Sociologia del Lavoro
a. a. 2005/2006
Alle origini della Sociologia
La sociologia si propone di sviluppare la
conoscenza della società
Auguste Comte
 la sociologia come scienza, una “fisica
sociale”, all’interno di un più ampio modello
delle scienze naturali
 il positivismo
Adam Smith
 la dimensione economica e sociale del
lavoro umano
 la teoria della divisione del lavoro, alla
base dello sviluppo economico delle
nazioni industriali
I classici del pensiero sociologico
Karl Marx (1818-1883)






Nella teoria di Marx i rapporti tra gli individui sono
rapporti di produzione e determinano una struttura
economica e sociale, divisa in classi.
Il capitalista è colui che detiene i mezzi di
produzione.
L’operaio è colui che produce ricchezza attraverso il
proprio lavoro.
Il lavoro acquista un valore trasformativo nel
processo di produzione di nuova ricchezza.
L’espropriazione di tale ricchezza è possibile se i
modi di produzione consentono la divisione tra il
capitale ed il lavoro.
Secondo Marx il valore di scambio di una merce è
determinato dalla quantità di lavoro umano
necessario per produrla. Se nel valore di scambio di
una merce non si calcola il lavoro umano, questa
merce è solo un feticcio.
I classici del pensiero sociologico
Emile Durkheim (1858-1917)
Durkheim è il primo sociologo ad utilizzare indagini
sociali scientifiche aprendo la strada ad una ricerca
sociologica di tipo moderno. L’oggetto di studio
della sociologia è il fatto sociale.
 Nella sua teoria la società si fonda sulla solidarietà
organica.
La solidarietà può essere:
 Meccanica, nelle società semplici e primitive, dove
c'è coesione sociale e grande omogeneità
 Organica, nelle società complesse e moderne,
dove c'è interdipendenza ed eterogeneità

Grazie a una maggiore divisione sociale del lavoro,
nelle società complesse prevale la coscienza
collettiva su quella individuale.
I classici del pensiero sociologico
Max Weber (1864-1920)
Weber cerca di definire un modello per
l'interpretazione della realtà sociale: l'oggettività
delle scienze sociali va ricercata nel metodo.
 Il tipo ideale è un modello di riferimento che ne
enfatizza alcuni caratteri per determinarne le
caratteristiche.
L'etica protestante e lo spirito del capitalismo
 Weber individua nel Calvinismo le radici del
capitalismo
 la dottrina della predestinazione e l’etica protestante





solo alcuni predestinati vanno in paradiso
il successo negli affari rappresenta il segno della
appartenenza al gruppo degli eletti.
gli esseri umani sono per vocazione destinati da Dio a
lavorare
stile di vita umile e laborioso, collegato all’idea di un
risparmio che deve essere reinvestito
Sociologia del lavoro
La sociologia del lavoro è sintesi tra:



teoria e prassi
micro e macro
approcci disciplinari ed interdisciplinari
Sociologia del lavoro
Industrial sociology anglosassone
tesa a risolvere i problemi manageriali della
grande industria americana.

• Orientamento
• Oggetto
• Approccio
• statunitense/anglossassone
• azienda/micro
• empirico disciplinare
Sociologia del lavoro
Sociologia lavorista europea
tesa alla comprensione delle trasformazioni
del lavoro e delle condizioni del mercato del
lavoro.

• Orientamento
• Oggetto
• Approccio
• europeo
• lavoro/macro
• Teorico interdisciplinare
Scuole e teorie del ’900





Taylorismo (1900)
Relazioni Umane (1924 - 1932)
Tavistock Institute (1946)
Job design (1960)
Modello giapponese (1970 - 1980)
Il lavoro in passato



Scarsa mobilità sociale e
professionale
Forte ruolo di orientamento della
famiglia e dei contesti sociali
Analfabetismo e bassa
scolarizzazione
Verso il Taylorismo
Alla fine dell’800 diversi fattori premono sull’economia americana e
sul sistema mondiale della produzione di massa:
1. Disponibilità di nuove tecnologie produttive
2. Gigantismo industriale
3. Offerta di lavoro dequalificata e processi di immigrazione
4. Prospettiva di un mercato illimitato
Il modo di produrre delle industrie americane non corrisponde alle
reali potenzialità produttive:
 Organizzazione delle fabbriche in mano ai capi-reparto, che
assumevano e licenziavano la manodopera ogni giorno
 Gestione arbitraria del lavoro, dei tempi e della qualità del
prodotto.
Organizzazione scientifica del lavoro
Frederick W. Taylor
propone un modello di organizzazione
scientifica del lavoro
 L’OSL si basa sul principio della one best way:



Esistono diversi modi per svolgere un compito lavorativo,
ma solo uno è il migliore
Il modo migliore si può individuare attraverso lo studio e la
razionalizzazione dei processi lavorativi
L’OSL si propone di garantire:



Massima efficienza all’impresa
Massimi profitti per l’imprenditore
Massimo benessere per i lavoratori
Principi del taylorismo







One best way, ossia semplificazione del processo lavorativo
The right man at the right place, ossia l’uomo giusto al posto
giusto, attraverso una selezione scientifica della manodopera
Organizzazione aziendale gerarchica e avversione contro il
sindacato
Spontanea collaborazione tra lavoratori e dirigenti, per
conseguire obiettivi comuni e maggiori profitti
OSL come scienza oggettiva
Visione negativa dell’uomo “economico e razionale”
Prospettiva futura di uno sviluppo economico senza crisi
Conseguenze del taylorismo





Progressiva dequalificazione degli operai di
mestiere
Parziale qualificazione della manovalanza semplice
Sistema di paghe differenziate e personalizzate
Divisione tra programmazione ed esecuzione del
compito
Scarsa attenzione agli aspetti psicologici e sociali
dei lavoratori
Il movimento delle Relazioni Umane
Premesse
 Crisi economica degli anni ’20
 New Deal americano: riforme economiche, politiche e sociali
Elton Mayo e la sua équipe di ricerca.
 La ricerca alla Western Electric Company di Hawthorne per verificare
l’incidenza delle condizioni ambientali sulla produttività dei lavoratori,
nel rispetto della logica tayloristica
 L’esperimento della test room (1927): incidenza dei fattori economici e
psico-sociali




L’uomo ha una natura sociale e relazionale
L’uomo ha un forte bisogno di sicurezza
La motivazione è un fattore fondamentale nell’agire umano e quindi
anche nel lavoro
L’azienda rappresenta un sistema sociale complesso ed articolato
Il movimento delle Relazioni Umane
Prevale l’idea che:
 Il fattore umano è decisivo
 Elementi psicologici latenti e condizionamenti
sociali influenzano in modo determinante il
rendimento dei lavoratori
 L’organizzazione aziendale deve tener conto
delle dinamiche relazionali, che spesso sono
informali
Tavistock Institute di Londra




