Corso di Macroeconomia
Lezione 10 :
Politica economica internazionale
Vito Amendolagine, Corso Macroeconomia,
Brindisi, 2012-2013
Gold Standard (1)
• Nella generazione precedente la II guerra mondiale il
regime di tassi di cambio vigenti era un sistema a
cambi fissi chiamato sistema monetario aureo o gold
standard.
• Le autorità monetarie fissavano la parità della propria
moneta in termini di una certa quantità di oro ed
erano pronte ad acquistare e a vendere la propria
valuta in cambio di oro alla parità prefissata.
• Il tasso di cambio bilaterale tra due paesi era pari al
rapporto tra le parità auree delle due monete.
• Se per esempio il prezzo dell’oro in $ è fissato dalla FED
a 35$ per oncia e dalla Banca d’Inghilterra a 14,58 £
per oncia il tasso di cambio dollaro/sterlina è :
35/14,58= 2,40 $ per sterlina (e 0.41 sterline per 1$).
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Brindisi, 2012-2013
Gold Standard (2)
• L’arbitraggio internazionale sui cambi faceva
sì che l’acquisto o la vendita di valuta a un
prezzo diverso dal rapporto tra le due parità
avrebbe innescato dei meccanismi che
avrebbero riportato il tasso di cambio al suo
valore prefissato.
• La parità poteva variare entro margini ristretti
detti punti dell’oro (pari alle spese di
trasporto e assicurazione dell’oro).
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Brindisi, 2012-2013
Gold Standard (3)
• Esempio
 Supponiamo che il tasso di cambio fisso dollaro-sterlina:
£1=$4.86
 i.e. la stessa quantità d’oro può essere comprata o con £1 o con
$ 4.86.
 Il mercato scambia le due valute ad un tasso di cambio diverso
£1=$5
• Cosa succede ?
 Con £ 1 possiamo ora ottenere $ 5 sul mercato dei cambi.
 Con quei $ 5 , possiamo comprare dal Tesoro statunitense oro
sufficiente per recuperare la sterlina di partenza, e avere in più 0.14
$ come resto.
 Molti così cominciano a vendere sterline, abbassandone così il
prezzo (in $) fino al suo valore di partenza.
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Gold Standard (4)
• Aggiustamento automatico delle bilance dei pagamenti.
 Se un paese aumentava l’offerta di moneta, r sarebbe
diminuito: ciò avrebbe reso le attività estere più
redditizie.
 La valuta interna non può svalutarsi ma i detentori della
valuta la scambiano contro oro, spediscono l’oro
all’estero
e acquistano attività estere: il paese
sperimenta un deflusso di oro.
 L’offerta di moneta diminuisce nel paese in questione e il
tasso di interessa aumenta di nuovo.
 Il contrario avviene nei paesi in cui è affluito l’oro:
l’offerta di moneta aumenta e il tasso di interesse
diminuisce.
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Gold Standard (5)
• Simmetrie
 Nessun paese ha una posizione privilegiata.
 Vincoli automatici all’aumento dei prezzi (offerta di moneta
legata all’afflusso di riserve auree).
• Asimmetrie
 In un regime di gold standard, la somma delle esportazioni
nette (NX ) e degli investimenti netti dall’estero (NIA) deve
essere uguale al flusso di oro:
NX+NIA-FG =0
 Se un paese si trova a sperimentare un deficit, il paese
perde oro (FG significa Flow of Gold).
 Per arginare il deflusso di oro è costretto a seguire politiche
restrittive di aumento di r per ridurre il deflusso di oro e la
contrazione delle riserve.
 I Paesi in avanzo, d’altra parte, non fronteggiano una crisi
simmetrica che richieda una riduzione del tasso di interesse.
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Crollo del Gold Standard (1)
• Il gold standard fu sospeso durante la I guerra mondiale
perché ogni paese fu costretto ad utilizzare politiche
monetarie espansive per finanziare le spese di guerra.
