Innovazione - Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale

Processi di innovazione
culturale
Corso di laurea magistrale in Sociologia,
Università di Milano-Bicocca
a.a. 2012-2013
1
Indice
• Le premesse dell’innovazione
• I vettori dell’innovazione culturale
• Che cos’è l’innovazione: le diverse definizioni e
la logica dell’innovazione
• Innovazione e senso comune: la prospettiva
della vita quotidiana
• Creatività e innovazione
2
• Meccanismi di costruzione della
innovazione culturale
• L’ermeneutica del caso concreto:
* Il ruolo dei movimenti sociali nei processi
di innovazione sociale e culturale. Il caso
italiano degli anni Sessanta e Settanta del
Novecento
3
* Le associazioni dei familiari delle vittime
delle stragi (il caso italiano)
* Innovazione tecnologica e innovazione
culturale: il ruolo degli utenti della rete nei
processi di costruzione dell’innovazione
4
1. Le premesse dell’innovazione
Una precisazione introduttiva
• ‘Innovazione’ e ‘invenzione’ non sono
sinonimi. Mentre l’innovazione porta in sé
la radice latina ‘novus’ – rinvia all’inedito,
a ciò che si rinnova continuamente –
l’invenzione ha a che fare con la scoperta
(invenire = scoprire) (Nicola Cavalli)
5
• La prima dimensione ha a che fare con la
novità (innovazione); la seconda con la
scoperta (invenzione). La prima rimanda a
processi sociali costruiti su dinamiche di
interazione; la seconda rinvia ad aspetti
tecnici e tecnologici.
6
Concentriamo ora l’attenzione sulle
‘premesse’ dell’innovazione.
• Innovazione come ‘movimento verso il
nuovo’ – mutamento continuo delle
condizioni della vita sociale. Relazione fra
modernità (‘tempo nuovo’, Neuzeit ) e
innovazione sociale (politica, economica,
culturale).
7
Una nuova tavola di valori; le differenze
con il mondo della tradizione, anche sotto
il profilo etico. L’’etica faustiana’.
Il significato positivo dell’innovazione e
del mutamento → l’Occidente e il ruolo
della scienza e della conoscenza
(applicabilità del sapere scientifico
all’ambiente circostante).
8
• La comunicabilità dell’esperienza alla base
del progresso scientifico e tecnologico.
• Innovazione e tecnologia legate a filo
doppio come strumenti per risolvere
problemi specifici.
• Tecnologia come forza dinamica della
trasformazione economica sociale e
culturale della società
9
• Nell’universo moderno, al cui interno il
concetto di innovazione prende corpo, la
capacità di conoscere e di fare è messa a
tema come infinita.
• Relazione fra innovazione e concezione
del tempo lineare specifica dell’Occidente
(rifiuto della ripetizione).
10
• Il nuovo è insieme necessario e buono.
Innovazione come ‘dovere’.
• Accelerazione del mutamento e processi
di innovazione.
11
Problemi aperti:
• La relazione fra innovazione e tradizione,
fra passato e futuro, fra memoria e
progetto.
• L’innovazione nella ‘società del rischio’
• La questione della responsabilità: oltre il
tempo lineare?
12
2. I vettori dell’innovazione
• Sulla base della relazione fra modernità e
innovazione discussa in precedenza
possono essere individuati tre principali
vettori di innovazione:
• 1. istituzionali
• 2. culturali
• 3. tecnico-economici
Più vettori; strette relazioni al loro interno.
13
• 1. I vettori istituzionali
• Sono di due tipi, politici e economici. I
primi si concentrano intorno alla
rappresentanza politica; i secondi intorno
alla centralità del mercato.
14
• 2. I vettori culturali
Valore positivo dell’agire nel mondo sulla
base della convinzione di poter ‘fare la
storia’ (vedi la visione weberiana dell’agire
intramondano). Centralità dell’individuo da
un lato; della dimensione del ‘disincanto’
dall’altro.
15
• 3. I vettori tecnico-economici
• Importanza dell’economia capitalistica e
dell’impresa. Relazione fra scienza,
tecnologia e sviluppo economico.
I processi di razionalizzazione costituiscono il
trait d’union principale di questi tre vettori. La
possibilità di ‘controllo’ sul futuro grazie al
dominio sul mondo garantito dalla razionalità di
scopo.
16
• Per promuovere una cultura
dell’innovazione è anzitutto necessario
comprendere a che cosa rimanda questo
termine. Le molte facce della definizione
del ‘nuovo’. La relazione fra le diverse
forme di razionalità e la costruzione di
una cultura dell’innovazione.
