Sociologia del Lavoro a. a. 2005/2006 Alle origini della Sociologia La sociologia si propone di sviluppare la conoscenza della società Auguste Comte la sociologia come scienza, una “fisica sociale”, all’interno di un più ampio modello delle scienze naturali il positivismo Adam Smith la dimensione economica e sociale del lavoro umano la teoria della divisione del lavoro, alla base dello sviluppo economico delle nazioni industriali I classici del pensiero sociologico Karl Marx (1818-1883) Nella teoria di Marx i rapporti tra gli individui sono rapporti di produzione e determinano una struttura economica e sociale, divisa in classi. Il capitalista è colui che detiene i mezzi di produzione. L’operaio è colui che produce ricchezza attraverso il proprio lavoro. Il lavoro acquista un valore trasformativo nel processo di produzione di nuova ricchezza. L’espropriazione di tale ricchezza è possibile se i modi di produzione consentono la divisione tra il capitale ed il lavoro. Secondo Marx il valore di scambio di una merce è determinato dalla quantità di lavoro umano necessario per produrla. Se nel valore di scambio di una merce non si calcola il lavoro umano, questa merce è solo un feticcio. I classici del pensiero sociologico Emile Durkheim (1858-1917) Durkheim è il primo sociologo ad utilizzare indagini sociali scientifiche aprendo la strada ad una ricerca sociologica di tipo moderno. L’oggetto di studio della sociologia è il fatto sociale. Nella sua teoria la società si fonda sulla solidarietà organica. La solidarietà può essere: Meccanica, nelle società semplici e primitive, dove c'è coesione sociale e grande omogeneità Organica, nelle società complesse e moderne, dove c'è interdipendenza ed eterogeneità Grazie a una maggiore divisione sociale del lavoro, nelle società complesse prevale la coscienza collettiva su quella individuale. I classici del pensiero sociologico Max Weber (1864-1920) Weber cerca di definire un modello per l'interpretazione della realtà sociale: l'oggettività delle scienze sociali va ricercata nel metodo. Il tipo ideale è un modello di riferimento che ne enfatizza alcuni caratteri per determinarne le caratteristiche. L'etica protestante e lo spirito del capitalismo Weber individua nel Calvinismo le radici del capitalismo la dottrina della predestinazione e l’etica protestante solo alcuni predestinati vanno in paradiso il successo negli affari rappresenta il segno della appartenenza al gruppo degli eletti. gli esseri umani sono per vocazione destinati da Dio a lavorare stile di vita umile e laborioso, collegato all’idea di un risparmio che deve essere reinvestito Sociologia del lavoro La sociologia del lavoro è sintesi tra: teoria e prassi micro e macro approcci disciplinari ed interdisciplinari Sociologia del lavoro Industrial sociology anglosassone tesa a risolvere i problemi manageriali della grande industria americana. • Orientamento • Oggetto • Approccio • statunitense/anglossassone • azienda/micro • empirico disciplinare Sociologia del lavoro Sociologia lavorista europea tesa alla comprensione delle trasformazioni del lavoro e delle condizioni del mercato del lavoro. • Orientamento • Oggetto • Approccio • europeo • lavoro/macro • Teorico interdisciplinare Scuole e teorie del ’900 Taylorismo (1900) Relazioni Umane (1924 - 1932) Tavistock Institute (1946) Job design (1960) Modello giapponese (1970 - 1980) Il lavoro in passato Scarsa mobilità sociale e professionale Forte ruolo di orientamento della famiglia e dei contesti sociali Analfabetismo e bassa scolarizzazione Verso il Taylorismo Alla fine dell’800 diversi fattori premono sull’economia americana e sul sistema mondiale della produzione di massa: 1. Disponibilità di nuove tecnologie produttive 2. Gigantismo industriale 3. Offerta di lavoro dequalificata e processi di immigrazione 4. Prospettiva di un mercato illimitato Il modo di produrre delle industrie americane non corrisponde alle reali potenzialità produttive: Organizzazione delle fabbriche in mano ai capi-reparto, che assumevano e licenziavano la manodopera ogni giorno Gestione arbitraria del lavoro, dei tempi e della qualità del prodotto. Organizzazione scientifica del lavoro Frederick W. Taylor propone un modello di organizzazione scientifica del lavoro L’OSL si basa sul principio della one best way: Esistono diversi modi per svolgere un compito lavorativo, ma solo uno è il migliore Il modo migliore si può individuare attraverso lo studio e la razionalizzazione dei processi lavorativi L’OSL si propone di garantire: Massima efficienza all’impresa Massimi profitti per l’imprenditore Massimo benessere per i lavoratori Principi del taylorismo One best way, ossia semplificazione del processo lavorativo The right man at the right place, ossia l’uomo giusto al posto giusto, attraverso una selezione scientifica della manodopera Organizzazione aziendale gerarchica e avversione contro il sindacato Spontanea collaborazione tra lavoratori e dirigenti, per conseguire obiettivi comuni e maggiori profitti OSL come scienza oggettiva Visione negativa dell’uomo “economico e razionale” Prospettiva futura di uno sviluppo economico senza crisi Conseguenze del taylorismo Progressiva dequalificazione degli operai di mestiere Parziale qualificazione della manovalanza semplice Sistema di paghe differenziate e personalizzate Divisione tra programmazione ed esecuzione del compito Scarsa attenzione agli aspetti psicologici e sociali dei lavoratori Il movimento delle Relazioni Umane Premesse Crisi economica degli anni ’20 New Deal americano: riforme economiche, politiche e sociali Elton Mayo e la sua équipe di ricerca. La ricerca alla Western Electric Company di Hawthorne per verificare l’incidenza delle condizioni ambientali sulla produttività dei lavoratori, nel rispetto della logica tayloristica L’esperimento della test room (1927): incidenza dei fattori economici e psico-sociali L’uomo ha una natura sociale e relazionale L’uomo ha un forte bisogno di sicurezza La motivazione è un fattore fondamentale nell’agire umano e quindi anche nel lavoro L’azienda rappresenta un sistema sociale complesso ed articolato Il movimento delle Relazioni Umane Prevale l’idea che: Il fattore umano è decisivo Elementi psicologici latenti e condizionamenti sociali influenzano in modo determinante il rendimento dei lavoratori