Guida al Bosco didattico Ponte Felcino - Perugia Regione Umbria Comune di Perugia Provincia di Perugia TESTI Gianfranco Angeloni Claudio Bazzarri Lucia Ciambella Luca Crotti Fabio Fantucci Mauro Frattegiani Moreno Moraldi Francesca Pierotti Piero Rosi Silvia Valiani IMPAGINAZIONE Simone Caligiana Fausto Castraberte DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA Studioemme, Alberto Bonucci Un patrimonio e un’esperienza al servizio della città Questo piccolo manuale colma una lacuna, per la mancanza di una pubblicazione guida del Bosco didattico e, nello stesso tempo, svolge un’azione di promozione, perché accende i riflettori su uno spaccato di storia ambientale e naturalistica molto particolare all’interno del pur complesso territorio urbano di Perugia. La creazione del Bosco didattico, molti anni fa, rispondeva prima di tutto a obiettivi pedagogici, con l’intento di educare specialmente i giovani all’apprendimento dell’incredibile varietà della vegetazione, non soltanto quella a noi più familiare. Oggi ha finito con l’assumere anche una valenza di oasi naturale, parco, area verde, spazio di socialità e di benessere, all’interno di una parte della città caratterizzata dal percorso del Tevere e contraddistinta da una spiccata vocazione ambientale. Passeggiare nel Bosco didattico può risultare estremamente utile per lo studio della botanica, ma anche, più semplicemente, rappresentare un salutare percorso ben dentro quella biodiversità che normalmente non vediamo nelle nostre città. In tal senso è sempre e comunque un importante stimolo per riflettere su quale ricchezza la natura ha messo a disposizione dell’uomo e quanto grande sia il rischio di disperdere, anno dopo anno, questo patrimonio in nome e per colpa di uno sviluppo talvolta scriteriato. Il Bosco didattico di Ponte Felcino quindi è un monito, prima ancora di un catalogo vivente della vegetazione e, come tale, va colto. È anche il frutto di un’idea abbastanza rara in altre città. Anzi, per caratteristiche e dimensioni oltre che per numero e tipo di piante, il Bosco è quasi unico. L’obiettivo, dunque, non può essere che quello di valorizzare la sua presenza, tutelarne la continuità e lavorare per una crescente qualità. Un aspetto molto importante è naturalmente il contesto complessivo in cui il Bosco è inserito, ovvero un’area di Ponte Felcino che è stata oggetto di grande attenzione da parte del Comune di Perugia. Strutture storiche di notevole pregio e significato per lo sviluppo del quartiere (la Torre trecentesca del Molino della Catasta ristrutturata e trasformata in Ostello per la Gioventù) sono oggi un complemento decisivo del Centro naturalistico regionale e rappresentano, assieme al Bosco didattico, quella virtuosa interazione tra opera dell’uomo e rispetto dell’ambiente che fa parte della moderna sensibilità ambientale. Ai fini di una maggiore conoscenza di questo patrimonio, anche la guida quindi è un tassello importante, frutto di un lavoro realizzato con passione e competenza. Il Sindaco Renato Locchi 5 Un laboratorio permanente di formazione ed educazione ambientale Questa pubblicazione rappresenta un’importante guida per conoscere una delle realtà ambientali più rilevanti della nostra Regione. L’attività del bosco è partita nel 1990 e, dopo 16 anni, si sentiva l’esigenza di qualcosa che facilitasse la visita ai tanti frequentatori interessati (turisti, cittadini, agenzie educative etc.) e che attestasse lo sforzo di chi in questi anni ha lavorato alla nascita, alla costruzione, all’implementazione e alla cura del bosco didattico. La guida non rappresenta un punto d’arrivo ma un invito a proseguire ad arricchire e valorizzare sempre di più il bosco per l’alto contenuto didattico, ambientale, naturalistico. Una vera e propria biblioteca in cui vivono alberi e fiori rappresentativi di molte famiglie botaniche, provenienti da diverse parti del mondo, in un contesto ambientale di pregio ricco di volatili, specie ittiche, ruscelli, laghetti. Nel corso di questi anni in quell’area sono stati eseguiti importanti interventi: la ristrutturazione della Torre del Molino della Catasta, sede del Centro naturalistico regionale e dell’Ostello della Gioventù, luogo di accoglienza turistica. Compito delle istituzioni è quello di fare uno sforzo in più e cercare di dare vitalità a questi contesti. Il bosco è situato nella zona di Ponte Felcino in un territorio in cui scorre la più vasta infrastruttura ambientale della nostra Regione: il fiume Tevere, che attraversa da nord a sud tutto il territorio regionale. Il Tevere rappresenta una risorsa fondamentale sia sotto il profilo culturale, storico e identitario nonchè, se adeguatamente valorizzato, economico. La Regione Umbria, a questo proposito, è impegnata nella promozione di tutto il bacino del Tevere insieme agli attori locali (istituzioni, associazioni, cittadini) in politiche di protezione e valorizzazione necessarie ad uno sviluppo economico significativo e sostenibile in tutta la sua percorrenza. Lamberto Bottini Assessore Ambiente e Sviluppo Sostenibile Regione Umbria 7 Un progetto per l’Umbria e il Paese Oggi più che mai la qualità della vita delle persone è legata alla possibilità di vivere momenti di benessere a contatto con ambienti naturali, dove è possibile svolgere attività che permettano di recuperare tempi diversi da quelli a cui ci ha abituato la società consumistica. Questo è tanto più vero all’interno delle città o delle periferie urbane, dove ai ritmi frenetici di vita e di lavoro si unisce anche il degrado dell’ambiente e del paesaggio, il traffico, la mancanza di luoghi ricreativi e di incontro. Il Bosco didattico di Ponte Felcino è stato creato in una zona fortemente antropizzata e, tuttavia, il suo legame con il fiume Tevere è antico e profondo: è il fiume che ha segnato nel passato l’economia della zona, l’ambiente naturale, il microclima, gli insediamenti. La rinaturazione dell’area e il riavvicianamento della popolazione agli ecosistemi in essa presenti, passa anche attraverso progetti come quelli del Bosco didattico, un luogo per “imparare in maniera diretta”, attraverso la percezione di suoni e colori insoliti, della ricchezza di alberi e cespugli, del canto degli uccelli; tutto questo a un passo dalla città, come una piccola oasi dove trovare ristoro e benessere. Dal punto di vista didattico è importante che i giovani escano dal chiuso delle aule e vivano delle esperienze a diretto contatto con la natura, recuperando la capacità di imparare dall’osservazione diretta, provando l’emozione della scoperta, il piacere della conoscenza vissuta come un’avventura. Il volume che qui presentiamo rappresenta un valido ausilio, con un approccio fruibile a tutti, per chi vuole essere informato in maniera scientificamente valida sulle caratteristiche del bosco, sulle sue valenze naturalistiche, grazie anche alla ricca documentazione fotografica che lo caratterizza. È importante infatti che chi visita il bosco sia preparato alla sua complessa struttura impiantistica e vegetazionale, ovvero può essere utile al visitatore che ha già vissuto l’esperienza diretta a contatto con questo ambiente, ritrovare all’interno di una pubblicazione i termini e la conoscenza scientifica che possano permettere di non disperdere e non dimenticare gli stimoli che ne sono derivati. A volte il comune cittadino conosce l’ambiente solo nella accezione “lontana” del termine, l’ambiente come limite, nel senso della conoscenza di luoghi esclusivamente da conservare nella loro integrità, e come tali inaccessibili, o addirittura nel suo significato negativo, attraverso il conflitto ambientale, la discarica o l’impianto a pochi passi da casa, gli scarichi nel corso d’acqua, i fumi delle industrie. 9 È intenzione della Provincia di Perugia promuovere invece l’ambiente in tutti i suoi molteplici aspetti, in particolar modo la sua fruibilità, potenziando per tutti i cittadini le numerose possibilità di formazione, di divertimento, di svago e le situazioni di aggregazione attraverso le quali conoscere il nostro territorio. A volte il concetto di fruibilità può sembrare in antitesi con quello di tutela, e pertanto è necessario non trascurare che la fruizione del territorio deve essere compatibile con la conservazione delle caratteristiche naturali dell’ambiente, trovando un equilibrio difficile ma necessario. L’esperienza del Bosco didattico, che si basa proprio sulla ricerca di questo equilibrio, rappresenta pertanto un modello da esportare anche ad altre aree del territorio provinciale e la pubblicazione che accompagna questo progetto può rappresentare un importante veicolo di divulgazione per far sorgere e sviluppare esperienze analoghe. Sauro Cristofani Assessore all’Ambiente Provincia di Perugia 10 Introduzione Con questo opuscolo il Comune di Perugia e il Comitato di gestione del Bosco didattico mettono a disposizione dei cittadini, degli esperti, degli operatori del verde, delle agenzie educative e formative e delle Istituzioni uno strumento di conoscenza e di divulgazione di una delle opere pubbliche più importanti e, forse, meno conosciute della Città realizzata negli ultimi tempi. Dopo 16 anni dalla realizzazione del Bosco didattico, siamo persuasi che avere deciso di progettare e di investire risorse economiche e culturali per creare uno spazio verde innovativo e qualificato è stata una delle scelte più coraggiose e significative che il Comune di Perugia potesse compiere. In effetti, è risultata una scommessa e una sfida, considerati i modelli culturali e le gerarchie di valori che in questi anni si sono voluti imporre alla società italiana e che, quasi sempre, hanno avuto come obiettivo una trasformazione economica e sociale che spesso non ha tenuto e non tiene conto delle ragioni della natura e dell’ambiente. Infatti l’uomo contemporaneo ha un difficile rapporto con le cose che lo circondano, con la natura e con gli altri esseri viventi abitanti del nostro pianeta. Spesso non si dà la giusta importanza alle emergenze ambientali quali il surriscaldamento del pianeta, i cambiamenti climatici, l’aumento delle aree di desertificazione, la riduzione delle aree forestali, la lotta all’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo. La costruzione e l’esistenza del Bosco didattico, così come lo conosciamo, è una piccola sfida per indicare una via per affrontare e risolvere questioni così vitali per il mondo che abbiamo conosciuto e che vogliamo non solo conservare ma, se possibile, migliorare. Infatti, si tratta di un impianto vegetale creato dal nulla, su una terreno di 8 ettari, che vede presenti oltre 4.000 esemplari tra alberi, arbusti ed erbacee, rappresentativi di oltre 146 famiglie botaniche, suddivise in genere, specie e varietà, provenienti dalle diverse aree geografiche del mondo. Il Bosco didattico è stato pensato e organizzato per offrire uno spaccato della vegetazione del pianeta, con l’obbiettivo di realizzare un museo vegetale vivente. Sono state messe a dimora in piena terra, da uno a tre esemplari per specie, piante appartenenti alla vegetazione spontanea e naturalizzata in Italia, ma anche alberi ed arbusti provenienti da altri continenti che possono vivere nel nostro ambiente. 11 Sono stati creati appositi spazi protetti e riprodotte le condizioni climatiche che permettono ad ogni pianta di vivere nelle migliori condizioni. In questo senso, gli spazi coperti costruiti accolgono una parte di vegetazione di provenienza tropicale, propria delle aree desertiche e del bacino del Mediterraneo. All’interno del Bosco didattico sono presenti importanti collezioni che riguardano le rose, i frutti di antica coltivazione, le erbacee perenni, molte specie e varietà di bambù. Un ruolo importante è rivestito dall’acqua, in primo luogo dal fiume Tevere, compresa la ricostruzione di un dignitoso ecosistema fluviale. Nell’allestimento del Bosco didattico, l’acqua ha avuto un rilievo particolare, in linea con quanto realizzato in epoche precedenti sia qui che in tutte le zone geografiche del mondo. L’acqua rappresenta infatti un elemento centrale e caratterizzante di moltissimi giardini e parchi botanici: dai giardini francesi a quelli giapponesi, dai grandi parchi delle ville reali ai piccoli giardini privati, questo elemento ha sempre un ruolo di primo piano. All’interno del Bosco didattico sono presenti fontane, ruscelli, cascate e laghetti, oltre ad uno stagno nella serra tropicale. Inoltre, è presente un canale artificiale che, per secoli, è servito per dare energia alle attività molitorie e, successivamente, per alimentare una centrale idroelettrica. Il canale su cui scorre l’acqua deviata del Tevere è stato risagomato ed oggi attraversa tutto il bosco. Ciò ha permesso di creare degli habitat peculiari in cui sono stati inseriti particolari forme viventi la cui vita sarebbe impossibile in un normale giardino: si tratta soprattutto di animali come pesci, tartarughe e rane, ma anche vegetali come ninfee, fiori di loto e alcune specie di papiro e di canne palustri. Da tutto ciò ha tratto beneficio l’avifauna acquatica che si è insediata stabilmente non solo nel Bosco didattico ma anche nel fiume. Il complesso vegetazionale, le strutture e gli impianti costruiti possono essere osservati, studiati o, semplicemente, visitati camminando lungo i viali principali e i percorsi interni che garantiscono il massimo di accessibilità e di fruizione. Questo libro, attraverso la legenda e le planimetrie dei siti, aiuterà a percorrere il Bosco didattico, a riconoscere gli spazi, le strutture, gli impianti e le particolarità che sono presenti. Le immagini fotografiche dei luoghi del Bosco didattico, le schede che illustrano gli alberi e gli arbusti potranno facilitare l’identificazione di una parte del materiale vegetale presente. L’ambizione che si è venuta a concretizzare è stata la creazione di un museo vegetale ed arboreo vivente; un libro aperto della natura, che per essere conosciuta almeno in parte è sufficiente “sfogliarlo”, cam12 minando lungo i viali ed i percorsi, così da permettere a chi lo desideri di identificare e conoscere le piante, osservare i cicli stagionali, nonché i colori dei fiori, delle foglie e dei frutti, insieme alla forma e all’architettura degli alberi. Il Bosco didattico è entrato nella fase della sua maturità e, nel corso dei