Guida di Palermo - Travelitalia.com

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Foto di Bernhard J. Scheuvens
Palermo
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Hanno collaborato:
Renato Groppo
Paolo Groppo
Simone Madinelli
Marcella Bellavite
Pietro Groppo
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Foto di Bernhard J. Scheuvens
Palermo
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Palermo
Palermo
Nel corso del suo celebre ”Viaggio in Italia“, Goethe
scrisse:
“Italien ohne Sizilien macht gar kein Bild in der Seele: hier ist erst
der Schlüssel zu allem“
(L’Italia senza la Sicilia non lascia immagine nell’animo: qui, solo
qui, è la chiave di tutto).
Il viaggio siciliano ha inizio con la sbarco a Palermo il 2
aprile 1787: la descrizione del Monte Pellegrino, definito
il più bello di tutti i promontori del mondo, e di tutta la
conca di Palermo colpisce per il profondo coinvolgimento emotivo dello scrittore tedesco. A Palermo Goethe ha
modo di trascorrere la Pasqua e di ammirare le bellezze
di una città per lui magica; è colpito dai colori e dai profumi della Villa Giulia e dall’austerità quasi primitiva del
Santuario di Santa Rosalia. In Sicilia, Goethe lavorò al
progetto del dramma Nausicaa (rimasto incompiuto), sotto l’influsso di colori e luci che gli parvero proprio quelli
della giovane figlia di Alcinoo. Sotto la suggestione di un
panorama che lascerà una profonda traccia nel suo animo,
lo scrittore tedesco, anni dopo ricorderà l’amata Sicilia in
una delle poesie più belle mai scritte:
“Kennst du das Land, wo die Zitronen blühn?”
(Conosci la terra ove fioriscono i limoni?)
in cui trapela un incontenibile senso di nostalgia per la
terra che, a giudizio del genio tedesco, era davvero la
chiave di tutto.
Leggenda vuole che il più antico nome di Palermo sia stato Tsits (o Ziz), che significa “splendida”, “fiore”; e veramente la città si mostra come un fiore gaio e odoroso,
in una ridente spiaggia davanti al mare azzurro. Palermo
oggi conta quasi 700.000 abitanti. La città - capoluogo
della Regione Sicilia e della provincia omonima - è il centro principale dell’isola e fu sempre celebrata per la posizione pittoresca, sul margine della famosa Conca d’Oro,
in mezzo ad una corona di monti magnifici. La città si
estende, infatti, lungo il pendio della fertile zona agricola coltivata ad agrumi, tra il Monte Pellegrino e il Capo
Mongerbino, mentre, verso l’interno, sale fino a Monreale, dal cui belvedere, sospesi nello spazio, si entra dentro
la Conca d’Oro, se ne fa parte. I monti la incoronano, i
giardini la vestono di verde, il mare l’accarezza, il cielo la
ricopre con il suo velo azzurro e viene al cuore il lontano
canto del poeta arabo Jhr Zaffir:
Posa un fianco sul mare come su un divano di seta.
Il sole le splende sul capo, aureola d’oro, frutti belli e saporiti.
D’inverno gli alberi hanno il fuoco nelle foglie e l’acqua nelle radici.
Palermo, la favorita di Dio!
E Dio qui si fermò nel giorno della creazione! Dio clemente,
abbi pietà, nei giorni dello sdegno e della giustizia,
di Palermo che alzò cinquecento moschee a lodare la tua magnificenza!
Palermo è la città della grande ricchezza d’arte di quattro
momenti storici: l’architettura arabo-normanna, l’arte del
basso medioevo e del Rinascimento, l’arte barocca del secolo XVII, l’arte decorativa del secolo XVIII.
Posta al centro del Mediterraneo, culla delle più antiche
civiltà, la città è da sempre crocevia di culture fra Oriente
e Occidente. Luogo strategico di transito, scalo privilegiato di traffici mercantili, approdo di popoli di razze, lingue e religioni diverse, Palermo ha affascinato visitatori
e stranieri per la sua felicissima posizione e la bellezza
dei luoghi. Anche per questo, innumerevoli sono state, nei
secoli, le dominazioni subite.
Poche città, come Palermo, hanno conservato tante testimonianze della cultura dei conquistatori: dai Romani ai
Bizantini, dagli Arabi ai Normanni, dagli Svevi ai Francesi, dagli Spagnoli agli Austriaci, tutti hanno lasciato
l’inconfondibile traccia della loro permanenza; e quasi
sempre si tratta di testimonianze di straordinario valore, perché la confluenza di forme e stili, dal Nord Europa all’Africa, dal Medioevo al Barocco, ha spesso dato
vita ad originalissime creazioni artistiche, architettoniche
e decorative.Ed è questa l’altra particolarità di Palermo:
che, nonostante la commistione di culture, la città ha conservato la sua identità. Un’identità di città capitale che in
ogni tempo ha saputo coniugare il meglio delle altre genti
con la propria vocazione di libertà.
Vagare per le vie di Palermo è come assistere ad una gigantesca parata di testimonianze appartenenti a civiltà disparate, ma intimamente fuse, che evocano i secoli nei
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Mappa
Civica Galleria d’Arte Moderna Restivo.31
Castelli mura e forti
La Zisa.......................................................1 Musei ed Esposizioni...............................32
Museo Archeologico Regionale...............33
Museo d’Arte e Archeologia....................34
Chiese da visitare
Cappella Palatina.......................................2 Museo Diocesano.....................................35
Casa Professa (Chiesa del Gesù)................3 Orto Botanico...........................................36
Chiesa del SS. Salvatore............................4
Chiesa della Magione.................................5 Palazzi
Chiesa della Martorana..............................6 La Cuba....................................................37
Chiesa di San Cataldo................................7 Palazzina Cinese......................................38
Chiesa di San Domenico............................8 Palazzo Aiutamicristo..............................39
Chiesa di San Francesco d’Assisi..............9 Palazzo Arcivescovile..............................40
Chiesa di San Giovanni degli Eremiti......10 Palazzo Asmundo.....................................41
Chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi.......11 Palazzo Chiaramonte-Steri.......................42
Chiesa di San Giuseppe dei Teatini..........12 Palazzo Mirto...........................................43
Chiesa di Santa Cita.................................13 Palazzo Pretorio.......................................44
Chiesa di Santa Cristina la Vetere............14 Palazzo Sclafani.......................................45
Chiesa di Santa Maria della Catena.........15 Villa Bonanno..........................................46
Chiesa di Santa Maria della Pietà............16 Villa Giulia...............................................47
Chiesa di Santa Maria dello Spasimo......17 Villa Malfitano.........................................48
Chiesa di Santa Teresa alla Kalsa............18
Chiesa di Sant’Agostino..........................19 Piazze
Chiesa di Sant’Ignazio all’Olivella..........20 Quattro Canti............................................49
Chiesa di Santo Spirito (o dei Vespri)......21
Complesso di Santa Maria degli Angeli...22 Ponti
Duomo di Monreale.................................23 Ponte dell’Ammiraglio.............................50
La Cattedrale di Palermo.........................24
Santuario di Santa Rosalia.......................25 Porte
Porta Felice..............................................51
Porta Nuova.............................................52
Fontane
Fontana Pretoria.......................................26 Teatri
Teatro Massimo........................................53
Teatro Politeama......................................54
Gallerie
Galleria d’Arte Moderna e Contemp.......27 Tombe
Galleria Regionale della Sicilia...............28 Catacombe dei Cappuccini......................55
Varie
Loggia dell’Incoronazione.......................56
Giardini e parchi
Parco della Favorita.................................29 Mercato della Vucciria.............................57
Parco d’Orleans........................................30 Mercato di Ballarò...................................58
Oratorio di San Lorenzo...........................59
Oratorio di Santa Cita..............................60
Musei
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Palermo
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quali sorsero le vicende storiche alle quali sono legate;
ammirare tanti capolavori è come perdersi in qualcosa di
eterno e di immutabile, proprio come vi si perde la gente
che intorno ad essi vive, si muove e ne perpetua ricordi,
tradizioni e leggende.
Palermo ha un clima dolcissimo: splende di colori lungo
una riviera che rivaleggia per bellezza con le più celebrate
del Mediterraneo, e siede in mezzo a boschetti d’agrumi, a
ville e giardini d’incomparabile fascino. La città trasmette
al visitatore una profonda, indimenticabile impressione.
Storia di Palermo
Nulla sappiamo degli antichi popoli che abitarono la zona
(Lotofagi, Pelasgi, Sicani). La storia di Palermo comincia
fra l’VIII ed il VII secolo a.C., quando la zona fu colonizzata dai Fenici. Greco è il nome Panormos, che significa
“tutto porto” e che fa sicuro riferimento alla vicinanza e
all’importanza del mare. Il primo nucleo della città - la
cosiddetta Paleopoli - sorge su una piccola penisola formata dai due fiumi, che in seguito furono chiamati Papireto e Kemonia. La Paleopoli - fortificata nel IV secolo
- diventa ben presto sede di attivi commerci: nel periodo
delle guerre puniche, essa è uno dei maggiori obiettivi
strategici.
Conquistata dai Romani nel 254 a.C., la città si mantiene florida, grazie ai suoi traffici e alla vitalità del porto.
Roma l’aggrega come colonia augusta e le dà per stemma
l’aquila romana, con la corona regale. Naturalmente, la
caduta di Roma coinvolge anche le coloniae. Palermo è saccheggiata dai Vandali e occupata dagli Ostrogoti. Nel 535
essa è conquistata dai bizantini di Belisario. Per tre secoli,
Palermo fa parte dell’Impero d’Oriente: è un periodo di
relativa tranquillità, in cui il Cristianesimo si espande in
misura notevole.
Nell’831 l’espansione araba investe la Sicilia e Palermo
viene assediata e conquistata. Sotto gli Arabi, la città diventa un crocevia del mondo, crogiolo di razze e di lingue. Nel 948 tutta I’Isola è elevata a dignità di emirato e
Palermo, che contava più di 300.000 abitanti, viene paragonata a Cordova ed al Cairo. E’ divisa in cinque aree
popolose, con sobborghi, mercati, industrie, commerci,
campagne floride. La cultura araba era predominante e
quindi Palermo diventa un centro culturale di prima gran-
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dezza. In città si costruiscono moschee, palazzi e giardini;
si rinnova l’assetto urbanistico, che rimane immutato per
molti secoli. Palermo è all’apogeo: cantata dai poeti, è
chiamata Tsits (o Ziz), “splendida” “fiore”, e attraversa un
periodo di splendore e di ricchezza.
La potenza politico-militare degli Arabi è distrutta dall’arrivo dei Normanni, giovane popolo della Francia settentrionale: nel 1072, il Gran Conte Ruggero d’Altavilla e
Roberto il Guiscardo assediano e conquistano Palermo: in
pochi anni, conquistano tutta la Sicilia, instaurandovi un
regime feudale: nel 1130 Ruggero II è incoronato re di Sicilia. I Normanni coltivano le arti e i commerci e mantengono buoni rapporti con i vinti: ecco allora che si servono
d’architetti e maestranze arabe e bizantine, per costruire
palazzi e chiese, e per decorare gli edifici in modo stupendo: in questo periodo nascono grandi capolavori d’arte,
tra cui la Cappella Palatina e il Duomo di Monreale, il
Castello della Zisa, la Cuba.
Rimasta senza eredi al trono, la dinastia normanna è spazzata via dal germanico Sacro Romano Impero. Il nuovo
imperatore è Federico II di Svevia, che cresce alla colta e
raffinata corte palermitana: artista nell’animo e mecenate,
egli si circonda degli uomini più dotti e degli artisti più
importanti della sua epoca, e fonda la Scuola poetica siciliana, da cui muove i primi passi la nascente lingua italiana. Le scienze, specialmente la matematica, la medicina,
la storia naturale, ricevono impulso dal principe illuminato. L’agricoltura progredisce, particolarmente la coltura
del cotone, dell’indaco ecc.; viene introdotta la palma da
dattero. Federico II restaura l’impero, lotta contro il papato, contrasta i riottosi nobili siciliani; ma alla sua morte,
avvenuta nel 1250, Palermo e tutta l’isola perdono il ruolo
egemone che avevano nel Mediterraneo.
Chiamato in Sicilia dal papa, il francese Carlo d’Angiò
instaura un regime caratterizzato da violenze e soprusi, e
sposta la capitale a Napoli. Gli Angioini nulla fanno per
Palermo e il loro malgoverno finisce quando - nel 1282
- il popolo insorge, dando inizio alla guerra dei Vespri
Siciliani, che durerà vent’anni. I Vespri sono ricordati da
Dante con i seguenti terribili versi:
Se la mala signoria, che sempre accora
li popoli suggetti, non avesse
mosso Palermo a gridar: mora, mora.
In questo periodo, le grandi famiglie feudali siciliane sollecitano l’appoggio dei potenti monarchi d’Aragona, ma
nel frattempo combattono fra loro. Regna l’anarchia, si riducono drasticamente le correnti di traffico, specie verso
i mercati del Mediterraneo. Palermo, in mano ai Chiaramonte, subisce una profonda involuzione sociale ed economica.
Nel 1415 arrivano in Sicilia gli Spagnoli, e per tre secoli, l’isola potrà avere un po’ di pace. Palermo, sede del
viceré, cambia volto: vengono ampliate e rafforzate le
mura, ampliato il porto, migliorate le condizioni igienicosanitarie. Le famiglie nobili edificano magnifici palazzi;
gli ordini religiosi si arricchiscono e costruiscono nuove
chiese, nuovi oratori e conventi. Accorrono architetti ed
artisti: la città si trasforma in un immenso cantiere barocco. Nonostante ciò, il popolo è in miseria, ridotto a
vivere in catapecchie, decimato dalle pestilenze e dalla
malnutrizione. Le rivolte popolari – fra cui quella celebre
del 1647, capitanata da Giuseppe Alessi – vengono tutte
soffocate nel sangue.
Segue, col trattato di Utrecht, il breve dominio di Vittorio Amedeo di Savoia (1713-1718), che viene a Palermo
a prendere possesso dello Stato; poi l’Isola passa agli
Asburgo (1718-1734) e infine è dominata dai Borbone,
come Stato autonomo del Regno di Napoli. Quando Ferdinando IV fugge da Napoli davanti alle armi vittoriose
della Repubblica Francese (1799), si rifugia in Palermo,
che così divenne sede della corte. Sotto Ferdinando IV,
il viceré Caracciolo riesce a sopprimere il Tribunale del
Sant’Uffizio, e a riformare il fisco e l’istruzione. Nel
1812, viene accordata alla Sicilia una riforma costituzionale, ma due anni dopo la Corte napoletana costituisce la
Sicilia provincia del regno e vi nomina un luogotenente.
È lotta aperta, e questa volta Palermo compatta dà vita
alle rivolte popolari. I moti rivoluzionari del 1820 e del
1848 trovano pronti i palermitani, ma la liberazione è di
breve durata e deve attendere il 27 maggio 1860, quando
Garibaldi entra in città alla testa dei Mille. La città qua e
là incendiata e colpita dal cannone, lotta eroicamente e
costringe i Borboni alla capitolazione il 6 giugno. Il 21
ottobre Palermo vota l’annessione al Regno d’Italia sotto
Vittorio Emanuele II.
Foto di Urban
Palermo
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1. La Zisa
Il Castello della Zisa (dall’arabo “magnifico”, “splendido”) fu costruito in piena dominazione normanna, ed è
una delle più significative testimonianze dell’arte arabonormanna in Sicilia. La costruzione, voluta da Guglielmo
Ι d’Altavilla, fu progettata da architetti arabi e terminata
nel 1175, sotto il regno di Guglielmo II. In epoca normanna, il castello fu usato come residenza estiva.
