La sociologia della scienza e lo studio della scienza La scienza è un fenomeno importante e quindi meritevole di uno studio di tipo sociologico. “Paradosso di Merton”: prima degli anni ’60-’70 praticamente non esistono sociologi della scienza. Solo nel 1978 l’American Sociological Association apre una sezione dedicata a questi studi. La sociologia della scienza può nascere solo quando la scienza diventa un “problema sociale”. A sua volta, questa espressione può essere interpretata in due modi differenti: • la scienza diventa “sempre più grande” e quindi diventa “qualcosa che vale la pena studiare” limitandosi però alla strutturazione interna della comunità della ricerca ed alle sue norme di auto-regolamentazione • la scienza diventa un vero e proprio problema Robert K. Merton (1910-2003) è il fondatore della sociologia della scienza. Primi lavori sulle origini della scienza nel 1938; quindi “paradigma mertoniano”: analisi dei valori (ethos) della comunità della ricerca. Sistema di norme CUDOS: Comunismo Universalismo Disinteresse Scetticismo Organizzato L’approccio mertoniano considera la scienza come una istituzione sociale sostanzialmente separata dalla società. Quello che si studia sono: • Le modalità di organizzazione sociale che la comunità della ricerca si è data • Le circostanze sociali che possono favorire o ostacolare la produzione di conoscenza scientifica Non si entra nel merito dei modi con i quali tale conoscenza viene prodotta L’istituzionalizzazione della scienza è il risultato non previsto dell’etica puritana che ha sostenuto certi valori (razionalismo, individualismo ed empirismo). Questa etica promuove in modo indiretto lo sviluppo della scienza: • fornendo una spinta motivazionale all’attività degli scienziati • offrendo una legittimazione del ruolo della ricerca scientifica nel sistema sociale Il comunismo prescrive che la conoscenza non sia di proprietà del singolo ricercatore, ma dell’intera comunità scientifica. L’obiettivo comune della crescita della conoscenza complessiva sarebbe impossibile da conseguire se i ricercatori tenessero per sé le loro scoperte senza dividerle con gli altri. La conoscenza è pubblica e deve essere diffusa nella comunità della ricerca Advanced Scholar Search Scholar Preferences Scholar Help Stand on the shoulders of giants Google Home - About Google - About Google Scholar Famoso motto di Newton: “Non siamo che nani sulle spalle dei giganti” e per questo motivo riusciamo a gettare il nostro sguardo sempre un po’ più in là L’universalismo impone che ogni nuovo contributo scientifico debba essere valutato sulla base di criteri impersonali prestabiliti che si rifanno a principi universali (es: oggettività, accuratezza, contributo alla crescita cumulativa della conoscenza, ecc.) Gli specifici attributi individuali dei diversi scienziati (appartenenza di genere, religione, razza, provenienza sociale, ecc.) non devono entrare in alcun modo nella valutazione Il disinteresse comporta il controllo istituzionale sulla gamma di motivazioni che spinge i singoli ad intraprendere l’attività scientifica. L’avanzamento della conoscenza scientifica è un valore in sé. Gli scienziati possono certo ambire al riconoscimento dei loro pari, ma questo riconoscimento deve essere considerato come un frutto naturale delle loro attività di ricerca e non come un obiettivo da perseguire a tutti i costi (ad es. anche con comportamenti illeciti o fraudolenti). “Il più vitale servizio che oggi dobbiamo al mondo è di restaurare i nostri ideali scientifici (…) Dobbiamo riaffermare che l’essenza della scienza è l’amore per la conoscenza e che l’utilità della conoscenza non ci riguarda in maniera primaria. (…) noi scienziati siamo impegnati verso valori più preziosi del benessere materiale” Michael Polanyi, The logic of liberty, 1951 Lo scetticismo organizzato è un principio sia metodologico (che si applica al lavoro del singolo scienziato) che istituzionale (che si riferisce al funzionamento della