SERIAL KILLER
Dott.ssa Jessica Ochs
LE ORIGINI
Gli anni ’50 segnano uno spartiacque per lo studio delle diverse
tipologie di omicidio:
• Nel 1957 il criminologo James Reinhardt nel suo libro Sex
Perversion and Sex Crimes utilizza la definizione di “Chain
Killer” per indicare l’assassino che lascia dietro di sé una
“catena” di omicidi;
• Nel 1966 John Brophy identifica lo stesso fenomeno con il
termine
“Serial
Murderer”;
definizione
ripresa
successivamente anche da Donald Lunde, psichiatra forense.
LE ORIGINI
Nel 1988 il National Institute of Justice statunitense
elabora una prima descrizione di ciò che si intende
per omicidio seriale:
“l’uccisione di una serie di due o più soggetti, delitti
separati e commessi generalmente, ma non sempre,
da un unico autore”.
SERIAL KILLER
Nel 1992 Robert Ressler, agente speciale dell’FBI, pubblica
“Whoever Fights Monster”, nel quale per la prima volta
apparirà il termine “Serial Killer”.
Nello stesso anno Robert Ressles, assieme a John Douglas e
a Ann Burgess, pubblicherà il “Crime Classification
Manual”, un vero trattato sui delitti violenti, dove la
proposta di classificazione si basa sul movente del
criminale.
SERIAL KILLER
Anche il Crime Classification Manual da una
definizione di “Serial Killer”:
“Tre o più eventi omicidiari, commessi in tre luoghi
differenti, separati da un intervallo di
“raffreddamento emozionale” detto cooling-off
period”.
COOLING-OFF PERIOD
Il concetto di cooling-off permette di comprendere come
l’assassino seriale sia un predatore soggetto ad un ciclo, che
inizia con una progressiva eccitazione, si muove dalla
preparazione dell’evento in forma di fantasia sino alla sua
realizzazione, e si conclude con un momento, successivo al
delitto, di detensione, di scarico emozionale.
Può essere un periodo di durata variabile, a cui fa seguito il
nuovo imporsi di una fantasia sadica, di una fase di
progettazione, di identificazione della vittima, di
appostamento, di pedinamento, cattura, morte.
MUSS MURDER
Con il termine Mass Murder, “omicidio di massa”, gli
esperti dell’FBI identificano l’uccisione di quattro o
più persone da parte di uno o più autori, nel corso
di un unico evento che si realizza nel medesimo
luogo.
SPREE KILLER
Lo Spree Killer, l’omicida complulsivo, colpisce a morte
più vittime, in due o più luoghi differenti.
Le aggressioni fanno parte di un unico evento, non esiste un
momento di raffreddamento emozionale, e l’aggressore
non nasconde il proprio rituale di sangue, ma si muove
in una sorta di sfida, che spesso si conclude con la
morte dello stesso.
SCENA DEL CRIMINE
L’analisi della scena del crimine rappresenta il primo passo in
qualunque indagine.
Nel caso di omicidio, inoltre, la scena del crimine consente di
identificare caratteristiche distintive di un assassino, quali,
ad esempio, il modus operandi, la firma, la forensic
awareness, lo staging e l’undoing.
SCENA DEL CRIMINE
Prima di definire ogni singola terminologia è necessario
ricordare che se il modus operandi, la firma e la forensic
awareness, sono peculiarità del criminale, lo staging e
l’undoing si riferiscono alle caratteristiche della scena del
crimine prima dell’arrivo delle forze di polizia.
MODUS OPERANDI
Il modus operandi rappresenta l’insieme dei comportamenti,
delle azioni che il criminale compie per realizzare il proprio
delitto.
Si tratta di tutto ciò che viene ritenuto indispensabile per
raggiungere lo scopo prefissato. Per questo motivo, con
l’esperienza acquisita del killer, il modus operandi può
modificarsi nel tempo.
FIRMA, O SIGNATURE
La firma, o signature, non rappresenta un comportamento
indispensabile per portare a compimento l’azione criminale.
Evidenzia piuttosto un bisogno psicologico profondo, un
messaggio più o meno consapevole lasciato agli
investigatori.