Osservando l’edificio, si nota subito lo stile architettonico
di origine araba a cui i sovrani normanni si ispiravano tantissimo. In effetti, i Normanni, subentrati agli Arabi nella
dominazione dell’Isola, furono fortemente attratti dalla
cultura dei loro predecessori. I sovrani vollero residenze
ricche e fastose come quelle degli emiri ed organizzarono
la vita di corte sul modello di quella araba, adottandone
anche il cerimoniale ed i costumi. Fu così che la Zisa,
come tutte le altre residenze reali, venne realizzata alla
maniera “araba” da maestranze di estrazione musulmana, tenendo a modello i palazzi dell’Africa settentrionale
e dell’Egitto, a conferma dei forti legami che la Sicilia
continuò ad avere, in quel periodo, con il mondo culturale
islamico del Mediterraneo.
La Zisa delle origini era inserita nel grande parco reale di
caccia del Genoardo (paradiso in terra), che si estendeva
ad occidente della città. Tutti gli edifici reali ricadenti in
esso (oltre alla Zisa, il palazzo dell’Uscibene e i padiglioni della Cuba e della Cuba soprana) erano circondati da
splendidi giardini, irrigati ed abbelliti da fontane e grandi
vasche, utilizzate anche come peschiere.
La costruzione è a pianta quadrangolare, sul cui prospetto principale si aprono finestre bifore e tre vani ricchi di
fregi, decorazioni, stucchi e soffitti a stalattiti. All’interno
del castello sono bellissime camere decorate in stile arabo, la più famosa delle quali è sicuramente la sala centrale
che presenta un elegante mosaico e una fontana al centro. Sulla volta dell’arco di ingresso sono dipinti alcuni
diavoli che hanno alimentato una misteriosa leggenda: si
dice che siano i custodi di un incantesimo che nasconde il tesoro dell’imperatore; durante la festa dell’Annunziata essi si muovono, storcono la coda e non è possibile
contarli con esattezza. Col passare dei secoli, la struttura
subì varie modifiche; nel Trecento fu realizzata la merlatura, distruggendo parte dell’iscrizione in lingua araba
che coronava l’edificio. Nel Seicento, il castello divenne
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residenza di Don Giovanni di Sandoval: fu realizzato lo
stemma dei due leoni all’ingresso, si modificarono molti
ambienti e le finestre sui prospetti. Col la morte dei Sandoval nel 1808, divennero proprietari i Notarbatolo, principi di Sciara, che utilizzarono la Zisa fino al 1950 quando
la Regione Sicilia espropriò il castello. Negli anni ‘80 il
castello, restaurato, fu restituito alla pubblica fruizione.
Le sale della Zisa ospitano un piccolo museo che espone
significativi manufatti di matrice artistica islamica, provenienti da vari paesi del Mediterraneo. Tra questi sono
di particolare rilevanza le eleganti musciarabia, paraventi
lignei a grata (composti da centinaia di rocchetti incastrati
fra di loro) e utensili di uso comune o di arredo (candelieri, ciotole, bacini, mortai) realizzati prevalentemente in
ottone, con decorazioni incise e spesso impreziosite da
agemine (fili e lamine sottili) d’oro e d’argento.
2. Cappella Palatina
La Cappella Palatina si trova nel sontuoso Palazzo dei
Normanni, che oggi ospita il parlamento siciliano. La
Cappella è sicuramente il luogo più celebre della città
di Palermo. I lavori di costruzione iniziarono nel 1130 anno in cui fu Ruggero II fu incoronato re di Sicilia - e
terminarono nel 1143. La Cappella è importante perché
rappresenta la sintesi culturale e politica operata dai Normanni. Infatti, essa fonde in modo mirabile le espressioni
architettoniche più rilevanti per la Sicilia: l’europea, la
siciliana, la bizantina, l’araba.
La Cappella si presenta sotto forma di basilica a tre navate
sorrette da colonne di granito con capitelli corinzi riccamente decorati. L’elegante mosaico bizantino presente al
suo interno - che si ritroverà nella chiesa della Martorana
e nel Duomo di Monreale - è stato definito come uno dei
più belli e meglio conservati di tutta Italia. E’ ormai certo
che i mosaici sono stati eseguiti in due momenti successivi: si ritiene che i più antichi risalgano agli anni intorno
al 1240, mentre quelli della navata centrale dovrebbero
risalire agli anni 1260-1270.
I mosaici della navata centrale riportano scene dell’antico
testamento; quelli del presbiterio ricordano episodi della
vita di Cristo, e quelli delle navate laterali episodi della
vita di San Pietro e San Paolo. Splendidi sono i mosaici
più antichi, nella cupola che sovrasta il coro: rappresen-
Palermo
tano il Cristo Pantocratore (onnipotente), circondato da
angeli ed arcangeli, e i quattro Evangelisti che paiono assorti in meditazione.
3. Casa Professa (Chiesa del Gesù)
I Gesuiti giunsero in Sicilia nel 1549 e pochi anni dopo,
nel 1564, fondarono la Chiesa del Gesù, con forti sovvenzioni del governo spagnolo. Si ritiene che il progetto sia
di Giovanni Tristani. L’edificio, che sorge nella piazza di
Casa Professa, è stato più volte ampliato e modificato, già
prima della fine del Cinquecento, ma ha sostanzialmente
mantenuto la struttura iniziale, almeno fino alla seconda
guerra mondiale. Con i bombardamenti del 1943, la chiesa subì gravi danni: nel dopoguerra essa fu parzialmente
ricostruita e con gli ultimi restauri ha ripreso il suo aspetto
originario.
La facciata è semplice e si articola su due ordini di lesene:
sulla parte bassa risalta il rosso delle membrature. Sopra
il portale di mezzo, custodita in una nicchia, sta una pregevole scultura del Settecento, che rappresenta la Madonna
della Grotta. L’interno - a croce latina e a tre navate - rappresenta un esempio prezioso dell’arte barocca in Sicilia:
è particolarmente ricco e sfolgorante per gli stucchi e le
sculture del Gagini, del Benzoni e del Vitaliano, per gli
affreschi di Filippo Randazzo, e per le tele di Pietro Novelli. Stupendi e suggestivi gli intarsi ottenuti con marmi
colorati. La sacrestia conserva notevoli armadi del Seicento, finemente intagliati. Dal sontuoso cortile barocco,
si accede alla biblioteca comunale.
4. Chiesa del SS. Salvatore
La bella chiesa del Santissimo Salvatore si trova sul Corso Vittorio Emanuele ed è di origine normanna, essendo
sorta nell’XI secolo. Originariamente era il luogo di culto
del convento delle Suore Basiliane. La sua fama è legata
alla leggenda, secondo cui Costanza d’Altavilla, futura
madre dell’imperatore Federico II, ne sarebbe stata per
qualche tempo la badessa. E’ inoltre antica tradizione che
il monastero sia legato a Santa Rosalia, patrona e protettrice della città.
L’aspetto attuale della chiesa è assai diverso da quello
della costruzione originaria. Già rimaneggiato nel XVI
secolo, l’edificio divenne completamente barocco quando
- negli ultimi anni del Seicento - vi pose mano l’architetto
Paolo Amato. La particolare planimetria, una delle poche
del genere realizzate a Palermo, si presenta come un ottagono irregolare inscritto in un’ellisse; con cappelle quadrate ed altari incassati lungo le diagonali, ed una grande
cupola ellittica. Le pareti interne sono decorate con marmi policromi ed affreschi del Settecento, attribuiti a Filippo Tancredi e a Vito d’Anna. Di quest’ultimo restano,
sulla cupola, frammenti del grande affresco raffigurante
la Gloria di S. Basilio (1763).
La chiesa è stata danneggiata dai bombardamenti del
1943. Ora è utilizzata in prevalenza come auditorium.
5. Chiesa della Magione
Si trova di fronte alla piazza omonima ed è denominata
anche Chiesa della Santissima Trinità. Con la contigua
abbazia dei Cistercensi, la chiesa fu fondata nel 1191 da
Matteo Ajello, cancelliere del regno normanno. Nel 1197
- sotto l’imperatore Arrigo VI - fu ceduta all’ordine dei
Cavalieri Teutonici, e divenne la sede del “Mansio”, ossia del precettore dell’ordine: da qui il nome di Magione.
La chiesa fu sottratta ai Cavalieri nel 1492 e, trasformata
in commenda, fu retta dai cosiddetti abati commendatari.
Nel 1787 Ferdinando II di Borbone aggregava la basilica
della Magione, con tutti i suoi beni, all’Ordine Costantiniano di San Giorgio. Questo passaggio accelerò il processo di ammodernamento della basilica, che era stato
avviato già dal 1741. Nei primi anni dell’Ottocento, la
Magione fu sottoposta ad un restauro radicale: l’edificio
medievale fu trasformato in neoclassico.
All’esterno la chiesa presenta una ricca varietà di motivi decorativi; particolarmente elegante è il gioco di archi
ciechi intrecciati delle absidi. L’entrata è preceduta da un
portale barocco e da un viale affiancato da due giardini.
La facciata è formata da tre portali a sesto acuto, di cui
quello centrale è l‘ingresso alla chiesa, corrispondenti al
livello superiore da tre monofore. L’interno è a pianta basilicale a tre navate con un ampio spazio per gli officianti.
Ciò è dovuto al fatto che trattandosi di una chiesa abbaziale, la liturgia era presieduta dall’intera comunità dei
monaci e dunque il “coro” doveva essere opportunamente dimensionato su quella comunità. Dominano le linee
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semplici e nude, con archi ogivali sostenuti da colonne e
da una copertura lignea priva dei suoi dipinti, perduti in
un crollo del 1943.
A fianco della chiesa è presente, anche se molto danneggiato dai bombardamenti, il chiostro cistercense, dove è
possibile vedere i resti di una torre araba. Al centro del
chiostro, la vera del pozzo deriva dalla riutilizzazione di
materiale del XIV secolo, proveniente da una tomba, con
iscrizioni in lingua ebraica.
Da una porta che si trova a sinistra della facciata, si accede alla cappella detta di “Santa Cecilia”, interessante
per le opere d’arte che conserva (un grande affresco della Crocifissione, un frammento di affresco duecentesco e
la Sinopia in ocra rossa della Crocifissione stessa). Dopo
la Sinopia, si può ammirare una bellissima bifora: sulla
colonnina centrale c’è un’iscrizione in lingua araba, che
significa “Allah è misericordioso”.
6. Chiesa della Martorana (Santa Maria dell’Ammiraglio)
Nel 1143 Giorgio Antiocheno, grande ammiraglio di Sicilia sotto Ruggero II, iniziò la costruzione della chiesa di
Santa Maria dell’Ammiraglio. La chiesa è d’origine Greco-ortodossa; durante il periodo Normanno, fu convertita
in chiesa cattolica, divenendo poi parte della Diocesi cattolica Bizantina di Piana degli Albanesi. La chiesa è ora
chiamata “la Martorana” perché - nel 1435 - fu ceduta da
Alfonso V d’Aragona al vicino convento della Martorana,
fondato da Goffredo Martorana e dalla moglie Luisa.
L’edificio subì via via modifiche, anche sostanziali, soprattutto per le diverse esigenze liturgiche legate al passaggio dal rito greco a quello latino. Ad esempio, nel 1588
la pianta a croce greca fu trasformata in pianta a croce
latina, con tre navate. Alla fine del Seicento, un’abside
quadrangolare sostituì l’originaria abside centrale semicircolare. Sul finire dell’Ottocento, i restauri interni del
Patricolo coprirono molti interessanti interventi barocchi.
Le caratteristiche dell’elegante architettura Arabo-Normanna originaria sono ancora presenti, in particolare, in
uno dei più famosi mosaici, quello in cui viene rappresentata l’incoronazione di Ruggero II da parte di Cristo, e nei
mosaici della parte superiore delle pareti e della cupola,
con la rappresentazione del Cristo Pantocratore (Onnipotente). Qui i mosaici sono interamente rivestiti di decora-
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zioni musive di periodo bizantino, le più antiche di tutta
la Sicilia e di grande importanza, per la loro connessione
con quelle riguardanti Dafne, nell’Attica.
Come si è detto, l’interno è a pianta quadrata. Nel centro
si ergono quattro colonne su cui poggiano altrettanti archi acuti che sostengono una cupola semisferica. Le pareti sono decorate con preziosi mosaici che rappresentano
l’Assunzione, gli Evangelisti, gli Arcangeli, gli Apostoli,
molti santi greci ecc. Stupendo è il mosaico della cappella
di San Benedetto, che rappresenta Giorgio Antiocheno,
il fondatore, e la Vergine in piedi nell’atto di presentare
una scrittura greca al Divin Figlio, che dall’alto benedice. Tutt’intorno alla cupola gira un’iscrizione cristiana in
caratteri arabi. Un’altra iscrizione araba si trova sotto il
coro, a destra, guardando l’abside maggiore.
7. Chiesa di San Cataldo
La Chiesa di S. Cataldo si erge in Piazza Bellini, nei pressi della Martorana. E’ documentato che la Chiesa apparteneva a Majone di Bari, ammiraglio del re normanno
Guglielmo I: l’edificio contiene, infatti, una lapide che
ricorda la figlia del ministro. La data di costruzione è incerta, ma si può stimare intorno al 1154. Nel 1182, re Guglielmo II donò la chiesa ai frati benedettini di Monreale,
che vi restarono fino al 1787.
L’edificio, notevolmente ristrutturato da G. Patricolo nel
1882-1885, ci è pervenuto nella sua architettura originaria, rigorosamente normanna: arcate cieche, elegante
merlatura e cupolette rosse - nella caratteristica forma
emisferica - con finestrelle, impostate su un unico tamburo rettangolare in stile arabo. L’essenzialità esterna si
riflette su quella interna, che presenta una pianta a tre navate e pareti nude, che mai furono adornate da mosaici.
Le colonne che reggono le arcate mostrano capitelli che
provengono da edifici più antichi. Molto interessanti sono
il pavimento a mosaico e l’altar maggiore, su cui sono incisi una croce, un agnello e i simboli dei quattro evangelisti. La chiesa è sede dell’ordine dei Cavalieri del Santo
Sepolcro di Gerusalemme.
8. Chiesa di San Domenico
L’attuale chiesa di San Domenico sorge nelle vicinanze
della Vuccirìa ed è considerata una delle maggiori espressioni del barocco siciliano. Costruita sui resti di una chiesetta del Quattrocento, fu ingrandita intorno al 1640, su
progetto di Andrea Cirrincione.La facciata, del 1726, si
inserisce armoniosamente nella struttura di Piazza San
Domenico. Il grandioso interno è a croce latina, con tre
navate divise da archi a tutto sesto. Vi sono custoditi sepolcri e cenotafi di palermitani illustri: quello di Francesco Crispi si trova nella Cripta. Nelle cappelle interne
sono conservate opere preziose, tra cui due pale d’altare
rinascimentali dei pittori lombardi Vincenzo da Pavia, autore della Madonna del Rosario, e G. Giacomo Fondelli, cui
si deve la Crocifissione tra San Domenico e la Maddalena. L’edificio ospita alcune sculture quattrocentesche appartenenti
alla precedente chiesa, fra le quali spicca il rilievo con
l’immagine della Trinità de1 1477.
A sinistra della chiesa sorge l’ex convento dei domenicani con il chiostro trecentesco, costituito da arcate ogivali
posate su esili colonnine binate. Nell’edificio hanno sede
il Museo del Risorgimento e la Società Siciliana di Storia
Patria.