L’organizzazione aziendale deve tener conto delle dinamiche relazionali, che spesso sono informali Tavistock Institute di Londra 1946 - Scuola Inglese – Secondo dopoguerra Il modello Socio-tecnico La riorganizzazione del lavoro deve tener conto del sistema tecnico e sociale della fabbrica In particolare, l’evoluzione organizzativa si lega a: Nuove tecnologie Organizzazione in piccoli gruppi Tavistock Institute di Londra I nuovi principi dell’organizzazione proposti da Schumacher L’unità di base dell’organizzazione è il piccolo gruppo L’organizzazione deve garantire stesse condizioni e criteri retributivi L’organizzazione deve promuovere accordi flessibili di lavoro per il gruppo Ogni gruppo ha un leader formale Ogni gruppo pianifica il proprio lavoro Ogni gruppo valuta i propri risultati attraverso la definizione di standard condivisi Ad ogni gruppo sono assegnati processi produttivi indipendenti Il modello del Job design JOB ROTATION (rotazione delle mansioni) Consiste nella rotazione degli operai all’interno della stessa catena di montaggio, essi così si alternano nello svolgere una serie di compiti. JOB ENLARGEMENT (allargamento dei compiti) Consiste nel raggruppare le operazioni prima parcellizzate e attribuirle ad uno stesso lavoratore, il quale così realizza un numero maggiore di fasi. JOB ENRICHMENT (arricchimento dei posti) Consiste in una modificazione dei compiti volta a migliorare la qualità ed il grado di impegno intellettuale del lavoratore. Aumenta così la responsabilità del lavoratore. Prospettiva comune: aumento della soddisfazione maggiore motivazione Verso la Qualità del lavoro 1962 – In Giappone nascono i circoli di qualità 1968 - In Francia ci sono le prime agitazioni sindacali ed extra-sindacali contro il modello organizzativo del lavoro Anni ’70 – In America crescono i movimenti per la qualità della vita lavorativa I Circoli di qualità Sono piccoli gruppi di lavoratori che svolgono volontariamente attività di controllo di qualità nel proprio settore o in altri settori dell’azienda. I circoli servono a: 1. migliorare la leadership e le capacità gestionali dei capi intermedi e dei supervisori; 2. innalzare il livello del morale dei dipendenti e creare un ambiente favorevole al miglioramento; 3. costituire un nucleo attivo per realizzare la qualità di tutta l’organizzazione. Gli obiettivi dei circoli sono, oltre al miglioramento dell’azienda, il rispetto dell’uomo, e di un ambiente dove abbia un senso lavorare, e lo sviluppo delle capacità umane. I circoli tendono a sviluppare la creatività dei partecipanti, ad ampliarne la visione oltre i limiti del proprio posto di lavoro, a potenziare la propria personalità in rapporto con gli altri. Per queste ragioni i circoli devono essere sostenuti dalla direzione, altrimenti diventano frustranti. Il modello giapponese Il modello giapponese, tra cultura e organizzazione Partecipazione/coinvolgimento dei lavoratori Fabbrica “piatta” e miglioramento continuo dei processi di produzione “just in time” Modello Toyota produzione “snella” di piccole quantità di prodotti e flessibile alle richieste del mercato la qualità diventa fattore di competizione produzione a basso costo/buon mercato differenziazione e varietà del prodotto Trasferibilità del modello giapponese In occidente ci sono state diverse imitazioni del modello, per fronteggiare l’aggressiva concorrenza dei prodotti asiatici Non è stato possibile ricreare le complesse condizioni sociali e culturali specifiche del contesto giapponese Sono invece riproducibili teoricamente molte innovazioni organizzative: Just in time Produzione snella Organizzazione piatta Il “collettivo virtuoso” e i Circoli di Qualità Relazioni industriali e sindacali a livello aziendale Miglioramento continuo nella logica della qualità totale “Toyotismo” Pratica del “just in time”: riduzione di scarti di tempi morti di accumulo di scorte in un processo volto a sincronizzare il più possibile la produzione con la domanda proveniente dal mercato. La Qualità Totale Total Quality Management significa: 1. qualità delle prestazioni dell’azienda 2. qualità del prodotto 3. qualità dell’organizzazione 4. qualità dell’immagine sul mercato 5. qualità del lavoro La logica della qualità Per le aziende significa: ridurre al minimo l’insoddisfazione del cliente attraverso una procedura attenta e puntuale di controllo su tutto il ciclo produttivo e sull’erogazione dei servizi garantire degli standard di qualità ai propri prodotti e servizi coinvolgere in questo processo di miglioramento continuo tutti i propri dipendenti La logica della qualità Ogni organizzazione si pone volontariamente sotto il controllo di professionisti della qualità chiamati a verificare e certificare che tutti i processi siano svolti secondo regole prestabilite. Cambia anche la filosofia di gestione delle risorse umane: tutti i dipendenti sono chiamati a un processo continuo di riqualificazione professionale tutti sono responsabili del processo e devono garantire nel tempo gli standard di qualità stabiliti La logica della qualità … alcuni esiti Viene vista con favore la qualificazione e professionalizzazione del lavoro industriale; si riducono le distanze tra lavoro direttivo ed esecutivo; l’impresa si apre verso collaborazioni esterne, ad una più attiva partecipazione e a un maggiore coinvolgimento dei lavoratori. Le dimensioni della qualità del lavoro ergonomia: bisogni psicofisici degli individui complessità: bisogni di impegno nelle difficoltà, di creatività, di formazione professionale, di accumulazione dell’esperienza lavorativa autonomia: bisogno di autodeterminare le regole da seguire per svolgere le attività assegnate a un individuo controllo: bisogno di controllare le caratteristiche e le condizioni generali del lavoro Sociologia lavorista europea Francia Trattato di Sociologia (Friedmann e Naville) Studi accademici Germania Mitbestimmung = partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori nei Consigli di Amministrazione delle imprese Scuola di Francoforte Italia Studi industriali e sindacali Le esperienze alla Olivetti di Ivrea Le trasformazioni del lavoro Il lavoro si modifica in termini oggettivi Organizzazione Qualità Tecnologie Tempi Quantità (livelli generali di occupazione) soggettivi Ricerca di realizzazione personale nel lavoro Nuova centralità del