1946 - Scuola Inglese – Secondo dopoguerra
Il modello Socio-tecnico
La riorganizzazione del lavoro deve tener
conto del sistema tecnico e sociale della
fabbrica
In particolare, l’evoluzione organizzativa si
lega a:


Nuove tecnologie
Organizzazione in piccoli gruppi
Tavistock Institute di Londra
I nuovi principi dell’organizzazione proposti da Schumacher
 L’unità di base dell’organizzazione è il piccolo gruppo
 L’organizzazione deve garantire stesse condizioni e criteri
retributivi
 L’organizzazione deve promuovere accordi flessibili di lavoro per
il gruppo
 Ogni gruppo ha un leader formale
 Ogni gruppo pianifica il proprio lavoro
 Ogni gruppo valuta i propri risultati attraverso la definizione di
standard condivisi
 Ad ogni gruppo sono assegnati processi produttivi indipendenti
Il modello del Job design
JOB ROTATION (rotazione delle mansioni)
 Consiste nella rotazione degli operai all’interno della stessa catena di
montaggio, essi così si alternano nello svolgere una serie di compiti.
JOB ENLARGEMENT (allargamento dei compiti)
 Consiste nel raggruppare le operazioni prima parcellizzate e attribuirle
ad uno stesso lavoratore, il quale così realizza un numero maggiore di
fasi.
JOB ENRICHMENT (arricchimento dei posti)
 Consiste in una modificazione dei compiti volta a migliorare la qualità
ed il grado di impegno intellettuale del lavoratore. Aumenta così la
responsabilità del lavoratore.
Prospettiva comune:


aumento della soddisfazione
maggiore motivazione
Verso la Qualità del lavoro



1962 – In Giappone nascono i circoli di
qualità
1968 - In Francia ci sono le prime agitazioni
sindacali ed extra-sindacali contro il modello
organizzativo del lavoro
Anni ’70 – In America crescono i movimenti
per la qualità della vita lavorativa
I Circoli di qualità
Sono piccoli gruppi di lavoratori che svolgono volontariamente attività di
controllo di qualità nel proprio settore o in altri settori dell’azienda.
I circoli servono a:
1. migliorare la leadership e le capacità gestionali dei capi intermedi e dei
supervisori;
2. innalzare il livello del morale dei dipendenti e creare un ambiente
favorevole al miglioramento;
3. costituire un nucleo attivo per realizzare la qualità di tutta
l’organizzazione.
 Gli obiettivi dei circoli sono, oltre al miglioramento dell’azienda, il
rispetto dell’uomo, e di un ambiente dove abbia un senso lavorare, e lo
sviluppo delle capacità umane.
 I circoli tendono a sviluppare la creatività dei partecipanti, ad ampliarne
la visione oltre i limiti del proprio posto di lavoro, a potenziare la propria
personalità in rapporto con gli altri. Per queste ragioni i circoli devono
essere sostenuti dalla direzione, altrimenti diventano frustranti.

Il modello giapponese
Il modello giapponese, tra cultura e organizzazione
 Partecipazione/coinvolgimento dei lavoratori
 Fabbrica “piatta” e miglioramento continuo dei
processi di produzione “just in time”
Modello Toyota
 produzione “snella” di piccole quantità di prodotti e
flessibile alle richieste del mercato
 la qualità diventa fattore di competizione
 produzione a basso costo/buon mercato
 differenziazione e varietà del prodotto
Trasferibilità del modello giapponese



In occidente ci sono state diverse imitazioni del modello, per
fronteggiare l’aggressiva concorrenza dei prodotti asiatici
Non è stato possibile ricreare le complesse condizioni sociali e
culturali specifiche del contesto giapponese
Sono invece riproducibili teoricamente molte innovazioni
organizzative:
 Just in time
 Produzione snella
 Organizzazione piatta
 Il “collettivo virtuoso” e i Circoli di Qualità
 Relazioni industriali e sindacali a livello aziendale
 Miglioramento continuo nella logica della qualità totale
“Toyotismo”
Pratica del “just in time”:
 riduzione



di scarti
di tempi morti
di accumulo di scorte
in un processo volto a sincronizzare il più possibile
la produzione con la domanda proveniente dal
mercato.
La Qualità Totale
Total Quality Management significa:
 1. qualità delle prestazioni dell’azienda
 2. qualità del prodotto
 3. qualità dell’organizzazione
 4. qualità dell’immagine sul mercato
 5. qualità del lavoro
La logica della qualità
Per le aziende significa:
 ridurre al minimo l’insoddisfazione del cliente
attraverso una procedura attenta e puntuale
di controllo su tutto il ciclo produttivo e
sull’erogazione dei servizi
 garantire degli standard di qualità ai propri
prodotti e servizi
 coinvolgere in questo processo di
miglioramento continuo tutti i propri
dipendenti
La logica della qualità


Ogni organizzazione si pone volontariamente sotto il
controllo di professionisti della qualità chiamati a
verificare e certificare che tutti i processi siano svolti
secondo regole prestabilite.
Cambia anche la filosofia di gestione delle risorse
umane:


tutti i dipendenti sono chiamati a un processo continuo di
riqualificazione professionale
tutti sono responsabili del processo e devono garantire nel
tempo gli standard di qualità stabiliti
La logica della qualità … alcuni esiti



Viene vista con favore la qualificazione e
professionalizzazione del lavoro industriale;
si riducono le distanze tra lavoro direttivo ed
esecutivo;
l’impresa si apre verso collaborazioni
esterne, ad una più attiva partecipazione e a
un maggiore coinvolgimento dei lavoratori.
Le dimensioni della qualità del lavoro




ergonomia: bisogni psicofisici degli individui
complessità: bisogni di impegno nelle difficoltà, di
creatività, di formazione professionale, di
accumulazione dell’esperienza lavorativa
autonomia: bisogno di autodeterminare le regole da
seguire per svolgere le attività assegnate a un
individuo
controllo: bisogno di controllare le caratteristiche e
le condizioni generali del lavoro
Sociologia lavorista europea
Francia
 Trattato di Sociologia (Friedmann e Naville)
 Studi accademici
Germania
 Mitbestimmung = partecipazione dei rappresentanti
dei lavoratori nei Consigli di Amministrazione delle
imprese
 Scuola di Francoforte
Italia
 Studi industriali e sindacali
 Le esperienze alla Olivetti di Ivrea
Le trasformazioni del lavoro
Il lavoro si modifica in termini
oggettivi
 Organizzazione
 Qualità
 Tecnologie
 Tempi
 Quantità (livelli generali di occupazione)
soggettivi
 Ricerca di realizzazione personale nel lavoro
 Nuova centralità del lavoro nella vita degli individui
 Attribuzione di nuovi significati al lavoro
Le trasformazioni del lavoro
Oggettive
 Finanziarizzazione dell’economia
 Globalizzazione dei mercati
 Sviluppo del terziario avanzato
 Nuove tecnologie
 Nuovi lavori, nuove professionalità
 Differenziazione produttiva e riduzione della vita dei
prodotti
 Riorganizzazione dell’organizzazione aziendale
(azienda piatta, azienda rete)
 Importanza dei processi comunicativi
Le trasformazioni del lavoro
Rispetto agli atteggiamenti soggettivi
 Ricerca di maggiore autonomia (con nuove
forme di “dipendenza” per gli “atipici”)
 Ricerca di maggiori livelli di creatività
 Modifica del rapporto vita/lavoro con nuove
forme di transizione
 Ricerca di percorsi personali nel lavoro
 Diversa gestione del tempo
 Maggiori iniziative
Evoluzione dell’etica del lavoro
Etica del lavoro
prevalente
Idealtipo di
lavoratore
Tradizionale
Fattore
caratterizzante

