Agenzia SIR – SERVIZIO INFORMAZIONE RELIGIOSA

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Progetto IdR e NEWS
martedì 22 novembre 2011 (n.59)
Tema: LA SPERANZA E LA PACE
XXII VIAGGIO APOSTOLICO DEL PAPA IN AFRICA (18-20 NOVEMBRE 2011)
NOTIZIA
C’è una “triplice motivazione” alla base del viaggio apostolico del Papa in Benin. Lo ha detto, oggi pomeriggio,
Benedetto XVI, nella cerimonia di benvenuto all’aeroporto internazionale “Card. Bernardin Gantin” di Cotonou, al suo
arrivo nel paese africano, dove è andato in “spirito d’amicizia e di fraternità”.
La prima è costituita dal “40° anniversario dello stabilimento” delle relazioni diplomatiche del Benin con la Santa
Sede e dal “150° anniversario della sua evangelizzazione”. La seconda riflette il “desiderio” del Pontefice “di
consegnare in terra africana l’Esortazione apostolica post-sinodale Africae munus” e la terza, “più personale o più
affettiva”, è legata alla figura del card. Bernardin Gantin e alla volontà del Pontefice di “pregare sulla sua tomba e
ringraziare il Benin di avere dato alla Chiesa questo figlio eminente”.
(da Sir Attualità – 18 novembre 2011)
APPROFONDIMENTI
------------------------------------------------------------------------------------------------------ Dio è nella storia
Criteri sicuri nel passaggio alla modernità. “Il Benin – ha affermato poi Benedetto XVI - è una terra di antiche e
nobili tradizioni. La sua storia è prestigiosa. Vorrei approfittare di questa occasione per salutare i capi tradizionali. Il
loro contributo è importante per costruire il futuro di questo Paese”. Di qui l’incoraggiamento “a contribuire, con la
loro saggezza e la loro conoscenza dei costumi, al delicato passaggio che attualmente si va operando tra la tradizione
e la modernità”. “La modernità – ha avvertito il Papa - non deve fare paura, ma essa non può costruirsi sull’oblio del
passato. Deve essere accompagnata con prudenza per il bene di tutti evitando gli scogli che esistono sul Continente
africano e altrove, per esempio la sottomissione incondizionata alle leggi del mercato o della finanza, il nazionalismo
o il tribalismo esacerbato e sterile che possono diventare micidiali, la politicizzazione estrema delle tensioni
interreligiose a scapito del bene comune, o infine la disgregazione dei valori umani, culturali, etici e religiosi”. Il
passaggio alla modernità “deve essere guidato da criteri sicuri che si basano su virtù riconosciute, quelle che enumera
il vostro motto nazionale, ma anche quelle che si radicano nella dignità della persona, nella grandezza della famiglia
e nel rispetto della vita. Tutti questi valori sono in vista del bene comune, l’unico che deve primeggiare e costituire la
preoccupazione maggiore di ogni responsabile”. La Chiesa “dà il suo specifico contributo. Con la sua presenza, la sua
preghiera e le sue diverse opere di misericordia, specialmente nel campo educativo e sanitario, essa desidera offrire
ciò che ha di meglio. Vuole manifestarsi vicina a colui che si trova nel bisogno, a colui che cerca Dio. Desidera far
comprendere che Dio non è inesistente o inutile come si cerca di far credere, ma che Egli è l’amico dell’uomo”.
Il ricordo di due arcivescovi. “Un omaggio con riconoscenza”: è quello che ha voluto rendere, stasera, durante la
visita alla cattedrale di Nostra Signora della Misericordia, a Cotonou, in Benin, Benedetto XVI agli arcivescovi che vi
riposano: mons. Christophe Adimou e mons. Isidore de Sousa. “Essi – ha ricordato il Papa - sono stati valorosi operai
nella Vigna del Signore, e la loro memoria resta ancora viva nel cuore dei cattolici e di numerosi abitanti del Benin.
Questi due presuli sono stati, ciascuno a suo modo, Pastori pieni di zelo e di carità. Si sono spesi senza risparmio al
servizio del Vangelo e del Popolo di Dio, soprattutto delle persone più vulnerabili”. “Tutti voi sapete – ha aggiunto che mons. de Sousa è stato un amico della verità e che ha avuto un ruolo determinante nella transizione democratica
del vostro Paese”.
La misericordia di Dio. Il Pontefice ha quindi invitato a “meditare” sulla “misericordia infinita” di Dio. “La
misericordia divina – ha osservato il Santo Padre - non consiste solamente nella remissione dei nostri peccati: essa
consiste anche nel fatto che Dio, nostro Padre, ci riconduce, talvolta non senza dolore, afflizione e timore da parte
nostra, sulla via della verità e della luce, perché non vuole che ci perdiamo”. “Questa duplice manifestazione della
misericordia divina – ha dichiarato - mostra come Dio è fedele all’alleanza sigillata con ogni cristiano nel Battesimo”.
“La Vergine Maria – ha affermato Benedetto XVI - ha sperimentato al massimo livello il mistero dell’amore divino”.
Tramite il suo sì alla chiamata di Dio, “ella ha contribuito alla manifestazione dell’amore divino tra gli uomini. In
questo senso, è Madre di Misericordia per partecipazione alla missione del suo Figlio; ha ricevuto il privilegio di
poterci soccorrere sempre e dovunque”. “Al riparo della sua misericordia – ha ricordato il Papa -, i cuori feriti
guariscono, le insidie del Maligno sono sventate e i nemici si riconciliano. In Maria abbiamo non soltanto un modello di
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perfezione, ma anche un aiuto per realizzare la comunione con Dio e con i nostri fratelli e le nostre sorelle”.
