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Pa gina 10
LITURGIA
In cammino
Il valore del silenzio durante la Messa
di Rinaldo Falsino*
Tra gli elementi per la partecipazione dei
fedeli alla liturgia indicati dalla
Sacrosanctum e Concilium (n. 30) viene collocato - dopo le acclamazioni, le orazioni, le
risposte, i canti, ecc. - questo richiamo: "Si
osservi anche, a tempo debito, il sacro silenzio". Non a caso il commentatore autorevole
del Concilio, Carlo Braga, si permette di specificare: "Elemento anch'esso pienamente
liturgico che completa la partecipazione attiva facendo assimilare e trasformare in preghiera personale i sentimenti attinti dalla lettura o dalla preghiera comune. Eppure" ecco
la nota originale "è l'elemento più trascurato
e addirittura sacrificato volutamente". E conclude dichiarando: "Dalla intimità con cui è
vissuto questo silenzio si può misurare il
grado di capacità e di preparazione dei fedeli alla viva partecipazione".
Eppure questa pagina di riflessione che risale al Concilio (siamo nel 1965) sembra composta ai nostri giorni, tanto che il tema del
silenzio è apparso in un periodico divulgativo (Testimoni 18/2007) meritando interesse
e sorpresa. L'unico silenzio oggettivo e strettamente popolare nella messa sarebbe quello
della consacrazione; già l'Istruzione sulla
musica sacra e la sacra liturgia di Pio XII
(1958) gli dedicava il numero 27: "Durante
la consacrazione deve cessare ogni canto e se
è il caso, anche il suono dell'organo e altri
strumenti", un silenzio completo fino al
Padre nostro.
Perciò le sole indicazioni a disposizione del
clero in un documento che si dimostra attento e preciso e che sottolinea le varie fasi della
celebrazione eucaristica sono quelle
dell'Ordinamento generale del Messale
Romano (Cei 2004). Non mancano alcune
osservazioni di principio, non solo marcando
l'aggettivo "sacro" per il suo legame con l'azione sacra, ma precisandone bene il carattere di segno autentico, di valore simbolico.
Basta leggere il numero 45: "Si deve anche
osservare, a suo tempo, il sacro silenzio,
come parte della celebrazione. La sua natura" eccone il significato "dipende dal
momento in cui ha luogo nelle singole celebrazioni". Così, durante l'atto penitenziale e
dopo l'invito alla preghiera, il silenzio aiuta il
raccoglimento; dopo la lettura e l'omelia è un
richiamo a meditare brevemente ciò che si è
ascoltato; dopo la comunione favorisce la
preghiera interiore di lode e di supplica.
A questo primo elenco di natura celebrativa,
va aggiunto ovviamente il richiamo al silenzio pubblico o esterno: "Anche prima della
stessa celebrazione è bene osservare il silenzio in chiesa, in sagrestia, nel luogo dove si
assumono i paramenti e nei locali annessi,
perché tutti possano prepararsi devotamente
e nei giusti modi alla sacra celebrazione".
Preparato il clima generale, richiesto dal
significato della celebrazione, possiamo percorrere i momenti propri, distinguendo tra
fare e stare in silenzio, saper ascoltare accogliere in silenzio.
Invito alla preghiera. E' il primo richiamo
sotto il titolo Colletta (n. 54): "Poi il sacerdote invita il popolo a pregare e tutti insieme
con lui stanno per qualche momento in silenzio, per prendere coscienza di essere alla presenza di Dio e poter formulare nel cuore le
proprie intenzioni di preghiera". Il testo conclude: "Il popolo, unendosi alla preghiera, fa
propria l'orazione con l'acclamazione
Amen".
La liturgia della Parola occupa una parte
centrale della celebrazione ed è composta di
una serie di elementi, in modo particolare
dalle letture bibliche (in genere tre,
dall'Antico Testamento alle letture apostoliche per culminare nel vangelo, la parola viva
di Cristo) a cui seguono l'omelia, la professione di fede, la preghiera dei fedeli con la
varietà dei canti.
