Corso di Laurea in Architettura – Laboratorio di Sostenibilità – Prof. Luigi Schibuola Arch. Roberta Martel - Principi di prevenzione incendi PREVENZIONE INCENDI Materia di rilevanza interdisciplinare nel cui ambito vengono promossi, studiati, predisposti, sperimentate misure, provvedimenti, accorgimenti e modi di azione intesi ad evitare, secondo le norme emanate dagli organi competenti, l’insorgenza di un incendio e a limitarne le conseguenze. (art.2 Dpr 29/07/1982 n. 577) Obiettivi e strategie Al fine di limitare i rischi derivanti dagli incendi, le costruzioni devono essere progettate, realizzate e gestite in modo da garantire: - la stabilità degli elementi portanti per un tempo utile ad assicurare il soccorso agli occupanti; - la limitata propagazione del fuoco e dei fumi, anche riguardo alle opere vicine; - la possibilità che gli occupanti lascino l'opera indenni o che gli stessi siano soccorsi in altro modo; - la possibilità per le squadre di soccorso di operare in condizioni di sicurezza. Misure di Sicurezza: Incolumità delle persone (sicurezza primaria) Riduzione delle perdite materiali (sicurezza secondaria) PREVENZIONE Evitare l’insorgere dell’incendio • CORRETTA DESTINAZIONE D’USO DEI LOCALI • LIMITAZIONE DEL CARICO DI INCENDIO • CORRETTA REALIZZAZIONE DELLE AREE A RISCHIO SPECIFICO • ESECUZIONE DEGLI IMPIANTI TECNOLOGICI A REGOLA D’ARTE • MANUTENZIONE DEGLI IMPIANTI TECNOLOGICI • RISPETTO DEI DIVIETI E DELLE CONDIZIONI DI ESERCIZIO • ISTRUZIONE DEL PERSONALE SUL COMPORTAMENTO DA TENERE PER PREVENIRE L’INCENDIO • REALIZZAZIONE DI IDONEI SISTEMI DI VENTILAZIONE PROTEZIONE Limitare le conseguenze dell’incendio PASSIVA ATTIVA • CORRETTA UBICAZIONE DELL’ATTIVITA’ • INTERPOSIZIONE DI IDONEE DISTANZE DI SICUREZZA • REALIZZAZIONE DI ELEMENTI STRUTTURALI RESISTENTI AL FUOCO • COMPARTIMENTAZIONE CONGRUA CON IL CARICO DI INCENDIO • CORRETTA ARTICOLAZIONE PLANIVOLUMETRICA DELL’EDIFICIO • IDONEA AERAZIONE DEI LOCALI • REALIZZAZIONE DI SUPERFICI DI MINOR RESISTENZA • CORRETTA REALIZZAZIONE DEI SISTEMI DI VIE DI USCITA • ADOZIONE DI MATERIALI CLASSIFICATI IN BASE ALLA REAZIONE AL FUOCO • REALIZZAZIONE DI IMPIANTI DI RIVELAZIONE AUTOMATICA DI INCENDIO • REALIZZAZIONE DI IMPIANTI DI ALLARME • REALIZZAZIONE DI IMPIANTI DI CONTROLLO E SCARICO DEI FUMI • REALIZZAZIONE DI IMPIANTI FISSI DI SPEGNIMENTO • REALIZZAZIONE DI IMPIANTI DI ALIMENTAZIONE ELETTRICA DI EMERGENZA • REALIZZAZIONE DI IMPIANTI DI ILLUMINAZIONE DI SICUREZZA • ADDESTRAMENTO DEL PERSONALE ALL’IMPIEGO DEI MEZZI ANTINCENDIO • ISTITUZIONE DELLA SQUADRA DI VIGILANZA • ADOZIONE DI IDONEI MEZZI PORTATILI DI ESTINZIONE SINTESI NORMATIVA D.P.R. 29 luglio 1982 n. 577 Approvazione del regolamento concernente l’espletamento dei servizi di prevenzione e vigilanza antincendio. D.M. 16 maggio 1987 Norme di sicurezza antincendio per gli edifici di civile abitazione D.M. 26 agosto 1992 Norme di prevenzione antincendio per l’edilizia scolastica D.M. 19 agosto 1996 n. 214 Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio dei locali di intrattenimento e di pubblico spettacolo. D.P.R. 12 gennaio 1998 n. 37 Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi. D.M. 10 marzo 1998 Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro D.M. 05 maggio 1998 Disposizioni relative alle modalità di presentazione ed al contenuto delle domande per l’avvio dei procedimenti di prevenzione incendi, nonché all’uniformità dei connessi servizi resi dai Comandi provinciali dei VV.FF. DECRETO 16 febbraio 2007 Classificazione di resistenza al fuoco di prodotti ed elementi costruttivi di opere da costruzione. DECRETO 9 marzo 2007 Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività soggette al controllo del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco ALLEGATO al D.M. 9 marzo 2007 1. TERMINI, DEFINIZIONI a) CAPACITÀ DI COMPARTIMENTAZIONE IN CASO D’INCENDIO: attitudine di un elemento costruttivo a conservare, sotto l’azione del fuoco, oltre alla propria stabilità, un sufficiente isolamento termico ed una sufficiente tenuta ai fumi e ai gas caldi della combustione, nonché tutte le altre prestazioni se richieste. b) CAPACITÀ PORTANTE IN CASO DI INCENDIO: attitudine della struttura, di una parte della struttura o di un elemento strutturale a conservare una sufficiente resistenza meccanica sotto l’azione del fuoco con riferimento alle altre azioni agenti. c) CARICO DI INCENDIO: potenziale termico netto della totalità dei materiali combustibili contenuti in uno spazio corretto in base ai parametri indicativi della partecipazione alla combustione dei singoli materiali. Il carico di incendio è espresso in MJ; convenzionalmente 1 MJ è assunto pari a 0,054 chilogrammi di legna equivalente. d) CARICO D’INCENDIO SPECIFICO: carico di incendio riferito all’unità di superficie lorda. E’ espresso in MJ/m2. e) CARICO D’INCENDIO SPECIFICO DI PROGETTO: carico d’incendio specifico corretto in base ai parametri indicatori del rischio di incendio del compartimento e dei fattori relativi alle misure di protezione presenti. Esso costituisce la grandezza di riferimento per le valutazioni della resistenza al fuoco delle costruzioni. f) CLASSE DI RESISTENZA AL FUOCO: intervallo di tempo espresso in minuti, definito in base al carico di incendio specifico di progetto, durante il quale il compartimento antincendio garantisce la capacità di compartimentazione. g) COMPARTIMENTO ANTINCENDIO: parte della costruzione organizzata per rispondere alle esigenze della sicurezza in caso di incendio e delimitata da elementi costruttivi idonei a garantire, sotto l’azione del fuoco e per un dato intervallo di tempo, la capacità di compartimentazione. h) INCENDIO CONVENZIONALE DI PROGETTO: incendio definito attraverso una curva di incendio che rappresenta l’andamento, in funzione del tempo, della temperatura media dei gas di combustione nell’intorno della superficie degli elementi costruttivi. La curva di incendio di progetto può essere: - nominale: curva adottata per la classificazione delle costruzioni e per le verifiche di resistenza al fuoco di tipo convenzionale; - naturale: curva determinata in base a modelli d’incendio e a parametri fisici che definiscono le variabili di stato all’interno del compartimento. i) INCENDIO LOCALIZZATO: focolaio d’incendio che interessa una zona limitata del compartimento antincendio, con sviluppo di calore concentrato in prossimità degli elementi costruttivi posti superiormente al focolaio o immediatamente adiacenti. j) RESISTENZA AL FUOCO: una delle fondamentali strategie di protezione da perseguire per garantire un adeguato livello di sicurezza della costruzione in condizioni di incendio. Essa riguarda la capacità portante in caso di incendio, per una struttura, per una parte della struttura o per un elemento strutturale nonché la capacità di compartimentazione rispetto all’incendio per gli elementi di separazione sia strutturali, come muri e solai, sia non strutturali, come porte e tramezzi. k) SUPERFICIE IN PIANTA LORDA DI UN COMPARTIMENTO: superficie in