17
L’innovazione rispetto ai fini piuttosto che
rispetto ai mezzi, ‘incrementali’ o ‘rivoluzionarie’
(Donolo). Le innovazioni istituzionali
La trasformazione delle istituzioni, il ruolo degli
orientamenti di valore, e i movimenti sociali nella
costruzione di processi di innovazione. La
società civile come ambito in cui si generano
nuovi orientamenti di valore.
18
3. Che cos’è l’innovazione
Le definizioni (1)
* Prima definizione generale (Gallino)
Introduzione, in uno specifico contesto, di
una nuova tecnica.
* Seconda definizione generale
Innovazione come processo di
apprendimento (Donolo). Emergono nuovi
stili di conoscenza, che consentono – più
che la soluzione di precedenti problemi –
la messa a tema di nuove questioni.
19
• In questa seconda definizione, centrale
per il nostro modulo, l’attenzione va ai
processi attraverso i quali vengono alla
luce nuove forme di concettualizzazione.
• Per questa via vengono rimesse in
discussione le precedenti ‘regole del
gioco’ e si aprono nuovi spazi per l’azione
sociale.
20
* Terza definizione generale
Espressione di un incremento di
razionalità nelle forme dell’azione (Donolo
e Fichera). L’incremento di razionalità e
sia sociale sia politico. Il ruolo centrale
della dimensione culturale (differenze tra
riforma e innovazione).
Centralità, nella visione di Donolo e Fichera (def. 2 e 3),
del riconoscimento dell’innovazione; saper ‘vedere’
l’innovazione.
21
•
• In tutte e tre queste accezioni generali
l’innovazione prodotta può generare forme di
resistenza e di conflitto. Dal che cosa
dell’innovazione al ‘chi’ (i soggetti)
dell’innovazione.
22
3. Che cos’è l’innovazione. Le definizioni (2)
e la logica dell’innovazione
Tassonomia delle innovazioni (Freeman, 1994;
vedi anche Infante, 1997):
• 1. innovazioni incrementali: migliorano la
produzione e l’uso di beni già esistenti;
• 2. innovazioni radicali: nuovi processi e prodotti
che cambiano il modo di produrre e consumare
alcuni beni. Si presentano spesso ‘a grappolo’
(interconnesse al loro interno)
23
• 3. mutamenti di sistema tecnologico.
Innovazioni epocali. Riflessi sullo sviluppo di
nuovi settori economici.
• 4. mutamenti di paradigma tecnico-economico
(rivoluzioni tecnologiche). Esempi: macchina a
vapore, energia elettrica, calcolatore elettronico,
tecnologie
dell’informazione
e
della
comunicazione.
Interazione
fra
fattori
tecnologici, economici e politici
24
• I rapporti tra economia capitalistica e
innovazione. Qual è il carattere specifico
delle economie capitalistiche: attività
razionale intesa a modificare il corso delle
pratiche istituzionalizzate. Incremento di
razionalità. Legame con l’innovazione
tecnologica.
25
Il contributo fondamentale di Schumpeter (1942,
Capitalismo, socialismo e democrazia, ed. it 1955
ultimo scritto; primo scritto fondamentale,
Teoria dello sviluppo economico, 1912).
La distinzione più nota proposta da Schumpeter:
la classificazione ternaria invenzione,
innovazione e diffusione
26
Innovazione come processo di
“distruzione creatrice”
Differenza tra invenzione, innovazione e
diffusione
§ Invenzione come contributo al
mutamento tecnologico; idee e progetti
per nuovi prodotti e procedimenti.
27
§ Innovazione come introduzione nel sistema
economico e sociale di un nuovo prodotto,
procedimento o sistema. Il riferimento non è solo
alle innovazioni tecnologiche, ma anche a quelle
organizzative, gestionali, finanziarie e così via.
§ Diffusione: è la fase in cui l’innovazione
originale viene adottata e imitata da altre
imprese e da altri utilizzatori. Il processo
innovativo si espande.
28
Per Schumpeter
• L’innovazione è uno strumento di crescita economica –
si tratta di una nuova e fortunata combinazione di
risorse
• Diverse forme di innovazione:
* produzione di un nuovo bene
* introduzione di un nuovo processo di
produzione
* accesso a un nuovo mercato
* sfruttamento di una nuova fonte di materie prime
* realizzazione di nuove strutture organizzative
29
• Centralità, nel processo di innovazione, dell’’atto
imprenditoriale’.
