Manuale di neuropsicologia dell`età evolutiva

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Dott.ssa Alessia Pallavicino
Psicologa dell’Età Evolutiva-Psicoterapeuta A.T.
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Handicap grave:
Teoria e tecniche di intervento
Dott.ssa Alessia Pallavicino
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• Di cosa parleremo…
RM grave, Plurihandicap, PCI, Disturbo dello
spettro autistico
Vix medicatrix naturae
Casi clinici
Metodologia di lavoro
Cooperazione
Rischio burnout
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• L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità)
nella revisione del manuale per la valutazione
della compromissione e del funzionamento
personale (ICDH-2) ha sostanzialmente abrogato
il termine handicap, preferendo formulazioni
quali:
• -limitazione dell’attività personale (cioè difficoltà
che una persona può incontrare nello svolgimento
di una attività)
• -restrizione della partecipazione (ossia problemi
che una persona incontra nel tipo e grado di
coinvolgimento nelle situazioni di vita)
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Ritardo mentale grave
• Funzionamento
intellettivo
significativamente
inferiore alla media (QI inferiore a 35);
• Deficit di adattamento in almeno due delle seguenti
aree: comunicazione, autosufficienza, competenze
sociali, uso delle risorse della comunità, capacità di
autoproteggersi e provvedre alla propria salute,
competenze scolastiche e lavorative, autonomia
professionale;
• Comparsa dei sintomi nell’età evolutiva.
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• Fondamentale caratteristica del disturbo è una
insufficienza dello sviluppo intellettivo.
• Vi è quindi l’evoluzione dell’intelligenza ad un ritmo
più lento del normale ed un successivo arresto a livelli
significativamente inferiori alla norma.
• Attualmente l’attenzione è centrata sulla disabilità
dello sviluppo in un’ottica funzionale e non tanto
rispetto a misurazioni standard dell’efficienza
intellettiva!
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• L’O.M.S.(Organizzazione Mondiale della Sanità)
ha definito il Rm come uno sviluppo incompleto
della psiche, con la conseguenza, sul piano
sociale,
di
una
insufficiente
capacità
dell’individuo
di
adattarsi
all’ambiente
circostante in maniera efficiente.
• Questo individuo dunque non è in grado di badare
a se stesso, alle proprie necessità poiché è
incapace di apprendere i mezzi per soddisfarle ed
ha bisogno di assistenza, controllo, sorveglianza.
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• Il Rm grave spesso è accompagnato a
problematiche correlate:
• Comportamenti auto-etero aggressivi
• Tratti nevrotici-ossessivi con presenza di rituali
• Apatia/ depressione
• Comportamenti bizzarri
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Plurihandicap
• Situazioni miste in cui l’etiologia è complessa, si
tratta di più quadri disfunzionali che si intersecano
tra loro.
• Per es. sordocecità, malformazioni (legate a
problemi di morfogenesi del feto) associate a RM,
sordità associata ad epilessia etc.
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• Quando si fa riferimento al plurihandicap quindi
non ci si riferisce a una situazione sindromica,
piuttosto ad un quadro complesso di più
problematiche che possono coinvolgere aspetti
percettivi, motori, cognitivi, etc. e che si
sviluppano rispetto a quell’individuo con la sua
particolare storia clinica.
• Alcuni autori parlano di plurihandicap anche nel
caso delle Paralisi cerebrali Infantili (PCI)…
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Paralisi Cerabrali Infantili/Kinesipatie
encefaliche
• Si tratta di quadri patologici caratterizzati da una
disfunzione motoria, dovuta a lesioni (non
ereditarie e non evolutive) del SNC.
• Si tratta della somma di disabilità multiple,
l’aspetto neuromotorio è il più evidente ma sono
coinvolti anche disturbi di tipo percettivo e
concettuale.
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• La PCI non è una “malattia” in senso stretto ma
invece è l’esito di una malattia, non si tratta di una
“sindrome clinica” unica ma piuttosto di più
sindromi che si differenziano l’una dall’altra.
