione.liguria.it
Palazzo Ducale, ora sede di Genova Palazzo Ducale
Fondazione per la Cultura, piazza Matteotti 9,
tel. 010 8171600, www.palazzoducale.genova.it
9. Il castello Mackenzie di Gino coppedè
e la diffusione dell’eclettismo a Genova
tra Otto e Novecento
Castello Mackenzie, via Mura di San Bartolomeo 16,
tel. 010 8395029, www.castellomackenzie.it
Castello D’Albertis, sede del Museo delle Culture del
Mondo, corso Dogali 18, tel. 010 2723820,
www.museidigenova.it
Palazzo Odero, viale G.C. Odino 6
Palazzo San Giorgio, sede del Consorzio Autonomo del
Porto (C.A.P.), via della Mercanzia 2, tel. 010 2411,
www.porto.genova.it
Castello Türcke, via Capo di Santa Chiara 24B
(Boccadasse)
Castello Bruzzo, via Piaggio 9
Villa Canali-Gaslini, sede della Fondazione Gaslini, corso
Italia 26, tel. 010 369071, www.fondazionegaslini.org
Palazzo Bogliolo, corso Firenze 9
Palazzo Zuccarino, via Maragliano 2
Palazzo Pastorino, via B. Bosco 57
Hotel Miramare, via Pagano Doria
10. Dal Porto Antico alle stazioni marittime
Porto Antico, www.portoantico.it
La Città dei bambini e dei ragazzi, Magazzini del Cotone,
modulo 1, 1° piano, tel. 010 2345635,
www.cittadeibambini.net
Biblioteca internazionale per ragazzi Edmondo De Amicis,
Magazzini del Cotone, modulo 1, 2° piano,
tel. 010 265237, www.bibliotechedigenova.it
Museo Emanuele Luzzati a Porta Siberia, area Porto
Antico 6, tel. 010 2530328, www.museoluzzati.it
Genoa Museum, Palazzina San Giobatta, via al Porto
Antico, www.genoacfc.it
Museo nazionale dell’Antartide, Edificio del Millo, Calata
Cattaneo, tel. 010 2470653, www.mna.it
Bigo, Calata Cattaneo, Acquario e Biosfera, Ponte
Spinola, tel. 010 2345678, www.acquariodigenova.it
Monumento a Raffaele Rubattino, piazza Caricamento
Hotel NH Marina e porticciolo turistico “Marina Porto
Antico”, Ponte Spinola e Ponte Morosini
Quartiere Cembalo, calata Andalò Di Negro
Galata Museo del Mare, calata De Mari 1,
tel. 010 2345655, www.galatamuseodelmare.it
Facoltà di Economia e Commercio, via A. Vivaldi 5
Casa della Musica, via M. Boccanegra 15,
tel. 010 4213090, www.casadellamusica.ge.it
Silos granario “Hennebique”, calata Santa Limbania
Stazione marittima di Ponte dei Mille, Ponte dei Mille, e
Stazione marittima di Ponte Andrea Doria, Ponte Andrea
Doria, tel. 010 0898300,
www.stazionimarittimegenova.com
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