Il
ruolo
centrale
dell’imprenditore. E’ l’imprenditore che sostiene i
rischi
del
passaggio
dall’invenzione
all’innovazione.
• Imprenditore come primo innovatore (in quanto
leader: capacità di pensare il nuovo e di
prevedere quel che accadrà). Figura eroica,
fuori dal comune.
30
• Intreccio di dimensioni razionali ed extrarazionali dell’imprenditore → atto creativo,
non solo razionalità funzionale.
• Razionalità diversa da quella del calcolo
per il proprio utile.
31
• Tre gruppi di motivazioni per la condotta
dell’imprenditore:
a. aspirazione a fondare una dinastia
b. ricerca di prestigio sociale
c. desiderio di potere e di indipendenza,
ma anche di creazione; volontà di
esprimere il proprio intuito
32
Tra le critiche alla visione schumpeteriana
dell’imprenditore:
• L’imprenditore può non essere un singolo;
• Importanza della relazione fra ruolo
imprenditoriale e appartenenza di classe
33
In sintesi
• Modello lineare del processo di innovazione: fasi
sequenziali (generazione di un’idea, invenzione,
ricerca e sviluppo, applicazione e diffusione)
• Innovazione e tecnologia legate a filo doppio
come strumenti per risolvere problemi sociali
specifici (il problem solving)
34
Altre definizioni di innovazione:
§ L’innovazione sociale come mutamento nel
modo di provvedere ai bisogni (Gershuny,
L’innovazione sociale. Tempo, produzione e
consumi, 1993)
35
§ Innovazione come esito della costruzione
di una ‘comunità di pratiche’ in relazione
all’uso delle tecnologie.
• C’è innovazione quando cambiano le
pratiche sociali (vedi internet). Centralità
degli utenti. (vedi Tuomi, Networks of
Innovation, 2002)
36
• Le nuove tecnologie sono oggetto di
interpretazione e riappropriazione da parte
degli attori nel contesto delle loro pratiche.
• E’ l’utente che ‘inventa’ il prodotto.
Dall’’inventore eroico’ all’’utente eroico’.
• Innovazione come processo sociale
attraverso il quale sono creati nuovi
significati.
37
• Occorre tenere presente che, nei processi
di innovazione sociale, elementi
tecnologici, economici, politici, di
organizzazione istituzionale e di cultura
appaiono indissolubilmente connessi.
38
2. Innovazione e senso comune. La
prospettiva della vita quotidiana
Vita quotidiana (Jedlowski, Un giorno
dopo l’altro, 2005): ciò che appare
prossimo e ricorrente, giorno dopo giorno.
La routine: le situazioni che ‘tornano’, che
si ripresentano con regolarità. Ma la
routine non è pura e semplice ripetizione.
Lo spazio per l’’invenzione’ e la vita
quotidiana.
39
• La v.q. , in quanto dimensione ricorrente,
ha a che fare con la dimensione del tempo
(cotidie: ogni giorno) (Jedlowski e Leccardi,
Sociologia della vita quotidiana, 2003).
• Rinvia anche a orizzonti di senso che ci sono
familiari. Più in generale può essere
definita come un insieme di pratiche, di
ambienti, di relazioni
40
Per la fenomenologia sociale la v. q. è:
“ il tessuto di abitudini familiari all’interno
delle quali noi agiamo e alle quali noi
pensiamo per la maggior parte del nostro
tempo. Questo settore dell’esperienza è
per noi il più reale: è il nostro habitat
usuale e ordinario”.
(P. e B. Berger, Sociologia. La dimensione
sociale della vita quotidiana, 1977)
41
L’espressione “vita quotidiana” ha una
storia recente. Innovazione lessicale che
accompagna il sorgere delle società
industriali europee.
• V.q.: da tempo senza storia, tempo del
lavoro obbligato (agli albori del
capitalismo), a luogo della realizzazione
dei desideri e misura della qualità della
vita (a partire dalla seconda metà del
Novecento).
42
• E’ l’ambito in cui si produce l’ordine simbolico
che regola le interazioni, attraverso il quale è
possibile comprendere i processi di costruzione
sociale della realtà.
• E’ lo spazio che costruisce ‘sicurezza ontologica’
(Giddens, Le conseguenze della modernità,
1994). Si esprime attraverso una coscienza pratica
(versus coscienza discorsiva) v. Giddens, La
costituzione della società, 1990.