• La denominazione più corretta è quella di
kinesipatia encefalica (kìnesi-movimento, patìasofferenza, enkéfalos-encefalo), infatti la
denominazione PCI è inesatta (non sempre vi è
paralisi), e incompleta (il termine “cerebrale”
lascia fuori il cervelletto!)
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• Le alterazioni associate al deficit motorio sono:
• Alteraz sensoriali (funzione visiva-uditiva)
• Alteraz intellettive (deficit presente nel 60%con
QI medio di circa 68 )
• Alteraz emotive. Pur non esistendo disturbi
emozionali tipici, sono frequenti disturbi quali:
impulsività, labilità emotiva, dipendenza,
iperreattività, aggressività, passività (dovuti a
fattori ambientali e alla compromissione limbica)
• Alteraz del linguaggio (molto frequenti)
• Epilessia
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Disturbo dello spettro autistico
• Il termine autismo deriva dal greco: AUTOS= se
stesso, pone attenzione proprio sul nucleo della
patologia :la chiusura in se stessi.
• Fu Bleuler, psichiatra svizzero, che nel 1911 usò per
primo questo termine nel descrivere la perdita di
contatto con la realtà come SINTOMO
fondamentale della sindrome schizofrenica.
• Solo nel 1943 però, ad opera di Leo Kanner, la
sindrome fu identificata come entità nosografia a sé
stante e differente tanto dalla schizofrenia quanto dal
ritardo mentale.
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Oggi l’autismo è classificato tra i DISORDINI
PERVASIVI DELLO SVILUPPO e la
sintomatologia è raggruppata in tre ampie aree:

Menomazione della interazione sociale

Uso di modelli ristretti e stereotipati di
comportamenti, attività, interessi

Menomazione qualitativa nel linguaggio e nella
comunicazione.
• Oggi si parla più correttamente di “disturbo dello
spettro autistico” piuttosto che di autismo, volendo
sottolineare la diversa “intensità” del disturbo.
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• Le caratteristiche cliniche che accompagnano
questo disturbo, peraltro caratterizzato da estrema
variabilità individuale (autismo ad alto e basso
funzionamento), sono:






Insorgenza entro i 2 anni di vita del bambino
Isolamento
Assenza di linguaggio
Ricerca di immutabilità
Presenza di stereotipie
Presenza di rituali ossessivo-compulsivi
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Caratteristiche cliniche del dist. spettro autistico (continua)
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Ritardo mentale
Funzionamento ad “isole cognitive”
Autolesionismo
Sguardo obliquo
Isolamento affettivo
Anomalie percettive (ipo o iper sensibilità)
Ecolalie
Disarmonie motorie
Iperattività
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Eziologia
• Da tempo le ipotesi che chiamavano in causa
motivazioni psicologiche non sono più prese in
considerazione dalla comunità scientifica.
• L’autismo NON E’ una chiusura dovuta ad ambienti
affettivi inadeguati MA E’ un problema di
neurosviluppo che altera nei primissimi anni di vita
la capacità di mettersi in relazione con gli altri e
provoca perciò una drammatica cascata di effetti
cognitivi-affettivi-comportamentali.
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Numerosi sono i dati che indicano la radice
NEUROBIOLOGICA dell’autismo:
• associazione frequente con R.M.,
• alterazioni strutturali e morfologiche di strutture
cerebrali,
• alterazioni di alcuni valori neurotrasmettitoriali,
• associazioni con difficoltà di parto e gravidanza,
• età di insorgenza,
• prevalenza di maschi rispetto alle femmine,
….ancora in discussione invece il tipo e l’incidenza
delle alterazioni neurobiologiche.
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Quindi:
• L’autismo è un disturbo dello sviluppo.
• La causa è multifattoriale e complessa.
• Il disturbo dello spettro autistico non è una
chiusura emotiva del bambino! Ha invece una
chiara radice neurobiologica.
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Esercitazione:
Prendere un foglio e piegarlo a metà.
• In alto a sinistra scrivete, guardando la foto, le
fantasie che vi fate su quel bambino.
