Nel libro di L. GIORGI, Caserta e gli Acquaviva. Storia di una
corte dal1509 al 1634, Spring Edizioni, Caserta 2004, a p. 125,
viene riportata l’immagine dell’Archivio di Stato della Reggia di
Caserta del complesso del Carmine e dell’Annunziata, che sorge
dove oggi ha sede la cattedrale di Caserta sul piano e il “disegno,
anche se non molto preciso, riporta un elemento architettonico che
ancora esiste:a la torre campanaria. Questa torre ancora oggi
domina l’insula occupata dalla cattedrale e dal seminario vescovile
e, con la Chiesa di S. Sebastiano de Turre che sorgeva a breve
distanza nell’attuale Via Redentore fino al 1773, anno in cui fu
distrutto da un incendio” (ibidem).
Come si sa, Caserta era solo su dove oggi c’è Caserta
impropriamente detta “vecchia”, giù vi era un complesso di casali,
d’origine moto varia come attesta la toponomastica, fra cui il
villaggio Torre (poi Caserta Torre) divenne dominante (non a
caso).
Ma vi è un’altra osservazione da fare sul libro, interessante di L.
Giorgi, dove, tra l’altro, si parla della “Pernestina” (la
“Castelluccia”, per chi conosce il Parco della Reggia di Caserta
parte giù che ingloba il precedente giardino degli Acquaviva1). Va
osservato che Andrea Matteo Acquaviva d’Aragona, secondo
principe di Caserta (1570-1647), era stato alla corte di Rodolfo II
d’Asburgo, con i suoi noti interessi alchemici (cfr. ivi p. 89, il
Tra l’altro, la Castelluccia è uno dei più bei posti del Parco della Reggia ed è a sua
volta circondata da un giardino con delle cose carinissime. Raramente aperta, si spera
che una sua eventuale “valorizzazione” non dia luogo a qualche “Disneyland”, voglio
dire a quel genere di cose di scarsissimo livello cui si è assai abituati nel Sud.
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passo, ed il “box”, relativo a Michael Meier2). Il Palazzo al
Boschetto, che sorge nella località di Ercole, Caserta (Caserta,
dove il Villaggio Torre prese il predominio, nonostante le piccole
dimensioni, è in realtà composta di molti “casali”), ha la sua
pianta che rimanda alla costellazione celeste di Ercole: il che la
dice lunga sugli interessi “ermetizzanti” e alchemici del principe.
Il Palazzo al Boschetto si compone di molte sala a tema, che
ricordano e subiscono l’influenza - chiara - della Roma
rinascimentale. Una di queste è la “Sala del Paradiso Terrestre”
(ivi, pp. 96-97). Qui vi è una rappresentazione della costellazione
del Leone, forse perché il principe sarebbe nato in quel segno o
sotto quella “costellazione”3, rappresentazione che fa riferimento
“Michele Meier, inoltre, fornì la lettura in chiave ermetica ed alchemico dei miti
greci ed egizi nei testi Arcana Arcanissima, pubblicato nel 16214, Atalanta Fugiens
(1617) e Symbola Aureae mensae. Non si può escludere che il principe Andrea
Matteo conoscesse questi testi che, diffusi forse dopo il completamento del ciclo di
affreschi di Palazzo al Boschetto, evidenziando l’interesse per lo studio dell’alchimia
coltivato nella corte boema di Rodolfo d’Asburgo [Rodolfo II d’Asburgo], con la
quale ebbe rapporti” (ibidem, grassetti in originale). Atalanta Fugiens è davvero un
capolavoro, con le sue fughe alchemiche, che posson esser cantate davvero, dunque
una parte di tal libero è di testo e di belle immagini ermetiche, un’altra è di spartiti
musicali, i cui testi son ermetici ed alchemici. Un capolavoro. Nel 1600 (cfr. ibidem)
fu ripubblicato la Hypnoerotomachia Poplyphili, libro ermetico rinascimentale molto
interessante, cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Hypnerotomachia_Poliphili (in questo
link son citate le edizioni Adelphi 1998, ripubblicata nel 2004, e quella del 1964,
riedita nel 1980; personalmente, ho consultato quella degli Anni Sessanta). In ogni
caso, che in quell’epoca, in ambito aristocratico e non solo, vi fosse l’interesse per
l’alchimia è cosa che non deve in alcun modo stupire.
