FILOSOFIA DELLA SCIENZA
a.a 2014/15
Testi per l’esame:
D. Gillies, G. Giorello, La filosofia della scienza nel XX secolo, Laterza,
1995 (o ed. succ.), capp. 1, 2, 3, 4, 7, 8 (a esclusione di 8.6 e 8.7), 9,
11;
A. Cerroni, Z. Simonella, Sociologia della scienza. Capire la scienza
per capire la società contemporanea, Carocci, 2014, capp. 1, 1.1,
1.2, 1.3, 1.4, 1.5, 2.5.
Nota bene:
Queste slide costituiscono un supporto per lo studio dei testi, ma
non li sostituiscono in alcun modo.
Le letture indicate nelle slide non sono obbligatorie.
FILOSOFIA DELLA SCIENZA
PARTE SECONDA:
Scienza e società
Marco Bresadola
Dipartimento di Studi umanistici
Università di Ferrara
Lezione 11:
• La scienza come attività sociale
• La sociologia della conoscenza
• Merton e la nascita della sociologia della scienza
Cerroni-Simonella, capp. 1-1.3.1
La scienza come attività sociale
F. Cesi, fondatore Accademia dei Lincei (1616)
H. Oldenburg, segretario Royal Society (1665)
Sociologia della conoscenza
La sociologia della conoscenza studia l’insieme delle forme della
conoscenza (idee, ideologie, teorie scientifiche, dottrine politiche e
religiose, credenze, categorie, ecc.) e le pratiche che caratterizzano
l’attività del conoscere, delle quali si tematizza la relazione con la
società secondo approcci diversi.
Due tradizioni di ricerca principali:
1. Le forme della conoscenza sono prodotti delle condizioni
dell’esistenza in cui vivono gli individui (determinazione sociale
della conoscenza)
2. Le conoscenze vengono costruite e interpretate come realtà sulla
base di relazioni sociali (realtà come costruzione sociale)
La sociologia come studio della determinazione sociale della
conoscenza:
• Max Weber e lo spirito del capitalismo (1904-1905)
• Karl Mannheim e il «relazionismo» della conoscenza (ma non
quella scientifica) (1929)
• Otto Neurath e la critica al principio di verificabilità dei
neopositivisti
• Ludwig Wittgenstein e la teoria dei giochi linguistici e delle forme
di vita (1953)
• Robert K. Merton e lo studio del sistema sociale della scienza
Sociologia della scienza
In Scienza, tecnologia e società nel diciassettesimo secolo (1938),
Merton sviluppa le tesi di Weber applicandole alla nascita della
scienza moderna in Inghilterra, che interpreta alla luce della
diffusione dell’etica puritana.
La sociologia della scienza fondata da Merton è una sociologia delle
norme sociali e dei meccanismi istituzionali che regolano la comunità
scientifica:
«Considereremo così non i metodi della scienza, ma i ‘costumi’
(mores) che circoscrivono questi metodi. […] Analogamente non
tratteremo gli elementi fondamentali della scienza (ipotesi,
uniformità, leggi) tranne quando essi siano pertinenti ai sentimenti
sociali standardizzati verso la scienza.» (Merton, Sociologia della
scienza, 1942)
• Per Merton la comunità scientifica è costruita sulla condivisione di
norme e valori che sono istituzionalizzati e che ne costituiscono
l’ethos. Questi valori sono quattro (CUDOS):
1. Comunismo (o comunitarismo)
2. Universalismo
3. Disinteresse
4. Scetticismo organizzato
R.K. Merton, Teoria e struttura sociale (1949), Einaudi, 1971, vol. III, pp. 973 ss.