• Il tentativo di ripristinare il sistema aureo fallì dopo circa 5
anni dal suo ripristino.
• Perché il sistema crollò?
 Il sistema poteva funzionare solo se le autorità
possedevano riserve auree consistenti.
 I paesi detenevano le riserve in valuta anziché in oro.
 I paesi in deficit per rimanere nel sistema aureo erano
costretti a mantenere alti tassi di interesse ed economie in
recessione
 I paesi in avanzo non ridussero i tassi di interesse in
risposta all’afflusso di oro: l’onere dell’aggiustamento
ricadeva sui paesi in deficit.
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Crollo del Gold Standard (2)
I paesi che abbandonarono la parità uscirono prima dalla GD
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Gold exchange standard (1)
• Poiché i tentativi di ricostruire il sistema aureo creò un
regime vulnerabile agli shock, dopo la II guerra mondiale
venne costruito un nuovo sistema conosciuto come sistema
a cambio aureo o sistema di Bretton Woods.
• Lo scopo era di creare un sistema con i vantaggi del gold
standard (cambi fissi) ma esente dagli inconvenienti del
precedente regime.
• Le sue caratteristiche erano:
1. In tempi ordinari, i cambi erano fissi: le parità espresse in
termini di $ (il $ era agganciato all’oro e indirettamente si
poteva acquistare oro al prezzo di 35$ l’oncia).
 I cambi fissi avevano il vantaggio di stimolare il commercio
internazionale rendendo prevedibili i prezzi dei beni esteri.
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Gold exchange standard (2)
2. In termini straordinari, gli squilibri fondamentali di bilancia
dei pagamenti potevano essere corretti tramite
svalutazione o rivalutazione della propria moneta
 Se un paese si trovava con una valuta sopravvalutata che
scoraggiava le esportazioni i tassi di cambio potevano
essere variati.
3. Venne istituita un’autorità, il FMI, che sorvegliava sul
corretto funzionamento del sistema.
 Assicurava che i paesi non abusassero della loro prerogativa
di variare il tasso di cambio che richiedeva una preventiva
autorizzazione del FMI per svalutazioni o rivalutazioni che
superassero il 10% .
 Il FMI concedeva altresì prestiti nella valuta richiesta per
sanare deficit temporanei di BP.
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Gold exchange standard (3)
• Il sistema creato a BW pensato originariamente come
un gold exchange standard in quanto le banche
centrali potevano detenere sia oro sia valute di riserve
convertibili in oro e quindi permetteva maggiore
flessibilità rispetto al gold standard puro.
• In realtà, operò dalla metà degli anni ’60 come un
regime a valuta di riserva (dollar standard).
• Il principale svantaggio di un sistema a valuta di riserva
è che esiste una grave asimmetria in questo sistema.
• Il paese la cui moneta viene usata come valuta di
riserva occupa una posizione speciale e non ha bisogno
di intervenire sul mercato dei cambi.
• Passaggio a regime a tassi fluttuanti a partire
dall’inizio degli anni ‘70.
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Sistema a cambi fissi
•
Distinguiamo due scenari in cui può trovarsi a
funzionare un regime di cambi fissi:
1. Sistema di alta mobilità di capitali
 Una grande massa di moneta fluisce da un paese
all’altro in reazione a differenziali positivi o negativi
nei tassi di interesse .
 Gli speculatori giocano in questo scenario un grande
ruolo e i governi devono sottostare alle decisioni degli
operatori sui cambi.
2. Sistema di bassa mobilità di capitali.
 I flussi di capitale da un paese all’altro sono limitati.
 Le autorità che vogliono spostare capitali sono in
grado di farlo variando il tasso di cambio utilizzando
le loro riserve valutarie.
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Brindisi, 2012-2013
Alta mobilità di capitali (1)
• Quando esiste perfetta mobilità di capitali le riserve
valutarie perdono efficacia
come strumento per
stabilizzare il tasso di cambio.