comunità della ricerca nel suo complesso). Il principio raccomanda di “sospendere il giudizio” dinanzi a ogni nuova rivendicazione di conoscenza e di attendere che le procedure di analisi della fondatezza di tale rivendicazione siano state completate. Le norme che compongono l’ethos sono: espresse (divieti, preferenze, permessi, prescrizioni); legittimate (sono i valori istituzionali della comunità); trasmesse (precetti ed esempi); rinforzate (sanzioni per chi trasgredisce, ricompense per chi le osserva); interiorizzate (modellano la coscienza scientifica) Medaglia del Premio Nobel. Il sistema di ricompense premia i comportamenti disinteressati degli scienziati, conferendo il massimo onore ai contributi più significativi all’avanzamento della conoscenza Lo studio dell’ethos è l’applicazione dell’analisi funzionale all’istituzione scienza: si valuta la funzione dell’insieme di norme date ai fini del regolare funzionamento dell’istituzione. L’ethos è un attributo istituzionale della comunità scientifica. È interesse degli scienziati conformarvisi per evitare: sanzioni esterne e anche conflitti interiori (interiorizzazione delle norme) Le norme mertoniane rappresentano in qualche modo l’equivalente, sul piano sociologico (strutturazione interna della comunità della ricerca) delle norme epistemologiche del metodo scientifico. In ambedue i casi si fissano (o si cerca di fissare) i principi che sono alla base della crescita cumulativa della conoscenza razionale oggettiva. Due elementi del paradigma mertoniano: • Esclusione dei contenuti della conoscenza scientifica dall’analisi sociologica della scienza • Enfasi sulla scienza come sistema sociale autonomo La conoscenza scientifica è un fatto, non un problema (black box) perché è determinata: • Dalla natura del mondo fisico • Dal metodo scientifico I fattori sociali non influenzano i contenuti scientifici. Essi possono influire solo: • Sulla velocità dell’evoluzione della ricerca scientifica • Sulla direzione in cui la ricerca si espande La scienza è considerata autonoma dalla società e dalla politica, e ciò le conferisce grande autorevolezza e credibilità Tra la fine degli anni ’60 e gli inizi degli anni ’70 una svolta radicale segna la crisi del paradigma mertoniano e l’emergere di una nuova forma di sociologia della scienza. La Sociologia della Conoscenza Scientifica (SSK) analizza da vicino le modalità di produzione della conoscenza scientifica. Non si analizzano più i modi con cui si organizza il lavoro degli scienziati, ma direttamente i prodotti di tale lavoro. In precedenza questi prodotti (conoscenza scientifica) erano stati sottratti all’analisi in quanto dotati di caratteristiche specifiche di razionalità, universalità, validità. Con la SSK queste caratteristiche vengono radicalmente messe in discussione, per la prima volta nella storia dello sviluppo della scienza. Per David Edge tre processi sono alla base di questo tipo di sviluppi: 1.La crescente rilevanza dei temi dello sviluppo tecnologico rende necessario aumentare il livello di conoscenze sulla scienza e sulle sue relazioni con la tecnologia e la crescita economica. Il tema “quale politica per la ricerca?” diventa centrale 2.Cresce l’esigenza di orientare le ricerche scientifiche nel senso di una maggiore responsabilità sociale: “quali sono le responsabilità degli scienziati nei confronti della società?” 3.Gli sviluppi sociali che portano negli anni ’70 ad una maggiore “mobilitazione sociale” si riflettono anche sulla scienza e si riflettono in una “spinta democratica”: “chi deve governare la scienza? In che modi?” Due caratteristiche principali della Sociologia della Conoscenza Scientifica: •Il carattere interdisciplinare •L’approccio critico I due aspetti sono interconnessi tra loro: la “critica” nei confronti delle impostazioni tradizionali all’interno degli studi della scienza sostiene la necessità di “ridefinire” i normali confini disciplinari tra materie e viceversa. Prima della fine degli anni ’60, i confini tra le discipline che si occupavano di scienza erano molto ben definiti: •La storia ricostruiva le tappe di sviluppo delle idee scientifiche; •I filosofi studiavano conoscenza scientifica; le caratteristiche della •I sociologi studiavano le istituzioni della comunità di ricerca (sistema di ricompense, modalità di diffusione delle conoscenze, ecc.); Ogni disciplina applicava i propri metodi e le proprie tecniche di indagine. Con la nascita della sociologia della conoscenza scientifica, il quadro cambia: •Non è possibile affrontare problemi così complessi come la scienza e la tecnologia affidandosi ad un’unica prospettiva disciplinare; •Ogni singola prospettiva può portare distorsioni nel modo di considerare i fenomeni di analisi; per questo motivo è necessario integrare le differenti discipline; •In generale, è preferibile un approccio centrato sul problema piuttosto che un approccio centrato sull’appartenenza disciplinare; Per quanto riguarda l’approccio critico, alcuni hanno proposto di dividere tra high church e low church: •La high church è la componente più “accademica”, che tende a mettere in discussione lo status della conoscenza scientifica quale conoscenza privilegiata rispetto ad altre forme di sapere; •La low church è una componente più “politica” che si orienta verso l’analisi critica dei problemi che lo sviluppo scientifico e tecnologico può portare nelle società moderne; Le due opzioni hanno esiti diversi: •Nella high church, il radicalismo “accademico” sfocia in un riflessivismo portato all’estremo (si applicano alla conoscenza prodotta dalla sociologia della scienza le stesse procedure di “decostruzione” e “relativizzazione” applicate al sapere scientifico) •Nella low church, il radicalismo “politico” porta a mettere in discussione l’autorità degli esperti sulle materie che riguardano le conseguenze sociali della scienza e della tecnologia Tra le due prospettive esistono intrecci e sovrapposizioni: l’operazione “critica” condotta a livello accademico acquista un significato particolare se inquadrata in relazione ai problemi “pragmatici” e viceversa. Alcuni motivi alla base dello sviluppo della critica alla scienza: • Ansia per la guerra nucleare • Paure indotte dai movimenti ambientalisti • Fobia per gli additivi chimici • Sospetti verso l’ingegneria genetica • Movimenti di antipsichiatria • Attacchi alla medicina tradizionale • Crescita delle medicine alternative • Impatto delle filosofie mistiche orientali • Crescita del fondamentalismo religioso • Critiche femministe contro la scienza “maschile” Perfino Popper è stato accusato di aver favorito con il “falsificazionismo” l’avanzare del concetto di “provvisorietà della verità scientifica”. La linea “accademica” estende l’approccio sociologico anche all’analisi dello specifico contenuto cognitivo della scienza. Questa è una sfida senza precedenti al tradizionale ruolo epistemico privilegiato della conoscenza scientifica. L’immagine tradizionale dello sviluppo della scienza come una traiettoria continua di progresso, nella quale le uniche “impurità” possono provenire dall’esterno, viene messa in discussione. Le forti resistenze che la sociologia della conoscenza scientifica si trova ad affrontare si ricollegano alla centralità e alla forza simbolica di tale immagine all’interno della tradizione di pensiero occidentale. Bloor: “La ragione della resistenza all’indagine scientifica della scienza può essere individuata ricorrendo alla distinzione tra sacro e profano”. La scienza sarebbe quindi qualcosa di “sacro” e una spiegazione sociologica della conoscenza scientifica sarebbe una vera e propria “profanazione”. La filosofia ha tradizionalmente presentato la scienza come una ricerca, epistemologicamente fondata, della verità. Considerare la conoscenza scientifica come qualcosa che è sottoposto alle pressioni sociali implica una sorta di processo di “secolarizzazione” della scienza. “La Natura e le leggi di Natura giacevano nascoste nella