Onorevole Ministro,
siamo profondamente convinti di condividere con Lei la passione e l’interesse per la cultura e
lo spettacolo non come semplici momenti di svago e divertimento, ma come straordinari
strumenti di crescita sociale, civile ed economica dell’intera nazione. L’Italia è il paese a cui tutto
il mondo guarda, culla di un patrimonio storico artistico e di una tradizione culturale che non ha
eguali.
Di questo patrimonio, una parte non secondaria è costituita dalla straordinaria vicenda del
nostro Teatro, dai suoi autori, i suoi attori, gli scenografi, i tecnici; una tradizione secolare che ha
fatto del nostro paese un modello che è punto di riferimento per il teatro in tutto il mondo.
Siamo qui a proporle una riflessione che siamo sicuri condividerà con noi. L’essere, oggi, il
teatro non solamente un momento di cultura alta, di maturazione civile, di riflessione per l’intera
comunità nazionale. Ma l’essere diventato, nel corso del tempo, uno straordinario volano di
sviluppo economico, di crescita delle opportunità di lavoro, di ricaduta di sviluppo sul territorio in
termini di occupazione e di aumento dello stesso Pil nazionale.
La presenza diffusa di teatri e dunque di stagioni, festival, seminari, attività multiple ed
intrecciate sul territorio, costituiscono quella rete indispensabile allo sviluppo del paese.
Tutt'altro, dunque, dalla realtà spesso paventata di un teatro che si piange addosso, sempre
alla ricerca di finanziamenti che servono solo all’autoconservazione. Siamo una realtà produttiva
fra le più importanti della nostra terra, produciamo ricchezza economica, oltre che culturale.
La crescita esponenziale delle stagioni teatrali e del pubblico, in assoluta controtendenza
rispetto all’andamento generale del mercato dell’entertainment, confermano il grande
radicamento di questa forma d’arte nella cultura e nella storia di questo paese.
Il teatro non chiede assistenza, assolutamente. Chiediamo che non si taglino fondi che di per
sé erano già esigui. Che si possa studiare, tutti quanti insieme, il modo per far affluire risorse
maggiori verso il teatro e lo spettacolo dal vivo in generale, proprio a partire dalla consapevolezza
della sua rilevanza economica.
Come tutte le imprese dedite alla crescita del paese, soffriamo particolarmente di questa fase
di crisi. Nel nostro settore essa è resa più acuta dai tagli al FUS che colpiscono in maniera pesante,
e che potrebbero essere letali per il nostro futuro.
Oggi non le vogliamo rappresentare le istanze dei cittadini e del loro sacrosanto “diritto alla
cultura”, che di per se basterebbe a giustificare l’intervento pubblico ed il sostegno allo spettacolo
dal vivo. Il comparto spettacolo assolve, infatti, ad un vero e proprio “servizio pubblico”, come
accade in tutte le democrazie avanzate ormai da secoli.
Oggi Le rappresentiamo l’appello di un settore economico, di un comparto produttivo che oltre
che beni immateriali e valore intangibile per la collettività, produce anche reddito, occupazione e
ricchezza.
E’ la sollecitazione di imprenditori e lavoratori uniti dalla grande difficoltà di un momento
storico senza precedenti, che rischia di produrre un vero e proprio collasso per il comparto prosa
in particolare.
Il Teatro Italiano non può sostenere il previsto taglio del FUS 2009, con circa 100 milioni di euro
in meno dell’anno passato, per un valore nominale pari a quello del 1987 e di un terzo a questo
inferiore in termini reali. Il Teatro Italiano, questa volta, non potrà sopravvivere.
Circa 90.000 lavoratori “vivono di spettacolo” nel nostro Paese (dati Enpals). A questi vanno
aggiunti tutti coloro che lavorano e producono nell’indotto che ruota intorno allo spettacolo dal
vivo.
Oltre a sopportare una endemica precarietà della loro condizione lavorativa, oggi essi sono tutti
sottoposti al concreto rischio di perdere il lavoro. I loro figli, le loro famiglie rischiano di cadere in
una pesante insicurezza sociale.
Chiediamo semplicemente che al Teatro debbano essere date le stesse opportunità e
attenzioni riservate agli altri settori produttivi. Una crisi economica generale che scarichi i suoi
costi su soggetti deboli, perché percepiti in maniera errata come improduttivi, non farebbe che
aggravare la situazione in termini di occupazione e sviluppo. Oltre ad impoverire, in maniera
irrimediabile, l’identità culturale più profonda del nostro paese. E questo davvero crediamo di non
potercelo permettere.
Questo appello, volto a sostenere il suo personale impegno a recuperare il taglio del FUS, vuole
fornirLe maggiori argomenti, a testimonianza della gravità della condizione generale del settore.
Firmatari:
Consorzio Teatro Pubblico Pugliese