• L’equazione del valore di equilibrio del tasso di cambio
reale è:
= 0 - r(r-rf)
 0 è il tasso di cambio reale di lungo periodo secondo
l’opinione degli speculatori sui cambi
 r è un parametro che indica la reattività degli agenti
rispetto al differenziale nei tassi di interesse.
• Più alto (basso) è il differenziale dei tassi di interesse più
il cambio si apprezza (deprezza).
• Se r-rf =0 allora il tasso di cambio è uguale al suo valore
di lungo periodo 0.
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Alta mobilità di capitali (2)
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Alta mobilità di capitali (3)
• Affinché il valore di equilibrio del tasso di cambio  sia
uguale a quello fisso prefissato *, la banca centrale
deve stabilire il tasso di interesse interno:
rr
f
0   *

r
• La politica monetaria non può svolgere un ruolo attivo.
• In particolare, la politica monetaria non è in grado di
abbassare i tassi di interesse perché il tasso di interesse
serve a guidare il tasso di cambio.
• Per cui il tasso di interesse (di cambio) è fissato dagli
speculatori sui cambi.
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Alta mobilità di capitali (4)
Il tasso di cambio è stabilito dagli speculatori sui cambi
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Alta mobilità di capitali (5)
• Effetto degli shock esteri
 Se il tasso di cambio è fisso e se la mobilità dei
capitali è elevata, variazioni esogene delle opinioni
degli speculatori sui cambi o dei tassi di interesse
esteri hanno effetti diretti e immediati sui tassi di
interesse interni e sul livello di produzione interno.
 Ciò significa che gli shock internazionali si trasmettono
all’economia interna.
 Un aumento di rf si riflette sui tassi di interesse
interni e provoca un movimento verso l’alto e verso
sinistra lungo la curva IS
 Un aumento di 0 di lungo periodo secondo le
aspettative degli speculatori richiede un aumento di r
pari a 0 / r
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Alta mobilità di capitali (6)
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Barriere alla mobilità di capitali (1)
• Quando vi sono limiti alla mobilità di capitali
 le riserve delle BC sono considerevoli rispetto al flusso di
capitali;
 il tasso di interesse interno (e quindi la politica
monetaria) può essere in parte manovrato per fini di
equilibrio interno.
• Il tasso di cambio infatti è determinato non solo dalle
aspettative degli speculatori sui cambi ma anche dalla
velocità con cui la BC accumula riserve valutarie:
= 0 - r(r-rf)+ R R
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Barriere alla mobilità di capitali (2)
• In presenza di barriere alla mobilità di capitali la BC riacquista
libertà di azione nell’impiego della politica monetaria per usi
interni.
• Gli shock avversi degli speculatori sui cambi o dei tassi di
interesse esteri non sono trasmessi immediatamente
sull’economia nazionale sotto forma di aumenti di r che
innescano recessioni.
• La possibilità di più ampie manovre della BC la si desume dal
fatto che il tasso di interesse interno ora è:
0    R
rr 
  R
r
r
f
*
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Barriere alla mobilità di capitali (3)
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Brindisi, 2012-2013
Cambi fissi o flessibili ?
• Milton Friedman (Nobel nel 1976) della Università di Chicago,
asserisce che i prezzi, compresi i tassi di cambio, devono
essere stabiliti dalle forze della domanda e dell’offerta e non
da decreti del governo.
 L’impostazione di questa scuola giudica pertanto altamente
positiva l’esperienza dei cambi fluttuanti e l’abbandono del
regime di cambi fissi.
• Robert Mundell (Nobel nel 1999) della Columbia University,
ritiene che un tasso di cambio fisso significa che il governo
rispetta il contratto che ha stipulato con gli investitori esteri.
Lasciar fluttuare il tasso di cambio vuol dire infrangere il
contratto stesso.
 In questa ottica viene valutato negativamente il sistema
basato sui cambi flessibili.
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Brindisi, 2012-2013
Benefici dei cambi fissi
• Favoriscono il commercio internazionale riducendo il
rischio di fluttuazione dei cambi.
