Presentazione di PowerPoint - Laboratorio integrato sostenibilità 2

Corso di Laurea in Architettura – Laboratorio di Sostenibilità – Prof. Luigi Schibuola Arch. Roberta Martel - Principi di prevenzione incendi
PREVENZIONE INCENDI
Materia di rilevanza interdisciplinare nel cui ambito vengono promossi,
studiati, predisposti, sperimentate misure, provvedimenti, accorgimenti
e modi di azione intesi ad evitare, secondo le norme emanate dagli
organi competenti, l’insorgenza di un incendio e a limitarne le
conseguenze.
(art.2 Dpr 29/07/1982 n. 577)
Obiettivi e strategie
Al fine di limitare i rischi derivanti dagli incendi, le costruzioni devono
essere progettate, realizzate e gestite in modo da garantire:
- la stabilità degli elementi portanti per un tempo utile ad assicurare il
soccorso agli occupanti;
- la limitata propagazione del fuoco e dei fumi, anche riguardo alle
opere vicine;
- la possibilità che gli occupanti lascino l'opera indenni o che gli stessi
siano soccorsi in altro modo;
- la possibilità per le squadre di soccorso di operare in condizioni di
sicurezza.
Misure di Sicurezza:
Incolumità delle persone
(sicurezza primaria)
Riduzione delle perdite materiali (sicurezza secondaria)
PREVENZIONE
Evitare l’insorgere dell’incendio
• CORRETTA DESTINAZIONE D’USO DEI
LOCALI
• LIMITAZIONE DEL CARICO DI INCENDIO
• CORRETTA REALIZZAZIONE DELLE AREE A
RISCHIO SPECIFICO
• ESECUZIONE DEGLI IMPIANTI TECNOLOGICI
A REGOLA D’ARTE
• MANUTENZIONE DEGLI IMPIANTI
TECNOLOGICI
• RISPETTO DEI DIVIETI E DELLE CONDIZIONI
DI ESERCIZIO
• ISTRUZIONE DEL PERSONALE SUL
COMPORTAMENTO DA TENERE PER
PREVENIRE L’INCENDIO
• REALIZZAZIONE DI IDONEI SISTEMI DI
VENTILAZIONE
PROTEZIONE
Limitare le conseguenze dell’incendio
PASSIVA
ATTIVA
• CORRETTA UBICAZIONE
DELL’ATTIVITA’
• INTERPOSIZIONE DI
IDONEE DISTANZE DI
SICUREZZA
• REALIZZAZIONE DI
ELEMENTI STRUTTURALI
RESISTENTI AL FUOCO
• COMPARTIMENTAZIONE
CONGRUA CON IL CARICO
DI INCENDIO
• CORRETTA ARTICOLAZIONE
PLANIVOLUMETRICA
DELL’EDIFICIO
• IDONEA AERAZIONE DEI
LOCALI
• REALIZZAZIONE DI
SUPERFICI DI MINOR
RESISTENZA
• CORRETTA REALIZZAZIONE
DEI SISTEMI DI VIE DI
USCITA
• ADOZIONE DI MATERIALI
CLASSIFICATI IN BASE
ALLA REAZIONE AL FUOCO
• REALIZZAZIONE DI IMPIANTI
DI RIVELAZIONE
AUTOMATICA DI INCENDIO
• REALIZZAZIONE DI IMPIANTI
DI ALLARME
• REALIZZAZIONE DI IMPIANTI
DI CONTROLLO E SCARICO
DEI FUMI
• REALIZZAZIONE DI IMPIANTI
FISSI DI SPEGNIMENTO
• REALIZZAZIONE DI IMPIANTI
DI ALIMENTAZIONE
ELETTRICA DI EMERGENZA
• REALIZZAZIONE DI IMPIANTI
DI ILLUMINAZIONE DI
SICUREZZA
• ADDESTRAMENTO DEL
PERSONALE ALL’IMPIEGO DEI
MEZZI ANTINCENDIO
• ISTITUZIONE DELLA
SQUADRA DI VIGILANZA
• ADOZIONE DI IDONEI MEZZI
PORTATILI DI ESTINZIONE
SINTESI NORMATIVA
D.P.R. 29 luglio 1982 n. 577
Approvazione del regolamento concernente l’espletamento
dei servizi di prevenzione e vigilanza antincendio.
D.M. 16 maggio 1987
Norme di sicurezza antincendio per gli edifici di civile
abitazione
D.M. 26 agosto 1992
Norme di prevenzione antincendio per l’edilizia scolastica
D.M. 19 agosto 1996 n. 214
Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi
per la progettazione, costruzione ed
esercizio dei locali di
intrattenimento
e di pubblico spettacolo.
D.P.R. 12 gennaio 1998 n. 37
Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi alla
prevenzione incendi.
D.M. 10 marzo 1998
Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione
dell’emergenza nei luoghi di lavoro
D.M. 05 maggio 1998
Disposizioni relative alle modalità di presentazione ed al contenuto
delle domande per l’avvio dei procedimenti di prevenzione incendi,
nonché all’uniformità dei connessi servizi resi dai Comandi
provinciali dei VV.FF.
DECRETO 16 febbraio 2007
Classificazione di resistenza al fuoco di prodotti ed elementi
costruttivi di opere da costruzione.
DECRETO 9 marzo 2007
Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività
soggette al controllo del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco
ALLEGATO al D.M. 9 marzo 2007
1.
TERMINI, DEFINIZIONI
a) CAPACITÀ DI COMPARTIMENTAZIONE IN CASO D’INCENDIO: attitudine di un elemento costruttivo
a conservare, sotto l’azione del fuoco, oltre alla propria stabilità, un sufficiente isolamento
termico ed una sufficiente tenuta ai fumi e ai gas caldi della combustione, nonché tutte le altre
prestazioni se richieste.
b) CAPACITÀ PORTANTE IN CASO DI INCENDIO: attitudine della struttura, di una parte della struttura
o di un elemento strutturale a conservare una sufficiente resistenza meccanica sotto l’azione
del fuoco con riferimento alle altre azioni agenti.
c) CARICO DI INCENDIO: potenziale termico netto della totalità dei materiali combustibili
contenuti in uno spazio corretto in base ai parametri indicativi della partecipazione alla
combustione dei singoli materiali. Il carico di incendio è espresso in MJ; convenzionalmente 1
MJ è assunto pari a 0,054 chilogrammi di legna equivalente.
d) CARICO D’INCENDIO SPECIFICO: carico di incendio riferito all’unità di superficie lorda.
E’ espresso in MJ/m2.
e) CARICO D’INCENDIO SPECIFICO DI PROGETTO: carico d’incendio specifico corretto in base ai
parametri indicatori del rischio di incendio del compartimento e dei fattori relativi alle misure
di protezione presenti. Esso costituisce la grandezza di riferimento per le valutazioni della
resistenza al fuoco delle costruzioni.
f) CLASSE DI RESISTENZA AL FUOCO: intervallo di tempo espresso in minuti, definito in base al
carico di incendio specifico di progetto, durante il quale il compartimento antincendio garantisce la capacità di
compartimentazione.
g) COMPARTIMENTO ANTINCENDIO: parte della costruzione organizzata per rispondere alle
esigenze della sicurezza in caso di incendio e delimitata da elementi costruttivi idonei a garantire, sotto
l’azione del fuoco e per un dato intervallo di tempo, la capacità di compartimentazione.
h) INCENDIO CONVENZIONALE DI PROGETTO: incendio definito attraverso una curva di incendio
che rappresenta l’andamento, in funzione del tempo, della temperatura media dei gas di combustione
nell’intorno della superficie degli elementi costruttivi. La curva di incendio di progetto può essere:
- nominale: curva adottata per la classificazione delle costruzioni e per le verifiche di resistenza al fuoco di
tipo convenzionale;
- naturale: curva determinata in base a modelli d’incendio e a parametri fisici che definiscono le variabili di
stato all’interno del compartimento.
i) INCENDIO LOCALIZZATO: focolaio d’incendio che interessa una zona limitata del compartimento
antincendio, con sviluppo di calore concentrato in prossimità degli elementi costruttivi posti superiormente al
focolaio o immediatamente adiacenti.
j) RESISTENZA AL FUOCO: una delle fondamentali strategie di protezione da perseguire per garantire un
adeguato livello di sicurezza della costruzione in condizioni di incendio. Essa riguarda la capacità portante
in caso di incendio, per una struttura, per una parte della struttura o per un elemento strutturale nonché la
capacità di compartimentazione rispetto all’incendio per gli elementi di separazione sia strutturali, come muri
e solai, sia non strutturali, come porte e tramezzi.
k) SUPERFICIE IN PIANTA LORDA DI UN COMPARTIMENTO: superficie in pianta compresa entro il
perimetro interno delle pareti delimitanti il compartimento.
