Guida
al Bosco didattico
Ponte Felcino - Perugia
Regione Umbria
Comune di Perugia
Provincia di Perugia
TESTI
Gianfranco Angeloni
Claudio Bazzarri
Lucia Ciambella
Luca Crotti
Fabio Fantucci
Mauro Frattegiani
Moreno Moraldi
Francesca Pierotti
Piero Rosi
Silvia Valiani
IMPAGINAZIONE
Simone Caligiana
Fausto Castraberte
DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA
Studioemme, Alberto Bonucci
Un patrimonio e un’esperienza al servizio della città
Questo piccolo manuale colma una lacuna, per la mancanza di una pubblicazione guida
del Bosco didattico e, nello stesso tempo, svolge un’azione di promozione, perché accende
i riflettori su uno spaccato di storia ambientale e naturalistica molto particolare all’interno
del pur complesso territorio urbano di Perugia. La creazione del Bosco didattico, molti anni
fa, rispondeva prima di tutto a obiettivi pedagogici, con l’intento di educare specialmente i
giovani all’apprendimento dell’incredibile varietà della vegetazione, non soltanto quella a
noi più familiare. Oggi ha finito con l’assumere anche una valenza di oasi naturale, parco,
area verde, spazio di socialità e di benessere, all’interno di una parte della città caratterizzata dal percorso del Tevere e contraddistinta da una spiccata vocazione ambientale.
Passeggiare nel Bosco didattico può risultare estremamente utile per lo studio della
botanica, ma anche, più semplicemente, rappresentare un salutare percorso ben dentro quella biodiversità che normalmente non vediamo nelle nostre città. In tal senso è
sempre e comunque un importante stimolo per riflettere su quale ricchezza la natura
ha messo a disposizione dell’uomo e quanto grande sia il rischio di disperdere, anno
dopo anno, questo patrimonio in nome e per colpa di uno sviluppo talvolta scriteriato.
Il Bosco didattico di Ponte Felcino quindi è un monito, prima ancora di un catalogo
vivente della vegetazione e, come tale, va colto. È anche il frutto di un’idea abbastanza rara in altre città. Anzi, per caratteristiche e dimensioni oltre che per numero e tipo
di piante, il Bosco è quasi unico.
L’obiettivo, dunque, non può essere che quello di valorizzare la sua presenza, tutelarne
la continuità e lavorare per una crescente qualità. Un aspetto molto importante è naturalmente il contesto complessivo in cui il Bosco è inserito, ovvero un’area di Ponte
Felcino che è stata oggetto di grande attenzione da parte del Comune di Perugia.
Strutture storiche di notevole pregio e significato per lo sviluppo del quartiere (la Torre
trecentesca del Molino della Catasta ristrutturata e trasformata in Ostello per la
Gioventù) sono oggi un complemento decisivo del Centro naturalistico regionale e rappresentano, assieme al Bosco didattico, quella virtuosa interazione tra opera dell’uomo
e rispetto dell’ambiente che fa parte della moderna sensibilità ambientale.
Ai fini di una maggiore conoscenza di questo patrimonio, anche la guida quindi è un
tassello importante, frutto di un lavoro realizzato con passione e competenza.
Il Sindaco
Renato Locchi
5
Un laboratorio permanente
di formazione ed educazione ambientale
Questa pubblicazione rappresenta un’importante guida per conoscere una delle realtà
ambientali più rilevanti della nostra Regione. L’attività del bosco è partita nel 1990 e,
dopo 16 anni, si sentiva l’esigenza di qualcosa che facilitasse la visita ai tanti frequentatori interessati (turisti, cittadini, agenzie educative etc.) e che attestasse lo sforzo di
chi in questi anni ha lavorato alla nascita, alla costruzione, all’implementazione e alla
cura del bosco didattico.
La guida non rappresenta un punto d’arrivo ma un invito a proseguire ad arricchire e
valorizzare sempre di più il bosco per l’alto contenuto didattico, ambientale, naturalistico.
Una vera e propria biblioteca in cui vivono alberi e fiori rappresentativi di molte famiglie
botaniche, provenienti da diverse parti del mondo, in un contesto ambientale di pregio
ricco di volatili, specie ittiche, ruscelli, laghetti.
Nel corso di questi anni in quell’area sono stati eseguiti importanti interventi: la
ristrutturazione della Torre del Molino della Catasta, sede del Centro naturalistico
regionale e dell’Ostello della Gioventù, luogo di accoglienza turistica. Compito delle
istituzioni è quello di fare uno sforzo in più e cercare di dare vitalità a questi contesti.
Il bosco è situato nella zona di Ponte Felcino in un territorio in cui scorre la più vasta
infrastruttura ambientale della nostra Regione: il fiume Tevere, che attraversa da nord a
sud tutto il territorio regionale. Il Tevere rappresenta una risorsa fondamentale sia sotto il
profilo culturale, storico e identitario nonchè, se adeguatamente valorizzato, economico.
La Regione Umbria, a questo proposito, è impegnata nella promozione di tutto il bacino del Tevere insieme agli attori locali (istituzioni, associazioni, cittadini) in politiche
di protezione e valorizzazione necessarie ad uno sviluppo economico significativo e
sostenibile in tutta la sua percorrenza.
Lamberto Bottini
Assessore Ambiente e Sviluppo Sostenibile
Regione Umbria
7
Un progetto per l’Umbria e il Paese
Oggi più che mai la qualità della vita delle persone è legata alla possibilità di vivere
momenti di benessere a contatto con ambienti naturali, dove è possibile svolgere attività che permettano di recuperare tempi diversi da quelli a cui ci ha abituato la società consumistica. Questo è tanto più vero all’interno delle città o delle periferie urbane,
dove ai ritmi frenetici di vita e di lavoro si unisce anche il degrado dell’ambiente e del
paesaggio, il traffico, la mancanza di luoghi ricreativi e di incontro.
Il Bosco didattico di Ponte Felcino è stato creato in una zona fortemente antropizzata e,
tuttavia, il suo legame con il fiume Tevere è antico e profondo: è il fiume che ha segnato nel passato l’economia della zona, l’ambiente naturale, il microclima, gli insediamenti. La rinaturazione dell’area e il riavvicianamento della popolazione agli ecosistemi
in essa presenti, passa anche attraverso progetti come quelli del Bosco didattico, un luogo
per “imparare in maniera diretta”, attraverso la percezione di suoni e colori insoliti, della
ricchezza di alberi e cespugli, del canto degli uccelli; tutto questo a un passo dalla città,
come una piccola oasi dove trovare ristoro e benessere.
Dal punto di vista didattico è importante che i giovani escano dal chiuso delle aule e
vivano delle esperienze a diretto contatto con la natura, recuperando la capacità di
imparare dall’osservazione diretta, provando l’emozione della scoperta, il piacere della
conoscenza vissuta come un’avventura.
Il volume che qui presentiamo rappresenta un valido ausilio, con un approccio fruibile a tutti, per chi vuole essere informato in maniera scientificamente valida sulle caratteristiche del bosco, sulle sue valenze naturalistiche, grazie anche alla ricca documentazione fotografica che lo caratterizza. È importante infatti che chi visita il bosco sia
preparato alla sua complessa struttura impiantistica e vegetazionale, ovvero può essere utile al visitatore che ha già vissuto l’esperienza diretta a contatto con questo
ambiente, ritrovare all’interno di una pubblicazione i termini e la conoscenza scientifica che possano permettere di non disperdere e non dimenticare gli stimoli che ne sono
derivati. A volte il comune cittadino conosce l’ambiente solo nella accezione “lontana”
del termine, l’ambiente come limite, nel senso della conoscenza di luoghi esclusivamente da conservare nella loro integrità, e come tali inaccessibili, o addirittura nel suo
significato negativo, attraverso il conflitto ambientale, la discarica o l’impianto a pochi
passi da casa, gli scarichi nel corso d’acqua, i fumi delle industrie.
9
È intenzione della Provincia di Perugia promuovere invece l’ambiente in tutti i suoi
molteplici aspetti, in particolar modo la sua fruibilità, potenziando per tutti i cittadini
le numerose possibilità di formazione, di divertimento, di svago e le situazioni di aggregazione attraverso le quali conoscere il nostro territorio. A volte il concetto di fruibilità
può sembrare in antitesi con quello di tutela, e pertanto è necessario non trascurare che
la fruizione del territorio deve essere compatibile con la conservazione delle caratteristiche naturali dell’ambiente, trovando un equilibrio difficile ma necessario.
L’esperienza del Bosco didattico, che si basa proprio sulla ricerca di questo equilibrio,
rappresenta pertanto un modello da esportare anche ad altre aree del territorio provinciale e la pubblicazione che accompagna questo progetto può rappresentare un importante veicolo di divulgazione per far sorgere e sviluppare esperienze analoghe.
Sauro Cristofani
Assessore all’Ambiente
Provincia di Perugia
10
Introduzione
Con questo opuscolo il Comune di Perugia e il Comitato di gestione del Bosco didattico
mettono a disposizione dei cittadini, degli esperti, degli operatori del verde, delle agenzie
educative e formative e delle Istituzioni uno strumento di conoscenza e di divulgazione
di una delle opere pubbliche più importanti e, forse, meno conosciute della Città realizzata negli ultimi tempi.
Dopo 16 anni dalla realizzazione del Bosco didattico, siamo persuasi che avere deciso
di progettare e di investire risorse economiche e culturali per creare uno spazio verde
innovativo e qualificato è stata una delle scelte più coraggiose e significative che il
Comune di Perugia potesse compiere.
In effetti, è risultata una scommessa e una sfida, considerati i modelli culturali e le
gerarchie di valori che in questi anni si sono voluti imporre alla società italiana e che,
quasi sempre, hanno avuto come obiettivo una trasformazione economica e sociale
che spesso non ha tenuto e non tiene conto delle ragioni della natura e dell’ambiente.
Infatti l’uomo contemporaneo ha un difficile rapporto con le cose che lo circondano,
con la natura e con gli altri esseri viventi abitanti del nostro pianeta.
Spesso non si dà la giusta importanza alle emergenze ambientali quali il surriscaldamento del pianeta, i cambiamenti climatici, l’aumento delle aree di desertificazione, la
riduzione delle aree forestali, la lotta all’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo.
La costruzione e l’esistenza del Bosco didattico, così come lo conosciamo, è una piccola sfida per indicare una via per affrontare e risolvere questioni così vitali per il mondo
che abbiamo conosciuto e che vogliamo non solo conservare ma, se possibile, migliorare.
Infatti, si tratta di un impianto vegetale creato dal nulla, su una terreno di 8 ettari, che
vede presenti oltre 4.000 esemplari tra alberi, arbusti ed erbacee, rappresentativi di oltre
146 famiglie botaniche, suddivise in genere, specie e varietà, provenienti dalle diverse
aree geografiche del mondo.
Il Bosco didattico è stato pensato e organizzato per offrire uno spaccato della vegetazione del pianeta, con l’obbiettivo di realizzare un museo vegetale vivente.
Sono state messe a dimora in piena terra, da uno a tre esemplari per specie, piante
appartenenti alla vegetazione spontanea e naturalizzata in Italia, ma anche alberi ed
arbusti provenienti da altri continenti che possono vivere nel nostro ambiente.
11
Sono stati creati appositi spazi protetti e riprodotte le condizioni climatiche che permettono ad ogni pianta di vivere nelle migliori condizioni. In questo senso, gli spazi coperti costruiti accolgono una parte di vegetazione di provenienza tropicale, propria delle
aree desertiche e del bacino del Mediterraneo.
All’interno del Bosco didattico sono presenti importanti collezioni che riguardano le
rose, i frutti di antica coltivazione, le erbacee perenni, molte specie e varietà di bambù.
Un ruolo importante è rivestito dall’acqua, in primo luogo dal fiume Tevere, compresa la ricostruzione di un dignitoso ecosistema fluviale. Nell’allestimento del Bosco
didattico, l’acqua ha avuto un rilievo particolare, in linea con quanto realizzato in epoche precedenti sia qui che in tutte le zone geografiche del mondo.
L’acqua rappresenta infatti un elemento centrale e caratterizzante di moltissimi giardini e parchi botanici: dai giardini francesi a quelli giapponesi, dai grandi parchi delle
ville reali ai piccoli giardini privati, questo elemento ha sempre un ruolo di primo
piano.
All’interno del Bosco didattico sono presenti fontane, ruscelli, cascate e laghetti, oltre
ad uno stagno nella serra tropicale. Inoltre, è presente un canale artificiale che, per
secoli, è servito per dare energia alle attività molitorie e, successivamente, per alimentare una centrale idroelettrica.
Il canale su cui scorre l’acqua deviata del Tevere è stato risagomato ed oggi attraversa
tutto il bosco. Ciò ha permesso di creare degli habitat peculiari in cui sono stati inseriti
particolari forme viventi la cui vita sarebbe impossibile in un normale giardino: si tratta
soprattutto di animali come pesci, tartarughe e rane, ma anche vegetali come ninfee,
fiori di loto e alcune specie di papiro e di canne palustri.
Da tutto ciò ha tratto beneficio l’avifauna acquatica che si è insediata stabilmente non
solo nel Bosco didattico ma anche nel fiume. Il complesso vegetazionale, le strutture e
gli impianti costruiti possono essere osservati, studiati o, semplicemente, visitati camminando lungo i viali principali e i percorsi interni che garantiscono il massimo di
accessibilità e di fruizione. Questo libro, attraverso la legenda e le planimetrie dei siti,
aiuterà a percorrere il Bosco didattico, a riconoscere gli spazi, le strutture, gli impianti e le particolarità che sono presenti. Le immagini fotografiche dei luoghi del Bosco
didattico, le schede che illustrano gli alberi e gli arbusti potranno facilitare l’identificazione di una parte del materiale vegetale presente. L’ambizione che si è venuta a concretizzare è stata la creazione di un museo vegetale ed arboreo vivente; un libro aperto
della natura, che per essere conosciuta almeno in parte è sufficiente “sfogliarlo”, cam12
minando lungo i viali ed i percorsi, così da permettere a chi lo desideri di identificare
e conoscere le piante, osservare i cicli stagionali, nonché i colori dei fiori, delle foglie e
dei frutti, insieme alla forma e all’architettura degli alberi.
Il Bosco didattico è entrato nella fase della sua maturità e, nel corso dei prossimi anni,
le sue caratteristiche e peculiarità si apprezzeranno sempre di più.
Oggi ed ancora più domani, la Città, l’Umbria e l’Italia potranno contare su un grande parco, un grande giardino, un grande bosco quale luogo destinato ad accrescere la
conoscenza della natura, dell’ambiente e della promozione scientifica nei suoi molteplici aspetti che la caratterizzano. Il Bosco didattico e il Centro naturalistico regionale:
“Acqua, Aria, Terra, Energia” sono gli strumenti culturali, operativi ed organizzativi
per aprire una pagina nuova e ambiziosa della nostra città.
Claudio Bazzarri
Comitato di gestione
del Bosco didattico
13
I principali dati del Bosco didattico
Superficie totale: 80.000 m2
Superficie serre: 750 m2
Anno di inizio impianto: 1990
Famiglie botaniche presenti: 146
Specie botaniche presenti: 1.219
Piante arboree, arbustive ed erbacee: 4.000 circa
Come ci si arriva
Il Bosco didattico è di proprietà del Comune di Perugia. È situato in località Ponte Felcino,
a circa 7 Km dal centro di Perugia. È raggiungibile percorrendo la E-45, uscita Ponte
Felcino, si accede da Via Maniconi e Via della Trota.
