El ALAMEIN per non dimenticare

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El ALAMEIN PER NON DIMENTICARE
La guerra nel deserto dell’Africa Settentrionale ebbe inizio il 10 Giugno 1940, in
concomitanza con la dichiarazione di guerra. I soldati italiani, al comando del
Generale Rodolfo Graziani, erano si più numerosi, ma male armati.
In seguito ad un’iniziale offensiva nel settembre-ottobre del 1940, giunsero sino a
Sidi el Berrani a circa 90 Km dalla frontiera con l’Egitto.
Le truppe inglesi, di numero inferiore a quelle italiane, trentaseimila soldati
inquadrati in due divisioni, la 4^Indiana di Fanteria e la 7^ Corazzata, sotto il
comando del Generale Sir Archibald Wavell, meglio armate, contrattaccarono e grazie
al supporto di mezzi corazzati, della RAF ( Royal Air Force ) e dell’artiglieria, la
Western Desert Force del Generale Maggiore R.N O’Connor invasero e conquistarono
la Cirenaica in soli due giorni, di combattimenti tra il 9 e il 10 dicembre 1940,
sconfiggendo ben due corpi d’armata italiani, catturarono circa trentottomila soldati
italiani, neutralizzarono 70 carri armati e 35 pezzi d’artiglieria, riportando solo 624
perdite, tra caduti e dispersi.
Un mese dopo, precisamente il 3 gennaio 1941 il Generale O’Connor spinse le sue
truppe sino a Bardia conquistandola in sole 24 ore, facendo altri quarantamila
prigionieri, distruggendo altri 10 carri armati italiani, oltre a impossessarsi di circa
400 mitragliatrici e più di 600 camion
Il comando inglese e Londra, non approfittarono della situazione per conquistare la
Tripolitania, forse perché pensavano a detta di chi scrive che avrebbero potuto
sbarazzarsi degli italiani quando gli era più comodo,peccando così di
presunzione.Mezzi e uomini furono trasferiti in Grecia, dove erano giunte truppe
della Wehrmacht in ausilio di quelle italiane che stavano vivendo un momento di
grande difficoltà.
Il Duce vista, la situazione, accettò l’aiuto del suo alleato Adolf Hitler, il quale inviò
in Africa un’intera armata corazzata e meccanizzata, addestrata per la guerra nel
deserto, si trattava dell’Afrikakorps.
Il comando venne affidato ad un uomo capace, al Generale Rommel, che si era distinto
in Francia al comando di una divisione corazzata.
Rommel giunse in Libia il 12 febbraio 1942, con il compito di aiutare gli italiani a
conquistare il Nordafrica.
Il Generale Rommel effettuò una ricognizione a bordo di un Heinkel 111 per
visionare il campo di battaglia, che altro non era che un’immensa distesa di sabbia.
Rommel era un Generale fuori dal comune e dove tutti vedevano un ambiente ostile,
lui vide una possibilità, così come il mare veniva solcato dalle navi, il deserto era il
terreno adatto per i carri armati, mezzi ideali per attuare le nuove tattiche delle
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manovre veloci della guerra lampo, che lo stesso Rommel aveva messo in pratica con
successo in Francia.
Due settimane prima della capitolazione francese il Duce dichiarò guerra alla Francia
e alla Gran Bretagna. Mussolini, vide la possibilità di espandere il suo impero in
Africa, mentre gli inglesi erano occupati a tener testa altrove ai tedeschi.
L’Italia già possedeva alcune colonie in Africa orientale, l’Etiopia,l’Eritrea e la
Somalia italiana, alla fine di giugno le armate del Duce invasero il Kenia, la Somalia
Brittannica e il Sudan.Le truppe italiane, ben dieci divisioni, penetrarono in Kenia e
invasero la Somalia, aprendosi la strada verso il Sudan e l’Egitto.
Ora Benito Mussolini aveva l’opportunità di chiudere l’Egitto da sud e da ovest in
una grande tenaglia, distruggendo così gli inglesi e rendendo così l’Italia la prima
potenza in Africa Settentrionale. La chiave di questa ardita strategia era la Libia, da
qui il Duce avrebbe chiuso sull’Egitto il braccio occidentale della tenaglia. La Libia
colonia italiana dal 1911, confinava con l’Egitto ad oriente con la Tunisia e
L’Algeria colonie francesi ad occidente.La rapida sconfitta che l’alleato tedesco
inflisse ai francesi, permise a Mussolini di spostare le sue attenzioni sull’obiettivo
principale,ordinò così l’invasione in forze dell’Egitto, che egli stesso definì:”La grande
ricompensa che l’Italia sta aspettando. Rommel si rese subito conto che era necessario
passare subito all’azione e fermare l’offensiva inglese, infatti dopo l’insuccesso di
Beda Fomm gli inglesi erano avanzati per circa 170 km ad ovest lungo la Via Balbia,
fino a raggiungere El Agheila, località al confine tra la Cirenaica e la Tripolitania,
attestandosi così a soli 650 km da Trpoli.
Rommel ottenne che la Luftwaffe (Aviazione tedesca ) borbandasse il porto di
Bengasi, convinse il suo superiore nominale, il Generale Gariboldi che aveva preso il
posto di Graziani,di stabilire una nuova e più efficiente linea difensiva, più a oriente
presso il villaggio di Sirte, sita a 40 km da Tripoli, inviando due divisioni di fanteria
italiane e la Divisione Corazzata Ariete.
Le prime unità tedesche giunsero il 14 febbraio e ventisei ore dopo raggiunsero le
unità italiane a Sirte.Il 24 febbraio l’Afrikakorps ingaggiò il primo scontro con il
nemico inglese, distrussero tre carri armati inglesi e fecero tre prigionieri, senza subire
alcuna perdita.
Rommel si aspettava di trovare gli inglesi alle porte di Tripoli ma questi non avevano
alcuna intenzione di muoversi dalla basi in Cirenaica.
Unità della 5^Divisione Leggera compreso l’8^ Battaglione Mitraglieri del Tenente
Colonnello Gustav Ponath, sbarcarono a Tripoli. L’Afrikakorps ebbe il tempo di
addestrarsi a combattere e ad avanzare in un territorio impervio e pieno d’ insidie
come il deserto. Rommel per dare al nemico l’impressione di disporre di numerosi mezzi
ordinò che vecchi telai di Volkswagen venissero camuffati da carri armati.
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Finalmente l’11 marzo giunse il 5° Reggimento Corazzato Panzer, forte dei suoi 150
carri armati, 80 dei quali micidiali Mark III e Mark IV .
Berlino ordinò a Rommel di non prendere iniziative, ma forte della sua armata e del
coraggio dei soldati italiani, trasgredì gli ordini, infatti ritornato in Africa ordinò un
attacco immediato a El Agheila, contro la postazione inglese più avanzata, 300 km
ad est di Sirte, al fine di interrompere le operazioni di disturbo degli inglesi che
impedivano la normale regolarità dei rifornimenti ad un avamposto a Marada 150 km
verso sud, difeso da una forza italo-tedesca.
L’attacco iniziò il 24 marzo carri armati italo-tedeschi e veicoli del 3° distaccamento
da ricognizione conquistarono El Agheila e il forte sulla Via Balbia sparando solo
qualche colpo, il nemico non combatteva. Per la successiva operazione Rommel,
ignorando la teoria militare convenzionale che bocciava la divisione delle forze, ripartì
le unità tedesche e italiane di cui disponeva in quattro colonne, ognuna di queste
colonne era composta da carri armati , fanteria su autocarri e autoblindo.
Il Generale Rommel le spinse verso nord ed est nella Cirenaica, lungo percorsi
paralleli; Il 3° Distaccamento da Ricognizione avanzò verso nord lungo la strada
costiera, per conquistare il porto di Bengasi per poi proseguire verso est, sino alla base
inglese di Mechili. La seconda colonna, composta per la quasi totalità dalla Divisione
di Fanteria Motorizzata Brescia, avrebbe dovuto seguire la prima fino a Bengasi,
percorrere la strada costiera sino a Derna. A sud la terza colonna con in testa i
mitraglieri del Tenente Colonnello Ponath e dal 5° RGT Panzer al comando del
Colonnello Herbert Olbrich si sarebbe infiltrata a Mechili passando attraverso l’oasi
di Msus. La terza Colonna era rafforzata da unità anticarro e fanti italiani.
La quarta colonna, la più meridionale si sarebbe spinta fin dentro il deserto e
raggiungere Mechili attraverso una pista per carovane che portava a Tengeder, sita a
soli 60 km da Mechili. In questo modo Rommel intendeva ingannare il nemico circa
l’entità delle forze a sua disposizione, intercettare gli inglesi che si ritiravano e
costringerli così a combattere.
Il deserto rendeva la vita difficile e attuare le strategie era più semplice a dirsi che a
fare. Ad eccezione della seconda colonna, che avanzava lungo la strada costiera, le
truppe italo-tedesche incontrarono le stesse difficoltà dovute all’impraticabile terreno,
che due mesi prima aveva incontrato la 7^ Divisione Corazzata inglese, nel tentativo
d’intrappolare gli italiani a Beda Fomm.
I mezzi gommati affondavano nella sabbia, i motori a causa del caldo infernale si
surriscaldavano perdendo giri, senza dimenticare il Ghibli, che scatenva vere e proprie
tempeste di sabbia.
Nonostante tutte queste difficoltà, aerei da ricognizione della Luftwaffe,
individuarono un ingente numero di soldati inglesi che ripiegava verso la fortezza di
Mechili. Rommel dide l’ordine di converge in quel punto e nonostante fosse a meno di
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25 km dalla fortezza e avesse a sua disposizione solo una minima parte delle sue
unità diede l’ordine di attaccare.
Rommel attendeva che il grosso delle unità, tra cui il 5° RGT Panzer si unissero al
resto dei suoi uomini, trascorsero così tre giorni prima che la Volpe del deserto, potesse
attaccare in forze Mechili.
A causa di alcune disavventure, Rommel non potè seguire come era solito fare da
vicino la battaglia, il suo aereo fu prima preso erroneamente, di mira da fucilieri
italiani, poi per soccorrere una squadra addetta ad un 88 mm, il pilota ruppe il
carrello d’atterraggio. La Battaglia andava comunque avanti, l’artiglieria italiana
grazie ad un fuoco martellante impedì alle forze inglesi e del Commonwealth di
fuggire. La fanteria con l’appoggio di pochi carri armati e di alcuni mezzi da 88 mm
che sparavano ad alzo zero, prese d’assalto, l’antica fortezza turca di Mechili.
Quando finalmente Rommel raggiunse Mechili, insieme al suo 5° RGT Panzer trovò
una piacevole sorpresa, la fortezza era stata conquistata e più di 2000 inglesi erano
stati catturati, tra questi molti ufficiali, compreso il Generale di Divisione Micheal
Gambier Perry comandante della 7^ Divisione Corazzata.
Furono requisiti alcuni carri comando inglesi che per le dimensioni furono ribattezzati
Mammut, Rommel se ne servì per farne il suo personale carro comando, ed è proprio in
questo carro che la Volpe del deserto trovò un grande paio di occhiali, che da quel
giorno diventarono la caratteristica distintiva di Rommel.
Neanche il tempo di compiacersi di questa vittoria che il colonnello Ponath comunicò
di essere riuscito con il suo Battaglione di mitraglieri, non solo ad evitare che gli
inglesi fuggissero, lungo la Via Balbia, ma di aver fatto più di 800 prigionieri tra cui
ben quattro ufficiali generali, uno di questi era il tenente Generale Philip Neam
comandante di tutte le forze inglesi e del Commonwealth in Libia, l’altro era il
Generale O’Connor.
Rommel in beffa agli ordini ricevuti aveva attrevarsato più dei due terzi della
Cirenaica e ora già pensava al suo prossimo obiettivo, ossia la conquista del canale di
Suez.Per compiere tale impresa era necessario conquistare Tobruk e il suo porto.
Rommel sapeva che l’Esercito Italiano aveva costruito intorno a Tobruk solide
fortificazioni e per questo si fece fornire dagli italiani una cartina.
Gli inglesi ovviamente avevano apportato delle modifiche, tra cui un fossato anticarro
di circa 4 metri e due linee di fortificazione, protette da bunker di cemento armato.
Rommel ordinò, in un primo momento, attacchi di tipo esplorativo, quando si rese
conto che non sarebbe stato così semplice conquistare Tobruk ordinò un attacco più
deciso. Un attacco congiunto, di mitraglieri dell’8° BTG e di circa venti Panzer si
arrestò davanti al fossato, che era stato astutamente mimetizzato con sottili tavole di
legno ricoperte da sabbia.Dopo giorni di aspri combattimenti, i mitraglieri di Ponath
stabilirono una testa di ponte tra i bunker inglesi, utilizzando dell’esplosivo aprirono
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un varco per il passaggio dei carri armati, riuscendo a far passare una compagnia
anticarro.
La mattina seguente il 5° RGT Corazzato Panzer alla guida del Colonnello Olbrich
attaccò, ma all’alba si accorsero di essere stati circondati, di essere caduti in trappola,
l’artiglieria nemica era così vicina che i cannoni da 25 mm sparavano ad alzo zero, i
Panzer risposero al fuoco, in un attimo si scatenò il putiferio poi Olbrich ordinò la
ritirata. Ponath in un primo momento tenne la posizione, respingendo un battaglione
australiano, riportando numerose perdite, decise quindi di ripararsi con i suoi uomini
al coperto di una collina.
Il Colonnello Ponath che grazie al suo esemplare coraggio dimostrato in Cirenaica
aveva ottenuto la Croce di ferro di Cavaliere, non abbandonò i suoi, cadde al suolo
mortalmente ferito dal fuoco nemico.
Rommel decise di distaccare un’ unità operativa composta da carri armati e fanti
motorizzati con l’ordine di superare Tobruk e di puntare al confine egiziano.
Quasta unità al comando del Colonnello Maximilian Herff conquistò velocemente le
basi di confine di Bardia e Capuzzo, conquistò inoltre Sollum e il Passo di Halfaya,
tutte posizioni strategiche site al confine conl’Egitto.
Il Colonnello Herff non potè proseguire la sua avanzata, finchè Tobruk era in mano
nemica, per evitare di lasciar scoperto il fianco e la retroguardia.