Foto di Bernhard J. Scheuvens
Palermo
9. Chiesa di San Francesco d’Assisi
La Chiesa di San Francesco d’Assisi è inserita in un complesso conventuale sorto, per singolare contrasto, in un
ricco quartiere di mercanti ed artigiani. Costruito fra il
1255 e il 1277 sui resti di una chiesa distrutta nel 1240 da
Federico II, l’edificio è stata più volte modificato. Gravemente danneggiata dai bombardamenti dell’ultima guerra, la chiesa è stata restaurata e si presenta oggi con lo
splendore che aveva nel Duecento.
La facciata fu restaurata a fine Ottocento da Giuseppe
Patricolo: è di gusto tardo-romanico ed è impreziosita da
un bel portale gotico-fiorito, sormontato da un ricco rosone. L’interno è a tre navate, con ampie arcate gotiche e
copertura a capriate. Nella navata centrale spiccano dieci
statue allegoriche di Giacomo Serpotta (1723), che rappresentano le virtù francescane. Spiccano tra le altre la
tenera Mansuetudine con l’agnello, la potente Giustizia
con la scimitarra sguainata, la severa Modestia che distoglie lo sguardo dallo specchio, e la Teologia, che - con
lo svolazzo improvviso della veste - è la più berniniano
di tutte. Nella navata di destra, si ammira una magnifica
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arca rinascimentale e alcune cappelle laterali. Nelle absidi
si trovano la sontuosa Cappella dell’Immacolata, tutta a
tarsie di marmi policromi, il pregevole Coro ligneo e la
Cappella di San Francesco. Un vero gioiello è il portale
della Cappella Mastrantonio, opera di Francesco Laurana.
Di gran pregio è anche il Tesoro, ricco di tele e di statue
lignee del Cinquecento La Chiesa conserva poi un notevole affresco del Novelli, trasportato su tela, San Francesco
e due Santi, e opere del Gagini.
10. Chiesa di San Giovanni degli Eremiti
La Chiesa di San Giovanni degli Eremiti sorge nei pressi
di Palazzo Reale, e fu eretta nel 1142, per volere di Ruggero II. Essa costituisce un notevole esempio di architettura arabo-normanna della città di Palermo. L’annesso
monastero aveva notevoli privilegi: vi risiedeva l’abate
confessore del re e - nel suo cimitero - dovevano essere
sepolti i membri della famiglia reale.
La Chiesa fu costruita sui resti di precedenti costruzioni:
un tempio di Mercurio, un monastero gregoriano del VI
secolo, una moschea araba. L’interno mostra una pianta a
croce commissa. Sulla navata e sul transetto si innalzano
cinque cupole emisferiche di color rosso. Questa struttura
è tipica dell’architettura fatimita, cioè araba, e contiene
un ricco simbolismo: in effetti, il cubo rappresenta la terra (il profano), mentre la semisfera rappresenta il cielo
(il sacro). Del complesso duecentesco rimangono oggi la
chiesa, sconsacrata, pochi ruderi del monastero e il chiostro quadrato.
11. Chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi
La chiesetta è forse la più antica testimonianza dell’arte
normanna a Palermo. Tradizione vuole che essa sia stata
fondata nel 1071, quando i Normanni cingevano d’assedio la città. Dopo aver conquistato il castello “Yahia” di cui restano solo tracce nel pavimento della chiesa - i
Normanni avrebbero edificato la chiesa stessa, dedicandola a San Giovanni a conquista avvenuta. In ogni caso,
la chiesa ebbe una vita movimentata: dapprima ospitò un
ospedale militare, poi un lebbrosario; nel periodo barocco
fu ricoperta di stucchi, tanto da perdere l’aspetto originario. All’inizio del Novecento fu recuperata e fu costruito
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il campanile.
Nel suo insieme, l’edificio presenta i caratteri di un’architettura di transizione tra la Contea ed il Regno. L’esterno
è semplice e privo di decorazioni, salvo quelli alle finestre che sembrano intarsiate. L’ingresso è preceduto da un
piccolo porticato, che consiste di una sola colonna, su cui
si regge il campanile: quest’ultimo si fregia di una cupola
rossa sullo stile di quelle - più note - di San Giovanni
degli Eremiti. L’interno ha forma basilicale tripartita da
pilastri con copertura lignea e presbiterio cupolato: esso
si presenta spoglio e ben illuminato dalle finestre laterali,
monofore, leggermente ogivali come anche gli archi interni. Vi si può ammirare un bel crocifisso ligneo dipinto,
che risale al Quattrocento.
12. Chiesa di San Giuseppe dei Teatini
Nonostante il suo esterno sia chiaramente tardo-rinascimentale, la Chiesa di S. Giuseppe dei Teatini è uno degli esempi più significativi del primo barocco in Sicilia.
Fu costruita nel 1612, su progetto di Giacomo Bosio, ma
fu consacrata soltanto nel 1677.La facciata è fra le più
belle della Sicilia: originale è anche il campanile, la cui
parte terminale, di forma ottagonale, è ornata da colonne
a torciglioni. I lati dell’edificio sono decorati con vasi a
fiamma, mentre la bella cupola - opera di Giuseppe Mariani da Pistoia - All’interno, grandi colonne di altezza variabile sorgono maestose, facendo da cornice a bellissimi
affreschi nella navata centrale dipinti dal Tancredi e dal
Velasquez e un bellissimo crocefisso di Fra’ Umile da Petralia. Di gran pregio sono le opere del Marabutti, di Pietro Novelli e gli affreschi del Borremans, nonché l’altare
dedicato a San Gaetano, con quattro colonne in marmo
rosso, e l’altare centrale in pietre dure decorato in bronzo.
La cripta sottostante ospita i resti di una chiesa precedente, quella della Madonna della Provvidenza.
13. Chiesa di Santa Cita
La chiesa attuale - dedicata a Santa Cita, ma intitolata a
S. Mamiliano - fu fondata fra il 1583 ed il 1603 - da un
gruppo di Pisani residenti a Palermo. Progettata da Giuseppe Giacalone, essa è stata costruita sui resti di una precedente chiesetta del XV secolo, a sua volta costruita su
Palermo
una preesistente chiesa del XIV. La facciata fu ultimata
nel 1781. Purtroppo, le due navate laterali sono state completamente distrutte dai bombardamenti, ma il transetto e
parte dell’abside sono rimasti intatti. Dopo la guerra, il
tempio fu ricostruito ad unica navata e riaperto al culto
nel 1952.
L’interno conserva numerose opere, fra cui il grande arco
marmoreo della preesistente chiesa quattrocentesca, situato dietro l’altar maggiore e realizzato da Antonello Gagini. Del Gagini è anche il sarcofago. Opera di Antonio
Scirotta (1526) è invece l’arco marmoreo della lunetta,
che mostra busti di re, patriarchi e le figure della sibilla
Cumana e dell’imperatore Ottaviano. Stupenda la Cappella del Rosario, capolavoro della decorazione a marmi
mischi, realizzato alla fine del Seicento e decorato poco
dopo dal Vitaliano. Bellissima è anche la cripta della Cappella Lanza - scoperta di recente - che contiene la scultura della Pietà, attribuita a Giorgio da Milano. La chiesa
faceva parte di un ampio convento di cui resta solo il bel
chiostro, ancora visitabile.
14. Chiesa di Santa Cristina la Vetere
Presso la Loggia dell’Incoronazione, si trova la chiesa di
S. Cristina la Vetere, una delle più antiche di Palermo.
L’edificio fu costruito intorno al 1171, per volere dell’Arcivescovo Gualtiero Offamilio, che la assegnò ai cistercensi. Dopo l’espropriazione da parte dell’imperatore Errico, la chiesa fu unita alla Cattedrale. Nel 1569, tre anni
dopo la fondazione della compagnia della SS. Trinità, i
Rossi - così chiamati per il colore dell’abito - vi si stabilirono. Appartenuta poi al monastero delle Olivetane, è
oggi parte del complesso del Seminario.
L’edificio costruito in tufo, è a pianta centrica, di forma
quadrata a croce greca: nel complesso, ha una forma di
un grande cubo. Oggi parte della chiesa è inglobata da
costruzioni adiacenti: solo una delle aperture ad arco acuto e doppia ghiera, che sorgevano sui quattro lati della
Chiesa, è rimasta nella sua forma originaria. L’unico ingresso oggi fruibile è sul lato meridionale dell’edificio e
fu ristrutturato nel 1500, assieme alla facciata. All’interno, si evidenziano quattro pilastri - simmetrici e posti in
corrispondenza dei quattro angoli della chiesa - sui quali
poggiano grandi archi a sesto acuto, che intersecandosi
formano la volta centrale e le piccole volte angolari a crociera, mentre le volte laterali sono a botte. Sul pavimento,
le numerose lapidi tombali testimoniano l’uso antico di
seppellire nelle chiese i nobili defunti.
15. Chiesa di Santa Maria della Catena
La chiesa sorge sulla piccola piazza della Doganella, sopra un’alta gradinata. Costruita nei primi anni del Cinquecento - forse su progetto di Matteo Carnelivari - la Chiesa di Santa Maria della Catena è considerata un superbo
esempio di stile gotico-catalano, con qualche influsso rinascimentale. La chiesa deve il suo nome alla lunga catena che - fissata alla sua parete esterna - chiudeva l’accesso
all’antico porto di Palermo.
All’esterno si nota ancora il rivestimento originario in
conci squadrati, e le primitive finestre con trafori nelle
lunette laterali. L’edificio è preceduto da un portico con
tre archi ribassati, sotto il quale stanno tre portali, con
bassorilievi del Gagini. L’interno è a tre navate, con tre
absidi. La navata centrale si caratterizza per le sue volte
a costoloni, mentre le navate laterali hanno volte a botte.
Numerose sono le decorazioni, soprattutto del Settecento:
notevoli gli affreschi di Olivio Sozzi e due sarcofagi, uno
antico ed uno del Cinquecento.
16. Chiesa di Santa Maria della Pietà
Eretta nell’antico quartiere arabo della Kalsa, nei pressi
di Palazzo Patella, la chiesa della Pietà è ritenuta un notevole esempio del primo barocco palermitano. L’edificio
fu costruito tra il 1678 ed il 1684, su disegno di Giacomo
Amato.
Sul prospetto di Via Torremuzza la chiesa mostra faccia
che si estende in altezza con due ordini di colonne, di forte risalto plastico. L’interno è a navata unica e contiene
pregevoli affreschi di Antonio Grano e del Borremans,
che risalgono al Settecento. Stupenda e variegata è la decorazione in stucco, dovuta a Giacomo Serpotta: è una
profusione di angeli e di composizioni floreali che vanno
ad incorniciare e ad impreziosire gli affreschi. In Santa
Maria della Pietà sono poi conservate le statue della patrona di Palermo, Santa Rosalia, e dell’Immacolata, che
tutti gli anni è portata in processione.
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17. Chiesa di Santa Maria dello Spasimo
La costruzione della chiesa fu voluta dai padri Olivetani, che iniziarono i lavori nel 1506. Si sa per certo che
l’altare - opera del Gagini - fu ultimato prima del 1519
e che sopra di esso stava la bella tela di Raffaello intitolata “Andata al Calvario” o “Spasimo di Sicilia”. Ne
uscì una costruzione caratterizzata da una commistione di
stili, che vanno dal tardo-gotico al gotico-settentrionale
al gotico-fiorito, allo pseudo-arabo. Per l’edificazione del
vicino bastione dello Spasimo, l’edificio fu abbandonato
nel 1573, quando gli Olivetani si trasferirono nella chiesa
normanna di Santo Spirito. Nel 1661 il quadro di Raffaello fu donato a Filippo V, re di Spagna ed oggi si trova al
Museo del Prado.
Abbandonata dai frati, la chiesa fu sconsacrata. Fu poi acquistata dal Senato cittadino ed utilizzata dapprima come
magazzino, poi - nel 1624 - come lazzaretto e infine ancora come magazzino. Dopo un ampio restauro, il complesso è stato riaperto al pubblico nel 1995. Ora viene utilizzato per mostre, concerti, spettacoli teatrali e convegni.
18. Chiesa di Santa Teresa alla Kalsa
Cuore dell’antico quartiere arabo, popolare e tormentato, Piazza Kalsa si apre fra la tardo-cinquecentesca Porta
dei Greci, il prospetto della chiesa di Santa Teresa e l’ex
convento seicentesco delle Carmelitane Scalze, oggi sede
dell’Istituto delle Artigianelle.
La chiesa di Santa Teresa alla Kalsa incombe sulla piazza, ed è uno dei più begli esempi del barocco palermitano. Progettata nel 1706 da Giacomo Amato su modelli
romani, ha un imponente prospetto a due ordini, segnato da colonne e lesene, con statue di santi nelle edicole. L’ingresso, secondo uno stile tipico nelle chiese dei
monasteri di clausura, presenta un grande coro sostenuto
da poderose colonne. L’interno, a navata unica, è decorato dagli stucchi di Giuseppe e Procopio Serpotta. L’altar
maggiore - già appartenente alla scomparsa Chiesa delle
Raccomandate - ospita la Maternità della Madonna proclamata
ad Efeso, opera di Gasparo Serenari.
19. Chiesa di Sant’Agostino
Legata al vicino convento agostiniano, la chiesa fu eret-
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ta nei primi anni del Trecento, per la munificenza di due
nobili famiglie palermitane: i Chiaramonte e gli Sclafani.
Oltre ad un ricco rosone, la facciata presenta un bel portale gotico con timpano, decorato con motivi geometrici e
floreali a due colori. Il portale laterale, che si affaccia su
Via Sant’Agostino, è opera del Gagini.
L’interno fu rifatto nel 1671, a navata unica, in stile barocco. Si caratterizza per una ricchissima decorazione a
stucco ed è considerato il capolavoro della maturità artistica di Giacomo Serpotta, che vi pose mano dal 1711
al 1728. Gli stucchi serpottiani si distendono sulle pareti dell’unica navata sotto forma di putti, angeli, statue e
nimbi. Dietro ad uno degli angeli, il Serpotta ha apposto
la sua firma e la data 1711. Ai lati delle cappelle mediane
di Sant’Agostino (a destra) e di santa Monica (a sinistra)
sono inserisce altrettante coppie di statue allegoriche di
virtù poste su nimbi, come ad indicare la loro immaterialità. Ben più concreti sono i santi e i beati dell’ordine agostiniano che sembrano sfilare verso il presbiterio,
come in elegante corteo. Le monache mostrano sguardi
alteri e sognanti, con pose languide e morbide. Le maniche delle vesti si allungano a dismisura e tutto sembra
scivolare via con volute morbide e naturali. Al culmine
della sfilata stanno, ai lati del presbiterio, Sant’Agostino
e Santa Monica.
Notevoli sono anche l’organo e la cantoria del Settecento,
nonché il Chiostro cinquecentesco, che conserva alcuni
capitelli forse risalenti al precedente chiostro del Trecento.
20. Chiesa di Sant’Ignazio all’Olivella
La Chiesa di S. Ignazio all’Olivella è considerata uno dei
più sontuosi monumenti barocchi della città. L’edificio fu
costruito - tra il 1598 ed il 1622, su progetto di Antonino
Muttone - nel luogo che la tradizione indica come la villa
ove visse S. Rosalia. In ogni caso, la chiesa fu completata
solo nel 1732, quando fu aggiunta la cupola.
La facciata - grandiosa e barocca - è incorniciata da due
campanili. L’interno è a croce latina, con tre navate, cappelle laterali e un bel pavimento di marmi a vari colori. Stupenda la decorazione ad intarsi policromi di pietre
dure che orna la prima cappella sul lato destro. Fra le opere d’arte conservate a S. Ignazio, spicca la tela Trionfo
della Morte, dipinta da Sebastiano Conca, ma vi sono anche notevoli dipinti di Pietro Novelli e Filippo Paladino,
nonché alcune statue di Ignazio Marabitti.