Estate
Lunedi 16.00 - 19.00 Martedi/Sabato 8.30 - 12.00 / 16.00 - 17.00
Domenica 8.30 - 12.00
Inverno
Lunedi 15.00 - 17.00 - Martedi/Sabato 8.30 - 12.00 / 15.00 - 17.00
Domenica 8.30 - 12.00
L’ingresso alle strutture protette (serre) è possibile solamente nell’orario di presenza degli operatori. È
possibile effettuare visite guidate al Bosco didattico previo appuntamento.
Informazioni:
- Comune di Perugia 075.5771 - VI Circoscrizione 075.691256
- Centro di Educazione Ambientale - Ostello per la Gioventù 075.5913991
14
Ambiente
Il Bosco didattico è ubicato in Perugia, località Ponte Felcino, in una zona pianeggiante sulla destra idrografica del fiume Tevere, a 205 metri sul livello del mare. La zona è
intensamente antropizzata, con importanti linee stradali e ferroviarie che lambiscono
i vari centri urbani posti lungo l’asta fluviale e con ampie zone agricole caratterizzate
soprattutto da coltivazioni annuali.
Il substrato geologico è quello tipico delle zone poste lungo il corso dei grandi fiumi,
costituito da rocce sedimentarie di origine alluvionale formatesi nel pleistocene superiore. Si tratta di rocce derivate dall’accumulo di sabbie e ciottoli provenienti dai territori a
monte, trasportati dalle acque del Tevere, con un processo lento ma relativamente recente (il pleistocene è il periodo geologico antecedente a quello attuale ed è iniziato circa
1.200.000 anni fa). I suoli che si trovano in questi luoghi sono quindi caratterizzati da
un’elevata percentuale di sabbia, che assicura una buona aerazione del terreno e un
buon deflusso delle acque meteoriche. Tra le altre caratteristiche del suolo, va segnalata l’elevata profondità e il pH alcalino, oltre ad una discreta dotazione di elementi nutritivi. Per quanto riguarda la vegetazione, i boschi che ricoprivano originariamente la
zona sono quasi totalmente scomparsi, ad eccezione di una fascia residuale lungo le
sponde del Tevere in cui prevalgono specie tipiche delle aree ripariali: il pioppo nero, il
salice bianco e il pioppo bianco caratterizzano queste fasce boscate insieme alla robinia,
specie di origine nord americana oramai naturalizzata nel nostro paese.
Al di fuori delle aree ripariali, la vegetazione presente è quella tipica delle zone camporili dell’Italia centrale con prevalenza di roverelle, lecci, aceri campestri, olmi campestri e piante da frutto. Particolarmente suggestivi sono alcuni ambienti caratterizzati
da conifere introdotte dall’uomo nei secoli scorsi, come il Pino domestico (che forma
una bellissima pineta all’ingresso di Ponte Felcino e uno stupendo viale che porta a
Villa Bonucci) e il Cipresso comune (di cui si può ammirare un esemplare monumentale di fronte al Lanificio di Ponte Felcino).
15
Legenda
Accesso al Bosco didattico:
I Parcheggio Piazza Villa Giardino
II Parcheggio Cva - Bocciodromo
III Parcheggio Scuole
Arboreto
1 Alberi e arbusti ornamentali: Magnolia, Sinforicarpo, Pittosforo, Bambù, Palma,
Viburno, Ginkgo, Canna, Erba della pampa, Melograno, Corbezzolo, Paulonia,
Catalpa, Cercidiphyllum, Guajabo del Brasile, Tamerice, Agrifoglio.
2 Alberi spoglianti: Platano, Acero, Tiglio, Ippocastano.
3 Alberi ornamentali: Pino, Abete, Cedro, Tasso, Cefalotasso, Sequoia, Metasequoia,
Cryptomeria, Cipresso calvo, Larice, Edera.
4 Alberi spoglianti: Quercia, Betulla, Ontano, Pioppo, Salice, Sughera, Ruscus, Leccio.
5 Alberi spoglianti: Acero, Tiglio, Platano, Frassino, Liquidambar, Ippocastano.
6 Arbusti ornamentali: Corniolo, Scotano, Sommaco, Calicanto, Davidia, Vite,
Ribes, Lampone, Kiwi, Berberis.
7 Alberi spoglianti: Robinia, Sofora, Albizzia, Lillà delle Indie, Albero di Giuda,
Maggiociondolo.
16
8 Alberi da frutto: Melo, Pero, Albicocco, Azzeruola, Ciliegio, Susino, Mandorlo,
Naschi, Cotogno, Giuggiolo, Sorbo, Nespolo, Kachi.
9 Alberi ornamentali: Lauroceraso, Ciliegio da fiore, Ciliegio a grappoli, Melo da
fiore, Biancospino, Uva della Cina.
10 Alberi e arbusti ornamentali: Gelso, Eleagno, Carpino, Frassino, Olivo, Noce
nostrale, Noce nero, Bagolaro, Fico, Nocciolo, Fillirea, Osmanto, Mirto.
11 Arbusti ornamentali: Ligustro, Gelsomino d’inverno, Lillà, Osmanto, Forsythia,
Gelso pendulo.
12 Alberi spoglianti: Gelso da frutto, Olmo campestre, Olmo del Caucaso, Spino degli
Osagi, Olivello, Gelso da carta.
13 Alberi sempreverdi: Cipresso comune, Cipresso dell’Arizona, Tuia, Ginepro,
Libocedro, Cupressuscyparis, Cipresso di Lawson.
14 Aiuole ornamentali: Rosa, Azalea, Ortensia, Erica, Camelia, Rododendro.
Il viale centrale e i viottoli principali sono delimitati da siepi realizzate con le seguenti
specie: Cotogno del Giappone, Viburno, Veigelia, Myrsina, Mirto, Corbezzolo, Deutzia,
Melograno, Lauroceraso, Alloro, Ligustro, Lillà, Forsythia, Osmanto, Eleagno, Agrifoglio,
Corniolo, Budleia, Berberis, Agnocasto, Poncirus, Spirea, Photinia, Piracanta.
A Il Bosco planiziale
B Il Bosco ripariale
C Il Frutteto di antica coltivazione
D Il Rosarium
E Le Aiuole delle erbacee perenni
F La Serra tropicale
G La Serra delle cactacee e succulente
H La Serra della limonaia
I La Fontana,il ruscello ed il laghetto del fior di loto
J Il Laghetto delle ninfee
K La Lumaca
L L’Antico canale e l’avifauna
M L’Anfiteatro
N Ostello per la Gioventù - Piazza Villa Giardino
O Molino della Catasta: Centro naturalistico regionale: “Acqua, Aria, Terra, Energia”.
17
Planimetria del Bosco didattico
18
19
Classificazione botanica di alberi, arbusti, erbacee
Divisione
Classe
Cycadopsida
Ordine
Famiglia
Genere
Cycadales
Cycadaleae
Cycas
Ginkgoales
Ginkgoaleae
Ginkgo
Pinaceae
Pinus, Abies, Picea, Larix,
Pseudotsuga, Cedrus, Tsuga
Cupressaceae
Cupressus, Juniperus,Thuja,
Chamaecyparis, Calocedrus
Taxodiaceae
Taxodium, Cryptomeria Sequoia,
Metasequoia, Sciadopitys
Araucariaceae
Araucaria
Cephalotaxaceae
Cephalotaxus
Taxales
Taxaceae
Taxus, Torreya
Fagales
Betulaceae
Corylaceae
Fagaceae
Betula, Alnus
Carpinus, Ostrya, Corylus
Fagus, Castanea, Quercus
Juglandales
Juglandaceae
Juglans, Carya, Pterocarya
Salicales
Salicaceae
Populus, Salix
Ulmaceae
Ulmus, Celtis, Zelkova
Moraceae
Morus, Brousonetia, Maclura
Tricoccae
Buxaceae
Buxus
Hamamelidales
Platanaceae
Hamamelidaceae
Platanus
Liquidambar
Lauraceae
Laurus, Cinnamomum
Magnoliaceae
Magnolia, Liriodendron
Gymnospermae
Coniferae
Coniferospida
Urticales
Policarpicae
Parietales
Rosales
Tamaricaceae
Tamarix, Myricaria
Rosaceae
Prunus, Sorbus, Spiraea,
Photinia, Eriobotrya,
Pittosporaceae
Eucommiaceae
Pittosporum
Eucommia
Acacia, Albizzia, Cercis
Robinia, Gleditsia, Wisteria
Laburnum, Sophora,
Caesalpinia, Gymnoclaudus
Leguminosae
20
Divisione
Classe
Ordine
Famiglia
Genere
Myrtales
Myrtaceae
Lythraceae
Punicaceae
Feijoa
Lagerstroemia
Punica
Columniferae
Tiliaceae
Bombaceae
Sterculiaceae
Malvaceae
Tilia
Chorisia
Sterculia
Hibiscus
Simarubaceae
Aceraceae
Hippocastanaceae
Meliaceae
Rutaceae
Sapindaceae
Ailanthus
Acer
Aesculus
Melia, Cedrela
Citrus
Cotinus, Pistacia, Rhus,
Schinus, Mangifera
Xantoceras, Koelreuteria
Aquifoliaceae
Ilex
Rhamnaceae
Rhamnus, Hovenia
Vitaceae
Vitis
Umbrelliflorae
Araliaceae
Hedera
Bicornes
Ericaceae
Arbutus
Diospyrales
Ebenaceae
Diospyros
Bignoniaceae
Catalpa
Scrophulariaceae
Paulownia
Cotortae
Apocynaceae
Nerium
Ligustrales
Oleaceae
Fraxinus, Olea, Siringa,
Phillyrea, Ligustrum
Rubiales
Caprifoliaceae
Viburnum, Sambucus
Spadiciflorae
Palmae
Chamaerops, Trachycarpus,
Phoenix, Washingtonia,
Carludovica, Caryota, Cocos,
Elaeis, Erithea, Howea,
Latania, Sabal
Glumiflorae
Graminae
Arundinaria, Phyllostachys
Dicotiledones
Terebinthales
Anacardiaceae
Celastrales
Angiosperme
Rhamnales
Tubiflorae
Monocotyledones
21
Alberi, arbusti ed erbacee: nomi e cognomi
L’esistenza e le finalità del Bosco didattico sono quelle di offrire a tutti l’opportunità di conoscere una delle componenti più importanti della vita nel nostro pianeta: la vegetazione.
Sin dall’antichità l’uomo ha cercato di dare un nome e un cognome ad ogni albero,
arbusto ed erbacee, anche perché costretto a convivere e a relazionarsi con essi sia in
virtù delle necessità alimentari, sia per scaldarsi, ripararsi dalle piogge, dal caldo e dal
freddo, sia per costruire attrezzi utili alla propria sopravvivenza, etc..
La botanica è la scienza che studia la vegetazione e, per questo, ha utilizzato ogni
informazione e conoscenza, ogni elemento specifico, tutti i possibili legami e affinità
che intercorrono tra pianta e pianta. Partendo dalle affinità genetiche, naturali o artificiali, è stato possibile, per ogni vegetale, raggrupparlo, ordinarlo, classificarlo, al fine
di una corretta identificazione.
Per impiantare il complesso vegetazionale si è seguito, per quanto possibile, il criterio di
raggruppare le piante utilizzando in larga parte il sistema suggerito dalla classificazione botanica, e ospitando in specifici spazi quelle piante di provenienza geografica diversa
dalla nostra, seguendo sempre
lo stesso sistema. Il Bosco didattico rende possibile, quindi, la
conoscenza delle specie e delle
varietà correlate che sono una
componente importante della
vegetazione, attraverso una
adeguata cartellonistica. La conoscenza e l’identificazione delle piante è molto importante per l’uomo contemporaneo che spesso sottovaluta il ruolo e l’apporto che la vegetazione offre alla continuità degli attuali equilibri naturali che garantiscono la vita alla
nostra Terra e quella di tutti gli esseri viventi.
In questo contesto, spesso non si tiene conto del valore della biodiversità, che è uno
degli elementi essenziale degli equilibri naturali e della vita sulla Terra.
Conservare le specie vegetali e animali, salvare quelle in via di estinzione, mantenere le
foreste, i boschi e ogni spazio verde, ricreare ambienti violati è la missione che accomuna tutti gli abitanti del pianeta che condividono il progetto di creare un mondo migliore.
22
Immagini e luoghi
del Bosco didattico
24
L’Arboreto
Gli insediamenti umani e i campi coltivati hanno ormai soppiantato tutti gli ecosistemi naturali anteriori all’avvento della civiltà, le poche formazioni forestali ancora presenti sono in realtà boschi più o meno antropizzati.
Con il termine “bosco” si indica, in genere, una foresta di limitata estensione e, in
qualche modo, modificata e sfruttata dall’uomo.
Un “Arboreto” è una collezione più o meno consistente ed organizzata di essenze arboree ed arbustive situata all’aperto.
Il criterio con cui è stato allestito l’Arboreto del Bosco didattico è quello di essere una
grande collezione di essenze arboree ed arbustive e di “mostrarle” in una grande associazione vegetale, in prevalenza riunite per gruppo botanico di appartenenza, secondo
lo schema Famiglia - Genere - Specie - Varietà”.
L’Arboreto include alberi ed arbusti provenienti dalle regioni temperate europee, asiatiche ed americane, rappresentate da uno o più esemplari tra i più importanti e, per
questa ragione, è uno degli arboreti più grandi nel nostro Paese.
A questo complesso vegetale è affidata una funzione culturale e pedagogica rivolta sia
agli addetti ai lavori, sia ai cittadini, poiché contribuisca a diffondere una significativa coscienza ecologica. L’imponente materiale vegetale rappresentato da conifere, latifoglie ed arbusti sempreverdi è a disposizione di quanti desiderino iniziare ricerche nel
campo della sistematica, della morfologia comparata, della fisiologia, della genetica,
della farmacologia e degli altri settori applicati. Inoltre, l’Arboreto svolge anche una
funzione ornamentale e ricreativa per le sue peculiari caratteristiche di parco urbano,
di punto di svago per i cittadini e, dunque, un ulteriore elemento di richiamo turistico.
L’arboreto occupa una superficie di circa 5 ettari ed è il cuore del Bosco didattico. È
stato creato artificialmente dal 1990 ed ormai è prossimo alla maturità. Il Bosco è fruibile sia percorrendo le stradine centrali, sia i viottoli interni appositamente creati, i
quali consentono un avvicinamento volto a facilitare l’osservazione delle piante ed a
leggere i cartellini posti ai loro piedi.
Questo Arboreto è un piccolo campionario dell’ampia variabilità presente nel Mondo
naturale e, in particolare, in quello vegetale: una variabilità da ammirare e da gustare ma, soprattutto, da salvaguardare.