pianta compresa entro il perimetro interno delle pareti delimitanti il compartimento. Potere Calorifico E’ l'energia termica che una massa unitaria di un materiale o di un elemento da costruzione è in grado di sviluppare al momento della sua combustione completa. Carico d'incendio Potenziale termico della totalità dei materiali combustibili contenuti in uno spazio, ivi compresi i rivestimenti dei muri, delle pareti provvisorie, dei pavimenti e dei soffitti. Convenzionalmente è espresso in chilogrammi di legno equivalente (potere calorifico inferiore 4.400 Kcal/kg). q = valore nominale del carico di incendio CARICO DI INCENDIO SPECIFICO DI PROGETTO Il valore del carico d’incendio specifico di progetto (qf,d) è determinato secondo la seguente relazione: dove: è il fattore che tiene conto del rischio di incendio in relazione alla dimensione del compartimento e i cui valori sono definiti in tabella 1 è il fattore che tiene conto del rischio di incendio in relazione al tipo di attività svolta nel compartimento e i cui valori sono definiti in tabella 2 è il fattore che tiene conto delle differenti misure di protezione e i cui valori sono definiti in tabella 3 Si calcola moltiplicando una serie di coefficienti tabellati, ciascuno dei quali legato alla presenza o meno di un dispositivo di protezione. è il valore nominale del carico d’incendio specifico da determinarsi secondo la formula: Classe di resistenza al fuoco di un edificio La classe di resistenza “C” al fuoco è un numero che indica la durata della resistenza al fuoco di un edificio (o locale), ed è espressa in “minuti”. Rappresenta il tempo disponibile alle persone per “scappare” dall‘ incendio. Le classi di resistenza al fuoco sono le seguenti: 15-20-30-45-60-90-120-180-240-360 e nel calcolo vanno approssimate al valore superiore compreso nella sequenza. Durante tale tempo gli elementi costruttivi portanti e/o separanti che compongono la costruzione, devono mantenere inalterate le proprie caratteristiche. Dipende dalle caratteristiche dell’ edificio dette anche “Livelli di Prestazione” La normativa Italiana prevede n. 5 Livelli di Prestazione: RICHIESTE DI PRESTAZIONE Le prestazioni da richiedere ad una costruzione, in funzione degli obiettivi di sicurezza, sono individuate nei seguenti livelli: Livello I. Nessun requisito specifico di resistenza al fuoco dove le conseguenze della perdita dei requisiti stessi siano accettabili o dove il rischio di incendio sia trascurabile Livello II. Mantenimento dei requisiti di resistenza al fuoco per un periodo sufficiente all’evacuazione degli occupanti in luogo sicuro all’esterno della costruzione Livello III. Mantenimento dei requisiti di resistenza al fuoco per un periodo congruo con la gestione dell’emergenza Livello IV. Requisiti di resistenza al fuoco tali da garantire, dopo la fine dell’incendio, un limitato danneggiamento della costruzione Livello V. Requisiti di resistenza al fuoco tali da garantire, dopo la fine dell’incendio, il mantenimento della totale funzionalità della costruzione stessa I livelli di prestazione comportano l’adozione di differenti classi di resistenza al fuoco secondo quanto stabilito ai punti successivi. Le classi di resistenza al fuoco sono le seguenti: 15; 20; 30; 45; 60; 90; 120; 180; 240; 360. Esse sono di volta in volta precedute dai simboli indicanti i requisiti che devono essere garantiti, per l’intervallo di tempo descritto, dagli elementi costruttivi portanti e/o separanti che compongono la costruzione. Tali requisiti, individuati sulla base di una valutazione del rischio d’incendio, sono rappresentati con i simboli elencati nelle decisioni della Commissione dell’Unione Europea 2000/367/CE del 3 maggio 2000 e 2003/629/CE del 27 agosto 2003. Livello I di prestazione Il livello I di prestazione non è ammesso per le costruzioni che ricadono nel campo di applicazione del presente decreto. Il livello II di prestazione può ritenersi adeguato per costruzioni fino a due piani fuori terra ed un piano interrato, isolate - eventualmente adiacenti ad altre purché strutturalmente e funzionalmente separate - destinate ad un’unica attività non aperta al pubblico e ai relativi impianti tecnologici di servizio e depositi, ove si verificano tutte le seguenti ulteriori condizioni: a) le dimensioni della costruzione siano tali da garantire l’esodo in sicurezza degli occupanti; b) gli eventuali crolli totali o parziali della costruzione non arrechino danni ad altre costruzioni; c) gli eventuali crolli totali o parziali della costruzione non compromettano l’efficacia degli elementi di compartimentazione e di impianti di protezione attiva che proteggono altre costruzioni; d) il massimo affollamento complessivo della costruzione non superi 100 persone e la densità di affollamento media non sia superiore a 0,2 pers/m2; e) la costruzione non sia adibita ad attività che prevedono posti letto; f) la costruzione non sia adibita ad attività specificamente destinate a malati, anziani, bambini o a persone con ridotte o impedite capacità motorie, sensoriali o cognitive. Le classi di resistenza al fuoco necessarie per garantire il livello II di prestazione sono le seguenti, indipendentemente dal valore assunto dal carico di incendio specifico di progetto: Livello III di prestazione Il livello III di prestazione può ritenersi adeguato per tutte le costruzioni rientranti nel campo di applicazione del presente decreto fatte salve quelle per le quali sono richiesti i livelli IV o V. Le classi di resistenza al fuoco necessarie per garantire il livello III sono indicate nella tabella 4, in funzione del carico d’incendio specifico di progetto (qf,d) definito al punto 2. Livelli IV e V di prestazione I livelli IV o V possono essere oggetto di specifiche richieste del committente o essere previsti dai capitolati tecnici di progetto. I livelli IV o V di prestazione possono altresì essere richiesti dalla autorità competente per costruzioni destinate ad attività di particolare importanza. Per i livelli IV e V resta valido quanto indicato nel decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 14 settembre 2005 e successive modifiche ed integrazioni. Livello di prestazione III Classe di resistenza al fuoco 120 RESISTENZA AL FUOCO Attitudine di un elemento da costruzione (componente o struttura) a conservare - secondo un programma termico prestabilito e per un tempo determinato - in tutto o in parte: • stabilità "R": attitudine di un elemento da costruzione a conservare la resistenza meccanica sotto l'azione del fuoco • tenuta "E": attitudine di un elemento da costruzione a non lasciar passare né produrre se sottoposto all'azione del fuoco su un lato fiamme, vapori o gas caldi sul lato non esposto • isolamento "I": attitudine di un elemento da costruzione ridurre, entro un dato limite, la trasmissione del calore In relazione ai requisiti dimostrati, l’elemento edilizio viene classificato con un simbolo R, RE, REI e un numero che esprime i minuti primi di mantenimento di tale requisito. Si richiede che