E’ un comportamento statico, che si rivela di grandissima
importanza per la decifrazione della personalità, dei
conflitti, del bisogno e dei disturbi del killer.
FORENSIC AWARENESS
E’ un termine difficile da tradurre che può essere
riassunto come l’attenzione del criminale a tutti
quegli accorgimenti prima, durante e dopo la
commissione di un delitto, finalizzati a non lasciare
tracce o indizi che possano far risalire alla sua
identità.
STAGING
Messa in scena. Rappresenta la deliberata alterazione della scena
del crimine prima dell’arrivo delle forze di polizia.
Esistono due motivazioni alla base dello staging:
1. Per depistare gli investigatori.
2. Per proteggere la vittima, come nel caso di morte associata
ad autoerotic fatalities, pratiche sessuali autoerotiche che,
per errore o leggerezza, possono concludersi con la morte
del soggetto.
UNDOING
L’undoing, traducibile con “disfare”, “annullare”,
rappresenta la deliberata modificazione del luogo in cui
è stato commesso un crimine. A differenza dello
staging, però, tale modificazione va attribuita al
rimorso dell’assassino, che si sente colpevole del delitto
e cerca di porvi rimedio.
NASCITA DI UN SERIAL KILLER
Il Serial Killer non è una persona che inizia ad uccidere
improvvisamente.
Il suo comportamento è frutto di una storia di esperienze
traumatiche persistenti. Alcuni hanno subito maltrattamenti
fisici e psicologici, abusi sessuali, trauma cranici, altri
possono essere condizionati da una predisposizione alla
violenza; ma in ogni caso è il trauma che costruisce la
struttura della personalità del killer.
LE IPOTESI
Molteplici sono gli studi che cercano di motivare la violenza.
Ci provò Lombroso, nel lontano 1876, accarezzando le
componenti fisiche e biologiche, ma ci provano oggigiorno i
nostri studiosi con ricerche sulla biochimica, sulla
neuropsicologia e su tutto ciò che gira attorno a DNA e
cromosomi.
LE IPOTESI
Dalla psicologia all’etologia, dall’approccio
cognitivo alla psicologia evoluzionistica, dalle
teorie dell’attaccamento di Bowlby agli studi
sull’apprendimento sociale, risulta difficile
incentrare il rapporto tra psicologia e violenza.
PSICOLOGIA E VIOLENZA
In psichiatria è descritto un disturbo mentale che ha spesso
alla base un grave e precoce trauma: il “disturbo dissociativo
dell’identità” (DDI).
La sua manifestazione è la presenza di due o più distinte
identità o stati di personalità che, in modo ricorrente,
assumono il controllo del comportamento, successivamente
rimosso dal soggetto.
PSICOLOGIA E VIOLENZA
Nel 1963 MacDonald ipotizza l’esistenza di una triade di
sintomi, che devono essere presenti contemporaneamente,
riconducibili al DDI:
•
•
•
La crudeltà verso gli animali,
L’enuresi, o perdita involontaria di urina durante la notte
dopo i 5-6 anni,
La piromania.
DALLA FANTASIA ALL’OMICIDIO
In quasi tutti gli assassini seriali il ruolo delle
fantasia, del fantasticare un’esperienza
sadica e brutale con la vittima è un momento
comune e centrale.
DALLA FANTASIA ALL’OMICIDIO
Joel Norris, psicologo statunitense, per primo identifica e descrive il
comportamento dei serial killer attraverso fasi cicliche:
•
Fase aurorale: il killer si distacca dalla realtà per elaborare
fantasie che lo spingeranno all’azione.
•
Fase di puntamento: l’assassino va a caccia della vittima.
•
Fase della seduzione: il killer seduce, inganna e cattura la vittima.
•
Fase della cattura: il controllo sulla vittima.
•
Fase omicidiaria: si ha lo scarico emotivo e sessuale del killer.
•
Fase totemica: il protrarre del piacere dopo l’omicidio.
•
Fase depressiva: la disillusione ed il ritorno ad una realtà
inadeguata e solitaria.