25
Erica
Cydonia japonica
Ibisco
26
Viale interno
Calicanto d’Inverno
27
Spino degli Osagi
Sofora ”Pendula”
Biancospino
28
Bambù ornamentale
Ciaverdello
Larice
29
Myrsina africana
Olivo
Tuja plicata “Aurea”
30
Sequoia giganteum
Abete koreano
Cedro “Pendulo”
31
Sughera
Viale dei ciliegi
Viale interno
32
Tasso “Fastigiato”
Bambuseto
Palma del Giappone
33
Pesco “nano”
Magnolia
Poncirus
34
Viburno “Lucidum”
Salice “Tortuoso”
35
Agrifoglio “Camellifolia”
Eleagno ebbingei “Limelight”
36
Gelsomino d’Inverno
Cotonastro
37
Area delle Pinaceae
Osmanto
Berberis
38
Eleagno “Maculata Aurea”
Picea abies “Breweriana”
Lauroceraso del Portogallo
39
Area delle Cupressacee
Bambù ornamentale
Tuia a palla
40
Sequoia sempervirens
Libocedro
Tasso
41
Metasequoia
Eucalipto
Ligustro “Variegatum”
42
Ginepro
Abete del Caucaso
Area delle Cupressaceae
43
Pino strobo
Ginkgo
Nespolo del Giappone
44
Palma nana
45
Il Bosco planiziale
Prima della comparsa dell’uomo, tutte le principali pianure italiane erano interamente
coperte da immense foreste planiziali. Queste zone sono state le prime ad essere modificate e trasformate dall’uomo e, purtroppo già ai tempi dei Romani questi boschi erano quasi
interamente scomparsi per creare spazi da dedicare all’agricoltura e ai centri abitati.
I boschi svolgono da sempre un ruolo fondamentale per l’ambiente: contengono specie molto rare quasi completamente scomparse nel nostro territorio, rallentano la velocità delle acque in caso di grandi piene, offrono riparo e fonti di cibo per gli animali
selvatici, fungono da filtro naturale per le acque che provengono dai terreni agricoli
limitrofi prima di arrivare al fiume.
Il Bosco planiziale, così come tutti i boschi, è qualcosa di più di un semplice insieme
di alberi: è un ecosistema complesso in cui vivono ed interagiscono molte componenti vegetali e animali, in armonia con l’ambiente circostante: anche l’osservatore meno
attento può constatare che, tra la fascia ripariale così risicata del Tevere e i campi coltivati o le abitazioni, non esiste più vegetazione arborea ed arbustiva.
Il Bosco planiziale realizzato nel Bosco didattico è un importante esempio di come
fosse l’ambiente prima delle trasformazioni operate dall’uomo; offre una indicazione
circa la necessità di ricostruire questa particolare tipologia di vegetazione in prossimità del Tevere e lungo i corsi d’acqua. Il Bosco planiziale occupa circa un ettaro e, per la
sua ricostruzione, si è seguito un criterio di impianto che ha previsto la messa a dimora
di un albero di alto fusto e, ai suoi lati, essenze arbustive.
Questa disposizione è proceduta per file, permettendo di avere uno sviluppo notevole
degli alberi ed una crescita degli arbusti abbastanza significativa, a testimonianza di
un risultato che vede questi alberi di alto fusto dritti e bene impalcati, così come la
vegetazione arbustiva. La vegetazione erbacea è invece spontanea.
Nel Bosco planiziale sono presenti le seguenti specie: Acer campestris, Quercus pubescens, Quercus robur, Carpinus betulus, Quercus frainetto, Fraxinus excelsior e angustifolia, Ostria carpinifolia, Ulmus minor, Crataegus oxiacantha, Cornus mas, Cornus
sanguinea, Frangula alnus, Euonimus europaeus, Corylus avellana, Prunus spinosa,
Malus florentina e Pyrus sylvatica.
Dopo circa sette anni dall’impianto, tra la vegetazione spontanea e quella messa a dimora vi è ormai una totale copertura arborea e si è data continuità di paesaggio ripristinando quel minimo di biodiversità, sia lungo la sponda del Tevere che verso il Bosco didattico.
46
47
Il Ponte di legno
48
49
Il Bosco ripariale
Con la definizione “Bosco ripariale” si intendono quelle formazioni boscate che si trovano lungo i corsi d’acqua, caratterizzate da specie arboree che riescono a vivere anche
se le radici risultano immerse nell’acqua per lunghi periodi.
Queste formazioni sono indispensabili per garantire la stabilità delle sponde e la qualità delle acque. Sono riconducibili a due tipologie che spesso, a causa delle trasformazioni operate dall’uomo, si confondono e risultano difficilmente separabili: la prima
costituita prevalentemente da salici a portamento arbustivo, l’altra composta da specie
più evolute e di maggiori dimensioni.
All’interno del Bosco didattico queste formazioni occupano la fascia lungo la sponda
del Tevere per circa m 600 e larga m 20.
La vegetazione ripariale è stata ricostruita contestualmente alla realizzazione del Bosco
didattico, interessando anche il canale d’adduzione alla ex centrale idroelettrica. È stata
ridotta riducendo la presenza troppo invasiva di Robinia pseudoacacia e di Populus
nigra, equilibrandola con altre specie che compongono le fasce ripariali. Sono state
reintrodotte molte specie quali: Salix alba, Salix caprea, Salix pentandra, Salix viminalis, Popolus alba, Prunus spinosa, Alnus glutinosa, Corylus avellana, Sambucus nigra.
50
51
Il Frutteto di antica coltivazione
Il Frutteto di antica coltivazione, che occupa una superficie di 5.000 mq, si può ammirare nell’isolotto posto tra il Tevere e la parte terminale del canale di adduzione.
Gli alberi da frutto messi a dimora in questo spazio sono 220 che si aggiungono alle
100 piante da frutto rappresentative di almeno 3 varietà per ogni specie presenti negli
altri spazi dell’Arboreto. Con questa scelta, si sono voluti riscoprire e collezionare quei
frutti che ormai sono stati dimenticati dalla frutticoltura industriale.
L’impianto del Frutteto di antica coltivazione è stato realizzato disponendo le piante in 10
file, distanziate di 4 metri e mantenendo la medesima distanza anche fra le piante sulle file.
Le piante del Frutteto sono allevate cercando di mantenere la forma naturale di accrescimento e, nel loro insieme, costituiscono uno degli impianti e dei patrimoni genetici più importanti dell’Umbria.
Ogni fila è rappresentata da una specie singola con almeno dieci varietà. La potatura
è annuale e non si manifestano particolari necessità di trattamenti fitosanitari.
Le specie più rappresentative sono:
- Amygdalus communis
- Crataegus azarolus
- Cydonia oblonga
- Diospyros kaki
- Ficus carica
- Juglans regia
- Malus communis
- Mespilus germanica
- Prunus armeniaca
- Prunus avium
52
- Prunus sativa
- Pyrus communis
- Pyrus phyrifolia
- Sorbus domestica
- Vitis vinifera
Schema dell’impianto sulle file:
Susino, Cotogno, Albicocco, Pero, Melo, Pesco, Ciliegio.
Tra le file sono inseriti alberi di:
Fico, Azzeruolo, Nespolo europeo, Kachi, Noce, Mandorlo, Nashi, Amarene, Vite,
Biricoccolo.
53
54
55
Il Rosarium
Il Rosarium si estende su una superficie di circa mq 3.000 ed è ubicato nell’isolotto
posto vicino alla Torre del Molino della Catasta (o Torre dell’ex centrale idroelettrica),
tra il fiume Tevere e il canale di adduzione alla ex-centrale.
L’accessibilità al Rosarium è possibile dalla stradina principale e da un viale centrale,
nei quali sono stati posizionati dei pergolati le cui basi offrono sostegno ad oltre cento
varietà di rose rampicanti.
Il Rosarium è costruito da 7 aiuole delimitate da vialetti percorribili a piedi, che consentono di osservare ed apprezzare le rose nell’ambiente a loro più confacente. Il progetto botanico ha voluto classificare e distribuire le specie e le varietà fondamentali
secondo un percorso storico che parte dalle rose originarie (rose botaniche) sino ad
arrivare alle selezioni più recenti.
56
57
58
59
60
61
62
Le Aiuole delle erbacee perenni
L’area delle erbacee perenni è stata costituita da 65 aiuole di varia forma: mezza luna,
cerchio, mezze lune et. delimitate da mattoni posti a “spina di pesce”. Tutte le aiuole
sono osservabili da vicino poiché ognuna è circondata da un percorso pedonale che consente una fruizione agevole degli spazi ed una osservazione ravvicinata delle piante.
Le Aiuole delle erbacee perenni occupano una superficie complessiva di circa mq 500.
È presente, su una parte delle aiuole, lo spazio dedicato alle piante officinali e medicinali, alle graminaceae e alle piante da fiore.
63
Complessivamente sono presenti oltre 500 piante considerate tra le più importanti, suddivise in specie e varietà:
Achillea
Ajuga
Alyssum
Acanthus
Agapuntus
Aquilegia
Aster
Aubretia
Astilbe
Allium
Altea
Angelica
Arando
Artemisia
Borago
Campanula
Centaurea
Cerasium
Chamaelelum
Inula
Iris
Ligularia
Linum
Lobelia
Lupinus
Miscanthus
Melissa
Menta
Nepeta
Oenothera
Origanum
Oxalis
Phisalis
Peonia
Satureia
Sempervivum
Phlox
Papaver
Cryisanthem
Convallariaum
Cineraria
Cereopsis
Dianthus
Dianthus
Echinops
Foeniculum
Geum
Gunnera
Festuca
Genziana
Gynerium
Gypsophilla
Helianthemum
Helleborus
Hosta
Iberis
Incarvallea
64
Pachisandra
Potentilla
Primula
Pulmonaria
Rosmarinus
Ruta
Salvia
Santolina
Saponaria
Saxifraga
Scabiosa
Sedum
Stachis
Thymus
Valeriana
Vinca
Viola
Verbena
Veronica
65
66
La Serra tropicale
La Serra tropicale occupa una superficie complessiva di circa mq 180 ed è stata realizzata utilizzando una copertura di policarbonato a forma sferica alta m 12.
All’interno è stato costruito un laghetto con annesso stillicidio di acqua coperto da
muschi e felci.
Lungo tutto il perimetro è stata realizzata un’aiuola anulare, sopra elevata, larga m 2,
a sua volta separata dall’aiuola centrale mediante un percorso pedonale interno che
rende visibile, da vicino, tutta la vegetazione esistente.
La perimetrazione degli spazi è stata realizzata in legno.
La temperatura in inverno, grazie al riscaldamento, viene mantenuta tra i 15 e i 18
gradi centigradi.
La vegetazione proveniente dall’areale tropicale vuole rappresentare le piante che
hanno un particolare interesse ornamentale ed economico.
Di seguito sono riportate le specie più significative:
Ananas,
Avocado
Babaco
Banano
Caffè
Canna da zucchero
Casimiroa
Cocco
Ciliegio di Cayenne
Ficus
Guayabo del Brasile
Guaba
Mango
Mela rosa
Papaia
Passiflora
Pepe
Tamarindo
Per quanto riguarda le piante ornamentali si dà conto di quelle più significative,
tenendo presente che molte delle specie messe a dimora sono in varietà:
Anthurium
Asplenium
Caladium
Calathea
Chamandorea
Codiae
Cordyline
Cyperus
Dieffenbachia
Dracena
Euphorbia
Guzmania
67
Philodrendon
Platycerium;
Schefflera
Sterlitzia
Sphathiphyllum
Yucca
68
69
70
71
72
La Serra delle cactacee e succulente
Si definiscono piante grasse, o succulente, quelle piante che siano in grado di resistere,
di vivere e di prosperare nelle condizioni in cui pochi soggetti specializzati ed adattati
possono farlo. Queste piante hanno la capacità di immagazzinare acqua dai loro organi superando così la carenza di piogge e la conseguente aridità del terreno.
Le cactacee e succulente del Bosco didattico occupano delle aiuole ricavate all’interno di
un’unica serra dalle dimensioni di circa 360 mq. La serra è riscaldata, garantendo una
temperatura minima di almeno 7 °C che consente una climatizzazione idonea alla sopravvivenza delle piante nei periodi più freddi dell’anno. La riproduzione degli areali di vita
delle piante grasse e succulente è abbastanza ben riuscita. Le piante succulente insediate
nelle aree aride africane: Sud Africa, Corno d’Africa, Africa Settentrionale, Madagascar e in
alcune aree della Penisola Arabica e dell’India. alloggiano direttamente in aiuole appositamente create. Il criterio scelto è stato quello di mettere a dimora in ogni aiuola, le specie
e le varietà più importanti indicando appunto gli areali di provenienza geografica.
Di seguito si segnalano alcune delle specie e varietà succulente rappresentate:
Adenia glauca
Adenium obesum
Aeonium arboreum
Agave attenuata
Agave ferox
Agave stricta
Agave vittoriae “Reginae”
Aloe arborescens
Aloe aristata
Aloe ferox
Aloe Humilis
Aloe striata
Aloe variegata
Beucarnea recurvata
Echeveria
Euphorbia candelabrum
Euphorbia canariensis
Euphorbia cylindrifolia
Euphorbia grandicornis
Furcraea selloa
Yucca aloifolia
Yucca aloifolia Variegata”
Yucca elephantipes
Yucca gloriosa
Kalanchoe orgyalis
Lithops sp.
Stapelia irsuta
Le cactacee, è una famiglia che popola i deserti d’America e sono state messe a dimora direttamente sul terreno. Alcuni esemplari hanno raggiunto dimensioni ragguardevoli. Esiste
una vasta rappresentazione di questa famiglia con specie e varietà di grande significato.
Ariocarpus agavoides
Ariocarpus retusus
Aporocactus flagelliformis
Astrophytum myriostigma
Beschorneria
Cereus peruvianus
Echinocactus grusonii
Echinocereus
Echinopsis
Ferocactus glaucescens
73
Mammillaria
Neobuxbaumia polylopha
Opuntia
Pachycereus pringlei
Parodia
Planimetria della Serra
74
75
76
77
78
79
80
81
82
La Serra della limonaia
La limonaia è una serra a forma di capanna che occupa una superficie di mq 200, per
un altezza al colmo di m 4. È dotata di riscaldamento che si attiva soltanto quando le
temperature scendono sotto i 5 gradi centigradi. Il materiale vegetale è rappresentativo di 70 piante di agrumi in vasi di terracotta allevati ad albero o nei classici cerchi.
È importante che nel Bosco didattico si possano ospitare ed esporre delle piante che
hanno un grande interesse economico e che sono particolarmente affascinanti in tutti
i momenti dell’anno e nell’intero ciclo vegetativo: foglie, fiori, frutti.
Le piante esemplari presenti sono:
Citrus aurantium
Citrus sinsensis
Citrus limon
Citrus bergamia
Citrus nobilis
Citrus mitis
83
Citrus medica
Citrus myrtifolia
Citrus reticolata
84
85
Il Laghetto delle ninfee
Nel 1996 fu costruito il primo laghetto del Bosco didattico, profondo circa 150 cm ed
esteso su una superficie di 120 mq.
L’acqua di una sorgente sgorga da una piccola montagnola creata vicino al bordo dell’invaso e, tramite due ruscelli, confluisce a cascata nel laghetto sottostante.
La montagnola è ormai ricoperta di vegetazione: Arundo donax “Variegata”, Salix
matsudana “Tortuosa”, Salix tortuosa, Laurus nobilis, Taxodium distichum, Lippia
citriodora, Gynerium argenteum, Bambusa veytchii.
Nel laghetto sono state introdotte alcune varietà di piante acquatiche: Nymphaea ibrida, Juncus effusus, Nunphar lutea, Typha angustifolia, Cyperus papyrus, Acorus calamus, Eichornia crassipes.
86
87
88
La Fontana, il ruscello e il laghetto del fior di loto
Nel 1998 fu realizzato il secondo laghetto all’interno del Bosco didattico. Si tratta di
una fontana realizzata con sassi dai quali sgorga l’acqua che discende lungo due
ruscelli. Dopo m 20, questi si congiungono per poi gettarsi nello specchio d’acqua di
mq 90.
