Scarica allegato - San Simpliciano

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Parrocchia di san Simpliciano – Ciclo di 5 incontri sul tema
“Misericordia voglio, e non sacrificio”
Verità e illusioni di una sintesi breve del vangelo
tenuti da don Giuseppe Angelini, nei lunedì di ottobre/novembre 2015
5. La misericordia cristiana e l’umanitarismo moderno
Nella comprensione oggi più facile il messaggio evangelico della misericordia è inteso in senso umanitario o
filantropico. Il cristianesimo tutto è ridotto alla compassione. “Amerai il prossimo tuo come te stesso” è
tradotto: “Fai tutto quello che puoi per sollevare l’altro dalla sofferenza”. Il prossimo e/o il fratello è
sostituito dal tuo simile.
Quando si tratti del mio simile il criterio decisivo è la natura comune, un criterio ‘astratto’, slegato dalla
storia, mia e dell’altro. Se si tratta del fratello invece il criterio è l’origine comune, la madre e il padre.
Anche se si tratta del prossimo il criterio è l’incontro, e quindi la vicenda che ha propiziato l’incontro e
tessuto il legame. Lega la memoria comune, non la natura.
La cultura moderna infatti è tutta segnata dal riferimento alla ragione; criterio del giusto è l’universale. Tutti
i criteri di valore, che presiedono al rapporto giusto tra gli umani, sono criteri universali, e non legati alla
vicenda concreta delle persone.
La legge mosaica e l’alleanza fraterna
La legge mosaica invece fa riferimento alla memoria comune. Il prologo è storico: Io sono il Signore Dio tuo
che ti ha fatto uscire dalla terra di Egitto. I singoli comandamenti del decalogo dipendono dal primo della
seconda tavola, onora il padre e la madre. Il riferimento originario al padre e alla madre conferisce alla
morale biblica la fisionomia di morale fraterna. L’altro è mio fratello; proprio il vincolo fraterno impone e
precisa il senso della misericordia.
(leggi e commenta Proverbi 1,8—16: il discepolo è figlio: Ascolta, figlio mio, e la legge della vita comune è
quella della casa)
L’accostamento del precetto onora il padre e la madre al timore di Dio, e dunque alla fede, è costante nella
tradizione rabbinica; e rende ragione della collocazione del precetto nella prima tavola, insieme ai
comandamenti di carattere religioso o cultuale; esso anche giustifica il credito che da più parti al precetto è
concesso di essere addirittura il tramite del nesso che lega tutti gli altri comandamenti alla fede.
I Maestri insegnavano: “È detto: Onora il padre e la madre; ed è anche detto: Onora il Signore con le tue ricchezze; in
tal modo il comandamento assimila l’onore dovuto ai genitori a quello dovuto all’Onnipresente. È detto: Voi temerete
ciascuno suo padre e sua madre; ed è detto anche: Il Signore tuo Dio temerai, e a lui solo offrirai il tuo servizio; in tal
modo il comandamento assimila il timore dei genitori al timore di Dio. È anche detto: Colui che maledice suo padre o
sua madre sarà messo a morte (Es 21,17): così come è detto: Chiunque maledirà il suo Dio, porterà la pena del suo
peccato (Lv 24,15). In tal modo il comandamento assimila la benedizione dei genitori e quella dell’Onnipresente.
(Kiddushin 30b)
Dal prossimo al ‘simile’, dall’amore al rispetto
L’etica laica sostituisce l’altro simile al fratello o al prossimo. La sostituzione comporta la cancellazione del
riferimento alla memoria. Il fondamento della norma è cercato nella ragione o nel sentimento. Sia in un caso
che nell’altro non ha bisogno di memoria. Proprio grazie alla cancellazione della memoria l’etica della
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ragione e quella del sentimento diventano universalistiche, ‘democratiche’, politicamente corrette. Staccano
la cura per l’altro da ogni riferimento alla persona.