prossimi anni, le sue caratteristiche e peculiarità si apprezzeranno sempre di più. Oggi ed ancora più domani, la Città, l’Umbria e l’Italia potranno contare su un grande parco, un grande giardino, un grande bosco quale luogo destinato ad accrescere la conoscenza della natura, dell’ambiente e della promozione scientifica nei suoi molteplici aspetti che la caratterizzano. Il Bosco didattico e il Centro naturalistico regionale: “Acqua, Aria, Terra, Energia” sono gli strumenti culturali, operativi ed organizzativi per aprire una pagina nuova e ambiziosa della nostra città. Claudio Bazzarri Comitato di gestione del Bosco didattico 13 I principali dati del Bosco didattico Superficie totale: 80.000 m2 Superficie serre: 750 m2 Anno di inizio impianto: 1990 Famiglie botaniche presenti: 146 Specie botaniche presenti: 1.219 Piante arboree, arbustive ed erbacee: 4.000 circa Come ci si arriva Il Bosco didattico è di proprietà del Comune di Perugia. È situato in località Ponte Felcino, a circa 7 Km dal centro di Perugia. È raggiungibile percorrendo la E-45, uscita Ponte Felcino, si accede da Via Maniconi e Via della Trota. Estate Lunedi 16.00 - 19.00 Martedi/Sabato 8.30 - 12.00 / 16.00 - 17.00 Domenica 8.30 - 12.00 Inverno Lunedi 15.00 - 17.00 - Martedi/Sabato 8.30 - 12.00 / 15.00 - 17.00 Domenica 8.30 - 12.00 L’ingresso alle strutture protette (serre) è possibile solamente nell’orario di presenza degli operatori. È possibile effettuare visite guidate al Bosco didattico previo appuntamento. Informazioni: - Comune di Perugia 075.5771 - VI Circoscrizione 075.691256 - Centro di Educazione Ambientale - Ostello per la Gioventù 075.5913991 14 Ambiente Il Bosco didattico è ubicato in Perugia, località Ponte Felcino, in una zona pianeggiante sulla destra idrografica del fiume Tevere, a 205 metri sul livello del mare. La zona è intensamente antropizzata, con importanti linee stradali e ferroviarie che lambiscono i vari centri urbani posti lungo l’asta fluviale e con ampie zone agricole caratterizzate soprattutto da coltivazioni annuali. Il substrato geologico è quello tipico delle zone poste lungo il corso dei grandi fiumi, costituito da rocce sedimentarie di origine alluvionale formatesi nel pleistocene superiore. Si tratta di rocce derivate dall’accumulo di sabbie e ciottoli provenienti dai territori a monte, trasportati dalle acque del Tevere, con un processo lento ma relativamente recente (il pleistocene è il periodo geologico antecedente a quello attuale ed è iniziato circa 1.200.000 anni fa). I suoli che si trovano in questi luoghi sono quindi caratterizzati da un’elevata percentuale di sabbia, che assicura una buona aerazione del terreno e un buon deflusso delle acque meteoriche. Tra le altre caratteristiche del suolo, va segnalata l’elevata profondità e il pH alcalino, oltre ad una discreta dotazione di elementi nutritivi. Per quanto riguarda la vegetazione, i boschi che ricoprivano originariamente la zona sono quasi totalmente scomparsi, ad eccezione di una fascia residuale lungo le sponde del Tevere in cui prevalgono specie tipiche delle aree ripariali: il pioppo nero, il salice bianco e il pioppo bianco caratterizzano queste fasce boscate insieme alla robinia, specie di origine nord americana oramai naturalizzata nel nostro paese. Al di fuori delle aree ripariali, la vegetazione presente è quella tipica delle zone camporili dell’Italia centrale con prevalenza di roverelle, lecci, aceri campestri, olmi campestri e piante da frutto. Particolarmente suggestivi sono alcuni ambienti caratterizzati da conifere introdotte dall’uomo nei secoli scorsi, come il Pino domestico (che forma una bellissima pineta all’ingresso di Ponte Felcino e uno stupendo viale che porta a Villa Bonucci) e il Cipresso comune (di cui si può ammirare un esemplare monumentale di fronte al Lanificio di Ponte Felcino). 15 Legenda Accesso al Bosco didattico: I Parcheggio Piazza Villa Giardino II Parcheggio Cva - Bocciodromo III Parcheggio Scuole Arboreto 1 Alberi e arbusti ornamentali: Magnolia, Sinforicarpo, Pittosforo, Bambù, Palma, Viburno, Ginkgo, Canna, Erba della pampa, Melograno, Corbezzolo, Paulonia, Catalpa, Cercidiphyllum, Guajabo del Brasile, Tamerice, Agrifoglio. 2 Alberi spoglianti: Platano, Acero, Tiglio, Ippocastano. 3 Alberi ornamentali: Pino, Abete, Cedro, Tasso, Cefalotasso, Sequoia, Metasequoia, Cryptomeria, Cipresso calvo, Larice, Edera. 4 Alberi spoglianti: Quercia, Betulla, Ontano, Pioppo, Salice, Sughera, Ruscus, Leccio. 5 Alberi spoglianti: Acero, Tiglio, Platano, Frassino, Liquidambar, Ippocastano. 6 Arbusti ornamentali: Corniolo, Scotano, Sommaco, Calicanto, Davidia, Vite, Ribes, Lampone, Kiwi, Berberis. 7 Alberi spoglianti: Robinia, Sofora, Albizzia, Lillà delle Indie, Albero di Giuda, Maggiociondolo. 16 8 Alberi da frutto: Melo, Pero, Albicocco, Azzeruola, Ciliegio, Susino, Mandorlo, Naschi, Cotogno, Giuggiolo, Sorbo, Nespolo, Kachi. 9 Alberi ornamentali: Lauroceraso, Ciliegio da fiore, Ciliegio a grappoli, Melo da fiore, Biancospino, Uva della Cina. 10 Alberi e arbusti ornamentali: Gelso, Eleagno, Carpino, Frassino, Olivo, Noce nostrale, Noce nero, Bagolaro, Fico, Nocciolo, Fillirea, Osmanto, Mirto. 11 Arbusti ornamentali: Ligustro, Gelsomino d’inverno, Lillà, Osmanto, Forsythia, Gelso pendulo. 12 Alberi spoglianti: Gelso da frutto, Olmo campestre, Olmo del Caucaso, Spino degli Osagi, Olivello, Gelso da carta. 13 Alberi sempreverdi: Cipresso comune, Cipresso dell’Arizona, Tuia, Ginepro, Libocedro, Cupressuscyparis, Cipresso di Lawson. 14 Aiuole ornamentali: Rosa, Azalea, Ortensia, Erica, Camelia, Rododendro. Il viale centrale e i viottoli principali sono delimitati da siepi realizzate con le seguenti specie: Cotogno del Giappone, Viburno, Veigelia, Myrsina, Mirto, Corbezzolo, Deutzia, Melograno, Lauroceraso, Alloro, Ligustro, Lillà, Forsythia, Osmanto, Eleagno, Agrifoglio, Corniolo, Budleia, Berberis, Agnocasto, Poncirus, Spirea, Photinia, Piracanta. A Il Bosco planiziale B Il Bosco ripariale C Il Frutteto di antica coltivazione D Il Rosarium E Le Aiuole delle erbacee perenni F La Serra tropicale G La Serra delle cactacee e succulente H La Serra della limonaia I La Fontana,il ruscello ed il laghetto del fior di loto J Il Laghetto delle ninfee K La Lumaca L L’Antico canale e l’avifauna M L’Anfiteatro N Ostello per la Gioventù - Piazza Villa Giardino O Molino della Catasta: Centro naturalistico regionale: “Acqua, Aria, Terra, Energia”. 17 Planimetria del Bosco didattico 18 19 Classificazione botanica di alberi, arbusti, erbacee Divisione Classe Cycadopsida Ordine Famiglia Genere Cycadales Cycadaleae Cycas Ginkgoales Ginkgoaleae Ginkgo Pinaceae Pinus, Abies, Picea, Larix, Pseudotsuga, Cedrus, Tsuga Cupressaceae Cupressus, Juniperus,Thuja, Chamaecyparis, Calocedrus Taxodiaceae Taxodium, Cryptomeria Sequoia, Metasequoia, Sciadopitys Araucariaceae Araucaria Cephalotaxaceae Cephalotaxus Taxales Taxaceae Taxus, Torreya Fagales Betulaceae Corylaceae Fagaceae Betula, Alnus Carpinus, Ostrya, Corylus Fagus, Castanea, Quercus Juglandales Juglandaceae Juglans, Carya, Pterocarya Salicales Salicaceae Populus, Salix Ulmaceae Ulmus, Celtis, Zelkova Moraceae Morus, Brousonetia, Maclura Tricoccae Buxaceae Buxus Hamamelidales Platanaceae Hamamelidaceae Platanus Liquidambar Lauraceae Laurus, Cinnamomum Magnoliaceae Magnolia, Liriodendron Gymnospermae Coniferae Coniferospida Urticales Policarpicae Parietales Rosales Tamaricaceae Tamarix, Myricaria Rosaceae Prunus, Sorbus, Spiraea, Photinia, Eriobotrya, Pittosporaceae Eucommiaceae Pittosporum Eucommia Acacia, Albizzia, Cercis Robinia, Gleditsia, Wisteria Laburnum, Sophora, Caesalpinia, Gymnoclaudus Leguminosae 20 Divisione Classe Ordine Famiglia Genere Myrtales Myrtaceae Lythraceae Punicaceae Feijoa Lagerstroemia Punica Columniferae Tiliaceae Bombaceae Sterculiaceae Malvaceae Tilia Chorisia Sterculia Hibiscus Simarubaceae Aceraceae Hippocastanaceae Meliaceae Rutaceae Sapindaceae Ailanthus Acer Aesculus Melia, Cedrela Citrus Cotinus, Pistacia, Rhus, Schinus, Mangifera Xantoceras, Koelreuteria Aquifoliaceae Ilex Rhamnaceae Rhamnus, Hovenia Vitaceae Vitis Umbrelliflorae Araliaceae Hedera Bicornes Ericaceae Arbutus Diospyrales Ebenaceae Diospyros Bignoniaceae Catalpa Scrophulariaceae Paulownia Cotortae Apocynaceae Nerium Ligustrales Oleaceae Fraxinus, Olea, Siringa, Phillyrea, Ligustrum Rubiales Caprifoliaceae Viburnum, Sambucus Spadiciflorae Palmae Chamaerops, Trachycarpus, Phoenix, Washingtonia, Carludovica, Caryota, Cocos, Elaeis, Erithea, Howea, Latania, Sabal Glumiflorae Graminae Arundinaria, Phyllostachys Dicotiledones Terebinthales Anacardiaceae Celastrales Angiosperme Rhamnales Tubiflorae Monocotyledones 21 Alberi, arbusti ed erbacee: nomi e cognomi L’esistenza e le finalità del Bosco didattico sono quelle di offrire a tutti l’opportunità di conoscere una delle componenti più importanti della vita nel nostro pianeta: la vegetazione. Sin dall’antichità l’uomo ha cercato di dare un nome e un cognome ad ogni albero, arbusto ed erbacee, anche perché costretto a convivere e a relazionarsi con essi sia in virtù delle necessità alimentari, sia per scaldarsi, ripararsi dalle piogge, dal caldo e dal freddo, sia per costruire attrezzi utili alla propria sopravvivenza, etc.. La botanica è la scienza che studia la vegetazione e, per questo, ha utilizzato ogni informazione e conoscenza, ogni elemento specifico, tutti i possibili legami e affinità che intercorrono tra pianta e pianta. Partendo dalle affinità genetiche, naturali o artificiali, è stato possibile, per ogni vegetale, raggrupparlo, ordinarlo, classificarlo, al fine di una corretta identificazione. Per impiantare il complesso vegetazionale si è seguito, per quanto possibile, il criterio di raggruppare le piante utilizzando in larga parte il sistema suggerito dalla classificazione botanica, e ospitando in specifici spazi quelle piante di provenienza geografica diversa dalla nostra, seguendo sempre lo stesso sistema. Il Bosco didattico rende possibile, quindi, la conoscenza delle specie e delle varietà correlate che sono una componente importante della vegetazione, attraverso una adeguata cartellonistica. La conoscenza e l’identificazione delle piante è molto importante per l’uomo contemporaneo che spesso sottovaluta il ruolo e l’apporto che la vegetazione offre alla continuità degli attuali equilibri naturali che garantiscono la vita alla nostra Terra e quella di tutti gli esseri viventi. In questo contesto, spesso non si tiene conto del valore della biodiversità, che è uno degli elementi essenziale degli equilibri naturali e della vita sulla Terra. Conservare le specie vegetali e animali, salvare quelle in via di estinzione, mantenere le foreste, i boschi e ogni spazio verde, ricreare ambienti violati è la missione che accomuna tutti gli abitanti del pianeta che condividono il progetto di creare un mondo migliore. 22 Immagini e luoghi del Bosco didattico 24 L’Arboreto Gli insediamenti umani e i campi coltivati hanno ormai soppiantato tutti gli ecosistemi naturali anteriori all’avvento della civiltà, le poche formazioni forestali ancora presenti sono in realtà boschi più o meno antropizzati. Con il termine “bosco” si indica, in genere, una foresta di limitata estensione e, in qualche modo, modificata e sfruttata dall’uomo. Un “Arboreto” è una collezione più o meno consistente ed organizzata di essenze arboree ed arbustive situata all’aperto. Il criterio con cui è stato allestito l’Arboreto del Bosco didattico è quello di essere una grande collezione di essenze arboree ed arbustive e di “mostrarle” in una grande associazione vegetale, in prevalenza riunite per gruppo botanico di appartenenza, secondo lo schema Famiglia - Genere - Specie - Varietà”. L’Arboreto include alberi ed arbusti provenienti dalle regioni temperate europee, asiatiche ed americane, rappresentate da uno o più esemplari tra i più importanti e, per questa ragione, è uno degli arboreti più grandi nel nostro Paese. A questo complesso vegetale è affidata una funzione culturale e pedagogica rivolta sia agli addetti ai lavori, sia ai cittadini, poiché contribuisca a diffondere una significativa coscienza ecologica. L’imponente materiale vegetale rappresentato da conifere, latifoglie ed arbusti sempreverdi è a disposizione di quanti desiderino iniziare ricerche nel campo della sistematica, della morfologia comparata, della fisiologia, della genetica, della farmacologia e degli altri settori applicati. Inoltre, l’Arboreto svolge anche una funzione ornamentale e ricreativa per le sue peculiari caratteristiche di parco urbano, di punto di svago per i cittadini e, dunque, un ulteriore elemento di richiamo turistico. L’arboreto occupa una superficie di circa 5 ettari ed è il cuore del Bosco didattico. È stato creato artificialmente dal 1990 ed ormai è prossimo alla maturità. Il Bosco è fruibile sia percorrendo le stradine centrali, sia i viottoli interni appositamente creati, i quali consentono un avvicinamento volto a facilitare l’osservazione delle piante ed a leggere i cartellini posti ai loro piedi. Questo Arboreto è un piccolo campionario dell’ampia variabilità presente nel Mondo naturale e, in particolare, in quello vegetale: una variabilità da ammirare e da gustare ma, soprattutto, da salvaguardare. 