43
• Centrale, per lo studio dei processi di
innovazione culturale, è la vita quotidiana
in quanto prospettiva attraverso la quale
ciascuno di noi ‘guarda’ la realtà. La
‘familiarità’ e la vita quotidiana.
• Se si intendono considerare i processi di
innovazione è dunque necessario
soffermarsi su questa prospettiva.
44
• La v.q. è la dimensione dell’esistenza che
si rende palese ogni volta che la vita
assume caratteristiche ripetitive, capaci di
creare familiarità (Jedlowski, Un giorno
dopo l’altro, 2005)
• De Martino (La fine del mondo, 2002) e
l’episodio di Marcellinara
45
• De Martino: appaesamento (legato alla
familiarità) versus spaesamento. La
condizione contemporanea (vedi Berger,
Berger e Kellner, The Homeless Mind:
Modernization and Consciousness, 1973).
• In un contesto di familiarità, ciò che ci
circonda assume significati indiscussi.
46
• Che cos’è la quotidianizzazione e la sua
relazione con la familiarità.
• Relazione fra ‘quotidianizzazione’ e
istituzionalizzazione (piano collettivo)
• Rapporto fra ‘quotidianizzazione’ come
processo cognitivo e assenza di
problematicità (piano individuale).
47
• Il processo di ‘addomesticamento’
(Silverstone)
• Addomesticamento come creazione di
nuovi significati e nuovi legami. Attraverso
questo processo costruiamo forme di
controllo sulla realtà in quanto la rendiamo
‘naturale’.
48
• In che modo la sociologia fenomenologica
ci ha aiutato a comprendere la struttura
cognitiva della vita quotidiana (vedi le
riflessioni di Berger e Luckmann, 1969) .
• Alcuni concetti chiave: stile cognitivo;
tipizzazione; struttura di plausibilità,
routinizzazione.
49
• Stile cognitivo come modo di
concettualizzare il mondo.
• Tipizzazioni come modi di riconoscere la
regolarità che si manifestano nella vita
quotidiana.
• Struttura di plausibilità come indicazione di
ciò che in una data cultura può essere
considerato realistico.
50
• Routinizzazione come stabilizzazione delle
forme di interazione legate al quotidiano.
• La familiarità è l’esito di questa pluralità di
dimensioni e processi
51
• La relazione con il concetto di istituzione
come stabilizzazione nel tempo di una
serie di pratiche.
• Routine come base dei processi di
istutuzionalizzazione.
52
La vita quotidiana e il ‘senso
comune’
Il senso comune (‘ciò che tutti sanno’,
Jedlowski) può essere definito come lo
specifico stile cognitivo, il modo di
pensiero proprio della vita quotidiana. E’ lo
‘sfondo’ entro il quale la nostra esperienza
personale si colloca.
53
In accordo a questo modo di pensiero
il mondo è, per così dire, dato per
scontato, è esente dal dubbio che le
cose possano stare diversamente da
come appaiono (Schutz, Saggi
sociologici)
Esso appare stabile sotto il profilo
cognitivo.
54
• Senso comune: credenze, visioni della
realtà, modi di metterla a tema, ‘massime’
con finalità pratiche, riferite alla vita
quotidiana. Tutte queste dimensioni sono
condivise all’interno di un gruppo sociale
dato. Il ruolo delle interazioni sociali nella
sua formazione.
55
• Sotto questo profilo il s.c. è un insieme di
certezze la cui verità non si lega a
ragionamenti, ma ad evidenze. E’ il regno
dell’ovvio, del non problematico, del
familiare (Jedlowski). E’ anche, al tempo
stesso, un sistema di aspettative
• Delimita, prima ancora che le risposte, le
domande che è lecito porsi.
56
Secondo la prospettiva della sociologia
fenomenologica questo atteggiamento
assume la realtà come non problematica.
Mette fra parentesi il dubbio che le cose
possano essere diverse da come
appaiono.
57
• Sul piano piano pratico questo atteggiamento
corrisponde alla formazione di routine e
abitudini.
• Il ruolo strategico della routine nel proteggerci
dalla minaccia dell’incertezza contemporanea
(vedi Berger, Berger e Kellner, The Homeless
Mind: Modernization and Consciousness, 1973).
58
Il senso comune può essere considerato anche
come una forma di memoria sociale - come un
insieme di regole, precetti, aspettative – legata
ad una tradizione (vedi articolo di Jedlowski,
Rassegna Italiana di Sociologia, 1, 1994).
Dimensione normativa del senso comune: ciò
che ritenuto non solo ovvio, ma giusto.