• In alto a destra scrivete in poche frasi come
eravate voi da bambini.
• Confrontate ora gli aspetti che avete scritto,
osservate in che modo sono collegati tra loro…
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Identificazione, proiezione, competizione.
• Identificazione: si tratta il bambino come si è stati
trattati dai propri genitori
• Proiezione: si proietta sul bambino ciò che non si
riconosce come proprio e lo si educa in base a ciò
che è mancato a se stessi
• Competizione: si proietta sul bambino aspetti del
proprio Io Bambino e si entra in sfida con lui
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• Questi tre modi di relazionarsi all’altro e al
bambino che si segue nel proprio lavoro sono
modi che, per differenza o somiglianza, si snodano
rispetto ad un Io (il proprio) che entra nella
relazione, questo accade sempre, in ciascuno.
• E’ importante essere consapevoli del “proprio
modo” di funzionare e di vedere l’altro per non
cadere nell’errore di “offuscare” l’altro senza
rendersene conto.
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• Ciascuno di noi inoltre ha delle proprie teorie
personali, è importante esse siano conosciute e
non dis-conosciute perché, nel lavoro di
insegnante possono rappresentare dei limiti quanto
delle risorse.
• Limite: non vedo l’altro che ho davanti ma
offusco, proietto, modifico ciò che l’altro è
• Risorsa: la mia teoria personale messa nella
relazione mi guida in modo creativo, propositivo e
originale.
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Vix medicatrix naturae
• Berne sottolinea con questo aspetto il potenziale
curativo che ognuno di noi ha in Sé, anche i
bambini con handicap grave hanno questo
potenziale, ossia un potenziale curativo che porta
al ben-essere.
• Feuerstein sostiene che i geni (biologicamente
intesi) devono essere un punto di partenza e non
una condanna…infatti il cervello influenza il
comportamento ma anche viceversa!! Infatti le
strutture mentali possono essere modificate.
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• Proiezione spezzone del film: IL MIO
PIEDE SINISTRO di Jim Sheridan (1989).
• Storia vera di Christy Brown (1932-81),
nono di tredici figli di una famiglia operaia
irlandese, paraplegico dalla nascita, riuscì
ad esprimersi con il suo piede sinistro
diventando apprezzato pittore e scrittore.
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• Esercitazione
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Metodologia di lavoro:
• Tecnica
• Intervento Individualizzato
• Creatività personale
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“L’intelligenza può essere un ostacolo…non siate
intelligenti ma persone che apprendono!!”
Feuerstein
Di tecniche ne esistono molte, importante è sempre,
al di là della tecnica, considerarsi dei facilitatori
dell’apprendimento ossia, qualunque tecnica si
applichi, applicarla con una importante implicita
consapevolezza: “questo bambino è competente,
sta a me scoprire in che modo lo posso aiutare a
dimostrarlo!!”
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• Metodo Feuerstein
• Approccio cognitivo-comportamentale
(programma TEACCH, metodo Lovaas)
• Uso di tecniche visive
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• Metodo Feuerstein: Programma di Arricchimento
Strumentale (PAS), ha l’obiettivo di accrescere le
funzioni dell’apprendimento partendo dall’idea che
l’intelligenza è modificabile in qualsiasi
condizione.
• Il metodo utilizza 14 fascicoli di esercizi da
svolgere carta e matita :disegni da completare,
figure da formare unendo i punti, immagini da
confrontare per scoprirne le differenze.
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• Il “mediatore” (educatore, insegnante), seleziona e
organizza gli stimoli da proporre all’allievo.
• L’insegnante viene qui considerato un
catalizzatore che rende possibile il verificarsi di
reazioni essenziali sul piano cognitivo.
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• Approccio cognitivo-comportamentale: analisi
funzionale e modificazione dei comportamentiproblema
• L’analisi funzionale è l’analisi delle situazioni in
cui si manifestano certi comportamenti
problematici e ha la funzione di vagliare le
motivazioni sottostanti al comportamento
• E’ indispensabile, per organizzare un intervento su
un comport.probl., comprendere perché si
manifesta, infatti esso risponde ad un bisogno del
sogg. e produce un effetto desiderabile.