25 Erica Cydonia japonica Ibisco 26 Viale interno Calicanto d’Inverno 27 Spino degli Osagi Sofora ”Pendula” Biancospino 28 Bambù ornamentale Ciaverdello Larice 29 Myrsina africana Olivo Tuja plicata “Aurea” 30 Sequoia giganteum Abete koreano Cedro “Pendulo” 31 Sughera Viale dei ciliegi Viale interno 32 Tasso “Fastigiato” Bambuseto Palma del Giappone 33 Pesco “nano” Magnolia Poncirus 34 Viburno “Lucidum” Salice “Tortuoso” 35 Agrifoglio “Camellifolia” Eleagno ebbingei “Limelight” 36 Gelsomino d’Inverno Cotonastro 37 Area delle Pinaceae Osmanto Berberis 38 Eleagno “Maculata Aurea” Picea abies “Breweriana” Lauroceraso del Portogallo 39 Area delle Cupressacee Bambù ornamentale Tuia a palla 40 Sequoia sempervirens Libocedro Tasso 41 Metasequoia Eucalipto Ligustro “Variegatum” 42 Ginepro Abete del Caucaso Area delle Cupressaceae 43 Pino strobo Ginkgo Nespolo del Giappone 44 Palma nana 45 Il Bosco planiziale Prima della comparsa dell’uomo, tutte le principali pianure italiane erano interamente coperte da immense foreste planiziali. Queste zone sono state le prime ad essere modificate e trasformate dall’uomo e, purtroppo già ai tempi dei Romani questi boschi erano quasi interamente scomparsi per creare spazi da dedicare all’agricoltura e ai centri abitati. I boschi svolgono da sempre un ruolo fondamentale per l’ambiente: contengono specie molto rare quasi completamente scomparse nel nostro territorio, rallentano la velocità delle acque in caso di grandi piene, offrono riparo e fonti di cibo per gli animali selvatici, fungono da filtro naturale per le acque che provengono dai terreni agricoli limitrofi prima di arrivare al fiume. Il Bosco planiziale, così come tutti i boschi, è qualcosa di più di un semplice insieme di alberi: è un ecosistema complesso in cui vivono ed interagiscono molte componenti vegetali e animali, in armonia con l’ambiente circostante: anche l’osservatore meno attento può constatare che, tra la fascia ripariale così risicata del Tevere e i campi coltivati o le abitazioni, non esiste più vegetazione arborea ed arbustiva. Il Bosco planiziale realizzato nel Bosco didattico è un importante esempio di come fosse l’ambiente prima delle trasformazioni operate dall’uomo; offre una indicazione circa la necessità di ricostruire questa particolare tipologia di vegetazione in prossimità del Tevere e lungo i corsi d’acqua. Il Bosco planiziale occupa circa un ettaro e, per la sua ricostruzione, si è seguito un criterio di impianto che ha previsto la messa a dimora di un albero di alto fusto e, ai suoi lati, essenze arbustive. Questa disposizione è proceduta per file, permettendo di avere uno sviluppo notevole degli alberi ed una crescita degli arbusti abbastanza significativa, a testimonianza di un risultato che vede questi alberi di alto fusto dritti e bene impalcati, così come la vegetazione arbustiva. La vegetazione erbacea è invece spontanea. Nel Bosco planiziale sono presenti le seguenti specie: Acer campestris, Quercus pubescens, Quercus robur, Carpinus betulus, Quercus frainetto, Fraxinus excelsior e angustifolia, Ostria carpinifolia, Ulmus minor, Crataegus oxiacantha, Cornus mas, Cornus sanguinea, Frangula alnus, Euonimus europaeus, Corylus avellana, Prunus spinosa, Malus florentina e Pyrus sylvatica. Dopo circa sette anni dall’impianto, tra la vegetazione spontanea e quella messa a dimora vi è ormai una totale copertura arborea e si è data continuità di paesaggio ripristinando quel minimo di biodiversità, sia lungo la sponda del Tevere che verso il Bosco didattico. 46 47 Il Ponte di legno 48 49 Il Bosco ripariale Con la definizione “Bosco ripariale” si intendono quelle formazioni boscate che si trovano lungo i corsi d’acqua, caratterizzate da specie arboree che riescono a vivere anche se le radici risultano immerse nell’acqua per lunghi periodi. Queste formazioni sono indispensabili per garantire la stabilità delle sponde e la qualità delle acque. Sono riconducibili a due tipologie che spesso, a causa delle trasformazioni operate dall’uomo, si confondono e risultano difficilmente separabili: la prima costituita prevalentemente da salici a portamento arbustivo, l’altra composta da specie più evolute e di maggiori dimensioni. All’interno del Bosco didattico queste formazioni occupano la fascia lungo la sponda del Tevere per circa m 600 e larga m 20. La vegetazione ripariale è stata ricostruita contestualmente alla realizzazione del Bosco didattico, interessando anche il canale d’adduzione alla ex centrale idroelettrica. È stata ridotta riducendo la presenza troppo invasiva di Robinia pseudoacacia e di Populus nigra, equilibrandola con altre specie che compongono le fasce ripariali. Sono state reintrodotte molte specie quali: Salix alba, Salix caprea, Salix pentandra, Salix viminalis, Popolus alba, Prunus spinosa, Alnus glutinosa, Corylus avellana, Sambucus nigra. 50 51 Il Frutteto di antica coltivazione Il Frutteto di antica coltivazione, che occupa una superficie di 5.000 mq, si può ammirare nell’isolotto posto tra il Tevere e la parte terminale del canale di adduzione. Gli alberi da frutto messi a dimora in questo spazio sono 220 che si aggiungono alle 100 piante da frutto rappresentative di almeno 3 varietà per ogni specie presenti negli altri spazi dell’Arboreto. Con questa scelta, si sono voluti riscoprire e collezionare quei frutti che ormai sono stati dimenticati dalla frutticoltura industriale. L’impianto del Frutteto di antica coltivazione è stato realizzato disponendo le piante in 10 file, distanziate di 4 metri e mantenendo la medesima distanza anche fra le piante sulle file. Le piante del Frutteto sono allevate cercando di mantenere la forma naturale di accrescimento e, nel loro insieme, costituiscono uno degli impianti e dei patrimoni genetici più importanti dell’Umbria. Ogni fila è rappresentata da una specie singola con almeno dieci varietà. La potatura è annuale e non si manifestano particolari necessità di trattamenti fitosanitari. Le specie più rappresentative sono: - Amygdalus communis - Crataegus azarolus - Cydonia oblonga - Diospyros kaki - Ficus carica - Juglans regia - Malus communis - Mespilus germanica - Prunus armeniaca - Prunus avium 52 - Prunus sativa - Pyrus communis - Pyrus phyrifolia - Sorbus domestica - Vitis vinifera Schema dell’impianto sulle file: Susino, Cotogno, Albicocco, Pero, Melo, Pesco, Ciliegio. Tra le file sono inseriti alberi di: Fico, Azzeruolo, Nespolo europeo, Kachi, Noce, Mandorlo, Nashi, Amarene, Vite, Biricoccolo. 53 54 55 Il Rosarium Il Rosarium si estende su una superficie di circa mq 3.000 ed è ubicato nell’isolotto posto vicino alla Torre del Molino della Catasta (o Torre dell’ex centrale idroelettrica), tra il fiume Tevere e il canale di adduzione alla ex-centrale. L’accessibilità al Rosarium è possibile dalla stradina principale e da un viale centrale, nei quali sono stati posizionati dei pergolati le cui basi offrono sostegno ad oltre cento varietà di rose rampicanti. Il Rosarium è costruito da 7 aiuole delimitate da vialetti percorribili a piedi, che consentono di osservare ed apprezzare le rose nell’ambiente a loro più confacente. Il progetto botanico ha voluto classificare e distribuire le specie e le varietà fondamentali secondo un percorso storico che parte dalle rose originarie (rose botaniche) sino ad arrivare alle selezioni più recenti. 56 57 58 59 60 61 62 Le Aiuole delle erbacee perenni L’area delle erbacee perenni è stata costituita da 65 aiuole di varia forma: mezza luna, cerchio, mezze lune et. delimitate da mattoni posti a “spina di pesce”. Tutte le aiuole sono osservabili da vicino poiché ognuna è circondata da un percorso pedonale che consente una fruizione agevole degli spazi ed una osservazione ravvicinata delle piante. Le Aiuole delle erbacee perenni occupano una superficie complessiva di circa mq 500. È presente, su una parte delle aiuole, lo spazio dedicato alle piante officinali e medicinali, alle graminaceae e alle piante da fiore. 63 Complessivamente sono presenti oltre 500 piante considerate tra le più importanti, suddivise in specie e varietà: Achillea Ajuga Alyssum Acanthus Agapuntus Aquilegia Aster Aubretia Astilbe Allium Altea Angelica Arando Artemisia Borago Campanula Centaurea Cerasium Chamaelelum Inula Iris Ligularia Linum Lobelia Lupinus Miscanthus Melissa Menta Nepeta Oenothera Origanum Oxalis Phisalis Peonia Satureia Sempervivum Phlox Papaver Cryisanthem Convallariaum Cineraria Cereopsis Dianthus Dianthus Echinops Foeniculum Geum Gunnera Festuca Genziana Gynerium Gypsophilla Helianthemum Helleborus Hosta Iberis Incarvallea 64 Pachisandra Potentilla Primula Pulmonaria Rosmarinus Ruta Salvia Santolina Saponaria Saxifraga Scabiosa Sedum Stachis Thymus Valeriana Vinca Viola Verbena Veronica 65 66 La Serra tropicale La Serra tropicale occupa una superficie complessiva di circa mq 180 ed è stata realizzata utilizzando una copertura di policarbonato a forma sferica alta m 12. All’interno è stato costruito un laghetto con annesso stillicidio di acqua coperto da muschi e felci. Lungo tutto il perimetro è stata realizzata un’aiuola anulare, sopra elevata, larga m 2, a sua volta separata dall’aiuola centrale mediante un percorso pedonale interno che rende visibile, da vicino, tutta la vegetazione esistente. La perimetrazione degli spazi è stata realizzata in legno. La temperatura in inverno, grazie al riscaldamento, viene mantenuta tra i 15 e i 18 gradi centigradi. La vegetazione proveniente dall’areale tropicale vuole rappresentare le piante che hanno un particolare interesse ornamentale ed economico. Di seguito sono riportate le specie più significative: Ananas, Avocado Babaco Banano Caffè Canna da zucchero Casimiroa Cocco Ciliegio di Cayenne Ficus Guayabo del Brasile Guaba Mango Mela rosa Papaia Passiflora Pepe Tamarindo Per quanto riguarda le piante ornamentali si dà conto di quelle più significative, tenendo presente che molte delle specie messe a dimora sono in varietà: Anthurium Asplenium Caladium Calathea Chamandorea Codiae Cordyline Cyperus Dieffenbachia Dracena Euphorbia Guzmania 67 Philodrendon Platycerium; Schefflera Sterlitzia Sphathiphyllum Yucca 68 69 70 71 72 La Serra delle cactacee e succulente Si definiscono piante grasse, o succulente, quelle piante che siano in grado di resistere, di vivere e di prosperare nelle condizioni in cui pochi soggetti specializzati ed adattati possono farlo. Queste piante hanno la capacità di immagazzinare acqua dai loro organi superando così la carenza di piogge e la conseguente aridità del terreno. Le cactacee e succulente del Bosco didattico occupano delle aiuole ricavate all’interno di un’unica serra dalle dimensioni di circa 360 mq. La serra è riscaldata, garantendo una temperatura minima di almeno 7 °C che consente una climatizzazione idonea alla sopravvivenza delle piante nei periodi più freddi dell’anno. La riproduzione degli areali di vita delle piante grasse e succulente è abbastanza ben riuscita. Le piante succulente insediate nelle aree aride africane: Sud Africa, Corno d’Africa, Africa Settentrionale, Madagascar e in alcune aree della Penisola Arabica e dell’India. alloggiano direttamente in aiuole appositamente create. Il criterio scelto è stato quello di mettere a dimora in ogni aiuola, le specie e le varietà più importanti indicando appunto gli areali di provenienza geografica. Di seguito si segnalano alcune delle specie e varietà succulente rappresentate: Adenia glauca Adenium obesum Aeonium arboreum Agave attenuata Agave ferox Agave stricta Agave vittoriae “Reginae” Aloe arborescens Aloe aristata Aloe ferox Aloe Humilis Aloe striata Aloe variegata Beucarnea recurvata Echeveria Euphorbia candelabrum Euphorbia canariensis Euphorbia cylindrifolia Euphorbia grandicornis Furcraea selloa Yucca aloifolia Yucca aloifolia Variegata” Yucca elephantipes Yucca gloriosa Kalanchoe orgyalis Lithops sp. Stapelia irsuta Le cactacee, è una famiglia che popola i deserti d’America e sono state messe a dimora direttamente sul terreno. Alcuni esemplari hanno raggiunto dimensioni ragguardevoli. Esiste una vasta rappresentazione di questa famiglia con specie e varietà di grande significato. Ariocarpus agavoides Ariocarpus retusus Aporocactus flagelliformis Astrophytum myriostigma Beschorneria Cereus peruvianus Echinocactus grusonii Echinocereus Echinopsis Ferocactus glaucescens 73 Mammillaria Neobuxbaumia polylopha Opuntia Pachycereus pringlei Parodia Planimetria della Serra 74 75 76 77 78 79 80 81 82 La Serra della limonaia La limonaia è una serra a forma di capanna che occupa una superficie di mq 200, per un altezza al colmo di m 4. È dotata di riscaldamento che si attiva soltanto quando le temperature scendono sotto i 5 gradi centigradi. Il materiale vegetale è rappresentativo di 70 piante di agrumi in vasi di terracotta allevati ad albero o nei classici cerchi. È importante che nel Bosco didattico si possano ospitare ed esporre delle piante che hanno un grande interesse economico e che sono particolarmente affascinanti in tutti i momenti dell’anno e nell’intero ciclo vegetativo: foglie, fiori, frutti. Le piante esemplari presenti sono: Citrus aurantium Citrus sinsensis Citrus limon Citrus bergamia Citrus nobilis Citrus mitis 83 Citrus medica Citrus myrtifolia Citrus reticolata 84 85 Il Laghetto delle ninfee Nel 1996 fu costruito il primo laghetto del Bosco didattico, profondo circa 150 cm ed esteso su una superficie di 120 mq. L’acqua di una sorgente sgorga da una piccola montagnola creata vicino al bordo dell’invaso e, tramite due ruscelli, confluisce a cascata nel laghetto sottostante. La montagnola è ormai ricoperta di vegetazione: Arundo donax “Variegata”, Salix matsudana “Tortuosa”, Salix tortuosa, Laurus nobilis, Taxodium distichum, Lippia citriodora, Gynerium argenteum, Bambusa veytchii. Nel laghetto sono state introdotte alcune varietà di piante acquatiche: Nymphaea ibrida, Juncus effusus, Nunphar lutea, Typha angustifolia, Cyperus papyrus, Acorus calamus, Eichornia crassipes. 86 87 88 La Fontana, il ruscello e il laghetto del fior di loto Nel 1998 fu realizzato il secondo laghetto all’interno del Bosco didattico. Si tratta di una fontana realizzata con sassi dai quali sgorga l’acqua che discende lungo due ruscelli. Dopo m 20, questi si congiungono per poi gettarsi nello specchio d’acqua di mq 90. Sia i ruscelli che lo stesso laghetto sono immersi in una corposa vegetazione che riproduce l’ambiente prossimo ai fiumi: varie specie di Arundo donax e varie specie di bambù ornamentale. Nel laghetto vi è una presenza significativa di Nelumbo nucifera e alcune varietà di ninfee. 