• La centralità del sistema di premi e ricompense (e le sue
disfunzioni)
• Le anomalie comportamentali degli scienziati
• L’ambivalenza delle norme: segretezza, particolarismo, interesse,
dogmatismo organizzato
Lezione 12:
• Le critiche alla sociologia mertoniana
• L’influenza di Kuhn sulla sociologia della scienza
• Dalla sociologia della scienza alla sociologia della
conoscenza scientifica
Cerroni-Simonella, capp. 1.3.2-1.5.1
I limiti della sociologia di Merton
- Le norme morali della comunità scientifica potrebbero non
corrispondere all’effettiva prassi scientifica né sono sempre
istituzionalizzate (ex. violazione del principio universalistico)
- La considerazione della comunità scientifica come qualcosa di
separato dalla società non riesce a rendere conto della
complessità dei rapporti tra accademia, governo e industria
- La visione positivista della scienza di Merton indirizza l’analisi
sociologica sugli ‘errori’ della scienza (i.e. le devianze dalla
razionalità scientifica)
- La sociologia della scienza mertoniana si limita all’analisi delle
norme morali e dell’ethos della comunità scientifica, senza
affrontare la questione dei contenuti e delle norme tecniche della
scienza
Kuhn e la sociologia della scienza
Ne La struttura delle rivoluzioni scientifiche (1962), Thomas Kuhn
adotta una visione insieme epistemologica e sociologica dello
sviluppo della scienza: lo scienziato adotta un paradigma che è frutto
dell’accordo all’interno di una comunità di scienziati e che ne
condiziona il modo in cui vede il mondo.
L’approccio di Kuhn evidenzia la dimensione sociale dell’impresa
scientifica ed elimina la distinzione tra contesto della scoperta e
contesto della giustificazione (vs empirismo e neopositivismo, ma
anche falsificazionismo).
La sociologia della conoscenza
scientifica/1
Un punto debole dell’analisi di Kuhn riguarda l’emergere della novità, che
sarebbe possibile solo all’interno di un rivoluzione. Secondo Michael
Mulkay (The social process of innovation, 1972), l’innovazione può avvenire
anche in forma meno drammatica, ad esempio con il passaggio di un
ricercatore in una nuova area di ricerca o con l’inaugurazione di nuove aree
di ricerca prima inesistenti. Mulkay spiega il processo dell’innovazione in
termini sociologici (importanza dei concetti di network, migrazione
intellettuale e cross fertilization).
L’idea che la conoscenza è determinata socialmente non solo nelle forme
ma anche nei contenuti è alla base del programma della sociologia della
conoscenza scientifica (dalla determinazione sociale della conoscenza alla
scienza come costruzione sociale).
La sociologia della conoscenza
scientifica/2
Secondo l’approccio SSK (Sociology of scientific knowledge), i fattori
sociali non si limitano a influenzare la conoscenza scientifica, ma
sono letti come parte costitutiva di questa.
A fondamento della sociologia della conoscenza scientifica vi è il
«programma forte» elaborato dalla Scuola di Edimburgo negli anni
settanta del ‘900 sulla scorta della sociologia della conoscenza di
Mannheim.
I principi del programma forte della SSK sono quattro: causalità,
imparzialità, simmetria, riflessività.
David Bloor, La dimensione sociale della conoscenza (1976), Cortina, 1994, pp. 7-13.
Lezione 13:
• La Scuola di Bath e le controversie scientifiche
• Gli studi di laboratorio
• Latour e l’actor-network theory
• Scienza, tecnologia e società
Cerroni-Simonella, cap. 1.5
La sociologia della scienza secondo
la scuola di Bath
A partire dagli anni settanta del ‘900, Harry Collins e collaboratori
hanno sviluppato un programma di sociologia della scienza in parte
diverso dal Programma forte della Scuola di Edimburgo, basato su
analisi microsociologiche di casi di controversia scientifica.
Secondo la Scuola di Bath, le controversie scientifiche sono
caratterizzate da una flessibilità interpretativa dei risultati e dal
fenomeno del regresso dello sperimentatore. La loro chiusura
dipende anche da fattori di natura strettamente sociale.