Potere Calorifico
E’ l'energia termica che una massa unitaria di un materiale
o di un elemento da costruzione è in grado di sviluppare al
momento della sua combustione completa.
Carico d'incendio
Potenziale termico della totalità dei materiali combustibili
contenuti in uno spazio, ivi compresi i rivestimenti dei muri,
delle pareti provvisorie, dei pavimenti e dei soffitti.
Convenzionalmente è espresso in chilogrammi di legno
equivalente (potere calorifico inferiore 4.400 Kcal/kg).
q = valore nominale del carico
di incendio
CARICO DI INCENDIO SPECIFICO DI PROGETTO
Il valore del carico d’incendio specifico di progetto (qf,d) è determinato secondo la
seguente relazione:
dove:
è il fattore che tiene conto del rischio di incendio in relazione alla dimensione del
compartimento e i cui valori sono definiti in tabella 1
è il fattore che tiene conto del rischio di incendio in relazione al tipo di attività svolta nel
compartimento e i cui valori sono definiti in tabella 2
è il fattore che tiene conto delle differenti misure di protezione e i cui valori sono definiti in
tabella 3
Si calcola moltiplicando una serie di coefficienti tabellati, ciascuno dei quali legato alla presenza o meno di un dispositivo di protezione.
è il valore nominale del carico d’incendio specifico da determinarsi secondo la formula:
Classe di resistenza al fuoco di un edificio
La classe di resistenza “C” al fuoco è un numero che indica la durata della resistenza
al fuoco di un edificio (o locale), ed è espressa in “minuti”.
Rappresenta il tempo disponibile alle persone per “scappare” dall‘ incendio.
Le classi di resistenza al fuoco sono le seguenti:
15-20-30-45-60-90-120-180-240-360
e nel calcolo vanno approssimate al valore superiore compreso nella sequenza.
Durante tale tempo gli elementi costruttivi portanti e/o separanti che compongono la
costruzione, devono mantenere inalterate le proprie caratteristiche.
Dipende dalle caratteristiche dell’ edificio dette anche
“Livelli di Prestazione”
La normativa Italiana prevede n. 5 Livelli di Prestazione:
RICHIESTE DI PRESTAZIONE
Le prestazioni da richiedere ad una costruzione, in funzione degli obiettivi di sicurezza, sono
individuate nei seguenti livelli:
Livello I.
Nessun requisito specifico di resistenza al fuoco dove le conseguenze della perdita dei requisiti
stessi siano accettabili o dove il rischio di incendio sia trascurabile
Livello II. Mantenimento dei requisiti di resistenza al fuoco per un periodo sufficiente all’evacuazione
degli occupanti in luogo sicuro all’esterno della costruzione
Livello III. Mantenimento dei requisiti di resistenza al fuoco per un periodo congruo con la gestione
dell’emergenza
Livello IV. Requisiti di resistenza al fuoco tali da garantire, dopo la fine dell’incendio, un limitato
danneggiamento della costruzione
Livello V. Requisiti di resistenza al fuoco tali da garantire, dopo la fine dell’incendio, il mantenimento
della totale funzionalità della costruzione stessa
I livelli di prestazione comportano l’adozione di differenti classi di resistenza al fuoco secondo
quanto stabilito ai punti successivi.
Le classi di resistenza al fuoco sono le seguenti: 15; 20; 30; 45; 60; 90; 120; 180; 240; 360.
Esse sono di volta in volta precedute dai simboli indicanti i requisiti che devono essere garantiti, per l’intervallo
di tempo descritto, dagli elementi costruttivi portanti e/o separanti che compongono la costruzione.
Tali requisiti, individuati sulla base di una valutazione del rischio d’incendio, sono rappresentati con i simboli
elencati nelle decisioni della Commissione dell’Unione Europea 2000/367/CE del 3 maggio 2000 e
2003/629/CE del 27 agosto 2003.
Livello I di prestazione
Il livello I di prestazione non è ammesso per le costruzioni che ricadono nel campo di
applicazione del presente decreto.
Il livello II di prestazione può ritenersi adeguato per costruzioni fino a due piani fuori terra ed un
piano interrato, isolate - eventualmente adiacenti ad altre purché strutturalmente e funzionalmente
separate - destinate ad un’unica attività non aperta al pubblico e ai relativi impianti tecnologici di
servizio e depositi, ove si verificano tutte le seguenti ulteriori condizioni:
a) le dimensioni della costruzione siano tali da garantire l’esodo in sicurezza degli occupanti;
b) gli eventuali crolli totali o parziali della costruzione non arrechino danni ad altre costruzioni;
c) gli eventuali crolli totali o parziali della costruzione non compromettano l’efficacia degli
elementi di compartimentazione e di impianti di protezione attiva che proteggono altre
costruzioni;
d) il massimo affollamento complessivo della costruzione non superi 100 persone e la densità
di affollamento media non sia superiore a 0,2 pers/m2;
e) la costruzione non sia adibita ad attività che prevedono posti letto;
f) la costruzione non sia adibita ad attività specificamente destinate a malati, anziani, bambini
o a persone con ridotte o impedite capacità motorie, sensoriali o cognitive.
Le classi di resistenza al fuoco necessarie per garantire il livello II di prestazione sono le
seguenti, indipendentemente dal valore assunto dal carico di incendio specifico di progetto:
Livello III di prestazione
Il livello III di prestazione può ritenersi adeguato per tutte le costruzioni rientranti nel campo di
applicazione del presente decreto fatte salve quelle per le quali sono richiesti i livelli IV o V.
Le classi di resistenza al fuoco necessarie per garantire il livello III sono indicate nella tabella 4,
in funzione del carico d’incendio specifico di progetto (qf,d) definito al punto 2.
Livelli IV e V di prestazione
I livelli IV o V possono essere oggetto di specifiche richieste del committente o essere previsti
dai capitolati tecnici di progetto.
I livelli IV o V di prestazione possono altresì essere richiesti dalla autorità competente per costruzioni
destinate ad attività di particolare importanza.
Per i livelli IV e V resta valido quanto indicato nel decreto del Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti 14 settembre 2005 e successive modifiche ed integrazioni.
Livello di prestazione III
Classe di resistenza al fuoco 120
RESISTENZA AL FUOCO
Attitudine di un elemento da costruzione (componente o struttura) a conservare
- secondo un programma termico prestabilito e per un tempo determinato - in
tutto o in parte:
• stabilità "R":
attitudine di un elemento da costruzione a conservare la
resistenza meccanica sotto l'azione del fuoco
• tenuta "E":
attitudine di un elemento da costruzione a non lasciar passare
né produrre se sottoposto all'azione del fuoco su un lato
fiamme, vapori o gas caldi sul lato non esposto
• isolamento "I": attitudine di un elemento da costruzione ridurre, entro un dato
limite, la trasmissione del calore
In relazione ai requisiti dimostrati, l’elemento edilizio viene classificato con un
simbolo R, RE, REI e un numero che esprime i minuti primi di mantenimento
di tale requisito.