89 90 91 La Lumaca Opera del Maestro Mario Pizzoni 27 Novembre 2005: la piena del Tevere 92 L’antico canale, il percorso pedonale Villa Pitignano - P. Felcino e l’avifauna del Bosco didattico Il canale di adduzione dell’ acqua, dal Tevere all’edificio della Torre del Molino della Catasta, si è modificato nel corso delle varie epoche storiche. Per oltre 5 secoli, la presa d’acqua venne alimentata mediante la costruzione di uno sbarramento sul Tevere, posto a 150 metri oltre l’attuale Rosarium e la spinta dell’acqua alimentava le macine del molino. Successivamente, fu costruito lo sbarramento di Villa Pitignano insieme al canale attuale che scende per oltre Km 1,5 verso la Torre del Molino. Tale opera si rese necessaria per ottenere una maggiore pendenza del canale e, quindi, più potenza del flusso dell’acqua che permise di installare e far funzionare una centrale idroelettrica utile al fabbisogno energetico del Lanificio di Ponte Felcino. Alla fine degli anni ’60 la centrale idroelettrica venne dismessa ed il canale rimase privo di acqua fino al 1994, quando il Comune di Perugia, con l’acquisto della Torre del Molino, acquisì anche il possesso del canale e dei tre scolmatoi. Nel ’96 il Canale fu ripulito, risagomato, rinaturato con essenze vegetali autoctone e, lungo il suo argine, 93 fu realizzato un percorso pedonale che collega Villa Pitignano al Bosco didattico. Un secondo percorso pedonale fu costruito lungo la sponda del Tevere, quale collegamento tra il secondo e il terzo scolmatoio. Questo tratto si ricongiunge poi al primo percorso che raggiunge Villa Pitignano per riunirsi infine al percorso costruito lungo il Canale fino a Villa Pitignano; qui è stata realizzata una nuova centrale idroelettrica la quale, sfruttando le acque del Tevere, produce 8.000.000 di Kw/h annui. Oggi, il vecchio canale è popolato da avifauna acquatica costituita sia da esemplari propri dei nostri luoghi, sia da specie introdotte. Fauna acquatica e volatili: Anatra muta - Cairina muta Anatra sposa - Aix galericulata Alzavola - Anas crecca Casarca Paradisea - Tadorna ferruginea Cigno nero - Cygnus atratus Cigno reale - Cygnus olor Codone - Anas acuta Dendricigna di Giava - Dendrocigna javanica Dendrocigna facciabianca Fischione - Anas Penelope Gallinella d’acqua - Gallinula chloropus Germano di Rouen Germano reale - Anas platyrhynchos Marzaiola - Anas quequedula Mestolone - Anas clipeata Moretta - Aythya fuligulata Moriglione - Aythya ferina Oca corritrice indiana Oca del Canada - Branta canadensis Oca della Nuova Zelanda Oca delle Hawaii - Branta sandvicensis Oca di Magellano - Chloephaga picta Oca egiziana - Alopchen aegyptiacus Oca facciabianca - Branta leucopsis Oca granaiola - Anser fabalis Oca imperatore - Anser canagicus Oca lombardella - Anser albifrons Oca selvatica - Anser anser Pavone - Pavo Cristatus Pavone bianco Quattrocchi - Bucephala clangula Volpoca - Tadorna tadorna Specie ittiche: Anguilla - Anguilla anguilla Barzo - Barbus pleseius Valenciennes Carpa erbivora - Cyprinus carpio Carpa a specchio - Cyprinus c. specularis Lasca - Rutilus rubidio Bonaparte Luccio - Esox lucius Pesce gatto - Ameiurus nebulosus Le Suer 94 95 96 97 98 Ostello per la Gioventù - Villa Giardino L’edificio è un complesso del 1300, totalmente restaurato e ristrutturato, che ha mantenuto il profilo architettonico del passato. In passato è stata prima residenza estiva nobiliare e, successivamente, casamento rurale al centro di una grande proprietà con funzione di magazzino dei prodotti agricoli. Ubicato in prossimità del Bosco didattico, è adibito ad accoglienza turistica e dispone di circa 80 posti letto. L’esistenza della struttura ricettiva, che opera in sinergia con il Centro naturalistico regionale, apre le porte ad un complesso di attività di formazione e di educazione ambientale di carattere nazionale ed internazionale. 99 100 101 Centro naturalistico regionale “Acqua, Aria, Terra, Energia” Torre del Molino della Catasta Si tratta di un edificio storico del 1300 eretto dal Nobile Collegio del Cambio e oggi di proprietà del Comune di Perugia. La Torre ha svolto importanti funzioni come fortificazione a difesa delle popolazioni locali oltre che quelle legate all’agricoltura: granaio, molino e, successivamente, centrale idroelettrica per il funzionamento del Lanificio di Ponte Felcino. È parte integrante della storia delle attività economiche, sociali e culturali di questa parte della città di Perugia. È posta al centro del Bosco didattico e, per questa ragione, sede del Centro naturalistico regionale: “Acqua, Aria, Terra, Energia”. Ciò significa che la Città e l’Umbria avranno a disposizione: - uno dei luoghi di cultura ambientale più importanti d’Italia; - uno dei musei vegetali più grandi e uno dei parchi botanici più significativi; - una grande “palestra” di didattica e l’educazione ambientale al servizio di tutti; - un grande centro di formazione per gli operatori e per i semplici cittadini; - un grande centro associativo per incontrarsi. 102 103 10 ragioni per piantare un albero 1. Gli alberi producono l’ossigeno che respiriamo e danno la possibilità di vivere a tutti gli esseri viventi. La chioma di un piccolo albero di mq 25 di superficie fogliare corrisponde alla quantità di ossigeno di cui un uomo ha bisogno ogni giorno per esistere; 2. Le chiome degli alberi depurano l’aria e smaltiscono l’inquinamento atmosferico, proteggono dai forti venti e dal rumore; 3. Gli alberi disposti in fasce o in filari, intorno alle case, lungo le autostrade, vicino ad ogni sorgente polverosa, sono in grado con le foglie di intercettare il pulviscolo e le sostanze più dannose che inquinano l’aria, come l’anidride solforosa e il biossido d’azoto; 4. Gli alberi, con il loro respiro e con la loro ombra, nella calura estiva, stabilizzano una temperatura inferiore e d’inverno trattengono un pò di tepore e migliorano il microclima; 5. Gli alberi, grazie alla luce del sole e attraverso la fotosintesi clorofilliana, assorbono l’anidride carbonica dell’aria e l’acqua proveniente dalle radici, creando le sostanze nutritive essenziali alla sopravvivenza e alla crescita di tutto il suo l’organismo; 6. Gli alberi offrono gratuitamente, ad ogni latitudine, riparo e alimentazione agli uomini, agli insetti, agli uccelli, agli animali; 7. Gli alberi, con le loro radici, consolidano le montagne, le scarpate, i terreni impervi, trattengono le sponde dei fiumi e ruscelli dalla corrosione dell’acqua ed arricchiscono di humus i terreni aridi; 8. Gli alberi sono fondamentali al ciclo dell’acqua piovana e indispensabili per la vita di ogni essere vivente; 9. Gli alberi con le loro forme e portamento, con il colore delle foglie, con i loro fiori decorano, ornano ed umanizzano gli spazi urbani e rurali costruiti dall’uomo; 10. Gli alberi e gli arbusti sono i testimoni del tempo e della vita sulla terra, segnalano i cambiamenti delle stagioni, influenzano il clima, sono parte integrante di ogni territorio e di ogni continente, connotano e misurano la salute del nostro pianeta. 104 Vuoi più da un albero? Una pianta secolare, alta 25 metri e con una chioma di 15 metri di diametro produce, per ogni ora di attività, Kg 1710 di ossigeno e assorbe Kg 2350 di anidride carbonica. In un giorno, quindi, produce ossigeno sufficiente alla respirazione di tre persone e assorbe l’anidride carbonica prodotta in una giornata da mc 1000 di abitazione. La sua chioma ha un volume di mc 1800, con 600.000 foglie, che offrono una superficie fogliare esterna di mq 1600 e una interna, somma delle superfici cellulari assimilanti, di mq 160.000. In un’ora lo scambio gassoso effettuato da ogni metro quadrato di superficie fogliare, in condizioni ottimali di luminosità, umidità e temperatura, è di circa 5000 litri d’aria. In una sola ora, quindi, questo albero potrebbe ricambiare 8.000.000 di litri d’aria, in dieci ore un volume pari all’ aria respirata da 800 persone in una giornata di lavoro pesante. 105 Alberi e arbusti tra utilità, leggende e curiosità Abete bianco Abies alba (Pinaceae) È un grande albero, il cui tronco dritto e slanciato è di colore chiaro, con una chioma piramidale, rivestita da aghi verde scuro nella pagina superiore e argentei in quella inferiore. Un tempo negli Appennini era abbastanza presente ed è stato fortemente impiegato in falegnameria per il suo legno chiaro nella costruzione di mobili, doghe, zolfanelli. Dal tronco si ricava la trementina. Abete del Caucaso Abies nordmanniana (Pinaceae) È originario dell’Asia Minore e del Caucaso. Ha un portamento piramidale ed una chioma abbastanza ampia. Ha una crescita vigorosa; gli aghi sono di colore verde cupo nella pagina superiore e argentati in quella inferiore. Le pigne sono di colore rossiccio, lunghe circa cm 15 che si formano in prossimità della cima. È particolarmente apprezzato per le sue qualità ornamentali e, spesso, è impiegato in parchi e giardini. È usato per i rimboschimenti in aree elevate poiché ha una ripresa vegetativa primaverile piuttosto lenta che lo mettono al riparo dalle gelate tardive. 109 Abete di Douglas Pseudotsuga menziesii (Pinaceae) Alto sino a 100 metri è originario del Nord America ed è stato introdotto in Europa nei primi del 1800. L’albero ha un tronco dritto, una chioma stretta e piramidale verde scuro intenso. Il legno inciso rilascia una linfa resinosa profumata e così le foglie che, stropicciate, emanano un gradevole profumo. Si trova raramente nei parchi e giardini, nonostante sia uno degli abeti più belli. In passato sono stati effettuati esperimenti per favorirne la coltivazione, poiché il legno è particolarmente apprezzato per fabbricare mobili, infissi, rivestimenti delle pareti e dei pavimenti delle abitazioni. Abete rosso Picea Abies (Pinaceae) È l’albero della tradizione natalizia del nord: neve, slitte, renne. Infatti, trova il suo insediamento nell’Europa del Nord e nella nostra Penisola è presente sulle Alpi e gli Appennini ad altitudini comprese tra 800 e 2000 m. Sono noti come gli “alberi dei violini”, specialmente quelli della foresta di Panaveggio, in Val di Fiemme. Non tutti gli abeti sono adatti, ma solo i cosiddetti “abeti di risonanza”. Il legno è facilmente lavorabile e da tempi antichissimi è stato usato per fabbricare mobili, costruzioni navali ed infissi. Dalla corteccia si ricavano dei materiali utili alla concia delle pelli e la pece di resina si usa in farmacopea e nell’industria dei coloranti per ottenere vernici pregiate. 110 Abete rosso del Colorado Picea pungens (Pinaceae) Albero a forma piramidale originario di vaste regioni dell’America Settentrionale. Ha una chioma densa e il tronco dritto e colonnare, a maturità la scorza assume una colorazione grigio bluastro. Gli aghi, nella parte terminale sono pungenti, verde glauco o grigio azzurri. È stato introdotto in Europa nella seconda metà dell’Ottocento e, per le particolari doti ornamentali, è largamente impiegato nei parchi e nei giardini sia per la sua resistenza all’inquinamento atmosferico che per le numerose varietà ne sono state create e coltivate. Le varietà “Glauca” e la “Argentea Kosteriana” hanno una bellissima chioma di colorazione grigio azzurro luminoso. Acero argenteo Acer saccharinum (Aceraceae) È originario degli Stati Uniti orientali. A dispetto del nome, non è l’albero dello zucchero. È stato importato in Europa nella prima metà del Settecento e, subito, ha conquistato uno spazio importante nell’impiego ornamentale nei giardini, nei parchi, nei viali alberati. Il portamento dritto del tronco e la regolare impalcatura dei rami, i colori delle foglie verde intenso nella parte superiore, sericeo in quella inferiore, ne fanno uno dei migliori soggetti dell’arredo urbano. 111 Acero campestre Acer campestre (Aceraceae) È noto anche come loppio o testucchio, è presente in tutte le regioni ed è un albero tipico del paesaggio italiano. È molto apprezzato per le sue qualità ornamentali e nella composizione del verde urbano. Ha una chioma densa che in autunno assume una bella colorazione gialla e rossa. Il legno, se ben stagionato, si usa per il fondo, i manici e le fasce laterali dei violini. Antonio Stradivari fu il primo ad usare un ponte di acero per sostenere le corde dei suoi strumenti. Questo acero ha trovato largo impiego per fabbricare utensili agrari e arnesi da cucina, anche calci di fucile, bastoni da passeggio e biliardi. In passato era usato come tutore e sostegno ai filari di vite e le foglie erano un ottimo foraggio per pecore e capre. Acero giapponese Acer palmatum (Aceraceae) È un piccolo albero originario del Giappone con un fogliame sottile e palmato, che passa dalla primavera all’autunno da un verde tenue ad un’ intensa colorazione rossa. Le varietà di questa specie hanno notevoli caratteristiche ornamentali e trovano largo impiego nei parchi, giardini e piccole aree verdi. 112 Acero minore Acer monspessulanum (Aceraceae) È un piccolo acero, riconoscibile per le foglie a tre lobi e, tra tutti gli aceri, è quello che esige più caldo. È resistentissimo alla siccità, per cui si usa per rimboschire i terreni asciutti e rocciosi. Il legno è particolarmente duro e idoneo per i lavori di tornio ed intaglio. È un ottimo combustibile. Acero montano Acer pseudoplatanus (Aceraceae) Detto anche sicomoro o, ancora, falso platano o acero fico, è un grande albero che vive bene ad altitudini comprese tra 500 e 1500 m s. l. m. ed è presente in quasi tutta la penisola. È longevo ed ha una bella chioma tondeggiante con spiccate caratteristiche ornamentali. Il legno è pregiato e richiesto per fabbricare strumenti musicali ad arco, mobili e pavimenti. Le ceppaie servivano a costruire tabacchiere. 113 Acero riccio Acer platanoides (Aceraceae) È un grande albero con tronco dritto e densa chioma. È diffuso in tutto il Centro Nord. Le foglie hanno una somiglianza con il platano, ma in autunno si colorano di rosso vivace. Le doti ornamentali sono notevoli e alcune varietà come “Crimson King” dal fogliame porpora sono molto utilizzate nei parchi, nei giardini e lungo i viali. Già i Greci lo conoscevano distinguendolo dall’acero montano che ha un legno più pregiato. Tuttavia, il fogliame dell’Acero ricco era utilizzato per l’alimentazione del bestiame ed il legno era ricercato dai liutai e per fabbricare pianoforti. Acero saccarino Acer saccharum (Aceraceae) Come tutte le specie delle regioni americane del Nord, è l’albero che ha segnato la vita degli uomini in quella parte del mondo. Tutta la pianta è utilizzata: dalla corteccia si estrae lo zucchero, il legno è particolarmente pregiato. Tutti gli aceri sono alberi molto impiegati nella realizzazione di parchi, di giardini e di viali alberati per il bel portamento del tronco e dei rami e per la magnifica colorazione delle foglie. 