Lo stesso messaggio cristiano, concentrato intorno alla misericordia, minaccia d’essere ridotto a messaggio
filantropico e/o umanitario. In effetti, la filantropia appare oggi la forma più accreditata di intendere l’amore
cristiano. La stessa terminologia muta. Al vocabolario della carità si sostituisce quello dell’umanità. Essere
buoni vuol dire essere umani, ed essere umani vuol dire avere compassione.
La tradizione dell’etica umanitaria: la Grecia e Roma
Umanitarismo e filantropia erano già le forme della morale laica in Grecia e a Roma. Per riferimento all’età
antica, laica è la morale dei filosofi, che si oppongono ai poeti e ai miti. Agli usi suggeriti dal costume della
città si sostituisce l’imperativo semplice della philanthropia o della humanitas. Gli imperativi del costume
non si riducono a formula breve; mentre quelli della philanthropia sono oggetto di intuizione immediata,
senza necessità di tradizione sociale.
Il termine filantropia rimanda alla Grecia antica. In età ellenistica è usato in maniera privilegiata per dire il
rispetto dei superiori per gli inferiori, dei ricchi per i poveri, dei benestanti per i malmessi, di chi non ha
bisogno per chi invece è indigente e ha bisogno di altri. È usato poi nelle lettere dei sovrani ai sudditi ed
indica l’atteggiamento di benevolenza nei loro confronti. Già nella tradizione antica la filantropia è
benevolenza gratuita e unidirezionale, come l’elemosina.
Significato simile assume il latino humanitas. Prima del termine astratto, è usato l’aggettivo, humanus, per
indicare la virtù opposta ai mores ferales o barbari. Il suo significato è efficacemente descritto dalla sentenza
di Terenzio: «Sono uomo, e non considero a me estraneo nulla di ciò che è umano».
A differenza di quanto presume l’etica dei filosofi, il vangelo cristiano suppone che la verità dell’umano si
dischiuda alla coscienza del singolo soltanto attraverso la storia; la memoria diventa il fondamento del
comando e criterio per interpretarlo. La verità dell’umano abita anche dentro di me fin dall’inizio del mio
cammino, certo; ma viene soltanto attraverso la vicenda, la storia, gli incontri. Le attese degli altri, da subito
note, che cosa chiedano posso scoprire soltanto attraverso il cammino comune. Il nesso stretto tra storia
conoscenza di me rende l’altro prossimo, addirittura intimo, alter e non alius, non semplicemente uno a me
simile e posto accanto a me.
L’umanitarismo moderno
Soltanto in epoca moderna la filantropia assume il significato attuale e si candida a sostituire la carità. Da
rispettare è l’altro simile, al quale mi accomuna la dignità personale.
Il gergo della somiglianza sconta un’inconsapevole solipsismo, o addirittura narcisismo; sconta la
cancellazione dell’origine comune: la coscienza, che io ho di me, ha preso forma attraverso la relazione con
l’altro.
La morale della compassione di Schopenhauer
Interpretazione efficace della morale umanitaria è la morale della compassione di Schopenhauer. L’assunto
di base è che l’uomo sia volontà, e che l’inclinazione naturale della volontà sia il bene proprio. La forma
morale dell’agire deve in tal senso correggere la gravitazione egoistica naturale della volontà. Il bene proprio
del soggetto, apprezzato a monte del rapporto con altri, non è il bene morale; è il bene inteso in senso fisico,
o meglio psichico; è il bene sentito. Il bene sentito per sua natura non può essere voluto. Manca un pensiero
sul nesso tra bene sentito e bene voluto.
Schopenhauer postula la qualità egoistica della prima inclinazione della volontà. Com’è possibile che l’uomo
metta da parte se stesso per mirare al bene altrui? Una tale forma dell’agire è possibile soltanto grazie a una
conversione, resa possibile dalla pietà, o compassione; essa rende possibile la partecipazione al male patito
da altri, al dolore dell’altro quasi fosse proprio. Buono è chi compatisce. La compassione annulla la volontà
propria, consente di uscire fuori di sé, per partecipare del dolore altrui. In tal modo consente di sottrarsi alla
legge del dolore, intrinseca alla volontà egoistica.