Dimensione plurale del senso comune: non solo
ogni società, ma anche ogni gruppo sociale, ha e
riproduce un proprio senso comune.
59
• L’innovazione, sul piano cognitivo,
corrisponde precisamente ad una rimessa
in discussione del senso comune: ad una
sospensione, in altri termini,
dell’atteggiamento che dà il mondo per
scontato.
• Ne derivano apertura all’incertezza, ma
anche alla creatività.
60
• Inoltre, l’innovazione può essere legata al
confronto fra i diversi sensi comuni
presenti nella società moderna. Tensione
fra i sensi comuni delle diverse cerchia
sociali (Simmel). Come esito viene
reintrodotto il dubbio (che le cose possano
stare diversamente da come il senso
comune le fa apparire)
61
• In questo senso, l’innovazione culturale
problematizza aspettative e giudizi tipici
del senso comune. Più precisamente, li
riformula.
• Sul piano pratico si può dunque affermare
che i processi di innovazione costituiscono
una rottura ed una riformulazione di
pratiche routinizzate.
62
Si crea, in questa cornice,
un’interruzione dell’atteggiamento
che dà per scontati i contenuti e le
forme della realtà.
63
Ciò può accadere da due diversi punti di
vista:
• a. l’ambiente materiale offre nuove
opportunità;
• b. si manifestano nuovi punti di vista, che
mettono in discussione i contenuti del
senso comune. Il ruolo dei soggetti
collettivi (i movimenti).
64
• In sostanza, l’innovazione così intesa non
rinvia soltanto all’identificazione di
soluzioni ad hoc per la soddisfazione dei
bisogni. Rimanda anche alla capacità di
formulare nuove questioni, di ridefinire le
forme di costruzione sociale della realtà.
65
Questo processo, mentre rimette in
discussione il dato per scontato, porta
l’attenzione sulla dimensione della
soggettività.
La v.q. può, in questo quadro, essere
considerata l’arena per l’esercizio della
responsabilità e per l’espressione
dell’autonomia.
66
• Sintesi. Le tappe di de-costruzione del
senso comune:
• A. Sospensione dell’atteggiamento di
familiarità (conoscenza quotidiana)
• B. Ridefinizione delle tipizzazioni con cui
la realtà viene intesa
67
3. Meccanismi di costruzione
dell’innovazione sociale. Ermeneutica
dei casi concreti
• L’innovazione può sorgere attraverso il
compromesso fra logiche cognitive
differenti (cognitive bargaining, Berger).
• L’esempio del ‘familismo morale’
(Turnaturi e Donolo)
68
• Che cos’è l ‘familismo amorale’. Lo studio
di Edward Banfield nella Lucania degli
anni Cinquanta del Novecento (v. Le basi
morali di una società arretrata, ed. or.
Inglese 1957). Montegrano e la carenza di
senso civico.
69
• Il punto di partenza: moltiplicarsi , a partire
dagli anni Ottanta, di associazioni di
familiari (di malati, detenuti, vittime di
stragi, di mafia, contro la droga). Scelta di
mostrarsi in pubblico. La famiglia come
base attraverso la quale richiedere una
assunzione di responsabilità della parte
pubblica.
70
• Le associazioni dei familiari delle vittime di
‘mali’ socialmente prodotti. La centralità r
la valorizzazione dei legami affettivi; la
concezione di sé come cittadini/e. Sintesi
tra sfera privata e sfera pubblica (cognitive
bargaining, Berger): il ‘familiare cittadino’.
71
• Le relazioni ‘private’, intime,
come veicolo di eticità
nell’arena pubblica.
72
• L’innovazione è legata al rifiuto della
contrapposizione tra pubblico e privato,
affetti familiari (privati) e cittadinanza
(dimensione pubblica). E, anche, al fatto
che la famiglia è messa a tema a partire
dalla sua dimensione affettiva (non come
istituzione).
73
• Punto di partenza delle associazioni, tra
loro molto diverse, è sempre un caso
concreto. Indignazione come virtù
pubblica.
• Interlocutori sono l’opinione pubblica e lo
stato.
74
• La sfera di intervento ha a che fare con il
sociale, non con il politico. Non c’è rifiuto
ideologico della politica, ma la politica è
altrove.
• Si delinea una sfera intermedia tra politico
e sociale: l’individualità diventa sociale.
Importanza della dimensione collettiva.
75
• Attraverso le associazioni si creano nuove
forme di legame sociale, solidarietà,
relazioni sociali. Si riscoprono le basi
dell’azione collettiva attraverso cause
profondamente individuali.