Totalizzante


Strumentale


Emancipativa

Innovativo


Contingente

Sweet and soft

Evasivo/
consumista

Condizioni di lavoro

Remunerazione
Qualità del
lavoro/pluralizzazione
dei significati
Relativizzazione
del lavoro in un
universo plurale
nascente
Lavoro e identità
«Se vuoi trasformare un uomo in una
nullità, non devi far altro che ritenere
inutile il suo lavoro» (Dostoevkij)
La nozione di lavoro



Attività sociale complessa…
Rapporto sociale…
Occupazione…
“Decidere cosa è lavoro e cosa non lo è
dipende dalla definizione sociale,
storicamente variabile, delle diverse attività
umane”
La valutazione sociale del lavoro



Lavoro come fatica, dovere, sinonimo di
subordinazione ed eteronomia.
Labor et opera (Touraine, 1986)
Lavoro come “affermazione delle proprie
capacità”  autorealizzazione, identità
sociale, status, emancipazione…
Liberazione dal lavoro vs liberazione nel
lavoro? (ergoterapia…)
Il lavoro come occupazione

Il lavoro inteso come occupazione è indipendente
dal contenuto sostanziale dell’attività ed è definito
dal quadro formale in cui si colloca:
il luogo di lavoro, l’orario di lavoro, la
specializzazione del lavoratore, il contratto.
In questo senso, si parla di lavoro astratto, perché
prescinde dall’utilità immediata e concreta
dell’attività lavorativa rispetto ai bisogni del
lavoratore; il lavoro è reso astratto
dall’intermediazione del salario che spezza il legame
diretto di senso tra le attività in termini di rapporto tra
mezzi e fini.
Il lavoro - definizioni

Il lavoro indica un’attività dell'uomo in grado di
produrre un certo utile per se stesso o per altri
uomini. Il lavoro costituisce un bene economico in
quanto esiste l'equivalente in denaro di ogni lavoro
effettuato. Il lavoro soddisfa un bisogno di se stessi
o di un'altra persona (tuttavia, vi sono alcune attività
che comportano un guadagno ma che non vengono
considerate lavoro, quali ad esempio: la locazione di
un immobile, vincere al gioco, etc., a meno che le
medesime attività non siano svolte da un
professionista).
Il lavoro – definizioni (2)
Quindi, il lavoro viene ad essere, nelle definizioni più
ricorrenti, un’attività cosciente diretta a conseguire un
bene economico.
Non è, dunque, sufficiente lo svolgimento di una qualsiasi
attività per parlare di lavoro; occorre, invece, che l’attività
sia produttiva di un utile, di un bene, che sia cioè
economica (per bene economico bisogna intendere
qualcosa idoneo a soddisfare un bisogno e che sia,
d’altra parte, disponibile in quantità limitate).
Con il termine lavoro, si intende designare l’attività umana
a tutti i livelli: il lavoro manuale e quello intellettuale,
l’attività direttiva, quella commerciale, imprenditoriale,
ecc.
Lavoro autonomo




Il lavoro si dice autonomo quando viene svolto personalmente
dal lavoratore, non vi è obbligo di essere comandato da
nessun'altra persona, cioè non vi è vincolo di subordinazione nei
confronti di colui che paga il lavoro, cioè il committente del
lavoro. In pratica il lavoro autonomo è il contrario di lavoro
dipendente.
Nel lavoro autonomo si è liberi di scegliere i tempi e i mezzi del
lavoro. Si è unicamente obbligati dal vincolo del risultato richiesto
dal committente in cambio del corrispettivo in denaro.
Il lavoratore autonomo è sottoposto alle normative di legge, di cui
è responsabile in proprio; è sottoposto alle norme tributarie;
assume in proprio il rischio di impresa, cioè può rimettere del
denaro e del lavoro qualora non raggiunga il risultato voluto dal
committente.
Il lavoratore autonomo può avvalersi di dipendenti.
Lavoro dipendente







Il lavoro si dice subordinato quando viene svolto alle dipendenze di
un'altra persona, detta imprenditore e si ottiene in cambio del denaro,
cioè una retribuzione.
Lavoro dipendente o lavoro subordinato sono la stessa cosa, cioè sono
sinonimi e li possiamo usare l'uno al posto dell'altro.
Nel lavoro dipendente la persona che compie il lavoro riceve gli ordini
dal datore di lavoro.
Il datore di lavoro fissa i tempi in cui il dipendente deve lavorare,
fornisce i mezzi, cioè macchinari, materie prime, luogo di lavoro, ecc.
Il datore di lavoro fissa il metodo di lavoro.
Il valore dello corrispettivo in denaro, chiamato stipendio, viene fissato
dai contratti.
Il lavoratore dipendente non è sottoposto ad ulteriori norme di legge,
non è sottoposto a particolari norme tributarie, non si assume il rischio
di impresa, cioè guadagna sempre.
Il rapporto di lavoro