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• E’ indispensabile, per organizzare un intervento su
un comport.probl., comprendere perché si
manifesta, infatti esso risponde ad un bisogno del
sogg. e produce un effetto desiderabile.
• Ianes classifica 3 tipi di effetto del comp.probl.:
-effetto arricchimento di stimoli sociali positivi (il
bambino “in cambio” riceve attenzione)
-effetto allontanamento situazioni avversive
(l’esecuzione di un compito viene modificata o
cessa la richiesta dell’insegnante quando compare
il comportamento)
-effetto stimolazione sensoriale (si tratta di
autostimolazioni quando il sogg non riceve
dall’ambiente stimoli adeguati).
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• Una volta individuato il comportamento problema
e le sue probabili motivazioni, si cerca un
intervento adatto volto alla cessazione del
comportamento
• Si lavora in una ottica di “sostituzione” del
comportamento probl. piuttosto che di
“estinzione” (alternativa socialmente accettabile di
comportamento per raggiungere il
soddisfacimento dei bisogni).
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Uso di tecniche visive (in autismo):
•
•
•
•
Compromissione della comunicazione
Deficit nella intenzionalità relazionale
Speciali capacità visive (sfrutta le abilità)
Pensiero visivo
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Le tecniche visive (in autismo) hanno il vantaggio
di:
• Rispettare la natura dell’input e output
dell’informazione
• Ridurre l’impegno attentivo perché si fondano
sulle abilità e non sul deficit
• Favorire una apertura comunicativa e sociale
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Utilizzare tecniche visive o comunque offrire una
qualche forma di “comunicazione”, al bambino
con grave disabilità, significa dargli la possibilità
di:
= comprendere
= prevedere
= mettere ordine
= sostenere l’autonomia
= favorire apertura e relazione
= organizzare la realtà interiore/esteriore
= apprendere e acquisire
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•
•
•
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•
•
Intervento Individualizzato
Quel bambino non è un bambino…
Chi è quel bambino (anamnesi, diagnosi, contesto,
osservazione ecologica, osservazione strutturata)
Che disabilità ha
Che risorse ha
Quali gli obiettivi di lavoro con lui
Quali le metodologie per raggiungerli
Quale la misurazione dei risultati
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Creatività personale
E’ un ingrediente fondamentale per chi lavora con i
bambini e ancor più con quelli disabili che
chiedono (spesso in silenzio) di essere aiutati a
imparare.
Vediamo insieme, come la vostra creatività e
intuizione vi aiuta a risolvere questo paradosso.
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• Il paradosso del barbiere.
• Uno dei più antichi paradossi riguardava il taglio
della barba.
• In una città vige una legge molto particolare che
stabilisce le modalità per la rasatura: nessun uomo
può portare la barba e, allo stesso tempo, nessuno
può radersi da sé, dovendosi affidare alle cure di
un barbiere.
• CHI RADE ALLORA IL BARBIERE?
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SOLUZIONE: il barbiere è una donna.
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Esercitazione.
Casi clinici.
A) Piero è un bambino sordo con RM grave. Non parla.
Grave labilità attentiva. Ha cinque anni. Scolarizzato da
due anni. Ha subito numerosi ricoveri e interventi per
gravi malformazioni degli organi vitali interni (fegato,
cuore, polmoni). Spesso attua un comportamento che
crea numerosi problemi in classe: va verso i tavoli e le
mensole dove si trovano i barattoli con i pennarelli,
pastelli, matite e li rovescia a terra creando confusione e
scompiglio, gli altri bambini ridono di lui, interrompono
le loro attività e Piero sembra divertirsi molto nel vedere
la reazione delle persone che lo circondano. Il “no”
dell’insegnante serve a rinforzare il suo comportamento
di sfida.