Gli eserciti delle potenze dell’Asse non riuscirono a conquistare Tobruk.
Rommel forte di nuove unità giunte il 15 aprile decise di guidare personalmente un
attacco per il giorno seguente.
Selezionò reparti della Divisione Corazzata Ariete, della Divisione di Fanteria
Trento. Ma anche quest’attaccò non portò all’esito sperato, Rommel non era però
deciso a mollare.
Convintosi di non essere sufficientemente forte per espugnare Tobruk, Rommel spostò
i combattimenti verso il comfine egiziano, dove le truppe italo tedesche del Colonnello
Maximilian Herff combattevano per tenere le posizioni.
Rommel sapeva, avendo intercettato i messaggi nemici, che gli inglesi avrebbero
attaccato il 15 maggio.Nel giorno stabilito gli inglesi mandarono 60 carri armati e ben
due brigate di fanteria. Herff ordinò una ritirata strategica dal Psso di Halfaya, da
Sollum e da Capuzzo. Gli inglesi penetrarono per 30 km all’interno della Libia, sino a
Sidi Azeiz, dove ad attendergli c’erano gli italiani che opposero al nemico una tenace
resistenza, i soldati d’Italia si batterono con tale coraggio da meravigliare gli ufficilai
tedeschi, guadagnandosi così la loro stima, lo stesso Colonnello Herff disse dei soldati
italaini :” Hanno opposto resistenza al nemico sino all’ultimo e hanno
affrontato la morte senza paura”.
Il giorno dopo la sorte sorrise agli italo-tedschi, il 1° Battaglione dell’8° Reggimento
Panzer ed una batteria antiaerea, raggiunsero Sidi Azeiz .
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Herff passò al contrattacco, gli inglesi, si ritirarono sul Passo di Halfaya la loro
operazione in codice Brevity durò meno di 48 ore.
Halfaya era una posizione strategica per il passaggio dei mezzi corazzati, attraverso
la scarpata che separava l’altipiano egiziano da quello desertico della Libia.
Rommel ordinò quindi di riconquistarlo, la notte del 26 maggio l’8° RGT Panzer dl
Colonnello Hans Cramer aggirrò il passo per attaccarlo da sud-ovest mentre un
battaglione il 104° del RGT di Fanteria attaccarono frontalmente da nord-est al
comando dell’ardito capitano Wilhelm Bach, ingaggiarono un cruento corpo a corpo
ma alla fine gli uomini del Capitano Bach ebbero la meglio e riconquistarono la vetta
del passo mentre i Panzer avanzavano dalla parte opposta.
A questo punto a meno di 15 settimane dall’arrivo Rommel, gli italo-tedeschi erano
alle porte dell’Egitto.
Rommel decise allora di stabilire dei capisaldi lungo il confine egiziano tra Sollum
lungo il Mediterraneo e Sidi Omar, congiungendole con il Passo di Halfaya, che
permetteva di controllare la strada costiera che portava a Sollum e la scarpata che
separava la pianura costiera egiziana dal deserto libico.
Le falde del passo furono saturate di mine, il versante più alto quello meridionale fu
protetto da artiglieria anticarro e cannoni, nascosti in trincee mimetizzate.
Queste fortificazioni erano ulteriormente rinforzate da una batteria italiana, che si
servì anche di armi sottratte al nemico.
Il comando di questa forza fu affidato al comando del Capitano Bach, se le truppe
tedesche e italiane riuscivano a tenere il Passo di Halfaya, gli altri capisaldi avrebbero
costretto i carri armati inglesi a compiere una conversione ad arco nel deserto.
Rommel sapeva che il nemico avrebbe sferrato un attacco il 15 giugno, avvisò tutte le
unità e per evitare che gli inglesi fuggissero da Tobruk ordinò all’artiglieria di
borbandare la città.
Le truppe italo-tesche al comando del capitano Bach attesero, il nemico, tutta la notte
alle prime luci dell’alba si notò una nube in lontananza si udì il rombo dei motori, il
nemico si avvicinava. Gli inglesi aprirono il fuoco ma i colpi andarono a vuoto gli
italiani e i tedeschi attesero il nemico nei bunker e nelle trincee, i fanti indiani scesero
dagli autocarri e si allinearono.
Il nemico si faceva sempre più vicino, finalmente Bach diede l’ordine di aprire il
fuoco, il nemico fu travolto da una pioggia di fuoco, gli 88 mm spararono con una
precisione mai vista, gli altri cannoni anticarro presero a sparare, molti Matilda
furono colpiti, frammenti di metallo si sparsero nel deserto.
I cannonieri inglesi individuarono una batteria italiana e la martellarono, ma non
riuscirono a farla zittire, gli italiani senza perdersi d’animo ribatterono colpo su
colpo, gli inglesi furono costretti a battere in ritirata le truppe italo-tedesche erano
riuscite a tenere il passo di Halfaya.
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Altrove però andava diversamente, le forze del Generale Messervy conquistarono
Punta 206 e Capuzzo, per scongiurare un’avanzata inglese verso Sollum e Bardia ,
Rommel ordinò alla 5^ Divisione Leggera di ripiegare su Sidi Azeiz e prepararsi a
contrattaccare.
Rommel decise poi che era necessario interrompere, la via dei rifornimenti inglesi a tal
scopo, ordinò alla 5^Divisione Leggera, di raggiungere il Passo di Halfaya.
La mattina del 16 giugno la 15^ Divisione Panzer sferrò l’attacco contro la 22 ^
Brigata Guardie e la 4^ Brigata Corazzata a Capuzzo, ma senza successo.
Messervy era preoccupato a giusta ragione per il suo fianco sinistro, la 7^ Brigata
Corazzata e le unità del gruppo di rincalzo furono ricacciate indietro dalla 5^
divisione leggera nel corso di una violenta battaglia tra carri.
La Volpe del Deserto intuì che quello era il momento di svolta della battaglia, ordinò
alla 15^ Divisione Panzer di raggiungere il fianco settentrionale della 5^ Divisione
Leggera verso Sidi Suleiman.
La vittoria dell’Asse non dipese solo dall’effetto sorpresa, ma anche dal fatto che
vennero utilizzati come cannoni anticarro i micidiali 88 mm, che ad alzo zero
facevano effetti devastanti, quando andava a segno si abbatteva sui carri nemici come
un grande maglio, producendo un foro del diametro di 10 cm riempiendo le torrette di
schegge incandescenti.
Alcuni ufficiali inglesi come il Feldmaresciallo Sir Micheal Carver disse, che gli 88 mm
erano stati slealmente impiegati come armi d’attacco in prima linea al fianco e persino
dinanzi ai Panzer. Il Feldmaresciallo parlava di slealtà, dimenticando che proprio
loro ricevevano non solo aiuti dagli USA che non erano ancora entrati in guerra, e
che sulle loro navi sventolava la bandiera a stelle e strisce e non la Union Jack, ma
l’ipocrisia inglese non conosceva limiti.
Gli inglesi furono sconfitti, Wawell mestamente comunicò al Comando Supremo.”
Sono dolente di comunicarvi che l’Operazione Battleaxe è fallita”
Wawell venne avvicendato con il Generale Sir Claude Auchinleck, comandante delle
forze inglesi in India.
Hitler decise di mettere in atto un assalto congiunto alle posizioni inglesi in Egitto,
dalla Libia alla Bulgaria passando per la Turchia attraverso il Caucaso, quindi
l’Afrikakorps, venne ad assumere un ruolo decisivo.
A questo punto lo Stato maggiore tedesco smise di ostacolare Rommel e iniziò a
sostenerlo. A Tripoli giunse il Generale Alfred Gausi con il suo Stato Maggiore per
fungere da collegamento tra Berlino e Roma.
Il Generale Gariboldi protestò per la presenza di Gausi, Mussolini per tutta risposta
lo sostituì con il Generale Ettore Bastico, più decisionista del suo predecessore.
Il nuovo Panzergruppe Afrika era formato da due sezioni, una era l’Afrikakorps al
comando del Tenente Generale Ludwig Cruwell e comprendeva la 15^ e la 21^ex
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5^Divisione Corazzata e due Divisioni di Fanteria la nuova Africa Division, nota
come 90^ Leggera e la Divisione Savona, italiana. L’altra sezione del Panzergruppe
Africa era il XXI° Corpo d’Armata italiano, comprendente quattro divisioni di
fanteria.Il Generale Ettore Bastico oltre ad essere il comandante in capo avrebbe
assunto il comando del nuovo corpo d’Armata italiano, il XX°, costituito dalla
Divisione Corazzata Ariete e dalla Divisione Motorizzata Trieste, entrambe sotto il
comando del Generale Gastone Gambara.
Grazie al sistema segreto di decodificazione Ultra gli inglesi riuscivano ad
intercettare le comunicazioni nemiche, ciò permise alle forze aeree e navali inglesi di
base a Malta, di distruggere numerosi convogli dell’Asse destinati alle truppe
dell’Africa Settentrionale, affondarono oltre quaranta navi e una notevole quantità
di materiale bellico.
Nonostante tutto, Rommel si preparò comunque a conquistare Tobruk, decise allora di
rafforzare le fortificazioni lungo il confine con l’Egitto.
I pilastri fondamentali di queste fortificazioni dell’Asse restavano i capisaldi al passo
di Halfaya e Capuzzo. Il tratto di 30 km che separava Sollum da Sidi Omar venne
minato e la difesa fu affidata agli uomini della Divisione Savona, coadiuvati
dall’artiglieria tedesca armata del micidiale 88 mm. Ben due unità da ricognizione
furono schierate nel deserto tra Sidi Omar e Bir el Gobi. La Divisione Trieste si
installò a Bir Hacheim 40 km ad ovest di Bir el Gobi, dove aveva la propria base la
Divisione Corazzata Ariete. La città di Bardia era protetta da fortificazioni
semicircolari. Le Divisioni Panzer 15^e 21^si schierarono a sud di Tobruk e Gambut.
Attorno a Tobruk, la Volpe del Deserto schierò l’Afrika Division appoggiate da ben
quattro divisioni di fanteria italiane.
Il Generale Rommel decise che avrebbe sferrato l’attacco il 21 novembre, contro il
volere del Generale Bastico, preoccupato che gli inglesi potessero alloro volta, sferrare
un deciso contrattacco.
Rommel giunse a Roma per discutere dell’attacco con il Capo di Stato Maggiore delle
forze armate italiane Generale Ugo Cavallero.
Rommel però non ottene quello che voleva, quindi contattò immediatamente il
Generale Alfred Jodl, dal quale dopo avergli garantito che gli inglesi non avrebbero
attaccato, ottenne il via libera per sferrare l’attacco a Tobruk.
Gli inglesi, così come temeva il Generale Bastico si preparavano al contrattacco.
L’offensiva britannica, pianificata dal Generale Auchinleck, denominata in codice
Operazione Crusader sarebbe stata sferrata dall’VIII^ Armata del Tenente Generale
Sir Alan Cunningham, costituita dal XXX° CORPO d’Armata, comandata dal
Tenente Generale C.W.M. Norrie, che fungeva da principale forza d’attacco, e il XIII
Corpo D’Armata agli ordini del Tenente Generale Alfred Godwin Austen.
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Il XXX° Corpo D’Armata avrebbe attraversato il confine egiziano, per giungere sino a
Gabar Saleh, dove Auchinleck si auspicava di costringere le truppe dell’Asse a
combattere. Il 18 novembre il XXX° Corpo D’Armata marciò verso Gabar Saleh, il
giorno dopo il Generale di Divisione W.H.E Gott divise la 7^ Divisione Corazzata in
tre colonne di ricognizione, sulla sinistra la 22^ Brigata Corazzata con i nuovi carri
armati Crusader, marciò su Bir el Gobi, la 7^ Brigat Corazzata avanzò verso Sidi
Rezegh, il Gruppo di Rincalzo avanza al centro fra le altre du Brigate in modo da
poter intervenire in soccorso dell’una o dell’altra. La 4^ brigata Corazzata rimase a
Gabr Saleh a protezione del fianco sinistro dell’intera Divisione Corazzata.
Il 19 novembre la 22 ^ Brigata Corazzata s’imbatte con una compagnia di carri
armati italiani a sud di Bir el Gobi. Il generale Gott diede immediatamente l’ordine
d’attaccare, i carri Crusader finirono dritti dritti nelle trincee della Divisione
Corazzata Ariete, nonostante la superiorità del nemico i carristi italiani si batterono
come dei leoni, annientando ben 30 carri armati inglesi Crusader. In base a dettagliati
rapporti relativi ai movimenti della 7^ Divisione Corazzata i generali tedeschi
Cruwell e Ravenstein, si convinsero che gli inglesi si preparavano ad attaccare in
forze. Cruwell distaccò dalla 21^ Divisione Panzer una forza costituita da 130
Panzer 14 cannoni da campo e 5 cannoni da 88 mm.
Questa unità si scontrò con la 4^Brigata Corazzata inglese di Gatehouse. Le forze in
campo erano bilanciate ma i tedeschi ebbero la meglio e misero fuori uso 25 carri
armati inglesi Stuart.
Rommel credeva che gli inglesi volessero prevenire il suo attacco, ordinò quindi al
Generale Cruwell di annientare il nemico.
Cruwell diede ordine alla 15^Divisione Panzer di recarsi a Sidi Omar e tagliare la
linea di ritirata inglese, quest’ordine maturò sulla base della convinzione che il nemico
era diviso in tre unità, quella a Gabar Saleh, quella a Sidi Rezegh e il 3°
Distaccamento da Ricognizione oltre la pista di Capuzzo.
Cruwell decise allora di concentrare le sue forze e distruggere queste unità una per
volta.
Grazie alle intercettazioni radio gli inglesi scoprirono i piani del Generale Cruwell,
quindi il Generale Norrie richiamò la 22^ Brigata Corazzata da Bir el Gobi e inviò la
1^ Divisione Indiana a tener testa agli italiani,ordinò alla guarnigione di Tobruk di
fuggire.
Lo scontro tra la 15^ Divisione Panzer e la 22 ^ Brigata Corazzata inglese,vide i
tedeschi avere la meglio, distrussero 25 carri armati nemici e ricacciarono gli inglesi
verso sud.
