www.gliamicidellamusica.net
Pubblicato il 19 Giugno 2015
Opera antica e letteratura contemporanea: uno spettacolo prodotto da Ravenna Festival
Viaggiatori degli inferi
servizio di Athos Tromboni
RAVENNA - Rilke senza Rilke ma con Wera Knoop. Che significa? È partita presumibilmente da
questa domanda retorica l'idea di Guido Barbieri, musicologo, conduttore di Radio 3, scrittore e
librettista, di esplorare quali "Viaggiatori degli inferi" potessero essere portati su un palcoscenico del
Ravenna Festival per rappresentare il viaggio di Wera Ouckama Knoop dentro la malattia: leucemia
acuta. Morta a 19 anni, nel 1919, dopo aver trascorso una breve ed intensa giovinezza sulle punte,
ballerina classica di successo cui prima la malattia e poi la morte hanno impedito all'astro di brillare
pienamente, ma non di essere cancellata dalla storia della danza classica. Anche Rainer Maria Rilke,
poeta boemo naturalizzato austriaco, è morto di leucemia acuta sette anni dopo la Knoop; alla
ballerina egli aveva dedicato, iniziandola quando ancora non sapeva che ne avrebbe imitato la sorte, la
sua opera in versi più celebre, i Sonetti a Orfeo . Ecco che tutto diventa come un triangolo equilatero, alla base Rilke, su un
lato Orfeo il primo dei "Viaggiatore degli inferi" che la storia della musica ricordi, e sull'altro lato Wera Knoop durante le ultime
settimane di vita, raccontata attraverso il suo "diario", pagine scritte da Guido Barbieri quale frutto di una sua personale
ricerca e delle sparute, vere, testimonianze che ha lasciato la Knoop.
Allora riuscire ad intrecciare una storia novecentesca raccontata nel Terzo Millennio con l'opera barocca (Monteverdi,
Haendel) e classica (Gluck, Mozart) diventa il problema estetico da risolvere. Lo spettacolo andato in scena nel Teatro Rasi
giovedì 18 giugno 2015 sembra esserci riuscito, a giudicare dal prolungato applauso e dalle chiamate che il pubblico ha
riservato ai cantanti e ai musicisti Viaggiatori degli inferi : il soprano Lavinia Bini, il controtenore Raffaele Pe, il basso
profondo Antonio Vincenzo Serra e il direttore Nicola Valentini, sul podio della sua orchestra barocca Dolce Concento
Ensemble. Poco da dire nel merito dell'esecuzione: lo stile antico ha trovato in Pe un interprete d'elezione, emulo di quel
virtuosismo che rese celebri nel mondo i grandi castrati del Sei-Settecento; e nella malleabile voce lirica della Bini il timbro
giusto per i lamenti d'amore e i tormenti esistenziali di Euridice, della Didone, di Cleopatra. Così come nella cavernosa ugola
di Antonio Vincenzo Serra si sono impresse le sillabe di Lucifero, l'angelo caduto.
E questo viaggio all'inferno, oltre che affidato alle arie, ai duetti e alle musiche di opere quali L'Orfeo (Monteverdi), Orfeo ed
Euridice (Gluck), L'Orlando e il Giulio Cesare (Haendel), all'oratorio La resurrezione (ancora Haendel), a La clemenza di Tito
e all'aria da concerto Didone K486 (Mozart), era affidato ai ricordi giorno dopo giorno di Wera Knoop, dai primi sintomi della
leucemia fino all'ultimo respiro, ricordi scritti da Barbieri come fossero una fiction, eppure così pertinenti con il contenuto
musicale da riassumerne in loro i contenuti più impensabili: per i Viaggiatori degli inferi la morte non è uno spauracchio ma
un al di là dove l'inferno diventa la sofferenza per un'assenza: l'assenza dell'amata, l'assenza della grazia di Dio, l'assenza
della luce che promana dalla volta del cielo. L'assenza è il vero inferno.
Barbieri accoglie questa tesi e la infonde nella scrittura con cui la Knoop racconta la perdita progressiva della sensibilità del
corpo: prima un piede, poi una gamba, poi entrambi, poi le mani, poi il resto della carne ancora viva ma inerte. L'assenza
della funzionalità, della naturale possibilità di comando agli arti, del movimento certo e consapevole. La mente no, la mente
continua a pensare la danza, la musica, la coreografia, in un disperato tentativo di emulazione della realtà attraverso
l'immaginazione. Anche questa è vita, nonostante tutto. E nel contempo è un viaggio all'inferno, perché siano l'anima o il
corpo che transitano nel dolore e nei luoghi del dolore, la vera mallevadrice di tale e tanto dolore è la vita che pulsa. Se non
pulsasse vita, non sentiresti dolore, né fisico, né psichico. Nel testo di Barbieri la vita non perde la speranza e trova le sue
piccole rivincite contro la malattia, contro l'inferno, contro la malasorte. Basta un nulla, basta riuscire a suonare il pianoforte
anche con una mano sola o disegnare una ballerina tenendo la matita fra due dita soltanto, quelle che la leucemia non ha
ancora aggredito, perché quella piccola vittoria anche se breve quanto un attimo faccia assaporare la gioia di vivere.
Illusione? Realtà? Poco importa, la gioia esce tanto dall'una quanto dall'altra. Sarà l'ultimo respiro, non il dolore, a decretare
la fine della gioia, la fine della vita. Forse.
Crediti fotografici: Zani-Casadio per Ravenna Festival
Nella miniatura in alto: il musicologo Guido Barbieri
Al centro: Nicola Valentini sul podio del Dolce Concento Ensemble e Raffaele Pe; Guido Barbieri durante la lettura del "diario" di Wera Knoop
In basso: i saluti finali del cast fra gli applausi del numeroso pubblico