Invitando a invocarla con fiducia, il Santo Padre, nella sua preghiera alla Vergine, le ha chiesto di esaudire “le più
nobili aspirazioni dei giovani africani”, “i cuori assetati di giustizia, di pace e di riconciliazione”, “le speranze dei
bambini vittime della fame e della guerra”.
(da Sir Italia – 18 novembre 2011)
- Un mondo nuovo
Perché un Paese africano non potrebbe indicare la via al resto del mondo?
Benedetto XVI ha lasciato il Benin con una domanda che interpella non solo il continente dove per la seconda volta è
stato in meno di tre anni.
Precisando subito dopo che si tratta di una via per vivere una fraternità autentica, fondata sulla famiglia e sul lavoro.
Anche l’ultimo dei discorsi beninesi è dunque servito al Papa per ripetere il suo forte incoraggiamento all’Africa e
ammonire quanti continuano a sfruttarla con forme malcelate di neocolonialismo. Oppure finiscono per ignorarla,
come è avvenuto su quei media che hanno minimizzato o trascurato il viaggio papale, nonostante le indicazioni
contrarie dei loro stessi inviati, testimoni della sua importanza e novità. Un avvenimento ritenuto da questi media
privo d’interesse forse perché senza condom e senza abusi, che sembrano essere divenuti ingredienti indispensabili
perché si informi sulla Chiesa cattolica.
Dalla visita in Benin di Benedetto XVI e dall’esortazione apostolica Africae munus che ha firmato a Ouidah vengono
invece un contributo importante alla convivenza mondiale e un sostegno reale all’impegno della Chiesa cattolica.
La quale non è certo estranea al continente, che diede asilo alla sacra famiglia in fuga dalla persecuzione e dove il
cristianesimo ha radici antichissime. Come mostra il caso dell’Etiopia e come il Papa ha più volte sottolineato,
ricordando l’importanza della scuola di Alessandria, evocando gli antichi autori cristiani africani di lingua latina e
soprattutto ripetendo ancora una volta ai giornalisti in volo per Cotonou che nel XXI secolo l’annuncio del Vangelo nel
continente non deve apparire un sistema difficile ed europeo, ma esprimersi nel messaggio universale, al tempo stesso
semplice e profondo, «che Dio ci conosce e ci ama e che la religione concreta provoca collaborazione e fraternità».
Questo messaggio è lo stesso dell’esortazione Africae munus, documento frutto della collegialità sinodale dove
Benedetto XVI ha messo insieme realismo e speranza. Un binomio che ha segnato tutto il viaggio e soprattutto il
grande discorso tenuto al palazzo presidenziale di Cotonou, dove il Papa non ha nascosto i gravi problemi del
continente — che continuano purtroppo a essere di attualità, ma che certo non sono esclusivi dell’Africa — e tuttavia
ha saputo contestare con energia le visioni negative, riduttrici e irrispettose che vengono abitualmente diffuse. In
questo modo ha potuto denunciare scandali e ingiustizie, corruzione e violenza, ma soprattutto ha guardato con
ottimismo al futuro. La speranza africana di Benedetto XVI ha efficacemente titolato «La Croix» riassumendo così il
senso di tutto il viaggio.
E la speranza del Papa, amico autentico dell’Africa, è stata bene espressa tanto dall’incontro chiassosissimo e
commovente con i bambini — che rappresentano il futuro del continente — quanto dall’omelia durante la messa
conclusiva, nella domenica di Cristo Re, ultima dell’anno liturgico. Nella quale ha ricordato, commentando la
descrizione evangelica del giudizio finale, che è il Signore dell’universo e della storia a liberare l’umanità
dalla paura e a introdurla in un mondo nuovo di libertà e di felicità.
(g.m.v. – da L’Osservatore Romano, 22 novembre 2011)
- Un umanesimo fresco
C’è un “tesoro prezioso” nel titolo dell’esortazione che il Papa ha consegnato all’Africa, in Benin, accolto
festosamente da una moltitudine gioiosa.
È “l’impegno dell’Africa per il Signore Gesù”. Perché, senza alcuna retorica, facile e scontata, “è una terra di
speranza: autentici valori, capaci di ammaestrare il mondo, si trovano qui e non chiedono che di sbocciare con l’aiuto
di Dio e la determinazione degli africani”.
Sull’aereo aveva spiegato la sfida, che anche in Africa si gioca: “Dare nuova vitalità alla fede cattolica”. È la sfida a
trasmettere “un messaggio semplice, profondo, comprensibile”. È l’essenziale, cui Benedetto XVI costantemente
pungola: “C’è Dio, Dio c’entra [con noi], Dio ci conosce e ci ama, la religione concreta provoca collaborazione e
fraternità”.
Ecco, allora, la dinamica dell’Esortazione apostolica: “Sull’esempio di Cristo, tutti i cristiani sono chiamati a
rispecchiare la misericordia del Padre e la luce dello Spirito Santo. L’evangelizzazione presuppone e comporta anche
la riconciliazione, e promuove la pace e la giustizia”. In questo senso rilancia la dinamica cattolica, cioè l’orizzonte
universale, sottolineando l’importanza “dell’interculturalità, termine più adatto che quello di inculturazione, cioè di
un incontro delle culture nella comune verità del nostro essere umano nel nostro tempo, e così crescere anche nella
fraternità universale”.
Per questo, l’Africa è importante, perché, evangelizzata 150 anni fa, a sua volta rilancia la dinamica
dell’evangelizzazione. “Con entusiasmo siate testimoni ardenti della fede che avete ricevuto!”, ha esclamato il Papa.