Rommel concentrò le forze dell’Asse a Sidi Rezegh, per eliminare la 7^ Brigata
Corazzata e il Gruppo di rincalzo che intralciavano l’assedio a Tobruk.
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Inviò una retroguardia a tener occupate la 4^ e la 22^ Divisione Corazzata a Gabr
Saleh, mentre la 15^e la 21^ Divisione Panzer e la Divisione Bologna, marciarono
verso nord-ovest.
Giunte a Sidi Rezegh, trovarono la 70^Divisione inglese, al comando del Generale di
Divisione R.M Scobie, sferrare un attacco in forze da Tobruk al fine di rompere
l’accerchiamento. La fuga sarebbe dovuta avvenire, in contemporanea con un attacco
dela 7^ Divisione inglese e del Gruppo di Rincalzo, ma queste unità, al comando del
Generale di Brigata Davy, furono attaccate a Sidi Rezegh, senza così poter soccorrere
la 70^ Divisione.Gli uomini del Generale Scobie, superarono unità dell’Afrika Dision
e della Bologna, scavarano un saliente profondo circa 4 km e catturarono tra italiani
etedeschi più di 1000 soldati.
Rommel come era solito fare giunse sul campo di Battaglia per controllare di persona
l’assedio alla città, immediatamente prese le redini in mano e con un fuoco di
sbarramento del 3° distaccamento da Ricognizione, con l’ausilio dei precisi 88 mm,
impedì agli inglesi di fuggire.
Sullo scenario di Sidi Rezegh il 7° Gruppo di Rincalzo inglese impedì all’Afrika
Division di conquistare il campo di aviazione, ma a caro prezzo visto che le due
divisioni panzer avevano quasi totalmente annientato la 7^ Brigata Corazzata
giunta da Gabr Saleh.
La situazione venutasi così a creare era davvero inconsueta, le forze dell’Asse
avevano occupato una posizione centrale tra il Gruppo di rincalzo e ciò che restava
della 7^ Brigata Corazzata e le Brigate Corazzate 4^e 22^.
Le forze dell’Asse che occupavano la line di assedio, si trovarono così tra due fuochi,
però gli inglesi di Sidi Rezegh dovevano guardarsi dall’Afrikakorps nella
retroguardia, ma a sua volta l’Afrikakorps doveva tenersi costantemente pronta a
respingere possibili attacchi inglesi sia al suo fianco che alla sua retroguardia.
Il Generale Cruwell decise, con il favore della notte di marciare verso nord, per
riordinare i reparti , lasciandosi alle spalle solo una piccola forza, inviò la 15^a
Gambut e la 21^a Belhamed. Dividendo i propri reparti il Generale Cruwel permise
alla 7^ Brigata Corazzata inglese di concentrare le forze.
Il Generale Cunningham ordinò al XXX° Corpo d’armata di attaccare la linea
difensiva delle forze dell’Asse. A Sidi Rezegh la battaglia tra carri armati era ancora
in corso, la 2^ Divisione Neozelandese conquistò la Pista di Capuzzo e Sidi Azeiz,
aggirando il Passo di Halfaya, interrompendo le linee di comunicazione.
A questo punto il Generale inglese credeva di avere annientato l’Afrikakorps e i suoi
alleati italiani, decise quindi che la Divisione Neozelandese avrebbe marciato su
Tobruk, ma molto presto avrebbe avuto una brutta sorpresa.
Rommel , capovolse per l’ennesima volta la situazione, ordinò alle truppe dell’Asse di
contrattaccare a Sidi Rezegh. La Fanteria e l’artiglieria della 21^ divisione Panzer e
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reparti della Divisione Bologna avrebbero attaccato la scarpata da nord, il 5°
Reggimento Panzer avrebbe attaccato da ovest, il tutto con l’appoggio dell’artiglieria
pesante del Panzergruppe.
Gli inglesi furono colti di sorpresa, gli 88 mm e gli altri cannoni anticarro piazzati
sull’altipiano intorno al campo d’aviazione annientarono la 22^ Divisione
Corazzata, costringendo i superstiti a battere in ritirata.
Della 7^ Divisione Corazzata restavano solo 8 carri armati. La 15^ Divisione
Panzer giungeva da ovest, sul fianco opposto, travolsero l’accampamento della 4^
Brigata Corazzata, distruggendo più di 50 carri e facendo oltre 250 prigionieri.
La Volpe del Deserto sentiva d’avere la vittoria in mano, ottenne da Mussolini il
permesso di riunire tutte le forze dell’Asse sotto un solo comando, così la Divisione
Corazzata Ariete e la Trieste, ovvero il XX° Corpo d’Armata del Generale Gambara,
passarono sotto il suo comando.
Il piano di Rommel era chiaro distruggere la principale forza d’attacco inglese, ordinò
quindi l’ attacco coordinato di tutte le forze mobili dell’asse.
Il Genera Cruwell ordinò all 15^ Divisione Panzer e ad un RGT della 21^ di unirsi
alla Divisione Corazzata Ariete e di avanzare da Bir el Gobi, con il copito di
attaccare quello che restava delle truppe corazzate nemiche, per spingerle verso la 21^
Panzer schierata sulla scarpata dal lato del campo di aviazione.
Il generale Cruwell nonostante scampò per caso alla cattura della Brigata
Neozelandese, continuò la sua manovra d’accerchiamento.
Le truppe italo-tedesche che dirigevano verso nord , s’imbatterono in un vero e
proprio muro costituito d’artiglieria e cannoni anticarro piazzati dai sudafricani
lungo un tratto che andava da Bir el Haiad e Sidi Muftah, nonostante l’intenso fuoco
nemico i reparti dell’Asse riuscirono a far zittire il nemico.
Sulla pianura di Sidi Rezegh ebbe luogo una furiosa battaglia i carristi inglesi
rimasero senza munizioni e si diedero alla fuga.
Gli scontri proseguirono per tutta la notte, il terreno era disseminato di centinaia di
mezzi., cannoni e carri armati in fiamme. Alcune unità inglesi erano ridotte al
minimo, ma continuavano a sparare ad alzo zero nel disperato ma encomiabile
tentativo di tenere le posizioni, ma nulla poterono, i superstiti si disimpegnarono
mentre le truppe dell’Asse avanzavano col favore della notte.
Le perdite per gli inglesi furono veramente pesanti, la 5^ Brigata Sudafricana aveva
perso buona parte della la sua artiglieria, quasi tutti i suoi cannoni anticarro e più di
250 uomini erano caduti sul campo di battaglia, altri 300 erano feriti e più di 2600
erano stati fatti prigionieri.
Rommel decise che bisognava sfruttare il disorientamento del naemico e marciare con
rapidità su Sidi Omar, per accerchiare il nemico sul confine egiziano e annientarlo in
un sol coplo. Rommel fece stanziare una forza di occupazione tra Sidi Rezegh e
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Tobruk e ne affidò il comando al Tenente Colonnello Siegfried Westphal, ordinò alle
due Divisioni Panzer di unirsi con la Divisione Corazzata Ariete e di dirigersi ad est
del fronte di Sollum.
Mentre la 21^ Panzer aggirva il lato sud del Passo di Halfaya senza incontrare
resistenza, il 5°RGT Panzer ingaggiò un aspro duello per conquistare la posizione di
Sidi Omar. La 2^ Divisione Neozelandese, in marcia per raggiungere Tobruk , il 25
novembre conquistarono il campo di aviazione di Sidi Rezegh.
Il 26 novembre la guarnigione di Tobruk ruppe l’accerchiamento e si ricongiunse con i
neozelandesi a El Duda sulla scarpata.
Visto che la situazione a sud di Tobruk non era delle più favorevoli, il Colonello
Westphal richiamò la 21^ Divisione Corazzata a Sidi Rezegh.
Il 1° dicembre le forze dell’asse circondarono la 2^ Divisione neozelandese, facendo
più di mille prigionieri, Rommel riuscì a ristabilire così l’assedio di Tobruk.
Anche se le forze dell’asse stavano avendo la meglio, gli inglesi riuscivano a ricevere
rifornimenti di ogni genere ivi compresi nuovi carri armati, indispensabili per la
vittoria finale. Le riserve delle forze dell’Asse, erano invece in via di esaurimento.
Rommel che non amava certo mollare, fece un ultimo tentativo, inviò delle unità a
rafforzare la fortezza di Bardia, nel tentativo di attirare il nemico sui campi minati,
ma questa unità dovette ripiegare e ritornare a Sidi Rezegh.
Grazie a delle intercettazioni Rommel seppe che truppe inglesi marciavano su Bir el
Gobi, ordinò all’Afrikakorps di unirisi alle divisioni Ariete e Trieste del Generale
Gastone Gambara e di attaccare gli inglesi,prima che questi potessero concentrarsi a
Bir el Gobi.
Le forze del’Asse affrontarono la 22^ Brigata Guardie l’11^Brigata Indiana e ciò
che restava della 7^ Divisione Corazzata, riuscendo a bloccare il nemico a Bir el Gobi.
Nonostante l’assedio gli inglesi riuscirono a fuggire da Tobruk , e a conquistare alture
strategiche site tra El Duda e Belhamed. Come al solito piove sempre sul bagnato
Rommel seppe da un ufficiale italiano del Comando Supremo che i rinforzi tanto
attesi non sarebbero giunti in Africa prima di Gennaio.
Ma come ho già detto Rommel non si dava mai per vinto, non mollava mai, si
comportava da vero capo anche nei momenti più disperati, ordinò una ritirata da
Tobruk per attaccare in forze gli inglesi a Bir el Gobi.
Anche in questo caso i tedeschi dell’Afirkakorps si ritrovarono a combattere da soli,
senza i loro alleati italiani. Il Generale Cruwell chiese a Rommel di contattare il
Generale Gambara per ottenere il supporto della Divisione Ariete e Trieste,ma fù
tutto inutile.
Ancora una volta dobbiamo, mettere, in evidenza il comportamento, di certo non
esemplare dei Generali italiani, che per ragioni a noi strane facevano fare ai soldati
italiani la figura dei vigliacchi, di quelli che non combattono, fortunatamente l’indole
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dei soldati italiani era di tutt’altra pasta è hanno sempre, in ogni occasione
dimostrato il loro valore e di non meritare di essere al comando di personaggi del
genere. Dopo giorni di cruenti combattimenti Rommel ordinò una ritirata verso la
linea difensiva eretta dagli italiani a sud di Gazala.
Gli inglesi attaccarono e per evitare l’accerchiamento Rommel si vide suo malgrado
costretto ad ordinare la completa ritirata.
Dopo una serie di consultazioni, con il Generale Bastico e il Feldmaresciallo Albert
Kesserling, comandante in capo della Wehrmacht, per il fronte meridionale, e il Capo
di Stato Maggiore delle forze armate italiane, Generale Ugo Cavallero, la Volpe del
Deserto sicuro di quanto faceva la spuntò.
Certamente la ritirata dalla Cirenaica, non giovò al prestigio di Mussolini, e per gli
italiani fù un boccone amaro da mandar giù.
Le forze dell’Asse si ritirarono a Marsa Brega e a El Agheila, dove sarebbero giunti
nuovi contingenti e nuovi mezzi.
Le truppe italo-tedsche di Bardia e di Sollum furono sconfitte dagli inglesi.
Il Maggiore Bach con i suoi uomini tenne testa agli inglesi respingendone l’attacco e
bloccando, così la via più breve, per i rifornimenti provenienti dall’Egitto.
Il 17 gennaio il Maggiore Bach, rimasto completamente isolato a corto di munizioni e
di scorte d’acqua e di cibo, dovette arrendersi.
Gli aspri combattimenti per la conquista di Tobruk si concludevano senza un nulla di
fatto tutto restava come prima.
Le forze dell’Asse grazie all’intercettazione di rapporti scritti inviati a Waschington
dall’addetto militare al Cairo, sapevano che gli inglesi erano in difficoltà.
La marcia attraverso il deserto aveva messo fuori uso il oro sistema di rifornimenti, in
più i bombardamenti della Luftwaffe avevano reso inutilizzabile il porto di Bengasi.
L’entrate in guerra del Giappone, stravolse i piani degli inglesi, che pur di difendere il
loro impero coloniale, dirottarono aerei e mezzi corazzati oltre a due unità di fanteria
a protezione, di Malaya e di altre colonie asiatiche, minacciate dall’Impero del Sol
Levante. In Africa le forze dell’Asse iniziarono a ricevere i primi rinforzi tra i quali
60 nuovi Panzer, il tutto fu possibile grazie all’intervento congiunto della Luftflotte
2, la flotta aerea del Feldmaresciallo Kesserling che era stata trasferita in Sicilia e la
flotta navale costituita da 24 U-Boot ( sottomarini tedeschi ), che in circa due mesi
affondarono una nave da guerra, un incrociatore e una portaerei inglese.
Grazie a quest’ operazione congiunta i convogli destinati all’Asse, giungevano integri
in Africa.
Ciò dimostrava che gli italiani avevano ragione nell’insistere circa la conquista, vista
la sua importante posizione strategica, dell’isola di Malta.
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Rommel sapeva con assoluta certezza d’ essere più forte degli inglesi nonostante, a
dare manforte ai Topi del Deserto della 7^ divisione Corazzata, giunsero 1500carri
armati Tanks di fabbricazione guarda caso americana.
Il Generale Erwin Rommel decise in accordo con l’alleato italiano che era giunto il
momento di passare all’attacco, prima che gli inglesi avessero il tempo di riorganizzare
forze e idee, ed evitare così di essere ulteriormente allontanati dall’Egitto.
L’attcco fu preparato in gran segreto, Rommel non informò i suoi superiori nominali
ne quelli tedeschi ne quelli italiani.
Mise in giro la voce che intendeva battere in ritirata verso ovest e per rendere credibile
questa voce inviò autocarri in quella direzione.
La notte prima dell’attacco diede ordine di incendiare alcune case abbandonate lungo
la costa e delle vecchie imbarcazioni, che si trovavano nel porto di Marsa Brega.
Così come aveva previsto Rommel, il tutto fu notato dalle spie nemiche, che
confermarono al loro comando il piano di ritirata di Rommel.