• Permette una migliore divisione internazionale del lavoro
che altrimenti richiederebbe continui spostamenti di risorse
tra i settori dei beni commerciabili e non commerciabili in
seguito a fluttuazioni del cambio intorno al suo valore
fondamentale.
• Questo vantaggio è alla base della decisione presa dai
paesi europei di istituire un’unione monetaria (UME) con il
potere di fissare irrevocabilmente i tassi di cambio.
 Il funzionamento e l’esperienza dello SME ha dimostrato
che i tassi di cambio rimangono fissi solo con la scomparsa
delle valute nazionali .
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Brindisi, 2012-2013
Costi dei cambi fissi
• La politica monetaria è vincolata a mantenere fisso il
tasso di cambio.
• La politica monetaria non può essere usata per
mantenere l’equilibrio interno.
• Se i tassi di interesse restano per troppo tempo bassi,
le riserve valutarie si riducono e la parità fissa non
potrà essere mantenuta.
• Hanno lo svantaggio di trasmettere immediatamente
gli shock internazionali.
• La banca centrale deve reagire agli shock di fiducia e
alle aspettative degli investitori internazionali variando
i tassi di interesse a breve termine.
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Brindisi, 2012-2013
Aree monetarie ottimali (1)
• Secondo Robert Mundell i cambi fissi funzionano
meglio se i paesi che li utilizzano formano un’area
valutaria ottimale.
• Il vantaggio dei cambi flessibili, che è quello di
permettere ai paesi di reagire agli shock
asimmetrici perderebbe di rilevanza se i paesi
che utilizzano i cambi fissi formano un’AVO.
• Quando gli shock sono di tipo asimmetrico, per
eliminare i vantaggi dei cambi flessibili, è
necessaria un’alta flessibilità delle risorse
produttive (lavoro, capitale etc.).
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Brindisi, 2012-2013
Aree monetarie ottimali (2)
• Esiste l’opinione condivisa che
 l’UME non è un’AVO
 mentre gli stati USA lo siano.
• La ragione non sta nell’ esistenza di shock simmetrici in USA
e di shock asimmetrici nell’UEM.
 Anche all’interno degli USA le strutture produttive dei vari
stati sono diverse e gli shock che colpiscono la California
sono differenti da quelli che colpiscono il Texas o qualsiasi
altro stato dell’Unione.
 Analogamente gli shock che colpiscono il Portogallo sono
diversi da quelli che colpiscono la Danimarca.
• La differenza fondamentale tra USA e UEM è che all’interno
degli USA esiste un’alta mobilità dei fattori produttivi
capitale e lavoro che si muovono velocemente verso i
luoghi in cui i rendimenti e i salari sono alti.
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CRISI MONETARIE
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Brindisi, 2012-2013
La crisi europea del 1992 (1)
• La prima crisi finanziaria che colpì i paesi che
utilizzavano cambi fissi (dopo il crollo di Bretton
Woods) si verificò in Europa e fu innescata dalla
riunificazione tedesca.
• Fu intrapreso un programma di investimenti
pubblici imponente per cercare di riportare la
Germania orientale agli standard dei livelli di
reddito della Germania Occidentale.
• L’incremento della spesa pubblica spostò verso
l’alto la curva IS.
• La Bundesbank reagì innalzando i tassi di
interesse (politica monetaria restrittiva).
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La crisi europea del 1992 (2)
• Questo avrebbe consentito di
 mantenere il PIl reale nell’intervallo ritenuto
compatibile con gli obiettivi di inflazione della
BC;
 attrarre capitali dall’estero utili a finanziare il
processo di riunificazione.
• L’aumento del tasso di interesse (e
l’apprezzamento del cambio) ridusse le
esportazioni nette e fece affluire capitali.
• Gli altri paesi che aderivano allo SME avrebbero
dovuto aumentare i tassi di interesse affinché il
meccanismo dei cambi fissi continuasse ad
operare.