notte. “Sia Newton” disse Dio. Tutto fu luce.” Alexander Pope “Le motivazioni profonde dello spirito umano ci spingono a superare la condizione di semplice polvere animata di vita. Abbiamo bisogno di una storia che ci dica da dove veniamo a perché siamo qui. E se le Sacre Scritture non fossero altro che il primo tentativo di spiegare l’universo e di assegnare a ognuno di noi un ruolo al suo interno? Forse la scienza non è che la continuazione su basi nuove e più verificabili di quel primo tentativo di raggiungere uno stesso risultato. Nel qual caso la scienza non è che religione liberata e scritta in grande” Edward O. Wilson Nella primavera del 1996 Alan Sokal, fisico della New York University, invia alla rivista Social Text, santuario della "transdisciplinarità" postmoderna, un articolo dal titolo «Trasgredire le frontiere: verso un'ermeneutica trasformativa della gravità quantistica» In un successivo articolo, pubblicato sempre nel 1996, “A physicist experiment with cultural studies”, Sokal rivela che il suo articolo originario era una parodia volutamente piena di errori e incongruenze. L’articolo di Sokal è intessuto di citazioni "autografe" di famosi intellettuali - per lo più francesi - in cui concetti e lessico della matematica e della fisica vengono evocati in modo immotivato. Uno degli obiettivi apparenti dell’articolo è la messa in questione dei fondamenti della scienza ortodossa. Un mondo esterno di cui è possibile scoprire progressivamente le leggi è un «dogma» imposto dal razionalismo occidentale. Ora, afferma Sokal, diversi studi revisionisti, femministi e poststrutturalisti revocano quella fiducia, mostrando che la realtà fisica è «una costruzione sociale e linguistica». La scienza moderna ha solo una «facciata d’oggettività» e i privilegi epistemologici accordati al «preteso metodo scientifico» non sono meritati. Si dovrebbe smettere di venerare il «concetto di verità» e, anzi, sbarazzarsene, dando a una nuova scienza, finalmente «postmoderna» e «liberatrice». Non solo si farebbero saltare le barriere che separano ancora gli scienziati dal grande pubblico, ma «si depurerebbe l’insegnamento delle scienze e della matematica dalle loro caratteristiche autoritarie ed elitarie». Vi si introdurrebbero, in compenso, idee mutuate dai sostenitori del femminismo, dell’omosessualità, del multiculturalismo e dell’ecologismo. Sokal ammette che sarebbe difficile immaginare l’aspetto del nuovo «albero della scienza», ma nella sua conclusione azzarda comunque la previsione seguente: la teoria del caos, in quanto capace di gettare luce «sul misterioso fenomeno della non linearità, occuperebbe una posizione centrale in tutta la matematica futura». Sokal corrobora le sue affermazioni con la gravità quantistica, «questa nuova branca della fisica in cui si trovano contemporaneamente sintetizzate e superate la meccanica quantistica di Heisenberg e la relatività generale di Einstein»; dall’altra, cita una moltitudine di intellettuali che praticano la filosofia, la sociologia della scienza o i cultural studies. Sokal adotta il loro linguaggio e procede a un’ampia «decostruzione» del pensiero scientifico, rimettendo radicalmente in dubbio le conoscenze più consolidate: «Così il gruppo d’invarianza infinito-dimensionale erode la distinzione tra osservatore e osservato; il π di Euclide e il g di Newton, un tempo considerati costanti e universali, sono ora visti nella loro ineluttabile storicità». La “beffa di Sokal” è solo un episodio delle science wars che dividono scienziati “razionalisti” e critici: i primi imputano tra l’altro ai secondi la riduzione dei finanziamenti nel campo della ricerca. I critici della scienza tradizionale chiedono invece che essa abbia un ruolo diverso e che le decisioni (dai finanziamenti alle applicazioni) vengano discusse in un ambito più vasto di quello dei soli “tecnici”. La guerra della scienza ha se non altro contribuito all’affermazione del principio che la collettività deve essere coinvolta