l’elemento costruttivo di un locale abbia resistenza al fuoco non inferiore alla classe del locale stesso. Allegato A – D.M. 16 febbraio 2007 Classificazione di resistenza al fuoco di prodotti ed elementi costruttivi di opere da costruzione. SIMBOLI: R Capacità portante E Tenuta I Isolamento P o PH Continuità di corrente o capacità di segnalazione G Resistenza all'incendio della fuliggine K Capacità di protezione al fuoco W Irraggiamento D Durata della stabilità a temperatura costante M Azione meccanica DH Durata della stabilità lungo la curva standard C Dispositivo automatico di chiusura F Funzionalità degli evacuatori motorizzati di fumo e calore S Tenuta al fumo B Funzionalità degli evacuatori naturali di fumo e calore Le seguenti classificazioni sono espresse in minuti. A1 Elementi portanti privi di funzione di compartimento antincendio A.1.1 – Si applica a Muri, solai,tetti, travi, colonne, balconi, scale, passerelle Nome EN 13501-2; EN 1365-1,2,3,4,5,6; EN 1992-1.2; EN 1993-1.3; EN 1994-1.2; EN 1995-1.2; EN 1996-1.2; EN 1999-1.2 Classificazione: R 15 20 30 45 60 90 120 180 240 360 A.2 Elementi portanti privi di funzione di compartimento antincendio A.2.1 - Si applica a Muri Norme EN 13501.2; EN 1365-1; EN 1992-1.2; EN 1993-1.3; EN 1994-1.2; EN 19951.2; EN 1996-1.2, EN 1999-1.2 Classificazione: RE 20 30 60 90 120 180 240 360 REI 180 15 20 30 45 60 90 120 REI-M 30 60 90 120 180 240 360 REW 30 60 120 180 240 20 90 360 240 360 A.4.3 - Si applica a Facciate (curtain walls) e muri esterni (che includono parti vetrate) Norme EN 13501-2; EN 1364-3,4,5,6; EN 1992-1.2; EN 1993-1.3; EN 1994-1.2; EN 1995-1.2; EN 1996-1.2; EN 1999-1.2 Classificazione: E 15 EI 30 30 EI-W 30 Annotazioni La classificazione è completata da "(I->o)", "(o->I)", o "(I<->o)", per indicare se l'elemento è stato sottoposto a prova e se rispetta i requisiti sull'incendio proveniente dall'alto o dal basso o da ambedue le direzioni. Laddove previsto, la "stabilità meccanica" indica che l'eventuale caduta di parti non è suscettibile di provocare danni alle persone nel periodo indicato per la classificazione E o EI. A.4.4 - Si applica a Pavimenti sopraelevati Norme EN 13501-2; EN 1366-6 Classificazione: R 30 RE 15 30 REI 30 Annotazioni La classificazione è completata mediante l'aggiunta del suffisso "f per indicare la resistenza ad un incendio pienamente sviluppato o "r" per indicare solo l'esposizione a una temperatura costante ridotta. A.4.10 - Si applica a Camini Norme EN 13501-2; EN 13216 Classificazione: G + distanza (mm) (ad esempio G 50) Annotazioni . Distanza non richiesta per prodotti da incassare Allegato D - Modalità per la classificazione in base a confronti con tabelle D.1 Le tabelle seguenti propongono delle condizioni sufficienti per la classificazione di elementi costruttivi resistenti al fuoco. I valori contenuti nelle tabelle sono il risultato di campagne sperimentali e si riferiscono alle tipologie costruttive e ai materiali di maggior impiego. D.4 Murature non portanti di blocchi D.4.1 La tabella seguente riporta i valori minimi (mm) dello spessore s di murature di blocchi di laterizio (escluso l'intonaco) sufficienti a garantire i requisiti EI per le classi indicate esposte su un lato che rispettano le seguenti limitazioni: - altezza della parete fra i due solai o distanza fra due elementi di irrigidimento con equivalente funzione di vincolo dei solai non superiore a 4 m -presenza di 10 mm di intonaco su ambedue le facce ovvero 20 mm sulla sola faccia esposta al fuoco. D.4.2 La tabella seguente riporta i valori minimi (mm) dello spessore s di murature di blocchi di calcestruzzo normale (escluso l'intonaco) sufficienti a garantire i requisiti EI per le classi indicate esposte su un lato che rispettano le seguenti limitazioni: - altezza della parete fra i due solai o distanza fra due elementi di irrigidimento con equivalente funzione di vincolo dei solai non superiore a 4 m - facciavista o con 10 mm di intonaco su ambedue le facce ovvero 20 mm sulla sola faccia esposta al fuoco. D.4.4 La tabella seguente riporta i valori minimi (mm) dello spessore s di murature di blocchi di pietra squadrata sufficienti a garantire i requisiti EI per le classi indicate esposte su un lato che rispettano le seguenti limitazioni: - altezza della parete fra i due solai o distanza fra due elementi di irrigidimento con equivalente funzione di vincolo dei solai non superiore a 4 m. D.5 Solette piene e solai alleggeriti D.5.1 La tabella seguente riporta i valori minimi (mm) dello spessore totale H di solette e solai, della distanza a dall'asse delle armature alla superficie esposta sufficienti a garantire il requisito R per le classi indicate. Sistema di vie di uscita Percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone che occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro. La lunghezza massima del sistema di vie di uscita è stabilita dalle norme, l’altezza deve essere non inferiore a 2 metri. Un elemento molto importante è la lunghezza del percorso fra un qualsiasi punto del locale e l'uscita dal locale stesso; tale percorso deve essere tanto più breve quanto maggiore è il rischio di incendio nell'ambiente considerato. In genere la lunghezza massima del percorso di esodo ammessa dalle vigenti normative di prevenzione incendi è di 30m. Nel caso l'uscita dal locale adducesse ad una scala a giorno o ad una scala non protetta, non essendo tali scale considerabili luoghi sicuri, nel computo dei 30 40 m deve rientrare anche lo sviluppo lineare della scala. Sistema di vie di uscita La larghezza totale del sistema di vie di uscita è anch’essa è stabilita dalle norme. Per determinarla sono necessari alcuni parametri essenziali: Modulo Densità di affollamento Affollamento massimo o previsto Capacità di deflusso Modulo di uscita "Unità di misura della larghezza delle uscite. Il "modulo uno", che si assume uguale a 0,60 m, esprime la larghezza media occupata da una persona". Densità di affollamento "Numero massimo di persone assunto per unità di superficie lorda di pavimento (persone/mq)". Massimo affollamento ipotizzabile "Numero di persone ammesso in un compartimento. E' determinato dal prodotto della densità di affollamento per la superficie lorda del pavimento". Capacità di deflusso o di sfollamento "Numero massimo di persone che, in un sistema di vie 'uscita, si assume possano defluire attraverso una uscita di "modulo uno"." Tale dato, stabilito dalla norma, tiene conto del tempo occorrente per lo sfollamento ordinato di un compartimento. Sistema di vie di uscita Luogo sicuro "Spazio scoperto ovvero compartimento antincendio separato da altri compartimenti mediante spazio scoperto o filtri a prova di fumo – avente caratteristiche idonee a ricevere e contenere un predeterminato numero di persone, ovvero a consentirne il movimento ordinato Luogo sicuro Statico (atto a contenere persone) Luogo sicuro Dinamico (atto a consentire il movimento) Spazio Calmo = luogo sicuro statico contiguo e comunicante con una via di esodo verticale od