Sia i ruscelli che lo stesso laghetto sono immersi in una corposa vegetazione che riproduce l’ambiente prossimo ai fiumi: varie specie di Arundo donax e varie specie di
bambù ornamentale.
Nel laghetto vi è una presenza significativa di Nelumbo nucifera e alcune varietà di
ninfee.
89
90
91
La Lumaca
Opera del Maestro Mario Pizzoni
27 Novembre 2005: la piena del Tevere
92
L’antico canale, il percorso pedonale
Villa Pitignano - P. Felcino e l’avifauna del Bosco didattico
Il canale di adduzione dell’ acqua, dal Tevere all’edificio della Torre del Molino della
Catasta, si è modificato nel corso delle varie epoche storiche. Per oltre 5 secoli, la presa
d’acqua venne alimentata mediante la costruzione di uno sbarramento sul Tevere,
posto a 150 metri oltre l’attuale Rosarium e la spinta dell’acqua alimentava le macine
del molino. Successivamente, fu costruito lo sbarramento di Villa Pitignano insieme al
canale attuale che scende per oltre Km 1,5 verso la Torre del Molino. Tale opera si rese
necessaria per ottenere una maggiore pendenza del canale e, quindi, più potenza del
flusso dell’acqua che permise di installare e far funzionare una centrale idroelettrica
utile al fabbisogno energetico del Lanificio di Ponte Felcino.
Alla fine degli anni ’60 la centrale idroelettrica venne dismessa ed il canale rimase
privo di acqua fino al 1994, quando il Comune di Perugia, con l’acquisto della Torre
del Molino, acquisì anche il possesso del canale e dei tre scolmatoi. Nel ’96 il Canale fu
ripulito, risagomato, rinaturato con essenze vegetali autoctone e, lungo il suo argine,
93
fu realizzato un percorso pedonale che collega Villa Pitignano al Bosco didattico. Un
secondo percorso pedonale fu costruito lungo la sponda del Tevere, quale collegamento tra il secondo e il terzo scolmatoio. Questo tratto si ricongiunge poi al primo percorso che raggiunge Villa Pitignano per riunirsi infine al percorso costruito lungo il
Canale fino a Villa Pitignano; qui è stata realizzata una nuova centrale idroelettrica la
quale, sfruttando le acque del Tevere, produce 8.000.000 di Kw/h annui.
Oggi, il vecchio canale è popolato da avifauna acquatica costituita sia da esemplari
propri dei nostri luoghi, sia da specie introdotte.
Fauna acquatica e volatili:
Anatra muta - Cairina muta
Anatra sposa - Aix galericulata
Alzavola - Anas crecca
Casarca Paradisea - Tadorna ferruginea
Cigno nero - Cygnus atratus
Cigno reale - Cygnus olor
Codone - Anas acuta
Dendricigna di Giava - Dendrocigna javanica
Dendrocigna facciabianca
Fischione - Anas Penelope
Gallinella d’acqua - Gallinula chloropus
Germano di Rouen
Germano reale - Anas platyrhynchos
Marzaiola - Anas quequedula
Mestolone - Anas clipeata
Moretta - Aythya fuligulata
Moriglione - Aythya ferina
Oca corritrice indiana
Oca del Canada - Branta canadensis
Oca della Nuova Zelanda
Oca delle Hawaii - Branta sandvicensis
Oca di Magellano - Chloephaga picta
Oca egiziana - Alopchen aegyptiacus
Oca facciabianca - Branta leucopsis
Oca granaiola - Anser fabalis
Oca imperatore - Anser canagicus
Oca lombardella - Anser albifrons
Oca selvatica - Anser anser
Pavone - Pavo Cristatus
Pavone bianco
Quattrocchi - Bucephala clangula
Volpoca - Tadorna tadorna
Specie ittiche:
Anguilla - Anguilla anguilla
Barzo - Barbus pleseius Valenciennes
Carpa erbivora - Cyprinus carpio
Carpa a specchio - Cyprinus c. specularis
Lasca - Rutilus rubidio Bonaparte
Luccio - Esox lucius
Pesce gatto - Ameiurus nebulosus Le Suer
94
95
96
97
98
Ostello per la Gioventù - Villa Giardino
L’edificio è un complesso del 1300, totalmente restaurato e ristrutturato, che ha mantenuto il profilo architettonico del passato.
In passato è stata prima residenza estiva nobiliare e, successivamente, casamento rurale al centro di una grande proprietà con funzione di magazzino dei prodotti agricoli.
Ubicato in prossimità del Bosco didattico, è adibito ad accoglienza turistica e dispone
di circa 80 posti letto.
L’esistenza della struttura ricettiva, che opera in sinergia con il Centro naturalistico
regionale, apre le porte ad un complesso di attività di formazione e di educazione
ambientale di carattere nazionale ed internazionale.
99
100
101
Centro naturalistico regionale “Acqua, Aria, Terra, Energia”
Torre del Molino della Catasta
Si tratta di un edificio storico del 1300 eretto dal Nobile Collegio del Cambio e oggi di
proprietà del Comune di Perugia. La Torre ha svolto importanti funzioni come fortificazione a difesa delle popolazioni locali oltre che quelle legate all’agricoltura: granaio, molino e, successivamente, centrale idroelettrica per il funzionamento del Lanificio
di Ponte Felcino.
È parte integrante della storia delle attività economiche, sociali e culturali di questa
parte della città di Perugia.
È posta al centro del Bosco didattico e, per questa ragione, sede del Centro naturalistico regionale: “Acqua, Aria, Terra, Energia”.
Ciò significa che la Città e l’Umbria avranno a disposizione:
- uno dei luoghi di cultura ambientale più importanti d’Italia;
- uno dei musei vegetali più grandi e uno dei parchi botanici più significativi;
- una grande “palestra” di didattica e l’educazione ambientale al servizio di tutti;
- un grande centro di formazione per gli operatori e per i semplici cittadini;
- un grande centro associativo per incontrarsi.
102
103
10 ragioni per piantare un albero
1. Gli alberi producono l’ossigeno che respiriamo e danno la possibilità di vivere a tutti
gli esseri viventi. La chioma di un piccolo albero di mq 25 di superficie fogliare corrisponde alla quantità di ossigeno di cui un uomo ha bisogno ogni giorno per esistere;
2. Le chiome degli alberi depurano l’aria e smaltiscono l’inquinamento atmosferico,
proteggono dai forti venti e dal rumore;
3. Gli alberi disposti in fasce o in filari, intorno alle case, lungo le autostrade, vicino
ad ogni sorgente polverosa, sono in grado con le foglie di intercettare il pulviscolo
e le sostanze più dannose che inquinano l’aria, come l’anidride solforosa e il biossido d’azoto;
4. Gli alberi, con il loro respiro e con la loro ombra, nella calura estiva, stabilizzano
una temperatura inferiore e d’inverno trattengono un pò di tepore e migliorano il
microclima;
5. Gli alberi, grazie alla luce del sole e attraverso la fotosintesi clorofilliana, assorbono
l’anidride carbonica dell’aria e l’acqua proveniente dalle radici, creando le sostanze
nutritive essenziali alla sopravvivenza e alla crescita di tutto il suo l’organismo;
6. Gli alberi offrono gratuitamente, ad ogni latitudine, riparo e alimentazione agli
uomini, agli insetti, agli uccelli, agli animali;
7. Gli alberi, con le loro radici, consolidano le montagne, le scarpate, i terreni impervi, trattengono le sponde dei fiumi e ruscelli dalla corrosione dell’acqua ed arricchiscono di humus i terreni aridi;
8. Gli alberi sono fondamentali al ciclo dell’acqua piovana e indispensabili per la vita
di ogni essere vivente;
9. Gli alberi con le loro forme e portamento, con il colore delle foglie, con i loro fiori
decorano, ornano ed umanizzano gli spazi urbani e rurali costruiti dall’uomo;
10. Gli alberi e gli arbusti sono i testimoni del tempo e della vita sulla terra, segnalano i
cambiamenti delle stagioni, influenzano il clima, sono parte integrante di ogni territorio e di ogni continente, connotano e misurano la salute del nostro pianeta.
104
Vuoi più da un albero?
Una pianta secolare, alta 25 metri e con una chioma di 15 metri di diametro produce,
per ogni ora di attività, Kg 1710 di ossigeno e assorbe Kg 2350 di anidride carbonica.
In un giorno, quindi, produce ossigeno sufficiente alla respirazione di tre persone e
assorbe l’anidride carbonica prodotta in una giornata da mc 1000 di abitazione.
La sua chioma ha un volume di mc 1800, con 600.000 foglie, che offrono una superficie fogliare esterna di mq 1600 e una interna, somma delle superfici cellulari assimilanti, di mq 160.000.
In un’ora lo scambio gassoso effettuato da ogni metro quadrato di superficie fogliare, in
condizioni ottimali di luminosità, umidità e temperatura, è di circa 5000 litri d’aria. In
una sola ora, quindi, questo albero potrebbe ricambiare 8.000.000 di litri d’aria, in dieci
ore un volume pari all’ aria respirata da 800 persone in una giornata di lavoro pesante.
105
Alberi e arbusti
tra utilità, leggende e curiosità
Abete bianco
Abies alba (Pinaceae)
È un grande albero, il cui tronco dritto e slanciato è di colore
chiaro, con una chioma piramidale, rivestita da aghi verde
scuro nella pagina superiore e argentei in quella inferiore.
Un tempo negli Appennini era abbastanza presente ed è stato
fortemente impiegato in falegnameria per il suo legno chiaro nella costruzione di mobili, doghe, zolfanelli. Dal tronco
si ricava la trementina.
Abete del Caucaso
Abies nordmanniana (Pinaceae)
È originario dell’Asia Minore e del Caucaso.
Ha un portamento piramidale ed una chioma abbastanza ampia. Ha una crescita vigorosa; gli aghi sono di colore verde cupo nella
pagina superiore e argentati in quella inferiore. Le pigne sono di colore rossiccio, lunghe circa cm 15 che si formano in prossimità della cima.
È particolarmente apprezzato per le sue qualità ornamentali e, spesso, è impiegato in
parchi e giardini. È usato per i rimboschimenti in aree elevate poiché ha una ripresa
vegetativa primaverile piuttosto lenta che lo
mettono al riparo dalle gelate tardive.
109
Abete di Douglas
Pseudotsuga menziesii (Pinaceae)
Alto sino a 100 metri è originario del Nord America ed è stato
introdotto in Europa nei primi del 1800. L’albero ha un tronco dritto, una chioma stretta e piramidale verde scuro intenso. Il legno inciso rilascia una linfa resinosa profumata e così
le foglie che, stropicciate, emanano un gradevole profumo.
Si trova raramente nei parchi e giardini, nonostante sia uno
degli abeti più belli. In passato sono
stati effettuati esperimenti per favorirne la coltivazione, poiché il
legno è particolarmente apprezzato
per fabbricare mobili, infissi, rivestimenti delle pareti e dei pavimenti delle abitazioni.
Abete rosso
Picea Abies (Pinaceae)
È l’albero della tradizione natalizia del nord: neve, slitte,
renne. Infatti, trova il suo insediamento nell’Europa del Nord
e nella nostra Penisola è presente sulle Alpi e gli Appennini
ad altitudini comprese tra 800 e 2000 m.
Sono noti come gli “alberi dei violini”, specialmente quelli
della foresta di Panaveggio, in Val di Fiemme. Non tutti gli
abeti sono adatti, ma solo i cosiddetti “abeti di risonanza”. Il
legno è facilmente lavorabile e da tempi antichissimi è stato
usato per fabbricare mobili, costruzioni
navali ed infissi. Dalla corteccia si ricavano dei materiali utili alla concia delle
pelli e la pece di resina si usa in farmacopea e nell’industria dei coloranti per ottenere vernici pregiate.
110
Abete rosso del Colorado
Picea pungens (Pinaceae)
Albero a forma piramidale originario di vaste regioni
dell’America Settentrionale.
Ha una chioma densa e il tronco dritto e colonnare, a maturità la scorza assume una colorazione grigio bluastro. Gli
aghi, nella parte terminale sono pungenti, verde glauco o grigio azzurri. È stato introdotto in Europa nella seconda metà
dell’Ottocento e, per le particolari doti ornamentali, è largamente impiegato nei parchi e nei giardini sia per la sua resistenza all’inquinamento atmosferico
che per le numerose varietà ne sono
state create e coltivate. Le varietà
“Glauca” e la “Argentea Kosteriana”
hanno una bellissima chioma di
colorazione grigio azzurro luminoso.
Acero argenteo
Acer saccharinum (Aceraceae)
È originario degli Stati Uniti orientali. A dispetto del nome, non è l’albero dello zucchero. È stato importato in Europa nella prima metà del Settecento e, subito, ha conquistato uno spazio importante nell’impiego ornamentale nei giardini, nei parchi, nei
viali alberati. Il portamento dritto del tronco e la regolare impalcatura dei rami, i colori delle foglie verde intenso nella parte superiore, sericeo in quella inferiore, ne fanno
uno dei migliori soggetti dell’arredo urbano.
111
Acero campestre
Acer campestre (Aceraceae)
È noto anche come loppio o testucchio, è presente in tutte le regioni ed è un albero tipico del paesaggio italiano. È molto apprezzato per le sue qualità ornamentali e nella
composizione del verde urbano. Ha una chioma densa che in autunno assume una
bella colorazione gialla e rossa. Il legno, se ben stagionato, si usa per il fondo, i manici e le fasce laterali dei violini. Antonio Stradivari fu il primo ad usare un ponte di acero
per sostenere le corde dei suoi strumenti. Questo acero ha trovato largo impiego per
fabbricare utensili agrari e arnesi da cucina, anche calci di fucile, bastoni da passeggio e biliardi. In passato era usato come tutore e sostegno ai filari di vite e le foglie
erano un ottimo foraggio per pecore e capre.
Acero giapponese
Acer palmatum (Aceraceae)
È un piccolo albero originario del Giappone con un fogliame sottile e palmato, che
passa dalla primavera all’autunno da un verde tenue ad un’ intensa colorazione rossa.
Le varietà di questa specie hanno notevoli caratteristiche ornamentali e trovano largo
impiego nei parchi, giardini e piccole aree verdi.
112
Acero minore
Acer monspessulanum (Aceraceae)
È un piccolo acero, riconoscibile per le foglie a tre lobi e, tra tutti gli aceri, è quello che
esige più caldo. È resistentissimo alla siccità, per cui si usa per rimboschire i terreni
asciutti e rocciosi. Il legno è particolarmente duro e idoneo per i lavori di tornio ed
intaglio. È un ottimo combustibile.
Acero montano
Acer pseudoplatanus (Aceraceae)
Detto anche sicomoro o, ancora, falso platano o acero fico, è un grande albero che vive
bene ad altitudini comprese tra 500 e 1500 m s. l. m. ed è presente in quasi tutta la
penisola. È longevo ed ha una bella chioma tondeggiante con spiccate caratteristiche
ornamentali. Il legno è pregiato e richiesto per fabbricare strumenti musicali ad arco,
mobili e pavimenti. Le ceppaie servivano a costruire tabacchiere.
113
Acero riccio
Acer platanoides (Aceraceae)
È un grande albero con tronco dritto e densa chioma. È diffuso in tutto il Centro Nord.