Dal transetto di destra si accede al bellissimo Oratorio,
opera di Venanzio Marvuglia, che contiene i cosiddetti
“stucchi della gloria” del Marabitti.
21. Chiesa di Santo Spirito (o dei Vespri)
La chiesa di S. Spirito si trova all’interno del cimitero di
Sant’Orsola. Tradizione vuole che sia stata costruita verso il 1173, durante il regno di Guglielmo II e per volontà
dell’arcivescovo Gualtiero Offamilio (lo stesso che fece
costruire la Cattedrale palermitana). Essa è nota anche col
nome di Chiesa dei Vespri, perché sul suo sagrato ebbe
inizio la grande insurrezione del 1282 - contro gli Angioini - che prese il nome di “Vespri Siciliani”.
L’edificio è assai armonioso e rappresenta una commistione degli stili arabo-normanno e gotico. L’architettura della chiesa è improntata alla semplicità delle prime chiese
cistercensi. La facciata è incompleta, comunque l’esterno è percorso da una serie d’archi ogivali intarsiati, che
s’intrecciano nella parte absidale. La pianta è basilicale
a tre navate, divise da archi ogivali che posano su pilastri
cilindrici. L’interno è nudo ed austero, anche perché, alla
fine dell’Ottocento, si è cercato di ridare alla chiesa il suo
aspetto originario, eliminando le pesanti decorazioni barocche.
Foto di Bernhard J. Scheuvens
Palermo
22. Complesso di Santa Maria degli Angeli (La Gancia)
Il complesso di Santa Maria degli Angeli, più conosciuto col nome “La Gancia” (ossia ricovero per forestieri) è
costituito dal Convento e dalla Chiesa. Esso propone due
prospetti visibili; quello principale di cui è leggibile l’impronta dell’architettura quattrocentesca e quello laterale,
prospiciente Via Alloro, molto manomesso da successivi
interventi e restauri.
L’origine del convento risale al 1430. Nel tempo, esso fu
sede del ministro provinciale e fu abitato da frati di santa
vita. Con la soppressione del 1866 il convento fu adibito
ad archivio di stato; i frati ripresero, in seguito, le attività
come cappellani della cinquecentesca chiesa e di apostolato dal 1882, costruendo alcune stanze sulle cappelle del
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lato destro della chiesa. Dal 1999 il convento è stato di
nuovo adibito a curia provinciale e punto di riferimento
per tutti i frati della Provincia.
La chiesa fu costruita sui resti di un tempio preesistente. I
lavori iniziarono nel 1490 e si conclusero intorno al 1500,
non senza qualche difficoltà. La facciata presenta portali
ad archi ogivali di stile tardo-gotico. L’interno è a croce greca, con una grande navata centrale e varie cappelle
laterali. Vi si conserva un notevole patrimonio artistico,
comprendente opere del Serpotta, del Gagini e del Novelli, oltre ad un magnifico organo del Seicento. Stupenda è
anche la cappella di proprietà della famiglia reale spagnola, dedicata alla Madonna di Guadalupe.
Fra il transetto e Via Alloro, fu scavato un foro, poi chiamato “Buca della Salvezza”. Nel 1860 - attraverso questo
foro - due patrioti mazziniani che si erano rifugiati nella
cripta, riuscirono a sfuggire alla cattura da parte delle milizie borboniche.
23. Duomo di Monreale
Adagiata sulle suggestive pendici del monte Caputo, nei
pressi di Palermo, Monreale è conosciuta in tutto il mondo per il suo duomo normanno, costruito tra il 1172 ed il
1186, per volere del re Guglielmo II. Il duomo - intitolato
a Santa Maria la Nuova - è la più bella chiesa normanna
di tutta la Sicilia, uno dei più mirabili monumenti architettonici del Medioevo. L’architettura appartiene a quello
stile che in Sicilia si trova composto di greco, arabo e
normanno.
L’esterno, quantunque modificato, nella parte posteriore
conserva intatta l’impronta normanna ed è ornato a vari
disegni formanti una serie d’archi di pietre bianche e nere
con cerchi al di sotto, assai ben combinati e disposti. Da
nord si vede un portico arcuato forse voluto da Alessandro
Farnese, arcivescovo di Palermo nel 1569. Un altro portico barocco sta innanzi al prospetto fiancheggiato da due
torri terminanti in piramidi. Le due porte di bronzo sono
opera preziosa, poiché dimostrano i primordi dell’arte:
sono del 1186 e ne fu autore il celebre Bonanno da Pisa.
La chiesa è a croce latina e divisa in due piani. All’interno, è lunga 78 metri e larga da un massimo di 33 ad un
minimo di 23. Gli archi delle navate a sesto acuto posano
su colonne, i cui capitelli mostrano di essere appartenuti
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ad antichi edilizi pagani. Tutte le pareti delle tre navate,
l’abside, e gli archi, sono ricoperti di grandi lastre di marmo e stupendi mosaici di stile moresco. Sul lato destro
stanno i mausolei con le spoglie di Guglielmo il Buono e
di Guglielmo II il Malo. Sul lato sinistro, sta invece l’ingresso della cripta che custodisce il ricchissimo tesoro di
Guglielmo II; di questo tesoro fa parte anche una spina
della corona di Cristo, conservata in un reliquario d’oro
e d’argento.
Il soffitto alto e bello, ha una travatura ricca d’oro a vari
colori, e fu restaurato nel 1811, dopo un incendio che aveva distrutto parte del tetto. Notevoli le cappelle riccamente decorate. Il Duomo contiene la preziosa urna in cui si
conservano le viscere di San Luigi re di Francia, il cui
cadavere in viaggio dall’Africa, rimase a Monreale per
qualche tempo.
Al secondo piano del palazzo, è da vedere la Sala di re
Ruggero - ricca di mosaici - nonché quella del duca di
Montalto, il Salone d’Ercole e le antiche prigioni.
Il Chiostro del Duomo si trova nell’attiguo monastero. È
una costruzione prettamente medievale formata da un vasto portico che cinge un gran piano. Il portico è sostenuto
da archi piegati ad angolo ottuso che poggiano su duecento colonne geminate, tutte di vario disegno e ricche di
mosaici. Eleganti e bizzarre le sculture dei capitelli, lavorate con delicatezza e levità: vi sono rappresentate figure
dell’ Antico e del Nuovo Testamento, animali simbolici e
fatti storici, fra i quali, re Guglielmo che offre il tempio
a Dio. Purtroppo, gran parte delle colonne e dei capitelli
furono rovinati dalle soldatesche di passaggio. Fra le cose
pregevoli del monastero è da ricordare un quadro rappresentante San Benedetto e che è ritenuto come la tela più
pregevole di Pietro Novelli, detto il Monrealese.
24. La Cattedrale di Palermo
Procedendo lungo l’asse del Cassero - l’attuale Corso Vittorio Emanuele - con le spalle al mare, s’incontra il pianoro su cui sorge la Cattedrale. Il pianoro, già area cimiteriale, presenta un colonnato di marmo realizzato in parte
dallo scultore Vincenzo Gagini (1574-75). Tra il 1655 e il
1673 furono realizzate delle statue che ancora oggi ornano la recinzione. Ma la storia della Cattedrale è ben più
antica. Nel IV secolo, dopo l’emanazione dell’editto di
Palermo
Costantino, i Palermitani, nel luogo in cui aveva celebrato
il santo vescovo Mamiliano e in cui molti fedeli avevano
trovato il martirio, costruiscono la loro prima Cattedrale.
Questa chiesa fu distrutta dai Vandali e di essa nulla ci è
pervenuto. Nel 604 è consacrato alla Vergine Maria un
nuovo grande tempio, di cui è rimasta, probabilmente, la
Cripta, a pianta basilicale di forma quadrata. Nell’anno
831 gli Arabi conquistano Palermo e trasformano la Cattedrale del seicento in una grande moschea detta “Gami”.
Nel 1072 i Normanni, presa Palermo, restituiscono la moschea al culto cristiano. Verso il 1185, all’epoca dell’Arcivescovo Gualtiero Offamilio, fu completata la demolizione della vecchia moschea e la realizzazione della basilica
attuale, che in epoche successive fu arricchita con numerose decorazioni.
La cattedrale, mirabile esempio di sovrapposizione di
stili, è sicuramente tra le architetture più rappresentative della città di Palermo. L’edificio attuale è il risultato
di una serie di interventi che, in epoche differenti, hanno
contribuito ad arricchirlo e a renderlo unico ed irripetibile. I campanili presenti sulle quattro torri sono del XIV
secolo, mentre il portale principale, quello laterale e la
sacrestia risalgono al secolo successivo; Nella seconda
metà del Quattrocento, furono realizzati il portico medievale ed il nuovo Palazzo Arcivescovile. Tra il 1781 e il
1801, l’intervento dell’architetto Ferdinando Fuga, modificò fortemente l’impianto, realizzando l’attuale transetto
e modificandone sia la cupola che i pilastri, stravolgendo
irrimediabilmente i canoni linguistici della struttura originale. Ancora oggi, comunque, nonostante tale intervento,
la cattedrale di Palermo presenta come stile predominante
quello fatimita, orientaleggiante, che la rende unica tra le
architetture dell’occidente cristiano.
L’interno è riccamente decorato con splendidi affreschi e
mosaici del XII e XIII secolo e presenta diverse sculture del Gagini e del Villareille; contiene inoltre la famosa
Assunzione del Velasquez che accompagna altri dipinti di
autori sconosciuti. Nella cripta sono conservate le tombe,
ben 21, degli arcivescovi di Palermo e il famoso Tabularium, un archivio storico di importanti documenti in Latino,
Greco, e Arabo. Nella cripta si trova anche il cosiddetto
Tesoro della Cattedrale. Il tesoro comprende varie opere
d’arte che vanno dall’epoca normanna all’Ottocento: in
particolare, la famosa corona dell’imperatrice Costanza
d’Aragona, moglie di Federico II; uno stupendo breviario
miniato del Quattrocento; un bel calice quattrocentesco,
con il sigillo della Maestranza degli Orafi di Palermo; un
reliquiario della Croce del Cinquecento. Di notevole interesse sono anche i paramenti ecclesiastici riccamente
decorati e vari strumenti liturgici d’argento. Infine, vi si
possono ammirare le tombe di Enrico VI, Federico II e di
Costanza d’Aragona, alcuni passi del Corano incisi in una
colonna, e la settecentesca urna d’argento che conserva le
reliquie di S. Rosalia, protettrice di Palermo.
25. Santuario di Santa Rosalia
Rosalia visse nel XII secolo: era figlia del duca Sinibaldo
di Quisquina delle Rose e nipote - per parte di madre - di
re Ruggero d’Altavilla. Per non essere costretta ad un matrimonio non voluto, ma sicuramente anche per vocazione, fuggì dal suo castello e visse da eremita, da ultimo sul
monte Pellegrino, dove morì verso il 1170.
Nel 1624 Palermo fu colpita dalla peste, ma - secondo la
tradizione - il morbo cessò miracolosamente quando furono ritrovate e portate in processione le spoglie attribuite a
S. Rosalia. La devozione alla santa, già viva in precedenza, si accrebbe enormemente e S. Rosalia fu scelta come
patrona della città. Nel 1625, sul luogo del ritrovamento
fu innalzato il santuario, a 430 metri di altitudine.
L’imponente complesso è formato dal convento e dalla
grotta del ritrovamento. Il santuario non presenta un particolare stile architettonico, ma è reso unico dalla singolare posizione e dall’atmosfera di fede che vi regna. La
facciata secentesca si appoggia alla roccia. Sul lato sinistro, entro un’edicola, è posta una statua marmorea della
Santa, che risale al Settecento. La chiesa è stata ricavata
dalla grotta, profonda circa 25 metri e larga 10, ove furono probabilmente ritrovate le reliquie. All’interno della
grotta si conserva una bella statua della santa, scolpita da
Gregorio Tedeschi nel 1625. Il manto che la riveste - prima d’argento e poi dorato - risale al 1748 e fu donato da
Carlo III di Borbone.
26. Fontana Pretoria
La più bella delle fontane di Palermo è la Fontana Preto-
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ria, che sorge nella piazza omonima. Su commissione di
Don Pietro di Toledo, la fontana è stata ideata e realizzata
a Firenze - fra il 1552 e il 1555 - dagli scultori Francesco
Camilliani e Michelangelo Naccherino, forse con la collaborazione di fra Angelo da Montorsoli, per il giardino
di Luigi di Toledo, ma fu poi venduta al Senato Palermitano. Fra il 1574 e il 1584 Camillo, figlio di Francesco
Camilliani, giunto a Palermo provvide alla sistemazione,
al montaggio e al completamento dei pezzi della fontana
giunti da Firenze, per adattarla alla Piazza Pretoria, con
interventi integrativi, cui parteciparono, oltre al Naccherino, scultori locali, marmorari e maestri d’acqua.
Nella parte centrale, la Fontana è del tipo a “candelabra”,
secondo la tradizione rinascimentale fiorentina, con pianta ellittica con tre tazze che si susseguono in modo degradante in altezza attorno ad uno stelo, culminante con
la figura di Bacco; alla base è stata aggiunta una vasca
grande.
Al livello inferiore sono quattro vasche ovali con quattro figure adagiate, personificazioni di fiumi (l’Oreto, il
Papireto, il Gabriele e il Maredolce), addossate al bordo esterno della grande peschiera, all’interno della quale
versano acqua le teste di sei animali che fuoriescono da
nicchie; la peschiera è divisa in quattro settori separati
da gradinate,che conducono al circuito superiore, e da
balaustre su cui spiccano quattro figure di divinità. Una
balaustra di marmo recinta il tutto, interrotta da quattro
aperture inquadrate da due Erme ciascuna.
27. Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea Renato Guttuso
Dal 1973, la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea
è ospitata al piano nobile di Villa Cattolica a Bagheria,
poco lontano da Palermo. La villa - grandiosa e barocca
- fu costruita da F. Bonanno, principe di Cattolica , nella
prima metà del Settecento.
La Galleria è importante perché conserva la più completa
raccolta di opere di Renato Guttuso, grande pittore del
Novecento, nato appunto a Bagheria. Ma vi sono esposte
anche opere di altri artisti - contemporanei di Guttuso che ebbero diretti contatti artistici con lui e che rappresentano varie correnti artistiche del tempo. In sintesi, nella
prima sala si ammirano alcuni dipinti del pittore siciliano
O. Tomaselli, mentre nelle sale successive sono esposte
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opere di P. Rizzo, e di altri artisti, quali l’Accardi, il Greco, il Sanfilippo e il Basaldella.
Nel giardino di Villa Cattolica si può vedere la stupenda
tomba-scultura di Guttuso, realizzata dall’amico Giacomo Manzù. L’opera si presenta come una grande urna azzurra, con colombe in volo.
28. Galleria Regionale della Sicilia - Palazzo Abatellis
La Galleria è nata subito dopo la fine della seconda guerra
mondiale, per accogliere le sezioni medievale e moderna del Museo Archeologico. Essa è ospitata nel Palazzo
Abatellis, detto anche Palazzo Patella, costruito intorno al
1495, su progetto di Matteo Carnelivari. Il palazzo rappresenta uno dei migliori esempi d’arte gotico-catalana
e rinascimentale in Sicilia, si sviluppa su due livelli e
circonda uno bel cortile che s’intravede appena varcato
il maestoso portale. Di recente, Palazzo Abatellis è stato restaurato - in modo splendido - dall’architetto Carlo
Scarpa.