in essa inserito. Ventilazione Si impone la presenza di un sistema di aerazione naturale costruito con aperture a parete o a soffitto e disposte in modo da consentire il normale ricambio d’aria nonché lo smaltimento del calore e dei fumi in caso di incendio. Può essere sostituita del tutto o in parte dalla ventilazione meccanica. Filtro a prova di fumo "Vano delimitato da strutture con resistenza al fuoco REI predeterminata, e comunque non inferiore a 60‘ dotato di due o più porte munite di congegni di autochiusura con resistenza al fuoco REI predeterminata, e comunque non inferiore a 60', con camino di ventilazione di sezione adeguata e comunque non inferiore a 0,10 m2 sfociante al di sopra della copertura dell'edificio oppure vano con le stesse caratteristiche di resistenza al fuoco e mantenuto in sovrappressione ad almeno 0,3 mbar, anche in condizioni di emergenza, oppure aerato direttamente verso l'esterno con aperture libere di superficie non inferiore ad 1 m2 con esclusione di condotti Scale di sicurezza Scala a prova di fumo Scala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso per ogni piano: • mediante porte di resistenza al fuoco almeno RE 60 predeterminata e dotate di congegno di autochiusura • da spazio scoperto • da disimpegno aperto per almeno un lato su spazio scoperto dotato di parapetto a giorno. E' il tipo di scala che dà la massima sicurezza possibile garantendo in caso di incendio, l'esodo delle persone dai vari piani di un edificio. Scala a prova di fumo esterna Scala a prova di fumo interna Scala protetta "Scala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso diretto da ogni piano, con porte di resistenza al fuoco REI predeterminata e dotate di congegno di autochiusura". ESTINTORI Sono strumenti di protezione attiva e rappresentano i mezzi di primo intervento più impiegati. si distinguono: • Estintori portatili • Estintori carrellati Classe Classe Classe Classe Classe A = fuochi di solidi con formazione di brace B = fuochi di liquidi infiammabili C = fuochi di gas infiammabile D = fuochi di metalli e altre sostanze chimiche E = fuochi di natura elettrica ESTINTORI si distinguono: A polvere (per fuochi A,B,C,) A CO2 (per fuochi B,C,E) Halon (idrocarburi alogenati) su ogni estintore sono indicate le classi di fuochi e i focolai convenzionali che è in grado di estinguere con la relativa capacità estinguente. Per norma sono di colore rosso Es. 13A 89B C UNI 10779: rete idrica antincendio Reti idranti UNI 9490: alimentazioni idriche antincendio RETE IDRANTI: sistema di tubazioni fisse in pressione per l’alimentazione idrica, sulle quali sono derivate uno o più idranti antincendio (o naspi) Componenti delle reti idranti IDRANTE A MURO: costituito da una valvola d’intercettazione, da una tubazione flessibile, da una lancia erogatrice e da una cassetta di contenimento. TUBAZIONE FLESSIBILE: tubo che diviene circolare quanto viene messo in pressione (1.2 Mpa), e che è appiattito quando è a riposo. L 20m LANCIA EROGATRICE: dispositivo provvisto di bocchello e di attacco unificato. Può essere dotata di valvola che permette il getto pieno, frazionato e la chiusura. Componenti delle reti idranti NASPO: costituito da una bobina mobile su cui è avvolta una tubazione semirigida, con una lancia erogatrice munita di valvola regolatrice e di chiusura del getto. IDRANTE A COLONNA SOPRASUOLO: costituito da una valvola nella porzione sottosuolo, manovrabile mediante un albero verticale che ruota nel corpo cilindrico, dotato di uno o più attacchi unificati (UNI 70 / UNI 45). Spesso gli acquedotti non assicurano le prestazioni idriche richieste Risulta frequente l’adozione di sistemi di pompaggio o accumulo ATTACCO DI MANDATA PER AUTOPOMPA: costituito da una valvola di intercettazione ed una di non ritorno, dotato di uno o più attacchi unificati. Serve come alimentazione idrica sussidiaria. Impianti sprinkler (UNI 9489) Rete di tubazioni con ugelli erogatori e valvola d’allarme. Gli erogatori montano un elemento termosensibile che consente la loro apertura. diramazioni erogatori Valvola controllo montante Collettore di alimentazione TIPI DI IMPIANTO: A UMIDO: tutto l’impianto è permanentemente riempito d’acqua in pressione. A SECCO: la parte dell’impianto soggetta al rischio di gelo, è riempita d’aria in pressione. A DILUVIO: sono chiamati così perché gli erogatori sono privi dell’elemento termosensibile e l’acqua è mantenuta a monte di un’apposita valvola comandata da un impianto di rivelazione separato. L’acqua viene scaricata contemporaneamente da tutti gli erogatori. A PREALLARME: combinazione di un impianto a secco, e di un impianto automatico di rivelazione. Il consenso all’apertura della valvola è doppio. Erogatore + caduta di pressione Le testine SPRINKLER: Hanno la triplice funzione di erogatori - attuatori - rivelatori Sono normalmente composte da un ugello con deflettore tenuto chiuso da un bulbo fusibile che alla temperatura d’intervento si rompe liberando il foro di erogazione. Il passaggio dell’acqua viene rilevato da un flussostato che attiva un segnalatore di allarme e determina mediante un segnale di pressione la partenza del gruppo pompe antincendio. COMPONENTI: EROGATORE: è costituito da un ugello, un elemento termosensibile ed un diffusore ELEMENTO TERMOSENSIBILE: si fonde o rompe ad una temperatura prestabilita, provocando l’apertura dell’erogatore Impianti a saturazione totale (gas) SONO BASATI SULLA SCARICA DI UN PREDETERMINATO QUANTITATIVO DI AGENTE ESTINGUENTE, ENTRO UN VOLUME CHIUSO. • CED • Centrali telefoniche • Trasformatori • Biblioteche, musei • Laboratori • Navi IMPIANTO DI RIVELAZIONE INCENDI Sistemi automatici di rivelazione e allarme antincendio Sistemi manuali di rivelazione e di allarme antincendio Pulsanti di allarme in grado di attivare sirene per segnalare il pericolo e permettere una tempestiva evacuazione dell’edificio. L’impianto automatico di rivelazione è costituito da un certo numero di sensori il cui numero e disposizione è previsto dalle norme (UNI 9795) collegati ad un sistema di allarme e/o attivazione di dispositivi di protezione Classificazione: In base alla configurazione del rivelatore: Puntiforme Lineare o a barriera Ad aspirazione Multiplo LA REGOLA TECNICA DI PREVENZIONE INCENDI E’ un elenco di disposizioni di natura tecnica che recepite con atto avente forza di legge diventa cogente. La regola tecnica è pubblicata sotto forma di allegato al decreto che la recepisce. I responsabili di attività soggette al controllo dei vigili del fuoco per cui esiste una regola tecnica sono obbligati al rispetto delle prescrizioni della stessa. Non tutte le attività soggette hanno una specifica regola tecnica. Per esse valgono i criteri generali di prevenzione incendi o altre norme quali circolari del Ministero dell’interno. CENTRALI TERMICHE Decreto Ministero dell'Interno 12 aprile 1996 Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l'esercizio di impianti termici alimentati da combustibili gassosi, (gas metano densità inferiore a 0,8). Campo di applicazione 1 - Il presente decreto ha per scopo l'emanazione di disposizioni riguardanti la progettazione, la costruzione e l'esercizio dei sotto elencati impianti termici di portata termica complessiva maggiore di 35 kW (convenzionalmente tale valore è assunto corrispondente al valore di 30.000 kcal/h indicato nelle precedenti disposizioni) alimentati da combustibili gassosi alla pressione massima di 0,5 bar ed individua le misure di sicurezza per il raggiungimento degli obiettivi: a) climatizzazione di edifici e ambienti; b) produzione centralizzata di acqua calda, acqua surriscaldata e/o vapore; Non sono oggetto del presente decreto gli impianti realizzati specificatamente per essere inseriti in cicli di lavorazione industriale, gli apparecchi di tipo A, le stufe catalitiche e gli inceneritori. 