76
Esempi di ‘familismo morale’ portati da
Turnaturi e Donolo:
• * l’Associazione familiari delle vittime della
strage della stazione di Bologna (la
strage del 2 agosto 1980). Il dolore e il
lutto diventano la base di azioni a
carattere universalistico.
77
• L’associazione nasce in modo autonomo,
non delega, costruisce nuove forme di
consapevolezza civica e favorisce
modalità di apprendimento sociale tra i/le
partecipanti. Nuove esperienze di
relazione con la sfera pubblica. “La
partecipazione nasce dalla forzata
pubblicizzazione di dolori privati”. Distanza
dalla politica istituzionale.
78
* Il caso delle vedove di mafia
• L’associazione nasce in Sicilia (vedove di
magistrati, sindacalisti, esponenti delle
forze dell’ordine). L’esperienza
drammatica del lutto diventa denuncia
delle complicità, indignazione, richiesta di
giustizia, virtù pubblica. “In quanto mogli,
madri, vedove si è cittadine” (Turnaturi e
Donolo)
79
* Le madri di Primavalle
• Anni Ottanta, quartiere romano, lotta
contro la droga di gruppi di madri/di
genitori (ma prevalente presenza
femmnile). Occupazione di una palestra
del quartiere. Contro gli spacciatori, aiuto
a chi è in crisi di astinenza. Attenzione da
parte del comune a fronte dell’attivismo
dei genitori.
80
• Il ruolo centrale delle donne in queste
forme di associazionismo. ‘Femminismo’
pratico e quotidiano. La cultura delle
donne: il partire da sé, il rifiuto della
delega.
81
• Il processo trasformativo generato dalla
partecipazione alla vita di queste
associazioni (interno/esterno).
• Area intermedia tra sociale e politico.
• Difesa di identità non delegabili; casi
individuali ma soggettività sociali.
82
• Famiglia come spazio di mediazione fra
pubblico e privato. Ambito da cui nasce la
spinta verso la partecipazione civica.
• Soggettività private (familiari), pubbliche
(pratiche di cittadinanza), collettive (il
gruppo, l’associazione). Il ‘familismo
morale’ come realtà quotidiana.
83
• Centralità e legittimità delle emozioni.
Emozioni come veicolo etico e strumento
di conoscenza (di sé, del sociale). Le
emozioni aprono alla sfera pubblica nella
vita quotidiana.
• Le analisi di Marta Nussbaum
(L’intelligenza delle emozioni).
• Un diverso tipo di razionalità.
84
• In un’ottica di cognitive bargaining, il
familismo può trasformarsi in innovazione
culturale (e politica). La stessa messa a
tema di queste forme di associazione
come forme di ‘familismo morale’
costituisce innovazione. Il caso concreto
‘contiene’ questioni di principio.
85
• L’esempio del ‘carry over’ (Berger): una
logica cognitiva emigra da una ‘provincia
finita di significato’ (Schutz) ad un’altra. ‘Il
personale è politico’: dal femminismo degli
anni Settanta alle associazioni dei familiari
delle vittime delle stragi.
86
• Un esempio di ‘carry over’ e di
innovazione concettuale: la categoria di
‘doppia presenza’ elaborata da Laura
Balbo negli anni Settanta.
87
Gli attori dell’innovazione. Due figure
emblematiche: lo straniero e l’’esperto’
°Lo straniero
• La problematizzazione di ciò che è ovvio
per lo straniero.
• Pratiche, valori, finalità, non possono
essere dati per scontati. La visione dello
straniero costituisce di per sé una critica al
senso comune.
88
•Lo straniero come innovatore in
nuce. Mettersi in grado di
riconoscere le potenzialità
contenute in situazioni di
marginalità sociale.
89
• Schutz (saggio sullo straniero in ‘Saggi sociologici’).
La cultura del luogo non è entrata nella sua biografia
Lo straniero condivide il presente (eventualmente il
futuro), ma non il passato. Un soggetto senza storia. La
mancata relazione con il senso comune.
Gli schemi di interpretazione del mondo sono rimessi in
gioco perché il gruppo di appartenenza non è più
definito.
90
• Per lo straniero gli attori osservati non sono tipi
(esecutori di funzioni tipiche), ma individui.
• Non ci sono ‘ricette’ (Schutz) per la risoluzione
dei problemi quotidiani.
