La città Definire una città Una definizione di città valida a descrivere la complessità dei fenomeni urbani per ogni luogo e momento storico è impossibile Problemi e vantaggi nella definizione di Louis Wirth (1938) Una città è un insediamento relativamente: • • • • Vasto Denso Duraturo Di persone socialmente eterogenee Modelli urbani nella modernità • La città moderna (o città-fabbrica): Londra • La città verticale: New York • La città orizzontale (o “fordista”): Milano [Questa presentazione si avvale del testo di N. Leotta, Photometropolis. Per una sociologia visuale della città, Pescara-Milano, LeVespe, 2000] Cosa sono le culture visuali? Sociologia del Territorio AA. 2016/17 Antonino Campennì Cultura visuale: Vedere e Guardare • Guardare = atto fisiologico istintivo, passivo • Vedere = atto consapevole, attivo, influenzato dunque dall’esperienza personale e dalla cultura • Ciò che vediamo è dunque connesso alle nostre credenze, ai nostri valori, ai nostri scopi e alle nostre aspttative • Vedere è un atto selettivo: vediamo ciò che vogliamo vedere, ma anche ciò che possiamo vedere • Nella nostra epoca aumenta la possibilità di guardare ma non sempre quella di vedere: non sempre abbiamo la capacità di riconoscere quello che guardiamo • Ogni epoca ha la sua “cultura visuale”, influenzata dai mutamenti tecnologici. Ogni novità tecnologica in campo visuale richiede una fase di alfabetizzazione • Oggi viviamo in un mondo continuamente attraversato da immagini, che comporta un affinamento continuo delle nostre capacità di visualizzazione, ovvero le nostre capacità di comprendere e dare un senso a ciò che vediamo • Queste capacità (e possibilità) di visualizzazione da parte dei soggetti diventa dunque cruciale ai fini della possibilità di partecipare a pieno titolo alla vita sociale • La cultura visuale diventa così un elemento fondamentale nello studio dei fenomeni sociali Passaggi d’epoca nelle culture visuali Passaggio da una cultura: testuale e diacronica, ad una Visuale e sincronica; Passaggio da una comprensione: Lineare-razionale-logica, ad una Simultanea-immediata-emotiva; Da una comunicazione: Testuale, discreta, codificata, più al riparo da fraintendimenti, riferita ad una realtà considerata come oggettiva, ad una Visuale, basata sulla rappresentazione e sulla simulazione, più ambigua, che produce senso malgrado non si riferisca a una realtà “oggettiva”; Da una tecnologia visuale: Analogica, pesante, costosa, poco accessibile ad una Digitale, leggera, relativamente poco costosa, accessibile. Passaggi nella storia delle tecnologie visuali • Arti figurative (illustrazione, pittura, scultura..) • Fotografia (1826, prima fotografia, realizzata da Joseph Nicéphore Niépce) • Cinema (1895, primo filmato dei f.lli Lumiere) • Televisione (in Italia: prime trasmissioni nazionali della RAI nel 1954) • Digitale (anni ‘80…) Visione filmato dei fratelli Lumiére Per un approccio iconografico allo studio dello sviluppo urbano Fare il ritratto di una città è l'opera di una vita e un solo ritratto non può bastare, perché la città cambia continuamente. Ogni cosa nella città è parte della sua storia: il suo corpo di mattoni, di pietra, d'acciaio, di vetro, di legno, la linfa che corre nelle sue vene, il respiro delle sue donne e dei suoi uomini. Strade, scorci, panorami, vedute dall'alto a mo' di uccello, vedute dal basso a mo' di lombrichi, la dignità e la vergogna degli uomini, la vita lussuosa e la vita sordida, la tragedia e la commedia, lo squallore e la opulenza, le torri possenti dei grattacieli e le ignominiose facciate dei tuguri, e la gente che lavora, gente che vive la vita familiare, gente che si diverte. B. Abbott, New York in the Thirties, 1967 • In L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica Walter Benjamin afferma che "la natura