2 - Più apparecchi termici alimentati a gas, di seguito denominati apparecchi, installati nello stesso locale o in locali direttamente comunicanti sono considerati come facenti parte di un unico impianto, di portata termica pari alla somma delle portate termiche dei singoli apparecchi. All’interno di una singola unità immobiliare adibita ad uso abitativo, ai fini del calcolo della portata termica complessiva, non concorrono gli apparecchi domestici di portata termica singola non superiore a 35 kW quali gli apparecchi di cottura alimenti, le stufe, i caminetti, i radiatori individuali, gli scaldacqua unifamiliari, gli scaldabagno ed i lavabiancheria. 3 - Le disposizioni del presente decreto si applicano agli impianti di nuova realizzazione REGOLA TECNICA DI PREVENZIONE INCENDI PER LA PROGETTAZIONE, LA COSTRUZIONE E L'ESERCIZIO DI IMPIANTI TERMICI ALIMENTATI DA COMBUSTIBILI GASSOSI 1.1 TERMINI, DEFINIZIONI E TOLLERANZE DIMENSIONALI a) apparecchio di tipo A: apparecchio previsto per non essere collegato ad un condotto o ad uno speciale dispositivo per l'evacuazione dei prodotti della combustione all'esterno del locale di installazione; b) apparecchio di tipo B: apparecchio previsto per essere collegato ad un condotto o ad un dispositivo di evacuazione dei prodotti della combustione verso l'esterno. L'aria comburente è prelevata direttamente dall'ambiente dove l'apparecchio è collocato; c) apparecchio di tipo C: apparecchio con circuito di combustione a tenuta, che consente l'alimentazione di aria comburente al bruciatore con prelievo diretto dall'esterno e contemporaneamente assicura l'evacuazione diretta all’esterno di prodotti della combustione; d) condotte aerotermiche: condotte per il trasporto di aria trattata e/o per la ripresa dell'aria degli ambienti serviti e/o dell'aria esterna da un generatore d'aria calda; e) condotte del gas: insieme di tubi, curve, raccordi ed accessori uniti fra loro per la distribuzione del gas. f) gas combustibile: ogni combustibile che è allo stato gassoso alla temperatura di 15 °C e alla pressione assoluta di 1.013 mbar, come definito nella norma EN 437; g) generatore di aria calda a scambio diretto: apparecchio destinato al riscaldamento dell'aria mediante produzione di calore in una camera di combustione con scambio termico attraverso pareti dello scambiatore, senza fluido intermediario, in cui il flusso dell'aria è mantenuto da uno o più ventilatori; h) impianto interno: complesso delle condotte compreso tra il punto di consegna del gas e gli apparecchi utilizzatori (questi esclusi); i) impianto termico: complesso dell'impianto interno, degli apparecchi e degli eventuali accessori destinato alla produzione di calore; locale esterno: locale ubicato su spazio scoperto, anche in adiacenza all'edificio servito, purché strutturalmente separato e privo di pareti comuni. Sono considerati locali esterni anche quelli ubicati sulla copertura piana dell'edificio servito, purché privo di pareti comuni; locale fuori terra: locale il cui piano di calpestio è a quota non inferiore a quello del piano di riferimento; locale interrato: locale in cui l'intradosso del solaio di copertura è a quota inferiore a + 0,6 m al di sopra del piano di riferimento; locale seminterrato: locale che non è definibile fuori terra ne interrato m) n) o) p) q) piano di riferimento: piano della strada pubblica o privata o dello spazio scoperto sul quale è attestata la parete nella quale sono realizzate le aperture di aerazione; r) portata termica nominale: quantità di energia termica assorbita nell'unità di tempo dall'apparecchio, dichiarata dal costruttore, espressa in kilowatt (kW); s) pressione massima di esercizio: pressione massima relativa del combustibile gassoso alla quale può essere esercito l’impianto interno; t) punto di consegna del gas: punto di consegna del combustibile gassoso individuato in corrispondenza: - del raccordo di uscita del gruppo di misurazione; - del raccordo di uscita della valvola di intercettazione, che delimita la porzione di impianto di proprietà dell'utente, nel caso di assenza del gruppo di misurazione; - del raccordo di uscita del riduttore di pressione della fase gassosa nel caso di alimentazione da serbatoio; u) serranda tagliafuoco: dispositivo di otturazione ad azionamento automatico destinato ad interrompere il flusso dell'aria nelle condotte aerotermiche ed a garantire la compartimentazione antincendio per un tempo prestabilito. L'unità termica è composta da un bruciatore, da un ventilatore-aspiratore, da una camera di combustione, da una camera di ricircolo, dal condotto di espulsione fumi, dai dispositivi di controllo e sicurezza, dal pressostato differenziale ed eventualmente dal termostato di sicurezza positiva a riarmo manuale. Le condotte radianti, la cui temperatura superficiale massima deve essere minore di 300°C, devono essere realizzate con materiale resistente alle alte temperature e isolate termicamente nella parte superiore e laterale, devono essere a tenuta ed esercite costantemente in depressione. Tali condotte aerotermiche sono parte integrante dell'apparecchio. 1.2 LUOGHI DI INSTALLAZIONE DEGLI APPARECCHI Gli apparecchi possono essere installati: - all'aperto; - in locali esterni; - in fabbricati destinati anche ad altro uso o in locali inseriti nella volumetria del fabbricato servito. Gli apparecchi devono in ogni caso essere installati in modo tale da non essere esposti ad urti o manomissioni. TITOLO II INSTALLAZIONE ALL'APERTO 2.1 Disposizioni comuni Gli apparecchi installati all'aperto devono essere costruiti per tale tipo di installazione. E' ammessa l'installazione in adiacenza alla pareti dell'edificio servito alle seguenti condizioni: la parete deve possedere caratteristiche di resistenza al fuoco almeno REI 30 ed essere realizzata con materiale di classe 0 di reazione al fuoco, nonché essere priva di aperture nella zona che si estende, a partire dall'apparecchio, per almeno 0,5 m lateralmente e 1 m superiormente. Qualora la parete non soddisfi in tutto o in parte tali requisiti: - gli apparecchi devono distare non meno di 0,6 m dalle pareti degli edifici, oppure - deve essere interposta una struttura di caratteristiche non