Gli studi di laboratorio
In Laboratory Life (1979), Bruno Latour e Steve Woolgar applicano un
approccio antropologico ed etnografico allo studio dell’attività
scientifica di un laboratorio americano, allo scopo di comprendere
come nascono i fatti scientifici.
Secondo questa prospettiva, il fatto scientifico è un artefatto
dell’attività di laboratorio, che una volta prodotto perde il legame con
le condizioni della sua costruzione. Questa perdita si realizza con la
scrittura dell’articolo scientifico.
Di qui l’interesse per le forme letterarie e retoriche della
comunicazione scientifica (repertorio empirista vs contingente)
Actor-Network Theory
Lo scopo dell’analisi di Latour è di indagare la scienza «in azione»,
cioè nel suo farsi, prima che essa diventi una scatola nera.
Latour mette sullo stesso piano individui e oggetti, definiti come
«attanti», che interagiscono in network finalizzati alla costruzione dei
fatti scientifici.
In questa prospettiva di antropologia simmetrica, le dicotomie
classiche
del
pensiero
(natura/cultura,
natura/società,
soggetto/oggetto, fatto/invenzione) svaniscono, cedendo il passo a
collettivi costituiti da segni e processi discorsivi.
B. Latour, La scienza in azione (1987), Edizioni di Comunità, 1998, pp. 18-20.
Scienza, tecnologia e società
• Il determinismo tecnologico
• La tecnologia come artefatto culturale
• Modello lineare dell’innovazione vs tecnoscienza
• La costruzione sociale della tecnologia (SCOT)
L’imposizione dell’artefatto, con il processo di stabilizzazione e
chiusura definitiva, è stata frutto di una negoziazione tra gruppi
sociali e non l’esito di una soluzione tecnologica.
Lezione 14:
• La comunicazione pubblica della scienza
• Dalla scienza accademica alla scienza postaccademica
• Il programma Public Scientific Literacy
• Il modello del Public Understanding of Science
Cerroni-Simonella, cap. 2.5
La comunicazione pubblica della
scienza
Galileo Galilei è stato tra i primi scienziati a rivolgersi intenzionalmente a un pubblico non
limitato agli esperti di una certa disciplina, soprattutto nel suo Dialogo sopra i due massimi
sistemi del mondo (1632).
La forma più semplice di comunicazione pubblica della scienza è quella della divulgazione:
«Per capire cosa si intende per divulgazione, c’è un esempio che permette di chiarire subito
il concetto. Ecco una frase (vera) presa di peso da un libro: «Nella categorizzazione del reale
la determinazione di certi attributi discriminanti non è riducibile se non a una elaborazione
della percezione ambientale che semplificando i dati ha anche la funzione di facilitare
l’attività strumentale del soggetto».
Avete capito qualcosa? Andreste avanti nella lettura di un libro scritto in questo modo?
Divulgare vuol dire, in casi come questo, tradurre. Tradurre dall’italiano in italiano. Ecco
come potrebbe essere scritto il testo citato in un linguaggio divulgativo: «Nell’osservare la
realtà tendiamo a raggruppare le cose in categorie, individuando certe loro caratteristiche:
questa elaborazione mentale ci consente di semplificare i dati, per poterli utilizzare poi più
facilmente».
Piero Angela in Enciclopedia Treccani
Dalla scienza accademica a quella
post-accademica
Pietro Greco, giornalista e studioso di scienza e società, sottolinea che:
1. Siamo entrati in una nuova era dell’organizzazione del lavoro degli uomini di scienza, un’era
che è stata definita post-accademica (John Ziman, 2002). Questa era è caratterizzata dal fatto
che decisioni rilevanti per lo sviluppo della conoscenza scientifica vengono prese sempre più
dalla comunità scientifica (o dalle comunità scientifiche) in compartecipazione con una serie
variegata e variabile di altri gruppi sociali.