114 Albero della canfora Cinnamomun canphora (Lauraceae) Albero sempreverde originario della Cina e del Giappone. Ha una forma arrotondata con fogliame ampio, coriaceo verde chiaro e glauco nella pagina inferiore. Albero ornamentale e profumato, vive bene nei climi miti e può resistere in aree riparate dal freddo e dalle gelate. Da tutti i tessuti della pianta si estrae un olio essenziale dal quale si ricava la canfora, largamente impiegata nella medicina tradizionale. Con la canfora si fabbrica inoltre la celluloide ed è impiegata come antiparassitario. Albero di Giuda Cercis siliquastrum (Leguminosae) È un albero di piccole dimensioni ed è impiegato in gruppi, nei giardini e parchi. È uno degli alberi i cui fiori compaiono prima dell’emissione delle foglie che spuntano direttamente dai rami legnosi e dal tronco. Durante la fioritura sembra una palla di fuoco. La leggenda ricorda che Giuda, sotto i suoi rami, avrebbe dato il fatidico bacio e, sugli stessi rami, si sarebbe impiccato. Gli spagnoli lo chiamano “albero d’amore” in ragione dell’esplosione dei fiori roseo porporini. 115 Albero dei ventagli Ginkgo biloba (Ginkgoaceae) È un grande albero originario della Cina, introdotto in Europa dal Giappone nel 1727. È di grande pregio ornamentale per il tronco eretto, per le sue foglie divise in due lobi da una profonda incisione. Le foglie hanno nervature disposte a ventaglio portate da un lungo picciolo posto su tozzi rametti alterni. Il loro colore è verde tenue che, in autunno, assume un intenso colore giallo dorato. Era considerata una pianta rara e per questo, denominata anche “pianta dei ventimila scudi” per il suo elevato costo commerciale. Esistono soggetti maschili e femminili e questi ultimi producono dei frutti maleodoranti. I semi arrostiti vengono usati come digestivo. Le sue foglie sono impiegate in farmacopea per migliorare l’afflusso e la circolazione del sangue ed sono un buon antiossidante. È una pianta longeva che può vivere da 1000 a 1500 anni. Agrifoglio Ilex acquifolium (Aquifoliaceae) È un albero di piccole dimensioni, di grande valore e impatto ornamentale, per le foglie sempreverdi e le bacche rosse; è impiegato per le sue notevoli qualità nei parchi e nei giardini. La fama di cui ha sempre goduto l’agrifoglio deriva dall’essere un albero temuto dagli spiriti maligni, dalle streghe e dagli iettatori e, dunque, benefico per eccellenza. Averlo vicino e alleato voleva dire attrarre le forze positive ed, ancora oggi, i suoi rami con foglie e bacche sono appesi sulle porte delle case. 116 Agrumi Citrus (Rutaceae) Sono i “pomi d’oro” indicando con questa espressione, frutti mitici di immortalità. Originano da Cina e India. Il primo ad essere coltivato fu il cedro (Citrus medica L.). Parlano del cedro, anche se genericamente, Aristotele, Plinio il Vecchio ed altri e, negli affreschi di alcune catacombe, compare il frutto del cedro come simbolo di culto. Il bergamotto (Citrus bergamia Risso) è largamente coltivato in Calabria dove è definito oro verde. Da esso si estraggono le delicate “essenze” per i profumi. La famiglia degli agrumi comprende tantissime varietà: l’arancio amaro (Citrus aurantium L.), l’arancio dolce (Citrus sinensis L.), il limone (Citrus limon L.), il mandarino (Citrus nobilis Lour.), il chinotto (Citrus myrtifolia Raf.) possono essere coltivati con le dovute accortezze in vaso nei climi più freddi, a scopo ornamentale. Da sfatare è la diceria secondo cui il pompelmo (Citrus maxima L.) “brucia i grassi”. Semmai, è da inserire nella dieta perché contiene una certa dose di vitamine antiossidanti, come del resto tutti gli agrumi, che hanno avuto un ruolo importantissimo nella storia dell’alimentazione umana. Inoltre, dagli agrumi si ricavano essenze ed oli usati in profumeria, farmacopea, etc.. Negli ultimi anni, in molte città a clima mite, l’arancio amaro è stato diffusamente impiegato a scopo ornamentale nei giardini e nei viali alberati. 117 Albicocco Prunus armeniaca (Rosaceae) Detto anche Pruno dell’Armenia, è così chiamato in botanica sulla scia dei Romani i quali, convinti che fosse originario di quella zona, lo avevano battezzato “Armeniacum malum”. Proveniva invece dalla Cina settentrionale, dove ancora oggi cresce anche spontaneo. Già ne parlava il Chan-hai-King, “Il Libro dei monti e dei mari”, dell’imperatore Yu il Grande, (2200 a.C.): il suo ideogramma cinese è un alberello in un vaso, quasi che esso sia stato considerato l’albero per antonomasia. Giunse poi fino in Armenia, dove ancora oggi è viva una leggenda: quando il Paese venne invaso da un esercito straniero, si dovettero abbattere tutti gli alberi improduttivi per procurare legna e, fra questi, anche un albicocco a cui una bella fanciulla era molto affezionata. Costei volle trascorrere la notte della vigilia sotto l’alberello per dargli un addio affettuoso fra pianti e lacrime ma, quando al mattino si risvegliò, si accorse con gioioso stupore che i rami erano carichi di frutti dorati. Una volta l’albicocco era soltanto un albero ornamentale, mentre oggi è utilizzato a scopo alimentare per i suoi deliziosi frutti. 118 Alloro Laurus nobilis (Lauraceae) È una pianta sempreverde che ha sempre goduto di grande notorietà in cucina e nella medicina popolare. Nell’età classica, l’Alloro era simbolo di sapienza e di gloria e i suoi rami intrecciati (la corona di alloro) venivano offerti per incoronare poeti o condottieri vittoriosi. Secondo la mitologia romana, Apollo, il Dio del Sole, si innamorò di una splendida ninfa dei boschi di nome Dafne. La giovane, per “sfuggirgli” durante un inseguimento, invocò Diana, la dea della caccia, la quale, per aiutarla, la trasformò in un albero. Apollo, sconsolato, prese alcune foglie e ne fece una corona che portò sempre vicino al cuore. Quell’albero era l’Alloro. Nelle campagne veniva utilizzato per trarne previsioni sull’andamento dell’annata agraria. I contadini gettavano alcune foglie nel fuoco e, se queste bruciavano senza rumore, il raccolto sarebbe stato misero. Bagolaro Celtis australis (Ulmaceae) Nei primi anni del Novecento ebbe grande notorietà e fu piantato diffusamente nelle città per realizzare viali alberati, accessi alle dimore, nei parchi e nei giardini e, ancora oggi, viene impiegato per le sue qualità ornamentali e di resistenza all’inquinamento atmosferico. Viene detto “spaccasassi” perché le radici hanno la virtù di penetrare in tutti i terreni. Sull’arcidiavolo si tramandano storie che hanno sentore di zolfo e una di esse racconta che lo stesso Lucifero abbia portato sulla Terra quest’albero, trascinandolo con sé durante la sua caduta. In contrade sperdute si dà notizia superstiziosa che i rametti di bagolaro, inavvedutamente utilizzati come fondo o guarnizione in cestini di frutta o funghi, possano suscitare nei portatori, cattive visioni accompagnate da alterazioni maniacali del comportamento sessuale. 119 Berretta del prete Euonymus europaeus (Celastraceae) È un arbusto o anche piccolo albero alto fino a 6 metri. Le foglie, caduche, hanno lamina ellittica. Il frutto ha una forma caratteristica quadrilobata di colore rosso corallo e ricorda, nella forma, la berretta di un prete. In passato, i frutti essiccati e ridotti in polvere erano utilizzati nella lotta ai pidocchi. È specie eurasiatica ormai sempre più rara nel nostro paesaggio. Betulla Betula pendula (Betulaceae) Tipica dei paesi nordici, rappresenta la purificazione e la rinascita dopo il letargo invernale e, dunque, era un albero sacro. Il distacco della corteccia viene interpretato simbolicamente come cambio di vesti e di rinnovamento. Nelle regioni del Nord è la “Signora dei boschi” e un romantico scrittore dedicò alla fanciulla amata, morta per amore, questo verso: “Ombre dell’argentea betulla…fremono sul verde che copre la tua tomba”. Nei secoli scorsi, i rami flessibili ed elastici servivano per fustigare i ragazzini delle scuole. Gli indiani usavano la corteccia per ricoprire le canoe e le tende. Il legno è molto utilizzato per creare oggetti e utensili. Dalla corteccia, nei periodi di carestia, si ricavava una farina commestibile ed, ancora oggi, si usa per produrre liquori. 120 Biancospino Crataegus oxyacantha (Rosaceae) È un albero impiegato nei giardini a scopo ornamentale per il profumo dei fiori e il colore rosso delle bacche che rimangono a lungo sui rami. È impiegato nella formazione di siepi, perché offre riparo ed alimentazione a molti uccelli ed altri animali. È presente spontaneamente nella macchia mediterranea. Pianta benefica per eccellenza, è l’emblema della speranza. I fiori immacolati sono spesso associati al culto di Maria, che avrebbe trovato rifugio in un suo cespuglio durante la fuga in Egitto. Pianta sacra, ricca di virtù e poteri, pare che protegga dai fulmini, tenga lontani serpenti e rospi. Bosso Buxus sempervirens (Buxaceae) È una pianta sempreverde che, quasi sempre, ha un portamento arbustivo. Occupa un vasto areale che va dalle coste atlantiche ai Balcani. È una specie spontanea in Europa diffusa nelle pianure e nelle montagne fino a 2000 m di altitudine. È una pianta ornamentale, apprezzata ed impiegata sin dall’antichità nelle dimore e ville nobiliari, nei giardini, parchi e nell’arredo urbano. Se c’è da segnalare uno spazio importante troverete una pianta o una siepe di bosso. Viene spesso impiegato in composizioni stravaganti e nell’arte topiaria, poichè è resistente alle potature anche radicali. Il legno è compatto, elastico e adatto a lavori di tornitura e di intarsio. I frutti contengono semi velenosi. È una pianta che può vivere oltre 500 anni. 121 Caprifoglio Lonicera caprifolium (Caprifoliaceae) È una pianta lianosa rampicante dai rami lunghi fino a m 6, comune nei boschi, con fiori in gruppi di 4-7 di colore giallo roseo, che fioriscono dal mese di marzo fino a giugno in funzione dell’altitudine e bacche di colore giallo o arancio. Il nome Caprifoglio deriva dal latino caprifolium e fa riferimento alla predisposizione di questa pianta ad arrampicarsi a tutto ciò che si trova nelle sua immediate vicinanze e che ricorda, per questo, l’abilità d’arrampicarsi delle capre. Famosa è anche la dolcezza del nettare del fiore, da cui deriva il significato attribuito alla pianta e cioè dolcezza d’animo. Le tradizioni celte volevano che l’edera, il caprifoglio e il sorbo venissero intrecciati insieme in una corona e posti sotto i contenitori del latte per preservarne la salubrità. Carpino bianco Carpinus betulus (Betulaceae) È un bell’albero poco diffuso ma impiegato per le sue qualità ornamentali. Infatti, la sua varietà piramidale è abbastanza utilizzata per alberature stradali e viali importanti. Il legno del carpino è un ottimo combustibile ed è impiegato per fabbricare piccoli oggetti. Il fogliame veniva usato anche come foraggio per il bestiame. 122 Carpino nero Ostrya carpinifolia (Betulaceae) Ha dimensioni più piccole di quello bianco, ma è più impiegato negli impianti forestali e nei rimboschimenti. Il legno è utilizzato come combustibile, avendo un notevole potere calorifico. È la pianta che resiste maggiormente ai danni provocati dagli incendi. Carrubo Ceratonia siliqua (Leguminosae) È un albero che vive nei paesi del bacino del Mediterraneo. Oggi è molto apprezzato per le sue doti ornamentali ed impiegato nei parchi, giardini e viali stradali. Nei secoli precedenti il suo frutto, le carrube, veniva usato per scopi alimentari ed è per questo carico di leggende e memorie bibliche: San Luca disse al “Figliol Prodigo” che “avrebbe ben voluto riempirsi il ventre di carrube che mangiano i maiali”. San Giovanni nel deserto si sarebbe nutrito di carrube e non di locuste, tant’è che ancora oggi la pianta in Germania viene chiamata “L’albero del pane di San Giovanni”. 123 Castagno Castanea sativa (Fagaceae) È un albero maestoso e importante, parte integrante del nostro ambiente. Vive ad altitudini minime di 300-400 metri fino a 1500-2000 metri. Da sempre è considerato “l’albero del pane”. Il legno è particolarmente pregiato e viene largamente impiegato per realizzare botti, pavimenti, mobili. Le castagne hanno notevole capacità nutritiva. Vi sono molti castagni celebri, soprattutto legati alla loro maestosità: sembra che Giovanna d’Aragona si riparasse sotto la sua chioma e che vi sostasse insieme a cento cavalieri”. Cedro dell’Atlante Cedrus atlantica (Cedrus) È una conifera imponente, molto impiegata nei parchi, giardini e viali delle città. Originaria dei monti Atlas, di Algeria e Marocco. Le foreste di questi alberi costeggiavano il Mediterraneo sino allo stretto di Gibilterra, verso l’Oceano Atlantico. Sin dall’antichità e per molto tempo, quelle foreste sono state considerate il confine del mondo, oltre il quale esisteva l’infinito. 124 Cedro dell’Himalaya Cedro del Libano Cedrus deodora (Cedrus) È tra i cedri il più maestoso. È stato impiegato diffusamente a scopo ornamentale nei parchi, giardini e viali alberati. Il legno è profumato e resinoso ed è utilizzato per fabbricare mobili, utensili ed oggetti in legno. Cedrus libani (Cedrus) È una conifera impiegata, come le altre varietà, a scopo ornamentale. Essendo originario tra il Libano e Turchia e cioè al centro delle grandi civiltà dell’antichità, era considerato “l’albero dell’immortalità” e il suo legno era preferito per realizzare travi ed edificare l’armatura dei templi e palazzi. Il legno, in virtù della resistenza e tenuta al marciume derivante dall’umidità dei terreni e dagli agenti atmosferici, veniva adoperato per fabbricare le dimore dei morti. In molte leggende, si narra che il legno di questo albero avrebbe protetto i defunti. 125 Cerro Quercus cerris (Fagaceae) È tra le querce quella più impiegata nei parchi e giardini avendo maggiori caratteristiche ornamentali derivanti dal tronco dritto, dalla chioma regolare e dalle foglie ruvide e pelose che, in autunno, rimangono attaccate ai rami fino alla primavera successiva. Le ghiande, abbastanza amare, non sono apprezzate dal bestiame; tuttavia, è impiegato negli impianti forestali per la produzione del legno. Ciliegio selvatico Prunus avium (Rosaceae) Sono alberi molto utilizzati per le loro doti ornamentali. La pianta era assai apprezzata, sia per la leggiadria della sua fioritura simboleggiante la purezza, specchio dell’ideale cavalleresco, l’elevazione spirituale e la grazia poetica, sia per il suo frutto carnoso rosso sangue. È simbolo della nobiltà della missione di colui che è pronto a donare la vita per l’onore e la verità. Cyrano di Bergerac non trovò più attraente una donna quando, mangiata una ciliegia, ebbe la sventura di lasciare gocce di succo rosso sul mento. Ancora oggi è usanza in Giappone, nella cerimonia nuziale, offrire agli sposi un thè di petali di ciliegio per augurare la felicità e l’armonia nella loro unione. 