Si richiede che l’elemento costruttivo di un locale abbia resistenza al fuoco
non inferiore alla classe del locale stesso.
Allegato A – D.M. 16 febbraio 2007 Classificazione di resistenza al fuoco di prodotti ed
elementi costruttivi di opere da costruzione.
SIMBOLI:
R Capacità portante
E Tenuta
I Isolamento
P o PH Continuità di corrente o capacità di segnalazione
G Resistenza all'incendio della fuliggine
K Capacità di protezione al fuoco
W Irraggiamento
D Durata della stabilità a temperatura costante
M Azione meccanica
DH Durata della stabilità lungo la curva standard
C Dispositivo automatico di chiusura
F Funzionalità degli evacuatori motorizzati di fumo e calore
S Tenuta al fumo B Funzionalità degli evacuatori naturali di fumo e calore
Le seguenti classificazioni sono espresse in minuti.
A1 Elementi portanti privi di funzione di compartimento antincendio
A.1.1 – Si applica a Muri, solai,tetti, travi, colonne, balconi, scale, passerelle
Nome EN 13501-2; EN 1365-1,2,3,4,5,6; EN 1992-1.2; EN 1993-1.3; EN 1994-1.2;
EN 1995-1.2; EN 1996-1.2; EN 1999-1.2
Classificazione:
R 15 20 30 45 60 90 120 180 240 360
A.2 Elementi portanti privi di funzione di compartimento antincendio
A.2.1 - Si applica a Muri
Norme EN 13501.2; EN 1365-1; EN 1992-1.2; EN 1993-1.3; EN 1994-1.2; EN 19951.2; EN 1996-1.2, EN 1999-1.2
Classificazione:
RE
20 30
60
90
120
180
240
360
REI
180
15
20
30
45
60
90
120
REI-M 30
60
90 120
180
240
360
REW
30
60
120
180
240
20
90
360
240
360
A.4.3 - Si applica a Facciate (curtain walls) e muri esterni (che includono parti
vetrate)
Norme EN 13501-2; EN 1364-3,4,5,6; EN 1992-1.2; EN 1993-1.3; EN 1994-1.2; EN
1995-1.2; EN 1996-1.2; EN 1999-1.2
Classificazione:
E
15
EI
30
30
EI-W 30
Annotazioni La classificazione è completata da "(I->o)", "(o->I)", o "(I<->o)",
per indicare se l'elemento è stato sottoposto a prova e se rispetta i requisiti sull'incendio proveniente dall'alto
o dal basso o da ambedue le direzioni.
Laddove previsto, la "stabilità meccanica" indica che l'eventuale caduta di parti non è suscettibile di
provocare danni alle persone nel periodo indicato per la classificazione E o EI.
A.4.4 - Si applica a Pavimenti sopraelevati
Norme EN 13501-2; EN 1366-6
Classificazione:
R
30
RE 15 30
REI 30
Annotazioni
La classificazione è completata mediante l'aggiunta del suffisso "f per indicare la resistenza ad un incendio
pienamente sviluppato o "r" per indicare solo l'esposizione a una temperatura costante ridotta.
A.4.10 - Si applica a Camini
Norme EN 13501-2; EN 13216
Classificazione:
G + distanza (mm) (ad esempio G 50)
Annotazioni . Distanza non richiesta per prodotti da incassare
Allegato D - Modalità per la classificazione in base a confronti con tabelle
D.1 Le tabelle seguenti propongono delle condizioni sufficienti per la classificazione di elementi
costruttivi resistenti al fuoco.
I valori contenuti nelle tabelle sono il risultato di campagne sperimentali e si
riferiscono alle tipologie costruttive e ai materiali di maggior impiego.
D.4 Murature non portanti di blocchi
D.4.1 La tabella seguente riporta i valori minimi (mm) dello spessore s di murature di blocchi di laterizio
(escluso l'intonaco) sufficienti a garantire i requisiti EI per le classi indicate esposte su un lato che rispettano le
seguenti limitazioni:
- altezza della parete fra i due solai o distanza fra due elementi di irrigidimento con equivalente funzione di
vincolo dei solai non superiore a 4 m
-presenza di 10 mm di intonaco su ambedue le facce ovvero 20 mm sulla sola faccia esposta al fuoco.
D.4.2 La tabella seguente riporta i valori minimi (mm) dello spessore s di murature di blocchi di calcestruzzo
normale (escluso l'intonaco) sufficienti a garantire i requisiti EI per le classi indicate esposte su un
lato che rispettano le seguenti limitazioni:
- altezza della parete fra i due solai o distanza fra due elementi di irrigidimento con equivalente funzione
di vincolo dei solai non superiore a 4 m
- facciavista o con 10 mm di intonaco su ambedue le facce ovvero 20 mm sulla sola faccia esposta al fuoco.
D.4.4 La tabella seguente riporta i valori minimi (mm) dello spessore s di murature di blocchi di pietra
squadrata sufficienti a garantire i requisiti EI per le classi indicate esposte su un lato che rispettano le seguenti
limitazioni:
- altezza della parete fra i due solai o distanza fra due elementi di irrigidimento con equivalente funzione
di vincolo dei solai non superiore a 4 m.
D.5 Solette piene e solai alleggeriti
D.5.1 La tabella seguente riporta i valori minimi (mm) dello spessore totale H di solette e solai, della
distanza a dall'asse delle armature alla superficie esposta sufficienti a garantire il requisito R per le classi
indicate.
Sistema di vie di uscita
Percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone che occupano un
edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro.
La lunghezza massima del sistema di vie di uscita è stabilita dalle norme,
l’altezza deve essere non inferiore a 2 metri.
Un elemento molto importante è la lunghezza del percorso fra un qualsiasi punto
del locale e l'uscita dal locale stesso; tale percorso deve essere tanto più breve
quanto maggiore è il rischio di incendio nell'ambiente considerato.
In genere la lunghezza massima del percorso di esodo ammessa dalle vigenti
normative di prevenzione incendi è di 30m.
Nel caso l'uscita dal locale adducesse ad una scala a giorno o ad una scala non
protetta, non essendo tali scale considerabili luoghi sicuri, nel computo dei 30 40 m deve rientrare anche lo sviluppo lineare della scala.
Sistema di vie di uscita
La larghezza totale del sistema di vie di uscita è anch’essa è stabilita dalle
norme.
Per determinarla sono necessari alcuni parametri essenziali:
Modulo
Densità di affollamento
Affollamento massimo o previsto
Capacità di deflusso
Modulo di uscita
"Unità di misura della larghezza delle uscite. Il "modulo uno",
che si assume uguale a 0,60 m, esprime la larghezza media
occupata da una persona".
Densità di affollamento
"Numero massimo di persone assunto per
unità di superficie lorda di pavimento
(persone/mq)".
Massimo affollamento ipotizzabile
"Numero di persone ammesso in un compartimento.
E' determinato dal prodotto della densità di affollamento per
la superficie lorda del pavimento".
Capacità di deflusso o di sfollamento
"Numero massimo di persone che, in un sistema di vie 'uscita,
si assume possano defluire attraverso una uscita di "modulo
uno"." Tale dato, stabilito dalla norma, tiene conto del tempo
occorrente per lo sfollamento ordinato di un compartimento.