È il dinamismo della cattolicità, perché “in tutte le parti del mondo siamo fratelli, siamo una famiglia che si conosce e
che collabora in spirito di fraternità”. Così questi orizzonti ampi aiutano anche gli europei, gli occidentali, che
sperimentano quotidianamente “questa riduzione al positivismo, che restringe la nostra vita e la fa un po’ arida, e
anche spegne la speranza”. L’“umanesimo fresco che si trova nell’anima giovane dell’Africa, nonostante tutti i
problemi che esistono e che esisteranno, mostra che qui c’è ancora una riserva di vita e di vitalità per il futuro, sulla
quale possiamo contare”.
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Ripete il Papa: “Dio si fida dell’uomo e desidera il suo bene. Sta a noi rispondergli con onestà e giustizia all’altezza
della sua fiducia”. Si disegna così un percorso concreto, che offre prospettive di pace, sviluppo e riconciliazione in
Africa, ma insegna qualcosa anche alla Chiesa e al mondo occidentale.
L’Africa è molto vicina e, nonostante tutti i suoi immensi problemi, ci trasmette un orizzonte positivo: “La Chiesa non
offre alcuna soluzione tecnica e non impone alcuna soluzione politica. Essa ripete: non abbiate paura! L’umanità non
è sola davanti alle sfide del mondo. Dio è presente. È questo un messaggio di speranza, una speranza generatrice di
energia, che stimola l’intelligenza e conferisce alla volontà tutto il suo dinamismo”.
(Francesco Bonini – Sir Attualità, 21 novembre 2011)
- Una nuova tappa
Portare “un messaggio di speranza e di pace”. Questo il desiderio di Benedetto XVI, nel suo viaggio apostolico in
Benin, come ha spiegato nella santa messa nello Stade de l’amitié di Cotonou. Hanno concelebrato vescovi da tutta
l’Africa e un migliaio di sacerdoti beninesi. Nella fase conclusiva della messa c’è stata anche la consegna, da parte
del Pontefice, dell’Esortazione apostolica post-sinodale ai vescovi dell’Africa. Poi è seguita la recita dell'Angelus.
Hanno partecipato alla festosa celebrazione fedeli dal Togo, Burkina Faso, Niger, Nigeria e Costa d’Avorio.
Vicino ai piccoli e agli umili. Nella festa di Cristo Re, il Papa ha sottolineato come possa sembrare “sconcertante” la
regalità di Cristo: “Ancor oggi, come 2000 anni fa, abituati a vedere i segni della regalità nel successo, nella potenza,
nel denaro o nel potere, facciamo fatica ad accettare un simile re, un re che si fa servo dei più piccoli, dei più umili,
un re il cui trono è una croce”. E tuttavia, “è così che si manifesta la gloria di Cristo: è nell’umiltà della sua esistenza
terrena che Egli trova il potere di giudicare il mondo. Per Lui, regnare è servire! E ciò che ci chiede è di seguirlo su
questa via, di servire, di essere attenti al grido del povero, del debole, dell’emarginato”. Il Pontefice si è rivolto, poi,
“con affetto a tutte le persone che soffrono, ai malati, a quanti sono colpiti dall’aids o da altre malattie, a tutti i
dimenticati della società”, incitandoli ad avere “coraggio”. Poi un motivo di ringraziamento: “Sono 150 anni che la
croce di Cristo è stata piantata sulla vostra terra, che il Vangelo è stato annunciato in essa per la prima volta. In
questo giorno rendiamo grazie a Dio per l’opera compiuta dai missionari, dagli ‘operai apostolici’ originari di casa
vostra o venuti da altre parti, vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose, catechisti, tutti coloro che, ieri come oggi, hanno
permesso l’estendersi della fede in Gesù Cristo sul Continente africano!”. Un pensiero anche alla memoria del card.
Bernardin Gantin, “esempio di fede e di sapienza per il Benin e per tutto il Continente africano”.
Preoccuparsi per l’evangelizzazione. La Chiesa, ha evidenziato il Santo Padre, “esiste per annunciare questa Buona
Novella! E tale compito è sempre urgente! Dopo 150 anni, molti sono coloro che non hanno ancora udito il messaggio
della salvezza di Cristo” o “fanno resistenza ad aprire il proprio cuore alla Parola di Dio” o “coloro la cui fede è
debole, e la cui mentalità, le abitudini, il modo di vivere ignorano la realtà del Vangelo, pensando che la ricerca di un
benessere egoista, del guadagno facile o del potere sia lo scopo ultimo della vita umana”. Dunque, la Chiesa in Benin,
che “ha ricevuto molto dai missionari”, “deve a sua volta recare questo messaggio di speranza ai popoli che non
conoscono o non conoscono più il Signore Gesù”. Di qui l’invito “ad avere questa preoccupazione per
l’evangelizzazione, nel vostro Paese e tra i popoli del vostro Continente e del mondo intero” e a “rafforzare la vostra
fede in Gesù Cristo, operando un’autentica conversione alla sua persona”. Benedetto XVI ha poi esortato a pregare
“oggi per i popoli dell’Africa, affinché tutti possano essere capaci di vivere nella giustizia, nella pace e nella gioia del
Regno di Dio”.