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Come si dovrebbe sapere - ma non si sa -, esser nati sotto un determinato “segno”
significa esser nati in una delle dodici “case” che dividono l’ “immaginaria” (o
“immaginale” …) “fascia” zodiacale. Le costellazioni, dodici delle quali hanno lo
stesso nome delle “case”, non coincidono più con le “case”, di qui la diffusissima
confusione. Dunque, probabilmente, ammesso e non concesso che il secondo principe
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all’Atlante celeste, del 1603, dell’astrologo tedesco J. Bayer4, ma
il punto è che trattasi di rappresentazione molto particolare: “Sulla
parte del leone [dipinto] è individuabile la stella Zosma (delta
Leonis), la cui natura Venere/Saturno è evidenziata dai simboli dei
due pianeti […], rappresentati insieme al simbolo del Sole […] ed
a quello di Mercurio […], collegato forse all’altra stella più
piccola che dovrebbe essere Purra, detta anche Coxa, con natura
mercuriana. Tolomeo assegnò le qualità alle stelle della
costellazione del Leone e, in particolare, ‘le stelle sui lombi e
quella splendente sulla coda (Denebola) come Saturno e Venere;
sulle cosce hanno gli stessi effetti di Venere e in misura minore di
Mercurio’. Questa rara se non unica rappresentazione astrologica,
in cui sono stati evidenziati i pianeti Venere, Saturno, Mercurio e
il Sole con i loro simboli, forse è collegabile con ciò che è stato
rappresentato nelle altre sale o ad un importante avvenimento
riguardante la famiglia Acquaviva, in particolare il principe
Andrea Matteo. Potrebbe essere stato rappresentato il suo segno
zodiacale […] Il leone, comunque, oltre a comparire nello stemma
degli Acquaviva, è anche il segno zodiacale dell’Abruzzo, loro
terra d’origine” (ivi, p. 96, corsivi in originale, va detto che la
di Caserta avesse qui fatto dipingere un qualcosa relativo alla sua nascita,
probabilmente era nato nel segno della Vergine, poiché Zosma si trova all’11° del
“segno” della Vergine (cfr. http://constellationsofwords.com/stars/Zosma.html). Vero
che in quel tempo non si trovava nell’attuale grado della Vergine, ma, considerata la
lentezza del movimento stellare, anche nel XVII sec. il “segno” doveva esser quello
della Vergine lo stesso, pur se non nello stesso grado di oggi, ma uno alquanto
anteriore. Ma l’ipotesi che la cosa abbia un significato “ermetico” non può essere
esclusa per principio.
L. Giorgi cita, come fonte per l’Atlante di Bayer, A. CATTABIANI, Planetario, 1998.
Cattabiani è stato un noto studioso di questi temi.
4
combinazione Venere/Saturno non è delle migliori, s e”l’aspetto”
non sia molto armonico, secondo le dottrine astrologiche, dottrine
che tuttavia, occorre guardarsi come la peste dall’interpretare in
modo troppo “letteralistico”). Se qualcuno, conoscitore
d’astrologia o anche d’astronomia - ma non prevenuto contro
l’astrologia (ovviamente quella serie, non quella “da rotocalco” -,
potesse dare una mano a risolvere questo piccolo enigma, farebbe
cosa buona e giusta: Zosma con Venere, Saturno, Sole, Mercurio
tutti in Leone, e congiunti, alquanto “strettamente”, a tale stella5.
Tornando a noi, la Giorgi però non cita dov’è apparsa per la prima
volta quell’immagine riportata nel suo libro nella pagina suddetta,
si provvede qui sotto a fornire l’immagine che fu trovata da D. A.
Ianniello e pubblicata nel 1992, per la prima volta a colori (anche
se la Giorgi, nei Ringraziamenti, ringrazia lo stesso D. A. Ianniello
a p. 163 e del quale cita in Bibliografia uno scritto “Via Mazzini”,
apparso sulla rivista Frammenti dell’aprile del 1993, a p. 166).
Lo stesso Ianniello, in effetti, aveva pubblicato quest’immagine in
bianco e nero nel 1985, su “Il Mattino”, come ricorda lui stesso
nell’articolo correlato a quest’immagine, articolo che si rende
disponibile. Fonte per ambedue, l’immagine e l’articolo: “Caserta
Domani”, anno XVII, n.10, ottobre 1992. All’epoca il direttore era
M. De Crescenzo. Di seguito, poi, un’immagine del Seminario del
1913, a sua vola tratta da: “Per Sua Eccellenza Rev.ma Mons.
Mario Palladino. Solenne ingresso nella Diocesi di Caserta, 30
Si sa che, in astrologia, perché una stella possa davvero aver effetto sull’individuo,
conta solo l’aspetto detto congiunzione, e con un legame molto stretto, al massimo 2
gradi di distanza: dunque almeno uno dei pianeti o il Sole dovevano essere a non più
di due gradi dalla stella Zosma.
5
novembre 1913”, Tipografia della Libreria Moderna, Caserta
1913.
Andrea A. Ianniello
Andrea A. Ianniello