Il rapporto di lavoro si costituisce nel momento in cui
un imprenditore decide di avvalersi della prestazione
lavorativa di un'altra persona, cioè il dipendente,
dando in cambio al dipendente stesso una somma
in denaro o in natura, detta retribuzione.
Per la costituzione del rapporto non occorre la forma
scritta ma è necessaria la volontà contemporanea
delle due parti, cioè il datore di lavoro o imprenditore
da una parte e il lavoratore dipendente o
subordinato dall'altra.
Il contratto di lavoro
Tuttavia, la forma scritta del contratto di lavoro è richiesta nei seguenti
casi:
1. quando si vuole stabilire un periodo di prova, cioè un periodo di
esperimento dell'attività lavorativa, durante il quale le due parti possono
cambiare idea, cioè recedere dal contratto;
2. quando le parti vogliono stipulare un contratto per un periodo di tempo
fissato in precedenza, cioè a tempo determinato; finito il tempo pattuito,
il contratto si scioglie;
3. quando le parti vogliono stipulare un contratto di formazione e lavoro,
che ovviamente è un contratto a tempo determinato;
4. quando le parti vogliono stabilire un contratto di lavoro a tempo
parziale; cioè un tipo di contratto in cui il lavoratore lavora un ridotto
numero di ore per ogni giornata lavorativa e quindi si tratta di tempo
parziale orizzontale in quanto si riducono le ore di tutte le giornate
lavorative; oppure il lavoratore lavora per un ridotto numero di giorni e
quindi si tratta di tempo parziale verticale; in ambedue i casi la
retribuzione è ridotta in proporzione;
Il contratto di lavoro (segue)
5.
6.
7.
quando il datore di lavoro intende assumere un
dirigente;
quando il datore di lavoro assume un piazzista o
un viaggiatore, in quanto occorre prefissare i limiti
della zona affidatagli e i limiti dell'incarico ricevuto;
quando il datore di lavoro vuole inserire nel
contratto un patto con cui si garantisce che alla
fine del contratto il dipendente non inizi a fare
concorrenza allo stesso datore di lavoro, cioè il
patto di non concorrenza.
La lettera di assunzione
Sebbene la forma scritta non è necessaria per
la stipula di un contratto di lavoro, tuttavia si
consiglia di assumere un dipendente o di
farsi assumere sempre sotto forma scritta; si
evitano in tal modo contrasti e fraintendimenti
fra le parti. La forma scritta con cui viene
stipulato il contratto tra datore di lavoro e
dipendente si chiama lettera di assunzione.
La lettera di assunzione (segue 1)
Nella lettera di assunzione occorre precisare:
 l’identità delle due parti;
 la decorrenza del lavoro, cioè il giorno dal quale inizia il
rapporto di lavoro;
 la durata del rapporto di lavoro, cioè, se si tratta di lavoro
a tempo determinato la data di fine del contratto o se
non vi è termine si specifica che è a tempo
indeterminato;
 la sede di lavoro, cioè il luogo preciso dove il lavoratore
dovrà prestare la sua opera, con l'indicazione anche di
variazioni della sede di lavoro, sia temporanee (cioè, le
trasferte o le missioni), sia definitive (i trasferimenti);
 la qualifica, la categoria, le mansioni del lavoratore, con
descrizione sommaria del lavoro da fare;
La lettera di assunzione (segue 2)




l'orario di lavoro, cioè giorno, ora e minuti di inizio del lavoro e
giorno, ora e minuti della fine della prestazione, per ogni
giorno lavorativo, con previsione di turni particolari o di lavoro
non previsto (detto: “lavoro straordinario”); ferie, cioè giorni
non lavorativi in aggiunta ai festivi retribuiti dal datore di
lavoro;
il trattamento economico, cioè il corrispettivo in denaro
previsto dal contratto collettivo di lavoro (accordo tra sindacati
dei lavoratori e sindacati dei datori di lavoro che fissano un
minimo di stipendio per ogni tipo di lavoro);
la durata del periodo di prova, se previsto;
i termini del preavviso di recesso, cioè quanti giorni prima una
parte deve avvisare l'altra qualora intenda annullare il
contratto, cioè recedere dal contratto.
IL CONCETTO DI LAVORO
SOSTANZIALE
ASTRATTO
MERCIFICAZIONE
SPECIALIZZAZIONE
Lavoro astratto e modernità

Il concetto di lavoro astratto è un prodotto
della modernità e del capitalismo, ed in
particolare di due processi, quali la
mercificazione e la specializzazione del
lavoro
MERCIFICAZIONE

Per mercificazione si intende la riduzione di
ogni aspetto della realtà del lavoro alla
fisionomia propria delle merci, in particolare il
lavoratore non ha il controllo e l’uso diretto
del prodotto, immesso sul mercato come
merce e non consumato direttamente dal
produttore/lavoratore.
LA SPECIALIZZAZIONE

La specializzazione consiste nel processo
attraverso cui i lavoratori acquisiscono
l’abilità di compiere operazioni parziali con
macchine sempre più precise e
tecnologicamente avanzate.
Artigiano  Operaio  Operaio specializzato
La sociologia del lavoro – ambito
disciplinare
La sociologia del lavoro e delle
organizzazioni è lo studio delle dinamiche
comportamentali delle persone nel contesto
lavorativo e nello svolgimento della loro
attività professionale in rapporto alle relazioni
interpersonali, ai compiti da svolgere, alle
regole e al funzionamento
dell’organizzazione.
La sociologia del lavoro e delle
organizzazioni
IO
LAVORO
Mutamento
UOMO
Organizzazione
ORGANIZZAZIONE
Cultura
LA SOCIOLOGIA
Esistono diverse visioni della società:
 Organismo – cresce, si sviluppa, conosce stati di salute e di
malattia, declina (la struttura è presente nella sua totalità in ogni
singolo aspetto) – Marx, Durkheim
 Meccanismo – società come insieme di atomi individuali (vanno
indagati gli interessi, le motivazioni dei singoli individui) –
Boudon, Lazarsfeld
 Processo – un susseguirsi di eventi e significati generato da quel
che precede e che influenzano ciò che segue (sono gli attori
sociali che costruiscono la realtà. Indagine sulla cultura) Weber,
Goffman
 Sistema – che trasforma le risorse materiali e simboliche
(sottosistemi specializzati in particolari azioni. Funzionalismo)
Merton, Parsons
MODELLO DETERMINISTA
SR
LA VARIABILE UMANA
SOR
Paradigmi delle teorie organizzative
Le teorie classiche, quelle delle relazioni umane e delle neorelazioni umane si sono avvalse di una concezione
deterministica, quasi comportamentista, del fattore umano:
l’uomo è considerato sottomesso passivamente alle pressioni
dell’organizzazione. Ognuna di queste teorie auspica un tipo di
stimolo - finanziario, relazionale o motivazionale - per scatenare i
comportamenti desiderati in vista del raggiungimento degli
obiettivi dell’organizzazione. Diversa è la posizione delle teorie
ad orientamento diagnostico: per l’analisi strategica gli
individui, e per estensione i gruppi, sono considerati come dei
protagonisti, dei soggetti capaci di comportarsi
nell’organizzazione con libertà e razionalità, protesi a
raggiungere i propri fini. Nell’organizzazione ogni attore persegue
così una propria strategia.
LAVORO: UN PROBLEMA DI
DEFINIZIONE