Il nemico era caduto nella trappola astutamente tesagli dalla Volpe del Deserto.
Poche ore prima di sferrare l’attacco Rommel ricevette una notizia che lo galvanizzò,
Hitler decise di trasformare il Panzergruppe Afrika in Panzerarmee, che oltre a
comprendere la 90^Divisione Leggera, la 15^ e 21^ Divisione panzer comprendeva,
sotto il suo diretto comando ben tre Corpi d’Armata italiani il X°, Il XX° e il XXI°.
L’attacco ebbe inizio la mattina del 21 gennaio, divisi in due colonne appoggiate
dalla Luftwaffe, la prima colona composta da due Battaglioni di fanteria
motorizzata, pezzi d’artiglieria e una 15^ di Panzer, coadiuvata dalla 90^Divisione
Leggera ( ex Afrika Division ) e dalla Divisione Corazzata Ariete e dalla divisione
Motorizzata Trieste, avanzarono verso est lungo la strada costiera. L’altra colonna
era costituita dalle Divisioni Panzer 15^e 21^, marciò verso il deserto parallelamente
alla prima, con il preciso scopo di intrappolare i carri inglesi.
Durante la sua avanzata, la prima colonna, incontrò una solitaria Brigata inglese,
che ripiegò, abbandonò la strada e interruppe la via di ritirata del nemico, sino a
giungere a Saunnu. Durante la sua avanzata, la seconda colonna comandata dal
tenente Heinz Schmidt, incontrò dei carri armati inglesi, che proteggevano la ritirata
inglese.
Il Tenente Schmidt diede ordine alle squadre anticarro di piazzare i cannoni da 50
mm, mentre i cannoni facevano fuoco i panzer avanzavano verso il nemico, verso sera
il grosso della 1^ Divisione Corazzata inglese dovette ritirarsi ad est di Agedabia.
Per evitare che fuggissero, Rommel fece schierare dei panzer, a costituire una vera e
propria muraglia che si snodava da Agedabia, Antelat fino ad arrivare a Saunnu.
La prima colonna, avrebbe puntato verso sud da Saunnu, per accerchiare i carri
inglesi.
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Il Generale Ugo Cavallero,chiese a Rommel di arrestare l’offensiva, nonostante la
mediazione di Kesserling, Rommel si rifiutò, Cavallero decise allora che per il
momento (siamo alle solite) avrebbe ritirato il XX° Corpo d’Armata.
Anche se temporaneamente privato dell’appoggio italiano Rommel portò avanti il suo
piano. L’accerchiamento nel deserto è complicato da attuare visto che nel deserto non
ci sono ostacoli contro cui spingere il nemico. A causa di un errore nella trasmissione
degli ordini i panzer che avrebbero dovuto occupare Saunnu, dopo che la seconda
colonna diresse verso sud, lasciò un varco aperto e gli inglesi ne approfittarono.
Alcuni reparti della 1^Divisione Corazzata inglese, furono raggiunti e distrutti dai
panzer. Rommel diede ordine alla 15^ Divisione panzer di avanzare verso Msus
Nell’avanzata i panzer travolsero diverse colonne di rifornimento inglese, arrivarono
al campo di aviazione di Msus, catturarono diversi aerei, distrussero più di 90 carri
inglesi e requisirono quasi 200 autocarri .
Rommel, intuì che era giunto il momento di riconquistare il porto di Bengasi, sul quale
proveniente da sud marciava il XX° Corpo d’Armata italiano, molti soldati della 4^
Divisione Indiana rimasero intrappolati, altri riuscirono a fuggire, abbandonando più
di mille autocarri. Rommel venne autorizzato a marciare sulla città di Bengasi dallo
stesso Mussolini, avanzò lungo la costa della Cirenaica, sino a raggiungere Gazala,
che distava soli 60 km da Tobruk. Gli inglesi si erano concentrati a Gazala e si
trinceravano.
Rommel si recò a Berlino dove fece pressioni, su Hitler per ottenere altri rinforzi,
incalzandolo sulla questione Malta.
Ora anche i tedeschi si erano resi conto dell’ importanza strategica di Malta, tant’è
che il Grandammiraglio Erich Reader e il Feldmaresciallo Kesserling, fecero pressioni
su Adolf Hitler, affinché l’isola venisse conquistata, il Fuhrer, assicurò Kesserling che
si sarebbe occupato anche di Malta.
Per conquistare Malta le forze dell’Asse elaborarono un’operazione denominata
Ercole. Il comando fu affidato al Generale Kurt Student, lo stesso che nel maggio
1941 aveva invaso Creta.Il Generale Student, primo ufficiale delle truppe
aviotrasportate, selezionò due divisioni di paracadutisti una tedesca e una italiana, il
cui compito sarebbe stato quello di conquistare rapidamente i tre campi d’aviazione
presenti sull’isola. Più divisioni di fanteria italiane con l’appoggio di mezzi corazzati,
avrebbero invaso l’isola per spazzar via la guarnigione inglese.
In aprile Il Generale Kesserling diede il via ai preparativi, che avrebbero portato
all’attuazione dell’operazione Ercole, mediante la sua Luftflotte d’istanza in Sicilia
fece sganciare sull’isola oltre 755 tonnellate d’ esplosivo, distruggendo cantieri di
riparazione, bacini e piste d’atterraggio, affondarono navi cariche di rifornimenti e
bloccarono l’accesso al porto di La Valletta mediante mine sganciate dal cielo.
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I risultati di questa operazione erano evidenti, la rotta dei rifornimenti per le forze
dell’Asse riprese a funzionare normalmente. In Nordafrica giunsero oltre 165.000
tonnellate di armamenti, carri armati, tra i quali Panzer nuovi di zecca, munizioni,
carburante acqua e cibo, affluirono in tutta serenità nei porti di Tripoli di Bengasi e
di Derna.
Londra nella persona del suo primo Ministro Winston Churchill, ordinò al Generale
Auchinleck di riconquistare i campi d’aviazione della Cirenaica, per permettere così
alla RAF di scortare verso Malta i convogli con i rifornimenti.
Il Generale prese tempo per permettere al suo comandante di campo Generale Neil
Ritche di addestrare le nuove reclute e di far confluire nuovi carri e scorte, presso
Behamed a 30 km da Tobruk.
Rommel conosceva queste nuove manovre del nemico, quindi chiese e ottenne da
Mussolini e Htler il permesso di sferrare l’attacco prima che avesse inizio l’invasione
dell’isola di Malta.
Gli inglesi avevano approfittato del fatto che il conflitto era ad un punto morto, per
erigere delle fortificazioni, che da Gazala giungevano sino a Tobruk.
Gli inglesi erano in vantaggio numerico, non solo per uomini ma anche come mezzi,
artiglieria e carri armati.
Tutto ciò non servì certo a scoraggiare le truppe dell’Asse e ne tanto meno il Generale
Rommel. Gli inglesi si aspettavano che Rommel attaccasse, la linea difensiva alla
vecchia maniera, quindi frontalmente.
Rommel allora preparò un diversivo, decise che avrebbe simulato un attacco frontale,
mentre truppe di fanteria avrebbero impegnato i carri inglesi, unità corazzate italotedesche avrebbero aggirato il fianco meridionale del nemico, superata la liena di
Gazala, avrebbero marciato verso la costa, con lo scopo di accerchiare gli inglesi,
prima che questi potessero ripiegare su Tobruk.
L’attacco, denominato in codice Operazione Venezia ebbe inizio in un caldo
pomeriggio del 26 amggio.
L’operazione iniziò con un finto attacco frontale ai settori settentrionali e centrali
della linea di Gazala. L’artiglieria aprì il fuoco, mentre la Luftwaffe con i suoi Stuka
Borbandava i box inglesi che servivano da fortezze difensive e non solo, presidiati
dalla 1^Divisione sudafricana e dalla 50^ Divisione inglese, i genieri si adoperarono
per aprire un varco tra i campi minati. Alle loro spalle i fucili e le mitragliatrici di 4
Divisioni di Fanteria italiane, non cessavano un solo secondo di far fuoco.
L’armata dell’Asse si adunò di fronte al centro della linea di Gazala, avanzarono
verso sud-est divisi in tre colonne, sulla sinistra, le divisioni italiane Ariete e Trieste e
il XX° Corpo d’Armata italiano, al centro le Divisioni Panzer 15^ e 21^, sulla destra
la 90^ divisione Leggera.
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Superata la linea di Gazala, si diressero verso nord, dove si separarono, per portare a
termine le rispettive missioni.
Sul lato sinistro gli italiani avanzarono verso Bir Hacheim per distruggere il pilastro
meridionale della linea difensiva inglese.
Sul lato destro la 90^ Divisione Leggera, con l’ausilio di unità corazzate conquistò
una pista verso El Adem a soli 25 Km da Tobruk, impedendo agli inglesi di
raggiungere i loro depositi di scorta di Belhamed.
Al centro la 15^e 21^ Divisione Panzer, marciarono verso nord, con il compito di
conquistare Acroma, che distava pochi chilometri dalla costa.
I generali inglesi certi che Rommel avrebbe attaccato frontalmente non si curarono di
questi spostamenti, reputandoli solo dei diversivi per confondergli.
Ad est di Bir Hacheim i carri della Divisione Ariete e i Panzer tedeschi sorpresero la
3^ brigata Motorizzata indiana che si disperse rapidamente.
I Panzer proseguirono verso nord gli italiani verso Bir Hacheim, ma distruggere quel
caposaldo senza il supporto della divisione Trieste ,per i carristi della Divisione Ariete
era un’impresa quasi disperata. Gli italiani con i loro carri M-13 attraversarono
subendo delle perdite i campi minati i pochi carri che raggiunsero i box furono
distrutti dai cannoni anticarro. Gli italiani ripiegarono per riorganizzarsi. La 90^
Divisione Leggera conquistò il box di Retma, puntarono verso nord e conquistarono la
base della 7^ divisione Corazzata inglese, facendo molti prigionieri tra cui il Generale
di Divisione Frank Messervy, che per non farsi riconoscere si strappò le spalline
(questo gesto non ha bisogno di commenti). Gli inglesi avevano ricevuto dagli
americani un nuovo carro armato il Grant di 30 tonnellate armato con un cannone di
75 mm con una gettata di 600 metri, capace di perforare la nuova corazza frontale del
più pesante Panzer III, ma era più vulnerabile rispetto al più rapido cannone a canna
lunga del nuovo Pnzer III Speciale, comunque i tedeschi potevano sempre contare
sulle batterie di 88 mm.
Grazie alla loro superiorità tattica, le truppe dell’Asse distrussero 16 Grant,ora agli
inglesi ne restavano ancora 151, ma il messaggio ricevuto era più che chiaro.
Le Divisioni Panzer avanzarono lungo percorsi paralleli, per avvicinarsi al box
Knightsbridge, quando furono attaccati da 40 Grant appoggiati da pesanti Matilda
La battaglia prese subito corpo, gli inglesi misero a segno numerosi copli, i proiettili
dei panzer rimbalzavano sulla spessa corazza frontale dei Grant.
Gli equipaggi dei Panzer si ritrovarono nel bel mezzo di una vera e propria pioggia di
fuoco, iniziarono a ripiegare all’impazzata, l’intera armata era in balia del nemico.
In quella confusione, il Generale Walther Nehring, riuscì ad impartire al Colonnello
Alwin Wolz comandante del 135° RGT Artiglieria Antiaerea di schierare i cannoni
da 88 mm per arrestare l’avanzata inglese.
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Il Colonnello Wolz piazzò come meglio poteva gli 88 mm e diede l’ordine di aprire il
fuoco contro i Tanks che avanzavano. I Grant erano un facile bersaglio, perché
quando sparavano dovevano gioco forza esporre lo scafo, sul quale era montato il
cannone da 75 mm,mentre sulla torretta ve ne era uno da 37 mm.
Più Grant furono annientati, gli inglesi si riorganizzarono rapidamente e ritornarono
all’attacco. Il Colonnello Wolz, riuscì a ripristinare l’ordine nel suo RGT, e piazzò
ben sedici, 88 mm su di un fronte di 3 km, nonostante l’incessante fuoco dei carri
inglesi, ai quali si era unito anche quello della loro artiglieria, ben 25 Tanks furono
annientati.
Rommel tirò le somme , il piano per aggirare la linea di gazala e disrtruggerla alle
spalle era fallito, le unità erano divise, la 90 Divisione Leggera era isolata a El Adem
sotto la costante minaccia della 4^Brigata Corazzata inglese e della RAF.
La Divisione Corazzata Ariete, vicino a Bir Hacheim si stava riorganizzando.
A nord i Panzer si erano fermati a 15 km da Acroma e per di più era rimasta senza
carburante e le colonne di rifornimento erano rimaste indietro.
Il giorno dopo la situazione non era migliorata, la 90^ Divisione Leggera era
bloccata, la Divisione Ariete non era in condizione di organizzare un attacco efficace
la 15^ panzer era ancora in attesa del carburante.
Solo la 21 ^ Divisione Panzer al comando dell’efficiente Generale Georg von Bismerk
otteneva dei risultati.
Rommel si sincerò personalmente di fornire carburante ai Panzer della 15^ Divisione.
Rpmmel che non si perdeva mai d’animo, cambiò i suoi piani, decise di sospendere
momentaneamente l’attacco a Tobruk e di concentrare le le forze per sfondare la linea
di Gazala in un punto sito a circa 25 km a nord di Bir Hacheim, vicino una
depressione dove vi era un ampio buco tra i box inglesi.
Dall’altra parte della linea, alcuni soldati della Divisione Trieste, che si era arenata
durante la prima notte di marcia, cercarono d’aprirsi un varco tra i campi minati.Nel
tentativo di collegarsi con loro, Rommel ordinò a delle squadre di creare un passaggio
verso nord-ovest e allo stesso tempo una barriera di cannoni da 88 mm, coadiuvata da
alcuni panzer per bloccare i Tanks che giungevano da nord e da est.
Ben due Brigate corazzate inglesi cercarono di sfondare la barriera ma non voi
riuscirono. Nel frattempo gli italiani e i tedschi che operavano sui campi minati,
aprirono un varco di 10 km lungo i due lati della depressione.