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B) Luca è un bambino di sette anni con una grave
malformazione che lo ha reso zoppo e goffo nei
movimenti con problemi grosso e fini motori, RM grave,
palatoschisi, mutismo, ipovisione. Brevissimi i suoi
tempi di attenzione, scarsa capacità mnemonica. Per
entrare in relazione con i suoi compagni, così come con
le maestre, dà pizzichi, morsi e pugni. Il risultato è che
molti compagni si scansano quando lui arriva e lo
temono ma lui continua a cercare la relazione con loro e
più li vede allontanarsi più diventa aggressivo nei loro
confronti.
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C) Mario è un bambino autistico di 10 anni con RM
medio,ha tratti ossessivo-compulsivi come ripetere più
volte lo stesso movimento prima di portarlo a compimento,
scarso uso del linguaggio, presenza di ecolalie non
contestualizzate, tempi di attenzione medi (15 minuti ad
attività) e uso delle attività rigido e stereotipato, buon
grafismo e abilità fini motorie. Raramente esprime ciò di
cui ha bisogno, spesso si isola dai compagni, quando è in
difficoltà grida forte e sfarfalla con le mani (flatting).
Altrimenti non disturba e se lasciato a se stesso resta fermo
e apatico senza svolgere alcuna attività.
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D)Maria è una bambina epilettica con PCI, ha quattro
anni, paralisi alle gambe, usa la carrozzina per deambulare,
RM grave, tempi di attenzione scarsi (5 minuti ad attività),
curiosa, mai scolarizzata finora, viene inserita in scuola
materna. Le sue abilità fini motorie sono medie, è in grado
di svolgere alcune attività manuali. Disartrica (parla molto
male), presenza di scialorrea, non ama stare a tavolino a
svolgere le attività, spesso si sposta in classe con la sedia
passando di banco in banco e va a posizionarsi vicino ai
compagni che spesso si scansano quando lei si avvicina
dimostrandosi poco tolleranti. Maria reagisce a questo
allontanamento picchiandosi forte in testa con i pugni e
lamentandosi.
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Individuate per ogni caso:
• Obiettivi di lavoro in ordine di priorità
• Metodologia per raggiungerli
• Ulteriori info che vi occorrono sul caso
collegati ai vostri obiettivi
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Ciascun gruppo voterà per gli altri gruppi con
un punteggio da 1 a 10 da attribuirsi
rispettivamente a:
-metodologia proposta
-programma individualizzato
-uso di creatività
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Punteggio casi clinici
Caso A Caso B
Caso C
Caso D
Metodo 8-8-8
Interv
7-8-7
Indiv
9-9-9
8-8-8
7-9-7
7-8-8
8-8-7
9-8-8
7-6-7
7-7-7
7-7-7
9-7-7
Creativ
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Cooperazione.
Equipe = squadra
Squadra = insieme di persone
riunite per uno stesso motivo,
scopo, obiettivo.
Insieme di persone = gruppo
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• Gruppo di insegnamento che lavora in modo
unitario, rispettando la distinzione di compiti e
competenze.
• Il gruppo di insegnamento è diverso da un gruppo
di persone: non è dato dalla somma degli
insegnanti, assistenti, educatori…
• È UN SISTEMA e un sistema è un INSIEME
INTEGRATO.
• E’ un gruppo di lavoro in cui vanno trovate intesa e
accordo su linee di condotta/educazione unitarie!
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Processo che porta alla cooperazione:
1. passare dall’atteggiamento accusatorio a quello
collaborativo
2. comprendere appieno il proprio ruolo di
tramite tra scuola-famiglia-servizi-bambino
disabile
3. conoscere e mettere in comune gli obiettivi
educativi di ciascuno
4. partecipare nel programmare un comune
percorso educativo
5. raggiungere accordi per criteri comuni di
lavoro
6. portare avanti un progetto unitario per il
bambino
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Delusione??? Solo belle parole??? Nella realtà non
funziona così??
Ma il gruppo di lavoro non si
improvvisa!! Non è un punto
di partenza, ma un punto di
arrivo!!
A lavorare insieme si impara!!