lavoro nella vita degli individui Attribuzione di nuovi significati al lavoro Le trasformazioni del lavoro Oggettive Finanziarizzazione dell’economia Globalizzazione dei mercati Sviluppo del terziario avanzato Nuove tecnologie Nuovi lavori, nuove professionalità Differenziazione produttiva e riduzione della vita dei prodotti Riorganizzazione dell’organizzazione aziendale (azienda piatta, azienda rete) Importanza dei processi comunicativi Le trasformazioni del lavoro Rispetto agli atteggiamenti soggettivi Ricerca di maggiore autonomia (con nuove forme di “dipendenza” per gli “atipici”) Ricerca di maggiori livelli di creatività Modifica del rapporto vita/lavoro con nuove forme di transizione Ricerca di percorsi personali nel lavoro Diversa gestione del tempo Maggiori iniziative Evoluzione dell’etica del lavoro Etica del lavoro prevalente Idealtipo di lavoratore Tradizionale Fattore caratterizzante Totalizzante Strumentale Emancipativa Innovativo Contingente Sweet and soft Evasivo/ consumista Condizioni di lavoro Remunerazione Qualità del lavoro/pluralizzazione dei significati Relativizzazione del lavoro in un universo plurale nascente Lavoro e identità «Se vuoi trasformare un uomo in una nullità, non devi far altro che ritenere inutile il suo lavoro» (Dostoevkij) La nozione di lavoro Attività sociale complessa… Rapporto sociale… Occupazione… “Decidere cosa è lavoro e cosa non lo è dipende dalla definizione sociale, storicamente variabile, delle diverse attività umane” La valutazione sociale del lavoro Lavoro come fatica, dovere, sinonimo di subordinazione ed eteronomia. Labor et opera (Touraine, 1986) Lavoro come “affermazione delle proprie capacità” autorealizzazione, identità sociale, status, emancipazione… Liberazione dal lavoro vs liberazione nel lavoro? (ergoterapia…) Il lavoro come occupazione Il lavoro inteso come occupazione è indipendente dal contenuto sostanziale dell’attività ed è definito dal quadro formale in cui si colloca: il luogo di lavoro, l’orario di lavoro, la specializzazione del lavoratore, il contratto. In questo senso, si parla di lavoro astratto, perché prescinde dall’utilità immediata e concreta dell’attività lavorativa rispetto ai bisogni del lavoratore; il lavoro è reso astratto dall’intermediazione del salario che spezza il legame diretto di senso tra le attività in termini di rapporto tra mezzi e fini. Il lavoro - definizioni Il lavoro indica un’attività dell'uomo in grado di produrre un certo utile per se stesso o per altri uomini. Il lavoro costituisce un bene economico in quanto esiste l'equivalente in denaro di ogni lavoro effettuato. Il lavoro soddisfa un bisogno di se stessi o di un'altra persona (tuttavia, vi sono alcune attività che comportano un guadagno ma che non vengono considerate lavoro, quali ad esempio: la locazione di un immobile, vincere al gioco, etc., a meno che le medesime attività non siano svolte da un professionista). Il lavoro – definizioni (2) Quindi, il lavoro viene ad essere, nelle definizioni più ricorrenti, un’attività cosciente diretta a conseguire un bene economico. Non è, dunque, sufficiente lo svolgimento di una qualsiasi attività per parlare di lavoro; occorre, invece, che l’attività sia produttiva di un utile, di un bene, che sia cioè economica (per bene economico bisogna intendere qualcosa idoneo a soddisfare un bisogno e che sia, d’altra parte, disponibile in quantità limitate). Con il termine lavoro, si intende designare l’attività umana a tutti i livelli: il lavoro manuale e quello intellettuale, l’attività direttiva, quella commerciale, imprenditoriale, ecc. Lavoro autonomo Il lavoro si dice autonomo quando viene svolto personalmente dal lavoratore, non vi è obbligo di essere comandato da nessun'altra persona, cioè non vi è vincolo di subordinazione nei confronti di colui che paga il lavoro, cioè il committente del lavoro. In pratica il lavoro autonomo è il contrario di lavoro dipendente. Nel lavoro autonomo si è liberi di scegliere i tempi e i mezzi del lavoro. Si è unicamente obbligati dal vincolo del risultato richiesto dal committente in cambio del corrispettivo in denaro. Il lavoratore autonomo è sottoposto alle normative di legge, di cui è responsabile in proprio; è sottoposto alle norme tributarie; assume in proprio il rischio di impresa, cioè può rimettere del denaro e del lavoro qualora non raggiunga il risultato voluto dal committente. Il lavoratore autonomo può avvalersi di dipendenti. Lavoro dipendente Il lavoro si dice subordinato quando viene svolto alle dipendenze di un'altra persona, detta imprenditore e si ottiene in cambio del denaro, cioè una retribuzione. Lavoro dipendente o lavoro subordinato sono la stessa cosa, cioè sono sinonimi e li possiamo usare l'uno al posto dell'altro. Nel lavoro dipendente la persona che compie il lavoro riceve gli ordini dal datore di lavoro. Il datore di lavoro fissa i tempi in cui il dipendente deve lavorare, fornisce i mezzi, cioè macchinari, materie prime, luogo di lavoro, ecc. Il datore di lavoro fissa il metodo di lavoro. Il valore dello corrispettivo in denaro, chiamato stipendio, viene fissato dai contratti. Il lavoratore dipendente non è sottoposto ad ulteriori norme di legge, non è sottoposto a particolari norme tributarie, non si assume il rischio di impresa, cioè guadagna sempre. Il rapporto di lavoro Il rapporto di lavoro si costituisce nel momento in cui un imprenditore decide di avvalersi della prestazione lavorativa di un'altra persona, cioè il dipendente, dando in cambio al dipendente stesso una somma in denaro o in natura, detta retribuzione. Per la costituzione del rapporto non occorre la forma scritta ma è necessaria la volontà contemporanea delle due parti, cioè il datore di lavoro o imprenditore da una parte e il lavoratore dipendente o subordinato dall'altra. Il contratto di lavoro Tuttavia, la forma scritta del contratto di lavoro è richiesta nei seguenti casi: 1. quando si vuole stabilire un periodo di prova, cioè un periodo di esperimento dell'attività lavorativa, durante il quale le due parti possono cambiare idea, cioè recedere dal contratto; 2. quando le parti vogliono stipulare un contratto per un periodo di tempo fissato in precedenza, cioè a tempo determinato; finito il tempo pattuito, il contratto si scioglie; 3. quando le parti vogliono stipulare un contratto di formazione e lavoro, che ovviamente è un contratto a tempo determinato; 4. quando le parti vogliono stabilire un contratto di lavoro a tempo parziale; cioè un tipo di contratto in cui il lavoratore lavora un ridotto numero di ore per ogni giornata lavorativa e quindi si tratta di tempo parziale orizzontale in quanto si riducono le ore di tutte le giornate lavorative; oppure il lavoratore lavora per un ridotto numero di giorni e quindi si tratta di tempo parziale verticale; in ambedue i casi la retribuzione è ridotta in proporzione; Il contratto di lavoro (segue) 5. 