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La crisi europea del 1992 (3)
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La crisi europea del 1992 (4)
All’inizio degli anni Novanta, i Governi degli altri Paesi
europei stavano alzando i tassi di interesse e
contraendo le loro economie, rischiando una recessione,
per mantenere le parità dei tassi di cambio nell’ambito
del meccanismo europeo dei cambi (ERM= European
Exchange Rate Mechanism).
• Gran Bretagna, Italia, Francia confermavano il loro
impegno a mantenere la parità fissa dei loro tassi di
cambio.
• Quando la disoccupazione e la recessione in quei
paesi cominciarono a farsi sentire gli speculatori sui
cambi non credettero alle promesse delle rispettive BC
di mantenere fisso il cambio.
• Ci furono massicci attacchi speculativi sulla sterlina,
sulla lira italiana e sul franco francese.
•
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La crisi europea del 1992 (5)
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La crisi europea del 1992 (6)
• Il tentativo da parte delle autorità monetarie di resistere
agli attacchi speculativi non ebbe successo.
• La Banca d’Inghilterra perse 7 miliardi di $ di riserve in
poche ore durante l’attacco speculativo del settembre 1992
volto verso la sterlina.
• Questo non fece altro che rafforzare l’opinione degli
speculatori che il costo di mantenere il tasso di cambio fisso
era troppo elevato.
• Dopo due mesi dall’inizio degli attacchi speculativi il
sistema di tassi di cambio fissi in Europa riguardava ormai
solo pochi paesi.
• La crisi fece comprendere che se si volevano mantenere i
cambi fissi all’interno dell’Europa le valute nazionali
dovevano essere sostituite da una valuta comune.
• Non più tassi di cambio fissi tra diverse valute ma una
valuta comune : nascita dell’UME nel gennaio 1999.
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Brindisi, 2012-2013
Crisi messicana 1994-1995 (1)
• La crisi del peso messicano è difficile da spiegare anche per
gli economisti.
 Il tasso di cambio non era sopravvalutato né c’erano grandi
disavanzi di bilancio che potessero far temere processi
inflazionistici in atto. Non c’erano quindi ragioni per attendersi
una svalutazione
 Il timore di attacchi speculativi era quasi nullo perché non
esistevano incompatibilità tra le politiche di governo per
mantenere il cambio fisso e i fondamentali dell’economia
(bilancio pubblico in pareggio, inflazione sotto controllo,
crescita sostenuta).
 Inoltre il paese era appena entrato nel club dell’OCSE e nel
NAFTA (North
American Free Trade Agreement) che
assicurava mercati ampi privi di dazi doganali che avrebbero
favorito le esportazioni delle merci messicane.
 Ci si aspettava quindi un rafforzamento del peso messicano in
termini reali (apprezzamento)
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Crisi messicana 1994-1995 (2)
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Crisi messicana 1994-1995 (3)
• L’inversione di tendenza nelle aspettative degli investitori
finanziari internazionali ebbe ragioni politiche.
 All’inizio del 1994 la rivolta zapatista scoppiata nella provincia
povera del Ciapas fece temere sulla stabilità politica del paese.
• Le autorità messicane spesero 50 miliardi di $ di riserve
valutarie per sostenere il peso: esaurite le riserve lasciarono
fluttuare il peso nei confronti del $.
• La svalutazione ebbe conseguenze disastrose: ogni
deprezzamento del peso aumentava il valore del debito
pubblico messicano accrescendo la possibilità che il governo
ripudiasse il debito.
• Gli aiuti e i prestiti del FMI e del governo statunitense
aiutarono a ripristinare la fiducia degli investitori nell’economia
messicana e la crisi fu meno catastrofica di quella prevista.
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Brindisi, 2012-2013
Crisi Sud-Est asiatico 1997-1998 (1)
• Dopo 2 anni e mezzo dalla crisi messicana si sviluppò una
nuova crisi finanziaria che colpì Thailandia, Malaysia, Corea
del Sud e Indonesia.