Sistema di vie di uscita
Luogo sicuro
"Spazio scoperto ovvero compartimento antincendio separato da altri compartimenti mediante spazio scoperto o
filtri a prova di fumo – avente caratteristiche idonee a ricevere
e contenere un predeterminato numero di persone, ovvero a
consentirne il movimento ordinato
Luogo sicuro Statico (atto a contenere persone)
Luogo sicuro Dinamico (atto a consentire il movimento)
Spazio Calmo = luogo sicuro statico contiguo e comunicante
con una via di esodo verticale od in essa inserito.
Ventilazione
Si impone la presenza di un sistema di aerazione naturale costruito con
aperture a parete o a soffitto e disposte in modo da consentire il
normale ricambio d’aria nonché lo smaltimento del calore e dei fumi in
caso di incendio.
Può essere sostituita del tutto o in parte dalla ventilazione meccanica.
Filtro a prova di fumo
"Vano delimitato da strutture con resistenza al fuoco REI
predeterminata, e comunque non inferiore a 60‘ dotato di due
o più porte munite di congegni di autochiusura con resistenza
al fuoco REI predeterminata, e comunque non inferiore a 60',
con camino di ventilazione di sezione adeguata e comunque
non inferiore a 0,10 m2 sfociante al di sopra della copertura
dell'edificio
oppure vano con le stesse caratteristiche di resistenza al
fuoco e mantenuto in sovrappressione ad almeno 0,3 mbar,
anche in condizioni di emergenza,
oppure aerato direttamente verso l'esterno con aperture libere
di superficie non inferiore ad 1 m2 con esclusione di condotti
Scale di sicurezza
Scala a prova di fumo
Scala in vano costituente compartimento antincendio avente
accesso per ogni piano:
•
mediante porte di resistenza al fuoco almeno RE 60
predeterminata e dotate di congegno di autochiusura
•
da spazio scoperto
•
da disimpegno aperto per almeno un lato su spazio
scoperto dotato di parapetto a giorno.
E' il tipo di scala che dà la massima sicurezza possibile
garantendo in caso di incendio, l'esodo delle persone dai vari
piani di un edificio.
Scala a prova di fumo esterna
Scala a prova di fumo interna
Scala protetta
"Scala in vano costituente compartimento antincendio avente
accesso diretto da ogni piano, con porte di resistenza al fuoco
REI predeterminata e dotate di congegno di autochiusura".
ESTINTORI
Sono strumenti di protezione attiva e rappresentano i
mezzi di primo intervento più impiegati.
si distinguono:
• Estintori portatili
• Estintori carrellati
Classe
Classe
Classe
Classe
Classe
A = fuochi di solidi con formazione di brace
B = fuochi di liquidi infiammabili
C = fuochi di gas infiammabile
D = fuochi di metalli e altre sostanze chimiche
E = fuochi di natura elettrica
ESTINTORI
si distinguono:
A polvere (per fuochi A,B,C,)
A CO2 (per fuochi B,C,E)
Halon (idrocarburi alogenati)
su ogni estintore sono indicate le classi di fuochi e i focolai
convenzionali che è in grado di estinguere con la relativa
capacità estinguente. Per norma sono di colore rosso
Es. 13A 89B C
UNI 10779: rete idrica
antincendio
Reti idranti
UNI 9490: alimentazioni
idriche antincendio
RETE IDRANTI: sistema di tubazioni fisse in pressione per
l’alimentazione idrica, sulle quali sono derivate uno o più idranti
antincendio (o naspi)
Componenti delle reti idranti
IDRANTE A MURO: costituito da una valvola
d’intercettazione, da una tubazione flessibile,
da una lancia erogatrice e da una cassetta di
contenimento.
TUBAZIONE FLESSIBILE: tubo che diviene
circolare quanto viene messo in pressione
(1.2 Mpa), e che è appiattito quando è a
riposo. L 20m
LANCIA EROGATRICE: dispositivo provvisto
di bocchello e di attacco unificato. Può
essere dotata di valvola che permette il getto
pieno, frazionato e la chiusura.
Componenti delle reti idranti
NASPO: costituito da una bobina
mobile su cui è avvolta una tubazione
semirigida, con una lancia erogatrice
munita di valvola regolatrice e di
chiusura del getto.
IDRANTE A COLONNA SOPRASUOLO:
costituito da una valvola nella porzione
sottosuolo, manovrabile mediante un
albero verticale che ruota nel corpo
cilindrico, dotato di uno o più attacchi
unificati (UNI 70 / UNI 45).
Spesso gli
acquedotti non
assicurano le
prestazioni idriche
richieste
Risulta frequente
l’adozione di sistemi
di pompaggio o
accumulo
ATTACCO DI
MANDATA PER
AUTOPOMPA:
costituito da una
valvola di
intercettazione ed
una di non ritorno,
dotato di uno o più
attacchi unificati.
Serve come
alimentazione idrica
sussidiaria.
Impianti sprinkler (UNI 9489)
Rete di tubazioni con ugelli erogatori e valvola d’allarme. Gli
erogatori montano un elemento termosensibile che consente la
loro apertura.
diramazioni
erogatori
Valvola
controllo
montante
Collettore di
alimentazione
TIPI DI IMPIANTO:
A UMIDO:
tutto l’impianto è permanentemente riempito
d’acqua in pressione.
A SECCO:
la parte dell’impianto soggetta al rischio di
gelo, è riempita d’aria in pressione.
A DILUVIO:
sono chiamati così perché gli erogatori sono
privi dell’elemento termosensibile e l’acqua è
mantenuta a monte di un’apposita valvola
comandata da un impianto di rivelazione
separato.
L’acqua
viene
scaricata
contemporaneamente da tutti gli erogatori.
A PREALLARME: combinazione di un impianto a secco, e di un
impianto automatico di rivelazione. Il
consenso all’apertura della valvola è doppio.
Erogatore + caduta di pressione
Le testine SPRINKLER:
Hanno la triplice funzione di erogatori - attuatori - rivelatori
Sono normalmente composte da un ugello con deflettore tenuto
chiuso da un bulbo fusibile che alla temperatura d’intervento si rompe
liberando il foro di erogazione.
Il passaggio dell’acqua viene rilevato da un flussostato che attiva un
segnalatore di allarme e determina mediante un segnale di pressione
la partenza del gruppo pompe antincendio.
COMPONENTI:
EROGATORE: è costituito
da un ugello, un elemento
termosensibile ed un
diffusore
ELEMENTO TERMOSENSIBILE:
si fonde o rompe ad una
temperatura prestabilita,
provocando l’apertura
dell’erogatore
Impianti a saturazione totale (gas)
SONO BASATI SULLA SCARICA DI UN PREDETERMINATO
QUANTITATIVO DI AGENTE ESTINGUENTE, ENTRO UN
VOLUME CHIUSO.
• CED
• Centrali
telefoniche
• Trasformatori
• Biblioteche,
musei
• Laboratori
• Navi
IMPIANTO DI RIVELAZIONE INCENDI
Sistemi automatici di rivelazione e allarme antincendio
Sistemi manuali di rivelazione e di allarme antincendio
Pulsanti di allarme in grado di attivare sirene per segnalare il
pericolo e permettere una tempestiva evacuazione dell’edificio.
L’impianto automatico di rivelazione è costituito
da un certo numero di sensori il cui numero e
disposizione è previsto dalle norme (UNI 9795)
collegati ad un sistema di allarme e/o
attivazione di dispositivi di protezione
Classificazione:
In base alla configurazione del rivelatore:
Puntiforme
Lineare o a barriera
Ad aspirazione
Multiplo
LA REGOLA TECNICA DI PREVENZIONE INCENDI
E’ un elenco di disposizioni di natura tecnica che recepite con atto avente forza di
legge diventa cogente.