inferiori a REI 120 di dimensioni superiori di almeno 0,50 m della proiezione retta dell’apparecchio lateralmente ed 1 m superiormente. TITOLO III INSTALLAZIONE IN LOCALI ESTERNI I locali devono essere ad uso esclusivo e realizzati in materiali di classe 0 di reazione al fuoco. Inoltre essi devono soddisfare i requisiti di ubicazione richiesti al Titolo II, di aerazione richiesti al punto 4.1.2 e di disposizione degli apparecchi al loro interno, richiesti al punto 4.1.3. IMPIANTI FUORI TERRA TITOLO IV INSTALLAZIONE IN FABBRICATI DESTINATI ANCHE AD ALTRO USO O IN LOCALI INSERITI NELLA VOLUMETRIA DEL FABBRICATO SERVITO 4.1 Disposizioni comuni 4.1.1 Ubicazione a) Il piano di calpestio dei locali non può essere ubicato a quota inferiore a 5 m al di sotto del piano di riferimento. Nel caso dei locali di cui al punto 4.2.6 è ammesso che tale piano sia a quota più bassa e comunque non inferiore a -10 m dal piano di riferimento. b) Almeno una parete, di lunghezza non inferiore al 15% del perimetro, deve essere confinante con spazio scoperto o strada pubblica o privata scoperta o nel caso di locali interrati, con intercapedine ad uso esclusivo, di sezione orizzontale netta non inferiore a quella richiesta per l'aerazione e larga non meno di 0,6 m ed attestata superiormente su spazio scoperto o strada scoperta EDIFICIO piano di riferimento apertura di areazione H H>1m (vd. punto 1.8 D.M. 30 novembre 1983) L L > 0,6 m (intercapedine di ventilazione) Tavola 2a - Locale interrato Installazione compresa tra 0 e – 5 metri 4.1.2 Aperture di aerazione I locali devono essere dotati di una o più aperture permanenti di aerazione realizzate su pareti esterne di cui al punto 4.1.1, b); è consentita la protezione delle aperture di aerazione con grigliati metallici, reti e/o alette antipioggia a condizione che non venga ridotta la superficie netta di aerazione. Le aperture di aerazione devono essere realizzate e collocate in modo da evitare la formazione di sacche di gas, indipendentemente dalla conformazione della copertura. Nel caso di coperture piane tali aperture devono essere realizzate nella parte più alta della parete di cui al punto 4.1.1, b). Ai fini della realizzazione delle aperture di aerazione, la copertura è considerata parete esterna qualora confinante con spazio scoperto e di superficie non inferiore al 50% della superficie in pianta del locale Le superfici libere minime, in funzione della portata termica complessiva non devono essere inferiori a (“Q” esprime la portata termica, in kW ed “S” la superficie, in cm2): a) locali fuori terra: S =Q x 10; b) Locali seminterrati ed interrati, fino a quota -5 m dal piano diriferimento: S =Q x 15; c) Locali interrati, a quota compresa tra -5 m e -10 m al di sotto del piano di riferimento, (consentiti solo per i locali di cui al punto 4.2.): S =Q x 20 (con un minimo di 5.000 cm2). In ogni caso ciascuna apertura non deve avere superficie netta inferiore a 100 cm2. EDIFICIO piano di riferimento apertura di areazione H < 0,6 m Tavola 2c - Locale seminterrato EDIFICIO piano di riferimento apertura di areazione L > 0,9 m (intercapedine di accesso) L Tavola 2b - Locale interrato, Installazione compresa tra – 5 e – 10 metri 4.1.3 Disposizione degli apparecchi all'interno dei locali. Le distanze tra un qualsiasi punto esterno degli apparecchi e le pareti verticali e orizzontali del locale, nonché le distanze fra gli apparecchi installati nello stesso locale devono permettere l'accessibilità agli organi di regolazione, sicurezza e controllo nonché la manutenzione ordinaria. 4.2.4. Disposizione degli impianti all’interno dei locali Lungo il perimetro dell’apparecchio è consentito il passaggio dei canali da fumo e delle condotte aerotermiche, delle tubazioni dell’acqua, gas, vapore e dei cavi elettrici a servizio dell’apparecchio. E’ consentita l’installazione a parete di apparecchi previsti per tale tipo di installazione. E’ consentito che più apparecchi termici a pavimento o a parete, previsti per il particolare tipo di installazione, siano posti tra loro in adiacenza o sovrapposti, a condizione che tutti i dispositivi di sicurezza e di controllo siano facilmente raggiungibili. Il posizionamento dei vari componenti degli impianti deve essere tale da evitare il rischio di formazione di sacche di gas in misura pericolosa. 4.2 LOCALI DI INSTALLAZIONE DI APPARECCHI PER LA CLIMATIZZAZIONE DI EDIFICI ED AMBIENTI, PER LA PRODUZIONE CENTRALIZZATA DI ACQUA CALDA, ACQUA SURRISCALDATA E/O VAPORE I locali devono essere destinati esclusivamente agli impianti termici. 4.2.1 Ubicazione (vedi punto 4.1) I locali non devono risultare sottostanti o contigui a locali di pubblico spettacolo, ad ambienti soggetti ad affollamento superiore a 0,4 persone/m2 o ai relativi sistemi di vie di uscita. Tale sottostanza o contiguità è tuttavia ammessa purché la parete confinante con spazio scoperto, strada pubblica o privata scoperta, o nel caso di locali interrati con intercapedine ad uso esclusivo, attestata superiormente su spazio scoperto o strada scoperta, si estenda per una lunghezza non inferiore al 20% del perimetro e la pressione di esercizio non superi i 0,04 bar. 4.2.2 Caratteristiche costruttive I locali posti all'interno di compartimento antincendio. fabbricati destinati anche ad altri usi devono costituire Le strutture portanti devono possedere i requisiti di resistenza al fuoco non inferiore a R 120, quelle di separazione da altri ambienti non inferiore a REI 120. Le strutture devono essere realizzate con materiale di classe 0 di reazione. Nel caso di apparecchi di portata termica complessiva inferiore a 116 kW è ammesso che tali caratteristiche siano ridotte a R60 e REI 60. Ferme restando le limitazioni di cui al punto 4.2.4. l’altezza del locale di installazione deve rispettare le seguenti misure minime, in funzione della portata termica complessiva: - Q (portata termica) non superiore a 116 kW: 2,00 m; - superiore a 116 kW e sino a 350 kW: 2,30 m; - superiore a 350 kW e sino a 580 kW: 2,60 m; - superiore a 580 kW: 2,90 m. chiarimento: nel caso di locali con copertura piana ed inclinata occorre far riferimento all'altezza media del locale, assicurando comunque un'altezza minima di 2 m laddove è prevista l'accessibilità agli organi di regolazione, sicurezza e controllo per gli interventi di manutenzione. 4.2.3 Aperture di aerazione La superficie di aerazione, calcolata secondo quanto impartito nel punto 4.1.2, non deve essere in ogni caso inferiore di 3.000 cm2 e nel caso di densità maggiore di 0,8 a 5.000 cm2. In caso di locali sottostanti o contigui a locali di pubblico spettacolo o soggetti ad affollamento superiore a 0, 4 persone/ m2 o ai relativi sistemi di via di uscita, l’apertura di aerazione si deve estendere a filo del soffitto, nella parte più alta della parete attestata su spazio scoperto o su strada pubblica o privata scoperta o nel caso di locali interrati, su intercapedine ad uso esclusivo attestata superiormente su spazio scoperto o strada scoperta. La superficie netta di aerazione deve essere aumentata del 50% rispetto ai valori indicati al punto 4.1.2 ed in ogni caso deve estendersi lungo almeno il 70% della parete attestata sull’esterno, come sopra specificato, per una altezza, in ogni punto, non inferiore a 0,50 m. Nel caso di alimentazione con gas a densità superiore a 0,8, tale apertura deve essere realizzata anche a filo del pavimento nel rispetto di quanto previsto al punto 4.1.2.1. 