Le foglie hanno una somiglianza con il platano, ma in autunno si colorano di rosso
vivace. Le doti ornamentali sono notevoli e alcune varietà come “Crimson King” dal
fogliame porpora sono molto utilizzate nei parchi, nei giardini e lungo i viali. Già i
Greci lo conoscevano distinguendolo dall’acero montano che ha un legno più pregiato. Tuttavia, il fogliame dell’Acero ricco era utilizzato per l’alimentazione del bestiame
ed il legno era ricercato dai liutai e per fabbricare pianoforti.
Acero saccarino
Acer saccharum (Aceraceae)
Come tutte le specie delle regioni americane del Nord, è l’albero che ha segnato la vita
degli uomini in quella parte del mondo. Tutta la pianta è utilizzata: dalla corteccia si
estrae lo zucchero, il legno è particolarmente pregiato. Tutti gli aceri sono alberi molto
impiegati nella realizzazione di parchi, di giardini e di viali alberati per il bel portamento del tronco e dei rami e per la magnifica colorazione delle foglie.
114
Albero della canfora
Cinnamomun canphora (Lauraceae)
Albero sempreverde originario della Cina e del
Giappone.
Ha una forma arrotondata con fogliame ampio,
coriaceo verde chiaro e glauco nella pagina inferiore.
Albero ornamentale e profumato, vive bene nei
climi miti e può resistere in aree riparate dal
freddo e dalle gelate.
Da tutti i tessuti della pianta si estrae un olio
essenziale dal quale si ricava la canfora, largamente impiegata nella medicina tradizionale.
Con la canfora si fabbrica inoltre la celluloide
ed è impiegata come antiparassitario.
Albero di Giuda
Cercis siliquastrum (Leguminosae)
È un albero di piccole dimensioni ed è impiegato in
gruppi, nei giardini e parchi. È uno degli alberi i cui
fiori compaiono prima dell’emissione delle foglie che
spuntano direttamente dai rami legnosi e dal tronco.
Durante la fioritura sembra una palla di fuoco. La
leggenda ricorda che Giuda, sotto
i suoi rami, avrebbe dato il fatidico bacio e, sugli stessi rami, si
sarebbe impiccato. Gli spagnoli lo
chiamano “albero d’amore” in
ragione dell’esplosione dei fiori
roseo porporini.
115
Albero dei ventagli
Ginkgo biloba (Ginkgoaceae)
È un grande albero originario della Cina, introdotto in Europa dal Giappone nel 1727.
È di grande pregio ornamentale per il tronco eretto, per le sue foglie divise in due lobi da
una profonda incisione. Le foglie hanno nervature disposte a ventaglio portate da un
lungo picciolo posto su tozzi rametti alterni. Il loro colore è verde tenue che, in autunno,
assume un intenso colore giallo dorato. Era considerata una pianta rara e per questo,
denominata anche “pianta dei ventimila scudi” per il suo elevato costo commerciale.
Esistono soggetti maschili e femminili e questi ultimi producono dei frutti maleodoranti. I semi arrostiti vengono usati come digestivo. Le sue foglie sono impiegate in farmacopea per migliorare l’afflusso e la circolazione del sangue ed sono un buon antiossidante. È una pianta longeva che può vivere da 1000 a 1500 anni.
Agrifoglio
Ilex acquifolium (Aquifoliaceae)
È un albero di piccole dimensioni, di grande valore e
impatto ornamentale, per le foglie sempreverdi e le bacche rosse; è impiegato per le sue notevoli qualità nei parchi e nei giardini. La fama di cui ha sempre goduto
l’agrifoglio deriva dall’essere un albero temuto dagli spiriti maligni, dalle streghe e dagli iettatori e, dunque,
benefico per eccellenza. Averlo vicino e alleato voleva dire attrarre le
forze positive ed, ancora oggi, i suoi
rami con foglie e bacche sono
appesi sulle porte delle case.
116
Agrumi
Citrus (Rutaceae)
Sono i “pomi d’oro” indicando con questa espressione, frutti mitici di immortalità.
Originano da Cina e India. Il primo ad essere coltivato fu il cedro (Citrus medica L.).
Parlano del cedro, anche se genericamente, Aristotele, Plinio il Vecchio ed altri e, negli
affreschi di alcune catacombe, compare il frutto del cedro come simbolo di culto. Il
bergamotto (Citrus bergamia Risso) è largamente coltivato in Calabria dove è definito
oro verde. Da esso si estraggono le delicate “essenze” per i profumi.
La famiglia degli agrumi comprende tantissime varietà: l’arancio amaro (Citrus
aurantium L.), l’arancio dolce (Citrus sinensis L.), il limone (Citrus limon L.), il mandarino (Citrus nobilis Lour.), il chinotto (Citrus myrtifolia Raf.) possono essere coltivati con le dovute accortezze in vaso nei
climi più freddi, a scopo ornamentale. Da
sfatare è la diceria secondo cui il pompelmo (Citrus maxima L.) “brucia i grassi”.
Semmai, è da inserire nella dieta perché
contiene una certa dose di vitamine
antiossidanti, come del resto tutti gli agrumi, che hanno avuto un ruolo importantissimo nella storia dell’alimentazione
umana. Inoltre, dagli agrumi si ricavano
essenze ed oli usati in profumeria, farmacopea, etc.. Negli ultimi anni, in molte
città a clima mite, l’arancio amaro è stato
diffusamente impiegato a scopo ornamentale nei giardini e nei viali alberati.
117
Albicocco
Prunus armeniaca (Rosaceae)
Detto anche Pruno dell’Armenia, è così chiamato in botanica sulla scia dei Romani i
quali, convinti che fosse originario di quella zona, lo avevano battezzato “Armeniacum
malum”. Proveniva invece dalla Cina settentrionale, dove ancora oggi cresce anche
spontaneo.
Già ne parlava il Chan-hai-King, “Il Libro dei monti e dei mari”, dell’imperatore Yu il
Grande, (2200 a.C.): il suo ideogramma cinese è un alberello in un vaso, quasi che esso
sia stato considerato l’albero per antonomasia. Giunse poi fino in Armenia, dove ancora oggi è viva una leggenda: quando il Paese venne invaso da un esercito straniero, si
dovettero abbattere tutti gli alberi improduttivi per procurare legna e, fra questi, anche
un albicocco a cui una bella fanciulla era molto affezionata. Costei volle trascorrere la
notte della vigilia sotto l’alberello per dargli un addio affettuoso fra pianti e lacrime
ma, quando al mattino si risvegliò, si accorse con gioioso stupore che i rami erano carichi di frutti dorati. Una volta l’albicocco era soltanto un albero ornamentale, mentre
oggi è utilizzato a scopo alimentare per i suoi deliziosi frutti.
118
Alloro
Laurus nobilis (Lauraceae)
È una pianta sempreverde che ha sempre
goduto di grande notorietà in cucina e
nella medicina popolare. Nell’età classica,
l’Alloro era simbolo di sapienza e di gloria
e i suoi rami intrecciati (la corona di alloro) venivano offerti per incoronare poeti o
condottieri vittoriosi. Secondo la mitologia romana, Apollo,
il Dio del Sole, si innamorò di una splendida ninfa dei
boschi di nome Dafne. La giovane, per “sfuggirgli” durante
un inseguimento, invocò Diana, la dea della caccia, la
quale, per aiutarla, la trasformò in un albero. Apollo, sconsolato, prese alcune foglie e ne fece una corona che portò sempre vicino al cuore.
Quell’albero era l’Alloro. Nelle campagne veniva utilizzato per trarne previsioni sull’andamento dell’annata agraria. I contadini gettavano alcune foglie nel fuoco e, se queste
bruciavano senza rumore, il raccolto sarebbe stato misero.
Bagolaro
Celtis australis (Ulmaceae)
Nei primi anni del Novecento ebbe grande notorietà e fu piantato diffusamente nelle città
per realizzare viali alberati, accessi alle dimore, nei parchi e nei giardini e, ancora oggi,
viene impiegato per le sue qualità ornamentali e di resistenza all’inquinamento atmosferico. Viene detto “spaccasassi” perché le radici hanno la virtù di penetrare in tutti i terreni. Sull’arcidiavolo si tramandano storie che hanno sentore di zolfo e una di esse racconta che lo stesso Lucifero abbia portato sulla Terra quest’albero, trascinandolo con sé
durante la sua caduta. In contrade sperdute si dà notizia superstiziosa che i rametti di
bagolaro, inavvedutamente utilizzati
come fondo o guarnizione in cestini di
frutta o funghi, possano suscitare nei portatori, cattive visioni
accompagnate da
alterazioni maniacali del comportamento sessuale.
119
Berretta del prete
Euonymus europaeus (Celastraceae)
È un arbusto o anche piccolo albero alto fino a
6 metri. Le foglie, caduche, hanno lamina ellittica. Il frutto ha una forma caratteristica quadrilobata di colore rosso corallo e ricorda, nella
forma, la berretta di un prete. In passato, i frutti essiccati e ridotti in polvere erano utilizzati
nella lotta ai pidocchi. È specie eurasiatica
ormai sempre più rara nel nostro paesaggio.
Betulla
Betula pendula (Betulaceae)
Tipica dei paesi nordici, rappresenta la purificazione e la rinascita dopo il letargo invernale e, dunque, era un albero sacro. Il distacco della corteccia viene interpretato simbolicamente come cambio di vesti e di rinnovamento. Nelle regioni del Nord è la
“Signora dei boschi” e un romantico scrittore dedicò alla fanciulla amata, morta per
amore, questo verso: “Ombre dell’argentea betulla…fremono sul verde che copre la
tua tomba”. Nei secoli scorsi, i rami flessibili
ed elastici servivano per fustigare i ragazzini
delle scuole. Gli indiani usavano la corteccia per ricoprire le
canoe e le tende. Il
legno è molto utilizzato per creare oggetti e
utensili. Dalla corteccia, nei periodi di carestia, si ricavava una farina commestibile ed,
ancora oggi, si usa per produrre liquori.
120
Biancospino
Crataegus oxyacantha (Rosaceae)
È un albero impiegato nei giardini a scopo ornamentale per il profumo dei fiori e il
colore rosso delle bacche che rimangono a lungo sui rami. È impiegato nella formazione di siepi, perché offre riparo ed alimentazione a molti uccelli ed altri animali. È
presente spontaneamente nella macchia mediterranea. Pianta benefica per eccellenza,
è l’emblema della speranza. I fiori immacolati sono spesso associati al culto di Maria,
che avrebbe trovato rifugio in un suo cespuglio durante la fuga in Egitto. Pianta sacra,
ricca di virtù e poteri, pare che protegga dai fulmini, tenga lontani serpenti e rospi.
Bosso
Buxus sempervirens (Buxaceae)
È una pianta sempreverde che, quasi sempre, ha un portamento arbustivo. Occupa un
vasto areale che va dalle coste atlantiche ai Balcani. È una specie spontanea in Europa
diffusa nelle pianure e nelle montagne fino a 2000 m di
altitudine. È una pianta ornamentale, apprezzata ed
impiegata sin dall’antichità nelle dimore e ville nobiliari, nei giardini, parchi e nell’arredo urbano. Se c’è da
segnalare uno spazio importante troverete una pianta o
una siepe di bosso. Viene spesso impiegato in composizioni stravaganti e nell’arte topiaria, poichè è resistente alle potature
anche radicali. Il legno è compatto,
elastico e adatto a lavori di tornitura e di intarsio. I frutti contengono
semi velenosi. È una pianta che
può vivere oltre 500 anni.
121
Caprifoglio
Lonicera caprifolium (Caprifoliaceae)
È una pianta lianosa rampicante
dai rami lunghi fino a m 6, comune nei boschi, con fiori in gruppi di
4-7 di colore giallo roseo, che fioriscono dal mese di marzo fino a giugno in funzione dell’altitudine e
bacche di colore giallo o arancio. Il
nome Caprifoglio deriva dal latino
caprifolium e fa riferimento alla
predisposizione di questa pianta ad
arrampicarsi a tutto ciò che si trova
nelle sua immediate vicinanze e che ricorda, per questo, l’abilità d’arrampicarsi delle
capre. Famosa è anche la dolcezza del nettare del fiore, da cui deriva il significato attribuito alla pianta e cioè dolcezza d’animo. Le tradizioni celte volevano che l’edera, il
caprifoglio e il sorbo venissero intrecciati insieme in una corona e posti sotto i contenitori del latte per preservarne la salubrità.
Carpino bianco
Carpinus betulus (Betulaceae)
È un bell’albero poco diffuso ma impiegato per le sue qualità ornamentali. Infatti, la
sua varietà piramidale è abbastanza utilizzata per alberature stradali e viali importanti. Il legno del carpino è un ottimo combustibile ed è impiegato per fabbricare piccoli
oggetti. Il fogliame veniva usato anche come foraggio per il bestiame.
122
Carpino nero
Ostrya carpinifolia (Betulaceae)
Ha dimensioni più piccole di quello bianco, ma è più impiegato negli impianti forestali
e nei rimboschimenti. Il legno è utilizzato come combustibile, avendo un notevole potere calorifico. È la pianta che resiste maggiormente ai danni provocati dagli incendi.
Carrubo
Ceratonia siliqua (Leguminosae)
È un albero che vive nei paesi del bacino del Mediterraneo. Oggi è molto apprezzato per
le sue doti ornamentali ed impiegato nei parchi, giardini e viali stradali.
Nei secoli precedenti il suo frutto, le carrube, veniva usato per scopi alimentari ed è per
questo carico di leggende e memorie bibliche: San Luca disse al “Figliol Prodigo” che
“avrebbe ben voluto riempirsi il ventre di carrube che mangiano i maiali”. San
Giovanni nel deserto si sarebbe nutrito di carrube e non di locuste, tant’è che ancora
oggi la pianta in Germania viene chiamata “L’albero del pane di San Giovanni”.
123
Castagno
Castanea sativa (Fagaceae)
È un albero maestoso e importante, parte integrante del nostro ambiente. Vive ad altitudini minime di 300-400 metri fino a 1500-2000 metri. Da sempre è considerato “l’albero del pane”. Il legno è particolarmente pregiato e viene largamente impiegato per realizzare botti, pavimenti, mobili. Le castagne hanno notevole capacità nutritiva. Vi sono
molti castagni celebri, soprattutto legati alla loro maestosità: sembra che Giovanna
d’Aragona si riparasse sotto la sua chioma e che vi sostasse insieme a cento cavalieri”.
Cedro dell’Atlante
Cedrus atlantica (Cedrus)
È una conifera imponente, molto impiegata nei parchi, giardini e viali delle città.
Originaria dei monti Atlas, di Algeria e Marocco. Le foreste di questi alberi costeggiavano il Mediterraneo sino allo stretto di Gibilterra,
verso l’Oceano Atlantico. Sin dall’antichità e per
molto tempo, quelle foreste sono state considerate il
confine del mondo, oltre il quale esisteva l’infinito.
124
Cedro dell’Himalaya
Cedro del Libano
Cedrus deodora (Cedrus)
È tra i cedri il più maestoso. È stato impiegato diffusamente a scopo ornamentale nei parchi, giardini e viali
alberati. Il legno è profumato e resinoso ed è utilizzato per fabbricare mobili, utensili ed oggetti in legno.