A questo punto i soldati dell’Asse scoprirono che all’interno della depressione
chiamata Got el Ualeb vi era un box presidiato da migliaia di soldati della
150^Brigata e da circa 80 Matilda, l’artiglieria dominava entrambi i varchi,
rendendo praticamente impossibile il passaggio dei rifornimenti.
Rommel decise allora che quel box andava distrutto, perché non intendeva rinunciare
all’attuazione del nuovo piano.
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Le forze dell’Asse circondarono il box e avanzarono lentamente, contro la tenace
resistenza del nemico. I combattimenti erano così aspri, resi ancor più difficili dall’afa
e dalla polvere che i soldati soprannominarono quella zona il Calderone
Furono fatti dei prigionieri ai quali Rommel fece distribuire la stessa quantità
d’acqua che spettava ai soldati dell’Asse.
Rommel era deciso ad annientare ilo box, a tal fine il 1° Giugno attaccò in forze con
l’ausilio degli Stuka, i Guastatori aprirono un corridoio tra i campi minati i soldati
dell’Asse tra cui quelli del 3° BTG assalirono il box, mentre i Panzer si facevano
stanza inesorabilmente.
Rommel capì che il nemico era allo stremo, invece di assestare il colpo di grazia,
raggiunse il Capitano Werner Reissmann, comandante del 3° BTG e gli ordinò di
invitare il nemico ad arrendersi.
Rommel sventolò una bandiera bianca, il nemico rispose sventolando dei fazzoletti.
Le forze dell’Asse cessarono il fuoco, furono fatti più di 3000 prigionieri, ma ciò che
più importava era l’aver aperto la via dei rifornimenti attraverso la linea di Gazala.
Il Generale Ritchie, dopo alcune esitazioni attaccò le forze dell’Asse, ma queste
movendo dalla depressione respinsero gli attacchi sia da nord, che da est, distruggendo
altri 210 Tanks facendo altri 4200 prigionieri.
Tra questi c’era il Generale di Brigata Desmond Young. Quando il fuoco inglese iniziò
a cadere sui prigionieri e sulle guardie, un ignoto ufficiale tedesco ordinò al generale di
raggiungere, con una scorta, sventolando bandiera bianca, la batteria e ordinargli di
arrendersi,il Generale Young si rifiutò,l’ufficiale tedesco lo redarguì, ma in quel
momento intervenn Rommel, che stupì tutti ancora una volta, diede ragione al
Generale e ammonì il suo ufficiale.
Il Generale Desmond Young rimase così colpito dalla cavalleria del Generale Rommel,
lo ringraziò cordialmente e otto anni più tardi scrisse la prima biografia del mitico e
leggendari Generale Rommel.
Ora bisognava conquistare Bir Hacheim, dove le truppe inglesi avevano respinto un
attacco delle divisioni di Fanteria Trieste e 90^ Leggera.
I soldati a difesa del box erano molto motivati, si trattava per al maggior parte di
uomini del Generale francese De Gaulle e di ebrei.
Rommel ordinò alla fanteria della Divisione Trieste e della 90^ Leggera di attaccare,
ma questa volta con l’appoggio della Luftwaffe, che si scontrò con la RAF, perdendo
più di 40 Stuka. Nonostante Kesserling chiese a Rommel di impiegare i panzer
nell’attacco, questi si rifiutò.
Dopo due settimane di encomiabile resistenza i difensori del box si arresero, molti
riuscirono anche a fuggire, furono fatti circa 3000 prigionieri che ancora una volta
Rommel e i suoi alleati italiani trattarono con umanità, ignorando anche l’ordine di
Hitler di giustiziare quelli di origine tedesca.
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A questo punto bisognava conquistare Tobruk ad ogni costo.
Rommel ordinò alla 21^ Panzer Division e la Divisione Corazzata Ariete di
muoversi da est della depressione, le altre forze marciarono verso i box di El Adem e
Knightsbridge.
Nei giorni seguenti la 21^ Panzer Division e la Divisione Ariete si scontrarono,
annientando sistematicamente le truppe corazzate del Generale Ritchie.
La Battaglia decisiva si svolse al box di Knightsbridge, dove la 2^e la 4^ Brigata
Corazzata del Generale Messervy si scontrarono con la 15^ Divisione Panzer
proveniente da sud.
Nel Tentativo di raggiungere il quartier generale, Messervy fu avvistato da unità
della 90^ Divisione leggera, per evitare di essere catturato si nascose, ancor prima che
il quartier generale potesse sostituirlo,le sue Brigate Corazzate, furono attaccate dalla
15^ Panzer Division da ovest frontalmente, da ovest giuse la 21^ Panzer Division e
la Divisione Corazzata Ariete.
Gli inglesi erano accerchiarti e senza il loro comandante, ripiegarono rapidamente ad
est del box.
Il 13 giugno le truppe dell’Asse completarono la manovra d’ accerchiamento, la sua
guarnigione che si era validamente battuta per più di due settimane, non potè che
fuggire. Perso anche questo box la line di Gazala crollò definitivamente e nel
tentativo di difenderlo il Generale Ritchie perse più di 140 carri Tanks.
Ritchie diede ordine alle due divisioni che erano al suo comando di ritirarsi in tutta
fretta, la fuga fù così precipitosa che viene ancora oggi ricordata dai reduci come la
Corsa di Gazala.
La 50^ Divisione inglese era troppo a sud per raggiungere la Via Balbia, ossia la via
più veloce per raggiungere l’Egitto, quindi il suo comandante il Generale di Divisione
Ramsdendecise di avanzare verso ovest, ma trovò la fanteria italiana a sbarrargli la
strada, ripiegarono in fretta furia verso sud, riuscendo a arggiungere il confine
egiziano.
Il 16 giugno venne conquistato il box di El Adem a sud di Tobruk, le ultime truppe
corazzate inglesi batterono in ritirata dopo aver lasciato sul campo altri 35 Tanks.
Tobruk non era la stessa fortezza che gli italo-tedeschi non erano riusciti a
conquistare otto mesi prima, era circondata da un perimetro fortificati di 50 km difesa
da una guarnigione di inesperti soldati della 2^ Divisione sudafricana,che aveva
sostituito gli australiani, il fossato anticarro si era riempito di sabbia. Certi della
vittoria gli italo –tedeschi decisero di attuare il piano del novembre precedente.
Rommel inviò le forze mobili verso il confine egiziano fingendo di voler seguire il
nemico in Egitto. La 90^ Divisione Leggera effettuò una conversione avanzando su
Bardia, Rommel schierò inaspettatamente le truppe corazzate e marciò su Tobruk.
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Il 20 giugno il Feldmaresciallo Kesserling diede il via ad un grande bombardamento,
sganciando sulle fortificazioni oltre 400 tonnellate di esplosivo, spazzando via i
campi minati. Dopo il bombardamento fu il turno della fanteria, poi giunse il
momento dei mezzi corazzati.
Nel primo pomeriggio i reparti corazzati raggiunsero il crocevia di King Cross a metà
strada tra il porto e le fortificazioni ridotte ad un cumulo di macerie, Tobruk ora era
sotto il controllo delle forze dell’Asse.
Il giorno seguente il comandante della guarnigione il Generale H.B Klopper si arrese a
Rommel, furono fatti più di 33000 prigionieri che ancora una volta contrariamente a
quanto si sostiene furono trattati umanamente, la dimostrazione di tutto ciò sta nel
fatto che lo stesso Rommel si rifiutò di accogliere le richieste di alcuni ufficiali bianchi
sudafricani, che chiesero di rinchiudere i loro connazionali di colore, che combattevano
in qualità di semplici soldati in altre sezioni.
I soldati dell’Asse erano, soddisfatti della vittoria, il sorriso tornò sui loro volti.
Furono rinvenute enormi quantità di carburante, veicoli d’ ogni genere e altri beni
preziosi, uniformi nuove, stivali da deserto che italiani e tedeschi avevano tanto
invidiato al nemico, sigarette, tabacco, farina bianca, cibi in scatola, acqua, e birra
tedesca che gli inglesi acquistavano dal neutrale Portogallo.
Il giorno dopo Rommel che la sera prima aveva festeggiato con tutti gli altri ufficiali,
la vittoria, fu svegliato, di buon ora dai suoi uomini che gli diedero la felice notizia, il
Fuhrer lo aveva promosso al rango di Feldmaresciallo.
Ora Rommel pensava a conquistare l’Egitto.
Rommel nonostante gli inviti di Kesserling e Bastico, ottenne che l’invasione di
Malta fosse rinviata, in modo che la Luftwaffe potesse appoggiare la sua offensiva
contro Suez.
La sera del 23 giugno 1942, i carri armati alla testa delle forze dell’Asse
attraversarono il confine egiziano, per giungere in due giorni alle fortificazioni della
città costiera di Marsa Matruh.
L’avanzata delle truppe corazzate si arrestò a causa delle incursioni della British
Desert Air Force. Il Generale Auchinleck comandante dell’Ottava Armata, schierò le
sue truppe lungo una linea che da Marsa Matruh, sul Mar Mediterraneo, giungeva ad
una scarpata chiamata Sidi Hamza, disseminando mine ovunque, lungo tutta la linea.
Il Generale Auchinleck, pensava che la Volpe del Deserto, lo colpisse ai fianchi, per
poter così accerchiare ed isolare le sue truppe, quindi schierò lo zoccolo duro delle sue
truppe ai lati della linea difensiva. A nord schierò il 10° Corpo d’Armata indiano a
sud presso la scarpata la 1^ Divisione Corazzata e la 2^ Divisione neozelandese.
La posizione era rinforzata da ben due brigate della 7^ Divisione Corazzata.
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Tra questi due capisaldi, ossia nel tratto di terreno di circa 15 km che separava le
truppe posizionate a nord da quelle posizionate a sud, vi erano dei modesti campi
minati e unità di artiglieria.
Nonostante la netta superiorità sia di mezzi che di uomini, Rommel decise di
attaccare. L’attacco ebbe inizio il 26 giugno, la 21^ Panzer Division e la 90^
Leggera, attaccarono il centro della linea difensiva creata dal Generale Sir Claude
Auchinleck, ossia il punto più vulnerabile dell’intera linea difensiva.
La 90^ Divisione Leggera avanzò verso nord lungo la strada costiera, la 21 Panzer
Division verso sud-est. Il 27 giugno 21^ Panzer Division, sotto il personale comando
del Feldmaresciallo Rommel, aggirò la 2^ Divisione neozelandese e la 1^ divisione
Corazzata, attaccandogli da dietro, al contempo la 15^ Panzer Division che marciva
sul lato meridionale di Rommel, prese d’assalto il fronte della 1^ Divisione Corazzata
L’astuzia di Rommel non aveva pari, la 21^ Panzer Division forte di solo 20 Panzer
e 600 uomini, ebbe la meglio di un nemico ben più forte, infatti la 1^ Divisione
Corazzata contava ben 175 carri armati, se avesse potuto intervinire in favore della
2^Divisione neozelandese, la 21^ Panzer Division non avrebbe avuto scampo.
Gli inglesi riuscirono a contenere la 15^ panzer Division, ma l’attacco gli aveva colti
di sorpresa, nel timore che il XXI° Corpo d’Armata potesse essere isolato il Generale
Gott diede l’ordine di ritirarsi.
I neozelandesi riuscirono a crearsi un varco tra le linee della 21^Panzer,e
combattendo con estrema determinazione riuscirono a mettersi in salvo e a
raggiungere la 1^ Divisione Corazzata che si ritirava verso est.
La 21^ Panzer Division, marciò verso Fuka una località sita a circa 60 km da Marsa
Matruh, interrompendo così la strada costiera, riuscendo ad occupare le alture a sud –
ovest del villaggio. La 90^ Divisione Leggera si apprestava ad attaccare Marsa
matruh dove aveva trovato riparo il grosso del X° Corpo d’Armata inglese.
La notte del 28 giugno gli inglesi fuggirono, dando il via ad una furiosa battaglia, che
si concluse con la cattura di oltre 8000 soldati.
Nonostante, queste vittorie, la situazione non era certo favorevole alle truppe
dell’Asse, gli inglesi, stavano ricevendo aiuti dagli Stati Uniti, uomini e mezzi.
La Volpe del Deserto, non era disposta a darsi per vinta, ordinò ad un’unità del 606°
Distaccamento d’ Artiglieria Antiaerea, comandato dal Capitano Gerog Briel di
avanzare verso Alessandria d’Egitto e di attestarsi presso i sobborghi,
Il Capitano Briel eseguì gli ordini e il 30 giugno 1942 si fermò nell’oggi famoso
villaggio di El Alamein.
La Battaglia di El Alamein
Il Generale Sir Claud Auchinleck terminò la sua ritirata ad El Alamein, che
rappresentava l’estremità settentrionale di una linea difensiva fortificata, eretta dagli
inglesi.
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Si trattava di una linea lunga più di 60 km , costituita da quei capisaldi che gli inglesi
erano soliti chiamare box,, campi minati protetti da filo spinato e fortini di cemento
armato, bunker e trincee. La linea si snodava dal mar Mediterraneo fino ad una
catena di colline rocciose che costeggiavano la Depressione di Qattara, avente forma
di conca, 218 metri al di sotto del, livello del mare, inaccessibile ai mezzi pesanti.
Non vi era alcun modo per aggirare questa linea difensiva, le truppe dell’Asse
avrebbero dovuto attraversarla per forza.
El Alamein così come ci conferma il Sig Vito Bruno che quella Guerra, quella
Battaglia la combattuta, fece da scenario a tre scontri a tre Battaglie.
Quando le truppe dell’Asse raggiunsero il Capitano Briel, Il Feldmaresciallo Erwin
Rommel, aveva già ideato un piano d’attaco, la 90^ Divisione leggera, insieme al
XII° Corpo d’Armata italiano, sarebbe penetrato attraverso le fortificazioni del
XXX° Corpo d’Armata inglese, posizionato a sud di El Alasmein, per poi avanzare
verso nord per tagliare la via di ritirata inglese. A sud l’Afirkakorps e il XX° Corpo
d’Armata italiano avrebbero assalito il centro della linea difensiva, protetto dal XII°
Corpo d’Armata Britannico, per poi colpirne la retroguardia.