nelle discussioni sui rapporti tra la scienza e le sue ricadute sociali. Il problema non riguarda soltanto la “tutela”, ma anche la produzione di conoscenze supplementari o alternative. In alcuni settori si diffondono reti di esperti non scientifici ma detentori di una conoscenza pratica che proviene dall’esperienza in un campo specifico. Come studiare i rapporti tra i cittadini e la scienza? Anche in questo settore, si nota una sorta di evoluzione storica: • “Science literacy” dagli anni ’60 sino alla metà degli anni ’80 (surveys della NSF a partire dagli anni ‘70) • “Public understanding of science” dalla seconda metà degli anni ’80 fino alla seconda metà degli anni ’90 (1985: “Bodmer Report” della Royal Society) • “Science and Society” dalla seconda metà degli anni ’90 ad oggi Il paradigma della scientific literacy si basa su un deficit model: le persone non sono sufficientemente “alfabetizzate” per quanto riguarda la conoscenza scientifica. Questo fatto ha ricadute negative sullo sviluppo economico e sociale di una nazione sia in termini diretti (insufficienza del capitale umano) che in termini indiretti (le persone “ignoranti” sono poi quelle chiamate a decidere su questioni importanti). Quattro elementi della science literacy (Miller, 1983): • Conoscenza dei fatti elementari della scienza (manuali); • Comprensione dei principi del metodo scientifico; • Apprezzamento delle conseguenze positive della scienza e della tecnologia; • Rifiuto di forme di credenze alternative (oroscopo, fenomeni paranormali, ecc.) Anche il Public Understanding of Science si basa su di un deficit model, che riguarda però non la conoscenza ma le attitudini dei cittadini verso la scienza. Le persone non hanno un atteggiamento abbastanza positivo nei confronti della scienza. Contiguità con l’approccio precedente: le attitudini negative sono frutto di una insufficiente conoscenza. “The more you know it, the more you love it” Critica principale: il nesso tra maggiori informazioni cambiamento di attitudini non è mai stato provato. e L’informazione è considerata come un mezzo e non come un fine: + informazione = + comprensione = + sostegno sociale alla scienza = + innovazione = + sviluppo economico Con il passaggio al paradigma “science and society” il problema del deficit riguarda questa volta la fiducia delle persone e le modalità di comunicazione degli esperti. La modalità di comunicazione top-down che caratterizzava i public understanding non è più adeguata. Nel 2002 Royal Society, Royal Institution e British Association for the Advancement of Science hanno di fatto cessato le attività del Committee for the Public Understanding of Science. Le criticità diventano ora quelle di ricostruire la fiducia nelle attività scientifiche e tecnologiche, promuovere la comunicazione bi-direzionale tra scienziati e grande pubblico, aumentare la partecipazione ed il coinvolgimento dei cittadini. Rimane il problema di come eventualmente reagire alle possibili evidenze “negative”: se le persone sono contrarie a certi sviluppi tecnologici, quale deve essere la risposta dei governi? La European Research Area ha adottato nel Dicembre 2001 l’action plan “Science and society” (non più Public Awareness of Science) al fine di: • Promuovere l’educazione scientifica dei cittadini Europei • Avvicinare la politica scientifica ai cittadini, rafforzandone la partecipazione al processo decisionale • Aumentare il coinvolgimento delle donne • Rafforzare le basi etiche delle attività scientifiche e tecnologiche al fine di facilitare l’individuazione dei rischi L’Eurobarometro 2001 evidenziava uno scollamento significativo tra la percezione dei cittadini e gli obiettivi scientifici e tecnologici fissati dalla Commissione Europea. Nel 2005, è stato condotto un altro Eurobarometro sugli stessi temi: • 25 Stati membri + Bulgaria, Romania, Croazia, Turchia, Islanda, Norvegia e Svizzera • 1000 intervistati circa per ogni Paese (500 in Lussemburgo, Cipro, Malta e Islanda)