• La crisi scoppiò quando gli investitori finanziari cambiarono
le loro aspettative sulla sostenibilità di lungo periodo dello
sviluppo economico in quei paesi e gli speculatori sui cambi
rividero il valore di 0 .
• Quando i tassi di cambio si deprezzarono si innescarono
ulteriori ragioni per aspettative pessimistiche.
• Era chiaro che le banche e le imprese che avevano
contratto prestiti denominati in $ o yen si sarebbero trovati
in grande difficoltà e la probabilità di una serie di fallimenti
generalizzati aumentò.
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Brindisi, 2012-2013
Crisi Sud-Est asiatico 1997-1998 (2)
• Quando si sviluppò la crisi asiatica il FMI
intervenne con ingenti prestiti per ricostituire
le riserve valutarie di quei paesi.
• I prestiti vennero concessi a condizione che i
paesi colpiti dalla crisi riformassero i loro
sistemi bancari e finanziari (basati su stretti
legami tra banche, governo e imprese).
• Gli
investitori
internazionali
hanno
riacquistato fiducia nelle economie di quei
paesi.
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Brindisi, 2012-2013
Crisi Sud-Est asiatico 1997-1998 (3)
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Crisi Sud-Est asiatico 1997-1998 (4)
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Crisi in Argentina (2001)
• La maggior parte degli osservatori ritiene che le crisi fin qui
esposte siano state causate dal fatto che i tassi di cambio nei
paesi del Sud-est Asiatico e in Messico non fossero abbastanza
fissi e che gli investitori internazionali temevano la
svalutazione delle monete da parte dei rispettivi governi,
• La crisi argentina del 2001 e 2002 confuta questa tesi. Il
governo argentino aveva delegato il controllo sul tasso di
cambio a un’autorità esterna (currency board o comitato
valutario) che aveva il compito di mantenere fisso il tasso di
cambio rispetto al dollaro.
• In realtà un tasso di cambio sopravvalutato determinò
problemi interni, e in particolare una recessione che ampliò i
disavanzi di bilancio sia del governo federale sia delle
province.
• Di fronte a una forte crescita del debito pubblico il comitato
valutario non infondeva più alcuna fiducia e il timore della
svalutazione innescò la crisi reale e valutaria dell’Argentina.
• La fuga di capitali che ha caratterizzato le altre crisi è stata la
principale causa anche della crisi argentina.
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Brindisi, 2012-2013
Come gestire le crisi finanziarie (1)
• Ricordiamo l’equazione fondamentale del tasso di cambio:
= 0 - r(r-rf)
• Se 0 rimane costante:
 Essa offre un menu di scelte ai policy maker che permette
loro di variare il tasso di cambio reale oppure il tasso di
interesse reale interno.
 Quanto più alto è r tanto più il tasso di cambio si apprezza e
tanto minore è 
• Se cambia 0 (la valutazione che del tasso di cambio fanno
gli speculatori):
 il menu di scelte dei governi si riduce drasticamente.
 Se 0 si deprezza per mantenere  costante il tasso di
interesse interno deve aumentare: questo implica una
probabile recessione interna
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Brindisi, 2012-2013
Come gestire le crisi finanziarie (2)
 Pertanto, quando cambiano le opinioni degli investitori la scelta più
naturale sarebbe quella di lasciar deprezzare il cambio
 Di solito questo non accade perché estremamente pericoloso: se i
governi, le banche, le imprese hanno contratto massicci prestiti
all’estero il deprezzamento del cambio può determinare una catena
di fallimenti.
• Controllare i movimenti di capitali ?
 Per ridurre la vulnerabilità dei sistemi si dovrebbero scoraggiare,
tassandoli, i mutuatari dal prendere a prestito in valute estere.
 Tuttavia, se riteniamo (e molti economisti condividono questa
visione) che il libero flusso di capitali sia importante per finanziare
lo sviluppo e la crescita dei paesi dobbiamo assicurarci che il tasso
di cambio possa fluttuare senza provocare danni all’economia
interna.
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Brindisi, 2012-2013