• I modelli culturali del nuovo gruppo di riferimento
non sono un rifugio, ma un campo d’avventura
91
• In generale: non ogni situazione di
marginalità può tuttavia trasformarsi in
contesto di effettiva innovazione.
• Fondamentale è la fiducia e la convinzione
(collettiva in particolare) di potere produrre
innovazione.
92
• Per generare innovazione cruciale risulta
la capacità di esercitare potere.
• Per produrre innovazione lo sguardo che
si posa sulla realtà quotidiana e ne pone in
discussione il carattere dato per scontato
deve potersi trasformare in azione sociale.
93
• ° L’esperto
• Qui l’esperto è inteso non come chi possiede uno
specifico know how, ma come colui che ha
esperienza.
• L’esperienza nasce al confine fra senso comune e
rielaborazione soggettiva. L’importanza degli
‘attraversamenti’ personali (ex-per-ire) (Jedlowski)
94
• I contenuti del senso comune sono stati
interiorizzati, ma vengono posti a
confronto con i vissuti personali. Da
questo intreccio può nascere esperienza.
• L’esperienza sedimenta nella v.q., ma
comporta una presa di distanza dal senso
comune che la caratterizza.
95
• Il potere innovativo dell’esperienza: può
modificare tipizzazioni legate al senso
comune e alle routine quotidiane.
• L’esperienza personale come ‘antidoto’ al
dominio del senso comune (vedi
l’esperienza di relazione personale con
soggetti migrati).
96
• Tuttavia, per costruire innovazione, anche
in questo caso come per lo straniero è
necessario che chi possiede esperienza
decida di usarla per produrre innovazione
(deve possedere non solo un interesse,
ma anche capacità e potere).
97
• L’esperienza personale può smascherare
il carattere ideologico di affermazioni che
rivendicano il carattere innovativo di
determinate azioni/situazioni (proposte
come favorevoli alla collettività).
98
• L’esperienza può ad esempio interrogare il
sapere tecnologico, costringendolo a
misurarsi con obiettivi che questo sapere
tende a dare per scontati.
99
Gli attori dell’innovazione: i movimenti
sociali
• 1. La prospettiva funzionalista: i movimenti
sociali come frutto di trasformazioni
eccessivamente rapide (che producono
forme di sradicamento e frustrazione)
• 2. La prospettiva che analizza la
mobilitazione delle risorse necessarie
all’azione collettiva (non sono sufficienti
tensioni e conflitti)
100
• 3. La prospettiva che mette a tema la struttura
delle opportunità politiche (relazione fra
movimenti sociali e sistema politicoistituzionale).
• 4. L‘approccio dei nuovi movimenti (Touraine e
Melucci). Fine della centralità dello sviluppo
delle forze produttive e delle dinamiche di
classe. I movimenti non si definiscono più in
primo luogo in relazione al sistema produttivo.
101
• Della Porta e Diani (I movimenti sociali,
1996)
• Quattro tratti che accomunano i
movimenti:
• a. reti di relazioni informali
• b. credenze condivise e solidarietà
• c. azione collettiva a carattere conflittuale
• d. ricorso alla protesta
102
La visione di Melucci (L’invenzione del
presente, 1982)
• Rifiuto delle interpretazione dei movimenti nei
termini di marginalità e devianza o, piuttosto, in
riferimento alla richiesta di accesso e
partecipazione politica alle istituzioni.
• La prima spiegazione tende a proporre i
fenomeni conflittuali esclusivamente come
reazioni anomiche ai mutamenti sociali. La
seconda ignora la presenza di contenuti non
politici nei movimenti contemporanei.
•
103
• Tesi: Nelle società complesse stanno
emergendo nuovi movimenti antagonisti.
Nelle società tardo capitalistiche i conflitti
non riguardano più le sole risorse
economiche, ma investono “rapporti
sociali, simboli, identità e bisogni
individuali” (Melucci, L’invenzione del
presente, p. 75)
104
• In queste società si formano domande
antagoniste che riguardano la logica del sistema
e le forme con cui nascono bisogni e si
definiscono le identità.
• Produzione e consumo sono, in questa cornice,
anzitutto produzione e consumo di identità.
Come conseguenza, i conflitti si spostano verso
la difesa e la rivendicazione di identità contro
apparati fondati sulla razionalità strumentale.
105
• Le domande antagoniste riguardano
tempo, spazio, relazioni, il diritto a essere
se stessi (dunque la nascita, la morte, la
salute e la malattia, l’identità sessuale, il
rapporto con la natura. Fine della
contrapposizione pubblico e privato).