Cedrus libani (Cedrus)
È una conifera impiegata, come le altre varietà, a scopo ornamentale. Essendo originario tra il Libano e Turchia e cioè al centro delle grandi civiltà dell’antichità, era considerato “l’albero dell’immortalità” e il suo legno era preferito per realizzare travi ed
edificare l’armatura dei templi e palazzi. Il legno, in virtù della resistenza e tenuta al
marciume derivante dall’umidità dei
terreni e dagli agenti atmosferici, veniva adoperato per fabbricare le dimore
dei morti. In molte leggende, si narra
che il legno di questo albero avrebbe
protetto i defunti.
125
Cerro
Quercus cerris (Fagaceae)
È tra le querce quella più impiegata nei parchi
e giardini avendo maggiori caratteristiche
ornamentali derivanti dal tronco dritto, dalla
chioma regolare e dalle foglie ruvide e pelose
che, in autunno, rimangono attaccate ai rami
fino alla primavera successiva.
Le ghiande, abbastanza
amare, non sono apprezzate dal bestiame; tuttavia, è
impiegato negli impianti
forestali per la produzione
del legno.
Ciliegio selvatico
Prunus avium (Rosaceae)
Sono alberi molto utilizzati per le loro doti ornamentali. La pianta era assai apprezzata, sia per la leggiadria della sua fioritura simboleggiante la purezza, specchio dell’ideale cavalleresco, l’elevazione spirituale e la grazia poetica, sia per il suo frutto carnoso rosso sangue. È simbolo della nobiltà della missione di colui che è pronto a donare la vita per l’onore e la verità. Cyrano di Bergerac non trovò più attraente una donna
quando, mangiata una ciliegia, ebbe la sventura di lasciare gocce di succo rosso sul
mento. Ancora oggi è usanza in Giappone, nella cerimonia nuziale, offrire agli sposi
un thè di petali di ciliegio per augurare la felicità e l’armonia nella loro unione.
126
Cipresso
Cupressus sempervirens (Cupressaceae)
È l’albero simbolo del bacino del Mediterraneo, poiché adorna e
segnala luoghi importanti: chiese, viali, dimore, etc.. Ha forma slanciata, fogliame resistente ed aroma resinifero. È resistente alle tempeste, vive nelle città e nelle campagne. La leggenda narra di una
pianta capace di esorcizzare l’inafferrabilità della giovinezza e la
fragilità di tutto ciò che è bello e desiderabile. L’ideale di bellezza
incarnata negli efebi, che crearono il mito di Cyparisso, leggiadro
nelle forme e innamorato di un cervo d’origine divina. Il destino
volle che, in una battuta di caccia, la freccia scoccata mancò il bersaglio e ricadde sul cervo che spirò vicino ad un albero di cipresso, il quale, da
quel momento, portò il suo nome e rammenta a tutti il dolore della perdita e del
lutto. Nel tempo antico non si spiegavano come fosse possibile che il cipresso,
una volta morto, non rinascesse dai polloni come, invece, fanno altre piante.
Corbezzolo
Arbutus unedo (Ericaceae)
È un arbusto sempreverde della macchia mediterranea, Oggi viene spesso impiegato
come arbusto ornamentale nei parchi, giardini e nella formazioni di siepi. I suoi frutti richiamano il colore e la forma delle fragole e, prima delle coltivazioni agrarie, è servito come alimento per l’uomo primitivo dell’area mediterranea.
127
Corniolo
Cornus mas (Cornaceae)
È un arbusto o piccolo albero spogliante che sta riguadagnando considerazione nei
diversi impieghi: parchi, giardini e aree da rinaturare e consolidare. Le qualità ornamentali risiedono nel colore del legno rossastro, dei fiori e dei frutti che, oltre ad essere commestibili, sono particolarmente decorativi. Il legno è uno dei più duri e pesanti
e veniva usato per realizzare vari utensili. I giavellotti romani erano di cornus o cornum indicando allo stesso tempo albero e arma.
Cotogno
Cydonia vulgaris (Rosaceae)
È una delle più antiche piante fruttifere conosciute che, solo da qualche tempo, vengono reintrodotte nei giardini e nei parchi per le sue qualità ornamentali e per il profumo dei frutti. Le “cotogne” possono essere anche molto grandi e, a maturità, assumere un bel colore giallo brillante; se non colti possono rimanere appesi sui rami fino ad
inverno inoltrato. I frutti (piriformi o meliformi) dalla polpa acidula, sono apprezzati
freschi solo da pochi amatori, ma consumati soprattutto cotti nella notissima cotognata. I frutti maturi un tempo venivano messi nella biancheria per profumarla. La parola marmellata deriva dal portoghese marmelho che significa mela cotogna.
128
Faggio
Fagus sylvatica (Fagaceae)
È un albero tipico del nostro paesaggio. È elegante e ne esistono alcune varietà, purpurea e pendula, che sono particolarmente indicate per colorare parchi e giardini. Il
legno dei faggi trova diversi impieghi per la realizzazione di: botti, mobili, utensili e
nell’alimentazione del bestiame. Il faggio ha ispirato molti poeti antichi come Virgilio
che inizia la sua prima Egloga con versi famosi: “O Titiro, tu che stai riposando sotto
l’ampia chioma del faggio…”. In greco Fagus significa mangiare e, dunque, i nostri
antichi predecessori, dovettero vivere dei suoi frutti prima di coltivare la terra.
Farnetto
Quecus frainetto (Fagaceae)
È una quercia maestosa, simile al portamento della Farnia e, tuttavia, più delicata in
fatto di clima e terreno. I venti forti, il gelo intenso e prolungato sono i suoi nemici. Il
legno è di notevole pregio e le ghiande sono particolarmente gradite dal bestiame. Tra
le varietà di querce esistenti, è quella che ha le maggiori dimensioni delle foglie e, per
tale ragione, viene utilizzata a scopi ornamentali.
129
Farnia
Quercus robur (Fagaceae)
È una quercia imponente, tipica e molto diffusa nel nostro paesaggio. Il legno ha ancora molte utilizzazioni: mobili, lavori edili e fabbricazione di utensili. Oggi, la Farnia
viene reintrodotta nei parchi, nei giardini, nelle aree circostanti gli agriturismi a scopo
ornamentale ed è piantata negli impianti di arboricoltura da legno. In particolare, il
cosiddetto rovere, impiegato per la costruzione delle botti, è in realtà una farnia.
L’albero è simbolo della fortezza, della durata per la sua longevità ed inalterabilità del
legno. In Francia, in Inghilterra e in Irlanda questo albero era sacro ai druidi, i quali
lo veneravano insieme al vischio che cresce tra i suoi rami. Le ghiande, una volta, venivano torrefatte ed usate come surrogato del caffè.
Fillirea
Phillyrea angustifolia (Oleaceae)
Nelle sue varietà, angustifolia e latifolia,
sono arbusti della macchia mediterranea e,
per il loro fogliame scuro e persistente, sono
impiegate a scopo ornamentale oltre che
nella formazione di siepi frangivento.
Meriterebbero una più diffusa considerazione e utilizzazione poiché resistono anche ai
venti marini. Il legno è duro, pesante ed
omogeneo. È un buon combustibile e fornisce anche un ottimo carbone.
130
Fico
Ficus carica (Moraceae)
È un albero o arbusto abbastanza diffuso nei climi miti ed è presente e coltivato nei giardini e vicino alle abitazioni. Sono noti i suoi dolci frutti considerati magici e dono degli
Dei; infatti, a quel tempo, ci si domandava come fosse possibile la presenza di frutti in un
albero che, apparentemente, non produceva fiori. Platone era soprannominato il
“Mangiatore di fichi” tanto ne era ingordo; nella Genesi, si ricorda che Adamo ed Eva si
“nascosero alla sua ombra e si coprirono con le sue foglie”. Era una pianta sacra pure ai
Greci e fondamentale per la loro alimentazione, a tal punto che il commercio di fichi era
regolato da un’apposita autorità i cui rappresentanti erano i Sicofanti, incaricati di denunciare chi contravveniva alla legge... Il termine si è evoluto come sinonimo di delatore.
Frangola
Rhamnus frangula (Rhamnaceae)
È una delle specie più importanti e tipica delle nostre macchie. La chioma è irregolare e
globosa. Il legno era impiegato per lavori di tornitura e per fabbricare i cerchi delle botti.
È usata in farmacopea, avendo proprietà lassative ma,
se presa in dosi elevate, può risultare tossica. La lunga
fioritura della frangola è apprezzata dalle api le quali
producono un ottimo miele.
131
Frassino
Fraxinus excelsior (Oleaceae)
È molto frequente nella nostra penisola ed è particolarmente elegante in parchi e giardini. Sin dai tempi più remoti, le foglie sono servite quale alimento per il bestiame.
Negli ultimi anni, è stato usato negli impianti forestali per la produzione del legno che
è pregiato e con il quale si realizzano racchette da tennis, raggi delle ruote, mazze da
golf, etc.. Viene usato nella fabbricazione di mobili.
Gelso bianco
Morus alba (Moraceae)
È un albero che, lentamente, sta riconquistando uno spazio per le sue caratteristiche
ornamentali: “l’albero d’oro” come era definito nei secoli passati per il suo impiego
nella produzione della seta.
La leggenda narra che due monaci del monte Athos, inviati da Giustiniano, portarono
da Bukara i semi del prezioso albero e le uova dell’insetto (Bombyx mori L.), nascosti
in canne di bambù.
132
Gelso nero
Morus nigra (Moraceae)
È un albero apprezzato per le caratteristiche ornamentali e, rispetto al gelso bianco, per
i frutti più grossi, lucidi e succosi, di colore violaceo. La leggenda narra che, sotto i suoi
rami, si uccisero Piramo e Tisbe e, del loro sangue, si colorarono le more carnose, il cui
succo rossastro testimonierebbe il loro tragico amore.
Ginepro comune
Juniperus communis (Cupressaceae)
È un piccolo albero o arbusto cespuglioso a seconda del
luogo in cui vive, ed è diffuso in molte aree della penisola.
Il legno odoroso è stato impiegato per lavori di tornio, matite, piloni. Le bacche nere o azzurrognole aromatizzano
piatti tipici e conserve, ma anche bevande tra cui il gin. Il
ginepro rosso si presta maggiormente, invece, per la sua
capacità di ricoprire terreni sabbiosi e di consolidamento.
Sin dai tempi dei Greci e dei Romani, è stato utilizzato per
sculture ed intagli. Le bacche sono distillate per ricavare oli
balsamici. Esistono numerosissime varietà impiegate nei giardini e
parchi a scopo ornamentale, per
bordure, per coperture di scarpate
oltre che di terreni impervi e per
formare siepi.
133
Ginestra dei carbonai
Cytisus scoparius (Leguminosae)
È una arbusto sempreverde con una brillante fioritura gialla, tipica dei pendii delle
nostre colline e delle aree non più coltivate. Sin dall’antichità, il suo legno è servito alla
realizzazione del carbone ed è un ottimo combustibilee, per questa caratteristica, è
molto impiegato nella produzione
di biomasse. Il forte apparato radicale è utile al consolidamento delle
scarpate e, come tutte le leguminose, rilascia azoto nel terreno.
Recenti studi hanno dimostrato che
le fibre vegetali della ginestra
potrebbero trovare un largo impiego
nella realizzazione di importanti
materiali industriali compositi, in
sostituzione della plastica.
Giuggiolo
Zizyphus jujuba (Rhamnaceae)
È un piccolo albero proprio del bacino orientale del
Mediterraneo e non molto diffuso nella nostra penisola. Ha un tronco che spesso diventa tortuoso e rami
intrecciati e ricurvi, con piccole spine. Le qualità
della pianta si stanno lentamente riscoprendo per le
sue doti di utilità e, in virtù delle caratteristiche ornamentali, viene piantata nei giardini e nei parchi. Il
frutto è una bacca commestibile, astringente, dolce
acidula fin quando ha una colorazione verde con
piccole macchioline marroni. Diventa zuccherina
solo quando è ad uno stadio di strama- turazione,
allorché assume una completa colorazione marrone.
L’albero era conosciuto sin dall’antichità e coltivato
dai Romani. Secondo Plinio, giunse a Roma dalla
Siria nei primissimi anni dell’era cristiana.
134
Ippocastano
Aesculus hippocastanum (Hippocastanaceae)
È una delle piante ornamentali più diffusa in Europa e, nelle sue varietà a fiori rossi o
rosati, è impiegato nei giardini, nei parchi e nella realizzazione di viali alberati. La
pianta è minacciata, purtroppo, dall’ inquinamento delle città. Il legno non ha pregio
e i frutti, simili alle castagne non sono commestibili. Tuttavia, venivano usati per curare il raffreddore dei cavalli e, tenuti in tasca, anche per curare il raffreddore degli
umani e… qualcuno ci crede!
Kaki
Diospyros kaki (Ebenaceae)
È un piccolo albero originario della Cina; è coltivato sin dall’antichità e, in Europa,
dalla seconda metà dell’Ottocento, è piantato nei parchi e nei giardini per le sue notevoli doti decorative ed ornamentali. Il portamento eretto del tronco e la chioma tondeggiante, nel susseguirsi delle stagioni, trasforma il fogliame dal verde scuro ad un
rosso arancio brillante. I suoi voluminosi e gustosi frutti da verdi assumono a maturazione una bella colorazione arancione e possono pendere dai rami anche in inverno.
135
Larice
Laryx decidua (Pinaceae)
È una delle poche conifere che perde le foglie nel periodo invernale. La pianta è particolarmente usata per rimboschimenti d’altissima quota. In alta Val Brembana, dove
esistono alcune tra le più belle colonie di vecchi larici, si tramanda la leggenda di una
pastorella che, colta dal sonno, s’addormentò sotto un larice e, quando si svegliò, si
ritrovò ricoperta di minutissimi aghi di un bel colore oro, sicché la massa dei suoi
capelli neri s’era trasformata in una splendida cascata di riccioli biondi. Decise di presentarsi al suo fidanzato pensando di fargli una gradita sorpresa, ma egli non la riconobbe e la ripudiò. Delusa, fuggì verso il Vendullo, un vallone dalla fama sinistra dove
scomparve travolta da una valanga. Quando
l’innamorato si accorse dell’errore, colto
dalla disperazione, impazzì, prese una pietra,
la conficcò nel tronco di un larice. Quel vecchio larice campeggia ancora là
sul pendio nei pressi della casera di
Monte Colle.
Leccio
Quercus ilex (Fagaceae)
Ha oggi un notevole impiego come pianta sempreverde ornamentale, in viali, giardini
e parchi. La leggenda vuole che il suo legno venne usato per costruire la Croce di Cristo
e, tuttavia, è anche un albero privilegiato perché contribuì alla sua redenzione.
136
Maggiociondolo
Laburnum anagyroides (Leguminosae)
Detto anche Avorniello, è un piccolo albero di grande effetto ornamentale per i vistosi
grappoli di fiori e, per questa ragione, è molto impiegato nei parchi e nei giardini. Il
legno è resistente e duro ed è utilizzato per costruire sedie, cerchi di botti e strumenti
musicali a fiato. Tutta la pianta è velenosa. La tragedia del Vajont è l’immagine più
cruda del deturpamento provocato dall’uomo ma, anche in quella tragedia, vi è una
breve storia d’amore fra una betulla ed un maggiociondolo che cercavano invano di
baciarsi piegati dal vento: “…fu il Vajont che li unì. Strappati e trascinati via dall’acqua, si toccarono per un breve istante. Così, prima di morire, anche il maggiociondolo ebbe un po’ d’amore, mentre dalle rive sparivano altri alberi, la gente, e la gioia di
vivere, e tutto quello che ci aveva fatto sperare in un futuro migliore”.