Nella Galleria - realizzata grazie all’attività di raccolta di
Antonino Salinas, archeologo e appassionato d’arte, tra la
fine del XIX e gli inizi del XX secolo - sono esposte opere
pittoriche che spaziano dall’XI al XVII secolo. Il nucleo
più consistente delle collezioni della Galleria si è formato
nel corso dell’Ottocento, prima con cospicue donazioni
da parte di privati e, più tardi, con la legge di soppressione
delle corporazioni religiose. Opere principali sono:
• il Busto di Eleonora d’Aragona, di Francesco Laurana 14301502). E’ una scultura in marmo di cm 50, perfetta espressione di bellezza femminile.
• L’Annunziata, di Antonello da Messina. Antonello è famoso, tra l’altro, per aver introdotto in Italia la pittura ad
olio di derivazione fiamminga, conosciuta probabilmente
durante i suoi viaggi. Assai abile nel rappresentare la luce
che giunge sulla scena da più punti, e nella costruzione
dei giochi di colore, Antonello conferiva pienezza e volume alle sue tele, anche grazie ad un uso sapiente della
prospettiva.
• Il Trionfo della Morte. Risale al XV secolo e rappresenta la
medievale concezione della morte che spaventa i giovani,
scaglia frecce mortali contro prelati e vescovi, ma risparmia i poveri e i malati che implorano pietà.
Di estremo interesse sono anche gli intagli lignei di arte
araba, le ceramiche ispano-moresche del XIII-XVI secolo, i frammenti lignei e marmorei, le sculture del Cagini,
gli affreschi, i dipinti di Palma il Giovane, di Veneziano e
di Giovanni di Nicola; di J. Gossaert, detto il “Mabuse”,
si può ammirare il Trittico di Malvaglia assieme ad altre
opere di J. Provost.
Foto di Dedda71
Palermo
29. Parco della Favorita
Situato ai piedi del monte Pellegrino, è il grande parco
creato nel 1799 da Ferdinando III di Borbone, quando
la Rivoluzione Partenopea - spinta dalle truppe napoleoniche - lo cacciò da Napoli (ove regnava col nome di
Ferdinando IV). Sembra che il sovrano volesse riprodurre
le bellezze della reggia di Portici. Comunque non si fece
scrupolo di espropriare tutta una serie di terreni, per realizzare il suo progetto: un parco di circa 400 ettari che
fu chiamato la Reale Tenuta della Favorita. La Favorita
fu nello stesso tempo un parco ove godere il fresco nelle
afose giornate estive, un luogo per esperimenti agricoli
con grandi coltivazioni di agrumi, olivi, frassini, noci e
sommacco, e una riserva di caccia. Ferdinando era un appassionato cacciatore e - tra i sentieri del parco - cacciava
fagiani, pernici, beccacce e i conigli che popolavano la
fitta boscaglia di leccio e lentisco.
Il Parco, cui si accede da Piazza Leoni, si estende dalle falde del Monte Pellegrino alla contrada Pallavicino.
Due lunghi viali, intitolati ad Ercole e Diana, attraversano
parallelamente il parco; destinati originariamente al passeggio, sono oggi delle arterie di comunicazione molto
frequentate, perché collegano la città con la nota località
balneare di Mondello. Il Viale d’Ercole termina con una
fontana ottocentesca in stile neoclassico, con al centro
una statua del mitico eroe recentemente restaurata. I due
viali sono intersecati perpendicolarmente dal viale Pomona, dedicato alla dea della frutta e dei giardini.
Nel Parco Ferdinando fece costruire, su progetto del Marvuglia, anche una residenza: la curiosa Palazzina Cinese
di stile orientaleggiante. La costruzione adiacente, nello
stesso stile, oggi ospita il Museo Etnografico G. Pitrè . Il
Parco ospita inoltre Villa Niscemi, stupenda residenza ricca di antichi arredi ed opere d’arte, l’ippodromo del trotto,
lo stadio ed altre strutture sportive.Attualmente il Parco
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della Favorita fa parte della Riserva Naturale Orientata
Regionale “Monte Pellegrino”, estesa su 1020 ettari, istituita nel 1995 per il mantenimento delle tradizionali attività agro-silvo-pastorali.
30. Parco d’Orleans
Adiacente a Piazza Indipendenza, il Parco d’Orléans fa
parte dell’omonima villa, che ospita la sede della Presidenza della Regione Sicilia. Il parco fu costruito verso
la metà dell’Ottocento e fu per lungo tempo utilizzato
come luogo di sperimentazione agraria. Recentemente è
stato trasformato in un interessante parco ornitologico,
popolato da molte specie di uccelli, esotiche e dell’area
mediterranea. È l’unico parco ornitologico d’Italia e uno
dei pochi esistenti in Europa. Oltre alle numerose specie
di pappagalli esotici rari, come Ara e Conuri, è possibile
osservare cicogne, fenicotteri, pellicani rosa e uccelli autoctoni oggi estinti in Sicilia, come l’avvoltoio Capovaccaio, il Pollo Sultano, il Francolino, il Gufo e il Cavaliere d’Italia. Queste specie, fanno parte di un progetto che
permetterà di reinserire nei luoghi più idonei della Sicilia
i piccoli che nasceranno da queste coppie al fine di creare nuovi nuclei di riproduzione in libertà. Unica è anche
la ricca collezione di colombi utile a spiegare ai bambini
la teoria della selezione della specie di Darwin. Infatti,
è proprio partendo dal colombo grigio ancestrale (quello
che tutti noi conosciamo e vediamo nelle piazze d’Italia)
che Darwin cominciò a elaborare la sua teoria.
Sono presenti anche dei “Bambi”, simpatici cerbiatti che
si avvicinano ai visitatori e che mangiano le foglie di lattuga che questi portano. Sia pure scherzosamente, è stato
detto che il Parco è “riservato ai genitori accompagnati
dai bambini”... E’ in fase progettuale la trasformazione di
Villa d’Orléans in un grande parco urbano, secondo soltanto a quello della “Favorita”.
31. Civica Galleria d’Arte Moderna Empedocle Restivo
Fu inaugurata a Palermo nel maggio del 1910 presso il
Ridotto del Teatro Politeama. Dopo quasi cento anni, ha
trovato nuova sede in pieno centro storico: l’ex-Convento
di Sant’Anna alla Misericordia, restaurato appositamente.
Le opere esposte – dipinti e sculture dal gusto neoclassi-
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co, romantico, realistico – rappresentano in modo abbastanza compiuto lo sviluppo delle arti figurative in Sicilia,
tra la fine del Settecento e l’inizio del Novecento: si tratta
di 216 opere selezionate - 178 dipinti e 38 sculture - alcune già di proprietà della città, altre acquistate o lasciate in
dono dagli artisti in occasione dell’Esposizione Nazionale di Palermo del 1891. Buona parte delle opere provengono dalle Biennali veneziane e dalle rassegne romane.
L’arte ottocentesca è rappresentata da opere di grandi paesisti palermitani: la Veduta della casina Belmonte dell’Acquasanta di F. Zerilli del 1832; la Croce di Santa Maria di Gesù di
G.B. Carini; la Via Stabile al mare di T. Riolo. Di Giuseppe
Patania si può seguire la maturazione artistica dal gusto
neoclassico della Danea e la pioggia d’oro allo psicologismo
romantico del Prete infermo. Opere di S. Lo Forte, di A.
D’Antoni, P. Vetri, L. Lo Jacono completano il quadro
dell’espressione pittorica del periodo.
La scultura del primo Ottocento è ben rappresentata dal
maggiore esponente del neoclassicismo siciliano, Valerio
Villareale, con una rigogliosa Baccante. Per quanto riguarda il movimento verista-realista, si evidenziano Filippo
Palazzi con l’opera Veduta di Palermo, Francesco Lojacono
con l’opera Raccolta delle olive e Antonino Leto. Nel 1918
la Galleria si arricchì di una preziosa raccolta, donata
dall’erudito Edoardo Alfano, comprendente dodici dipinti
e numerosi disegni. Tra le opere di gusto romantico, spiccano le opere del Civiletti e del Rutelli; di quest’ultimo
risaltano le opere denominate Gli Irosi, ispirate all’Inferno
di Dante. All’asta della VII Biennale di Venezia, la Galleria palermitana acquista opere di artisti all’epoca tra i
più famosi: il celebre Autunno di Lojacono, Alla Toeletta
di Innocenti, Ottobre d’oro di Ciardi, Il Peccato di Franz Von
Stuck e Amore e Parche di Tito. In seguito a diverse donazioni, la Galleria si arricchì di altre opere: L’Angelo del
Moore di De Lisi, Dame aux gants del Boldini, Rose e spine di
Ugo, la Sepoltura Garibaldina di Liardo, il Paesaggio nostalgico
di De Francisco ed altre opere di Bevilacqua, Camarda,
Lazzaro, Romano, Cuffaro ed altri.
32. Musei ed Esposizioni
MUSEO D’ARTE ISLAMICA
Piazza Guglielmo il Buono
Palermo
Le sale della Zisa ospitano un piccolo museo che espone
significativi manufatti di matrice artistica islamica, provenienti da vari paesi del Mediterraneo. Tra questi sono
di particolare rilevanza le eleganti musciarabia, paraventi
lignei a grata (composti da centinaia di rocchetti incastrati
fra di loro) e utensili di uso comune o di arredo (candelieri, ciotole, bacini, mortai) realizzati prevalentemente in
ottone, con decorazioni incise e spesso impreziosite da
agemine (fili e lamine sottili) d’oro e d’argento.
MUSEO DI MINERALOGIA
Via Archirafi, 36
Raccolta di campioni di minerali provenienti dal territorio, appartenenti alla serie gessoso-solfifera siciliana.
MUSEO DEL COSTUME “RAFFAELE PIRAINO”
Via dell’Università, 54
Il Museo espone la collezione composta da più di tremila pezzi. Sono esposti esempi di abbigliamento ecclesiastico, per bambini, militare e da gala, si trovano anche
costumi tradizionali dei paesi mediterranei e corredi per
le nozze. La collezione raccoglie materiale databile tra il
Settecento e la prima metà del Novecento.
MUSEO DIOCESANO
Palazzo Arcivescovile
Splendida raccolta d’arte sacra, dal XII al XX secolo,
proveniente soprattutto dalla Cattedrale: marmi, dipinti,
sculture anche lignee, arredi e oreficerie.
MUSEO DEL GIOCATTOLO
Via Consolare, 105
Bagheria
I giocattoli sono esposti in vetrine illuminate e, oltrepassata la soglia, sembra di fare un viaggio al ritroso nel tempo in una atmosfera ovattata ed irreale.
MUSEO DEL MARE
Via C. Colombo, 142
Ospitato nell’arsenale borbonico (1630), conserva oggetti
d’epoca legati alla cultura del mare e modelli di imbarcazioni storiche.
MUSEO DEL RISORGIMENTO “V. E. ORLANDO”
Piazza San Domenico, 1
Nel museo sono conservati quadri, medaglie, sculture e
cimeli con oggetto la storia risorgimentale e l’impresa dei
Mille.
MUSEO DELLA SPECOLA
Piazza del Parlamento, 1
Il Museo della Specola comprende una ricca collezione
di strumenti astronomici, cui si affiancano orologi, strumenti meteorologici e topografici, apparati di fisica e di
geomagnetismo.
MUSEO DI ZOOLOGIA
Via Archirafi, 18
Raccolta collezioni di vertebrati e invertebrati terrestri e
marini, oltre a una raccolta di pesci imbalsamati.
MUSEO ENOLOGICO
Via Maqueda
Nei saloni del palazzo dei Principi di Ramacca, si trova
una mostra permanente di vini siciliani. Il percorso museale, illustrato con audiovisivi e accompagnato dalla degustazione, permette di conoscere meglio i vini prodotti
nell’Isola: bianchi, rossi, moscati, passiti, vini da meditazione e vini Marsala. Notevole anche la sezione dedicata
agli antichi attrezzi della civiltà contadina.
MUSEO ETNOGRAFICO “GIUSEPPE PITRÈ”
Via Duca degli Abruzzi,1
Fondato nel 1909 da Giuseppe Pitrè, conserva una ricca
raccolta etnografica sulla Sicilia. Suddiviso in varie sezioni, vi si trovano arredi della casa contadina, manufatti
e strumenti artigianali, oggetti della vita quotidiana, testimonianze della pratica religiosa e magica, costumi, strumenti musicali e carretti siciliani. Interessante la sezione
dedicata alle pitture su vetro databili alla fine del XVIII
secolo e un presepe trapanese del Settecento, composto
da circa 600 figurine.
MUSEO GEOLOGICO “G. G. GEMMELLARO”
Corso Tukory, 131
Raccolta di reperti dal paleozoico all’era quaternaria:
invertebrati e resti di mammiferi, collezioni di marmi e
rocce.
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MUSEO INTERNAZIONALE DELLE MARIONETTE “ANTONIO PASQUALINO”
Via Butera, 1
Fondato nel 1975 dall’Associazione per la conservazione
delle tradizioni popolari, il Museo si è costantemente ispirato ai principi della moderna museografia e all’attività
teatrale, diventando così uno dei migliori esempi di ricerca museografica sul teatro. Il Museo ospita una collezione
di 3500 pezzi provenienti da tutto il mondo; l’annessa biblioteca Giuseppe Leggio possiede circa 3000 volumi sul
teatro di figura e sulle tradizioni popolari.
PALAZZO ASMUNDO
Via Pietro Novelli, 3
Nei saloni ricchi di affreschi del palazzo, sono esposte
pregevoli collezioni di maioliche, porcellane ed armi.
Presenti alcune portantine e carrozze.
PALAZZO ZIINO
Via Dante
Palazzo Ziino è un bel palazzo di fine Ottocento, recentemente ristrutturato. Ospita una bella collezione permanente di gessi, un tempo appartenuta alla Galleria d’Arte
Moderna.
33. Museo Archeologico Regionale (Antonino Salinas)
Il Museo Archeologico Regionale di Palermo - intitolato
ad Antonino Salinas - è uno dei più importanti musei archeologici dell’area mediterranea. Dal 1866, esso è ospitato in un edificio che in passato faceva parte del complesso della Chiesa di S. Ignazio all’Olivella, costruito nel
1598 e che comprendeva l’Oratorio di San Filippo Neri.
Dopo un bombardamento dell’ultima Guerra Mondiale,
le opere medievali e moderne contenute al suo interno
sono state trasferite alla Galleria Regionale della Sicilia,
presso il Palazzo Abatellis, per consentire la ricostruzione
dell’edificio e la definitiva destinazione a Museo Archeologico.
Circa le opere presenti, il nucleo più antico è costituito
dalle collezioni provenienti dal Museo dell’Università. A
queste collezioni, nel corso degli anni, si sono aggiunti reperti provenienti da scoperte archeologiche, da donazioni
e da acquisti effettuati dalla Commissione di Antichità e
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Belle Arti per la Sicilia, dall’Università di Palermo e dal
Museo stesso (la Collezione del Console inglese Robert
Fagan, la Collezione Casuccini che rappresenta la più bella raccolta di antichità chiusine al di fuori della Toscana,
la Collezione Astuto di Fargione e il Medagliere di Francesco Gandolfo di Termini Imerese).
Nel Museo confluirono anche opere preziose provenienti
da vari edifici cittadini e, subito dopo l’abolizione delle corporazioni religiose (1866-67), delle collezioni antiquarie di proprietà ecclesiastica (come, ad esempio, la
collezione del Museo dei Padri Gesuiti di Palermo). Ad
Antonino Salinas, direttore dal 1873 al 1914, si devono il
primo riordinamento del Museo e l’acquisizione di beni
di vario genere (bibliografico, artistico, storico, archeologico, naturalistico, antiquario).