4.2.5 Accesso L’accesso può avvenire dall’esterno da: - spazio scoperto; - strada pubblica o privata scoperta; - porticati; - intercapedine antincendio di larghezza non inferiore a 0,9 m; oppure dall’interno tramite disimpegno, realizzato in modo da evitare la formazione di sacche di gas, ed avente le seguenti caratteristiche: a) impianti di portata termica non superiore a 116 kW: resistenza al fuoco della struttura REI 30 e con porte REI 30; b) impianti di portata termica superiore a 116 kW: - superficie netta minima di 2 mq; - resistenza al fuoco della struttura REI 60 e con porte REI 60; - aerazione a mezzo di aperture di superficie complessiva non inferiore a 0,5 m2 realizzate su parete attestata su spazio scoperto, strada pubblica o privata scoperta, intercapedine. Nel caso di alimentazione con gas a densità non superiore a 0,8, è consentito l’utilizzo di un camino di sezione non inferiore a 0,1 m2. Nel caso di locali ubicati all’interno del volume di fabbricati destinati, anche parzialmente a pubblico spettacolo, caserme, attività comprese nei punti 51, 75, 84, 85, 86, 87, 89, 90, 92 e 94, soggetti ad affollamento superiore a 0,4 persone per m 2, l’accesso deve avvenire direttamente dall’esterno o da intercapedine antincendio di larghezza non inferiore a 0,9 m. 4.2.5.1 Porte Le porte dei locali e dei disimpegni devono: - essere apribili verso l’esterno e munite di congegno di autochiusura, di altezza minima di 2 m e larghezza minima 0,6 m. Per impianti con portata termica complessiva inferiore a 116 kW il senso di apertura delle porte non è vincolato. - possedere caratteristiche di resistenza al fuoco non inferiori a REI 60 o REI 30, per impianti di portata termica rispettivamente superiore e non a 116 kW. Alle porte di accesso diretto da spazio scoperto, strada pubblica o privata, scoperta, o da intercapedine antincendio non è richiesto tale requisito, purché siano in materiale di classe 0 di reazione al fuoco. 4.2.6 Limitazioni per l’installazione a quota inferiore a -5 m e sino a -10 m al di sotto del piano di riferimento a) Le aperture di aerazione e l’accesso devono essere ricavati su una o più intercapedini antincendio, attestate su spazio scoperto, non comunicanti con alcun locale e ad esclusivo uso del locale destinato agli apparecchi. b) All’esterno del locale ed in prossimità di questo deve essere installata, sulla tubazione di adduzione del gas, una valvola automatica del tipo normalmente chiuso asservita al funzionamento del bruciatore e al dispositivo di controllo della tenuta del tratto di impianto interno tra la valvola stessa e il bruciatore. c) La pressione di esercizio non deve essere superiore a 0,04 bar. 5.5 GRUPPO DI MISURAZIONE Il contatore del gas deve essere installato all’esterno in contenitore o nicchia aerata oppure all’interno in locale o in nicchia entrambi aerati direttamente dall’esterno. TITOLO VI DISPOSIZIONI COMPLEMENTARI 6.1 IMPIANTO ELETTRICO - l’impianto elettrico deve essere realizzato in conformità alla legge n. 186 dell’ 1 marzo 1968 e tale conformità deve essere attestata secondo le procedure previste dalla legge n. 46 del 5 marzo 1990. - l’interruttore generale nei locali di cui al punto 4.2 deve essere installato all’esterno dei locali, in posizione segnalata ed accessibile. Negli altri casi deve essere collocato lontano dall’apparecchio utilizzatore, in posizione facilmente raggiungibile e segnalata. 6.2 MEZZI DI ESTINZIONE DEGLI INCENDI In ogni locale e in prossimità di ciascun apparecchio deve essere installato un estintore di classe 21A 89 BC. I mezzi di estinzione degli incendi devono essere idonei alle lavorazioni o ai materiali in deposito nei locali ove questi sono consentiti. 6.3 SEGNALETICA DI SICUREZZA La segnaletica di sicurezza deve richiamare l’attenzione sui divieti e sulle limitazioni imposti e segnalare la posizione della valvola esterna di intercettazione generale del gas e dell’interruttore elettrico generale. ILLUMINAZIONE DI EMERGENZA Quando l’illuminazione ordinaria viene a mancare in un ambiente od in un edificio frequentato dal pubblico, generalmente le leggi e le norme richiedono che immediatamente sia fornita un’illuminazione ausiliaria. L’illuminazione di emergenza viene suddivisa in illuminazione di riserva e illuminazione di sicurezza. ILLUMINAZIONE DI RISERVA È quella parte che consente di continuare o terminare in sicurezza l’attività ordinaria. ILLUMINAZIONE DI SICUREZZA È quella parte destinata ad evidenziare i mezzi di evacuazione ed a garantire che possano essere sempre individuati ed utilizzati con sicurezza, quando risulta necessaria l’illuminazione ordinaria o quella di emergenza. Le ultime normative a livello Europeo (CEN, CENELEC) hanno introdotto una ulteriore suddivisione dell’illuminazione di sicurezza denominandole: a) illuminazione di sicurezza per l’identificazione delle vie di esodo; b) illuminazione di sicurezza antipanico; c) illuminazione di sicurezza per luoghi ad alto rischio. Illuminazione delle vie di esodo L’illuminazione delle vie di esodo deve garantire una sicura uscita dall’edificio attraverso vie di fuga opportunamente segnalate ed individuabili con assoluta certezza; deve essere assicurata inoltre la pronta identificazione degli allarmi e delle attrezzature antincendio lungo le vie di uscita. L’illuminazione non deve risultare inferiore a 2 lux ad 1m dal piano del calpestio, in qualsiasi punto della via di esodo, e di 5 lux in corrispondenza delle scale e delle porte. Illuminazione anti-panico Illuminazione prevista per evitare l’insorgere del panico in zone particolarmente ampie ed in quelle attraversate dalle vie di esodo. Anche in questo caso è opportuno che l’illuminamento non sia inferiore a 2 lux. Illuminazione di aree ad alto rischio Illuminazione che consenta un’adeguata procedura di sicurezza agli operatori, ed agli altri occupanti dell’ambiente, coinvolti in processi potenzialmente pericolosi; l’illumunamento minimo previsto deve essere pari al 10% di quello normale e comunque non inferiore a 15 lux e deve essere pienamente disponibile entro 0,5 sec. SEGNALAZIONI DI SICUREZZA Abbiamo già accennato che le vie di esodo debbono essere segnalate, questo avviene essenzialmente attraverso una serie di segnali di sicurezza. È fondamentale che la via di fuga ottimale sia inequivocabilmente segnalata, permettendo veloci e sicure evacuazioni degli ambienti e degli edifici. L’efficienza delle segnalazioni dipende essenzialmente dalle dimensioni, dal colore, dalla posizione e dalla visibilità del segnale. Le norme europee hanno stabilito che il formato composto da