126 Cipresso Cupressus sempervirens (Cupressaceae) È l’albero simbolo del bacino del Mediterraneo, poiché adorna e segnala luoghi importanti: chiese, viali, dimore, etc.. Ha forma slanciata, fogliame resistente ed aroma resinifero. È resistente alle tempeste, vive nelle città e nelle campagne. La leggenda narra di una pianta capace di esorcizzare l’inafferrabilità della giovinezza e la fragilità di tutto ciò che è bello e desiderabile. L’ideale di bellezza incarnata negli efebi, che crearono il mito di Cyparisso, leggiadro nelle forme e innamorato di un cervo d’origine divina. Il destino volle che, in una battuta di caccia, la freccia scoccata mancò il bersaglio e ricadde sul cervo che spirò vicino ad un albero di cipresso, il quale, da quel momento, portò il suo nome e rammenta a tutti il dolore della perdita e del lutto. Nel tempo antico non si spiegavano come fosse possibile che il cipresso, una volta morto, non rinascesse dai polloni come, invece, fanno altre piante. Corbezzolo Arbutus unedo (Ericaceae) È un arbusto sempreverde della macchia mediterranea, Oggi viene spesso impiegato come arbusto ornamentale nei parchi, giardini e nella formazioni di siepi. I suoi frutti richiamano il colore e la forma delle fragole e, prima delle coltivazioni agrarie, è servito come alimento per l’uomo primitivo dell’area mediterranea. 127 Corniolo Cornus mas (Cornaceae) È un arbusto o piccolo albero spogliante che sta riguadagnando considerazione nei diversi impieghi: parchi, giardini e aree da rinaturare e consolidare. Le qualità ornamentali risiedono nel colore del legno rossastro, dei fiori e dei frutti che, oltre ad essere commestibili, sono particolarmente decorativi. Il legno è uno dei più duri e pesanti e veniva usato per realizzare vari utensili. I giavellotti romani erano di cornus o cornum indicando allo stesso tempo albero e arma. Cotogno Cydonia vulgaris (Rosaceae) È una delle più antiche piante fruttifere conosciute che, solo da qualche tempo, vengono reintrodotte nei giardini e nei parchi per le sue qualità ornamentali e per il profumo dei frutti. Le “cotogne” possono essere anche molto grandi e, a maturità, assumere un bel colore giallo brillante; se non colti possono rimanere appesi sui rami fino ad inverno inoltrato. I frutti (piriformi o meliformi) dalla polpa acidula, sono apprezzati freschi solo da pochi amatori, ma consumati soprattutto cotti nella notissima cotognata. I frutti maturi un tempo venivano messi nella biancheria per profumarla. La parola marmellata deriva dal portoghese marmelho che significa mela cotogna. 128 Faggio Fagus sylvatica (Fagaceae) È un albero tipico del nostro paesaggio. È elegante e ne esistono alcune varietà, purpurea e pendula, che sono particolarmente indicate per colorare parchi e giardini. Il legno dei faggi trova diversi impieghi per la realizzazione di: botti, mobili, utensili e nell’alimentazione del bestiame. Il faggio ha ispirato molti poeti antichi come Virgilio che inizia la sua prima Egloga con versi famosi: “O Titiro, tu che stai riposando sotto l’ampia chioma del faggio…”. In greco Fagus significa mangiare e, dunque, i nostri antichi predecessori, dovettero vivere dei suoi frutti prima di coltivare la terra. Farnetto Quecus frainetto (Fagaceae) È una quercia maestosa, simile al portamento della Farnia e, tuttavia, più delicata in fatto di clima e terreno. I venti forti, il gelo intenso e prolungato sono i suoi nemici. Il legno è di notevole pregio e le ghiande sono particolarmente gradite dal bestiame. Tra le varietà di querce esistenti, è quella che ha le maggiori dimensioni delle foglie e, per tale ragione, viene utilizzata a scopi ornamentali. 129 Farnia Quercus robur (Fagaceae) È una quercia imponente, tipica e molto diffusa nel nostro paesaggio. Il legno ha ancora molte utilizzazioni: mobili, lavori edili e fabbricazione di utensili. Oggi, la Farnia viene reintrodotta nei parchi, nei giardini, nelle aree circostanti gli agriturismi a scopo ornamentale ed è piantata negli impianti di arboricoltura da legno. In particolare, il cosiddetto rovere, impiegato per la costruzione delle botti, è in realtà una farnia. L’albero è simbolo della fortezza, della durata per la sua longevità ed inalterabilità del legno. In Francia, in Inghilterra e in Irlanda questo albero era sacro ai druidi, i quali lo veneravano insieme al vischio che cresce tra i suoi rami. Le ghiande, una volta, venivano torrefatte ed usate come surrogato del caffè. Fillirea Phillyrea angustifolia (Oleaceae) Nelle sue varietà, angustifolia e latifolia, sono arbusti della macchia mediterranea e, per il loro fogliame scuro e persistente, sono impiegate a scopo ornamentale oltre che nella formazione di siepi frangivento. Meriterebbero una più diffusa considerazione e utilizzazione poiché resistono anche ai venti marini. Il legno è duro, pesante ed omogeneo. È un buon combustibile e fornisce anche un ottimo carbone. 130 Fico Ficus carica (Moraceae) È un albero o arbusto abbastanza diffuso nei climi miti ed è presente e coltivato nei giardini e vicino alle abitazioni. Sono noti i suoi dolci frutti considerati magici e dono degli Dei; infatti, a quel tempo, ci si domandava come fosse possibile la presenza di frutti in un albero che, apparentemente, non produceva fiori. Platone era soprannominato il “Mangiatore di fichi” tanto ne era ingordo; nella Genesi, si ricorda che Adamo ed Eva si “nascosero alla sua ombra e si coprirono con le sue foglie”. Era una pianta sacra pure ai Greci e fondamentale per la loro alimentazione, a tal punto che il commercio di fichi era regolato da un’apposita autorità i cui rappresentanti erano i Sicofanti, incaricati di denunciare chi contravveniva alla legge... Il termine si è evoluto come sinonimo di delatore. Frangola Rhamnus frangula (Rhamnaceae) È una delle specie più importanti e tipica delle nostre macchie. La chioma è irregolare e globosa. Il legno era impiegato per lavori di tornitura e per fabbricare i cerchi delle botti. È usata in farmacopea, avendo proprietà lassative ma, se presa in dosi elevate, può risultare tossica. La lunga fioritura della frangola è apprezzata dalle api le quali producono un ottimo miele. 131 Frassino Fraxinus excelsior (Oleaceae) È molto frequente nella nostra penisola ed è particolarmente elegante in parchi e giardini. Sin dai tempi più remoti, le foglie sono servite quale alimento per il bestiame. Negli ultimi anni, è stato usato negli impianti forestali per la produzione del legno che è pregiato e con il quale si realizzano racchette da tennis, raggi delle ruote, mazze da golf, etc.. Viene usato nella fabbricazione di mobili. Gelso bianco Morus alba (Moraceae) È un albero che, lentamente, sta riconquistando uno spazio per le sue caratteristiche ornamentali: “l’albero d’oro” come era definito nei secoli passati per il suo impiego nella produzione della seta. La leggenda narra che due monaci del monte Athos, inviati da Giustiniano, portarono da Bukara i semi del prezioso albero e le uova dell’insetto (Bombyx mori L.), nascosti in canne di bambù. 132 Gelso nero Morus nigra (Moraceae) È un albero apprezzato per le caratteristiche ornamentali e, rispetto al gelso bianco, per i frutti più grossi, lucidi e succosi, di colore violaceo. La leggenda narra che, sotto i suoi rami, si uccisero Piramo e Tisbe e, del loro sangue, si colorarono le more carnose, il cui succo rossastro testimonierebbe il loro tragico amore. Ginepro comune Juniperus communis (Cupressaceae) È un piccolo albero o arbusto cespuglioso a seconda del luogo in cui vive, ed è diffuso in molte aree della penisola. Il legno odoroso è stato impiegato per lavori di tornio, matite, piloni. Le bacche nere o azzurrognole aromatizzano piatti tipici e conserve, ma anche bevande tra cui il gin. Il ginepro rosso si presta maggiormente, invece, per la sua capacità di ricoprire terreni sabbiosi e di consolidamento. Sin dai tempi dei Greci e dei Romani, è stato utilizzato per sculture ed intagli. Le bacche sono distillate per ricavare oli balsamici. Esistono numerosissime varietà impiegate nei giardini e parchi a scopo ornamentale, per bordure, per coperture di scarpate oltre che di terreni impervi e per formare siepi. 133 Ginestra dei carbonai Cytisus scoparius (Leguminosae) È una arbusto sempreverde con una brillante fioritura gialla, tipica dei pendii delle nostre colline e delle aree non più coltivate. Sin dall’antichità, il suo legno è servito alla realizzazione del carbone ed è un ottimo combustibilee, per questa caratteristica, è molto impiegato nella produzione di biomasse. Il forte apparato radicale è utile al consolidamento delle scarpate e, come tutte le leguminose, rilascia azoto nel terreno. Recenti studi hanno dimostrato che le fibre vegetali della ginestra potrebbero trovare un largo impiego nella realizzazione di importanti materiali industriali compositi, in sostituzione della plastica. Giuggiolo Zizyphus jujuba (Rhamnaceae) È un piccolo albero proprio del bacino orientale del Mediterraneo e non molto diffuso nella nostra penisola. Ha un tronco che spesso diventa tortuoso e rami intrecciati e ricurvi, con piccole spine. Le qualità della pianta si stanno lentamente riscoprendo per le sue doti di utilità e, in virtù delle caratteristiche ornamentali, viene piantata nei giardini e nei parchi. Il frutto è una bacca commestibile, astringente, dolce acidula fin quando ha una colorazione verde con piccole macchioline marroni. Diventa zuccherina solo quando è ad uno stadio di strama- turazione, allorché assume una completa colorazione marrone. L’albero era conosciuto sin dall’antichità e coltivato dai Romani. Secondo Plinio, giunse a Roma dalla Siria nei primissimi anni dell’era cristiana. 134 Ippocastano Aesculus hippocastanum (Hippocastanaceae) È una delle piante ornamentali più diffusa in Europa e, nelle sue varietà a fiori rossi o rosati, è impiegato nei giardini, nei parchi e nella realizzazione di viali alberati. La pianta è minacciata, purtroppo, dall’ inquinamento delle città. Il legno non ha pregio e i frutti, simili alle castagne non sono commestibili. Tuttavia, venivano usati per curare il raffreddore dei cavalli e, tenuti in tasca, anche per curare il raffreddore degli umani e… qualcuno ci crede! Kaki Diospyros kaki (Ebenaceae) È un piccolo albero originario della Cina; è coltivato sin dall’antichità e, in Europa, dalla seconda metà dell’Ottocento, è piantato nei parchi e nei giardini per le sue notevoli doti decorative ed ornamentali. Il portamento eretto del tronco e la chioma tondeggiante, nel susseguirsi delle stagioni, trasforma il fogliame dal verde scuro ad un rosso arancio brillante. I suoi voluminosi e gustosi frutti da verdi assumono a maturazione una bella colorazione arancione e possono pendere dai rami anche in inverno. 135 Larice Laryx decidua (Pinaceae) È una delle poche conifere che perde le foglie nel periodo invernale. La pianta è particolarmente usata per rimboschimenti d’altissima quota. In alta Val Brembana, dove esistono alcune tra le più belle colonie di vecchi larici, si tramanda la leggenda di una pastorella che, colta dal sonno, s’addormentò sotto un larice e, quando si svegliò, si ritrovò ricoperta di minutissimi aghi di un bel colore oro, sicché la massa dei suoi capelli neri s’era trasformata in una splendida cascata di riccioli biondi. Decise di presentarsi al suo fidanzato pensando di fargli una gradita sorpresa, ma egli non la riconobbe e la ripudiò. Delusa, fuggì verso il Vendullo, un vallone dalla fama sinistra dove scomparve travolta da una valanga. Quando l’innamorato si accorse dell’errore, colto dalla disperazione, impazzì, prese una pietra, la conficcò nel tronco di un larice. Quel vecchio larice campeggia ancora là sul pendio nei pressi della casera di Monte Colle. Leccio Quercus ilex (Fagaceae) Ha oggi un notevole impiego come pianta sempreverde ornamentale, in viali, giardini e parchi. La leggenda vuole che il suo legno venne usato per costruire la Croce di Cristo e, tuttavia, è anche un albero privilegiato perché contribuì alla sua redenzione. 136 Maggiociondolo Laburnum anagyroides (Leguminosae) Detto anche Avorniello, è un piccolo albero di grande effetto ornamentale per i vistosi grappoli di fiori e, per questa ragione, è molto impiegato nei parchi e nei giardini. Il legno è resistente e duro ed è utilizzato per costruire sedie, cerchi di botti e strumenti musicali a fiato. Tutta la pianta è velenosa. La tragedia del Vajont è l’immagine più cruda del deturpamento provocato dall’uomo ma, anche in quella tragedia, vi è una breve storia d’amore fra una betulla ed un maggiociondolo che cercavano invano di baciarsi piegati dal vento: “…fu il Vajont che li unì. Strappati e trascinati via dall’acqua, si toccarono per un breve istante. Così, prima di morire, anche il maggiociondolo ebbe un po’ d’amore, mentre dalle rive sparivano altri alberi, la gente, e la gioia di vivere, e tutto quello che ci aveva fatto sperare in un futuro migliore”. Melograno Punica granatum (Rosaceae) È un piccolo albero e, talvolta, arbusto spesso ramificato e contorto. Dopo un periodo di oblio, questo alberetto è oggi particolarmente apprezzato per le sue doti ornamentali e, spesso, esemplari secolari sono reintrodotti nei giardini e nei parchi. Del resto, è una delle piante che sin dall’antichità è coltivata per i fiori e per i frutti. Omero ne parla come di un frutto comune. Sono famosi i versi di Pascoli del “melograno, a cui tendevi la pargoletta mano…” 137 Mandorlo Prunus amnygdalis (Rosaceae) Era considerato già nel 1000 a.C. dai Frigi dell’Asia Minore come il sacro albero della vita perché i fiori sono i primi a comparire dopo l’inverno. I Greci credevano che Fillide, sposa di Demofonte, re di Atene, fosse stata trasformata in un mandorlo dagli Dèi dopo che si era uccisa, perché credeva di essere stata abbandonata dal marito. Consideravano l’albero un simbolo di fertilità. Notissimi sono i mandorli della Valle dei Templi, presso Agrigento, che conferiscono alla valle stessa un fascino particolare nel periodo della loro fioritura. Melo Malus domestica (Rosaceae) È l’albero della tentazione: nella sua undicesima fatica Ercole riuscì ad impossessarsi dei pomi d’oro che crescevano nel giardino delle Esperidi; quando gli Dèi dell’Olimpo invecchiavano, mordevano una mela per recuperare la gioventù; fu a causa di una mela (donata da Paride a Venere) che scoppiò la guerra di Troia. È nota la mela che indusse Adamo ed Eva ad addentarla, nonostante il divieto divino e, quindi, è divenuta anche il simbolo del male e delle cattive tentazioni. Di buono si può affermare che Newton intuì la legge di gravità quando, mentre riposava sotto la pianta… cadde una mela. 138 Nespolo giapponese Eriobotrya japonica (Rosaceae) È una pianta originaria di Cina e Giappone. La sua coltivazione è stata introdotta in Europa da un paio di secoli a scopo ornamentale e per la produzione di frutta. Predilige climi miti, soprattutto perché, avendo fioritura autunnale, le gelate renderebbero sterili i fiori. Le piante di nespolo giapponese vengono talvolta colpite da una particolare malattia batterica, chiamata generalmente “colpo di fuoco batterico”. Le parti della pianta colpite da questa malattia vanno prontamente potate e bruciate, per impedire che i batteri si diffondano, pena la morte delle piante colpite. Nocciolo Corylus avellana (Corylaceae) È una delle piante spontanee che vivono nel nostro paese. Assume un portamento tipicamente arbustivo, irregolare, con fusti sottili e molto ramificati. È coltivato per la produzione dei suoi frutti tondi o allungati e molte varietà sono coltivate a scopo ornamentale: Nocciolo a fogliame rosso, o la varietà “Contorto”. La nocciola è impiegata in alimentazione e nella cosmesi. Albero della fecondità, di buon augurio e benedetto. In Germania venivano offerte nocciole alle spose novelle; era credenza popolare che chi avesse vicino questa pianta, non venisse mai colpito dai fulmini. 