LE DONNE ED IL CRIMINE VIOLENTO
La maggior parte delle ricerche sul crimine e le tipologie
criminali riguardano il sesso maschile, perché
considerato più aggressivo e violento.
A partire dagli anni ’70, però, molti studi evidenziano il
mutamento delle condizioni femminili e un aumento
delle condotte criminali anche seriali.
LE DONNE ED IL CRIMINE VIOLENTO
Nel 1998 Kelleher & Kelleher conducono uno studio
sulla donna serial killer, definendola più attenta,
metodica, precisa e fredda nell’esecuzione del
delitto rispetto all’uomo.
LE DONNE ED IL CRIMINE VIOLENTO
-
Secondo Eric Hickey ciò che differenzia la donna serial killer
dall’uomo sono il movente ed il mezzo utilizzato:
Movente
Mezzo
Economico
- Veleno
Controllo
- Armi da fuoco
Divertimento
- Corpi contundenti
Piacere sessuale
- Soffocamento
Sostanza stupefacenti,
- Armi da taglio/punta
culti, sette, copertura, sentimenti
- Annegamento
di inadeguatezza.
LE DONNE ED IL CRIMINE VIOLENTO
Kelleher & Kelleher presentano successivamente una
classificazione completa delle donne serial killer,
distinguendole in:
•
•
•
Serial Killer che agiscono da sole
Serial Killer che agiscono in concorso
Altre tipologie di Serial Killer
DONNE SERIAL KILLER CHE AGISCONO DA SOLE
Vedove nere: uccidono sistematicamente i mariti, i compagni, o
altri membri della famiglia.
Angeli della morte: uccidono sistematicamente chi è affidato alle
loro cure per qualche forma di assistenza medica.
Predatrici sessuali: uccidono sistematicamente compiendo azioni
di chiara natura sessuale.
Assassine per vendetta: uccidono sistematicamente per odio o
gelosia.
Assassine per profitto/ per crimine: uccidono sistematicamente
per un tornaconto economico, o nel corso di un altro reato.
DONNE SERIAL KILLER CHE AGISCONO
IN CONCORSO
Team killer: uccidono o partecipano ad un omicidio in
associazione con almeno un altro partner.
ALTRE TIPOLOGIE DI DONNE SERIAL
KILLER
Le assassine mentalmente disturbate: uccidono con
modalità apparentemente immotivate e vengono
giudicate non imputabili per malattia mentale.
Le assassine spinte da movente incomprensibile: uccidono
per ragioni totalmente incomprensibili.
I casi irrisolti: l’omicidio irrisolto presenta caratteristiche
che possono essere attribuite all’azione di una o più
donne.
APPARENTEMENTE SANI: I DISTURBI
MENTALI
I primi sistemi di classificazione utilizzati in psichiatria
risalgono a Ippocrate che, nel V secolo a.C.,
distingueva la mania dalla melanconia, l’epilessia
dall’isteria, le freniti, disordini mentali acuti con
alterazioni febbrili, dai disturbi sciiti, con i quali
indicava il moderno travestitismo.
APPARENTEMENTE SANI: I DISTURBI
MENTALI
Di classificazione psichiatrica in senso moderno si
inizia a parlare con gli studi di Pinel e di Esquirol,
realizzati in Francia a cavallo tra il XVIII e XIX
secolo, e con Kraepelin, nel 1891, che per la prima
volta parla di dementia praecox, ribatezzata
schizofrenia da Bleuler nel 1911.
APPARENTEMENTE SANI: I DISTURBI
MENTALI
Nel 1952 l’American Psychiatric Association pubblica
la prima edizione del Manuale Diagnostico e
Statico dei Disturbi Mentali (DSM).
APPARENTEMENTE SANI: I DISTURBI
MENTALI
Il DSM ha una grande importanza nello studio dei
delitti violenti, perché ha costituito il riferimento
teorico per la costruzione di un altro trattato, il
Crime Classification Manual.