• Due dinamiche intrecciate: cresce la
pressione degli apparati verso
l’omologazione, crescono le rivendicazioni
di autonomia e identità.
106
• Per questi motivi: scarsa negoziabilità
delle lotte (femminismo, liberazione
sessuale, lotte ecologiche, minoranze
etniche, e così via).
• Più che interesse alla conquista del potere
politico, volontà di controllo immediato
delle condizioni di esistenza e
indipendenza dal sistema.
107
• Ricerca di partecipazione e di azione
diretta.
• I temi ricorrenti nei movimenti sociali
contemporanei: la centralità del corpo
(luogo culturale della resistenza che si
oppone alla razionalizzazione); l’identità e
la vita quotidiana; la natura (dimensione
sempre culturale, che sfugge ai controlli
del potere)
108
• L’individuo diviene dimensione sempre più
sociale: tentativi del potere di manipolare
le identità individuali e, insieme,
rappresentazione dei bisogni come bisogni
individuali. Il senso dell’azione individuale,
le relazioni affettive, i problemi del
quotidiano diventano aspetti sempre più
legati a conflitti sociali fondamentali.
109
• Oggi, più che parlare di conflitti di classe (in
senso marxiano tradizionale), occorre fare
riferimento a conflitti antagonisti: importanza di
relazioni antagoniste che hanno per oggetto
l’appropriazione e la destinazione di risorse
sociali. Gli attori di questi conflitti possono
mutare volta a volta e vanno dunque individuati
empiricamente (fine dei ‘movimenti-personaggi).
110
• I conflitti contemporanei sono a termine, su
issues specifiche, mobilitano attori variabili. Le
dinamiche della mobilitazione sono
frammentate; quest’ultima si accende e spegne
in modo intermittente.
• Tra le poste in gioco di maggiore rilievo in molti
movimenti contemporanei c’è la
“riappropriazione del senso e della motivazione
dell’azione”. Legame con l’identità.
111
• Possibilità degli attori di riconoscere la loro
capacità di produrre azione (legame con le
potenzialità di innovazione e, insieme,
con l’identità). Dall’identità ascritta
all’identità autocostruita. L’affermazione
autonoma della propria identità, e per suo
tramite la riappropriazione del senso
dell’azione, può diventare posta in gioco
del conflitto.
112
• Contro la razionalità strumentale degli
apparati, lotta per l’affermazione della
propria identità. Dal gruppo al singolo
attore sociale. Crescente individuazione
dei conflitti collettivi.
• Come conseguenza, nuove aree di
formazione dei conflitti e nuove forme di
azione collettiva.
113
Riferimenti bibliografici
• P. Jedlowski e C. Leccardi, Sociologia della vita
quotidiana, Bologna, il Mulino, 2003.
• Una reading list, letture che completano la preparazione
per le prove finali:
• P. Jedlowski, Quello che tutti sanno. Per una
discussione sul concetto di senso comune, in Rassegna
Italiana di Sociologia, XXXV/1, 1994, pp. 49-77;
• P. Jedlowski, Senso comune, esperienza e innovazione
sociale, in Fogli nella valigia. Sociologia, cultura, vita
quotidiana, Bologna, il Mulino, 2003, pp. 57-68;
114
• C. Donolo e F. Fichera, Teorie e culture dell’innovazione,
in Id. (a cura di), Le vie dell’innovazione. Forme e limiti
della razionalità politica, Milano, Feltrinelli, 1988, pp.
213-236;
• G. Turnaturi e C. Donolo, Familismi morali, in C. Donolo
e F. Fichera (a cura di) Le vie dell’innovazione. Forme e
limiti della razionalità politica, Milano, Feltrinelli, 1988,
pp. 164-185;
• A. Cavalli, La gioventù: condizione o processo?, in
Rassegna Italiana di Sociologia, n. 4, 1980, pp. 519-542;
115
• A. Cavalli e C. Leccardi, Le culture giovanili, in La Storia
dell’Italia repubblicana, Einaudi, vol. III, Torino, pp. 709800;
• A. Melucci, L’invenzione del presente. Movimenti,
identità, bisogni collettivi, Il Mulino, Bologna, 1982, pp.
72-83 e 161-193;
• A. Melucci, Creatività: miti, discorsi, processi, Feltrinelli,
Milano, 1994. pp. 11-32.
• I. Tuomi, Networks of Innovation. Change and Meaning
in the Age of the Internet, Oxford New York, Oxford
University Press, 2002, introduzione, capitoli 2 e 6.
116