2. Questa nuova era del modo di lavorare degli scienziati comporta una ridefinizione del ruolo
che la comunicazione della scienza ai pubblici di non esperti (d’ora in poi la chiameremo per
semplicità comunicazione pubblica della scienza) ha per lo sviluppo della scienza stessa, oltre
che per la crescita culturale e civile della società nel suo complesso. L’ipotesi, dunque, è che la
comunicazione pubblica della scienza assume un ruolo rilevante per lo sviluppo della scienza
stessa (Pietro Greco, 1999).
Public Scientific Literacy
Il PSL prende avvio nel secondo dopoguerra a partire dagli Stati
Uniti. L’obiettivo è quello di incrementare l’alfabetizzazione
scientifica della popolazione in modo da favorire l’accettazione delle
innovazioni scientifico-tecnologiche nella società.
Questo progetto porta allo sviluppo di studi quantitativi di
misurazione delle conoscenza scientifiche (ex. Eurobarometro e
Annuario Observa per l’Italia) e alla realizzazione di iniziative rivolte
all’incremento della educazione scientifica.
I movimenti anti-scientifici degli anni sessanta e settanta del ‘900 e il
principio di precauzione.
Public Understanding of Science
A differenza del PSL, il programma PUS si pone il problema della
legittimità della scienza agli occhi dei cittadini, concentrandosi
soprattutto sugli atteggiamenti del pubblico. L’idea di fondo rimane
però quella che un pubblico più informato ha un atteggiamento più
positivo nei confronti della scienza.
• Il Deficit Model e la comunicazione top-down della scienza
(divulgazione scientifica)
• Il Contextual Model e l’importanza della conoscenza situata
• Il Rational Choice Model e il problema della razionalità delle scelte
Bencivelli, de Ceglia, Comunicare la scienza, Carocci, 2013, p. 13.
Lezione 15:
• Dal PUS al Public Engagement of Science and
Technology
• Citizen Science ed epistemologia civica
• Scienza 2.0
Cerroni-Simonella, cap. 2.5
Il Public Engagement of Science
and Technology
Negli anni novanta del ‘900 si registra l’incapacità dell’approccio PUS di
incrementare il consenso e il coinvolgimento del pubblico verso la
scienza. Inoltre emerge l’idea che «il sistema di comunicazione
pubblica della scienza è un sistema dinamico, formato da mille diversi
canali significativi (o, se si vuole, flussi rilevanti) di comunicazione
bidirezionale tra una costellazione di gruppi sociali diversi chiamati a
loro volta ad assumere, in compartecipazione, decisioni rilevanti per lo
sviluppo della scienza» (Pietro Greco).
Nell’ambito del PEST (voce a cura di Bruce Lewenstein) si sviluppano
attività volte a costruire contesti di partecipazione dei cittadini ai
processi decisionali in materia di scienza e tecnologia.
Citizen science
• Il tema della cittadinanza scientifica
• La natura complessa e flessibile dell’expertise come «esperienza
consolidata»
• Il concetto di «civic epistemology»
Secondo Sheila Jasanoff, l’epistemologia civica consiste nella
descrizione dei modi in cui il pubblico partecipa alla costruzione della
conoscenza, riconoscendo così il carattere culturale e politico di
questo processo.
Giuseppe Testa su epistemologia civica
Scienza 2.0
Con scienza 2.0 si intende «l’insieme di processi eterogenei che
vedono coinvolte piattaforme del web 2.0 e nuove pratiche
professionali e organizzative che impattano sul sistema della ricerca
scientifica e tecnologica, sia pubblica sia privata. L’utente tipo di
questi processi è il ricercatore scientifico, in quanto utilizzatore delle
piattaforme del web partecipativo per la condivisione dei risultati, la
ricerca di letteratura scientifica, la collaborazione con colleghi»
(Enciclopedia Treccani).
Alcuni esempi: i blog degli scienziati, i wiki per la costruzione e
condivisione di conoscenza, le piattaforme open access alla
bibliografia e ai dati, le piattaforme di scienza partecipata.