6. 7. quando il datore di lavoro intende assumere un dirigente; quando il datore di lavoro assume un piazzista o un viaggiatore, in quanto occorre prefissare i limiti della zona affidatagli e i limiti dell'incarico ricevuto; quando il datore di lavoro vuole inserire nel contratto un patto con cui si garantisce che alla fine del contratto il dipendente non inizi a fare concorrenza allo stesso datore di lavoro, cioè il patto di non concorrenza. La lettera di assunzione Sebbene la forma scritta non è necessaria per la stipula di un contratto di lavoro, tuttavia si consiglia di assumere un dipendente o di farsi assumere sempre sotto forma scritta; si evitano in tal modo contrasti e fraintendimenti fra le parti. La forma scritta con cui viene stipulato il contratto tra datore di lavoro e dipendente si chiama lettera di assunzione. La lettera di assunzione (segue 1) Nella lettera di assunzione occorre precisare: l’identità delle due parti; la decorrenza del lavoro, cioè il giorno dal quale inizia il rapporto di lavoro; la durata del rapporto di lavoro, cioè, se si tratta di lavoro a tempo determinato la data di fine del contratto o se non vi è termine si specifica che è a tempo indeterminato; la sede di lavoro, cioè il luogo preciso dove il lavoratore dovrà prestare la sua opera, con l'indicazione anche di variazioni della sede di lavoro, sia temporanee (cioè, le trasferte o le missioni), sia definitive (i trasferimenti); la qualifica, la categoria, le mansioni del lavoratore, con descrizione sommaria del lavoro da fare; La lettera di assunzione (segue 2) l'orario di lavoro, cioè giorno, ora e minuti di inizio del lavoro e giorno, ora e minuti della fine della prestazione, per ogni giorno lavorativo, con previsione di turni particolari o di lavoro non previsto (detto: “lavoro straordinario”); ferie, cioè giorni non lavorativi in aggiunta ai festivi retribuiti dal datore di lavoro; il trattamento economico, cioè il corrispettivo in denaro previsto dal contratto collettivo di lavoro (accordo tra sindacati dei lavoratori e sindacati dei datori di lavoro che fissano un minimo di stipendio per ogni tipo di lavoro); la durata del periodo di prova, se previsto; i termini del preavviso di recesso, cioè quanti giorni prima una parte deve avvisare l'altra qualora intenda annullare il contratto, cioè recedere dal contratto. IL CONCETTO DI LAVORO SOSTANZIALE ASTRATTO MERCIFICAZIONE SPECIALIZZAZIONE Lavoro astratto e modernità Il concetto di lavoro astratto è un prodotto della modernità e del capitalismo, ed in particolare di due processi, quali la mercificazione e la specializzazione del lavoro MERCIFICAZIONE Per mercificazione si intende la riduzione di ogni aspetto della realtà del lavoro alla fisionomia propria delle merci, in particolare il lavoratore non ha il controllo e l’uso diretto del prodotto, immesso sul mercato come merce e non consumato direttamente dal produttore/lavoratore. LA SPECIALIZZAZIONE La specializzazione consiste nel processo attraverso cui i lavoratori acquisiscono l’abilità di compiere operazioni parziali con macchine sempre più precise e tecnologicamente avanzate. Artigiano Operaio Operaio specializzato La sociologia del lavoro – ambito disciplinare La sociologia del lavoro e delle organizzazioni è lo studio delle dinamiche comportamentali delle persone nel contesto lavorativo e nello svolgimento della loro attività professionale in rapporto alle relazioni interpersonali, ai compiti da svolgere, alle regole e al funzionamento dell’organizzazione. La sociologia del lavoro e delle organizzazioni IO LAVORO Mutamento UOMO Organizzazione ORGANIZZAZIONE Cultura LA SOCIOLOGIA Esistono diverse visioni della società: Organismo – cresce, si sviluppa, conosce stati di salute e di malattia, declina (la struttura è presente nella sua totalità in ogni singolo aspetto) – Marx, Durkheim Meccanismo – società come insieme di atomi individuali (vanno indagati gli interessi, le motivazioni dei singoli individui) – Boudon, Lazarsfeld Processo – un susseguirsi di eventi e significati generato da quel che precede e che influenzano ciò che segue (sono gli attori sociali che costruiscono la realtà. Indagine sulla cultura) Weber, Goffman Sistema – che trasforma le risorse materiali e simboliche (sottosistemi specializzati in particolari azioni. Funzionalismo) Merton, Parsons MODELLO DETERMINISTA SR LA VARIABILE UMANA SOR Paradigmi delle teorie organizzative Le teorie classiche, quelle delle relazioni umane e delle neorelazioni umane si sono avvalse di una concezione deterministica, quasi comportamentista, del fattore umano: l’uomo è considerato sottomesso passivamente alle pressioni dell’organizzazione. Ognuna di queste teorie auspica un tipo di stimolo - finanziario, relazionale o motivazionale - per scatenare i comportamenti desiderati in vista del raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione. Diversa è la posizione delle teorie ad orientamento diagnostico: per l’analisi strategica gli individui, e per estensione i gruppi, sono considerati come dei protagonisti, dei soggetti capaci di comportarsi nell’organizzazione con libertà e razionalità, protesi a raggiungere i propri fini. Nell’organizzazione ogni attore persegue così una propria strategia. LAVORO: UN PROBLEMA DI DEFINIZIONE Il lavoro è considerato come un insieme di attività praticate all’interno di contesti organizzati socialmente e culturalmente. Nella nostra società molto spesso la domanda chi sei si traduce in che lavoro fai, in questo modo il lavoro diviene un forte indicatore per rendere la persona «socialmente riconoscibile» nell’interazione (Depolo - Sarchielli, 1987). Pertanto, l’avere o il non avere un’attività lavorativa diviene un mezzo per categorizzare le persone, per assegnare loro un