Il lavoro è considerato come un insieme di attività
praticate all’interno di contesti organizzati
socialmente e culturalmente. Nella nostra società
molto spesso la domanda chi sei si traduce in che
lavoro fai, in questo modo il lavoro diviene un forte
indicatore per rendere la persona «socialmente
riconoscibile» nell’interazione (Depolo - Sarchielli,
1987). Pertanto, l’avere o il non avere un’attività
lavorativa diviene un mezzo per categorizzare le
persone, per assegnare loro un posto (e un
significato) nel nostro ambiente psico-sociale.
Lottery Question
«Immagina di aver vinto alla lotteria o di aver ereditato
una cospicua somma di denaro che ti permetterà di
vivere confortevolmente per il resto della tua vita
senza lavorare. Pensi che continuerai a lavorare lo
stesso oppure no?»
Il 69% delle donne e il 65% degli uomini (su un
campione rappresentativo di lavoratori inglesi)
risponde che avrebbe continuato a lavorare anche
se fosse stato loro garantito il denaro per vivere.
I benefici del lavoro
Warr (1982) ha individuato i benefici che derivano alle
persone dall’avere un lavoro: denaro, attività,
varietà, organizzazione del proprio tempo, contatti
sociali, posizione sociale ed identità nella società.
Il lavoro permette alle persone di mettere in pratica le
proprie conoscenze, di sviluppare capacità ed
abilità; rappresenta una fonte di varietà e svolge un
ruolo importante nell’organizzazione del tempo.
Fino a 50-60 anni fa il lavoro occupava il 25-30% della
vita di una persona, attualmente poco più del 10%,
in quanto la scuola si protrae per un periodo più
lungo, l’orario di lavoro è più corto, vi sono più giorni
di ferie.
Il valore del lavoro nella costruzione
dell’identità
La rappresentazione di sé tende a costruirsi
progressivamente in quanto il lavoro mette in
contatto l’individuo con altre persone, e le
valutazioni che provengono dagli altri sono
una fonte importante di informazione su se
stessi. Inoltre, il lavoro permette a ognuno di
auto-valutarsi direttamente sulla base dei
risultati conseguiti e degli obiettivi raggiunti.
L’identità

L'identità, in senso largo, è innanzitutto un
insieme di caratteristiche che permettono di
definire espressamente un soggetto.
L’identità (2)
Dall'esterno, l'identità è una delle definizioni possibili di un soggetto
sociale. Questa definizione si riferisce a un certo numero di criteri
(riferimenti identitari). Raramente è possibile enunciare tutti i
criteri utilizzabili.
A seconda della natura dei criteri scelti per la definizione, si parla di
identità differenti:





Identità obiettiva
Identità culturale
Identità di gruppo
Identità sociale
Identità professionale
L’identità (3)
Si parla di:
 identità obiettiva quando si scelgono dei riferimenti identitari
d'ordine obiettivo: nome, sesso, età, territorio, ambiente o altri
conosciuti e verificabili;
 identità culturale quando si prendono essenzialmente dei
riferimenti di ordine culturale: lingua. religione, codici culturali,
ideologia...;
 identità di gruppo quando si prendono riferimenti concernenti
gruppi di appartenenza;
 identità sociale in riferimento alla posizione sociale;
 identità professionale in riferimento al curriculum vitae e alle
attività professionali.
IDENTITÀ SOCIALE
Sartre poneva nella sua globalità il problema
dell'identità sociale collocando l'individuo in
uno spazio umano esteso a tutti gli uomini:
"Io mi situo, diceva, come Europeo in
rapporto agli asiatici e ai Neri, come vecchio
in rapporto ai giovani, come magistrato in
rapporto ai delinquenti, come borghese in
rapporto agli operai".
IDENTITÀ SOCIALE (segue)


L'identità sociale è la somma di tutte queste
relazioni di inclusione o di esclusione in rapporto a
tutti i gruppi costitutivi di una società.
Essendo le società generalmente gerarchizzate in
strati, in ceti, in classi sociali, una identità sociale
classifica automaticamente l'individuo o il gruppo
nella gerarchia sociale. A ciascuna posizione
sociale, legata all'identità sociale, corrisponde un
insieme di diritti, di doveri, di risorse e di
prescrizioni di comportamenti.
SENTIMENTO DELL'IDENTITÀ
Per Allport, il senso di sé o dell'identità è composto da
sette elementi essenziali collocati così nel loro
ordine di apparizione genetica:
1. il sentimento corporale;
2. il sentimento dell'identità dell'Io nel tempo;
3. il sentimento delle opposizioni sociali del nostro
valore;
4. il sentimento del possesso;
5. la stima di sé;
6. il sentimento di poter ragionare;
7. l'intenzionalità dell'essere.
SENTIMENTO DELL'IDENTITÀ
(segue)
Questi aspetti fondamentali del sentimento di
identità personale sarebbero legati a
necessità fondamentali o bisogni della natura
umana:
bisogno di sensazioni, bisogno di punti di
riferimento, bisogno di considerazione,
bisogno di possesso, bisogno di conoscenza
e bisogno di avere degli obiettivi.
LA FUNZIONE DEL LAVORO






Luogo d’apprendimento della vita sociale
Luogo della socializzazione
Luogo della costruzione delle identità
Luogo d’interazione e scambio
Legame sociale
Costruzione del sistema degli status e dei
ruoli all’interno di un dato assetto sociale
IL VALORE DEL LAVORO





Senso di utilità sociale
Strumento di autorealizzazione
Identità sociale e personalità
Sentimento di appartenenza alla società
Etica del lavoro
STATUS
statico
1. posizione sociale cui
sono connesse
norme
comportamentali
2. il grado di prestigio,
l’onore, il rispetto, la
deferenza, attribuito
ad una posizione
sociale o a chi la
occupa
RUOLO
dinamico
1. norme e aspettative
che convergono su un
individuo in quanto
occupa una
determinata posizione
in un sistema sociale.
Attese altri ruoli
Attese organizzative
Aspettative personali
ruolo
Comportamento effettivo
METAFORE ORGANIZZATIVE
Macchina
 Organismo
 Strumento di esercizio del potere
 Cervello

INDIVIDUO = LIBERTÀ
ORGANIZZAZIONE = RAZIONALITÀ
IL FORDISMO
Catena di montaggio
 Grande impresa
 Integrazione verticale
 Produzione di massa
 Organizzazione scientifica del lavoro
 Contratto a tempo pieno e
indeterminato

IL TAYLORISMO




Parcellizzazione del lavoro
Separazione progettazione ed
esecuzione dei prodotti
Organizzazione burocratica e
controllo gerarchico
Sistema di economie di tempo e di
materiali
HUMAN RELATIONS (ANNI ’50)
Elton Mayo: 1932/33 ricerca
Western Electric di Hawthorne
 Il fattore umano
 La motivazione al lavoro

CORREZIONI AL TAYLORISMO
(anni ’60)



job rotation
job enlargement
job enrichment
IL POSTFORDISMO (dagli anni ’70)