La Divisione Corazzata Littorio, appoggiata da truppe di ricognizione tedesche
avrebbe invece dato vita ad un diversivo, simulando un attacco al lato meridionale
della linea difensiva. Si trattava di una manovra di profondità che aveva lo scopo di
scardinare lo schieramento nemico e superare i campi minati.
La prima delle tre Battaglie di El Alamein ebbe inizio il 1° luglio 1942.
Il XIII° Corpo d’Armata italiano e la 90^ Divisione Leggera, provarono a
costeggiare, il fianco meridionale, della linea difensiva di El Alamein, ma si
ritrovarono nelle fortificazioni, iniziò così un aspro duello, che durò sino al
pomeriggio, quando le truppe dell’Asse, riuscirono ad avanzare, per poi trincerarsi a
causa del costante fuoco di sbarramento di tre brigate sudafricane.
La 15^e 21^ Panzer Division, annientarono la 18^ Brigata indiana, ma furono
oggetto di un pesante bombardamento da parte della RAF.
Il 2 luglio, le truppe dell’Asse ripresero l’attacco, con lo scopo di conquistare la Cresta
di Ruweisat, si trattava di un’altura lunga circa 3 km, che sorgeva ad est delle
fortificazioni di Deir el Shein. Gli iatlo-tedeschi , s’imbatterono in una tenace
resistenza offerta dalla 1^ Brigata Corazzata, che fu a sua volta duramente colpita
dagli 88 mm. A sud la Divisione Corazzata Ariete tentò di sfondare, ma senza
successo. Gli scontri andarono avanti anche il giorno seguente, ma senza alcun
proficuo risultato.
Le parti in campo avevano dato inizio ad una battaglia di logoramento, che certo non
avrebbe avvantaggiato le truppe dell’Asse, vista la scarsità dei rifornimenti.
Il Feldmaresciallo Rommel, diede allora, l’ordine di trincerarsi e comunicò al
Feldmaresciallo Kesserling che avrebbe sospeso l’attacco.
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Lattacco iniziato il 26 maggio 1942 con l’Operazione Venezia poteva a quel punto
considerarsi terminato.
Questa sorta di tregua che aveva permesso alle parti di riorganizzarsi,terminò quando
Rommel seppe che gli inglesi avevano abbandonato il caposaldo di Qaret el Abd, sito
nella parte meridionale della linea difensiva.
Rommel inviò la Divisione Corazzata Littorio e la 21^Panzer Division, ad occupare
quella posizione, penetrando così nella retroguardia inglese, che però non era sul
punto di collassare come credeva Rommel, infatti, la mattina seguente, gli inglesi
iniziarono a bombardare la parte settentrionale del fronte.
Il Generale Auchinleck , voleva proseguire le operazioni nella parte nord, per battere
le postazioni tenute dalle truppe italiane che a quanto ad armamenti erano certamente
più deboli, rispetto ai meglio equipaggiati tedeschi.
La 9^Divisione australiana al completo sferrò un attacco in forze, ed ebbero la meglio
sulla Divisione italiana Sabratha che fu annientata.
Il Maggiore Mellenthin,nel timore che gli inglesi stessero preparando un attacco
massiccio per sfondare, riorganizzò le forze a sua disposizione e grazie alla
164^Divisione di Fanteria Leggera Africa, proveniente da Creta, riuscì a respingere
l’attacco degli australiani.
La mattina seguente gli australiani, attaccarono la già provata Divisione Trieste, alla
quale inflissero un altro duro colpo. Tutto ciò portò Rommel a concludere che le unità
italiane, male equipaggiate, non avrebbero potuto con la sola forza di volontà, tener
testa al nemico.
La Volpe del Deserto, decise d’attaccare frontalmente il Caposaldo di El Alamein,
quindi con l’appoggio della Luftwaffe ordinò alla 21 Panzer Division, di assalire il
saliente australiano. Il 13 luglio gli Stuka bombardarono pesantemente le posizioni
sudafricane, allo stesso tempo l’artiglieria martellava le linee difensive alleate, la
fanteria non potè avvantaggiarsi di quest’ attacco perché, era schierata troppo
indietro, furono costretti a ripiegare.
Con il preciso scopo di colpire gli italiani il Generale Sir Claude Auchinleck, spostò le
sue attenzioni al centro della linea difensiva, presso la cresta di Ruweisat.
La 2^ Divisione neozelandese e la 5^ Brigata indiana, attaccarono la Divisione
Brescia e Pavia, ma furono fermati, anche se molti italiani vennero catturati,
tuttavia, lo sforzo degli italiani ,permise al 8°RGT Corazzato Panzer, di attraversare
le linee nemiche e contrattaccare, facendo circa 1300 prigionieri.
Gli australiani, assalirono il saliente costiero presidiato dagli italiani, per due giorni il
16 e il 17 luglio, furono oggetto di incessanti bombardamenti, l’artiglieria italiana
rispose colpo su colpo, riuscendo così a tenere la posizione e a respingere il nemico.
Dopo una breve tregua, il 21 luglio gli inglesi attaccarono il centro del fronte, fanti
neozelandesi ed indiani si fermarono sulla Cresta di Rusweit in attesa dell’appoggio
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dei carri armati, che non arrivarono mai. Le truppe dell’Asse contrattaccarono,
infliggendo gravi perdite al nemico, in quell’occasione più di 1200 uomini furono
catturati, oltre a 30 pezzi di artiglieria.
La 23 ^ Brigata Corazzata, giunta da poco dall’Inghilterra, avrebbe dovuto
assestarsi tra le truppe dell’Asse, ma finì nel bel mezzo di un campo minato.
La 21^Panzer Division, passò all’attacco e annientò la 23^Brigata Corazzata
inglese, 1500 soldati furono fatti prigionieri e oltre 100 carri armati inglesi distrutti.
IL Generale Auchinleck non si diede per vinto e il 26 luglio ordinò d’attaccare, gli
australiani attaccarono il versante sud tenuto dagli italiani, che ancora una volta non
si lasciarono prendere dal panico, riuscendo così a respingere il nemico. Gli australiani
vista la resistenza offerta dai soldati italiani, ripiegò in attesa dei carri armati, attesa
vana perché anche questa volta non arriveranno. Il 27 luglio i fanti avanzarono
senza il supporto dei carri superstiti, per paura d’incappare su delle mine, furono
spazzati via, oltre 1000 soldati furono catturati e altri 42 carri armati distrutti.
Auchinleck pensò bene di sospendere l’attacco e di ripiegare, avviso il Primo Ministro
inglese Churchill che ulteriori attacchi alle truppe dell’Asse, non erano possibili.
In attesa di rinforzi, di nuovi mezzi corazzati e di altro carburante, i due
schieramenti, lavorarono alacremente per rafforzarsi, sulle rispettive posizioni,
mediante trincee, bunker e vasti campi minati non solo anticarro ma anche antiuomo.
Sfortunatamente, la prevalenza aerea e navale britannica nel mediterraneo, rendeva
sempre più difficile rifornire l’Armata italo-tedesca.
Al contrario gli inglesi potevano contare su di un sempre maggior numero di
rifornimenti tra i quali nuovi mezzi corazzati provenienti dagli Stati Uniti.
Churchill si recò in Egitto, per operare dei cambiamenti al vertice del comando inglese,
il Generale Sir Harold Alexander divenne il nuovo comandante in capo per il Medio
Oriente, al comndo del’Ottava Armata, al posto del Generale Auchinleck, fu
designato il Generale W.H.E Gott, che non arriverà mai al fronte, il 7 agosto l’aereo
che lo stava portando in Nordafrica fu colpito dalla Luftwaffe, che lo costrinse ad
atterrare, il Generale fu mortalmente colpito mentre prestava soccorso ai feriti.
Al suo posto al comando dell’Ottava Armata, fu nominato il Generale Bernard Law
Montgomery, il quale promise al suo Primo Ministro che avrebbe sferrato l’attacco il
prima possibile.
L’Afrikakorps fu rinforzato con 205 nuovi carri armati, 75 Panzer III, armati con
un potente cannone da 50 mm, 30 Panzer IV con cannone da 75 mm a canna lunga,
giunsero anche nuovi soldati che, riportarono le provate 15^ E 21^ Panzer Division
alle loro condizioni originali, ma il carburante era insufficiente.
Nonostante i suoi problemi di salute, la Volpe del Deserto, decise di rimanere e di
attaccare.
La seconda battaglia di El Alamein ebbe inizio la notte del 30 agosto 1942.
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Rommel intendeva annientare le forze britanniche poste a sbarramento, della stretta
di El Alamein, per poi marciare verso il Canale di Suez.
Il Feldmaresciallo Rommel, schierò il XXI° Corpo d’Armata italiano, costituito dalle
divisioni Trento e Bolgna e dal 7° RGT Bersaglieri, la 154^ Divisione fanteria
germanica paracadutisti Ramcke a nord. A sud il XX° Corpo d’Armata italiano, ossia
la Divisione Brescia e la divisione Folgore e il 2° Battaglione Bersaglieri.
Le divisioni corazzate Ariete e Littorio, la Divisione Trieste e le Panzer Division 15^
e 21, coadiuvate dal raggruppamento esploratori italo-tedesco, avrebbero attaccato
frontalmente. La manovra d’ aggiramento subì numerosi ritardi, per permettere ai
genieri di creare dei varchi tra i giardini del diavolo, cioè tra i campi minati.
Le truppe dell’Asse incontrarono una tenace resistenza, operata dai reparti inglesi
schieratisi sulle postazioni ben rafforzate di Alam el Halfa e la cresta di Ruweisat.
Le truppe corazzate, italo-tedesche attaccarono ripetutamente, ma senza ottenere
alcun risultato e il 5 settembre ripiegarono presso le posizioni di partenza.
Si concludeva senza un nulla di fatto la seconda battaglia.
La terza e decisiva Battaglia si combattè dal 23 ottobre al 6 novembre 1942.
In attesa di un grande ed imminente attacco inglese i reparti dell’Asse si schierarono
su posizioni difensive allestite nel deserto, dal mare fino a El Qattara, allo scopo di
creare una solida e profonda barriera difensiva per contenere l’attacco nemico ed avere
la possibilità di intervenire tempestivamente, nel caso di eventuali sfondamenti, con i
reparti corazzati dislocati lungo tutto il fronte.
A nord furono schierate le Divisioni di Fanteria Trieste, Bologna e Brescia, la
Divisione Corazzata Littorio e la 15^ Panzer Division
A sud verso la depressione venne schierata la Divisione Corazzata Ariete e la 21^
Panzer Division, sempre a sud verso la Depressione di El Qattara furono schierate la
Divisione Paracadutisti Fologore e la Divisione Pavia.In prima linea a sostegno dei
reparti italiani Rommel schierò la 164^ Divisione e la Brigata Paracadutisti Ramcke
del Generale di Divisione Ramcke.
La sproporzione delle forze in campo era evidente e costerà cara agli italo-tedeschi,
l’Ottava Armata britannica conta più di 220mila uomini le forze dell’Asse solo
96mila. Le forze britanniche erano superiori anche in armamento, specialmente per
quanto riguarda l’artiglieria da campagna, i carri armati erano più del triplo di quelli
dell’ Armata italo-tedesca, inoltre gli inglesi disponevano di 531 carri pesanti
americani, contro i quali potevano competere solo i 38 Carri Mark IV tedeschi.
L’attaccò ebbe inizio alle ore 21.40 del 23 ottobre, più di mille cannoni, con
l’appoggio della RAF aprirono il fuoco lungo tutto il fronte, martellando le
postazioni d’artiglieria italo-tedesche, per venti interminabili minuti.
Alle ore 22 dello stesso giorno, la fanteria inglese passò all’attacco, protetta
dall’aviazione e dal fuoco dell’artiglieria.
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Avanzarono il XXX° Corpo d’Armata comandato dal Generale Leese e il XIII° Corpo
d’Armata comandato dal Generale Horrocks, che attaccarono su di un fronte di
quattro divisioni. Alle loro spalle erano pronte ad intervenire ben due Divisioni
Corazzate del X°Corpo d’Armata comandato dal Generale Lumsden, per capitalizzare
al massimo l’eventuale successo. Il XXX° Corpo d’Armata cercò d’aprirsi due varchi
attraverso le linee fortificate del nemico.
Questo primo attacco però non sortì gli effetti sperati, troppo tenace e accanita fù la
resistenza offerta dalle forze dell’Asse, che non erano per niente disposte ad arrendersi
al nemico così facilmente.
Il 24 ottobre il Generale Stumme che sostituiva Rommel ricoverato a Berlino, muore,
la verità circa la sua fine è ancora ignara, secondo alcune fonti, morì suicida,
sparandosi un colpo di rivoltella alla tempia.
Per il 25 ottobre Montgomery, ordinò alle truppe corazzate di attaccare.
Il Sig Vito Bruno ci riferisce appunto di uno scontro, avvenuto tra inglesi e italiani,
la Divisione Corazzata Ariete attendeva i Panzer da destra, da sinistra aveva il sole,
quando furono attaccati dagli inglesi.
I Carristi italiani non si lasciarono intimorire e senza indietreggiare di un solo metro
si prepararono ad affrontare il nemico. Gli scontri furono cruenti, nessuno era
disposto a cedere la vittoria al nemico, gli italiani nonostante, i carri armati inglesi
erano nettamente superiori ai vecchi M/13 si batterono con coraggio, alla fine dello
scontro così come ci riferisce il pilota carri Vito Bruno,erano stati distrutti 15 carri
inglesi e 18 italiani, niente male se pensiamo alle sproporzioni in campo decisamente
tutte a vantaggio dei britannici.
I combattimenti si spostarono sull’altura di Kidney Ridge, in una furiosa battaglia la
Divisione Ariete questa volta appoggiata dalla più pesante 15^ Panzer Division, si
scontrarono con le divisioni corazzate nemiche, che furono respinte, ancora una volta
i soldati dell’Asse dimostrano tutto il loro coraggio e la loro determinazione.