"La liturgia della Parola deve essere celebrata in modo da favorire la meditazione; quindi si deve assolutamente evitare ogni forma
di fretta che impedisca il raccoglimento. In
essa sono opportuni anche brevi momenti di
silenzio, adatti all'assemblea radunata, per
mezzo dei quali, con l'aiuto dello Spirito
Santo, la parola di Dio venga accolta nel
cuore e si prepari la risposta con la preghiera.
Questi momenti di silenzio si possono osservare, ad esempio, prima che inizi la stessa
Liturgia della Parola, dopo la prima e la
seconda lettura, e terminata l'omelia" (n. 56).
Come risulta da questa accurata analisi, la
funzione del silenzio assume molteplici e
variegati aspetti di ascolto e accoglienza, di
risposta, di approfondimento. Si può dire che
ogni elemento rituale richiama la presenza
del silenzio, che non è autonomo né sempre
ripetitivo: da quello formale al culmine costituito dalla lettura del vangelo, del quale
forme esterne mettono in rilievo l'importanza, tra cui l'ascolto stando in piedi.
Non meno importanti sono la liturgia e la
preghiera eucaristica. "A questo punto", si
legge nel numero 78, "ha inizio il momento
centrale e culminante dell'intera celebrazione, la Preghiera eucaristica, ossia la preghiera di azione di grazie e di santificazione. Il
sacerdote invita il popolo a innalzare il cuore
verso il Signore nella preghiera e nell'azione
di grazie, l'associa a sé nella solenne preghiera, che egli, a nome di tutta l'umanità, rivolge
a Dio Padre per mezzo di Gesù Cristo nello
Spirito Santo. Il significato di questa
Preghiera è che tutta l'assemblea dei fedeli si
unisca insieme con Cristo nel magnificare le
grandi opere di Dio e nell'offrire il sacrificio.
La preghiera eucaristica esige che tutti l'ascoltino con riverenza e silenzio".
I riti di comunione, a differenza della preghiera eucaristica, prevedono varie forme
assegnate al silenzio, cominciando dall'invito
alla preghiera che tutti i fedeli dicono insieme
al sacerdote e che il popolo conclude con la
dossologia. Si va dal rito della pace alla frazione del pane, alla comunione per la quale
"il sacerdote si prepara con una preghiera
silenziosa a ricevere con frutto il Corpo e il
Sangue di Cristo. Lo stesso fanno i fedeli pregando in silenzio" (n. 84).
"Si desidera vivamente che i fedeli, come
anche il sacerdote è tenuto a fare, ricevano il
Corpo del Signore con ostie consacrate nella
stessa Messa e, nei casi previsti, facciano la
Comunione al calice (cf 284), perché, anche
per mezzo dei segni, la Comunione appaia
meglio come partecipazione al sacrificio in
atto" (n. 85). "Terminata la distribuzione
della comunione", ecco il momento esplicito
di nuovo, "il sacerdote e i fedeli, secondo
l'opportunità, pregano per un po' di tempo in
silenzio. Tutta l'assemblea può anche cantare
un salmo, un altro cantico di lode o un inno"
(n. 88).
Così termina il riferimento ai momenti nei
quali è richiesto il silenzio. Li possiamo riassumere in un silenzio che accoglie ascoltando, che accompagna le preghiere di chi presiede e si unisce ad esse; tra le quali spicca la
preghiera eucaristica come ascolto e come
adesione al suo contenuto.
Comunque il silenzio non è un problema a sé
stante, ma un elemento dello stato d'animo
che il fedele assume lungo la celebrazione,
come suggerito dallo stesso rito eucaristico,
in un clima spirituale che investe il fedele
inserito in una comunità di credenti.
* Da "Vita Pastorale", n. 3/2008
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