Globalizzazione
Flessibilità
Downsizing
Deverticalizzazione:
esternalizzazione/terziarizzazione
Delocalizzazione
Delayering
Espansione del terziario
Principi della società postindustriale





il passaggio dalla produzione di beni alla
produzione di servizi;
l’importanza crescente della classe dei
professionisti e tecnici rispetto alla classe operaia;
la centralità del sapere teorico;
il problema della gestione dello sviluppo tecnico;
la creazione di una nuova tecnologia intellettuale e
cioè costituita da macchine intelligenti in grado di
sostituire l’uomo.
NUOVE PROFESSIONI
• Diffusione ed uso degli strumenti
informatici
• Richiesta di nuove competenze cognitive,
comunicative, sociali/relazionali: life skills
• Processo di professionalizzazione.
COMPETENZE
•
•
•
Competenze cognitive: saper trovare
soluzioni e prendere decisioni;
Competenze relazionali: saper interagire
con gli altri;
Competenze affettive: gestire le proprie
emozioni ed avere una consapevole
autostima.
LA FLESSIBILITÀ DEL
LAVORO
Il capitalismo flessibile
Regime dell’incertezza
Biografia funambolica
IL RISCHIO
»La società 20:80
working poors
»Brasilianizzazione
»La staticità come scelta obsoleta
»Dinamici, elastici, veloci!
»“La corrosione del carattere”
LA FLESSIBILITÀ NEL MERCATO
DEL LAVORO
Deregolamentazione
Flessibilità
Quantitativa
Qualitativa
FLESSIBILITÀ QUANTITATIVA
(numerica o esterna)
• Possibilità da parte di un impresa di
adeguare il volume e le caratteristiche
professionali degli occupati al suo interno
all’andamento del ciclo produttivo o ai
mutamenti tecnologici
• Flessibilità in entrata o/e in uscita
FLESSIBILITÀ QUALITATIVA
(funzionale o interna)
La possibilità da parte dell’azienda:
• di spostare i lavoratori da un luogo ad un
altro
• di modificare liberamente il contenuto della
prestazione e degli orari di lavoro secondo
l’articolazione del ciclo produttivo
• di attivare modificazioni salariali in
adeguamento all’andamento dell’impresa e
del sistema economico nazionale
CONSEGUENZE SOCIALI DELLA
FLESSIBILITÀ
1.
2.
3.
4.
Sfera della progettualità
Costruzione della carriera professionale
Cambia la funzione sociale del lavoro?
Una flessibilità per vivere o per morire?
IL MODELLO DEI DISTRETTI
INDUSTRIALI: un esempio di flessibilità sostenibile
e contestualizzata




rete di piccole e medie imprese integrate,
diffuse sul territorio in aree distrettuali
specializzate settorialmente
produzione di beni di qualità
fattori istituzionali
capitale sociale
I GIOVANI: la
discriminazione per età






Disoccupazione da inserimento
Socialmente e cognitivamente accettabile
Il ruolo della famiglia → solidarietà
intergenerazionale
Aspettative lavorative ed istruzione
Job shopping
Flessibilità e precarietà
Mercato della vita Mercato del lavoro




capacità lavorativa
personalità
competenze
affidabilità


1.
2.
3.
4.
luogo virtuale di incontro tra
domanda e offerta di lavoro
concetto astratto:
il lavoro come merce
anonima
relazione di scambio
simmetrica
prezzo/salario con funzione di
riequilibrio fra domanda e
offerta
azione razionale
1.
2.
3.
4.
Il lavoro non è propriamente una merce → forza
lavoro e alienazione
Relazione asimmetrica tra lavoratore e datore di
lavoro → intervento dello Stato
Salario condizionato da fattori sociali e
istituzionali → equità
Azione influenzata da fattori sociali, istituzionali,
cognitivi → no modello utilitaristico
Le trasformazioni del lavoro




Contenuto del lavoro e relazione d’impiego
(contratto, volontario, occasionale)
Stabilità lavorativa vs flessibilità… (compiti,
organizzazione, posto di lavoro, luogo)
Lavoro autonomo/lavoro dipendente…
Qual è la “forma tipica” di lavoro? Il lavoro è
storicamente determinato?
Mercato e Lavoro


IL LAVORO È UNA MERCE?
INDUSTRIA E INDUSTRIALIZZAZIONE



Come nasce il mercato del lavoro?
I MODELLI DI REGOLAZIONE DEL
LAVORO
FORME “TIPICHE” DI LAVORO E IMPRESA
IL LAVORO: UNA MERCE
“ANOMALA”


Domanda di lavoro  richiesta di
competenze differenziate (liv. istruzione,
esperienza, capacità tecniche);
Offerta di lavoro  si differenzia in base alle
caratteristiche individuali (età, genere,
istruzione, …);
L’industrializzazione

Alcuni fattori rilevanti da considerare nell’analisi del
processo di industrializzazione in Europa…





La divisione del lavoro (A. Smith) e l’organizzazione;
L’applicazione della tecnologia (Landes) e il trasferimento
tecnologico (e di conoscenza) tra settori produttivi (es.
innovazione in campo energetico);
La formazione del mercato del lavoro (Polanyi) e del
credito (Simmel);
L’urbanizzazione e la modificazione delle scelte riproduttive
(sviluppo demografico);
La presenza di un’elite/classe dirigente nazionale
I modelli di regolazione del lavoro I


Esiste solo il mercato? – alcune
caratteristiche del Mdl modificano il
funzionamento di questo mercato secondo
logiche diverse dalla razionalità economica in
senso stretto;
Inoltre, il lavoro produce identità sociale e
quindi la logica di scelta dell’attore non
sempre segue la razionalità economica…
I modelli di regolazione del lavoro II

Il mercato del lavoro possiede
caratteristiche specifiche:



Il rapporto tra domanda ed offerta è
personalizzato, esistono legami fiduciari, la
“merce” lavoro non è omogenea;
Le transazioni non sono paritarie e le dimensioni
di controllo e potere insite nel rapporto
favoriscono la presenza di gerarchie;
La remunerazione non è solo monetaria ma
anche simbolica;
I modelli di regolazione del lavoro III
Il lavoro è regolato quindi anche da
meccanismi istituzionali
una chiave di lettura è data dai tre modelli di
integrazione sociale (Polanyi)
RECIPROCITÀ – identità soc. riconosciuta
SCAMBIO – transazione libera
REDISTRIBUZIONE – autorità legittimata

I modelli di regolazione del lavoro IV
Il mercato del lavoro è sempre stato “regolato” dalle istituzioni
per tre ordini di ragioni;
1.
vi sono aspetti del lavoro che il mercato non può regolare
(organizzazione produttiva, distribuzione del potere e
gerarchia nelle imprese);
2.
Il mercato può essere meno efficiente (meno vantaggioso
dal punto di vista economico) che non il ricorso ad una
forma di allocazione diversa (es. mercati del lavoro interni
vs esterni);
3.
Lo scambio sul mercato del lavoro è disuguale (necessità di
tutela sociale) e di sovente dallo scambio
atomistico/individuale si passa alla contrattazione collettiva,
allo scambio politico, …
IL MERCATO DEL LAVORO ITALIANO







mercato dualistico
forte discriminazione di genere e scarsa
partecipazione femminile
disoccupazione da primo inserimento
alta protezione sociale dai rischi della
disoccupazione per i breadwinner
disoccupazione di lunga durata
scarsa mobilità occupazionale ascendente
domanda di lavoro prevalentemente poco
qualificata
LA RICERCA DEL LAVORO
MODALITÀ DI RICERCA DEL
LAVORO
1.
2.
3.
metodi formali e istituzionali: servizi per
l’impiego, partecipazione a concorsi pubblici,
l’invio spontaneo di curriculum e lettera di
assunzione;
uso dei giornali: pubblicazione di e risposta
ad inserzioni
canali informali e personalistici: le relazioni
personali e le segnalazioni → il capitale
sociale
MODELLI DI DISOCCUPAZIONE IN
EUROPA