posto (e un significato) nel nostro ambiente psico-sociale. Lottery Question «Immagina di aver vinto alla lotteria o di aver ereditato una cospicua somma di denaro che ti permetterà di vivere confortevolmente per il resto della tua vita senza lavorare. Pensi che continuerai a lavorare lo stesso oppure no?» Il 69% delle donne e il 65% degli uomini (su un campione rappresentativo di lavoratori inglesi) risponde che avrebbe continuato a lavorare anche se fosse stato loro garantito il denaro per vivere. I benefici del lavoro Warr (1982) ha individuato i benefici che derivano alle persone dall’avere un lavoro: denaro, attività, varietà, organizzazione del proprio tempo, contatti sociali, posizione sociale ed identità nella società. Il lavoro permette alle persone di mettere in pratica le proprie conoscenze, di sviluppare capacità ed abilità; rappresenta una fonte di varietà e svolge un ruolo importante nell’organizzazione del tempo. Fino a 50-60 anni fa il lavoro occupava il 25-30% della vita di una persona, attualmente poco più del 10%, in quanto la scuola si protrae per un periodo più lungo, l’orario di lavoro è più corto, vi sono più giorni di ferie. Il valore del lavoro nella costruzione dell’identità La rappresentazione di sé tende a costruirsi progressivamente in quanto il lavoro mette in contatto l’individuo con altre persone, e le valutazioni che provengono dagli altri sono una fonte importante di informazione su se stessi. Inoltre, il lavoro permette a ognuno di auto-valutarsi direttamente sulla base dei risultati conseguiti e degli obiettivi raggiunti. L’identità L'identità, in senso largo, è innanzitutto un insieme di caratteristiche che permettono di definire espressamente un soggetto. L’identità (2) Dall'esterno, l'identità è una delle definizioni possibili di un soggetto sociale. Questa definizione si riferisce a un certo numero di criteri (riferimenti identitari). Raramente è possibile enunciare tutti i criteri utilizzabili. A seconda della natura dei criteri scelti per la definizione, si parla di identità differenti: Identità obiettiva Identità culturale Identità di gruppo Identità sociale Identità professionale L’identità (3) Si parla di: identità obiettiva quando si scelgono dei riferimenti identitari d'ordine obiettivo: nome, sesso, età, territorio, ambiente o altri conosciuti e verificabili; identità culturale quando si prendono essenzialmente dei riferimenti di ordine culturale: lingua. religione, codici culturali, ideologia...; identità di gruppo quando si prendono riferimenti concernenti gruppi di appartenenza; identità sociale in riferimento alla posizione sociale; identità professionale in riferimento al curriculum vitae e alle attività professionali. IDENTITÀ SOCIALE Sartre poneva nella sua globalità il problema dell'identità sociale collocando l'individuo in uno spazio umano esteso a tutti gli uomini: "Io mi situo, diceva, come Europeo in rapporto agli asiatici e ai Neri, come vecchio in rapporto ai giovani, come magistrato in rapporto ai delinquenti, come borghese in rapporto agli operai". IDENTITÀ SOCIALE (segue) L'identità sociale è la somma di tutte queste relazioni di inclusione o di esclusione in rapporto a tutti i gruppi costitutivi di una società. Essendo le società generalmente gerarchizzate in strati, in ceti, in classi sociali, una identità sociale classifica automaticamente l'individuo o il gruppo nella gerarchia sociale. A ciascuna posizione sociale, legata all'identità sociale, corrisponde un insieme di diritti, di doveri, di risorse e di prescrizioni di comportamenti. SENTIMENTO DELL'IDENTITÀ Per Allport, il senso di sé o dell'identità è composto da sette elementi essenziali collocati così nel loro ordine di apparizione genetica: 1. il sentimento corporale; 2. il sentimento dell'identità dell'Io nel tempo; 3. il sentimento delle opposizioni sociali del nostro valore; 4. il sentimento del possesso; 5. la stima di sé; 6. il sentimento di poter ragionare; 7. l'intenzionalità dell'essere. SENTIMENTO DELL'IDENTITÀ (segue) Questi aspetti fondamentali del sentimento di identità personale sarebbero legati a necessità fondamentali o bisogni della natura umana: bisogno di sensazioni, bisogno di punti di riferimento, bisogno di considerazione, bisogno di possesso, bisogno di conoscenza e bisogno di avere degli obiettivi. LA FUNZIONE DEL LAVORO Luogo d’apprendimento della vita sociale Luogo della socializzazione Luogo della costruzione delle identità Luogo d’interazione e scambio Legame sociale Costruzione del sistema degli status e dei ruoli all’interno di un dato assetto sociale IL VALORE DEL LAVORO Senso di utilità sociale Strumento di autorealizzazione Identità sociale e personalità Sentimento di appartenenza alla società Etica del lavoro STATUS statico 1. posizione sociale cui sono connesse norme comportamentali 2. il grado di prestigio, l’onore, il rispetto, la deferenza, attribuito ad una posizione sociale o a chi la occupa RUOLO dinamico 1. norme e aspettative che convergono su un individuo in quanto occupa una determinata posizione in un sistema sociale. Attese altri ruoli Attese organizzative Aspettative personali ruolo Comportamento effettivo METAFORE ORGANIZZATIVE Macchina Organismo Strumento di esercizio del potere Cervello INDIVIDUO = LIBERTÀ ORGANIZZAZIONE = RAZIONALITÀ IL FORDISMO Catena di montaggio Grande impresa Integrazione verticale Produzione di massa Organizzazione scientifica del lavoro Contratto a tempo pieno e indeterminato IL TAYLORISMO Parcellizzazione del lavoro Separazione progettazione ed esecuzione dei prodotti Organizzazione burocratica e controllo gerarchico Sistema di economie di tempo e di materiali HUMAN RELATIONS (ANNI ’50) Elton Mayo: 1932/33 ricerca Western Electric di Hawthorne Il fattore umano La motivazione al lavoro CORREZIONI AL TAYLORISMO (anni ’60) job rotation job enlargement job enrichment IL POSTFORDISMO (dagli anni ’70) Globalizzazione Flessibilità Downsizing Deverticalizzazione: esternalizzazione/terziarizzazione Delocalizzazione Delayering Espansione del terziario Principi della società postindustriale il passaggio dalla produzione di beni alla produzione di servizi; l’importanza crescente della classe dei professionisti e tecnici rispetto alla classe operaia; la centralità del sapere teorico; il problema della gestione dello sviluppo