Attraverso l’esposizione di collezioni e di reperti di diversa provenienza, il Museo illustra le fasi dell’arte e della
civiltà della Sicilia occidentale, dalla preistoria al medioevo. Si possono trovare, inoltre, reperti provenienti dalla
Sicilia orientale (Tindari, Randazzo, Taormina ecc.).
34. Museo d’Arte e Archeologia (Ignazio Mormino)
Il museo ha sede presso la raffinata Villa Zito, costruzione
neoclassica eretta ai primi del Settecento e rimasta dimora
storica dei Principi di Carini fino a metà Ottocento. Ceduta a Francesco Zito, la villa - negli anni ’20 - fu acquistata
dal Banco di Sicilia.
Dopo la seconda guerra mondiale, il Banco cominciò
a sostenere concretamente l’archeologia siciliana. In
quest’ottica, chiese ed ottenne di avere in temporaneo deposito alcuni pezzi archeologici. Il Ministero della Pubblica Istruzione assegnò al Banco ben 320 pezzi, provenienti quasi tutti da necropoli siciliane e, specialmente, da
Selinunte. Questi pezzi - raffiguranti usi e costumi della
gente siciliana - furono esposti in apposite vetrine, in locali che il Banco destinò subito a Museo aperto al pubblico: furono la prima dotazione del Museo, intitolato ad
Ignazio Mormino. Il patrimonio del Museo continuò ad
accrescersi, per quantità e qualità, attraverso varie acquisizioni. In sintesi, il Museo contiene:
• La collezione archeologica, indubbiamente la più importante, che comprende i reperti degli scavi effettuati a
Selinunte, Imera, Solunto e a Terravecchia di Cuti;
• La collezione di ceramiche, che rappresenta una cospicua documentazione di maioliche siciliane, riconducibili
principalmente ai secoli XVI, XVII e XVIII.
• Una collezione numismatica comprendente una raccolta
di monete, un gruppo di medaglie riguardanti la Sicilia e
una biblioteca numismatica, che, tra l’altro, include tutti
i libri che il Re Vittorio Emanuele III conservò con cura,
essendo un appassionato collezionista.
• Un settore dedicato alla Filatelia, che presenta antiche
stampe risalenti al Regno delle Due Sicilie, carte geografiche, antichi francobolli e piante di città siciliane dal Seicento all’Ottocento.
Foto di Bernhard J. Scheuvens
Palermo
All’interno del museo non mancano due strumenti basilari per il corretto funzionamento di una moderna struttura museale: una Fototeca e una Biblioteca. Quest’ultima contiene rarità preziose, uno schedario che racchiude
un’ingente quantità di voci relative ad opere stampate in
Italia e all’estero, dei repertori bibliografici del Narbone e
del Mira, i dizionari del Traina e del Mortillaro e quant’altro di pari valore è stato pubblicato in Italia e all’estero nel
campo dell’Archeologia e della Storia dell’Arte.
35. Museo Diocesano
Ospitato in alcune sale del Palazzo Arcivescovile, il Museo fu fondato nel 1927, dal Cardinale Lualdi. Dopo la
guerra, fu riorganizzato: in particolare, furono recuperate
le preesistenti opere d’arte, specialmente le sculture della
Cattedrale, e raccolti molti dipinti salvati da altre chiese
bombardate e distrutte. Il Museo, nella nuova versione, fu
inaugurato nel 1952, ma già negli anni ’80 subì un nuovo
restauro. Le pregevoli collezioni, comprese tra il XII e il
XIX secolo, mostrano una molteplicità di stili, artisti e
materiali che testimoniano la ricca produzione artistica di
Palermo città e i notevoli rapporti culturali tra la Sicilia e
il continente.
• Opere antiche sono: la Madonna della Luce, mosaico d’età
normanna, la Madonna della Perla e la Madonna detta la Spersa,
tavole d’epoca normanno-sveva, le opere d’importazione
pisana, come il Ruolo dei confrati defunti di Antonio Veneziano e il Trittico di Gera da Pisa.
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• Il Quattrocento è presente con dipinti di pittori locali
come il Maestro delle Incoronazioni, Tommaso de Vigilia, Pietro Ruzzolone, Antonello Crescenzio, Riccardo
Quartararo e di scultori immigrati come Domenico Cagini e Francesco Laurana. Numerose sono poi le sculture
provenienti dalla smembrata tribuna marmorea della Cattedrale di Palermo di Antonelllo Cagini e Aiuti.
• Sono presenti varie opere del pittore napoletano del primo Cinquecento Mario di Laurito, tra cui le tele smembrate del soffitto dipinto del 1536 della distrutta chiesa
dell’Annunziata.
• Dipinti più recenti, comprendenti anche opere d’artisti
immigrati, sono quelli di Vincenzo da Pavia e Simone
Wobrech. Il Manierismo locale è rappresentato dalle tele
del pittore Giuseppe Salerno, soprannominato lo Zoppo
di Gangi insieme a Gaspare Bazzano. Vi sono poi le opere
di scuola genovese come quelle di Bernardo Castello del
1619. Tra i dipinti seicenteschi presenti, si evidenziano
quelli di Pietro Novelli e della scuola che veicola la cultura caravaggesca nella Sicilia occidentale. Molti sono i
frammenti di decorazioni policrome a marmi mischi provenienti da chiese barocche della città, realizzati da abili
maestranze locali. Interessante è il fercolo processionale
ligneo dorato e il dipinto di Sant’Agata del 1680, realizzato su disegno dell’architetto palermitano Paolo Amato.
L’opera plastica di Giacomo Serpotta è rappresentata dalle due teste in stucco già appartenenti alle sculture allegoriche della Clemenza e della Fede.
• Il Settecento si segnala con le tele del messinese Filippo
Tancredi, di Mariano Rossi da Sciacca e del palermitano
Vito d’Anna.
• Le collezioni del Museo, passando attraverso l’Ottocento con dipinti di Giuseppe Velasco e sculture lignee dei
Bagnasco, comprendono anche opere di artisti contemporanei.
36. Orto Botanico
L’Orto Botanico è sede del Dipartimento di Scienze Botaniche dell’Università di Palermo: è tra i più vasti ed
importanti d’Europa. Creato per la coltivazione di piante
officinali, esso sorge nelle vicinanze di Villa Giulia . La
sua costruzione, voluta da Ferdinando IV, ebbe inizio nel
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1789 e termine nel 1795. L’Orto fu subito completato con
una serie di edifici, in stile neoclassico, che ospitano aule
e laboratori di ricerca. Questi edifici si articolano in una
costruzione centrale (Gymnasium) e due corpi laterali
(Tepidarium e Calidarium), realizzati su progetto di Lèon
Dufourny. Oggi il Ginnasio ospita un erbario, con una
consistente raccolta di piante essiccate - originarie della
Sicilia e del bacino mediterraneo - e una ricca biblioteca
con oltre 26000 volumi.
Il giardino ha un’estensione di 10 ettari e un patrimonio
vegetale di circa 12000 specie, molte delle quali sono originarie di zone in cui il clima è abbastanza simile a quello della costa siciliana. Nella parte più antica dell’orto le
piante sono disposte secondo la classificazione di Linneo,
nella parte più moderna la sistemazione segue l’ordinamento di Engler. Varie serre ospitano molte piante esotiche, particolarmente sensibili alle variazioni climatiche:
una di queste, il “Giardino d’Inverno”, fu donata dalla
regina Maria Carolina. Nelle vicinanze di questa serra si
trova l’”Aquarium”, una vasca composta da tre ampi bacini concentrici di diverse profondità, in cui prosperano
numerose piante acquatiche.
In tutto l’area dell’orto è possibile ammirare stupendi
esemplari di piante esotiche come le dracene, le araucarie,
le palme, le piante carnivore e, naturalmente, i monumentali ficus magnolioides. Tra le curiosità botaniche vanno
ricordate l’albero del sapone, l’albero bottiglia, il caffè,
la canna da zucchero, la manioca, la papaia, il banano ed
altre piante da frutto tropicali.
37. La Cuba
La Cuba è l’ultimo monumento creato dai Normanni a
Palermo. Essa è, con la Zisa, l’edificio che più rappresenta l’architettura fatimita, ossia araba, in Sicilia.
Sulle origini del nome regna molta incertezza: l’ipotesi più probabile è che Cuba significhi “casa quadrata”.
L’edificio fu costruito da Guglielmo II nel 1180: per la
costruzione, il re si avvalse di architetti arabi. Prossimo al
palazzo reale, il posto in cui sorse la Cuba era un grande
parco chiamato Genoardo, ossia “paradiso in terra”, perché ricco di acque e di magnifici giardini. La costruzione
era ad un solo piano, diviso in tre parti, priva di appartamenti privati. Era circondata da un laghetto quadrato,
Palermo
oggi scomparso. In definitiva, la Cuba era un grande padiglione dove il re soggiornava nelle ore diurne, assisteva
a feste e cerimonie, riposava e si rinfrescava durante le
giornate più afose.
Dall’esterno, l’edificio si presenta in forma rettangolare,
lungo 31,15 metri e largo 16,80. Al centro di ogni lato
sporgono quattro corpi a forma di torre. Il corpo più sporgente costituiva l’unico accesso al palazzo dalla terraferma. I muri esterni sono ornati con arcate ogivali. Nella
parte inferiore si aprono alcune finestre separate da pilastrini in muratura. I muri spessi e le poche finestre si
pensa siano dovuti ad esigenze climatiche, offrendo maggiore resistenza al calore del sole. Inoltre, si ritiene che la
maggior superficie di finestre aperte fosse sul lato nordorientale, perché meglio disposta a ricevere i venti freschi
provenienti dal mare, temperati ed anche umidificati dalle
acque del bacino circostante.
L’interno della Cuba era divisa in tre ambienti allineati
e comunicanti tra loro. Al centro dell’ambiente interno
si vede un impluvio a forma di stella a otto punte, che
serviva come bacino di raccolta delle acque piovane. La
sala centrale era abbellita da muqarnas (stalattiti delle quali
ne rimane solo una); vi erano quattro colonne e le stanze
laterali erano adibite a luoghi di servizio e come corpo di
guardia. Nella sala, ubicata sul lato nord, si trova un’iscrizione araba, datata 1180, che viene così tradotta: “ … nome
di Dio clemente e misericordioso. Bada qui, fermati e mira! Vedrai
l’egregia stanza dell’egregio tra i re di tutta la terra Guglielmo II.
Non v’ha castello che sia degno di lui. ...Sia lode perenne a Dio! Lo
mantenga ricolmo e gli dia benefici per tutta la vita” .
Dopo i Normanni, lo splendore della Cuba e del suo parco
si spense. Il “paradiso della terra” fu devastato; gli Angioini infierirono sugli alberi e le vigne, che erano stati
coltivati con tanta cura. La Cuba cadde nell’oblio. Solo
il Boccaccio, nel suo Decamerone, vi ambientò una delle
sue più belle novelle, la sesta novella della quinta giornata.
Durante la peste del 1575-1576, la Cuba fu trasformata
in lazzaretto. Successivamente, il governo borbonico vi
insediò la cavalleria. Nel 1860 tutta l’area militare e la
Cuba divennero proprietà dello Stato Italiano. Di recente
la Cuba è stata ceduta alla Regione Siciliana, che, dopo un
valido restauro, ha restituito all’edificio il suo legittimo
splendore.
38. Palazzina Cinese
Nel dicembre del 1798, in fuga da Napoli (ove regnava
col nome di Ferdinando IV), Ferdinando III di Borbone e
la moglie Maria Carolina sbarcarono a Palermo, ben accolti dalla nobiltà cittadina. Il re, amante della caccia, volle subito acquistare dei terreni, per costruirvi una riserva
venatoria: con l’uso dell’esproprio, riuscì a realizzare un
bel parco di 400 ettari, che fu chiamato la Reale Tenuta
della Favorita . In una delle proprietà acquisite, c’era una
fantasiosa casina, di forme vagamente cinesi: il re decise
di ingrandirla e di abbellirla, per farne la sua residenza,
e affidò l’incarico all’architetto G. Venanzio Marvuglia.
Il risultato, rispettoso delle linee originarie della costruzione, è una palazzina orientaleggiante, in cui si nota la
tendenza neoclassica del progettista.
L’edificio si articola su tre piani e un seminterrato. La
facciata mostra un portico centrale con sei colonne a semicerchio, sovrastato da una terrazza. La parte centrale
dell’edificio culmina con una costruzione ottagonale ed
una copertura a pagoda, chiamata Specola o Stanza dei
Venti. Le ali laterali, più basse, hanno due terrazzi con
strane travature traforate. Il carattere curioso della Palazzina si riscontra anche nei suoi colori: ocra, verde e rosso.
L’interno mostra il tipico arredamento e mobilio dell’epoca, ed una raccolta di stampe e sete cinesi ed inglesi. Molto orientali sono i campanellini sopra le cancellate, che
oscillano al vento, mandando il caratteristico suono.
39. Palazzo Aiutamicristo (Palazzo Ajutamicristo)
Su progetto di Matteo Carnelivari - il maggior architetto
del tempo - lo splendido palazzo fu fatto edificare, intorno
al 1490, da Guglielmo Aiutamicristo barone di Misilmeri
e di Calatafimi. Lo stile è gotico-catalano, con evidenti
influssi rinascimentali. Notevoli sono il portale d’ingresso e il duplice loggiato che prospetta sul cortile interno.
Il progetto iniziale prevedeva una struttura grandiosa, che
però fu realizzata solo in parte. L’impegno si dimostrò eccessivo, anche per il barone, banchiere di origine pisana,
che pur disponeva di larghi mezzi. In ogni modo, ne uscì
un palazzo di grande pregio architettonico, che - superbamente arredato all’interno - non tardò a richiamare ospiti
illustri.
Nei primi anni del Cinquecento vi albergò la regina Gio-
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vanna, moglie del re Don Ferrante di Napoli; nel 1535
vi fu ricevuto l’imperatore Carlo V, che preferì Palazzo
Aiutamicristo al palazzo reale, ritenuto non consono alla
imperiale magnificenza; nel 1544 vi prese alloggio Muley
Hassan, re di Tunisi, poco prima di essere accecato dal
figlio Ajaja; nel 1576 vi fu accolto Don Giovanni d’Austria, fratello del re Filippo II, vincitore della battaglia di
Lepanto.
Nel 1588 Margherita Aiutamicristo concesse in affitto il
palazzo a Francesco Moncada, primo principe di Paternò, che presto chiederà, ed otterrà, di tramutare l’affitto
in proprietà.
40. Palazzo Arcivescovile
Il superbo Palazzo Arcivescovile sorge sul lato occidentale di Piazza della Repubblica, di fronte al Duomo. Edificato intorno al 1460 per volere del potente arcivescovo
Simone da Bologna (lo stesso arcivescovo che fece sistemare la Piazza della Cattedrale), l’edificio ha subito via
via rifacimenti, modifiche e ristrutturazioni sostanziali,
specie nel XVIII secolo. Soltanto sulla facciata principale
son rimaste tracce dell’originaria struttura: poca cosa, la
trifora di stile gotico-catalano ed il portale ad arco ribassato. L’interno del palazzo conserva varie opere d’arte, tra
cui ciò che resta degli affreschi di Guglielmo Borremans
(pittore fiammingo dell’inizio Settecento) e gli affreschi
di Pietro Martorana. Dal 1927, il palazzo è sede del Museo Diocesano , cui si accede dal secondo cortile a sinistra.