disoccupazione da inserimento: → Portogallo,
Grecia, Spagna, Italia
disoccupazione industriale → Gran Bretagna, ed in
parte l’Irlanda
disoccupazione equidistribuita→ Germania,
Danimarca, Svezia, Austria
disoccupazione femminile → Francia, Belgio,
Olanda
OCCUPAZIONE


acquisizione di un reddito monetario in
seguito allo svolgimento di un’attività
lavorativa
riconoscimento sociale e personale
DISOCCUPAZIONE
1.
2.
3.
4.
una condizione economica: non avere
un’occupazione
un’attività: essere alla ricerca di
un’occupazione
un’attitudine: essere disponibile ad
accettare un lavoro alle condizioni esistenti
uno stato di necessità: avere un più o meno
elevato bisogno di procurarsi un reddito
OCCUPATI


persone con attività lavorativa
altre persone con attività lavorativa che pur
essendosi dichiarati studenti, casalinghe o
pensionati, hanno effettuato almeno un’ora di
lavoro nella settimana precedente
PERSONE IN CERCA DI
OCCUPAZIONE



disoccupati in senso stretto, che per un
qualunque motivo hanno perso un
precedente lavoro dipendente
in cerca di prima occupazione, che non
hanno mai avuto un precedente lavoro
altre persone in cerca di lavoro, che pur
essendosi autodefiniti studenti, casalinghe o
pensionati, hanno successivamente
dichiarato di cercare lavoro
Non forze di lavoro o popolazione non
attiva


popolazione in età non attiva: la soglia
inferiore è posta a 15 anni, in corrispondenza
con il divieto di lavorare, e quella superiore a
64/74
popolazione non attiva, benché in età attiva
(studenti, casalinghe, ritirati dal lavoro e
inabili dai 15 ai 64/74 anni).
EVOLUZIONE DEI MODELLI DI
ORGANIZZAZIONE
1.
2.
3.
4.
5.
Modello taylorista-fordista: comando,
controllo, lavoratori come manodopera
Modello produzione di massa: gerarchia e
rappresentanza dei lavoratori
Modello Grande-Famiglia: gerarchia e attività
sociali
Modello gestione risorse umane: strutture
piatte, ampliamento mansioni, meritocrazia
Modello partecipativo: strutture flessibili,
valorizzazione capitale umano

processo attraverso il quale l’individuo
canalizza dell’energia verso il
raggiungimento di una meta-incentivo per il
soddisfacimento di determinati bisogni,
posto che il bisogno è una carenza che
genera una tensione, per la riduzione della
quale l’individuo pone in essere il
comportamento che ritiene più adatto.
(Franco Fontana 1994)

l’insieme dei fattori o motivi che stanno alla
base del comportamento, lo sollecitano e
l’orientano in determinate direzioni; in genere
tutti i comportamenti sono motivati, cioè
presuppongono un motivo-bisogno che spinge
all’azione, e perseguono un piano per la
soddisfazione del bisogno. (Enrico Auteri
1998)
 Motivazione
specifica
 Contratto psicologico
 Fidelizzazione
 Marketing interno
La divisione del lavoro
Smith e “La fabbrica di spilli”
Saper Fare e Saper Essere
A. Smith
“È evidente che il lavoro non assistito di un
individuo solitario è del tutto incapace di
provvederlo di cibo, di vestiario e di alloggio
come non solo richiede il lusso di un grande,
ma si suppone richiedano, in una società
civilizzata, gli appetiti naturali del contadino
più modesto.”
corso di sociologia del lavoro - La divisione
del lavoro "A. Smith"
A. Smith
Divisione del lavoro:
“Solo la divisione del lavoro, in base alla quale ogni individuo
confina se stesso in un particolare ramo di attività, può
spiegare la superiore prosperità che si verifica nelle società
civilizzate e che, nonostante le ineguaglianze della proprietà, si
estende fino al più infimo membro della comunità.”
esempio: la fabbrica di spilli
La ricchezza delle nazioni. Abbozzo 1763
corso di sociologia del lavoro - La divisione
del lavoro "A. Smith"
Ddl e ricchezza delle nazioni
“È l’immensa moltiplicazione delle produzioni di tutte
le differenti attività, conseguenza della divisione del
lavoro che, nonostante le grandi diseguaglianze
della proprietà, dà luogo, in tutte le società
civilizzate, a questa universale prosperità che si
estende fino ai più bassi strati della popolazione”.
corso di sociologia del lavoro - La divisione
del lavoro "A. Smith"
Ddl e progresso tecnologico

Il prezzo del prodotto del lavoro diminuisce e il salario del
lavoratore aumenta;

“È così che in una società opulenta e commerciale il lavoro
diventa più caro e il prodotto più a buon mercato”;

una piccola quantità di lavoro (“appropriatamente e
giudiziosamente impiegato”) procura grande abbondanza di
beni necessari e utili per vivere.
corso di sociologia del lavoro - La divisione
del lavoro "A. Smith"
Ddl e benessere nazionale

Lavoro applicato con grande abilità e giudizio, sostenuto
dall’accordo e dalle forze unite di una società superiore, assistito
da innumerevoli macchine: maggiore quantità di prodotto
rispetto alla sua maggiore ricompensa;

“Più opulenta sarà la società, più il lavoro sarà caro e meno
costoso il prodotto”.

La concorrenza dei paesi poveri (minori profitti, minori salari)
avrà effetto solo in presenza di “alcuni rilevanti errori nella
propria politica economica”
corso di sociologia del lavoro - La divisione
del lavoro "A. Smith"
Perché la ddl aumenta la produzione



Maggiore abilità di ogni lavoratore;
Risparmio di tempo per passare da un tipo di
lavoro a un altro;
Macchine che aiutano il lavoratore a svolgere
l’attività di molti.
corso di sociologia del lavoro - La divisione
del lavoro "A. Smith"
SPECIALIZZAZIONE E DIVISIONE
DEL LAVORO
I fattori determinanti il forte aumento della produttività
industriale a partire dalla rivoluzione industriale:
1. la sostituzione di energia meccanica a quella
muscolare;
2. l’introduzione di metodi per l'esecuzione di operazioni
ripetitive: procedure, utensili, macchinari;
3. l’impiego di materiali e dispositivi specifici per la
gestione più efficiente dei materiali;
4. l’introduzione di dispositivi e formule organizzative che
consentono il trasporto e il collegamento di numerose
operazioni elementari.
Divisione del lavoro e divisione della
conoscenza
I fattori determinanti la divisione del lavoro
sono in ultima analisi riconducibili alla
possibilità di riutilizzare la conoscenza:



Vantaggi nello sviluppo di conoscenze
specialistiche: problem solving distribuito
Le conoscenze acquisite diventano un
vantaggio sociale se sono riutilizzabili perché
vengono incorporate in artefatti (metodi,
tecnologie, prodotti) o sono trasmesse
Ddl e invenzioni
“Fu la divisione del lavoro che probabilmente
causò l’invenzione della maggior parte di quelle
macchine per mezzo delle quali il lavoro è così
facilitato e ridotto. Quando l’intera forza della
mente è rivolta a un solo particolare oggetto,
come deve essere in conseguenza della
divisione del lavoro, la mente è più adatta per
scoprire i metodi per raggiungere tale obiettivo
rispetto a quando la sua attenzione è dispersa
tra una grande varietà di cose” (es. aratro;
seminatrice; mulino a mano, ecc.).
corso di sociologia del lavoro - La divisione
del lavoro "A. Smith"
Ddl e conoscenza scientifica



Saper fare e saper essere: “Persone il cui mestiere non è il fare
qualcosa, ma osservare ogni cosa, e che per tale ragione sono
capaci di combinare assieme i poteri dei più opposti e distanti
oggetti” (81). Da artigiano artista a “filosofo”.
“Solo un vero filosofo poteva inventare il motore a vapore e la
prima forma dell’idea di produrre un così grande effetto da una
energia della natura cui prima non si era mai pensato”;
La filosofia o speculazione, col progredire della società, diventa,
come ogni altro mestiere, l’unica occupazione di una particolare
classe di cittadini.
corso di sociologia del lavoro - La divisione
del lavoro "A. Smith"
Le cause della ddl
Effetto della particolare inclinazione della
natura umana:
la tendenza “a barattare, permutare e
scambiare una cosa con un’altra”
corso di sociologia del lavoro - La divisione
del lavoro "A. Smith"
Bisogno umano di cooperazione
L’individuo ottiene aiuto dagli altri se riuscirà a volgere a proprio
favore la cura che quelli hanno del proprio interesse e a
dimostrare che torna a loro vantaggio fare per lui ciò che richiede
loro:
“dammi quello che voglio e tu avrai quello
che vuoi”.
corso di sociologia del lavoro - La divisione
del lavoro "A. Smith"
Cooperazione interessata
“Non è dalla benevolenza del macellaio, del
birraio e del fornaio che ci aspettiamo il
pranzo, ma dalla considerazione che essi
fanno del proprio interesse. Noi ci volgiamo
non alla loro umanità, ma al loro interesse e
non parliamo mai loro delle nostre necessità,
ma dei loro vantaggi”.
corso di sociologia del lavoro - La divisione
del lavoro "A. Smith"
DIVISIONE DEL LAVORO E
COMPLESSITÀ
Le interdipendenze derivanti dalla divisione del
lavoro determinano complessità: si richiede
infatti a unità specializzate di rispondere a
condizioni incerte realizzando il
coordinamento di un numero crescente di
unità le cui decisioni di controllo sono
connesse e caratterizzate da un certo grado
di irreversibilità.
Come coordinare unità di produzione
specializzate


meccanismi decentrati di coordinamento
sviluppo di meccanismi accentrati di
coordinamento: verso la fabbrica fordista.
PER CAPIRE MEGLIO I MECCANISMI
DI COORDINAMENTO ADOTTATI,
SONO OPPORTUNE
ALCUNE DISTINZIONI
ALCUNE DISTINZIONI


Divisione orizzontale e verticale
Divisione del lavoro interna ed esterna
DIVISIONE ORIZZONTALE DEL
LAVORO
Con l’allargamento del mercato, è possibile che le
aziende si specializzino in determinati prodotti:


Falegname  produzione di mobili da cucina, camere da letto,
ecc.
Calzolaio  produzione di scarpe da uomo, da donna, sportive,
da montagna.
La specializzazione permette di usare macchine ad hoc, conoscere
il mercato, sviluppare nuove tecnologie, ecc., ma si può realizzare
solo se la domanda è abbastanza ampia.
Nel caso di divisione orizzontale del lavoro il principale problema di
coordinamento è l’uso di risorse specializzate indivisibili: se il
mercato è ampio, il problema è risolto dal mercato stesso.
DIVISIONE VERTICALE DEL
LAVORO
Se la domanda è sufficientemente ampia, si
possono specializzare singole fasi di un
processo produttivo, che vengono assunte da
unità produttive dotate di risorse (di
macchinario e di lavoro) specifiche:
 falegname  prime lavorazioni del legno;
processi di assemblaggio; distribuzione
 calzolaio  operazioni di taglio; di orlatura;
fabbricazione di accessori; distribuzione
DIVISIONE VERTICALE DEL
LAVORO (segue)
Nel caso della divisione verticale del lavoro le
attività delle unità specializzate nelle singole
fasi devono essere collegate in modo
coordinato; in caso contrario si sostengono
costi (ad esempio una fase a valle è costretta
a restare inoccupata per mancanza di
materiale)
DIVISIONE VERTICALE DEL LAVORO:
LA PRODUZIONE ARTIGIANALE
Lettere: unità
Numeri: fasi
DIVISIONE VERTICALE DEL
LAVORO: LA PRODUZIONE
INDUSTRIALE (A)
Economie della DDL
La possibilità di realizzare le economie della divisione del lavoro
dipende dalla capacità di coordinare le singole attività, nel senso
che:
 per ottenere un flusso stabile di produzione si richiede che i
tempi di lavorazione siano controllati;
 ogni fase è un input per la successiva: i singoli lavoratori
svolgono operazioni complementari e il risultato di una fase
influisce sul lavoro di quella successiva: controllo della qualità,
standardizzazione, informazione;
DIVISIONE VERTICALE DEL
LAVORO: LA PRODUZIONE
INDUSTRIALE (B)
DIVISIONE DEL LAVORO INTERNA
ED ESTERNA
COME SI REALIZZA LA COMPATIBILITÀ DEI
PIANI
 Scambio di informazioni (flussi informativi)
 Spostamento della disponibilità dei beni nel
tempo o nello spazio
DIVISIONE DEL LAVORO ESTERNA




Specializzazione tra diverse imprese che partecipano
a una stessa filiera produttiva
Le relazioni sono governate da scambi informativi
(negoziazioni, ordini, prezzi) talora molto semplici
(acquisto di commodities), talora più complesse (es.
forniture specializzate o su disegno)
Le imprese hanno autonomia decisionale e negoziale
e si adattano reciprocamente in modo indipendente
sulla base dei segnali che ricevono
La gestione delle relazioni con le imprese della filiera è
detta supply chain management
DIVISIONE DEL LAVORO INTERNA


La specializzazione del lavoro tra le singole
unità entro un’impresa è definita
centralmente
Le relazioni tra le unità produttive sono
governate, oltre che da scambi diretti di
informazioni, da una gerarchia di piani e di
programmi che limitano progressivamente la
libertà decisionale delle unità inferiori, ma
agevolano la convergenza dei comportamenti