La regola tecnica è pubblicata sotto forma di allegato al decreto che la recepisce.
I responsabili di attività soggette al controllo dei vigili del fuoco per cui esiste una
regola tecnica sono obbligati al rispetto delle prescrizioni della stessa.
Non tutte le attività soggette hanno una specifica regola tecnica.
Per esse valgono i criteri generali di prevenzione incendi o altre norme quali circolari
del Ministero dell’interno.
CENTRALI TERMICHE
Decreto Ministero dell'Interno 12 aprile 1996
Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la
progettazione, la costruzione e l'esercizio di impianti termici
alimentati da combustibili gassosi, (gas metano
densità inferiore a 0,8).
Campo di applicazione
1 - Il presente decreto ha per scopo l'emanazione di disposizioni riguardanti la
progettazione, la costruzione e l'esercizio dei sotto elencati impianti termici di
portata termica complessiva maggiore di 35 kW (convenzionalmente tale valore è
assunto corrispondente al valore di 30.000 kcal/h indicato nelle precedenti
disposizioni) alimentati da combustibili gassosi alla pressione massima di 0,5 bar
ed individua le misure di sicurezza per il raggiungimento degli obiettivi:
a) climatizzazione di edifici e ambienti;
b) produzione centralizzata di acqua calda, acqua surriscaldata e/o vapore;
Non sono oggetto del presente decreto gli impianti realizzati specificatamente per essere
inseriti in cicli di lavorazione industriale, gli apparecchi di tipo A, le stufe catalitiche e gli
inceneritori.
2 - Più apparecchi termici alimentati a gas, di seguito denominati apparecchi, installati
nello stesso locale o in locali direttamente comunicanti sono considerati come facenti
parte di un unico impianto, di portata termica pari alla somma delle portate termiche dei
singoli apparecchi. All’interno di una singola unità immobiliare adibita ad uso abitativo,
ai fini del calcolo della portata termica complessiva, non concorrono gli apparecchi
domestici di portata termica singola non superiore a 35 kW quali gli apparecchi di
cottura alimenti, le stufe, i caminetti, i radiatori individuali, gli scaldacqua unifamiliari,
gli scaldabagno ed i lavabiancheria.
3 - Le disposizioni del presente decreto si applicano agli impianti di nuova realizzazione
REGOLA TECNICA DI PREVENZIONE INCENDI PER LA PROGETTAZIONE, LA
COSTRUZIONE E L'ESERCIZIO DI IMPIANTI TERMICI ALIMENTATI DA
COMBUSTIBILI GASSOSI
1.1 TERMINI, DEFINIZIONI E TOLLERANZE DIMENSIONALI
a) apparecchio di tipo A: apparecchio previsto per non essere collegato ad un
condotto o ad uno speciale dispositivo per l'evacuazione dei prodotti della
combustione all'esterno del locale di installazione;
b) apparecchio di tipo B: apparecchio previsto per essere collegato ad un condotto
o ad un dispositivo di evacuazione dei prodotti della combustione verso l'esterno.
L'aria comburente è prelevata direttamente dall'ambiente dove l'apparecchio è
collocato;
c) apparecchio di tipo C: apparecchio con circuito di combustione a tenuta, che
consente l'alimentazione di aria comburente al bruciatore con prelievo diretto
dall'esterno e contemporaneamente assicura l'evacuazione diretta all’esterno di
prodotti della combustione;
d) condotte aerotermiche: condotte per il trasporto di aria trattata e/o per la ripresa
dell'aria degli ambienti serviti e/o dell'aria esterna da un generatore d'aria calda;
e) condotte del gas: insieme di tubi, curve, raccordi ed accessori uniti fra loro per la
distribuzione del gas.
f)
gas combustibile: ogni combustibile che è allo stato gassoso alla temperatura di 15
°C e alla pressione assoluta di 1.013 mbar, come definito nella norma EN 437;
g) generatore di aria calda a scambio diretto: apparecchio destinato al
riscaldamento dell'aria mediante produzione di calore in una camera di combustione con
scambio termico attraverso pareti dello scambiatore, senza fluido intermediario, in cui il
flusso dell'aria è mantenuto da uno o più ventilatori;
h)
impianto interno: complesso delle condotte compreso tra il punto di consegna del
gas e gli apparecchi utilizzatori (questi esclusi);
i)
impianto termico: complesso dell'impianto interno, degli apparecchi e degli
eventuali accessori destinato alla produzione di calore;
locale esterno: locale ubicato su spazio scoperto, anche in adiacenza all'edificio
servito, purché strutturalmente separato e privo di pareti comuni. Sono considerati
locali esterni anche quelli ubicati sulla copertura piana dell'edificio servito, purché
privo di pareti comuni;
locale fuori terra: locale il cui piano di calpestio è a quota non inferiore a quello del
piano di riferimento;
locale interrato: locale in cui l'intradosso del solaio di copertura è a quota inferiore
a + 0,6 m al di sopra del piano di riferimento;
locale seminterrato: locale che non è definibile fuori terra ne interrato
m)
n)
o)
p)
q) piano di riferimento: piano della strada pubblica o privata o dello spazio scoperto sul
quale è attestata la parete nella quale sono realizzate le aperture di aerazione;
r) portata termica nominale: quantità di energia termica assorbita nell'unità di tempo
dall'apparecchio, dichiarata dal costruttore, espressa in kilowatt (kW);
s) pressione massima di esercizio: pressione massima relativa del combustibile gassoso
alla quale può essere esercito l’impianto interno;
t) punto di consegna del gas: punto di consegna del combustibile gassoso individuato in
corrispondenza:
- del raccordo di uscita del gruppo di misurazione;
- del raccordo di uscita della valvola di intercettazione, che delimita la porzione di impianto di
proprietà dell'utente, nel caso di assenza del gruppo di misurazione;
- del raccordo di uscita del riduttore di pressione della fase gassosa nel caso di alimentazione
da serbatoio;
u) serranda tagliafuoco: dispositivo di otturazione ad azionamento automatico destinato
ad interrompere il flusso dell'aria nelle condotte aerotermiche ed a garantire la
compartimentazione antincendio per un tempo prestabilito.
L'unità termica è composta da un bruciatore, da un ventilatore-aspiratore, da una
camera di combustione, da una camera di ricircolo, dal condotto di espulsione
fumi, dai dispositivi di controllo e sicurezza, dal pressostato differenziale ed
eventualmente dal termostato di sicurezza positiva a riarmo manuale.
Le condotte radianti, la cui temperatura superficiale massima deve essere minore
di 300°C, devono essere realizzate con materiale resistente alle alte temperature
e isolate termicamente nella parte superiore e laterale, devono essere a tenuta ed
esercite costantemente in depressione.
Tali condotte aerotermiche sono parte integrante dell'apparecchio.
1.2 LUOGHI DI INSTALLAZIONE DEGLI APPARECCHI
Gli apparecchi possono essere installati:
- all'aperto;
- in locali esterni;
- in fabbricati destinati anche ad altro uso o in locali inseriti nella volumetria del
fabbricato servito.
Gli apparecchi devono in ogni caso essere installati in modo tale da non essere esposti ad
urti o manomissioni.
TITOLO II
INSTALLAZIONE ALL'APERTO
2.1 Disposizioni comuni
Gli apparecchi installati all'aperto devono essere costruiti per tale tipo di installazione.
E' ammessa l'installazione in adiacenza alla pareti dell'edificio servito alle seguenti
condizioni:
la parete deve possedere caratteristiche di resistenza al fuoco almeno REI 30
ed essere realizzata con materiale di classe 0 di reazione al fuoco, nonché
essere priva di aperture nella zona che si estende, a partire dall'apparecchio,
per almeno 0,5 m lateralmente e 1 m superiormente.