Melograno
Punica granatum (Rosaceae)
È un piccolo albero e, talvolta, arbusto spesso ramificato e contorto. Dopo un periodo di oblio, questo
alberetto è oggi particolarmente apprezzato per le
sue doti ornamentali e, spesso, esemplari secolari
sono reintrodotti nei giardini e nei parchi. Del resto,
è una delle piante che sin dall’antichità è coltivata
per i fiori e per i frutti. Omero
ne parla come di un frutto
comune. Sono famosi i versi di
Pascoli del “melograno, a cui
tendevi la pargoletta mano…”
137
Mandorlo
Prunus amnygdalis (Rosaceae)
Era considerato già nel 1000 a.C. dai Frigi dell’Asia Minore come il sacro albero della vita
perché i fiori sono i primi a comparire dopo l’inverno. I Greci credevano che Fillide, sposa
di Demofonte, re di Atene, fosse stata trasformata in un mandorlo dagli Dèi dopo che si era
uccisa, perché credeva di essere stata abbandonata dal marito. Consideravano l’albero un
simbolo di fertilità. Notissimi sono i mandorli della Valle dei Templi, presso Agrigento, che
conferiscono alla valle stessa un fascino particolare nel periodo della loro fioritura.
Melo
Malus domestica (Rosaceae)
È l’albero della tentazione: nella sua undicesima fatica Ercole riuscì ad impossessarsi dei
pomi d’oro che crescevano nel giardino delle Esperidi; quando gli Dèi dell’Olimpo invecchiavano, mordevano una mela per recuperare la gioventù; fu a causa di una mela
(donata da Paride a Venere) che scoppiò la guerra di Troia. È nota la mela che indusse
Adamo ed Eva ad addentarla, nonostante il divieto divino e, quindi, è divenuta anche il
simbolo del male e delle cattive tentazioni. Di buono si può affermare che Newton intuì
la legge di gravità quando, mentre riposava sotto la pianta… cadde una mela.
138
Nespolo giapponese
Eriobotrya japonica (Rosaceae)
È una pianta originaria di Cina e
Giappone. La sua coltivazione è stata introdotta in Europa da un paio di secoli a
scopo ornamentale e per la produzione di
frutta. Predilige climi miti, soprattutto perché, avendo fioritura autunnale, le gelate
renderebbero sterili i fiori. Le piante di
nespolo giapponese vengono talvolta colpite da una particolare malattia batterica,
chiamata generalmente “colpo di fuoco
batterico”. Le parti della pianta colpite da
questa malattia vanno prontamente potate e bruciate, per impedire che i batteri si diffondano, pena la morte delle piante colpite.
Nocciolo
Corylus avellana (Corylaceae)
È una delle piante spontanee che vivono nel nostro paese. Assume un portamento tipicamente arbustivo, irregolare, con fusti sottili e molto ramificati. È coltivato per la produzione dei suoi frutti tondi o allungati e molte varietà sono coltivate a scopo ornamentale: Nocciolo a fogliame rosso, o la varietà “Contorto”. La nocciola è impiegata
in alimentazione e nella cosmesi. Albero della fecondità, di buon augurio e benedetto.
In Germania venivano offerte nocciole alle spose novelle; era credenza popolare che chi
avesse vicino questa pianta, non venisse mai colpito dai fulmini.
139
Noce
Juglans regia (Juglandaceae)
È un grande albero che ha notevole impatto ornamentale e di interesse economico. È
presente e diffuso in tutta la penisola. Oggi viene coltivato sia per la produzione del
frutto, che per la produzione del legno che, come è noto, è pregiato e di facile lavorazione. Inoltre, dal frutto non ancora maturo, si prepara un liquore, il nocino, molto
apprezzato e riscoperto in questi anni. Al noce sono legate leggende e riti pagani, poiché è stata sempre una pianta di “casa”. Le streghe fuggivano al rogo trasformandosi
in noce. I Longobardi svolgevano la festa della pubertà sotto la chioma dei noci.
Olmo campestre
Ulmus minor (Ulmaceae)
È un albero tipico dell’ambiente italiano e diffuso in tutte le regioni. Tuttavia, a partire
dagli anni Trenta, un fungo micidiale ha portato alla quasi sua scomparsa. Recenti studi
hanno permesso di dare vita ad alcuni cloni immuni al fungo e, dunque, si spera di reintrodurlo massicciamente nelle città e nelle campagne. Molti poeti antichi citano gli olmi
quale pianta sepolcrale: “dove hanno sede i sogni vani che stanno affissi sotto le sue foglie.
Un olmo vigilava le porte degli inferi che Enea stava per varcare, mentre di olmi frondosi
era formato il tumulo che Achille eresse in onore di Eezione, da lui stesso
ucciso. L’olmo è citato spesso nell’antichità per l’utilità del legno e delle proprietà medicinali. Per alcuni, l’olmo fu
il primo ad apparire sulla terra per
donare all’uomo il fuoco. Infatti, le sue
radici secche, opportunamente strofinate, consentono di creare il fuoco.
140
Olmo del Caucaso
Zelkova carpinifolia (Ulmaceae)
Albero alto fino a 30 m, con chioma espansa, regolare, sorretta da rami a portamento
arcuato verso l’esterno. Il tronco è dritto, robusto, completamente ramificato a breve
distanza dalla base, profondamente scanalato e rivestito di una scorza opaca, rugosa.
Le foglie sono glabre e di colore verde intenso su entrambe le pagine.
Olmo montano
Ulmus glabra (Ulmaceae)
È un albero originario dell’Europa, diffuso in tutto il continente. È presente nella
Penisola italiana, privilegiando quote da 400 a 1300 metri di altitudine. È un albero
longevo. Famoso è l’esemplare che si trova nell’Appennino bolognese, presso il
Santuario della Madonna dell’Acero, che pare superi i 1500 anni d’età.
Il legno è pregiato, richiesto per la creazione di strumenti musicali ad arco, per la fabbricazione di mobili, per il rivestimento di pareti, di pavimenti, etc..
I ceppi e le escrescenze legnose erano assai ricercati per farne tabacchiere. Dalla linfa
del tronco si ricavano sostanze zuccherine analoghe a quelle della canna da zucchero,
ma un prelievo eccessivo nuoce all’esistenza stessa dell’albero. Le foglie costituiscono
un ottimo foraggio per capre e pecore.
141
Ontano bianco
Alnus incana (Betulaceae)
È una pianta che, con le sue radici, si ancora al suolo rendendolo più stabile. Il legno
resiste bene alla sommersione in acqua e viene utilizzato per palificazioni oltre che per
lavori di intaglio e al tornio. Il legno fornisce un carbone con cui si prepara polvere
pirica. Le foglie sono un alimento per il bestiame.
Ontano napoletano
Alnus cordata (Betulaceae)
È una pianta propria dell’Italia Meridionale e della Corsica e si differenzia dalle altre
specie che sopportano i climi freschi e il gelo, questa predilige climi e luoghi più miti.
Le foglie sono verdi e lucenti e finemente seghettate; le infruttescenze sono più lunghe
degli altri ontani. Per queste caratteristiche talvolta è piantato nei parchi.
142
Ontano nero
Alnus glutinosa (Betulaceae)
Come tutti gli ontani, ha un’importanza notevole poiché le sue radici hanno la capacità di fissare l’azoto ed è, per questa ragione, utilizzato nei rimboschimenti, nelle
opere di rinaturazione di aree degradate e per consolidare terreni franosi. Gli ontani
sono certamente stati usati dall’uomo primitivo per costruire le palafitte.
Palma nana
Chamaerops humilis (Palmae)
Questa specie è l’unica palma che nasce spontanea in Europa, diffusa lungo i litorali soleggiati e caldi ed è una tipica pianta della flora mediterranea. La “Palma di San Pietro” trova
largo impiego come pianta ornamentale nei giardini delle città prossime al mare. Le foglie,
ridotte in strisce sottili, servono a preparare cestini, stuoie, borse e sottocoppe e, come ricorda Marziale, per fabbricare scope. Sempre dalle foglie, si ricava il “crine vegetale” dopo
averne separato le fibre più grossolane. Secondo una versione accreditata, si narra che per fare la croce del
Signore furono impiegati quattro legni, ad ognuno dei
quali venne attribuito e associato un preciso significato:
al Cedro l’incorruttibilità, al Cipresso il lutto, alla Palma
nana l’identificazione con la fenice e all’Ulivo la consacrazione, l’“Unto” del Signore, il
Messia. La palma è da allora indicata come la pianta della resurrezione e tutt’oggi ha un grande
valore simbolico nelle festività
della Pasqua.
143
Orniello
Fraxinus ornus (Oleaceae)
È un albero o arbusto con rami ascendenti e chioma arrotondata ed è abbastanza presente nella penisola. È poco impiegato nei giardini e parchi. Tuttavia, praticando una
incisione nel tronco dell’Orniello, sgorga la “manna” che si rapprende a contatto con
l’aria e dalla quale si estraeva la mannite utile per le proprietà emollienti e rinfrescanti. Il legno ha quasi le stesse qualità e gli usi del frassino.
Pero
Pyrus communis (Rosaceae)
È originario dell’Asia minore ed è molto rustico. Si dice che, un giorno di tanti anni fa,
in Campania, un frate questuante, durante il suo giro, bussò al portone di una villa.
Ricevuto l’obolo, nell’attraversare la campagna, il francescano s’imbatté in alcuni
contadini che erano intenti ad abbattere un pero. Interrogati dal monaco sul perché di
quel loro lavoro, risposero che l’albero non dava frutti ormai da diverse stagioni e che
era giunto il tempo di metterlo al fuoco. Il religioso consigliò loro di lasciarlo vivere
ancora qualche anno perché era bene avere pazienza. Sbigottiti da quelle parole, i contadini ripiantarono il pero. L’estate seguente i rami di quell’albero erano carichi di
frutto. Fino a pochissimi anni or sono l’albero produceva ancora pere.
144
Pesco
Prunus persica (Rosaceae)
Deve il suo nome alla sua zona d’origine, la Persia ed in molte zone italiane i suoi frutti
sono ancora chiamati persici. Ad Andora, nel savonese, la Chiesa di S. Giovanni presenta
un particolare curioso: la porta di accesso si apre verso monte, voltando le spalle al paese.
La leggenda più accreditata vuole che il Papa mandò un Nunzio Apostolico che venne però
ucciso dagli Andoriani, accecati dall’ira; il Papa decretò allora l’apertura della porta verso
il monte, in segno di lutto e scomunicò Andora. A causa della scomunica, vi fu un’invasione di formiche che divorarono tutto, anche i bambini nelle culle. Un giorno miracolosamente su un pesco fiorì e maturò una pesca, portata immediatamente al Papa, in segno
di perdono. Il Papa revocò allora la scomunica e la situazione tornò nella normalità.
Pino d’Aleppo
Pinus halepensis (Pinaceae)
È una conifera che a volte ha un portamento eretto e a volte
abbastanza contorto. È un albero che cresce abbarbicato
alle rocce e che si affaccia sul mare in posizioni abbastanza ardite. È in assoluto il pino più diffuso del Mediterraneo,
essendo anche quello che ha meno necessità di coltivazione. Il legno è duraturo e pesante. La
resina che si ricava è quella di migliore
qualità delle altre conifere.
Alcune varietà, brevifolia, rotundata
sono impiegate a scopo ornamentale.
145
Pino domestico
Pino Himalayano
Pinus pinea (Pinaceae)
È una grande conifera tipica dell’ambiente mediterraneo con la sua forma ad ombrello. Ispiratore di
poeti, pittori e musicisti, il pino rappresenta un elemento familiare del paesaggio
italiano. Il legno molto resinoso è resistente all’umidità. Oltre
ad essere usato in falegnameria, serve alla produzione della
cellulosa. I pinoli sono usati in
migliaia di ricette culinarie.
Pinus excelsa (Pinaceae)
Originario dei monti dell’Himalaya, dove occupa zone poste tra i 2000 e 3000 metri di
altitudine, fu introdotto in Europa dal Nepal nel 1823.
È un albero di prima grandezza che raggiunge la ragguardevole altezza di 45 metri, impiegato nei parchi e
giardini per la sua particolare eleganza e per la resistenza
ai parassiti fungini. La chioma è espansa e conica, i rami
aperti e pendenti. Le pigne sono lunghe cm 15 leggermente incurvate e le foglie aghiformi sono sottili, piuttosto
lunghe fino cm 28 e di colore verdebluastro. Il legno è duro e resistente e
nel paese d’origine è impiegato nell’edilizia e nella fabbricazione di
tavolame. Dalle radici si estrae un’essenza che veniva usata come insetticida nelle risaie.
146
Pino marittimo
Pinus pinaster (Pinaceae)
È una conifera molto diffusa nel bacino mediterraneo ed è stato utilizzato nei rimboschimenti dei litorali. Infatti, è resistente alla salsedine ed è impiegato per formare barriere frangivento. Oltre al legno, fornisce una resina pregevole e, come estratto naturale, un eccellente antiossidante.
Pino nero
Pinus nigra (Pinaceae)
Deve il nome alla chioma fitta e di colore verde scuro. Può sopportare i venti ricchi di
sale e l’inquinamento e, perciò, viene spesso utilizzato come frangivento o come schermo intorno agli stabilimenti industriali. Assieme al Cedrus atlantica e al Pinus pinea,
il Pinus nigra è la conifera che viene spesso utilizzata per la microrrizzazione delle
radici, inoculando spore di tartufo bianchetto, brumale o marzuolo
147
Pino silvestre
Pinus sylvestris (Pinaceae)
È una grande conifera diffusa in tutta Europa. Il legno è
di ottima qualità ed è impiegato nella fabbricazione dei
mobili. Dalle gemme si estrae un olio essenziale impiegato nella cosmesi. Dalle pigne fermentate con grappa e zucchero si ricava un ottimo liquore.
Pioppo bianco
Populus alba (Salicaceae)
È un grande albero a portamento eretto; si ricordano le sue varietà con la corteccia
liscia e biancastra e con foglie argentate. È piantato a scopo ornamentale nei parchi e
nei giardini, per la sua maestosità e la bellezza del tronco. Non rilascia la lanugine ed
oggi è più spesso impiegato nei rimboschimenti delle fasce ripariali ed è usato ampiamente per la realizzazione delle paste di cellulosa.
148
Pioppo cipressino
Populus nigra var. Italica (Salicaceae)
È un grande albero presente nella nostra penisola. La chioma è
colonnare, stretta ed affusolata. È impiegato nei giardini e nei
parchi; è utilizzato ampiamente in filari presso le nobili ville e
lungo i viali. Ancora oggi sfila eretto lungo i fiumi e canali. I
soggetti maschi non rilasciano lanugine. Stendhal ne ammirava l’eleganza, Napoleone lo preferiva ad altri alberi. Per la sua
facilità a radicare e crescere rapidamente, era considerato un
albero magico e simbolo della vita. Nelle feste popolari i rami
dovevano toccare il terreno per attingere vitalità e forza ed essere distribuiti per piantarli in un campo di lino: se radicavano la
località era considerata benedetta.