APPARENTEMENTE SANI: I DISTURBI
MENTALI
Dalle caratteristiche mentali degli assassini Ressler, Douglas e
Burgess hanno condotta tra il 1979 e il 1983 una ricerca
scientifica sulla serialità omicida. La distinzione di serial
killer organizzati e disorganizzati ha permesso di tradurre i
comportamenti dagli elementi rinvenuti sulla scena del
crimine.
SCENE DEL CRIMINE ORGANIZZATE
(Da “FBI Law Enforcement Bulletin”, agosto 1985)
•
•
•
•
•
•
Aggressione pianificata
La vittima è persona conosciuta
Personalizza la vittima
Controlla la relazione verbale con la vittima
La scena del crimine riflette un controllo completo
Esige una vittima sottomessa
SCENE DEL CRIMINE ORGANIZZATE
(Da “FBI Law Enforcement Bulletin”, agosto 1985)
•
•
•
•
•
Utilizza mezzi di convenzione
Compie atti aggressivi prima della morte
Nasconde il corpo
Armi e tracce / prove assenti sulla scena
Trasporta la vittima o il cadavere
SCENE DEL CRIMINE DISORGANIZZATE
(Da “FBI Law Enforcement Bulletin”, agosto 1985)
•
•
•
•
•
Aggressione improvvisa / non pianificata
Vittima / luoghi sconosciuti
Depersonalizza la vittima
Minimo controllo della relazione verbale
La scena del crimine si presenta caotica e
disordinata
SCENE DEL CRIMINE DISORGANIZZATE
(Da “FBI Law Enforcement Bulletin”, agosto 1985)
•
•
•
•
•
•
Improvvisa violenza sulla vittima
Minimo uso di contenzione fisica
Atti sessuali successivi alla morte
Cadavere lasciato in vista
Armi e tracce /prove spesso presenti
Cadavere lasciato sul luogo dell’omicidio
CARATTERISTICHE DEGLI OFFENDER
ORGANIZZATI
(Da “FBI Law Enforcement Bulletin”, agosto 1985)
•
•
•
•
•
Intelligenza media o superiore
Socialmente competente
Predilige lavori che richiedono abilità
Sessualmente adeguato
Alto ordine di genitura
CARATTERISTICHE DEGLI OFFENDER
ORGANIZZATI
(Da “FBI Law Enforcement Bulletin”, agosto 1985)
•
•
•
•
•
Padre con occupazione stabile
Disciplina inconsistente nell’infanzia
Emotività controllata durante il crimine
Utilizzo di alcol durante il delitto
Stress situazionali precipitanti
CARATTERISTICHE DEGLI OFFENDER
ORGANIZZATI
(Da “FBI Law Enforcement Bulletin”, agosto 1985)
•
•
•
•
Vive con il partner
Si sposta con l’auto in buone condizioni
Segue il crimine attraverso le notizie sui media
Può cambiare lavoro o lasciare la città dopo il
delitto
CARATTERISTICHE DEGLI OFFENDER
DISORGANIZZATI
(Da “FBI Law Enforcement Bulletin”, agosto 1985)
•
•
•
•
•
Intelligenza sotto la media
Socialmente inadeguato
Predilige lavori semplici o generici
Sessualmente inadeguato
Basso ordine di genitura
CARATTERISTICHE DEGLI OFFENDER
DISORGANIZZATI
(Da “FBI Law Enforcement Bulletin”, agosto 1985)
•
•
•
•
•
Padre con occupazione precaria
Disciplina rigida nell’infanzia
Ansia durante l’esecuzione del crimine
Minimo uso di alcol
Minimi stress situazionali
CARATTERISTICHE DEGLI OFFENDER
DISORGANIZZATI
(Da “FBI Law Enforcement Bulletin”, agosto 1985)
•
•
•
•
Vive da solo
Vive / lavora vicino alla scena del crimine
Ha minimo interesse per le notizie dei media
Va incontro a significative modificazioni
comportamentali (abuso di alcol/droghe, religiosità
eccessiva ecc.)
GLI OFFENDER
Nel 1996 Holmes & Holmes, riprendendo un articolo
pubblicato qualche anno prima, dichiarano che sulla
base del movente, del modus operandi, della scelta
della vittima, delle attività compiute sul cadavere, è
possibile definire una classificazione dei serial
killer.