139 Noce Juglans regia (Juglandaceae) È un grande albero che ha notevole impatto ornamentale e di interesse economico. È presente e diffuso in tutta la penisola. Oggi viene coltivato sia per la produzione del frutto, che per la produzione del legno che, come è noto, è pregiato e di facile lavorazione. Inoltre, dal frutto non ancora maturo, si prepara un liquore, il nocino, molto apprezzato e riscoperto in questi anni. Al noce sono legate leggende e riti pagani, poiché è stata sempre una pianta di “casa”. Le streghe fuggivano al rogo trasformandosi in noce. I Longobardi svolgevano la festa della pubertà sotto la chioma dei noci. Olmo campestre Ulmus minor (Ulmaceae) È un albero tipico dell’ambiente italiano e diffuso in tutte le regioni. Tuttavia, a partire dagli anni Trenta, un fungo micidiale ha portato alla quasi sua scomparsa. Recenti studi hanno permesso di dare vita ad alcuni cloni immuni al fungo e, dunque, si spera di reintrodurlo massicciamente nelle città e nelle campagne. Molti poeti antichi citano gli olmi quale pianta sepolcrale: “dove hanno sede i sogni vani che stanno affissi sotto le sue foglie. Un olmo vigilava le porte degli inferi che Enea stava per varcare, mentre di olmi frondosi era formato il tumulo che Achille eresse in onore di Eezione, da lui stesso ucciso. L’olmo è citato spesso nell’antichità per l’utilità del legno e delle proprietà medicinali. Per alcuni, l’olmo fu il primo ad apparire sulla terra per donare all’uomo il fuoco. Infatti, le sue radici secche, opportunamente strofinate, consentono di creare il fuoco. 140 Olmo del Caucaso Zelkova carpinifolia (Ulmaceae) Albero alto fino a 30 m, con chioma espansa, regolare, sorretta da rami a portamento arcuato verso l’esterno. Il tronco è dritto, robusto, completamente ramificato a breve distanza dalla base, profondamente scanalato e rivestito di una scorza opaca, rugosa. Le foglie sono glabre e di colore verde intenso su entrambe le pagine. Olmo montano Ulmus glabra (Ulmaceae) È un albero originario dell’Europa, diffuso in tutto il continente. È presente nella Penisola italiana, privilegiando quote da 400 a 1300 metri di altitudine. È un albero longevo. Famoso è l’esemplare che si trova nell’Appennino bolognese, presso il Santuario della Madonna dell’Acero, che pare superi i 1500 anni d’età. Il legno è pregiato, richiesto per la creazione di strumenti musicali ad arco, per la fabbricazione di mobili, per il rivestimento di pareti, di pavimenti, etc.. I ceppi e le escrescenze legnose erano assai ricercati per farne tabacchiere. Dalla linfa del tronco si ricavano sostanze zuccherine analoghe a quelle della canna da zucchero, ma un prelievo eccessivo nuoce all’esistenza stessa dell’albero. Le foglie costituiscono un ottimo foraggio per capre e pecore. 141 Ontano bianco Alnus incana (Betulaceae) È una pianta che, con le sue radici, si ancora al suolo rendendolo più stabile. Il legno resiste bene alla sommersione in acqua e viene utilizzato per palificazioni oltre che per lavori di intaglio e al tornio. Il legno fornisce un carbone con cui si prepara polvere pirica. Le foglie sono un alimento per il bestiame. Ontano napoletano Alnus cordata (Betulaceae) È una pianta propria dell’Italia Meridionale e della Corsica e si differenzia dalle altre specie che sopportano i climi freschi e il gelo, questa predilige climi e luoghi più miti. Le foglie sono verdi e lucenti e finemente seghettate; le infruttescenze sono più lunghe degli altri ontani. Per queste caratteristiche talvolta è piantato nei parchi. 142 Ontano nero Alnus glutinosa (Betulaceae) Come tutti gli ontani, ha un’importanza notevole poiché le sue radici hanno la capacità di fissare l’azoto ed è, per questa ragione, utilizzato nei rimboschimenti, nelle opere di rinaturazione di aree degradate e per consolidare terreni franosi. Gli ontani sono certamente stati usati dall’uomo primitivo per costruire le palafitte. Palma nana Chamaerops humilis (Palmae) Questa specie è l’unica palma che nasce spontanea in Europa, diffusa lungo i litorali soleggiati e caldi ed è una tipica pianta della flora mediterranea. La “Palma di San Pietro” trova largo impiego come pianta ornamentale nei giardini delle città prossime al mare. Le foglie, ridotte in strisce sottili, servono a preparare cestini, stuoie, borse e sottocoppe e, come ricorda Marziale, per fabbricare scope. Sempre dalle foglie, si ricava il “crine vegetale” dopo averne separato le fibre più grossolane. Secondo una versione accreditata, si narra che per fare la croce del Signore furono impiegati quattro legni, ad ognuno dei quali venne attribuito e associato un preciso significato: al Cedro l’incorruttibilità, al Cipresso il lutto, alla Palma nana l’identificazione con la fenice e all’Ulivo la consacrazione, l’“Unto” del Signore, il Messia. La palma è da allora indicata come la pianta della resurrezione e tutt’oggi ha un grande valore simbolico nelle festività della Pasqua. 143 Orniello Fraxinus ornus (Oleaceae) È un albero o arbusto con rami ascendenti e chioma arrotondata ed è abbastanza presente nella penisola. È poco impiegato nei giardini e parchi. Tuttavia, praticando una incisione nel tronco dell’Orniello, sgorga la “manna” che si rapprende a contatto con l’aria e dalla quale si estraeva la mannite utile per le proprietà emollienti e rinfrescanti. Il legno ha quasi le stesse qualità e gli usi del frassino. Pero Pyrus communis (Rosaceae) È originario dell’Asia minore ed è molto rustico. Si dice che, un giorno di tanti anni fa, in Campania, un frate questuante, durante il suo giro, bussò al portone di una villa. Ricevuto l’obolo, nell’attraversare la campagna, il francescano s’imbatté in alcuni contadini che erano intenti ad abbattere un pero. Interrogati dal monaco sul perché di quel loro lavoro, risposero che l’albero non dava frutti ormai da diverse stagioni e che era giunto il tempo di metterlo al fuoco. Il religioso consigliò loro di lasciarlo vivere ancora qualche anno perché era bene avere pazienza. Sbigottiti da quelle parole, i contadini ripiantarono il pero. L’estate seguente i rami di quell’albero erano carichi di frutto. Fino a pochissimi anni or sono l’albero produceva ancora pere. 144 Pesco Prunus persica (Rosaceae) Deve il suo nome alla sua zona d’origine, la Persia ed in molte zone italiane i suoi frutti sono ancora chiamati persici. Ad Andora, nel savonese, la Chiesa di S. Giovanni presenta un particolare curioso: la porta di accesso si apre verso monte, voltando le spalle al paese. La leggenda più accreditata vuole che il Papa mandò un Nunzio Apostolico che venne però ucciso dagli Andoriani, accecati dall’ira; il Papa decretò allora l’apertura della porta verso il monte, in segno di lutto e scomunicò Andora. A causa della scomunica, vi fu un’invasione di formiche che divorarono tutto, anche i bambini nelle culle. Un giorno miracolosamente su un pesco fiorì e maturò una pesca, portata immediatamente al Papa, in segno di perdono. Il Papa revocò allora la scomunica e la situazione tornò nella normalità. Pino d’Aleppo Pinus halepensis (Pinaceae) È una conifera che a volte ha un portamento eretto e a volte abbastanza contorto. È un albero che cresce abbarbicato alle rocce e che si affaccia sul mare in posizioni abbastanza ardite. È in assoluto il pino più diffuso del Mediterraneo, essendo anche quello che ha meno necessità di coltivazione. Il legno è duraturo e pesante. La resina che si ricava è quella di migliore qualità delle altre conifere. Alcune varietà, brevifolia, rotundata sono impiegate a scopo ornamentale. 145 Pino domestico Pino Himalayano Pinus pinea (Pinaceae) È una grande conifera tipica dell’ambiente mediterraneo con la sua forma ad ombrello. Ispiratore di poeti, pittori e musicisti, il pino rappresenta un elemento familiare del paesaggio italiano. Il legno molto resinoso è resistente all’umidità. Oltre ad essere usato in falegnameria, serve alla produzione della cellulosa. I pinoli sono usati in migliaia di ricette culinarie. Pinus excelsa (Pinaceae) Originario dei monti dell’Himalaya, dove occupa zone poste tra i 2000 e 3000 metri di altitudine, fu introdotto in Europa dal Nepal nel 1823. È un albero di prima grandezza che raggiunge la ragguardevole altezza di 45 metri, impiegato nei parchi e giardini per la sua particolare eleganza e per la resistenza ai parassiti fungini. La chioma è espansa e conica, i rami aperti e pendenti. Le pigne sono lunghe cm 15 leggermente incurvate e le foglie aghiformi sono sottili, piuttosto lunghe fino cm 28 e di colore verdebluastro. Il legno è duro e resistente e nel paese d’origine è impiegato nell’edilizia e nella fabbricazione di tavolame. Dalle radici si estrae un’essenza che veniva usata come insetticida nelle risaie. 146 Pino marittimo Pinus pinaster (Pinaceae) È una conifera molto diffusa nel bacino mediterraneo ed è stato utilizzato nei rimboschimenti dei litorali. Infatti, è resistente alla salsedine ed è impiegato per formare barriere frangivento. Oltre al legno, fornisce una resina pregevole e, come estratto naturale, un eccellente antiossidante. Pino nero Pinus nigra (Pinaceae) Deve il nome alla chioma fitta e di colore verde scuro. Può sopportare i venti ricchi di sale e l’inquinamento e, perciò, viene spesso utilizzato come frangivento o come schermo intorno agli stabilimenti industriali. Assieme al Cedrus atlantica e al Pinus pinea, il Pinus nigra è la conifera che viene spesso utilizzata per la microrrizzazione delle radici, inoculando spore di tartufo bianchetto, brumale o marzuolo 147 Pino silvestre Pinus sylvestris (Pinaceae) È una grande conifera diffusa in tutta Europa. Il legno è di ottima qualità ed è impiegato nella fabbricazione dei mobili. Dalle gemme si estrae un olio essenziale impiegato nella cosmesi. Dalle pigne fermentate con grappa e zucchero si ricava un ottimo liquore. Pioppo bianco Populus alba (Salicaceae) È un grande albero a portamento eretto; si ricordano le sue varietà con la corteccia liscia e biancastra e con foglie argentate. È piantato a scopo ornamentale nei parchi e nei giardini, per la sua maestosità e la bellezza del tronco. Non rilascia la lanugine ed oggi è più spesso impiegato nei rimboschimenti delle fasce ripariali ed è usato ampiamente per la realizzazione delle paste di cellulosa. 148 Pioppo cipressino Populus nigra var. Italica (Salicaceae) È un grande albero presente nella nostra penisola. La chioma è colonnare, stretta ed affusolata. È impiegato nei giardini e nei parchi; è utilizzato ampiamente in filari presso le nobili ville e lungo i viali. Ancora oggi sfila eretto lungo i fiumi e canali. I soggetti maschi non rilasciano lanugine. Stendhal ne ammirava l’eleganza, Napoleone lo preferiva ad altri alberi. Per la sua facilità a radicare e crescere rapidamente, era considerato un albero magico e simbolo della vita. Nelle feste popolari i rami dovevano toccare il terreno per attingere vitalità e forza ed essere distribuiti per piantarli in un campo di lino: se radicavano la località era considerata benedetta. Pioppo nero Populus nigra (Salicaceae) Tutta la famiglia dei pioppi è parte integrante del nostro paesaggio e il pioppo nero è quello più diffuso spontaneamente nel nostro ambiente. È il pioppo femmina che rilascia la lanugine bianca che spesso ricopre il terreno. Il legno è stato usato per il carbone vegetale, la radica è stata adoperata dagli intarsiatori. I Romani usavano le foglie come foraggio e usavano conservare nella segatura molti frutti. Sembra che nel 1898, nell’intrigo delle radici di un pioppo abbattuto, fu ritrovata una lapide incisa da navigatori scandinavi che portasse la data del 1362, testimonianza di un approdo in terra americana 100 anni prima di Colombo. 149 Pioppo trèmolo Populus tremuloides (Salicaceae) È un bell’albero con tronco dritto coronato da una chioma sorretta da rami ascendenti. Le foglie hanno un lungo picciolo che permette loro di “tremolare ad ogni alito di vento”. I pioppi, oltre alla produzione della cellulosa, sono oggi fortemente impiegati in impianti che servono alla produzione di biomasse e quale combustibile per reperire nuove fonti energetiche. Platano Platanus orientalis (Platanaceae) È un albero imponente impiegato a scopi ornamentali per parchi, viali e grandi giardini. Racconta Erodoto che Serse incontrò Lidia nei pressi di un platano, così grande e maestoso, che vi rimase un giorno a riposare alla sua ombra e ad ammirarlo. Quando levò il campo, fece appendere ai suoi rami bracciali e gioielli preziosi. Plinio ricorda un platano della Licia con il tronco cavo ed ampio, che era capace di ospitare una ventina di persone. Sotto un platano, Ercole uccise l’Idra di Lerna; all’ombra di un platano Socrate filosofava ed Ippocrate insegnava medicina. 