Riconciliazione, pace e giustizia. Il Papa, consegnando ai vescovi africani l’Esortazione apostolica post-sinodale
“Africae munus”, ha ricordato che ora “prendono avvio a livello locale le fasi di assimilazione e di applicazione dei
dati teologici, ecclesiologici, spirituali e pastorali contenuti in questa Esortazione. Questo testo intende promuovere,
incoraggiare e consolidare le diverse iniziative locali già esistenti. Intende altresì ispirarne altre per la Chiesa
cattolica in Africa”. Una delle prime missioni della Chiesa, ha sottolineato il Pontefice, “è l’annuncio di Gesù Cristo e
del suo Vangelo ad gentes, ossia l’evangelizzazione di coloro che, in un modo o nell’altro, sono lontane dalla Chiesa”.
In realtà, “l’evangelizzazione presuppone e comporta anche la riconciliazione, e promuove la pace e la giustizia”.
Infine il Santo Padre ha invitato la Chiesa in Africa ad essere “sempre più il sale della terra” e “luce del mondo”,
“luce dell’Africa che spesso, attraverso le prove, cerca la via della pace e della giustizia per tutti i suoi abitanti”.
Coltivare i valori familiari cristiani. “Dopo aver consegnato l’Esortazione apostolica Africae Munus, desidero affidare
alla Vergine Maria, Nostra Signora d’Africa, la nuova tappa che si apre per la Chiesa in questo Continente, affinché
ella accompagni il futuro di questa evangelizzazione dell’intera Africa e particolarmente quella di questa terra del
Benin”, ha dichiarato Benedetto XVI all’Angelus. Maria, ha aggiunto, “è la Madre della speranza. Questa speranza ci
permette di assumere il quotidiano con la forza che dà la verità manifestata da Gesù”. “Cari fratelli e sorelle
dell’Africa, terra ospitale per la Santa Famiglia, continuate a coltivare i valori familiari cristiani – ha concluso il Santo
Padre -. Mentre tante famiglie sono divise, esiliate, funestate da conflitti senza fine, siate gli artefici della
riconciliazione e della speranza”.
(da Sir Attualità, 19 novembre 2011)
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- Non amputare il futuro
Sono stati tre gli appuntamenti principali che hanno caratterizzato la mattina della seconda giornata del viaggio
apostolico del Papa in Benin: l’incontro con i membri del Governo, i rappresentanti delle istituzioni della Repubblica,
il corpo diplomatico e i rappresentanti delle principali religioni nel palazzo presidenziale di Cotonou; l’incontro con
sacerdoti, seminaristi, religiosi, e fedeli laici nel cortile del seminario S. Gall a Ouidah; la visita alla basilica
dell'Immacolata Concezione di Maria di Ouidah con la firma dell'Esortazione apostolica post-sinodale.
Continente della speranza. Nel primo incontro, Benedetto XVI ha affermato che “l’Africa è il continente della
speranza”. Ed è proprio alla luce della speranza che il Pontefice vuole leggere “due realtà africane che sono di
attualità”. La prima si riferisce “alla vita sociopolitica ed economica del Continente, la seconda al dialogo
interreligioso”. Ricordando che “in questi ultimi mesi, numerosi popoli hanno espresso il loro desiderio di libertà, il
loro bisogno di sicurezza materiale, e la loro volontà di vivere armoniosamente nella diversità delle etnie e delle
religioni”, il Santo Padre ha lanciato “un appello a tutti i responsabili politici ed economici dei Paesi africani e del
resto del mondo”: “Non private i vostri popoli della speranza! Non amputate il loro futuro mutilando il loro presente!
Abbiate un approccio etico con il coraggio delle vostre responsabilità e, se siete credenti, pregate Dio di concedervi la
sapienza” che “vi farà comprendere che, in quanto promotori del futuro dei vostri popoli, occorre diventare veri
servitori della speranza”.
La pedagogia del dialogo. Rispetto alla seconda questione, Benedetto XVI ha sottolineato che “il vero dialogo
interreligioso rigetta la verità umanamente egocentrica, perché la sola ed unica verità è in Dio. Dio è la Verità. Per
questo fatto, nessuna religione, nessuna cultura può giustificare l’appello o il ricorso all’intolleranza e alla violenza”.
Inoltre, “la conoscenza, l’approfondimento e la pratica della propria religione” sono “essenziali al vero dialogo
interreligioso”. Conviene dunque che “ognuno si ponga in verità davanti a Dio e davanti all’altro. Questa verità non
esclude, e non è una confusione. Il dialogo interreligioso mal compreso porta alla confusione o al sincretismo. Non è
questo il dialogo che si cerca”. Ai responsabili religiosi il Papa ha chiesto di “promuovere, soprattutto tra i giovani,
una pedagogia del dialogo, affinché scoprano che la coscienza di ciascuno è un santuario da rispettare, e che la
dimensione spirituale costruisce la fraternità. La vera fede conduce invariabilmente all’amore”. “La buona intesa tra
le culture, la considerazione non accondiscendente delle une per le altre e il rispetto dei diritti di ciascuno sono un
dovere vitale – ha sostenuto il Pontefice -. Occorre insegnarlo a tutti i fedeli delle diverse religioni. L’odio è una
sconfitta, l’indifferenza un vicolo cieco, e il dialogo un’apertura!”.