tecnico; la creazione di una nuova tecnologia intellettuale e cioè costituita da macchine intelligenti in grado di sostituire l’uomo. NUOVE PROFESSIONI • Diffusione ed uso degli strumenti informatici • Richiesta di nuove competenze cognitive, comunicative, sociali/relazionali: life skills • Processo di professionalizzazione. COMPETENZE • • • Competenze cognitive: saper trovare soluzioni e prendere decisioni; Competenze relazionali: saper interagire con gli altri; Competenze affettive: gestire le proprie emozioni ed avere una consapevole autostima. LA FLESSIBILITÀ DEL LAVORO Il capitalismo flessibile Regime dell’incertezza Biografia funambolica IL RISCHIO »La società 20:80 working poors »Brasilianizzazione »La staticità come scelta obsoleta »Dinamici, elastici, veloci! »“La corrosione del carattere” LA FLESSIBILITÀ NEL MERCATO DEL LAVORO Deregolamentazione Flessibilità Quantitativa Qualitativa FLESSIBILITÀ QUANTITATIVA (numerica o esterna) • Possibilità da parte di un impresa di adeguare il volume e le caratteristiche professionali degli occupati al suo interno all’andamento del ciclo produttivo o ai mutamenti tecnologici • Flessibilità in entrata o/e in uscita FLESSIBILITÀ QUALITATIVA (funzionale o interna) La possibilità da parte dell’azienda: • di spostare i lavoratori da un luogo ad un altro • di modificare liberamente il contenuto della prestazione e degli orari di lavoro secondo l’articolazione del ciclo produttivo • di attivare modificazioni salariali in adeguamento all’andamento dell’impresa e del sistema economico nazionale CONSEGUENZE SOCIALI DELLA FLESSIBILITÀ 1. 2. 3. 4. Sfera della progettualità Costruzione della carriera professionale Cambia la funzione sociale del lavoro? Una flessibilità per vivere o per morire? IL MODELLO DEI DISTRETTI INDUSTRIALI: un esempio di flessibilità sostenibile e contestualizzata rete di piccole e medie imprese integrate, diffuse sul territorio in aree distrettuali specializzate settorialmente produzione di beni di qualità fattori istituzionali capitale sociale I GIOVANI: la discriminazione per età Disoccupazione da inserimento Socialmente e cognitivamente accettabile Il ruolo della famiglia → solidarietà intergenerazionale Aspettative lavorative ed istruzione Job shopping Flessibilità e precarietà Mercato della vita Mercato del lavoro capacità lavorativa personalità competenze affidabilità 1. 2. 3. 4. luogo virtuale di incontro tra domanda e offerta di lavoro concetto astratto: il lavoro come merce anonima relazione di scambio simmetrica prezzo/salario con funzione di riequilibrio fra domanda e offerta azione razionale 1. 2. 3. 4. Il lavoro non è propriamente una merce → forza lavoro e alienazione Relazione asimmetrica tra lavoratore e datore di lavoro → intervento dello Stato Salario condizionato da fattori sociali e istituzionali → equità Azione influenzata da fattori sociali, istituzionali, cognitivi → no modello utilitaristico Le trasformazioni del lavoro Contenuto del lavoro e relazione d’impiego (contratto, volontario, occasionale) Stabilità lavorativa vs flessibilità… (compiti, organizzazione, posto di lavoro, luogo) Lavoro autonomo/lavoro dipendente… Qual è la “forma tipica” di lavoro? Il lavoro è storicamente determinato? Mercato e Lavoro IL LAVORO È UNA MERCE? INDUSTRIA E INDUSTRIALIZZAZIONE Come nasce il mercato del lavoro? I MODELLI DI REGOLAZIONE DEL LAVORO FORME “TIPICHE” DI LAVORO E IMPRESA IL LAVORO: UNA MERCE “ANOMALA” Domanda di lavoro richiesta di competenze differenziate (liv. istruzione, esperienza, capacità tecniche); Offerta di lavoro si differenzia in base alle caratteristiche individuali (età, genere, istruzione, …); L’industrializzazione Alcuni fattori rilevanti da considerare nell’analisi del processo di industrializzazione in Europa… La divisione del lavoro (A. Smith) e l’organizzazione; L’applicazione della tecnologia (Landes) e il trasferimento tecnologico (e di conoscenza) tra settori produttivi (es. innovazione in campo energetico); La formazione del mercato del lavoro (Polanyi) e del credito (Simmel); L’urbanizzazione e la modificazione delle scelte riproduttive (sviluppo demografico); La presenza di un’elite/classe dirigente nazionale I modelli di regolazione del lavoro I Esiste solo il mercato? – alcune caratteristiche del Mdl modificano il funzionamento di questo mercato secondo logiche diverse dalla razionalità economica in senso stretto; Inoltre, il lavoro produce identità sociale e quindi la logica di scelta dell’attore non sempre segue la razionalità economica… I modelli di regolazione del lavoro II Il mercato del lavoro possiede caratteristiche specifiche: Il rapporto tra domanda ed offerta è personalizzato, esistono legami fiduciari, la “merce” lavoro non è omogenea; Le transazioni non sono paritarie e le dimensioni di controllo e potere insite nel rapporto favoriscono la presenza di gerarchie; La remunerazione non è solo monetaria ma anche simbolica; I modelli di regolazione del lavoro III Il lavoro è regolato quindi anche da meccanismi istituzionali una chiave di lettura è data dai tre modelli di integrazione sociale (Polanyi) RECIPROCITÀ – identità soc. riconosciuta SCAMBIO – transazione libera REDISTRIBUZIONE – autorità legittimata I modelli di regolazione del lavoro IV Il mercato del lavoro è sempre stato “regolato” dalle istituzioni per tre ordini di ragioni; 1. vi sono aspetti del lavoro che il mercato non può regolare (organizzazione produttiva, distribuzione del potere e gerarchia nelle imprese); 2. Il mercato può essere meno efficiente (meno vantaggioso dal punto di vista economico) che non il ricorso ad una forma di allocazione diversa (es. mercati del lavoro interni vs esterni); 3. Lo scambio sul mercato del lavoro è disuguale (necessità di tutela sociale) e di sovente dallo scambio atomistico/individuale si passa alla contrattazione collettiva, allo scambio politico, … IL MERCATO DEL LAVORO ITALIANO mercato dualistico forte discriminazione di genere e scarsa partecipazione femminile disoccupazione da primo inserimento alta protezione sociale dai rischi della disoccupazione per i breadwinner disoccupazione di lunga durata scarsa mobilità occupazionale ascendente domanda di lavoro prevalentemente poco qualificata LA RICERCA DEL LAVORO MODALITÀ DI RICERCA DEL LAVORO 1. 2. 