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Burnout
• Letteralmente significa “bruciarsi” e si riferisce a
quella condizione di depressione, apatia,
affaticamento legata al lavoro che spesso
coinvolge il personale che lavora nell’ambito della
relazione di aiuto e che ha a che fare con
situazioni di gravità…
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• Importante è prevenire il burnout e quindi
“attrezzarsi” per evitare di cadere in questa
condizione di depressione e demotivazione al
lavoro
• Come farlo: con il confronto continuo con i
colleghi. Cooperare significa sentirsi parte di un
gruppo e il gruppo aiuta!! E inoltre non scordando
mai di munirsi della giusta dose di “carezze”!!
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• Le “carezze” sono unità di riconoscimento che gli
adulti trasmettono ai bambini come messaggio e
che ciascuno di noi può trasmettere a se stesso e
agli altri.
• Ogni messaggio è dunque una “carezza”, termine
usato per indicare quel “bisogno di essere toccato”
tipico del neonato, usato qui in senso più ampio, in
senso psicologico e non solo fisico e che
appartiene anche all’età adulta.
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Le carezze possono essere di diversi tipi:
1.
2.
3.
4.
verbali (fatte di parole): sono contenta tu sia qui!
non verbali (fatte di gesti): fare una coccola!
positive (percepite come piacevoli); mi piaci!
negative (percepite come spiacevoli); non ti
posso proprio vedere! Oppure dare uno schiaffo!!
5. condizionate (legate al fare); ti do un regalo se
prendi un bel voto a scuola!
6. incondizionate (legate all’essere); ti do un
regalo!
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Economia delle carezze (Steiner)
Questo autore sostiene che di solito si tende a
seguire regole restrittive riguardo alle carezze.
Regole in cui facilmente ci si sente imprigionati!!
•
•
•
•
•
Non dare carezze quando ne hai da dare
Non chiedere carezze quando ne hai bisogno
Non accettare carezze se le vuoi
Non rifiutare carezze quando non le vuoi
Non dare carezze a te stesso
Dott.ssa Alessia Pallavicino
Psicologa dell’Età Evolutiva-Psicoterapeuta A.T.
e-mail:[email protected]
Meglio invece trasformare queste regole che
tolgono spontaneità e intimità con gli altri pensando
invece a darci e dare dei permessi:
• Puoi dare carezze quando vuoi, tanto non
finiscono
• Quando desideri una carezza puoi chiederla
• Puoi prendere una carezza quando ti è offerta
• Se non ti piace una carezza che ti è stata offerta,
puoi rifiutarla apertamente
• Puoi provare piacere a dare carezze a te stesso
Dott.ssa Alessia Pallavicino
Psicologa dell’Età Evolutiva-Psicoterapeuta A.T.
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Parole chiave conclusive:
• Cooperazione/equipe
• Burnout e Carezze
• Tecniche
• Creatività
• Interv individualizzato
• Vis Medicatrix Naturae
• Proiezione di Sé
Dott.ssa Alessia Pallavicino
Psicologa dell’Età Evolutiva-Psicoterapeuta A.T.
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Bibliografia:
J.Ajuriaguerra-D.Marcelli, Psicopatologia del bambino, 1992 Masson,
Milano.
-F.Barale et al., L’Autismo, malattia della comunicazione, In:“Mente e
Cervello”, anno I, Gen-Feb. 2003.
-E.Caracciolo-F.Rovetto...a cura di, Ritardo mentale, 1994 Francoangeli,
Milano.
-U.Frith, L’autismo spiegazione di un enigma, 1996 Laterza, Bari.
-G.Giordano et al., Neuropsichiatria dell’Età Evolutiva, 1989 Idelson, Napoli
-D.Ianes, Autolesionismo, stereotipie, aggressività. Intervento educativo
nell’autismo e RM grave, 1992, Centro Studi Erickson, Trento.
-M.Novellino, L’approccio clinico dell’analisi transazionale, 2001
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G.-G.Sabbadini, Riabilitazione in Neurologia 1,2, 3, 1989 EUS, Roma.
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