Contro i sincretismi. Nel secondo incontro della mattina, il Santo Padre ha ricordato ai sacerdoti “la responsabilità
della promozione della pace, della giustizia e della riconciliazione”, ha invitato religiosi e religiose “ad un amore
senza frontiere per il prossimo”, ha incoraggiato i seminaristi a mettersi “alla scuola di Cristo”, ha chiesto ai fedeli
laici di rinnovare l’“impegno per la giustizia, la pace e la riconciliazione” avendo “fede nella famiglia edificata
secondo il disegno di Dio e fedeltà all’essenza stessa del matrimonio cristiano”, ha esortato i catechisti ad offrire “il
loro aiuto peculiare e assolutamente necessario all’espansione della fede nella fedeltà all’insegnamento della
Chiesa”. A tutti l’invito “ad una fede autentica e viva, fondamento incrollabile di una vita cristiana santa e al servizio
dell’edificazione di un mondo nuovo”. L’amore per Dio, per i sacramenti e per la Chiesa “sono un antidoto efficace
contro i sincretismi che sviano”. Questo amore “favorisce una giusta integrazione dei valori autentici delle culture
nella fede cristiana. Esso libera dall’occultismo e vince gli spiriti malefici”.
Il coraggio della riconciliazione. In occasione della firma dell’Esortazione Africae munus, Benedetto XVI ha ricordato
come “il concetto di Chiesa - famiglia di Dio”, sviluppato nella Seconda Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei
vescovi , abbia prodotto “molti frutti spirituali per la Chiesa cattolica e per l’azione di evangelizzazione e di
promozione umana che essa ha attuato per la società africana nel suo insieme”. Poi ha avvertito: “Non bisogna mai
tralasciare di cercare le vie della pace! La pace è uno dei beni più preziosi! Per raggiungerla bisogna avere il coraggio
della riconciliazione che viene dal perdono, dalla volontà di ricominciare la vita comunitaria, da una visione solidale
del futuro, dalla perseveranza per superare le difficoltà”. “Riconciliati e in pace con Dio e con il prossimo – ha
evidenziato il Papa -, gli uomini possono lavorare per una maggiore giustizia in seno alla società. Non bisogna
dimenticare che la prima giustizia secondo il Vangelo è compiere la volontà di Dio”. Da questa opzione di base, ha
concluso il Pontefice, “derivano innumerevoli iniziative miranti a promuovere la giustizia in Africa e il bene di tutti gli
abitanti del Continente, soprattutto dei più bisognosi, che hanno bisogno di lavoro, di scuole e di ospedali”.
(da Sir Attualità, 19 novembre 2011)
- Il rosario con i piccoli
Nel suo secondo giorno di viaggio in Benin, il Papa, nel pomeriggio, dopo la visita al Foyer “Pace e gioia” delle
Missionarie della Carità presso la parrocchia S. Rita a Cotonou, ha incontrato i bambini nella parrocchia stessa e, di
sera, i vescovi del Benin nella nunziatura apostolica di Cotonou.
Parlare con Gesù. Il Pontefice ha invitato i bambini “a parlare di Gesù agli altri. Egli è un tesoro che bisogna saper
condividere con generosità. Nella storia della Chiesa, l’amore di Gesù ha riempito di coraggio e di forza tanti cristiani
e anche dei bambini come voi! Così, san Kizito, un ragazzo ugandese, è stato messo a morte perché voleva vivere
secondo il Battesimo che aveva ricevuto. Kizito pregava. Aveva capito che Dio è non solo importante, ma che è tutto”.
Il Santo Padre ha spiegato l’importanza della preghiera esortando i piccoli a “trovare ogni giorno un luogo calmo in cui
mi raccolgo davanti a una croce o ad una immagine sacra per parlare a Gesù e ascoltarlo”. “Restare così un po’ di
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tempo con Gesù – ha chiarito -, Gli permette di riempirmi del suo amore, della sua luce e della sua vita!”. L’amore
ricevuto nella preghiera occorre donarlo poi a genitori, amici, a tutti. Benedetto XVI ha invitato anche i piccoli di
chiedere ai genitori di pregare con loro. Poi tirando fuori un rosario dalla sua tasca, ha spiegato che “il rosario è come
uno strumento che si può utilizzare per pregare”. Insieme ai presenti ha recitato “un’Ave Maria per i bambini del
mondo intero, specialmente per quelli che soffrono la malattia, la fame e la guerra”.
Rinnovamento spirituale. La celebrazione del Giubileo del centocinquantesimo anniversario dagli inizi
dell’evangelizzazione in Benin “dev’essere per le vostre comunità e per ciascuno dei loro membri l’occasione di un
profondo rinnovamento spirituale”, ha detto il Papa ai vescovi. “È il volto crocifisso e glorioso di Cristo che ci deve
guidare tutti, così da testimoniare il suo amore al mondo – ha affermato il Pontefice -. Questo atteggiamento richiede
una conversione costante per dare nuova forza alla dimensione profetica del nostro annuncio. A coloro che hanno
ricevuto la missione di guidare il popolo di Dio, spetta di suscitarla e di aiutare a discernere i segni della presenza di
Dio nel cuore delle persone e degli avvenimenti”. L’incontro con Cristo “dev’essere saldamente radicato
nell’accoglienza e nella meditazione della Parola di Dio. Infatti, la Scrittura deve occupare un posto centrale nella
vita della Chiesa e di ogni cristiano. Vi incoraggio dunque a fare della sua riscoperta una sorgente di rinnovamento
costante, affinché essa unifichi la vita quotidiana dei fedeli e sia sempre più al cuore di ogni attività ecclesiale”.