Qualora la parete non soddisfi in tutto o in parte tali requisiti:
- gli apparecchi devono distare non meno di 0,6 m dalle pareti degli edifici, oppure
- deve essere interposta una struttura di caratteristiche non inferiori a REI 120 di
dimensioni superiori di almeno 0,50 m della proiezione retta dell’apparecchio
lateralmente ed 1 m superiormente.
TITOLO III
INSTALLAZIONE IN LOCALI ESTERNI
I locali devono essere ad uso esclusivo e realizzati in materiali di classe 0 di
reazione al fuoco. Inoltre essi devono soddisfare i requisiti di ubicazione richiesti al
Titolo II, di aerazione richiesti al punto 4.1.2 e di disposizione degli apparecchi al loro
interno, richiesti al punto 4.1.3.
IMPIANTI FUORI TERRA
TITOLO IV
INSTALLAZIONE IN FABBRICATI DESTINATI ANCHE AD
ALTRO USO O IN LOCALI INSERITI NELLA VOLUMETRIA
DEL FABBRICATO SERVITO
4.1 Disposizioni comuni
4.1.1 Ubicazione
a) Il piano di calpestio dei locali non può essere ubicato a quota inferiore a 5 m al di sotto del
piano di riferimento. Nel caso dei locali di cui al punto 4.2.6 è ammesso che tale piano sia a
quota più bassa e comunque non inferiore a -10 m dal piano di riferimento.
b) Almeno una parete, di lunghezza non inferiore al 15% del perimetro, deve essere confinante
con spazio scoperto o strada pubblica o privata scoperta o nel caso di locali interrati, con
intercapedine ad uso esclusivo, di sezione orizzontale netta non inferiore a quella richiesta per
l'aerazione e larga non meno di 0,6 m ed attestata superiormente su spazio scoperto o strada
scoperta
EDIFICIO
piano di riferimento
apertura
di areazione
H
H>1m
(vd. punto 1.8 D.M. 30 novembre 1983)
L
L > 0,6 m
(intercapedine di ventilazione)
Tavola 2a - Locale interrato
Installazione compresa tra 0 e – 5 metri
4.1.2 Aperture di aerazione
I locali devono essere dotati di una o più aperture permanenti di aerazione realizzate su
pareti esterne di cui al punto 4.1.1, b); è consentita la protezione delle aperture di
aerazione con grigliati metallici, reti e/o alette antipioggia a condizione che non venga
ridotta la superficie netta di aerazione.
Le aperture di aerazione devono essere realizzate e collocate in modo da evitare la
formazione di sacche di gas, indipendentemente dalla conformazione della copertura. Nel
caso di coperture piane tali aperture devono essere realizzate nella parte più alta della
parete di cui al punto 4.1.1, b).
Ai fini della realizzazione delle aperture di aerazione, la copertura è considerata parete esterna
qualora confinante con spazio scoperto e di superficie non inferiore al 50% della superficie in
pianta del locale
Le superfici libere minime, in funzione della portata termica complessiva non devono
essere inferiori a (“Q” esprime la portata termica, in kW ed “S” la superficie, in cm2):
a) locali fuori terra: S =Q x 10;
b) Locali seminterrati ed interrati, fino a quota -5 m dal piano diriferimento: S =Q x 15;
c) Locali interrati, a quota compresa tra -5 m e -10 m al di sotto del piano di riferimento,
(consentiti solo per i locali di cui al punto 4.2.): S =Q x 20 (con un minimo di 5.000 cm2).
In ogni caso ciascuna apertura non deve avere superficie netta inferiore a 100 cm2.
EDIFICIO
piano di riferimento
apertura
di areazione
H < 0,6 m
Tavola 2c - Locale seminterrato
EDIFICIO
piano di riferimento
apertura
di areazione
L > 0,9 m
(intercapedine di accesso)
L
Tavola 2b - Locale interrato,
Installazione compresa tra – 5 e – 10 metri
4.1.3 Disposizione degli apparecchi all'interno dei locali.
Le distanze tra un qualsiasi punto esterno degli apparecchi e le pareti verticali e
orizzontali del locale, nonché le distanze fra gli apparecchi installati nello stesso locale
devono permettere l'accessibilità agli organi di regolazione, sicurezza e controllo nonché
la manutenzione ordinaria.
4.2.4. Disposizione degli impianti all’interno dei locali
Lungo il perimetro dell’apparecchio è consentito il passaggio dei canali da fumo e delle condotte
aerotermiche, delle tubazioni dell’acqua, gas, vapore e dei cavi elettrici a servizio
dell’apparecchio.
E’ consentita l’installazione a parete di apparecchi previsti per tale tipo di installazione.
E’ consentito che più apparecchi termici a pavimento o a parete, previsti per il particolare tipo di
installazione, siano posti tra loro in adiacenza o sovrapposti, a condizione che tutti i dispositivi di
sicurezza e di controllo siano facilmente raggiungibili.
Il posizionamento dei vari componenti degli impianti deve essere tale da evitare il rischio di
formazione di sacche di gas in misura pericolosa.
4.2 LOCALI DI INSTALLAZIONE DI APPARECCHI PER LA CLIMATIZZAZIONE DI
EDIFICI ED AMBIENTI, PER LA PRODUZIONE CENTRALIZZATA DI ACQUA CALDA,
ACQUA SURRISCALDATA E/O VAPORE
I locali devono essere destinati esclusivamente agli impianti termici.
4.2.1 Ubicazione (vedi punto 4.1)
I locali non devono risultare sottostanti o contigui a locali di pubblico spettacolo,
ad ambienti soggetti ad affollamento superiore a 0,4 persone/m2 o ai relativi
sistemi di vie di uscita. Tale sottostanza o contiguità è tuttavia ammessa purché la
parete confinante con spazio scoperto, strada pubblica o privata scoperta, o nel caso di
locali interrati con intercapedine ad uso esclusivo, attestata superiormente su spazio
scoperto o strada scoperta, si estenda per una lunghezza non inferiore al 20% del
perimetro e la pressione di esercizio non superi i 0,04 bar.
4.2.2 Caratteristiche costruttive
I locali posti all'interno di
compartimento antincendio.
fabbricati
destinati
anche
ad
altri
usi
devono
costituire
Le strutture portanti devono possedere i requisiti di resistenza al fuoco non inferiore a R 120,
quelle di separazione da altri ambienti non inferiore a REI 120. Le strutture devono essere
realizzate con materiale di classe 0 di reazione. Nel caso di apparecchi di portata termica
complessiva inferiore a 116 kW è ammesso che tali caratteristiche siano ridotte a R60 e REI
60. Ferme restando le limitazioni di cui al punto 4.2.4. l’altezza del locale di installazione deve
rispettare le seguenti misure minime, in funzione della portata termica complessiva:
- Q (portata termica) non superiore a 116 kW: 2,00 m;
- superiore a 116 kW e sino a 350 kW: 2,30 m;
- superiore a 350 kW e sino a 580 kW: 2,60 m;
- superiore a 580 kW: 2,90 m.
chiarimento: nel caso di locali con copertura piana ed inclinata occorre far riferimento all'altezza media del locale,
assicurando comunque un'altezza minima di 2 m laddove è prevista l'accessibilità agli organi di regolazione, sicurezza e
controllo per gli interventi di manutenzione.
4.2.3 Aperture di aerazione
La superficie di aerazione, calcolata secondo quanto impartito nel punto 4.1.2, non deve essere
in ogni caso inferiore di 3.000 cm2 e nel caso di densità maggiore di 0,8 a 5.000 cm2.