GLI OFFENDER
La convinzione di Holmes & Holmes si basa sul
fatto che i serial killer possiedono un retroterra
comportamentale comune e momenti condivisi
rintracciabili nella psicologia dell’assassino,
nella sua logica, e nel profitto ottenuto
dall’uccisione.
GLI OFFENDER
Holmes & Holmes nel testo “Profiling Violent Crime”
propongono una classificazione che distingue i
serial killer nei quali l’interesse primario e il
comportamento sono centrati sull’atto, nel quale la
morte della vittima avviene con rapidità, dagli
assassini focalizzati sul processo, dove la vittima
viene mantenuta più a lungo in vita.
CLASSIFICAZIONE DEGLI OFFENDER
SERIAL KILLER ALLUCINATI: gravi malati mentali, soggetti
affetti da psicosi, che agiscono in preda ad allucinazioni
visive o uditive, accompagnate da interpretazioni deliranti.
Le voci, le immagini, spingono ad uccidere per conto di Dio,
oppure di Satana, legittimando la violenza.
SERIAL KILLER MISSIONARI: l’assassino seriale che fa
propria la “missione” di liberare il mondo da una categoria
di soggetti che giudica non meritevoli di vivere, oppure di
danno e pericolo per la società.
CLASSIFICAZIONE DEGLI OFFENDER
SERIAL KILLER EDONISTI: uccidono per piacere. E’
possibile suddividere questa categoria in tre sottogruppi: gli
assassini per tornaconto personale, quelli orientati al piacere
sessuale e i killer alla ricerca del brivido.
SERIAL KILLER ORIENTATI AL DOMINIO SULLA
VITTIMA: il piacere è ricercato attraverso il totale controllo
della vittima. L’umiliazione e la degradazione di un
innocente esaltano nell’assassino il senso di onnipotenza.
APPARENTEMENTE SANI: “Bad or Mad”
Gianluigi Ponti e Ugo Fornari, riprendendo una
definizione di Holmes & Holmes, evidenziano
una categoria di assassino seriale definendola
lust killer, ovvero persone che uccidono per la
ricerca di un piacere sessuale.
INFERMITA’ DI MENTE E IMPUTABILITA’
L’imputabilità è il requisito individuale determinato
dalla capacità di intendere e di volere e che pertanto
fa sì che ciascuno di noi possa essere sottoposta a
una sanzione personale. Viene anche definita come
capacità di diritto penale e raffigura in fondo una
condizione psichica di base.
INFERMITA’ DI MENTE E IMPUTABILITA’
Nel nostro ordinamento non si può essere imputabili sotto
ai 14 anni, mentre dai 14 ai 18 anni l’imputabilità va
accertata caso per caso.
Oltre ai 18 anni ognuno è responsabile delle proprie azioni
e omissioni, fino a prova contraria.
L’infermità di mente può dunque rappresentare una delle
situazioni previste con il generico termine di “prova
contraria”.
IL CODICE PENALE
ART. 85 c.p. (Capacità di intendere e di volere):
Nessuno può essere punito per un fatto preveduto
dalla legge come reato, se al momento in cui lo ha
commesso non era imputabile. E’ imputabile chi ha
la capacità di intendere e di volere.
IL CODICE PENALE
ART. 88 c.p. (Vizio totale di mente):
Non è imputabile chi, nel momento in cui ha
commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di
mente da escludere la capacità di intendere e di
volere.
IL CODICE PENALE
ART. 89 c.p. (Vizio parziale di mente):
Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era,
per infermità, in tale stato di mente da scemare
grandemente, senza escluderla, la capacità di
intendere e di volere, risponde di reato commesso,
ma la pena è diminuita.
IL CONCETTO DI INFERMITA’
Gianluigi Ponti nel “Manuale di Criminologia” evidenzia il
concetto di infermità come qualsiasi condizione
patologica che sia stata in grado di interferire sulla
capacità di intendere e di volere anche solo
transitoriamente, ovvero quei disturbi che abbiano
“valore di malattia”, cioè che agiscono come se si
trattasse di un processo morboso.