Il pensiero di Schopenhauer propone l’immagine utopica della carità cristiana propria di gran parte dei
contemporanei; essa comporta l’abdicazione alla volontà, al Self, per accondiscendere all’altro.
Il tratto utopico della misericordia: R. Girard
La misericordia, e la religione tutta, assume i tratti di utopia. Anche chi non ci crede lo ammira. L’auspicio è
che essa, impraticabile a livello sociale, irrilevante per la vita comune, sia praticato dai ‘volontari’, frati e
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suore, o magari anche preti. Si rileva poi, con desolazione o indignazione, come essi non siano affatto
all’altezza dell’utopia; soprattutto, non lo è l’istituzione Chiesa.
Spesso anche i credenti, fautori di un cristianesimo intransigente, ne hanno una visione utopica. Il successo
cattolico del pensiero di Girard illustra il teorema.
Egli ha fatto della teoria del desiderio mimetico il principio di interpretazione del vangelo. La teoria generale
intende il contratto sociale come stretto sul fondamento dell’omicidio (del parricidio) originario, poi rimosso
dal sacrificio del capro espiatorio. Gesù è il capro espiatorio che accetta, si offre deliberatamente alla morte e
interrompe così la catena della violenza. La sua resa inerme alla violenza è modello dell’amore cristiano,
misericordioso. La sua teoria interpreta nella maniera più radicale la misericordia a poco prezzo, che per
realizzarsi non aspetta risposta; anzi, può realizzarsi soltanto perché non attende la risposta.
La struttura di fondo del desiderio umano è quella mimetica, risultante dall’imitazione del desiderio di altri?
Questa strana teoria del desiderio fu elaborata da Girard in qualità di critico letterario; il testo in cui la teoria
fu proposta (Menzogna romantica e verità romanzesca, 1961) trattava del desiderio nel romanzo moderno.
Menzogna è la pretesa di autonomia del soggetto moderno; essa è illusoria; la verità sottesa è illustrata
dall’intrigo messo in atto dal desiderio, che è sempre tragico. La menzogna dell’autonomia scatena l’invidia,
la lotta, la violenza, la morte. In effetti nel romanzo moderno il desiderio è mimetico, e l’intrigo è messo in
moto dalla menzogna dell’individualismo; il desiderio incontra l’altro come inevitabile concorrente. La
verità portata alla luce dal conflitto è che, fin dal principio, il desiderio non è affatto originario del singolo,
ma è acceso dalla imitazione di altri. Nessuno è in grado di esprimere un desiderio proprio; tutti ammirano e
invidiano gli altri, che non hanno bisogno di altri per desiderare. Ma questa struttura mimetica è il frutto
della cultura individualistica del soggetto moderno, che rimuove le vere origini del desiderio e della
coscienza. Non cogito, ergo sum, ma sono stato voluto da altri, atteso, addirittura chiamato, e solo così sono.
La misericordia cristiana come pensata da Girard consiste nell’abdicazione pura e semplice a desideri propri.
Egli riprende lo schema di Nygren che oppone eros e agape, desiderio spontaneo e amore cristiano. Tale
opposizione sancisce come fatale il carattere violento e falso della cultura, mediante la quale soltanto l’eros
giunge a rivelare la sua verità nascosta. L’incapacità storica del cristianesimo, o diciamo più cautamente la
sistemica difficoltà che il cristianesimo mostra nella storia moderna a configurare i costumi, e quindi l’eros, è
interpretata quasi fosse il riflesso della radicale alterità dell’agape rispetto all’eros.
Umanitarismo moderno e lettura umanitaria della misericordia di Dio
L’umanitarismo è la forma oggi scontata dell’etica. In essa non c’è posto per la fede, e neppure per l’eros di
Dio, per la sua passione per l’uomo. La sua misericordia dovrebbe esprimersi dando da mangiare e da bere, e
non invece rendendo partecipi gli umani dei suoi disegni, e della sua giustizia. Vedi la teodicea di Leibniz.
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