Coscienza missionaria. Per il Santo Padre, “questo anno giubilare dev’essere per la Chiesa nel Benin un’occasione
privilegiata per ridare vigore alla sua coscienza missionaria. Lo zelo apostolico che deve animare tutti i fedeli deriva
direttamente dal loro battesimo, e pertanto essi non possono sottrarsi alla responsabilità di confessare la loro fede in
Cristo e nel suo Vangelo dovunque si trovino, e nella loro vita quotidiana”. Quanto ai vescovi e ai sacerdoti, “essi sono
chiamati a risvegliare questa coscienza nelle famiglie, nelle parrocchie, nelle comunità e nei diversi movimenti
ecclesiali”. Un ruolo essenziale giocato nell’attività missionaria delle diocesi è giocato “dai catechisti”, ha
sottolineato. “La Chiesa – ha ribadito Benedetto XVI - deve dunque andare verso tutti. E vi incoraggio a proseguire i
vostri sforzi in vista di una condivisione del personale missionario con le diocesi più sprovviste, sia che ciò avvenga nel
vostro Paese, o in altri Paesi dell’Africa o in continenti più lontani. Non abbiate paura di suscitare vocazioni
missionarie di sacerdoti, di religiosi e di religiose e di laici!”.
Messaggio di speranza. “Perché il mondo creda in questa Parola che la Chiesa annuncia – ha osservato il Papa -, è
indispensabile che i discepoli di Cristo siano uniti tra loro. Guide e pastori del vostro popolo, voi siete chiamati ad
avere una viva coscienza della fraternità sacramentale che vi unisce e dell’unica missione che vi è affidata, così da
essere effettivamente segni e promotori di unità nelle vostre diocesi”. Con i sacerdoti, “un atteggiamento di ascolto,
di attenzione personale e paterna deve prevalere affinché essi, coscienti del bene che volete loro, vivano con serenità
e sincerità la loro vocazione sacerdotale”. Di qui l’invito “ad aiutare i sacerdoti e i fedeli a riscoprire anch’essi la
bellezza del sacerdozio e del ministero sacerdotale”. “Le difficoltà incontrate, che talvolta possono essere serie, non
devono mai dar motivo di disperare, ma al contrario – ha avvertito il Pontefice - diventare incitamenti a suscitare nei
sacerdoti e nei vescovi una profonda vita spirituale che riempia il loro cuore di un amore sempre più grande per Cristo
e di uno zelo traboccante per la santificazione del Popolo di Dio. Un rafforzamento dei legami di fraternità e di
amicizia tra tutti sarà pure un sostegno importante, che permette di progredire nella ricerca di una crescita spirituale
e umana”. “Incontrandovi questa sera – ha concluso -, vorrei lasciare a ciascuno di voi un messaggio di speranza. Nel
corso di questi ultimi 150 anni, il Signore ha fatto grandi cose in mezzo al popolo del Benin. Siate certi che Egli
continua ad accompagnarvi giorno per giorno nel vostro impegno a servizio dell’evangelizzazione”.
(da Sir Italia - 19 novembre 2011)
- Fraternità non è utopia
Riconoscenza a Dio per i giorni trascorsi in Benin “nella gioia e nella cordialità”. È quello che ha espresso Benedetto
XVI, nella cerimonia di congedo all’aeroporto internazionale “Card. Bernardin Gantin” di Cotonou.
Far sbocciare i valori. “Ho desiderato visitare di nuovo il Continente africano per il quale ho una stima ed un affetto
particolari, perché ho l’intima convinzione che è una terra di speranza”, ha detto il Papa. “Autentici valori, capaci di
ammaestrare il mondo, si trovano qui e non chiedono che di sbocciare con l’aiuto di Dio e la determinazione degli
africani – ha sottolineato -. L’Esortazione apostolica post-sinodale Africae munus può contribuirvi validamente, perché
essa apre prospettive pastorali e susciterà interessanti iniziative. La affido a tutti i fedeli africani che sapranno
studiarla con attenzione e tradurla in azioni concrete nella loro vita quotidiana”. Ancora un pensiero al card.
Bernardin Gantin, “eminente figlio del Benin”, scomparso nel 2008. “Possa egli accompagnare l’attuazione di questo
documento!”, è stato l’auspicio del Santo Padre.
Vivere da fratelli. Ricordando gli incontri con “diverse componenti della società del Benin e membri della Chiesa”,
Benedetto XVI ha evidenziato che “questi numerosi incontri, così diversi nella loro natura, testimoniano la possibilità
di una coesistenza armoniosa in seno alla Nazione, e tra la Chiesa e lo Stato. La buona volontà e il rispetto reciproco
aiutano non solamente il dialogo, ma sono essenziali per costruire l’unità tra le persone, le etnie e i popoli”. La parola
“Fraternità”, ha aggiunto, “è del resto la prima delle tre parole del vostro motto nazionale. Vivere insieme da fratelli,
nonostante le legittime differenze, non è un’utopia. Perché un paese africano non potrebbe indicare al resto del
mondo la strada da prendere per vivere una fraternità autentica nella giustizia fondandosi sulla grandezza della
famiglia e del lavoro? Possano gli africani vivere riconciliati nella pace e nella giustizia!”. “Ecco l’augurio che formulo
con fiducia e speranza prima di lasciare il Benin e il Continente africano”, ha concluso il Papa, incoraggiando anche
“l’intero Continente a essere sempre di più sale della terra e luce del mondo”.
(da Sir Italia - 20 novembre 2011)
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DOCUMENTI
--------------------------------------------------------------------------------------------- Il Vangelo della riconciliazione
Il Benin si prepara ad accogliere Benedetto XVI: il Papa sarà nel Paese africano per una visita di tre giorni (18-20
novembre). Il 22° viaggio apostolico di Benedetto XVI, il secondo in terra africana, s’inserisce nei festeggiamenti per
i 150 anni dell’evangelizzazione del Paese. Tra gli eventi principali, la consegna dell’Esortazione apostolica
postsinodale della seconda assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi, dal titolo “Africae munus”. Il SIR
ha chiesto a mons. Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei vescovi, di anticipare alcuni contenuti di
questo importante documento per il continente africano.