IL CONCETTO DI INFERMITA’
Secondo l’ideologia di Ponti, configura l’infermità ciascuno
dei tanti disturbi psichici qualificabili con un termine
tecnico preciso (psicosi, ritardo mentale, nevrosi,
schizofrenia, demenza, paranoia, ecc.), ma anche
qualsiasi altra condizione che produca effetti
paragonabili a quelli di un vero stato morboso.
IL COMPORTAMENTO “SPAZIALE” DEI
CRIMINALI
Il luogo in cui avviene un delitto non è mai del tutto
casuale: occorre che vi sia sempre un’intersezione
tra autore e vittima, in termini sia di tempo che di
spazio.
IL COMPORTAMENTO “SPAZIALE” DEI
CRIMINALI
I crimini si concentrano in luoghi dove vittime o bersaglio
sono maggiormente disponibili, valutati i rischi e i
profitti, luoghi che il criminale conosce in quanto fanno
parte del suo “spazio di attività”.
IL COMPORTAMENTO “SPAZIALE” DEI
CRIMINALI
Il concetto di “spazio di attività” rappresenta l’insieme dei
luoghi che abitualmente frequentiamo (posto di lavoro,
abitazione, punti di ritrovo sociale, ecc.), e dei percorsi
che li collegano.
IL COMPORTAMENTO “SPAZIALE” DEI
CRIMINALI
Gli “spazi di attività” vengono riassunti in “mappe
cognitive”, ovvero in rappresentazioni mentali del
mondo che ci circonda, attraverso l’identificazione dei
segnali territoriali, degli itinerari, dei nodi, dei distretti
e così via.
IL COMPORTAMENTO “GEOGRAFICO” DEI
CRIMINALI
Studiare il profilo geografico di un criminale significa
capire come esso si muove e colpisce.
Gli studi di David Canter e Kim Rossmo ne sono gli
esempi.
IL COMPORTAMENTO “GEOGRAFICO” DEI
CRIMINALI
Canter, nel 1993, elabora il concetto di “cerchio criminale”, cioè
lo spazio racchiuso da una circonferenza il cui diametro è
dato dalla distanza fra i crimini più lontani.
In base a questo concetto identifica due tipi di criminale: i
“residenti”, che utilizzano la propria abitazione come centro
attorno al quale sviluppano l’attività predatoria; e i
“pendolari”, che commettono i delitti lontano dal luogo di
residenza.
IL COMPORTAMENTO “GEOGRAFICO” DEI
CRIMINALI
•
•
•
Kim Rossmo propone una classificazione degli aggressori
violenti basati sugli stili della caccia:
Hunter (il cacciatore), parte dalla propria abitazione per
cacciare la vittima.
Poacher (il bracconiere), viaggia da una località ad un’altra
alla ricerca della vittima.
Troller (chi canticchia allegramente), la vittima viene
incontrata per caso mentre il criminale è impegnato in
un’altra attività.
IL COMPORTAMENTO “GEOGRAFICO” DEI
CRIMINALI
•
•
•
Rossmo valuta poi i metodi d’attacco:
Raptor (il rapace), che attacca la vittima appena la incontra.
Stolker (chi segue furtivamente), pedina la vittima e attacca
al momento ritenuto opportuno.
Ambusher (chi prepara imboscate), aggredisce la vittima
quando quest’ultima raggiunge un luogo che il criminale
reputa di controllare.
IL CRIMINAL PROFILING
Il concetto è quello di elaborare un profilo
psicologico e comportamentale partendo dai
più piccoli dettagli della scena del crimine,
da ogni notizia disponibile sulla vittima, da
qualunque altra informazione.
IL CRIMINAL PROFILING
Il profiling poggia sulla constatazione che il
comportamento riflette la personalità, e da
ciò deriva che le azioni di un criminale
durante l’esecuzione di un reato rispecchiano
le sue caratteristiche individuali.
IL CRIMINAL PROFILING
Il profilo psicologico e comportamentale del
criminale sarà dunque il risultato di una serie
di studi ed analisi, come quelli sulla scena
del crimine, della vittimologia, e così via.