che parla alla macchina fotografica è (...) una natura diversa da quella che parla all'occhio" dato che "al posto di uno spazio elaborato consapevolmente dall'uomo, c'è uno spazio elaborato inconsciamente" e che l'uomo solo attraverso il medium fotografico "scopre questo inconscio ottico, come, attraverso la psicanalisi, l'inconscio istintivo" (1966, 62). • Se tutto ciò è vero, allora dovremo chiederci quanto lo sguardo iconografico è prezioso in sociologia per valutare un "intero culturale", le sue strutture più profonde, le sue rappresentazioni mitiche, il rapporto con lo spazio, il suo tempo quotidiano e quello metastorico. Il processo che ha portato all'integrazione tra il linguaggio fotografico e le scienze sociali ha seguito itinerari diversi anche in paesi con affinità culturali come, per esempio, in Italia e negli Stati Uniti. La fotografia sociale negli USA • A differenza dell’Italia, negli Stati Uniti d’America l'uso della macchina fotografica (anche in prima persona da parte dei sociologi), è sempre stato considerato come uno degli strumenti fondamentali della ricerca sociale. • Basti ricordare la lunga tradizione della fotografia sociale americana che, già dalla fine del secolo scorso, aveva definito un'area precisa di indagine, come testimoniano le immagini di denuncia degli slums di Little Italy di Jacob A. Riis, oppure l'efficace studio fotografico sullo sfruttamento minorile condotto dal sociologo-fotografo Lewis W. Hine o i reportage urbani sulla bella gente di New York condotti per decenni dalla famiglia di fotografi Byron. • Scelte di campo precise che, mettendo insieme osservazione partecipante e rigore scientifico, miravano a testimoniare la presenza di universi culturali diversi in spazi determinati e riconoscibili (i quartieri degli immigrati, le comunità etniche, le aree commerciali). Ottica, questa, sempre presente nella fotografia sociale americana, che ha avuto come obiettivo principale quello di restituire ai soggetti, riportati nell'immagine/evento, spessore storico e identità sociale (G. FREUND 1976; J. WAGNER 1979). • Si tratta dunque di riconoscere una relazione fondamentale tra fotografia e ricerca urbana, tra sguardo iconografico e sguardo sociologico. • Due modi diversi di "leggere" la realtà, che viaggeranno in parallelo nel nostro corso: da un lato considereremo il contributo della sociologia allo studio dei fenomeni urbani, dall’altro quello di autori di immagini “urbane” a vario titolo: oltre ai fotografi, specie per quanto riguarda i periodi antecedenti all’invenzione della fotografia saranno presi in considerazione anche illustratori, pittori, scultori ed ogni altra figura (alla fine anche gli stessi sociologi) che si è cimentata con la rappresentazione iconografica della realtà sociale. • Il precorso sociologico e iconografico che compieremo ha come finalità quello di abituarci all’uso delle immagini a scopo di osservazione, ma non costituisce ancora una vera e propria introduzione alla sociologia visuale • Le immagini che vedremo risultano infatti mancanti, rispetto a una immagine sociologica, non nel contenuto, ma nella metodologia, nell'interpretazione e nell'utilizzazione (C. STAZS in J. WAGNER 1979; T. J. CURRY, A. C. CLARKE 1983). • Ciò che differenzia la fotografia sociale o l'immagine del sociale da un'iconografia di valore sociologico è la progettualità della fotografia dentro un programma di ricerca ben specifico (F. FERRAROTTI 1974; H. S. BECKER 1981a). "Fotografie e filmati acquistano valore sociologico quando se ne verificano la capacità descrittiva, la rappresentatività, l'attendibilità mediante procedure teoricamente e metodologicamente fondate; e quando, al di là della loro funzione sociografica, diventano strumento di indagine, di conoscenza e di riflessione" (F. MATTIOLI 1991, 10).