Eccellenza, il titolo dell’Esortazione “Africae munus” (L’impegno dell’Africa) è già un programma...
“Esso rispetta il tema della seconda assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi che ha avuto luogo dal 4 al
25 ottobre 2009. Come è noto, l’argomento dei lavori sinodali era ‘La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione,
della giustizia e della pace’. Nell’Esortazione apostolica postsinodale, con il contributo particolare proprio del carisma
petrino, Benedetto XVI presenta i risultati dei lavori sinodali, riproponendo il Vangelo della riconciliazione alla Chiesa
in Africa, tenendo conto dell’attuale situazione ecclesiale e sociale del continente”.
Ci può anticipare i temi trattati in questo documento?
“Non è facile indicare in poche parole il ricco contenuto dell’‘Africae munus’, documento diviso in due parti,
illuminate entrambe dalla Parola di Dio. La prima parte si richiama al detto di Gesù glorificato, seduto sul trono:
‘Ecco, io faccio nuove tutte le cose’ (Ap 21,5), e la seconda sottolinea l’importanza dello Spirito Santo nell’opera di
evangelizzazione e di promozione umana: ‘A ciascuno è data una manifestazione particolare dello spirito per il bene
comune’ (1Cor 12,7). Tali richiami biblici indicano la prospettiva cristologica del documento. Dio ha infatti riconciliato
a sé il mondo in Gesù Cristo. Nella grazia dello Spirito siamo invitati a lasciarci riconciliare con Dio e con il prossimo.
La Chiesa, famiglia di Dio riconciliata, diventa segno efficace dell’invito alla riconciliazione delle società nei rispettivi
Paesi. Il documento, nella prima parte, analizza le strutture portanti della missione ecclesiale in Africa in vista della
riconciliazione, della giustizia e della pace. Nella seconda parte, poi, sono specificati i contributi che tutti i membri
del Popolo di Dio devono offrire dando il proprio apporto alla riconciliazione in seno alla Chiesa e alla società, nel
comune impegno per la giustizia e per la pace. In un’Africa segnata da vari problemi, la Chiesa indica la via verso
Cristo che, in forza dello Spirito, assicura la sua unità nella diversità dei doni ricevuti per il bene comune. I pastori
devono, poi, tradurre le indicazioni dell’Esortazione in linee operative nelle singole Chiese particolari”.
Sono trascorsi 16 anni dall’Esortazione apostolica postsinodale “Ecclesia in Africa” di Giovanni Paolo II. Come è
stato recepito quel documento dalle Chiese e dalle società africane?
“Assai bene. È stato un documento di grande aiuto per la molteplice attività di evangelizzazione e di promozione
umana in Africa, negli ultimi decenni, particolarmente importante per la preparazione delle Chiese particolari al
Grande giubileo del 2000. L’‘Africae munus’ si situa in continuità con l’‘Ecclesia in Africa’ che cita spesso, in quanto
rimane un costante punto di riferimento. L’‘Africae munus’ tra l’altro riconosce ai lavori della prima assemblea
speciale per l’Africa e, dunque, all’‘Ecclesia in Africa’ che ne ha raccolto i risultati, il grande dinamismo proprio della
Chiesa nel continente africano. In particolare, ricorda come un risultato assai positivo la nozione di Chiesa famiglia di
Dio che è stata ben accolta anche a livello della Chiesa universale”.
Il Sinodo ha avuto come temi portanti la riconciliazione, la giustizia, la pace. Quale può essere il contributo della
Chiesa per promuovere questi valori nella società africana?
“Essenziale. La Chiesa è la famiglia di Dio e, dunque, di persone riconciliate con Dio e tra di loro. Tale deve essere
l’ideale a cui tendere, pur riconoscendo la debolezza degli uomini e l’ostacolo del peccato. La Chiesa, però, ha a
disposizione i mezzi per assicurare il cammino alla santità dei suoi membri, pur peccatori. È importante pertanto
riscoprire il sacramento della Riconciliazione e dell’Eucaristia che forma l’unità di tutti i credenti, nonostante la
diversità delle lingue, delle culture, delle etnie, degli Stati. La Chiesa educa le coscienze dei suoi membri, soprattutto
tramite la liturgia, l’amministrazione dei sacramenti, la catechesi, l’attività pastorale. Inoltre, è assai impegnata nel
campo educativo e della sanità tramite una vasta rete di scuole, ospedali, ecc. La Chiesa, pertanto, annuncia il
Vangelo della riconciliazione negli ambienti in cui, per la Divina Provvidenza, vive e svolge la propria attività, e con
l’esempio dei suoi membri la testimonia. In tale modo, contribuisce notevolmente alla riconciliazione degli uomini e
delle donne di buona volontà dell’intera società”.
Dialogo ecumenico, famiglia, giovani, istruzione, sviluppo socio-economico sono stati altri temi al centro
dell’assise sinodale. Saranno centrali anche nell’Esortazione?
“Si tratta di temi importanti dell’opera di evangelizzazione della Chiesa, pertanto saranno ben presenti anche
nell’Esortazione apostolica postsinodale. Essa insisterà, in particolare, sulla priorità della evangelizzazione ad gentes,
impegnando tutta la Chiesa ad annunciare la Buona Notizia di Gesù Cristo risorto e vivo in mezzo ai suoi, a tutti coloro
che tuttora non lo conoscono. Oltre l’evangelizzazione ordinaria, che deve essere rinnovata e dinamizzata, darà
indicazioni per una nuova evangelizzazione nel continente africano che dovrà tenere presenti anche gli elementi della
riconciliazione, della giustizia e della pace, assai attuali nel momento presente in Africa”.