In caso di locali sottostanti o contigui a locali di pubblico spettacolo o soggetti ad affollamento
superiore a 0, 4 persone/ m2 o ai relativi sistemi di via di uscita, l’apertura di aerazione si deve
estendere a filo del soffitto, nella parte più alta della parete attestata su spazio scoperto o su
strada pubblica o privata scoperta o nel caso di locali interrati, su intercapedine ad uso esclusivo
attestata superiormente su spazio scoperto o strada scoperta. La superficie netta di aerazione
deve essere aumentata del 50% rispetto ai valori indicati al punto 4.1.2 ed in ogni caso deve
estendersi lungo almeno il 70% della parete attestata sull’esterno, come sopra specificato, per
una altezza, in ogni punto, non inferiore a 0,50 m. Nel caso di alimentazione con gas a densità
superiore a 0,8, tale apertura deve essere realizzata anche a filo del pavimento nel rispetto di
quanto previsto al punto 4.1.2.1.
4.2.5 Accesso
L’accesso può avvenire dall’esterno da:
- spazio scoperto;
- strada pubblica o privata scoperta;
- porticati;
- intercapedine antincendio di larghezza non inferiore a 0,9 m;
oppure dall’interno tramite disimpegno, realizzato in modo da evitare la formazione di
sacche di gas, ed avente le seguenti caratteristiche:
a) impianti di portata termica non superiore a 116 kW: resistenza al fuoco della
struttura REI 30 e con porte REI 30;
b) impianti di portata termica superiore a 116 kW:
- superficie netta minima di 2 mq;
- resistenza al fuoco della struttura REI 60 e con porte REI 60;
- aerazione a mezzo di aperture di superficie complessiva non inferiore a 0,5 m2 realizzate
su parete attestata su spazio scoperto, strada pubblica o privata scoperta, intercapedine.
Nel caso di alimentazione con gas a densità non superiore a 0,8, è consentito l’utilizzo di un camino di sezione non
inferiore a 0,1 m2.
Nel caso di locali ubicati all’interno del volume di fabbricati destinati, anche
parzialmente a pubblico spettacolo, caserme, attività comprese nei punti 51, 75, 84,
85, 86, 87, 89, 90, 92 e 94, soggetti ad affollamento superiore a 0,4 persone per m 2,
l’accesso deve avvenire direttamente dall’esterno o da intercapedine antincendio di
larghezza non inferiore a 0,9 m.
4.2.5.1 Porte
Le porte dei locali e dei
disimpegni devono:
- essere apribili verso l’esterno e
munite di congegno di
autochiusura, di altezza minima
di 2 m e larghezza minima 0,6
m. Per impianti con portata
termica complessiva inferiore a
116 kW il senso di apertura delle
porte non è vincolato.
- possedere caratteristiche di
resistenza al fuoco non inferiori a
REI 60 o REI 30, per impianti di
portata termica rispettivamente
superiore e non a 116 kW. Alle
porte di accesso diretto da
spazio scoperto, strada pubblica
o privata, scoperta, o da
intercapedine antincendio non è
richiesto tale requisito, purché
siano in materiale di classe 0 di
reazione al fuoco.
4.2.6 Limitazioni per l’installazione a quota inferiore a -5 m e sino a -10 m al di
sotto del piano di riferimento
a) Le aperture di aerazione e l’accesso devono essere ricavati su una o più intercapedini
antincendio, attestate su spazio scoperto, non comunicanti con alcun locale e ad esclusivo
uso del locale destinato agli apparecchi.
b) All’esterno del locale ed in prossimità di questo deve essere installata, sulla tubazione
di adduzione del gas, una valvola automatica del tipo normalmente chiuso asservita al
funzionamento del bruciatore e al dispositivo di controllo della tenuta del tratto di impianto
interno tra la valvola stessa e il bruciatore.
c) La pressione di esercizio non deve essere superiore a 0,04 bar.
5.5 GRUPPO DI MISURAZIONE
Il contatore del gas deve essere installato all’esterno in contenitore o nicchia aerata oppure
all’interno in locale o in nicchia entrambi aerati direttamente dall’esterno.
TITOLO VI
DISPOSIZIONI COMPLEMENTARI
6.1 IMPIANTO ELETTRICO
- l’impianto elettrico deve essere realizzato in conformità alla legge n. 186 dell’ 1
marzo 1968 e tale conformità deve essere attestata secondo le procedure previste
dalla legge n. 46 del 5 marzo 1990.
- l’interruttore generale nei locali di cui al punto 4.2 deve essere installato all’esterno
dei locali, in posizione segnalata ed accessibile. Negli altri casi deve essere collocato
lontano dall’apparecchio utilizzatore, in posizione facilmente raggiungibile e segnalata.
6.2 MEZZI DI ESTINZIONE DEGLI INCENDI
In ogni locale e in prossimità di ciascun apparecchio deve essere installato un estintore
di classe 21A 89 BC. I mezzi di estinzione degli incendi devono essere idonei alle
lavorazioni o ai materiali in deposito nei locali ove questi sono consentiti.
6.3 SEGNALETICA DI SICUREZZA
La segnaletica di sicurezza deve richiamare l’attenzione sui divieti e sulle limitazioni
imposti e segnalare la posizione della valvola esterna di intercettazione generale del gas
e dell’interruttore elettrico generale.
ILLUMINAZIONE DI EMERGENZA
Quando l’illuminazione ordinaria viene a mancare in un ambiente od in un edificio frequentato dal
pubblico, generalmente le leggi e le norme richiedono che immediatamente sia fornita
un’illuminazione ausiliaria.
L’illuminazione di emergenza viene suddivisa in
illuminazione di riserva e illuminazione di sicurezza.
ILLUMINAZIONE DI RISERVA
È quella parte che consente di continuare o terminare in sicurezza l’attività ordinaria.
ILLUMINAZIONE DI SICUREZZA
È quella parte destinata ad evidenziare i mezzi di evacuazione ed a garantire che possano essere
sempre individuati ed utilizzati con sicurezza, quando risulta necessaria l’illuminazione ordinaria o
quella di emergenza.
Le ultime normative a livello Europeo (CEN, CENELEC) hanno introdotto una ulteriore suddivisione
dell’illuminazione di sicurezza denominandole:
a) illuminazione di sicurezza per l’identificazione delle vie di esodo;
b) illuminazione di sicurezza antipanico;
c) illuminazione di sicurezza per luoghi ad alto rischio.
Illuminazione delle vie di esodo
L’illuminazione delle vie di esodo deve garantire una sicura uscita dall’edificio attraverso vie di fuga
opportunamente segnalate ed individuabili con assoluta certezza; deve essere assicurata inoltre la
pronta identificazione degli allarmi e delle attrezzature antincendio lungo le vie di uscita.
L’illuminazione non deve risultare inferiore a 2 lux ad 1m dal piano del calpestio, in qualsiasi punto
della via di esodo, e di 5 lux in corrispondenza delle scale e delle porte.
Illuminazione anti-panico
Illuminazione prevista per evitare l’insorgere del panico in zone particolarmente ampie ed in quelle
attraversate dalle vie di esodo. Anche in questo caso è opportuno che l’illuminamento non sia
inferiore a 2 lux.
Illuminazione di aree ad alto rischio
Illuminazione che consenta un’adeguata procedura di sicurezza agli operatori, ed agli altri
occupanti dell’ambiente, coinvolti in processi potenzialmente pericolosi; l’illumunamento minimo
previsto deve essere pari al 10% di quello normale e comunque non inferiore a 15 lux e deve
essere pienamente disponibile entro 0,5 sec.
SEGNALAZIONI DI SICUREZZA
Abbiamo già accennato che le vie di esodo debbono essere segnalate, questo avviene
essenzialmente attraverso una serie di segnali di sicurezza. È fondamentale che la via di fuga
ottimale sia inequivocabilmente segnalata, permettendo veloci e sicure evacuazioni degli ambienti e
degli edifici. L’efficienza delle segnalazioni dipende essenzialmente dalle dimensioni, dal colore,
dalla posizione e dalla visibilità del segnale.