parole, come ad esempio “USCITA DI SICUREZZA”, sia ormai da considerarsi obsoleto, pronunciandosi a favore di pittogrammi che presentano una segnalazione formata da disegni di colore bianco su di un fondo verde (il cosiddetto “uomo che corre”). Questi disegni fanno riferimento, per il loro formato, alle norme UNI 7546 ed alle direttive CEE 92/58 introdotte il 24 giugno 1992. Il formato più utilizzato è mostrato qui sotto. Massima distanza di visibilità È importante assicurarsi che i pittogrammi destinati alla segnalazione delle vie di esodo siano visibili da ogni punto, ciò dipende, oltre che dalla posizione del segnale, anche dalle dimensioni dello stesso. A questo scopo le normative (CEN TC 169 pr EN 1838) forniscono la seguente formula: d=sxp “d” è la distanza massima di osservazione; “p” è l’altezza del pittogramma; “s” =100 per i segnali illuminati esternamente =200 per i segnali illuminati internamente Il D.L. 493/96 attualmente in vigore in Italia richiede l’applicazione di una formula diversa per determinare la massima distanza di visibilità: A>L /2000 ove A rappresenta la superficie del cartello espressa in mq. ed L è la distanza misurata in metri. DISPOSIZIONI LEGISLATIVE E NORME TECNICHE In relazione all'ambiente specifico, sono anche stati elencati i relativi decreti, leggi, norme tecniche ed principali requisiti richiesti. Nelle tabelle delle pagine seguenti sono elencati tutti gli ambienti in cui l’illuminazione di sicurezza risulta obbligatoria o comunque consigliata dalle norme tecniche. LE BATTERIE Caratteristiche Le batterie di accumulatori sono componenti fondamentali dell'apparecchio di emergenza; sono esse infatti che inviano corrente ai circuiti nel momento dei bisogno. Ed è proprio per questo che la loro affidabilità nel tempo deve essere garantita. A tal proposito sono molto esplicite le norme di costruzione per gli apparecchi autoalimentati CEI EN 60598-2-22 che prescrivono, in normali condizioni di impiego, una durata minima di almeno 4 anni delle batterie incorporate. Questa durata deve essere comprovata, attraverso documentazioni e curve di vita, dal costruttore degli accumulatori. Le batterie utilizzate negli apparecchi per illuminazione di emergenza sono fondamentalmente di due tipi: al piombo (Pb) ed al nichel-cadmio (Ni/Cd). PROGETTAZIONE Esistono alcuni elementi che in genere costituiscono parte preliminare di un progetto; molto importante, ad esempio, risulta la pianta dei locale per determinare ed individuare: • Gli ambienti da illuminare e, importante ai fini di una corretta progettazione, l'indicazione sulla planimetria dei punti antincendio; • Le vie di uscita per determinare se via di esodo oppure area aperta; • Aree ad alto rischio; • Aree esterne alle vie di uscita come ascensori, servizi, locali tecnici; • Aree a basso rischio di incendio, dove localizzare le fonti per l'alimentazione centralizzata, l'ubicazione della sorgente di energia ed il percorso dei cavi di alimentazione; • Aree esterne, da determinare per stabilire l'illuminazione dell'esterno dell'uscita; Altri aspetti da considerare sono inoltre: • Requisiti per l'illuminazione di riserva, se necessaria. • Modo di funzionamento dei l'apparecchio, permanente o non permanente. • Durata del funzionamento, 1 ora o 3 ore secondo le norme vigenti. FASE 1 Collocare gli apparecchi e la segnaletica nei punti obbligati a) ad ogni uscita di emergenza b) vicino ad ogni scala in modo che ogni rampa sia illuminata direttamente c) vicino ad ogni cambio di livello dei pavimento d) sul segnale di uscita e) vicino ad ogni cambio di direzione f) vicino ogni diramazione di corridoi g) vicino ad ogni allarme antincendio h) vicino ad ogni attrezzatura antincendio i) all'esterno di ogni uscita j) vicino alla cassetta dei pronto soccorso FASE 2 La segnaletica deve essere del formato e delle dimensioni appropriate Il segnale è costituito unicamente da un pittogramma (uomo che corre), scritte come "uscita di emergenza" possono essere previste ma, in linea di principio, non sono più considerate a livello normativo europeo. FASE 3 Collocare gli apparecchi nei punti importanti dell'edificio Le cabine degli ascensori, i locali tecnici, le scale mobili, i locali con gruppi elettrogeni, i parcheggi coperti richiedono l'illuminazione di emergenza alimentata a batteria per consentire l'intervento del personale in mancanza di rete. FASE 4 Illuminazione delle vie di esodo e delle uscite di sicurezza. E’ necessario prevedere apparecchi addizionali, rispetto a quelli menzionati sin ora, per assicurare un livello di illuminamento minimo lungo la linea centrale della via di fuga, in una fascia centrale non inferiore a metà della larghezza della via di fuga stessa, normalmente 2 lux a 1 mt dal calpestio. In corrispondenza delle scale e delle porte l'illuminamento deve risultare di almeno 5 lux. FASE 5 Illuminazione delle Aree antipanico Deve essere garantito un illuminamento nelle aree aperte ed in quelle attraversate dalle vie di esodo. É importante precisare che anche per queste zone dovrebbero valere i criteri espressi nella fase n. 4. FASE 6 Illuminazione delle aree ad alto rischio. É consigliabile prevedere un illuminamento minimo di 20 lux sul piano di riferimento. Il tempo di intervento degli apparecchi di emergenza nelle aree ad alto rischio deve essere tale da fornire il flusso luminoso nominale entro 0,5 sec. Dal momento della mancanza della tensione di rete. Il raggiungimento in questi tempi dei livelli di illuminamento previsti può avvenire mediante l'utilizzo di specifici apparecchi di emergenza dotati di lampade ad incandescenza con funzionamento non permanente o da apparecchi di emergenza con funzionamento permanente oppure realizzando un impianto di illuminazione di emergenza centralizzato con soccorritore. FASE F VERIFICHE E’ essenziale tenere presente che i tipi di apparecchi specificati per una particolare applicazione subiscono alterazioni durante l'esercizio. Il sistema di verifica consente di provare l'efficienza dell'impianto nonché la registrazione degli eventi. Una corretta procedura di verifica è costituita da test funzionali periodici giornalieri o settimanali e da test di durata per il controllo della carica degli accumulatori prevista ogni 3 mesi; dopo 4 anni l'autonomia delle batterie deve essere di almeno 1 ora o di 3 ore, dopo 24 ore di carica, secondo la norma Europea EN 60598-2-22. Esistono decreti legislative e norme tecniche che richiedono controlli periodici dell'impianto di illuminazione d emergenza; tali controlli devono essere tenuti su registri in loco e presentabili al momento di eventuali ispezioni. La normativa richiede una conformità disponibile sul posto in caso di ispezione. MANUTENZIONE Al fine di garantire che l'impianto sia sempre funzionante è necessario definire un adeguato sistema di manutenzione, che sarà costituito da prove di routine, normalmente saranno testati il funzionamento dei circuito elettronico e il controllo dell'autonomia, con scariche degli accumulatori ogni 3 mesi circa.