Cosa si dice a proposito dell’Aids?
“La Chiesa cattolica è in prima linea nella lotta contro le pandemie della malaria, della tubercolosi e dell’Aids che è
una questione non solamente farmacologico-medica, bensì etica. L’‘Africae munus’ ripropone lo sviluppo integrale
della persona e un’educazione sessuale fondata su un’antropologia radicata sul diritto naturale e illuminata dalla
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Parola di Dio e dall’insegnamento della Chiesa. Pertanto, indicherà la visione cristiana della vita, della famiglia e,
dunque, della necessità di cambiamento di comportamento, insistendo che per combattere tale flagello bisogna
prevenire il male assicurando la fedeltà coniugale, l’astinenza sessuale e il rifiuto della promiscuità”.
Nel documento ci sono anche delle linee d’impegno concreto per un’Africa riconciliata?
“L’‘Africae munus’ indicherà le grandi linee dell’attività delle Chiese particolari e della Chiesa a livello continentale
nei prossimi anni. Esse riguarderanno soprattutto l’impegno per la riconciliazione, la giustizia e la pace alla luce della
Parola di Dio, in forza dei Sacramenti e seguendo le indicazioni del Magistero. L’Esortazione evidenzia vari problemi e
numerose sfide alla Chiesa in Africa. Tuttavia, mantiene sempre un approccio positivo, pieno di speranza per la Chiesa
e per l’Africa. Benedetto XVI rivolge le parole che Gesù Cristo disse al malato cronico presso la piscina di Betzatà:
'Àlzati, prendi la tua barella e cammina!'. È l’invito all’Africa, di cui la Chiesa è come un’anima, di riscoprire Gesù
Cristo, di svegliare le sue grandi potenzialità spirituali e materiali, e di incamminarsi nella via della riconciliazione,
nella costruzione di un’Africa sempre più giusta e pacifica”.
- Il Benin
È, insieme al Togo e alla Nigeria, il Paese della Costa degli Schiavi. Da qui partivano le navi dei negrieri con il loro
carico di carne umana. Un dramma che continua ad essere dolorosamente presente nella memoria dei popoli
dell’Africa. Un “peccato dell’uomo contro l’uomo e un peccato dell’uomo contro Dio”, un “periodo oscuro del lungo
cammino della famiglia umana”, come ebbe a ribadire Giovanni Paolo II nel suo secondo viaggio in Benin, nel febbraio
del 1993. Il Papa vi era stato una prima volta nel 1982, sempre di febbraio. Adesso Benedetto XVI torna a far sentire la
voce di un Romano Pontefice in questa terra dalle tradizioni animiste-feticiste, già parte dell’antico Regno del Benin,
poi colonia francese, quindi dal 1960, ottenuta l’indipendenza, Repubblica del Dahomey, infine, nel 1975, la scelta
dell’attuale denominazione: Benin.
Un Paese in cui, abbandonate progressivamente le vecchie forme di culto, che prevedevano anche sacrifici umani,
oggi la realtà religiosa è molto favorevole per i cristiani, in particolare i cattolici, i quali costituiscono il 34% della
popolazione, su un totale di circa 9 milioni di abitanti (i musulmani sono il 24%). I primi missionari di fede cattolica
arrivarono 150 anni fa. Erano della Società delle missioni africane. Talune fonti parlano di uno sbarco di cappuccini in
Benin nell’anno 1646. Ma sembra che, allora, i frati dovettero desistere dal rimanere. Ora anch’essi sono presenti nel
Paese.
La prima circoscrizione ecclesiastica, sotto forma di prefettura apostolica, venne istituita nel 1833 a Cotonou, il primo
sacerdote locale fu ordinato nel 1928. Attualmente la Chiesa cattolica conta dieci circoscrizioni, di cui due sedi
metropolitane: Cotonou e Parakou, e otto diocesi suffraganee; undici vescovi (solo uno non è originario del Benin);
811 sacerdoti, tra diocesani (molti dei quali locali) e religiosi; 1.247 suore, 497 seminaristi maggiori. E poi 338
parrocchie, 217 scuole tra materne, superiori e università, 12 ospedali, 3 lebbrosari, mentre altre forme di assistenza
sono assicurate da un totale di 135 centri caritativi e sociali.
I rapporti diplomatici tra Benin e Santa Sede datano da 40 anni (altra coincidenza anniversaria col viaggio di
Benedetto XVI) con scambio a livello di ambasciatore, residente a Roma, e nunzio apostolico, che risiede a Cotonou,
dove farà sosta il Papa, la città più importante e popolata del Paese (la capitale ufficiale è Porto Novo).
Figura carismatica del Benin, e venerato come “padre della nazione” dai suoi connazionali, è il cardinale Bernardin
Gantin, scomparso nel 2008 a 86 anni dopo una prodigiosa carriera a servizio della Chiesa. A lui è intitolato
l’aeroporto di Cotonou, la città di cui fu arcivescovo. Benedetto XVI si recherà a Ouidah, a 45 chilometri da Cotonou,
per pregare sulla sua tomba. Il Papa “ritroverà” il suo vecchio amico e compagno di concistoro. Gantin e Ratzinger
furono infatti creati cardinali nello stesso giorno, il 27 giugno del 1977, da Paolo VI.
(da Sir Attualità, 20 novembre 2011)
- Sitografia
http://www.agensir.it
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