Montgomery moltiplicò gli sforzi lungo tutto il fronte, aumentando la sua potenza di
fuoco, le forze dell’asse furono martellate, fu una durissima prova non solo per la
fanteria italiana, trinceratasi nella sabbia, ma anche per le truppe corazzate dell’Asse
che sprezzanti del pericolo, ovunque si lanciavano senza risparmiarsi in coraggiosi
contrattacchi, in ogni dove combattevano in una generosa e meravigliosa gara di
sacrifici.
La Luwtwaffe sferrò un ultimo attacco alla RAF ma anche nei cieli le sproporzioni a
vantaggio degli inglesi erano evidenti, così come era evidente che non aver conquistato
l’isola di Malta era stato un gravissimo ed imperdonabile errore.
Ci furono numerosi scontri la maggior parte di questi si conclusero e non poteva essere
diversamente in favore della RAF.
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Il 27 e il 28 ottobre, l’altura di Kidner Ridge, fu teatro di una furibonda battaglia,
tra le truppe corazzate inglesi e la Divisione Ariete alla quale si erano aggiunte le due
Panzer Division la 15^ e la 21^, appena giunte da sud.
Questa volta grazie alla presenza dei Panzer la Battaglia è più equilibrata, gli inglesi
cercano d’avanzare lungo dei corridoi ma trovano davanti alloro il micidiale fuoco
dell’artiglieria anticarro. I carri inglesi annientati ora si contano a decine, la sera del
28 ottobre i carri inglesi distrutti sono circa 300.
La 1^ Divisione Corazzata inglese aldilà del corridoio rischia di essere attaccata dalla
21^ panzer Division, nel timore di ciò Montgomery, inviò a nord la 7^ Divisione
indiana e la 9^ Divisione australiana. La situazione che venne a crearsi non era certo
quella che si era immaginata Montgomery, sperava di sfondare in poche ore, ma
ancora una volta la resistenza delle truppe dell’Asse si dimostrò tenace, accanita ma
soprattutto superiore al previsto.
La notte del 28 e poi del 30 ottobre gli australiani riescono ad isolare quattro
battaglioni tedeschi. Il 31 ottobre, la fanteria della 9^ Divisione australiana e un
gruppo di carri armati, sfondarono le linee nemiche nei pressi della strada costiera,
Rommel guidò personalmente il 33° Ricognitori in un deciso contrattacco,con l’ausilio
dei pochi Stuka rimasti a sua disposizione, riuscendo così a chiudere il varco,
utilizzando quelle che ormai erano i resti delle sue due Panzer Division la 15^ e la
21^. A questo punto il Generale Montgomery organizzò un massiccio attacco meglio
noto come Operazione Supercharge, ossia Colpo d’Ariete. In un primo momento pensò
di concentrare le forze a sua disposizione a nord per avvantaggiarsi delle conquiste
della Divisione australiana, quando apprese che quel settore era presidiato dai
tedeschi che erano meglio armati, mentre il resto della barriera difensiva era
controllato dalla più debole fanteria italiana, Montgomery, spostò il punto d’attacco.
La Divisione australiana continuò ad attaccare il lato ovest della strada costiera,
mentre il grosso delle forze avrebbe attaccato a sud in un varco tra la 164^Divisione
Leggera Africa e la Divisione Trentino, dietro la quale erano schierate la 15^ Panzer
Division e la Divisione Corazzata Littorio.
All’una di notte di quel lontano 2 novembre 1942, l’Operazione Supercharge ebbe
inizio con un incessante bombardamento da parte dell’artiglieria.
Gli oltre 350 cannoni del XXX °Corpo d’Armata inglese spararono all’unisono
scagliando su di un fronte di 4 km, più di 15.000 proiettili, illuminando così la notte a
giorno come ricordano i reduci italiani.
Le truppe dell’Asse furono martellate per oltre quattro ore. La 2^ Divisione
neozelandese, aprì un varco tra i campi minati e ciò permise ai Tanks della 9^ Brigata
Corazzata, di poter liberamente avanzare, verso la retroguardia dell’Asse.
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Gli inglesi trovarono resistenza, Rommel aveva creato una barriera difensiva con
cannoni anticarro e da campo oltre una strada chiamata Pista Rahman, i Panzer della
15^ Division si trincerarono per dar man forte ai cannonieri.
Il sole sorgeva da est, alle spalle dei Tanks che si preparavano ad attaccare, ciò fece di
loro un facile bersaglio. I cannonieri misero a segno numerosi colpi, pochi Tanks
riuscirono ad attraversare la pista. I pochi che passarono furono però sufficienti a dar
vita ad una furiosa battaglia, i cannonieri tedeschi non abbandonarono le loro
postazioni e finirono con l’essere, stritolati, dai cingoli dei Tanks.
Anche in questo caso non mancarono atti d’eroismo, alcuni soldati tedeschi assalirono
i Tanks da soli.
In poche ore gli inglesi avevano perso 70 carri armati, due Brigate Corazzate della 1^
divisione Corazzata intervennero in soccorso della ormai decimata 9^Brigata
Corazzata.
Il Feldmaresciallo Rommel e il comandante dell’Afrikakorps generale Ritter von
Thoma contrattaccarono, ordinarono a ciò che restava delle due Panzer Division di
fermare l’avanzata inglese, colpendo con decisione i fianchi.
Furono schierati tutti gli 88 mm disponibili.
Si scatenò una battaglia infernale i Panzer III E IV sfidarono in veri e propri duelli
all’ultimo sangue i Crusader i Grant e gli Sherman.
I Carristi tedeschi lottarono come non mai e tenacemente difesero l’accesso al campo di
battaglia, la Cresta di Tel el Aqqaqir. La RAF, prese a bombardare le postazioni
dell’artiglieria e Rommel, da una collinetta dovette assistere impotente alla
distruzione dei suoi formidabili cannoni da 88 mm.
Il Generale Thoma informò Rommel che erano riusciti a contenere l’attcco nemico ma
a caro prezzo ora restavano solo 35 Panzer, decisamente troppo pochi per tener testa
al più fornito nemico inglese.
Con la morte nel cuore il Feldmaresciallo Rommel ordinò a Thoma di ritirarsi verso
una posizione fortificata a Fuka sita a 95 km verso ovest.
Rommel inviò un suo uomo di fiducia da Hitler per spiegargli la situazione.
Il Fuhrer impartì a Rommel un solo unico e tassativo ordine: “ Vincere o Morire “
Nei primi giorni dei decisvi scontri di El Alamein la Divisione Corazzata Ariete
aveva riportato poche perdite.
Il mattino del 3 novembre 1942 la Divisione Corazzata Ariete si schierò a difesa di
ciò che rimaneva delle truppe dell’Asse, fu attaccata da soverchianti forze nemiche,
che disponevano di nuovi carri di fabbricazione americana, gli Sherman e i Grant
contro i quali nulla potevano le armi in dotazione ai carristi italiani, fatta eccezione
per i semoventi M41 da 75/18 mm, che con i proiettili, pronto effetto erano in grado
di contrastare efficacemente i carri nemici.
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La sproporzione delle forze in campo è schiacciante è di sei carri inglesi per ogni carro
armato italiano.
I Carristi italiani, non erano disposti ad arrendersi, non ne furono neanche sfiorati
dall’idea, decisero di combattere fino alla fine, fino al loro totale annientamento,
decisero d’immolarsi per permettere al resto dei loro camerati di ripiegare, per evitare
che la Divisione Trieste fosse accerchiata, trovando nel Signore Iddio l’unico
testimone delle lori ardite e coraggiose gesta.
Così come ci ha riferito il Sig. Vito Bruno che all’epoca dei fatti era pilota carri,
all’inizio della battaglia i carristi dell’Ariete, riuscirono ad arrestare il nemico, la loro
tenace resistenza, colse di sorpresa i carristi inglesi che certamente non se
l’aspettavano. Col passare del tempo però la superiorità numerica e il miglior
armamento iniziarono a fare la differenza, nonostante tutto ciò, sempre come ci
conferma il sempre verde Carrista Vito Bruno, i carristi italiani continuavano a
combattere, i carri colpiti, in fiamme, si lanciavano sul nemico, quelli inquadrati dal
fuoco nemico non arrestavano la loro corsa.
Alle ore 15:30 di quel glorioso giorno, si, glorioso perché i soldati, i carristi d’Italia
dimostrarono al mondo intero quello di cui erano capaci, essere sconfitti, ma con
onore, valore questo sconosciuto ai più, venne inviato l’ultimo messaggio radio al
comando del Feldmaresciallo Rommel. Messaggio che resterà per sempre inciso nei
cuori e nella memoria dei Carristi italiani e non solo, ad eterno simbolo della fede e del
coraggio di questi valorosi soldati di questi ineguagliabili ventenni che d’innanzi alla
morte non fuggirono:
“ Carri armati nemici fatta irruzione a sud. Con ciò Ariete accerchiata. Trovasi circa
cinque km nordovest Bir el Abd.
CARRI ARIETE COMBATTONO!”
La Divisione Corazzata Ariete si lancia, contro il nemico in quello che sarà l’ultimo
ardito e coraggioso assalto carrista della Guerra nel deserto, nel disperato tentativo di
arrestare l’avanzata nemica.
Il giornalista inglese Theodor Moller corrispondente di guerra, che si trovò ad assistere
alla battaglia di carri svoltasi nel pomeriggio di quel 3 novembre 1942 scrisse:
“NESSUN SOLDATO AL MONDO E’ RIUSCITO, NE’ RIUSCIRA’ MAI A
FARE QUELLO CHE OGGI GLI ITALIANI HANNO FATTO DAVANTI A
NOI”
Il coraggio di quegli uomini, destò l’ammirazione e il rispetto del nemico, tant’è che la
stampa inglese scrisse.” Sono morti facendo sempre e soprattutto il loro dovere “
Gli ultimi a cedere saranno i Parà della Folgore, che attendono il nemico nelle loro
postazioni, a sud ai margini della depressione di El Qattara.
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Il loro nemico è il XIII° Corpo d’Armata che a detta degli inglesi, avrebbe dovuto dar
vita ad un diversivo, una sorta di falso scopo, invece, sarà costretta dai Parà italiani
a combattere una, se non la più dura ed estenuante battaglia di sfondamento
dell’intero fronte.
Partirono dall’Italia in 5000 rimasero tra ufficiali e truppa in 304, ma furono più che
sufficienti per rendere dura la vita agli inglesi.
I Parà della Folgore, la sera del 23 ottobre 1942 erano già pronti a scontrarsi con il
nemico, con la ferma volontà di vendere cara la pelle.
Il violento e smisurato fuoco nemico, che si protrasse per tutta la notte del 24 ottobre,
investì in pieno l’intero fronte controllato dalla Divisione Folgore.
Il fuoco nemico era così copioso, da illuminare a giorno le postazioni, in
quell’assordante fragore si alzò deciso l’ordine dei comandanti “ Ai posti di
combattimento “ e tutti risposero “Folgore! “.
Pattuglie nemiche protette dai nebbiogeni raggiunsero i campi minati con lo scopo di
aprirsi un varco, ma prontamente furono ricacciate indietro.
Nella parte centrale del fronte la 6^Compagnia comandata dal Capitano Marengo,
ingaggiò un cruento corpo a corpo con il nemico. La Compagnia costituita da 90 Parà
fu sterminata, ma non senza aver arrecato danno al nemico, 30 carri armati furono
messi fuori uso e circa 150 inglesi giacevano privi di vita sul campo di battaglia.
Venti Parà riuscirono a ripiegare verso la principale linea di difesa.
Il 25 ottobre quaranta carri inglesi della 7^ divisione Corazzata, con l’ausilio di due
battaglioni di fanteria, assalirono la 12^ Compagnia del Capitano Cristofori.
Dopo violenti combattimenti, fatti anche di arditi corpo a corpo, gli inglesi
ripiegarono lasciando sul campo altri 22 carri.
Il 24 ottobre alle tre di notte gli inglesi attaccarono la linea del fronte presidiata dal
V° Battaglione, i Parà non furono colti di sorpresa, perché i Parà he presidiavano il
saliente di Qaret el Himeimat avevano visto marciare da sud-est verso nord-ovest un
cospicuo numero di mezzi blindati e corazzati nemici,il che significava una cosa sola
che il nemico avrebbe attaccato, la parte più esposta dello schieramento della
Divisione Folgore. Il comandante del V° Battaglione e i suoi uomini si prepararono a
dare il ben venuto agli inglesi. Un gruppo di parà restò ai piedi del ciglione di
Munaquir el Daba, sovrastante la depressione, col compito di proteggere il campo
minato, ossia evitare che il nemico vi aprisse dei varchi.
Un secondo gruppo posizionatosi in cima al Ciglione, avrebbe contrattaccato la
fanteria nemica, proveniente da sud dell’altipiano, priva dell’appoggio di carri armati,
che inevitabilmente avrebbero, vista la natura impervia degli accessi, rallentare la loro
corsa, cogliendola di sorpresa, perché questa avrebbe creduto di aver raggiunto
l’obiettivo con assoluta facilità. Il comandante del V° Battaglione disponeva di soli
tre plotoni e di pochi mortai. Il Comando di RGT sito più a nord di Naqb Rala, aveva
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riunito tutti gli uomini disponibili, compresi quelli del plotone di collegamento,
dislocandoli vicino a quelli del VI° Battaglione, nella piana, perché nel caso in cui si
fosse giunti a quel punto, si sarebbe giocato il tutto per tutto.
Il nemico attaccò com’ era stato previsto. Ad essere colti di sorpresa furono gli inglesi
che ancora una volta non si aspettavano una così ostinata resistenza.
Gli inglesi finirono sul campo minato e inevitabilmente alcune di queste esplosero,
immediatamente le mitragliatrici fecero fuoco, investendo il nemico.
Lo scontro ai piedi del Ciglione, avvertì il secondo gruppo, che di lì a poco la fanteria
nemica si sarebbe affacciata sull’Altipiano di Naqb Rala.
Il comandante di Battaglione inviò un paio d’ aliquote di rincalzo sul fronte destro,
trovandosi così, faccia a faccia con gli inglesi.
Appena il nemico fu avvistato, il V° Battaglione aprì il fuoco con i mortai e con le
mitragliatrici. Al grido “ Viva l’Italia “ e “ Folgore “ i parà si lanciarono al
contrattacco, compresi i serventi della compagnia mortai.