41. Palazzo Asmundo
La costruzione di Palazzo Asmundo, voluta da un certo
dottor Baliano, ebbe inizio nel 1615 e si concluse solo
nel 1767. In un primo tempo, il Palazzo appartenne alla
famiglia Joppolo, dei principi di S. Elia, poi al Presidente
di Giustizia Giuseppe Asmundo, marchese di Sessa. II palazzo accolse ospiti illustri, tra cui: Maria Cristina, figlia
di Ferdinando III, profuga da Napoli. Una lapide, posta
sulla facciata principale testimonia che qui nacquero, rispettivamente nel 1821 e nel 1822, Anna Turrisi Colonna
e la sorella Giuseppina, pittrice e critica d’arte la prima,
poetessa la seconda.
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Preziosi sono gli scuri veneziani, le malte, le porte barocche. Stupendi gli affreschi con allegorie di G. Martorana,
pittore siciliano del ’700; l’alcova settecentesca con putti,
tralci e tortore che intrecciano un nido d’amore; le collezioni di quadri e le cassapanche maritali del XVI e XVII
secolo esposte in permanenza. Le ceramiche siciliane, le
porcellane napoletane e francesi, i rotoli, i vasi, i ventagli,
i ricami, le armi bianche e da fuoco che arricchiscono volta per volta le esposizioni, ripropongono alla memoria la
“Palerrno felicissima”, menzionata da riviste e libri antichi e moderni e tanto osannata dai viaggiatori cosmopoliti
di allora.
A fine Ottocento, le meraviglie del Palazzo vengono descritte nel libro “La Sicilia”, pubblicato a Milano. Ne è
autore il francese Gastone Vuiller, che così descrive il Palazzo, con toni romantici: “… Sulle pareti tinte di un verde pallido, delle volute leggere s’intrecciano capricciosamente e vanno a svolgersi sul soffitto in una cupola ornata
di pitture aeree. Le porte hanno ornamenti d’oro opaco e
d’oro lucido. La bellezza decorativa di questa sala che era
un’alcova con tende fittissime ermeticamente chiuse, mi
sorprende. Questo evidentemente è un antico palazzo. La
sua bellezza un po’ appassita alla luce viva, conserva tutto
il suo splendore nella semi oscurità. Apro la finestra e mi
avanzo sul balcone che gira su tutto il piano e rimango
abbagliato …”.
42. Palazzo Chiaramonte-Steri
Nel 1306 Manfredi Chiaramonte il Vecchio acquistava
dal Convento di Santa Maria di Ustica e di S. Onofrio,
il terreno su cui sorge l’edificio. Non è noto quando e da
chi fu iniziata la costruzione del Palazzo, ma poiché il
Chiaramonte era Gran Giustiziere Capitano di Palermo
ed Ammiraglio del Regno, è probabile che ad iniziare i
lavori sia stato lui, intorno al 1307.
Il Palazzo è chiamato anche Steri (da “hosterium”, palazzo fortificato), ed è il primo esempio del nuovo stile
architettonico che si affacciava in Sicilia all’inizio del
Trecento: lo stile, detto appunto “chiaramontiano”, che si
caratterizzava per la facciata elegante e raffinata, coronata da feritoie ed adornata da splendide finestre con archi
ogivali a sesto acuto.
Il Palazzo ha una storia segnata da avvenimenti cruenti
e terribili. L’ultimo dei Chiaramonte, Andrea, nel 1396
fu decapitato davanti al suo palazzo. Poi lo Steri passò
al regio demanio. Sotto il re Martino fu sede della Corte;
quindi, intorno al 1400, vi si stabilirono i siniscalchi e
i tribunali. Nel 1601, dopo che nel 1598 la Regia Magna Curia fu trasferita al Palazzo dei Normanni, lo Steri
divenne sede del Tribunale della Santa Inquisizione. In
quel tempo fu costruito il Carcere dei Penitenziati e nello
stesso Steri ebbero sede le spaventose prigioni dei Filippini. Il Tribunale fu chiuso nel 1782 dal Viceré Caracciolo, il quale diede poi alle fiamme l’archivio segreto e gli
strumenti di tortura. Per qualche anno lo Steri fu sede del
Rifugio dei Poveri di S. Dionisio e successivamente della Regia Impresa del Lotto. Dal 1800 al 1958 il Palazzo
ospitò nei piani superiori gli Uffici Giudiziari e, al pianoterra, gli uffici della Dogana. All’interno - al primo piano
- si trova la Sala Magna o dei Baroni, con uno splendido
soffitto ligneo, considerato una vera e propria “enciclopedia medievale”: conta trentadue storie, per lo più bibliche, mitologiche o cavalleresche, dipinte a tempera nel
1380 dai pittori Darenu da Palermo, Simone da Corleone
e Cecco da Naro. In una delle sale è esposta “La Vuccirìa”
di Renato Guttuso. Il celebre quadro, dipinto nel 1974, è
un’opera in cui lo spirito del celebre mercato palermitano,
con il suo colore, le sue suggestioni, il suo stordimento
fatto di odori e di voci, viene evocato nell’espressionismo
vitale di una figurazione esuberante e magniloquente.
Oggi il Palazzo Chiaramonte-Steri è sede del Rettorato
dell’Università di Palermo. Solo una minima parte degli
ambienti è aperta al pubblico.
Foto di Bernhard J. Scheuvens
Palermo
43. Palazzo Mirto
Palazzo Mirto si trova in Via Merlo, in prossimità della
Kalsa. Fu costruito nel Seicento ed è stato per secoli la dimora palermitana dell’antica e nobile famiglia dei Filangeri. Nel 1982, l’ultima erede della famiglia, la nobildonna Maria Concetta Lanza Filangeri, donò il palazzo alla
Regione Sicilia, a condizione che fosse mantenuto nella
sua integrità e aperto alla pubblica fruizione. L’edificio è
il risultato di numerose modifiche e trasformazioni che si
sono via via succedute. Del primitivo palazzo secentesco
è rimasto poco perché - nel 1793 - l’edificio venne radicalmente trasformato: fu risistemato tutto il primo piano
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e realizzato il prospetto sulla Via Lungarini ed il portale
sulla Via Merlo.
Altri lavori si ebbero dopo il 1876, quando fu rifatta la facciata sulla Via Merlo e quella sul cortile. Sempre nell’Ottocento una ristrutturazione degli ambienti del secondo
piano portò alla creazione di un grande appartamento per
la vita privata della famiglia, che da quel momento utilizzerà il primo piano solamente per la rappresentanza.
Per la sua completezza e per la ricchezza dei suoi arredi,
Palazzo Mirto costituisce un’eccezionale attrattiva sia dal
punto di vista artistico e culturale sia dal punto di vista
storico, in quanto testimonianza della vita e degli usi di
una nobile e ricca famiglia palermitana.
Il Museo di Palazzo Mirto. Palazzo Mirto è museo di
se stesso: al primo piano, il percorso di visita si snoda
attraverso la sequenza degli ambienti di rappresentanza
sontuosamente arredati, con pareti impreziosite da rivestimenti in pannelli serici, da arazzi, da tendaggi e da dipinti murali e su tela. In questi saloni sono presenti mobili, quadri, sculture ed importanti collezioni di quasi tutti i
settori di arte applicata: porcellane, maioliche, ceramiche
siciliane, orologi, ventagli, vetri, armi, pezzi da presepe e
bronzetti. Al secondo piano, si trovano gli appartamenti
della famiglia, anch’essi riccamente arredati. Molto interessanti sono anche le cucine e soprattutto le scuderie,
complete di finimenti e livree, dove sono attualmente
conservate le carrozze della collezione Martorana.
44. Palazzo Pretorio
Chiamato anche Palazzo Senatorio o Palazzo delle Aquile, fu eretto nel 1300, sotto Federico II d’Aragona, e fin
dall’origine fu sede del primo cittadino della città, ossia
del Pretore: ancor oggi vi risiede il Comune di Palermo
e vi si riunisce il Consiglio Comunale. Verso la fine del
Quattrocento, fu completamente ristrutturato, per iniziativa del pretore Pietro Speciale, ma fu rimaneggiato anche
in seguito. E’ stato osservato che i rifacimenti del Cinque
e del Seicento hanno trasformato Palazzo Pretorio in una
vera e propria “enciclopedia di stili architettonici”. Infine,
nel 1875, l’architetto Giuseppe Damiani Almeyda ritoccò
l’edificio secondo il gusto neoclassico dell’epoca e ne rivestì l’esterno con un finto bugnato color ocra.
Palazzo Pretorio si presenta come una costruzione rettan-
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golare, con cortile centrale. La facciata principale presenta tre ordini di otto finestre ed una fila di nove balconi nel
piano nobile. Sulla parte alta svetta una statua di Santa
Rosalia, patrona della città, e si allineano gli scudi con le
insegne della città e del Viceré di Castro, opera di Carlo
d’Aprile (1661). Dall’alto dei quattro angoli dell’edificio
vigilano altrettante aquile in cemento, stuccate, mentre sul
portale spicca un’aquila marmorea di stile neoclassico. Il
sopra porta in ferro battuto è opera di Damiani Almeyda.
L’interno è ricco di notevoli opere d’arte: l’atrio mostra
un portale barocco con colonne a spira, stupendi affreschi
cinquecenteschi e bellissime statue; il maestoso scalone,
costruito nell’Ottocento, dà accesso alla Sala delle Lapidi,
così detta per le numerose iscrizioni marmoree collocate
alle pareti; nelle altre sale - tra cui è notevole quella intitolata a Garibaldi - si trovano quadri e sculture di artisti
del XIX secolo, in gran parte siciliani.
45. Palazzo Sclafani
Costruito da Matteo Sclafani nel 1330, il Palazzo prospetta su Piazza San Giovanni Decollato ed è considerato un
raro esempio di architettura civile tardo-normanna. Sembra che la costruzione del Palazzo sia stata originata da
una scommessa: lo Sclafani voleva costruire una dimora signorile che superasse in bellezza quello del cognato
Manfredi Chiaramonte, ossia Palazzo Chiaramonte-Speri. Nel Quattrocento l’edificio fu occupato dagli Spagnoli
e divenne un ospedale. Nell’Ottocento fu trasformato in
caserma. Attualmente è sede del Comando Militare della
Regione.
In questa serie di passaggi e di cambiamenti di destinazione, l’edificio originario fu modificato e in gran parte cancellato. Ciò che resta lascia intuire che Palazzo Sclafani
fosse un palazzo imponente, ingentilito da eleganti intarsi
sulla pietra, dalle leggiadre bifore del piano superiore, dagli archi decorati da inserti di pietra pomice. Sul portone
d’ingresso si trova un’edicola sormontata da un’aquila,
opera di Bonaiuto da Pisa.
Nella corte interna un ignoto artista dipinse un notevole
affresco - con chiare influenze fiamminghe e spagnole raffigurante il Trionfo della Morte. Questo affresco è oggi
conservato alla Galleria Regionale della Sicilia, a Palazzo
Abatellis. Recentemente, è stato scoperto nel cortile l’an-
Palermo
golo di un peristilio di una domus romana: si conservano
parte delle colonne e gli ambienti affacciati sul portico.
46. Villa Bonanno
Realizzata nel 1905, dal sindaco Bonanno che le diede il
nome, Villa Bonanno è un magnifico giardino pubblico
sempre aperto, che si trova in Piazza della Vittoria, dietro
il Palazzo dei Normanni. Nel giardino - piantato a palmeto - sono visibili statue e busti di illustri personaggi palermitani. Sempre nel giardino, sono stati rinvenuti resti di
case patrizie romane, con mosaici: notevoli sono i mosaici delle stagioni e di Orfeo, ora conservati presso il Museo Archeologico Nazionale. Adiacente alla villa sorge la
fontana col monumento a Filippo V, opera ottocentesca di
Nunzio Morello. Sembra che la fontana sia stata progettata nel 1661 da Carlo d’Aprile, con la partecipazione dei
Serpotta.
47. Villa Giulia
Villa Giulia (detta anche Villa Flora) è un parco stupendo,
fra i più belli d’Italia, che sorge sulla pianura di Sant’Erasmo, nei pressi dell’Orto Botanico. Il parco fu disegnato
da Nicolò Palma nel 1778 e dedicato alla moglie del viceré spagnolo, Donna Giulia d’Avalos Guevara: fu quindi
ampliato nel 1866, e divenne il primo parco pubblico di
Palermo.
La Villa è fornita di due ingressi: uno dal lato del mare, di
fronte al Foro Italico, uno da Via Lincoln, a pochi passi
dall’Orto Botanico, e si caratterizza come giardino all’italiana a pianta quadrata e a schema geometrico con raggi
concentrici, al cui interno, oltre a distese di verde ineguagliabili, stanno vasche con pesciolini, bimbi che giocano
divertiti e persone che si godono pace e relax in mezzo a
due arterie fra le più trafficate e caotiche della città (Via
Lincoln ed il Foro Italico).
All’interno della Villa si trovano opere d’arte di inestimabile valore e incredibile bellezza, tra i quali busti di
personaggi illustri di Palermo, il Genio di Palermo con
la sua splendida fontana annessa (opera settecentesca di
Ignazio Marabitti) e la meravigliosa fontana posta nel
piazzale centrale, circondata da quattro esedre neoclassiche a nicchione.
48. Villa Malfitano
Realizzato nell’Ottocento dalla famiglia Whitaker, il
complesso di Villa Malfitano si trova in Via Dante, nel
cuore di Palermo. Il magnifico parco si estende su circa
otto ettari e costituisce un vero e proprio orto botanico,
ricco di molte specie di piante, anche tropicali. Molto interessanti sono la serra - il cosiddetto Giardino d’Inverno
- e il laghetto dei papiri.
La palazzina ottocentesca che vi insiste è di stile neoclassico: essa mantiene intatto il suo prezioso arredo (quadri,
mobili, vasellame, avori, argenterie e una preziosa collezione di coralli trapanesi del Seicento e del Settecento) ed
è un raro esempio di conservazione di un bene culturale e
ambientale a Palermo. Di particolare interesse è la collezione di arazzi fiamminghi dei XVI secolo che raccontano
la storia del viaggio di Enea da Troia alle rive del Tevere,
la coppia di elefantini in smalto cloisonné provenienti dal
palazzo imperiale di Pechino, il clavicembalo settecentesco recentemente restaurato anche nella parte pittorica,
una slitta russa tardo-settecentesca e collezioni di porcellane, ventagli e quadri dell’Ottocento siciliano. La palazzina è sede della Fondazione Whitaker.
49. Quattro Canti (Piazza Vigliena, Ottagono del Sole, Teatro del Sole)
La Piazza dei Quattro Canti - denominata Piazza Vigliena - si trova all’incrocio dei due principali assi viari di
Palermo: Corso Vittorio Emanuele e Via Maqueda. Venne
compiuta nei primi anni del Seicento, per volere del viceré spagnolo marchese di Villena, su disegno dell’architetto Giulio Lasso. Dopo il 1617, direttore dei lavori fu l’ingegnere Mariano Smiriglio, che cambiò profondamente
l’assetto decorativo previsto inizialmente. Nel corso del
tempo, la piazza ha avuto diversi nomi: Teatro del Sole,
perché in ogni stagione due dei quattro cantoni sono sempre illuminati dal sole; Ottangolo, per la sua particolare
conformazione geometrica; Occhio della Città, o Teatro
della Città; perché ospitava le più importanti manifestazioni cittadine. Ancor oggi, la piazza è uno dei punti più
frequentati della città.
La piazza rappresenta il punto d’arrivo di una vera rivoluzione urbanistica. Prima di essa, la costruzione di un
edificio condizionava la sistemazione urbanistica; dopo
di essa, sono le strade e le piazze che determinano l’evo-
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luzione della città.