3. metodi formali e istituzionali: servizi per l’impiego, partecipazione a concorsi pubblici, l’invio spontaneo di curriculum e lettera di assunzione; uso dei giornali: pubblicazione di e risposta ad inserzioni canali informali e personalistici: le relazioni personali e le segnalazioni → il capitale sociale MODELLI DI DISOCCUPAZIONE IN EUROPA disoccupazione da inserimento: → Portogallo, Grecia, Spagna, Italia disoccupazione industriale → Gran Bretagna, ed in parte l’Irlanda disoccupazione equidistribuita→ Germania, Danimarca, Svezia, Austria disoccupazione femminile → Francia, Belgio, Olanda OCCUPAZIONE acquisizione di un reddito monetario in seguito allo svolgimento di un’attività lavorativa riconoscimento sociale e personale DISOCCUPAZIONE 1. 2. 3. 4. una condizione economica: non avere un’occupazione un’attività: essere alla ricerca di un’occupazione un’attitudine: essere disponibile ad accettare un lavoro alle condizioni esistenti uno stato di necessità: avere un più o meno elevato bisogno di procurarsi un reddito OCCUPATI persone con attività lavorativa altre persone con attività lavorativa che pur essendosi dichiarati studenti, casalinghe o pensionati, hanno effettuato almeno un’ora di lavoro nella settimana precedente PERSONE IN CERCA DI OCCUPAZIONE disoccupati in senso stretto, che per un qualunque motivo hanno perso un precedente lavoro dipendente in cerca di prima occupazione, che non hanno mai avuto un precedente lavoro altre persone in cerca di lavoro, che pur essendosi autodefiniti studenti, casalinghe o pensionati, hanno successivamente dichiarato di cercare lavoro Non forze di lavoro o popolazione non attiva popolazione in età non attiva: la soglia inferiore è posta a 15 anni, in corrispondenza con il divieto di lavorare, e quella superiore a 64/74 popolazione non attiva, benché in età attiva (studenti, casalinghe, ritirati dal lavoro e inabili dai 15 ai 64/74 anni). EVOLUZIONE DEI MODELLI DI ORGANIZZAZIONE 1. 2. 3. 4. 5. Modello taylorista-fordista: comando, controllo, lavoratori come manodopera Modello produzione di massa: gerarchia e rappresentanza dei lavoratori Modello Grande-Famiglia: gerarchia e attività sociali Modello gestione risorse umane: strutture piatte, ampliamento mansioni, meritocrazia Modello partecipativo: strutture flessibili, valorizzazione capitale umano processo attraverso il quale l’individuo canalizza dell’energia verso il raggiungimento di una meta-incentivo per il soddisfacimento di determinati bisogni, posto che il bisogno è una carenza che genera una tensione, per la riduzione della quale l’individuo pone in essere il comportamento che ritiene più adatto. (Franco Fontana 1994) l’insieme dei fattori o motivi che stanno alla base del comportamento, lo sollecitano e l’orientano in determinate direzioni; in genere tutti i comportamenti sono motivati, cioè presuppongono un motivo-bisogno che spinge all’azione, e perseguono un piano per la soddisfazione del bisogno. (Enrico Auteri 1998) Motivazione specifica Contratto psicologico Fidelizzazione Marketing interno La divisione del lavoro Smith e “La fabbrica di spilli” Saper Fare e Saper Essere A. Smith “È evidente che il lavoro non assistito di un individuo solitario è del tutto incapace di provvederlo di cibo, di vestiario e di alloggio come non solo richiede il lusso di un grande, ma si suppone richiedano, in una società civilizzata, gli appetiti naturali del contadino più modesto.” corso di sociologia del lavoro - La divisione del lavoro "A. Smith" A. Smith Divisione del lavoro: “Solo la divisione del lavoro, in base alla quale ogni individuo confina se stesso in un particolare ramo di attività, può spiegare la superiore prosperità che si verifica nelle società civilizzate e che, nonostante le ineguaglianze della proprietà, si estende fino al più infimo membro della comunità.” esempio: la fabbrica di spilli La ricchezza delle nazioni. Abbozzo 1763 corso di sociologia del lavoro - La divisione del lavoro "A. Smith" Ddl e ricchezza delle nazioni “È l’immensa moltiplicazione delle produzioni di tutte le differenti attività, conseguenza della divisione del lavoro che, nonostante le grandi diseguaglianze della proprietà, dà luogo, in tutte le società civilizzate, a questa universale prosperità che si estende fino ai più bassi strati della popolazione”. corso di sociologia del lavoro - La divisione del lavoro "A. Smith" Ddl e progresso tecnologico Il prezzo del prodotto del lavoro diminuisce e il salario del lavoratore aumenta; “È così che in una società opulenta e commerciale il lavoro diventa più caro e il prodotto più a buon mercato”; una piccola quantità di lavoro (“appropriatamente e giudiziosamente impiegato”) procura grande abbondanza di beni necessari e utili per vivere. corso di sociologia del lavoro - La divisione del lavoro "A. Smith" Ddl e benessere nazionale Lavoro applicato con grande abilità e giudizio, sostenuto dall’accordo e dalle forze unite di una società superiore, assistito da innumerevoli macchine: maggiore quantità di prodotto rispetto alla sua maggiore ricompensa; “Più opulenta sarà la società, più il lavoro sarà caro e meno costoso il prodotto”. La concorrenza dei paesi poveri (minori profitti, minori salari) avrà effetto solo in presenza di “alcuni rilevanti errori nella propria politica economica” corso di sociologia del lavoro - La divisione del lavoro "A. Smith" Perché la ddl aumenta la produzione Maggiore abilità di ogni lavoratore; Risparmio di tempo per passare da un tipo di lavoro a un altro; Macchine che aiutano il lavoratore a svolgere l’attività di molti. corso di sociologia del lavoro - La divisione del lavoro "A. Smith" SPECIALIZZAZIONE E DIVISIONE DEL LAVORO I fattori determinanti il forte aumento della produttività industriale a partire dalla rivoluzione industriale: 1. la sostituzione di energia meccanica a quella muscolare; 2. l’introduzione di metodi per l'esecuzione di operazioni ripetitive: procedure, utensili, macchinari; 3. l’impiego di materiali e dispositivi specifici per la gestione più efficiente dei materiali; 4. l’introduzione di dispositivi e formule organizzative che consentono il trasporto e il collegamento di numerose operazioni elementari. Divisione del lavoro e divisione della conoscenza I fattori determinanti la divisione del lavoro sono in ultima analisi riconducibili alla possibilità di riutilizzare la conoscenza: Vantaggi nello sviluppo di conoscenze specialistiche: problem solving distribuito Le conoscenze acquisite diventano un vantaggio sociale se sono riutilizzabili perché vengono incorporate in artefatti (metodi, tecnologie, prodotti) o sono trasmesse Ddl e invenzioni “Fu la divisione del lavoro che probabilmente causò l’invenzione della maggior parte di quelle macchine per mezzo delle quali il lavoro è così facilitato e ridotto. Quando l’intera forza della mente è rivolta a un solo particolare oggetto, come deve essere in conseguenza della divisione del lavoro, la mente è più adatta per scoprire i metodi per raggiungere tale obiettivo rispetto a quando la sua attenzione è dispersa tra una grande varietà di cose” (es. aratro; seminatrice; mulino a mano, ecc.). corso di sociologia del lavoro - La divisione del lavoro "A. Smith" Ddl e conoscenza scientifica Saper fare e saper essere: “Persone il cui mestiere non è il fare qualcosa, ma osservare ogni cosa, e che per tale ragione sono capaci di combinare assieme i poteri dei più opposti e distanti oggetti” (81). Da artigiano artista a “filosofo”. “Solo un vero filosofo poteva inventare il motore a vapore e la prima forma dell’idea di produrre un così grande effetto da una energia della natura cui prima non si era mai pensato”; La filosofia o speculazione, col progredire della società, diventa, come ogni altro mestiere, l’unica occupazione di una particolare classe di cittadini. corso di sociologia del lavoro - La divisione del lavoro "A. Smith" Le cause della ddl Effetto della particolare inclinazione della natura umana: la tendenza “a barattare, permutare e scambiare una cosa con un’altra” corso di sociologia del lavoro - La divisione del lavoro "A. Smith" Bisogno umano di cooperazione L’individuo ottiene aiuto dagli altri se riuscirà a volgere a proprio favore la cura che quelli hanno del proprio interesse e a dimostrare che torna a loro vantaggio fare per lui ciò che richiede loro: “dammi quello che voglio e tu avrai quello che vuoi”. corso di sociologia del lavoro - La divisione del lavoro "A. Smith" Cooperazione interessata “Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio e del fornaio che ci aspettiamo il pranzo, ma dalla considerazione che essi fanno del proprio interesse. Noi ci volgiamo non alla loro umanità, ma al loro interesse e non parliamo mai loro delle nostre necessità, ma dei loro vantaggi”. corso di sociologia del lavoro - La divisione del lavoro "A. Smith" DIVISIONE DEL LAVORO E COMPLESSITÀ Le interdipendenze derivanti dalla divisione del lavoro determinano complessità: si richiede infatti a unità specializzate di rispondere a condizioni incerte realizzando il coordinamento di un numero crescente di unità le cui decisioni di controllo sono connesse e caratterizzate da un certo grado di irreversibilità. Come coordinare unità di produzione specializzate meccanismi decentrati di coordinamento sviluppo di meccanismi accentrati di coordinamento: verso la fabbrica fordista. PER CAPIRE MEGLIO I MECCANISMI DI COORDINAMENTO ADOTTATI, SONO OPPORTUNE ALCUNE DISTINZIONI ALCUNE DISTINZIONI Divisione orizzontale e verticale Divisione del lavoro interna ed esterna DIVISIONE ORIZZONTALE DEL LAVORO Con l’allargamento del mercato, è possibile che le aziende si specializzino in determinati prodotti: Falegname produzione di mobili da cucina, camere da letto, ecc. Calzolaio produzione di scarpe da uomo, da donna, sportive, da montagna. La specializzazione permette di usare macchine ad hoc, conoscere il mercato, sviluppare nuove tecnologie, ecc., ma si può realizzare solo se la domanda è abbastanza ampia. Nel caso di divisione orizzontale del lavoro il principale problema di coordinamento è l’uso di risorse specializzate indivisibili: se il mercato è ampio, il problema è risolto dal mercato stesso. DIVISIONE VERTICALE DEL LAVORO Se la domanda è sufficientemente ampia, si possono specializzare singole fasi di un processo produttivo, che vengono assunte da unità produttive dotate di risorse (di macchinario e di lavoro) specifiche: falegname prime lavorazioni del legno; processi di assemblaggio; distribuzione calzolaio operazioni di taglio; di orlatura; fabbricazione di accessori; distribuzione DIVISIONE VERTICALE DEL LAVORO (segue) Nel caso della divisione verticale del lavoro le attività delle unità specializzate nelle singole fasi devono essere collegate in modo coordinato; in caso contrario si sostengono costi (ad esempio una fase a valle è costretta a restare inoccupata per mancanza di materiale) DIVISIONE VERTICALE DEL LAVORO: LA PRODUZIONE ARTIGIANALE Lettere: unità Numeri: fasi DIVISIONE VERTICALE DEL LAVORO: LA PRODUZIONE INDUSTRIALE (A) Economie della DDL La possibilità di realizzare le economie della divisione del lavoro dipende dalla capacità di coordinare le singole attività, nel senso che: per ottenere un flusso stabile di produzione si richiede che i tempi di lavorazione siano controllati; ogni fase è un input per la successiva: i singoli lavoratori svolgono operazioni complementari e il risultato di una fase influisce sul lavoro di quella successiva: controllo della qualità, standardizzazione, informazione; DIVISIONE VERTICALE DEL LAVORO: LA PRODUZIONE INDUSTRIALE (B) DIVISIONE DEL LAVORO INTERNA ED ESTERNA COME SI REALIZZA LA COMPATIBILITÀ DEI PIANI Scambio di informazioni (flussi informativi) Spostamento della disponibilità dei beni nel tempo o nello spazio DIVISIONE DEL LAVORO ESTERNA Specializzazione tra diverse imprese che partecipano a una stessa filiera produttiva Le relazioni sono governate da scambi informativi (negoziazioni, ordini, prezzi) talora molto semplici (acquisto di commodities), talora più complesse (es. forniture specializzate o su disegno) Le imprese hanno autonomia decisionale e negoziale e si adattano reciprocamente in modo indipendente sulla base dei segnali che ricevono La gestione delle relazioni con le imprese della filiera è detta supply chain management DIVISIONE DEL LAVORO INTERNA La specializzazione del lavoro tra le singole unità entro un’impresa è definita centralmente Le relazioni tra le unità produttive sono governate, oltre che da scambi diretti di informazioni, da una gerarchia di piani e di programmi che limitano progressivamente la libertà decisionale delle unità inferiori, ma agevolano la convergenza dei comportamenti