Le forze britanniche sono colte di sorpresa e del resto non si sarebbero mai aspettati
che un pugno di uomini avrebbe mai potuto osare tanto. Il nemico accenna ad una
resistenza ma verrà respinto. Il successo di questa azione sarà però alto, le perdite
sono consistenti e lo stesso comandante di Battaglione è gravemente ferito.
Gli inglesi scossi e sorpresi per l’efficace contrattacco operato dai parà non
compiranno altri attacchi sul fronte presidiato dal V° Battaglione.
Gli inglesi resisi conto che i Parà così come i carristi dell’Ariete e come tutti gli altri
soldati italiani, avrebbero tenuto duro fino alla fine, preferendo morire piuttosto che
arrendersi, cambiarono strategia.
La notte del 26 concertarono un attacco in forze contro il saliente di Deir el
Munassib, per conquistarlo e controllare così l’allineamento vallivo che dal saliente
giungeva sino a Deir Alinda.
Fanti della 69^ Brigata di Fanteria reparti della Brigata Francia Libera,
avanzarono su tre colonne, contro le postazioni presidiate dal 187°Reggimento
Paracadutisti italiano.
Una colonna, forte di una Compagnia di autoblindo riprese il fallito attacco alla 12^
Compagnia Paracadutisti, la seconda colonna di cui facevano parte soldati francesi
fedeli al Generale De Gaulle, assaliva la 10^ Compagnia, la terza colonna costituita
da due Battaglioni del Reggimento Royal West Kent e dall’ottavo Battaglione
corazzato Hussars, assaliva il caposaldo da ogni lato, scontrandosi con gli uomini
della 11^Compagnia. Il fronte presidiato dal 187° RGT era in questo modo pressato
da ogni parte.
Furono rinforzati i lati dello schieramento con aliquote del IX° Battaglione, la 12^
Compagnia ancora una volta respingeva il nemico. Gli inglesi viste le considerevoli
perdite che avevano subito anche in questo più deciso attacco, decisero di limitarsi a
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tener impegnata la linea difensiva. Particolarmente delicata era la situazione in cui
venne a trovarsi l’11^ Compagnia che aveva combattuto tutto il giorno.
Il problema era il solito, i parà non avevano scorte e le munizioni andavano via via
esaurendosi, sin quando i pezzi controcarro furono costretti al silenzio. Alle quattro
del mattino solo due postazioni rispondevano al fuoco nemico, quasi tutti gli uomini
della Compagnia erano caduti sulle posizioni, compreso il comandante il Capitano
Costantino Ruspoli.
Il 27 ottobre il 187° RGT passò all’attacco, riuscendo a riconquistare le posizioni
perse negli scontri precedenti. Gli inglesi del Royal Regiment e gruppi di degaullisti
attaccarono la 10^ Compagnia che energicamente reagì respingendo il nemico.
Il 28 ottobre gli inglesi non tornarono all’attacco, preferirono martellare con
incessante fuoco d’artiglieria e mortai le postazioni tenute dai Parà.
Lo stesso Generale Alexander in merito ai cruenti combattimenti di quei giorni
annottò sul suo diario: “ Il nemico era in forze e ben appostato, pertanto non
insistemmo nell’attacco. “
Il 28 ottobre gli inglesi chiesero una tregua di tre ore per recuperare le salme di ambo
gli schieramenti per dargli la degna sepoltura. Al termine della tregua furono
recuperate e scambiate le piastrine dei caduti, 50 paracadutisti e circa 150 inglesi.
Il 29 ottobre si posizionarono a circa 600 metri, dalle postazioni presidiate dalla
Folgore, sferrarono un attacco che durò sino alla notte del 1° novembre, l’attacco si
concluse con la cattura di altri 55 inglesi.
La situazione sembrava stabilizzarsi, gli attacchi nemici furono puntualmente
respinti, le perdite subite erano però gravi, sul campo di Battaglia erano tra gli altri
caduti il Vice Comandante di RGT il Tenente Colonnello Ruspoli e il comandante del
VI° Battaglione maggiore Bergonzi, i reparti erano formati da emaciati gruppi di
uomini. La situazione non era certo delle più esaltanti, ma la fame la sete, il
rimpianto per la perdita di tanti valorosi camerati, non riuscirono a svilire l’animo di
quei soldati ne ad intaccarne l’orgoglio e la dignità, il nemico era stato ovunque
respinto.
Il 1° novembre 1942 il Generala Bignami comandante della Divisione Folgore diede
l’ordine di ripiegare verso la nuova linea di schieramento presso Rain Pool Karet el
Kadim, contestualmente ordinò l’assoluto divieto di operare distruzioni che potessero
in qualsiasi modo svelare al nemico il movimento.
I Parà della Folgore si resero conto che l’ordine di ripiegare, dava inizio alla più
dolorosa vicenda, di tutta l’intera Battaglia la ritirata attraverso l’impervio deserto.
La Folgore, seppe dimostrare una netta superiorità tattica, la sistematica adozione
del contrassalto ad ogni singolo attacco nemico, servì ad annullarne la potenza
offensiva di gran lunga superiore.
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L’addestramento al quale i Parà erano stati sottoposti in Italia, mirava a potenziare
non solo il fisico ma anche lo spirito di ogni singolo paracadutista, trovò nella
Battaglia di El Alamein la più viva applicazione.Considerando che per questi soldati
si trattava in assoluto della prima esperienza di guerra, seppero ripagare con onore,
dignità, al prezzo di grandi sacrifici oltre 1100 tra caduti e dispersi, la fiducia che
l’amata Patria ripose in loro.
I resti della Folgore incalzati dal nemico, lottarono sino alla fine oltre ogni resistenza
umana, senza cedere un solo metro al nemico, preferirono cadere armi in pugno sul
campo di Battaglia.
Alla resa gli inglesi, meravigliati per il coraggio per la tenacia, per l’ardimento con cui
i paracadutisti della Divisone Folgore si erano battuti, concessero loro l’onore delle
armi.
La BBC inglese a Battaglia conclusa così commentò: “ I resti della Divisione
Folgore hanno resistito oltre ogni limite delle possibilità umane “
Per le forze dell’Asse il momento era critico, alle 15:30 del 3 novembre 1942, giunge
un messaggio al Feldmaresciallo Rommel : “ La Divisione italiana Ariete non esiste
più si è immolata per tenere le posizioni “
Il Comandante dell’Afrikakorps Generale Ritter von Thoma definì l’ordine di Hitler
“ Vincere o Morire “ una pura follia, per evitare il massacro dei suoi uomini imposto
da Hitler il Generale von Thoma si consegnò agli inglesi e lo fece a modo suo, invece di
ritirarsi si spinse da solo a bordo di un Panzer nel cuore della Battaglia.
Le forze britanniche hanno aperto un varco di oltre 20 km, quando Rommel apprende
che le truppe corazzate nemiche hanno raggiunto la litoranea, decide di trasgredire
l’ordine del Fuhrer e ordina la ritirata.
Gli inglesi hanno vinto la battaglia ponendo a detta di chi scrive una congrua ipoteca
sulla vittoria finale dell’intero conflitto mondiale, la via è aperta i carri armati
inseguono il nemico attraverso il deserto senza trovare alcuna resistenza, alcun
ostacolo.
Le truppe dell’Asse sono in piena ritirata, ma i mezzi sono insufficienti e adesso
l’alleato tedesco mostra il suo peggior volto, si arroga il diritto di precedenza nell’uso
degli automezzi. Questo comportamento è certamente deplorevole e ha il sapore del
tradimento, abbandonare gli uomini che fino a poche ore prima combattevano al
proprio fianco è semplicemente da vigliacchi e traditori.
Molti dei soldati delle sei Divisioni italiane furono abbandonati a se stessi in pieno
deserto con pochissima acqua e poco cibo.
La RAF domina incontrastata nei cieli, attaccando indisturbata con tutta la sua
potenza di fuoco le immense colonne di uomini e mezzi, che fuggono verso ovest.
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La ritirata rappresenterà un’altra prova di astuzia e abilità del Feldmaresciallo
Rommel, nonostante la sconfitta, il Generale Montgomery non sarà in grado di
accerchiare il nemico e distruggerlo per sempre.
A Battaglia conclusa quattro divisioni tedesche e ben otto italiane cesseranno di
vivere, gli inglesi cattureranno più di 30000 soldati dell’Asse per i quali avrà inizio
l’odissea della prigionia per dirla alla Vito Bruno.
Il 23 gennaio 1943 venne ammainata la bandiera italiana dal Castello di Tripoli,
mentre la resistenza verrà protratta per altri 5 mesi in Tunisia.
Giunti a questo punto ci si chiede perché si debba a distanza di oltre 60anni ricordare
ancora della Battaglia di El Alamein.
Per quanto riguarda il sottoscritto la risposta è semplice, perché bisogna rendere
omaggio a tutti quei soldati che hanno combattuto quella Guerra, quella Battaglia.
C’è chi ha definito quei soldati un Esercito di fascisti, è mia personale convinzione che
quell’Esercito fosse costituito da patrioti che per la Patria si sono sacrificati aldilà
delle proprie personali convinzioni, morali, politiche e religiose.
Certamente, anche i fascisti, facevano parte di quell’esercito e non poteva essere
diversamente, ma il Patriottismo è un valore è un sentimento che prescinde da ogni
colorazione politica. Il 10 giugno 1940 milioni d’italiani applaudirono Mussolini
durante la dichiarazione di guerra, levando al cielo un solo grido “ Guerra,Guerra !”
sono fermamente convinto che non tutti fossero fascisti.
Quegli uomini hanno combattuto la guerra per rendere più grande la loro, la nostra
Nazione, hanno combattuto contro l’ipocrisia della Francia e dell’Inghilterra che
contro l’Italia adottarono le sanzioni per aver invaso l’Etiopia, quando loro avevano
rispettivamente 18 e 14 colonie solo in Africa, dalle mie parti tutto ciò costituisce
atteggiamento da ipocrita.
Bisogna rendere omaggio al valore di quei soldati, certo le forze armate italiane non
erano preparate al meglio per sostenere un tale conflitto bellico, Mussolini fece troppo
affidamento sul più preparato e meglio equipaggiato Esercito tedesco, ma certo è che
non si può mettere in discussione il valore dei soldati d’Italia, che nonostante tutto
combatterono fino alla fine con onore, valore questo sconosciuto ai più, tra i quali
quella mezza tacca del Re e quel vigliacco ipocrita di Badoglio.
Bisogna avere rispetto per quei ventenni che non fuggirono davanti al nemico,
davanti alla morte, come non si può rispettare ed ammirare il coraggio di quei ragazzi,
dei carristi che nonostante le soverchianti forze nemiche si lanciarono, nel vivo, della
battaglia, consci di vivere gli ultimi istanti della propria vita, ed ancora come si può
non apprezzare il coraggio e l’ardimento espresso dai Parà della Folgore, che furono
preparati per conquistare l’isola di Malta e finirono col cadere con le armi in pugno
nel deserto africano.
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Persino il nemico riconobbe il valore e il coraggio dei nostri soldati,lo stesso Primo
Ministro inglese Churchill nel discorso pronunciato alla Camera dei Comuni disse:
“ Dobbiamo davvero inchinarci davanti ai resti di quelli che furono i leoni della
Folgore “.
Dovremmo concludere riconoscendo che il nemico è stato certamente più generoso di
quanto non lo siano stati certi italiani, che con troppa facilità e superficialità hanno
sparato a zero su El Alamein, ma una Nazione, non necessariamente l’Italia che non
riconosce, che non si adopera, come dovrebbe per tener vivo il ricordo di quei magnifici
ragazzi, non potrà mai e poi mai avere un futuro certo e prospero, bisogna avere il
coraggio di ricordare e conservare la propria memoria storica ed El Alamein che ci
piaccia o no fa parte della nostra Storia, non fosse altro per evitare di allevare e veder
crescere tanti altri piccoli Badoglio e pochissimi ventenni che non fuggono dinnanzi
alle difficoltà, e di questi ventenni una Nazione ha sempre bisogno anche in tempo di
pace.
Mi hanno detto che sono un povero illuso, un revisionista da quattro soldi, mi hanno
dato del nazifascista, del sognatore, insomma me ne hanno dette di tutte i colori, ma
sinceramente me ne frego, sono e resterò qui, andrò fino in fondo e lotterò ogni giorno
per tener vivo il ricordo di quei valorosi caduti e non solo.
Non dimenticheremo mai uomini come il Tenente Colonnello Carrista Ernesto
Zappalà, non dimenticheremo i carristi dell’equipaggio del pilota Vito Bruno, il
Sergente Cr Nardelli Aurelio di Pesaro, il Cr Basini Ugo e il suo fratello gemello, di
Bologna, il Cr Calabresi Giorgio, il cr Caputo Alfonso il Cr Launrchic Francesco di
Trento, il Cr Codino Andrea di Mazzara del Vallo (TP), del capitano Carrista
Jachino, del Bersagliere Gavioli, dei numerosi parà della folgore, Brandi, Cappelletti,
Stassi, Simoni Giuseppe Izzo, Alberto Bechi Lucerna e tutti gli altri i noti e gli
sconosciuti che riposano nel Sacraio di El Alamein.
Personalmente continuerò il cammino che intrapresi il 16 ottobre 1997,quando tra le
lacrime e gli abbracci dei miei fraterni commilitoni mi congedai, lasciando per sempre
la Caserma Gamberini sede del 33 ° Reggimento Carri, che fu la mia casa per quasi un
anno della mia vita. Difenderò sempre il valore e il coraggio di quegli uomini che alla
Patria hanno donato quanto di più sacro avessero la propria vita!
Voglio ringraziare nella persona del Sig Vito Bruno tutti coloro i quali hanno
combattuto per l’Italia, facendo salvo il senso dell’onore che non cambiarono
bandiera, macchiandosi del disonore dopo il triste 8 settembre.
Ringrazio il Sig Vito Bruno per il suo coraggio espresso allora così come oggi nel
costante impegno di dar voce a quei valorosi caduti, e ancora grazie per il tuo
supporto storico ma soprattutto grazie per il tuo sostegno morale ed umano.
Chiunque volesse scrivere all’autore di queste pagine, questo è il mio indirizzo
garibaldi30inwind.it
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