La piazza è di stile architettonico corretto e le quattro facciate uniformi sono adorne di fregi e di intagli assai pregevoli e di dodici statue, disposte su tre ordini: le statue
del primo ordine, che simboleggiano le quattro stagioni,
si trovano ciascuna su di una fontana posta fra due colonne di marmo; quelle del secondo ordine, sono le statue dei
sovrani spagnoli Carlo V, Filippo II, Filippo III e Filippo
IV, sono poste in nicchie fra due colonne scannellate; infine, quelle del terzo ordine sono le statue delle quattro
sante vergini palermitane: Santa Cristina, Santa Ninfa,
Sant’Oliva e Sant’Agata. Queste ultime statue sono sormontate da grandi aquile marmoree con le armi regie sul
petto e due scudi ai lati, uno del viceré e l’altro del Comune.
50. Ponte dell’Ammiraglio
Il ponte dell’Ammiraglio venne costruito sul fiume Oreto
nel 1113 da Giuseppe di Antiochia, grande ammiraglio del
re Ruggiero II. L’opera testimonia la grande professionalità posseduta dai tecnici arabi e normanni, coniugata con
l’antica esperienza bizantina nella costruzione dei ponti:
è uno dei pochi monumenti dell’architettura normanna ed
è anche il più antico ponte di pietra che sia stato costruito
dopo la caduta dell’impero romano. Il Ponte ha undici archi, estremamente acuti, staticamente idonei a sopportare
grandi sollecitazioni. Si nota anche l’accorgimento adottato per alleggerire - con l’apertura di un arco minore - la
spalla tra due archi maggiori, ciò consente, oltre ad un
risparmio di materiali, un alleggerimento della pressione
del fiume sulle strutture. Sotto il ponte non passano più
le acque dell’Oreto, il cui corso è stato deviato. L’antico
letto del fiume palermitano ha anch’esso la sua pagina di
storia; sulle sue acque, il console romano Metello sconfisse i cartaginesi. e - molti anni dopo - nel 1038, Giorgio
Maniace debellò le orde devastatrici dei Saraceni. Nella
campagna vicina al ponte, il 27 maggio 1860 Giuseppe
Garibaldi, prima di entrare in Palermo, sostenne un fierissimo attacco delle truppe borboniche.
51. Porta Felice
E’ la porta cittadina che chiude il Cassaro dal lato del
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mare. La prima pietra fu posta nel 1582 dal Viceré Marcantonio Colonna, che la chiamò col nome della moglie
Donna Felice Orsini. Alla partenza del Colonna (1584),
i lavori furono interrotti: ripresi nel 1602, si conclusero
nel 1637. I bombardamenti del 1943 distrussero una delle torri, che però fu ricostruita abbastanza fedelmente.La
Porta testimonia gli influssi stilistici dei diversi periodi in
cui fu costruita e dei diversi artisti che vi han posto mano
(M. Smiriglio, P. Novelli e V. Tedeschi): la parte interna
è classica e lineare, mentre quella esterna è sontuosa e
barocca. Porta Felice è decorata di sculture aggiunte in
epoca successiva. I simboli dell’opera sono costituiti da
due grosse aquile, con lo stemma dei re spagnoli, e più in
alto, tra le volute, dagli stemmi cittadini e viceregi.
I bastioni erano ornati da due statue che rappresentavano
S. Cristina e Santa Ninfa. Quest’ultima statua è andata
distrutta. Accanto ai due bastioni stanno il Loggiato San
Bartolomeo, struttura oggi dedicata a mostre ed eventi
culturali, e la cosiddetta “passeggiata delle cattive” (nel
senso di captivae, prigioniere), largo passetto costruito
sulle mura di cinta che permetteva alle donne di passeggiare senza unirsi ai maschi, che stavano al di sotto.
52. Porta Nuova
Fu eretta nel 1583, al posto di una porta preesistente (la
cosiddetta “Porta del Sole”). Porta Nuova fu deliberata
dal Senato cittadino, per celebrare il rientro dell’imperatore Carlo V, dopo la vittoria di Tunisi contro i Mori
(1535).
L’opera - che ricorda gli antichi archi trionfali di Roma si presenta come una massiccia costruzione tardo-manierista, con un gran fornice sovrastato da una leggera loggia
rinascimentale. La costruzione termina con una copertura
a cuspide ricoperta di maiolica. Sul tetto a spioventi spicca l’aquila imperiale. L’esterno della Porta è decorato con
quattro grandi statue di mori prigionieri, due delle quali con le braccia mozzate. Oltre la porta, si apre l’antico
Cassero, ora Corso Vittorio Emanuele: il lungo rettilineo
è coronato, all’estremità opposta, da Porta Felice.
53. Teatro Massimo
Commissionato per celebrare l’unità d’Italia e situato
Palermo
in Piazza Verdi, il Teatro Massimo “Vittorio Emanuele” è considerato fra i più belli d’Europa, secondo solo
all’Opéra di Parigi. La costruzione del teatro, su progetto
di G.B. Filippo Basile, iniziò nel 1875 e durò ventidue
anni: per la costruzione stessa fu necessario demolire le
mura del Monastero delle Stimmate, ed altri edifici, tra
cui una chiesa, un monastero ed una porta. Dal 1891 i
lavori continuarono sotto la guida di Ernesto Basile, figlio
del progettista: oltre alla definizione del teatro, si provvide a sistemare l’illuminazione della piazza, a rifare il Palazzo Francavilla e a realizzare i due bei chioschi Ribaudo
e Vicari. Il teatro fu finalmente inaugurato il 16 maggio
1897, con l’opera Falstaff di Giuseppe Verdi.
L’edificio è di stile neoclassico. Sulla grandiosa scalinata
esterna si possono ammirare due notevoli gruppi in bronzo - La Lirica del Rutelli e La Tragedia del Civiletti - e due
leoni. La grande sala è sormontata da una bella cupola ad
emisfero.
L’attività lirica continuò fino al 1974, quando il Massimo fu chiuso perché non rispondente alle nuove norme di
sicurezza: venne riaperto solo nel 1997 e da allora ospita la stagione ufficiale, con opere, balletti e concerti. Sul
frontone del Teatro un’epigrafe dice che l’arte rinnova i
popoli e ne rivela la vita. Queste parole si sono rivelate
profetiche: la riapertura del Massimo, infatti, ha coinciso
con la rinascita culturale della città.
54. Teatro Politeama
L’imponente Teatro Politeama Garibaldi sorge in Piazza
Ruggero Settimo. Fu edificato in stile neoclassico dall’architetto Giuseppe Damiani Almeyda. I lavori iniziarono
nel 1867 e terminarono nel 1891; tuttavia, l’inaugurazione ebbe luogo nel 1874 - quando il teatro era ancora incompleto - con l’opera I Capuleti e i Montecchi di Bellini.
Del Teatro Massimo il Politeama condivide lo stile ed il
periodo di costruzione, ma i due teatri hanno avuto - fin
dall’inizio - una diversa destinazione. In effetti, “Politeama” significa teatro in cui si danno rappresentazioni di vario genere. L’edificio è semicircolare e presenta due ordini
di colonnati, uno ionico ed uno dorico. La facciata, riccamente decorata, ricorda lo stile di Pompei ed è dominata
dalla Quadriga di Apollo, gruppo bronzeo realizzato dal
Rutelli. Il tetto è coperto da una grande cupola in ferro.
Da novembre a maggio il Politeama propone una ricca
stagione di concerti e balletti. Alcune sale del Teatro ospitano la Civica Galleria d’Arte Moderna.
55. Catacombe dei Cappuccini
La chiesa di Santa Maria della Pace - conosciuta come
Chiesa dei Cappuccini - è stata eretta dai frati omonimi
verso la metà del Cinquecento, forse su un complesso
preesistente. Fu completamente ristrutturata nel 1618 e
restaurata anche nel 1934. L’annesso convento fu creato
nel 1621 ed è famoso perché ospita - nei sotterranei - un
cimitero particolare, chiamato “Le Catacombe” di Palermo, e formato da una serie di gallerie scavate nel tufo.
Le catacombe si estendono per circa 300 metri quadrati
e custodiscono più di 8.000 scheletri e corpi mummificati, sepolti tra il 1559 e il 1881. Inizialmente, i frati venivano sepolti in una specie di cisterna scavata nel tufo
sotto il lato meridionale della chiesa, ma già alla fine del
Cinquecento questa cisterna si era rivelata insufficiente.
Si cominciò quindi a scavare le gallerie, dietro l’altare
maggiore della chiesa. Un cartello ricorda che il primo
“ospite” delle “Catacombe” fu un religioso di Gubbio,
Fra Silvestro, morto il 16 ottobre 1599.
Nel traslare i corpi dei defunti dalla cisterna alle gallerie, i
Cappuccini si accorsero che - evidentemente per la natura
dell’ambiente - si era verificato un notevole processo di
mummificazione naturale. Dopo questa scoperta, le gallerie cominciarono ad ospitare salme, non solo dei Padri
Cappuccini, ma anche di non religiosi. L’usanza cessò nel
1881.
Le “Catacombe” hanno avuto una serie di visitatori illustri, tra cui Ippolito Pindemonte, che le descrisse nei suoi
“Cimiteri”, Guy de Maupassant e Giacomo Leopardi, che
vi dedicò alcuni versi nei suoi “Paralipomeni della Batracomiomachia”. Superfluo aggiungere che l’esposizione
delle salme può destare una certa ammirazione, ma può
anche essere motivo di turbamento per chi fosse particolarmente impressionabile.
56. Loggia dell’Incoronazione
Prima che l’Arcivescovo Gualtiero Offamilio riedificasse la Cattedrale di Palermo (nel 1185), la Loggia era una
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cappella unita al Duomo da un portico. Ora essa sorge
a nord della cattedrale, presso la cappella di Santa Maria Incoronata. Gli storici affermano che la Loggia era il
luogo ove venivano incoronati i re di Sicilia, che da qui
si mostravano al popolo plaudente. A cavallo fra il Cinquecento ed il Seicento la struttura fu modificata, in particolare con l’aggiunta della balaustra. Da allora, la Loggia
cambiò “funzione”, divenendo luogo d’incontro preferito
della nobiltà palermitana.
57. Mercato della Vucciria
Nell’antico quartiere della Loggia - fra Via Roma, la Cala,
il Cassaro e Piazza San Domenico - si trova il caratteristico mercato della Vuccirìa, il più noto di Palermo. La Vuccirìa è un mondo a sé, un concentrato di colori, di odori, di
sapori, di voci antiche: se n’accorse anche il pittore siciliano Renato Guttuso (1912-1987), che della Vuccirìa ha
lasciato un quadro stupendo. Sorto fra il X e l’XI secolo,
con l’interramento del porto antico, questo mercato offre
di tutto, ma specialmente generi alimentari. Sembra infatti che il suo nome derivi - in epoca angioina - da una storpiatura del termine “boucherie”, che in francese indica il
mercato della carne, ma qualcuno sostiene che il nome
rifletta la confusione che vivacizza ogni mercato, e che
nel dialetto palermitano chi chiama appunto “vuccirìa”.
In ogni caso, nel Cinquecento, il mercato viene chiamato
“bocceria della foglia”, chiaro segno che vi si commercia anche frutta e verdura. Il nome attuale sarà adottato
nel Settecento. Nel 1783 il Viceré Caracciolo riordinò il
mercato: fu eretta una serie di portici, oggi scomparsi, e
creata una loggia quadrata con una bella fontana di marmo. Verso la fine dell’Ottocento, il mercato si estese fino
a Piazza Garraffello.
Inoltrarsi nei vicoli di questo mercato, ricercare il “genius
loci”, gustare il cicaleccio e il richiamo dei venditori, fingere di contrattare sul prezzo, è un’esperienza irripetibile:
è un ultimo tuffo in un mondo che - dopo secoli di vita va lentamente scomparendo.
58. Mercato di Ballarò
Sorge nella piazza omonima, nel quartiere Albergheria,
ed è probabilmente il più antico mercato alimentare di
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Palermo, vivace e colorito come quello della Vuccirìa: ne
scrive già, nei suoi appunti, un viaggiatore arabo del X
secolo. Le origini del nome di questo mercato sono incerte: sembrano prevalere le ipotesi che Ballarò derivi da
“Balhara”, antico villaggio presso Monreale, da cui giunsero a Palermo i primi mercanti arabi, o da “Vallaraya”,
nome di un re indiano della regione del Deccan, da cui
provenivano diverse spezie. Nelle vicinanze della piazza
nacque - nel 1743 - Giuseppe Balsamo, più noto come
Conte di Cagliostro, personaggio famoso in Europa per
le sue arti di negromante, che fondò la massoneria di rito
egizio. Ancor oggi la figura di Cagliostro resta affascinante e a Ballarò si possono trovare indicazioni per visitare il
luogo natale del “Conte”.
59. Oratorio di San Lorenzo
Nel 1569-1570, l’Oratorio fu edificato dalla Compagnia
di San Francesco - presso la chiesa di San Francesco
d’Assisi - sui resti di un’antica chiesetta dedicata a San
Lorenzo. Il semplice edificio serviva per seppellire i morti del circostante quartiere della Kalsa. Pochi anni dopo,
nel 1609, l’altar maggiore fu impreziosito da una tela del
Caravaggio, la famosissima Natività (che fu purtroppo trafugata nel 1969). Alla fine del XVII secolo i Francescani
decidevano di riconfigurare la semplice aula, affidando il
progetto architettonico a Giacomo Amato e quello scultoreo a Giacomo Serpotta. La ricca decorazione dell’interno fu eseguita dal Serpotta fra il 1699 ed il 1706, ed è
considerata il suo capolavoro. Gli stucchi, di straordinaria
bellezza ed eleganza, comprendono alcuni rilievi, statue
ed un’esuberante composizione di putti. Lo splendido ciclo narrativo racconta nei preziosi bassorIlievi prospettici
scene della vita di San Francesco sulla parete destra e, su
quella opposta, scene della vita di San Lorenzo. La plasticità e la tridimensionalità delle opere sono stupende ed
impressionanti.
60. Oratorio di Santa Cita (Oratorio del Rosario in Santa Cita)
Fu realizzato nel Seicento dalla Compagnia del Rosario
in Santa Cita, di fianco alla chiesa omonima. L’Oratorio
- orientato ad esaltare l’intervento della Madonna nella
lotta fra cristiani ed infedeli - è il capolavoro di Giacomo
Palermo
Serpotta, massimo decoratore barocco dell’epoca, che vi
lavorò dal 1685 al 1690 circa. Incaricato di decorare in
stucco il vasto ambiente, il Serpotta vi inserisce i quindici
Misteri del Rosario, la raffigurazione della Battaglia di
Lepanto e numerose statue allegoriche di Virtù. La sua
freschezza nella composizione e l’eccezionale inventiva
si notano particolarmente nei putti che animano la stupenda controfacciata. Lungi dal restare semplici figure
marginali, essi diventano presenze vive della sacra rappresentazione: sembrano interpretare giocosamente gli
episodi evangelici dei Misteri, sdrammatizzandoli con un
richiamo al sorriso. Anche la Battaglia di Lepanto, ormai
vinta, viene descritta “guardando in avanti”: la scena sembra indicare che - dopo la conquista - la cristianità deve
rinascere e ricostruire. Insomma, dagli stucchi serpottiani
sprizza la luce e la speranza. L’altare è delimitato da raffinate cantorie ornate di angeli, ed arricchito da una tela di
Carlo Maratta, “Madonna col Rosario”.
Nel 1717 Serpotta tornò a decorare il presbiterio con le
due statue di Giuditta e Ester, frutto del suo nuovo stile
maturo appena mostrato nel vicino oratorio del Rosario in
San Domenico. Il recente restauro ha rivelato la presenza di interessantissimi disegni autografi del Serpotta sulle
pareti dell’oratorio.
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