Pioppo nero
Populus nigra (Salicaceae)
Tutta la famiglia dei pioppi è parte integrante del nostro paesaggio e il pioppo nero è
quello più diffuso spontaneamente nel nostro ambiente. È il pioppo femmina che rilascia la lanugine bianca che spesso ricopre il terreno. Il legno è stato usato per il carbone vegetale, la radica è stata adoperata dagli intarsiatori. I Romani usavano le foglie
come foraggio e usavano conservare nella segatura molti frutti. Sembra che nel 1898,
nell’intrigo delle radici di un pioppo abbattuto, fu ritrovata una lapide incisa da navigatori scandinavi che portasse la data del 1362, testimonianza di un approdo in terra
americana 100 anni prima di Colombo.
149
Pioppo trèmolo
Populus tremuloides (Salicaceae)
È un bell’albero con tronco dritto coronato da una chioma sorretta da rami ascendenti. Le foglie hanno un lungo picciolo che permette loro di “tremolare ad ogni alito di
vento”. I pioppi, oltre alla produzione della cellulosa, sono oggi fortemente impiegati
in impianti che servono alla produzione di biomasse e quale combustibile per reperire
nuove fonti energetiche.
Platano
Platanus orientalis (Platanaceae)
È un albero imponente impiegato a scopi ornamentali per parchi, viali e grandi giardini. Racconta Erodoto che Serse incontrò Lidia nei pressi di un platano, così grande e
maestoso, che vi rimase un giorno a riposare alla sua ombra e ad ammirarlo. Quando
levò il campo, fece appendere ai suoi rami bracciali e gioielli preziosi. Plinio ricorda
un platano della Licia con il tronco cavo ed ampio, che era capace di ospitare una ventina di persone. Sotto un platano, Ercole uccise l’Idra di Lerna; all’ombra di un platano Socrate filosofava ed Ippocrate insegnava medicina.
150
Robinia
Robinia pseudoacacia (Leguminsae)
È un albero proveniente dagli Stati Uniti, che in duecento anni si è diffusamente insediato nel nostro paese. La sua resistenza, le poche esigenze e l’adattabilità al clima e al
terreno, ne fanno una pianta infestante che rischia di soppiantare le altre piante tipiche del nostro paesaggio. L’albero, tuttavia, fissa l’azoto atmosferico, migliora i terreni
poveri ed è un ottimo combustibile. Per la sua abbondante presenza, il legno trova
largo uso nella realizzazione di utensili agricoli. I fiori sono appetiti dalle api e se ne
ricava un ottimo miele. Sulla robinia sono state create delle varietà da innesto come la
“Casque rouge”, la “Hispida rosea”, la “Tortuosa” e la “Pyramidalis” che sono impiegate nei giardini e parchi per le loro fioriture e le qualità ornamentali.
Roverella
Quercus pubescens (Fagaceae)
È tra le querce quella più diffusa nel nostro Paese e, spesso, è usata oltre che a scopo
ornamentale, negli impianti di arboricoltura per la produzione del legno. Quest’ultimo
è molto duro e resistente all’acqua.
Le ghiande sono impiegate per l’alimentazione del bestiame.
151
Rovere
Quercus petraea (Fagaceae)
È un albero imponente e, tuttavia, di grande importanza per le qualità ornamentali e
per il legno particolarmente pregiato. Per questa ragione, in passato è stato largamente utilizzato, fino a ridurne considerevolmente la presenza nel nostro Paese. È l’albero
della “tradizione marinara”; di rovere erano le caravelle di Colombo; la pianta teneva
alla larga streghe e diavoli. Di rovere era la foresta bretone di Paimpol, dove Merlino
aveva la sua dimora: chi si addentrava in questo bosco incantato, ne usciva vecchissimo, senza la cognizione del tempo trascorso.
Salice bianco
Salix alba (Salicaceae)
Come tutti i salici, predilige i terreni umidi e freschi. Nasce e vive spontaneamente e
prevalentemente lungo i corsi d’acqua. I rami sono usati per confezionare ceste e pertiche. I salici consolidano i terreni franosi e le ripe. I rami flessibili ed elastici venivano impiegati per legare le viti e realizzare ceste. Il legno è usato oggi per produrre pasta
da cellulosa e, in Olanda, serve a fabbricare gli zoccoli tradizionali.
152
Salice odoroso
Salix pentandra (Salicaceae)
È così chiamato per il buon profumo che emanano le foglie giovani, leggermente resinose. In Italia è diffuso sulle Alpi fino ai 2000 metri di quota, in zone paludose o torbose, e ai bordi degli stagni o dei torrenti. Gli ebrei celebravano con esso la festa delle capanne per ricordare l’affrancamento dalla schiavitù egiziana, come ricordato nel Levitico.
Salice piangente
Salix babylonica (Salicaceae)
È un bell’albero inconfondibile, i cui rami penduli e ricadenti dalla chioma arrivano
a toccare terra. È ampiamente usato nei parchi, nei giardini e lungo i corsi d’acqua.
Il nome babylonica deriva, secondo le interpretazioni, dal sentimento di rimpianto
della patria perduta dagli ebrei che, ridotti in schiavitù a Babilonia, appesero sui rami
dei salici le loro arpe.
153
Salicone
Salix caprea (Salicaceae)
Per il suo carattere pionieristico, è utilizzato nella rinaturazione ambientale.
Anch’esso tipico delle zone umide e vicine ai torrenti, è stato coltivato pure per la salicina, estraibile dalla corteccia, sostanza febbrifuga per antonomasia.
Sambuco comune
Sambucus nigra (Caprifoliaceae)
Vive ad un’ altitudine di 900-2000 metri ed è un arbusto che si differenzia da quello
comune perché è più piccolo e i frutti sono drupe di 4-5-mm di colore rosso scarlatto,
che conferiscono alla pianta un aspetto molto decorativo ed ornamentale. Le drupe
contengono vitamine con le quali si preparano sciroppi per curare raffreddori ed
influenze. Dalla fermentazione e distillazione si ricavano bevande alcoliche.
154
Sambuco montano
Sambucus montano (Caprifoliaceae)
È un piccolo arbusto diffuso e tipico della nostra penisola. Emana un odore acre e pungente. Il legno non ha particolare valore ma il midollo viene usato nella tecnica microscopica. I frutti di color nero violaceo, al pari della corteccia, servono a preparare decotti purgativi e curativi dei reumatismi e delle affezioni respiratorie.
In molti paesi, i frutti sono usati per preparare marmellate; le infiorescenze seccate
messe in infusione con il vino conferiscono un eccellente gusto di moscato. Gli stessi
fiori servono a preparare frittate. Le foglie seccate e polverizzate servono a combattere i
parassiti delle piante.
Sequoia
Sequoiadendron gigantea (Taxodiaceae)
È una conifera originaria della Sierra Nevada californiana,
e vive fino a 2000 m di altitudine.
Albero di prima grandezza per le altezze che raggiunge
(oltre 100 m), per la massa legnosa imponente e per la longevità straordinaria.
Fu introdotta in Europa nella seconda metà dell’Ottocento e
oggi non è infrequente trovarla negli orti botanici e in molti
parchi. La più grande sequoia si trova in California con il
nome di “General Grant”; è alta 80
m con una circoferenza del tronco di
24 m ed un peso calcolato di 2000
tonnellate. Possono vivere fino a
3000 anni . Il legno non trova impiego essendo leggero e fragile.
155
Sofora
Sophora japonica (Leguminosae)
Originaria della Cina, fu introdotta nel 1747 in Europa. È un albero molto impiegato
a scopo ornamentale nei parchi, giardini e viali alberati. La ramificazione è contorta e
piangente. I fiori, tardivi e profumati, la rendono appetita dalle api e affascinante
anche in inverno. Resiste all’inquinamento. I fiori e i frutti contengono una sostanza
colorante gialla usata per tingere le sete. La varietà “Pendula” è molto decorativa e diffusa nei giardini.
Sorbo degli uccellatori
Sorbus aucuparia (Rosaceae)
È un albero di medie dimensioni presente nei boschi europei. Oggi è di nuovo piantato, poiché tutti gli uccelli sono ghiotti dei frutti. Il duro e compatto legno è impiegato
per lavori al tornio e di intaglio. Nei paesi nordici (Norvegia, Svezia e Scozia) era considerato un albero magico: i suoi rami, carichi di frutti, erano usati per scongiurare la
cattiva sorte e cacciare le streghe.
156
Sorbo domestico
Sorbus domestica (Rosaceae)
È un piccolo albero con una fitta chioma piramidale e, nella penisola, la sua presenza è
ormai abbastanza ridotta. Già in epoca romana dai suoi frutti, dopo aver subìto un processo di fermentazione, si ricavava un apprezzato “vino di sorbe”. Successivamente il
legno compatto e resistente venne utilizzato per costruire ingranaggi, carrucole ed elementi per pianoforte. Oggi la coltivazione in giardino, per curiosità o per ornamento,
avviene per innesto sul pero o sul cotogno, per ottenere frutti migliori e in più breve tempo.
Spino di Giuda
Gledistsia triacanthos (Leguminosae)
È un albero proveniente dagli Stati Uniti insediatosi in Europa a partire dal XVIII secolo.
Viene impiegato a scopo ornamentale nei parchi, nei giardini e lungo i viali. La caratteristica principale è che il tronco e i rami sono ornati di lunghe e robuste spine e che sui
rami, leggermente penduli, si formano dei grandi baccelli che persistono sulla pianta per
tutto l’inverno. Il legno durissimo veniva impiegato per costruire attrezzi agricoli e per
realizzare i pioli delle scale.
157
Sughera
Quercus suber (Fagacea)
È una delle querce sempreverdi del clima mediterraneo che oggi viene utilizzata e
piantata in esemplari secolari nei parchi e nei giardini, anche a scopo ornamentale. Il
legno non ha grande valore. Nei primi anni, la corteccia è liscia e, dopo trent’anni, è
spessa e spugnosa; dopo opportune asportazioni e trasformazioni, si ricava il sughero
che è stato usato sin dall’antichità. I Romani usavano il sughero per le suole delle scarpe e, dalla macerazione della corteccia, come quella di tutte le querce, veniva ricavato
l’acido tannico, che serviva alla concia delle pelli e alla tintura dei tessuti. Da tempo è
ampiamente coltivato a scopo industriale. Nonostante i tentativi di usare la plastica,
non è immaginabile una bottiglia di buon vino senza un tappo di sughero.
Susino
Prunus domestica (Rosaceae)
È pianta sacra e benaugurante nell’estremo Oriente, di cui è originario. Il legno di tutti
i Prunus ha un durame rossastro e un alburno bruno pallido. È duro e denso e, se lucidato, dà buoni risultati. Nel Gargano la “ciaramella”, strumento musicale tipico a
fiato, è appunto di susino.
158
Tasso
Taxus baccata (Taxaceae)
È un albero longevo e ad accrescimento lento. Vi sono esemplari che hanno un’ età di
2000 anni con 5 m di circonferenza di tronco. È’ impiegato nei parchi e giardini per
l’effetto ornamentale degli esemplari adulti.
Il frutto è formato da un involucro verde che, a maturazione, assume un vivace colore
rosso, all’interno del quale esiste un seme particolarmente velenoso. È detto “albero della
morte” poiché i rami e le foglie sono tossiche. Il legno è ricercatissimo e veniva utilizzato per costruire gli archi, oltre che impiegato in lavori di tornio e per mobili di lusso.
Tiglio nostrano
Tilia platyphyllos (Tiliaceae)
È una pianta profumata impiegata nei parchi, giardini, viali. Il tiglio è l’albero della
dolcezza, dell’amicizia e della fedeltà. I greci lo utilizzavano molto per le sue qualità
terapeutiche: corteccia, foglie e giovani rami hanno proprietà calmanti e digestive. Il
miele di tiglio è uno dei migliori. Nel Medio Evo e in alcune zone della Germania veniva considerato l’albero del giudizio e il suo nome era sinonimo di tribunale. Sotto l’albero si conversava ed è per questa ragione che spesso i luoghi di incontro, come le piazze, venivano adornate con i tigli.
159
Tuia
Tuja occidentalis (Cupressaceae)
Vive in Nordamerica in luoghi dove è densa l’umidità atmosferica. Fu importato in Europa nella metà del 1500.
È un albero ornamentale, spesso impiegato nei parchi e giardini. Il legno, tenero e leggero, era usato prima dell’avvento delle
fibre di vetro per costruire imbarcazioni. Il legno è rossastro e
duro, pesante ed omogeo ed è impiegato in ebanisteria e per
lavori di tornio. La pianta è molto tossica e questa sua caratteristica è conosciuta da almeno 200 anni.
La pianta contiene un’ essenza aromatica, la thuyone, dal potere fortemente
convulsivo. A questa essenza si riconosce
il potere diuretico ed effetti sedativi.
Inoltre, si utilizza in cure fitoterapiche
contro le malattie reumatiche, nevralgie
e per curare le verruche.
Vallonea
Quercus vallonea (Fagaceae)
È una quercia molto più piccola delle altre e vive nel clima mediterraneo. Nel nostro
Paese è quasi scomparsa e sarebbe necessaria un’azione di reintroduzione nel territorio.
Le ghiande piacciono al bestiame, e il legno è solido e duro. Nella mitologia greca quest’albero era consacrato a Giove e, dunque, personificava Dio stesso. Il suono prodotto
dalle sue fronde manifestava la volontà di Giove.
160
Vimine
Salix Viminalis (Salicacee)
È un piccolo arbusto con foglie abbastanza lunghe
di colore argenteo nella pagina inferiore, con una
fitta peluria, mentre in quella superiore sono glabre e di un bel verde intenso.
Come tutti i salici, predilige terreni freschi ed
umidi ed è comune in tutta Europa.
Il vimine, assieme al salice bianco, è stato diffusamente coltivato per utilizzare i suoi rami che, essendo flessibili, dopo un periodo di macerazione nell’acqua e privati della corteccia,
si usavano e si usano tuttora
per realizzare lavori di intreccio
come cesti, panieri, sedie, etc..
Il vimine è stato adoperato nell’economia rurale anche per le
legature dei tralci delle viti. In
sostanza, era un valido sostituto delle corde.
161
Sommario
Un patrimonio e un’esperienza al servizio della città . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag.
Un laboratorio permanente di formazione ed educazione ambientale . . . . . . . . »
Un progetto per l’Umbria e il Paese . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
I principali dati del Bosco didattico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Ambiente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Legenda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Planimetria del Bosco didattico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Classificazione botanica di alberi, arbusti, erbacee . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Alberi, arbusti ed erbacee: nomi e cognomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »
Immagini e luoghi del Bosco didattico. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
L’Arboreto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il Bosco planiziale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il Bosco ripariale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il Frutteto di antica coltivazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il Rosarium. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Le Aiuole delle erbacee perenni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
La Serra tropicale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
La Serra delle cactacee e succulente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
La Serra della limonaia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il Laghetto delle ninfee . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
La Fontana, il ruscello e il laghetto del fior di loto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
La Lumaca. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
L’Antico canale e l’avifauna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Ostello per la Gioventù - Villa Giardino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Centro naturalistico regionale: “Acqua, Aria, Terra, Energia”
Torre del Molino della Catasta. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
10 ragioni per piantare un albero.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Vuoi di più da un albero?.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
5
7
9
11
14
15
16
18
20
22
23
25
46
50
52
56
63
67
73
83
86
89
92
93
99
» 102
» 104
» 105
Alberi e arbusti tra leggende, curiosità e utilità: schede . . . . . . . . . . . . . . . . » 107
163
Questo volume è stato realizzato con la preziosa collaborazione
delle seguenti aziende:
Finito di stampare nel mese di marzo 2007 da Tipografia Agraf - Perugia