Le norme europee hanno stabilito che il formato composto da parole, come ad esempio “USCITA
DI SICUREZZA”, sia ormai da considerarsi obsoleto, pronunciandosi a favore di pittogrammi che
presentano una segnalazione formata da disegni di colore bianco su di un fondo verde (il
cosiddetto “uomo che corre”). Questi disegni fanno riferimento, per il loro formato, alle norme UNI
7546 ed alle direttive CEE 92/58 introdotte il 24 giugno 1992.
Il formato più utilizzato è mostrato qui sotto.
Massima distanza di visibilità
È importante assicurarsi che i pittogrammi destinati alla segnalazione delle vie di esodo siano
visibili da ogni punto, ciò dipende, oltre che dalla posizione del segnale, anche dalle dimensioni
dello stesso. A questo scopo le normative (CEN TC 169 pr EN 1838) forniscono la seguente
formula:
d=sxp
“d” è la distanza massima di osservazione;
“p” è l’altezza del pittogramma;
“s” =100 per i segnali illuminati esternamente
=200 per i segnali illuminati internamente
Il D.L. 493/96 attualmente in vigore in Italia richiede l’applicazione di una formula diversa per
determinare la massima distanza di visibilità:
A>L /2000
ove A rappresenta la superficie del cartello espressa in mq. ed L è la distanza misurata in metri.
DISPOSIZIONI LEGISLATIVE E NORME TECNICHE
In relazione all'ambiente specifico, sono anche stati elencati i relativi decreti, leggi, norme tecniche
ed principali requisiti richiesti.
Nelle tabelle delle pagine seguenti sono elencati tutti gli ambienti in cui l’illuminazione di sicurezza
risulta obbligatoria o comunque consigliata dalle norme tecniche.
LE BATTERIE
Caratteristiche
Le batterie di accumulatori sono componenti fondamentali dell'apparecchio di emergenza; sono
esse infatti che inviano corrente ai circuiti nel momento dei bisogno.
Ed è proprio per questo che la loro affidabilità nel tempo deve essere garantita.
A tal proposito sono molto esplicite le norme di costruzione per gli apparecchi autoalimentati CEI
EN 60598-2-22 che prescrivono, in normali condizioni di impiego, una durata minima di almeno 4
anni delle batterie incorporate. Questa durata deve essere comprovata, attraverso documentazioni
e curve di vita, dal costruttore degli accumulatori.
Le batterie utilizzate negli apparecchi per illuminazione di emergenza sono fondamentalmente di
due tipi: al piombo (Pb) ed al nichel-cadmio (Ni/Cd).
PROGETTAZIONE
Esistono alcuni elementi che in genere costituiscono parte preliminare di un progetto; molto
importante, ad esempio, risulta la pianta dei locale per determinare ed individuare:
• Gli ambienti da illuminare e, importante ai fini di una corretta progettazione, l'indicazione sulla
planimetria dei punti antincendio;
• Le vie di uscita per determinare se via di esodo oppure area aperta;
• Aree ad alto rischio;
• Aree esterne alle vie di uscita come ascensori, servizi, locali tecnici;
• Aree a basso rischio di incendio, dove localizzare le fonti per l'alimentazione centralizzata,
l'ubicazione della sorgente di energia ed il percorso dei cavi di alimentazione;
• Aree esterne, da determinare per stabilire l'illuminazione dell'esterno dell'uscita;
Altri aspetti da considerare sono inoltre:
• Requisiti per l'illuminazione di riserva, se necessaria.
• Modo di funzionamento dei l'apparecchio, permanente o non permanente.
• Durata del funzionamento, 1 ora o 3 ore secondo le norme vigenti.
FASE 1
Collocare gli apparecchi e la segnaletica nei punti obbligati
a) ad ogni uscita di emergenza
b) vicino ad ogni scala in modo che ogni rampa sia illuminata direttamente
c) vicino ad ogni cambio di livello dei pavimento
d) sul segnale di uscita
e) vicino ad ogni cambio di direzione
f) vicino ogni diramazione di corridoi
g) vicino ad ogni allarme antincendio
h) vicino ad ogni attrezzatura antincendio
i) all'esterno di ogni uscita
j) vicino alla cassetta dei pronto soccorso
FASE 2
La segnaletica deve essere del formato e delle dimensioni appropriate
Il segnale è costituito unicamente da un pittogramma (uomo che corre), scritte come
"uscita di emergenza" possono essere previste ma, in linea di principio, non sono più
considerate a livello normativo europeo.
FASE 3
Collocare gli apparecchi nei punti importanti dell'edificio
Le cabine degli ascensori, i locali tecnici, le scale mobili, i locali con gruppi elettrogeni,
i parcheggi coperti richiedono
l'illuminazione di emergenza alimentata a batteria per consentire l'intervento del
personale in mancanza di rete.
FASE 4
Illuminazione delle vie di esodo e delle uscite di sicurezza.
E’ necessario prevedere apparecchi addizionali, rispetto a quelli menzionati sin ora, per
assicurare un livello di illuminamento minimo lungo la linea centrale della via di fuga,
in una fascia centrale non inferiore a metà della larghezza della via di fuga stessa,
normalmente 2 lux a 1 mt dal calpestio.
In corrispondenza delle scale e delle porte l'illuminamento deve risultare di almeno 5
lux.
FASE 5
Illuminazione delle Aree antipanico
Deve essere garantito un illuminamento nelle aree aperte ed in quelle attraversate
dalle vie di esodo. É importante precisare che anche per queste zone dovrebbero
valere i criteri espressi nella fase n. 4.
FASE 6
Illuminazione delle aree ad alto rischio.
É consigliabile prevedere un illuminamento minimo di 20 lux sul piano di riferimento.
Il tempo di intervento degli apparecchi di emergenza nelle aree ad alto rischio deve
essere tale da fornire il flusso luminoso nominale entro 0,5 sec. Dal momento della
mancanza della tensione di rete. Il raggiungimento in questi tempi dei livelli di
illuminamento previsti può avvenire mediante l'utilizzo di specifici apparecchi di
emergenza dotati di lampade ad incandescenza con funzionamento non permanente o
da apparecchi di emergenza con funzionamento permanente oppure realizzando un
impianto di illuminazione di emergenza centralizzato con soccorritore.
FASE F
VERIFICHE
E’ essenziale tenere presente che i tipi di apparecchi specificati per una particolare applicazione
subiscono alterazioni durante l'esercizio. Il sistema di verifica consente di provare l'efficienza
dell'impianto nonché la registrazione degli eventi.
Una corretta procedura di verifica è costituita da test funzionali periodici giornalieri o settimanali e
da test di durata per il controllo della carica degli accumulatori prevista ogni 3 mesi; dopo 4 anni
l'autonomia delle batterie deve essere di almeno 1 ora o di 3 ore, dopo 24 ore di carica, secondo la
norma Europea EN 60598-2-22.
Esistono decreti legislative e norme tecniche che richiedono controlli periodici dell'impianto di
illuminazione d emergenza;
tali controlli devono essere tenuti su registri in loco e presentabili al momento di eventuali ispezioni.
La normativa richiede una conformità disponibile sul posto in caso di ispezione.
MANUTENZIONE
Al fine di garantire che l'impianto sia sempre funzionante è necessario definire un adeguato sistema
di manutenzione, che sarà costituito da prove di routine, normalmente saranno testati il
funzionamento dei circuito elettronico e il controllo dell'autonomia, con scariche degli accumulatori
ogni 3 mesi circa.