150 Robinia Robinia pseudoacacia (Leguminsae) È un albero proveniente dagli Stati Uniti, che in duecento anni si è diffusamente insediato nel nostro paese. La sua resistenza, le poche esigenze e l’adattabilità al clima e al terreno, ne fanno una pianta infestante che rischia di soppiantare le altre piante tipiche del nostro paesaggio. L’albero, tuttavia, fissa l’azoto atmosferico, migliora i terreni poveri ed è un ottimo combustibile. Per la sua abbondante presenza, il legno trova largo uso nella realizzazione di utensili agricoli. I fiori sono appetiti dalle api e se ne ricava un ottimo miele. Sulla robinia sono state create delle varietà da innesto come la “Casque rouge”, la “Hispida rosea”, la “Tortuosa” e la “Pyramidalis” che sono impiegate nei giardini e parchi per le loro fioriture e le qualità ornamentali. Roverella Quercus pubescens (Fagaceae) È tra le querce quella più diffusa nel nostro Paese e, spesso, è usata oltre che a scopo ornamentale, negli impianti di arboricoltura per la produzione del legno. Quest’ultimo è molto duro e resistente all’acqua. Le ghiande sono impiegate per l’alimentazione del bestiame. 151 Rovere Quercus petraea (Fagaceae) È un albero imponente e, tuttavia, di grande importanza per le qualità ornamentali e per il legno particolarmente pregiato. Per questa ragione, in passato è stato largamente utilizzato, fino a ridurne considerevolmente la presenza nel nostro Paese. È l’albero della “tradizione marinara”; di rovere erano le caravelle di Colombo; la pianta teneva alla larga streghe e diavoli. Di rovere era la foresta bretone di Paimpol, dove Merlino aveva la sua dimora: chi si addentrava in questo bosco incantato, ne usciva vecchissimo, senza la cognizione del tempo trascorso. Salice bianco Salix alba (Salicaceae) Come tutti i salici, predilige i terreni umidi e freschi. Nasce e vive spontaneamente e prevalentemente lungo i corsi d’acqua. I rami sono usati per confezionare ceste e pertiche. I salici consolidano i terreni franosi e le ripe. I rami flessibili ed elastici venivano impiegati per legare le viti e realizzare ceste. Il legno è usato oggi per produrre pasta da cellulosa e, in Olanda, serve a fabbricare gli zoccoli tradizionali. 152 Salice odoroso Salix pentandra (Salicaceae) È così chiamato per il buon profumo che emanano le foglie giovani, leggermente resinose. In Italia è diffuso sulle Alpi fino ai 2000 metri di quota, in zone paludose o torbose, e ai bordi degli stagni o dei torrenti. Gli ebrei celebravano con esso la festa delle capanne per ricordare l’affrancamento dalla schiavitù egiziana, come ricordato nel Levitico. Salice piangente Salix babylonica (Salicaceae) È un bell’albero inconfondibile, i cui rami penduli e ricadenti dalla chioma arrivano a toccare terra. È ampiamente usato nei parchi, nei giardini e lungo i corsi d’acqua. Il nome babylonica deriva, secondo le interpretazioni, dal sentimento di rimpianto della patria perduta dagli ebrei che, ridotti in schiavitù a Babilonia, appesero sui rami dei salici le loro arpe. 153 Salicone Salix caprea (Salicaceae) Per il suo carattere pionieristico, è utilizzato nella rinaturazione ambientale. Anch’esso tipico delle zone umide e vicine ai torrenti, è stato coltivato pure per la salicina, estraibile dalla corteccia, sostanza febbrifuga per antonomasia. Sambuco comune Sambucus nigra (Caprifoliaceae) Vive ad un’ altitudine di 900-2000 metri ed è un arbusto che si differenzia da quello comune perché è più piccolo e i frutti sono drupe di 4-5-mm di colore rosso scarlatto, che conferiscono alla pianta un aspetto molto decorativo ed ornamentale. Le drupe contengono vitamine con le quali si preparano sciroppi per curare raffreddori ed influenze. Dalla fermentazione e distillazione si ricavano bevande alcoliche. 154 Sambuco montano Sambucus montano (Caprifoliaceae) È un piccolo arbusto diffuso e tipico della nostra penisola. Emana un odore acre e pungente. Il legno non ha particolare valore ma il midollo viene usato nella tecnica microscopica. I frutti di color nero violaceo, al pari della corteccia, servono a preparare decotti purgativi e curativi dei reumatismi e delle affezioni respiratorie. In molti paesi, i frutti sono usati per preparare marmellate; le infiorescenze seccate messe in infusione con il vino conferiscono un eccellente gusto di moscato. Gli stessi fiori servono a preparare frittate. Le foglie seccate e polverizzate servono a combattere i parassiti delle piante. Sequoia Sequoiadendron gigantea (Taxodiaceae) È una conifera originaria della Sierra Nevada californiana, e vive fino a 2000 m di altitudine. Albero di prima grandezza per le altezze che raggiunge (oltre 100 m), per la massa legnosa imponente e per la longevità straordinaria. Fu introdotta in Europa nella seconda metà dell’Ottocento e oggi non è infrequente trovarla negli orti botanici e in molti parchi. La più grande sequoia si trova in California con il nome di “General Grant”; è alta 80 m con una circoferenza del tronco di 24 m ed un peso calcolato di 2000 tonnellate. Possono vivere fino a 3000 anni . Il legno non trova impiego essendo leggero e fragile. 155 Sofora Sophora japonica (Leguminosae) Originaria della Cina, fu introdotta nel 1747 in Europa. È un albero molto impiegato a scopo ornamentale nei parchi, giardini e viali alberati. La ramificazione è contorta e piangente. I fiori, tardivi e profumati, la rendono appetita dalle api e affascinante anche in inverno. Resiste all’inquinamento. I fiori e i frutti contengono una sostanza colorante gialla usata per tingere le sete. La varietà “Pendula” è molto decorativa e diffusa nei giardini. Sorbo degli uccellatori Sorbus aucuparia (Rosaceae) È un albero di medie dimensioni presente nei boschi europei. Oggi è di nuovo piantato, poiché tutti gli uccelli sono ghiotti dei frutti. Il duro e compatto legno è impiegato per lavori al tornio e di intaglio. Nei paesi nordici (Norvegia, Svezia e Scozia) era considerato un albero magico: i suoi rami, carichi di frutti, erano usati per scongiurare la cattiva sorte e cacciare le streghe. 156 Sorbo domestico Sorbus domestica (Rosaceae) È un piccolo albero con una fitta chioma piramidale e, nella penisola, la sua presenza è ormai abbastanza ridotta. Già in epoca romana dai suoi frutti, dopo aver subìto un processo di fermentazione, si ricavava un apprezzato “vino di sorbe”. Successivamente il legno compatto e resistente venne utilizzato per costruire ingranaggi, carrucole ed elementi per pianoforte. Oggi la coltivazione in giardino, per curiosità o per ornamento, avviene per innesto sul pero o sul cotogno, per ottenere frutti migliori e in più breve tempo. Spino di Giuda Gledistsia triacanthos (Leguminosae) È un albero proveniente dagli Stati Uniti insediatosi in Europa a partire dal XVIII secolo. Viene impiegato a scopo ornamentale nei parchi, nei giardini e lungo i viali. La caratteristica principale è che il tronco e i rami sono ornati di lunghe e robuste spine e che sui rami, leggermente penduli, si formano dei grandi baccelli che persistono sulla pianta per tutto l’inverno. Il legno durissimo veniva impiegato per costruire attrezzi agricoli e per realizzare i pioli delle scale. 157 Sughera Quercus suber (Fagacea) È una delle querce sempreverdi del clima mediterraneo che oggi viene utilizzata e piantata in esemplari secolari nei parchi e nei giardini, anche a scopo ornamentale. Il legno non ha grande valore. Nei primi anni, la corteccia è liscia e, dopo trent’anni, è spessa e spugnosa; dopo opportune asportazioni e trasformazioni, si ricava il sughero che è stato usato sin dall’antichità. I Romani usavano il sughero per le suole delle scarpe e, dalla macerazione della corteccia, come quella di tutte le querce, veniva ricavato l’acido tannico, che serviva alla concia delle pelli e alla tintura dei tessuti. Da tempo è ampiamente coltivato a scopo industriale. Nonostante i tentativi di usare la plastica, non è immaginabile una bottiglia di buon vino senza un tappo di sughero. Susino Prunus domestica (Rosaceae) È pianta sacra e benaugurante nell’estremo Oriente, di cui è originario. Il legno di tutti i Prunus ha un durame rossastro e un alburno bruno pallido. È duro e denso e, se lucidato, dà buoni risultati. Nel Gargano la “ciaramella”, strumento musicale tipico a fiato, è appunto di susino. 158 Tasso Taxus baccata (Taxaceae) È un albero longevo e ad accrescimento lento. Vi sono esemplari che hanno un’ età di 2000 anni con 5 m di circonferenza di tronco. È’ impiegato nei parchi e giardini per l’effetto ornamentale degli esemplari adulti. Il frutto è formato da un involucro verde che, a maturazione, assume un vivace colore rosso, all’interno del quale esiste un seme particolarmente velenoso. È detto “albero della morte” poiché i rami e le foglie sono tossiche. Il legno è ricercatissimo e veniva utilizzato per costruire gli archi, oltre che impiegato in lavori di tornio e per mobili di lusso. Tiglio nostrano Tilia platyphyllos (Tiliaceae) È una pianta profumata impiegata nei parchi, giardini, viali. Il tiglio è l’albero della dolcezza, dell’amicizia e della fedeltà. I greci lo utilizzavano molto per le sue qualità terapeutiche: corteccia, foglie e giovani rami hanno proprietà calmanti e digestive. Il miele di tiglio è uno dei migliori. Nel Medio Evo e in alcune zone della Germania veniva considerato l’albero del giudizio e il suo nome era sinonimo di tribunale. Sotto l’albero si conversava ed è per questa ragione che spesso i luoghi di incontro, come le piazze, venivano adornate con i tigli. 159 Tuia Tuja occidentalis (Cupressaceae) Vive in Nordamerica in luoghi dove è densa l’umidità atmosferica. Fu importato in Europa nella metà del 1500. È un albero ornamentale, spesso impiegato nei parchi e giardini. Il legno, tenero e leggero, era usato prima dell’avvento delle fibre di vetro per costruire imbarcazioni. Il legno è rossastro e duro, pesante ed omogeo ed è impiegato in ebanisteria e per lavori di tornio. La pianta è molto tossica e questa sua caratteristica è conosciuta da almeno 200 anni. La pianta contiene un’ essenza aromatica, la thuyone, dal potere fortemente convulsivo. A questa essenza si riconosce il potere diuretico ed effetti sedativi. Inoltre, si utilizza in cure fitoterapiche contro le malattie reumatiche, nevralgie e per curare le verruche. Vallonea Quercus vallonea (Fagaceae) È una quercia molto più piccola delle altre e vive nel clima mediterraneo. Nel nostro Paese è quasi scomparsa e sarebbe necessaria un’azione di reintroduzione nel territorio. Le ghiande piacciono al bestiame, e il legno è solido e duro. Nella mitologia greca quest’albero era consacrato a Giove e, dunque, personificava Dio stesso. Il suono prodotto dalle sue fronde manifestava la volontà di Giove. 160 Vimine Salix Viminalis (Salicacee) È un piccolo arbusto con foglie abbastanza lunghe di colore argenteo nella pagina inferiore, con una fitta peluria, mentre in quella superiore sono glabre e di un bel verde intenso. Come tutti i salici, predilige terreni freschi ed umidi ed è comune in tutta Europa. Il vimine, assieme al salice bianco, è stato diffusamente coltivato per utilizzare i suoi rami che, essendo flessibili, dopo un periodo di macerazione nell’acqua e privati della corteccia, si usavano e si usano tuttora per realizzare lavori di intreccio come cesti, panieri, sedie, etc.. Il vimine è stato adoperato nell’economia rurale anche per le legature dei tralci delle viti. In sostanza, era un valido sostituto delle corde. 161 Sommario Un patrimonio e un’esperienza al servizio della città . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. Un laboratorio permanente di formazione ed educazione ambientale . . . . . . . . » Un progetto per l’Umbria e il Paese . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » I principali dati del Bosco didattico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » Ambiente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » Legenda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » Planimetria del Bosco didattico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » Classificazione botanica di alberi, arbusti, erbacee . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » Alberi, arbusti ed erbacee: nomi e cognomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » Immagini e luoghi del Bosco didattico. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L’Arboreto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il Bosco planiziale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il Bosco ripariale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il Frutteto di antica coltivazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il Rosarium. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Le Aiuole delle erbacee perenni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La Serra tropicale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La Serra delle cactacee e succulente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La Serra della limonaia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il Laghetto delle ninfee . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La Fontana, il ruscello e il laghetto del fior di loto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . La Lumaca. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L’Antico canale e l’avifauna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Ostello per la Gioventù - Villa Giardino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Centro naturalistico regionale: “Acqua, Aria, Terra, Energia” Torre del Molino della Catasta. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 ragioni per piantare un albero.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Vuoi di più da un albero?.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » » » » » » » » » » » » » » » 5 7 9 11 14 15 16 18 20 22 23 25 46 50 52 56 63 67 73 83 86 89 92 93 99 » 102 » 104 » 105 Alberi e arbusti tra leggende, curiosità e utilità: schede . . . . . . . . . . . . . . . . » 107 163 Questo volume è stato realizzato con la preziosa collaborazione delle seguenti aziende: Finito di stampare nel mese di marzo 2007 da Tipografia Agraf - Perugia